4. L'escussione dei componenti
del working-group costituito
dall'Ambasciatore statunitense.

Sulla base di quanto riferito dal maggiore Coe sul gruppo di lavoro fu, a suo tempo, rimessa commissione rogatoria alle Autorità statunitensi per l'escussione dei componenti, secondo le indicazioni dello stesso Coe, di quel gruppo. Come si ricorderà, ne facevano parte Steven May per il politico-militare, William Mc Bride per la Marina, William Mac Donnel per i Marines, Dewey o Duane Clarridge per la CIA. (Commissione rogatoria verso gli USA 20.01.92)

Clarridge nella conseguente missione non si è presentato, pur citato dalla magistratura americana, avvalendosi della facoltà concessagli da quell'ordinamento in quanto sotto processo federale ("under federal indictment") nel caso Iran-Contra. Si presenterà invece, una volta "graziato" dal Presidente degli Stati Uniti, in una successiva missione negli Stati Uniti (v. esame Dewey Clarridge, S. Diego 20.05.94) e delle sue dichiarazioni si parlerà infra.

Mc Bride al contrario s'è presentato nella prima esecuzione delle richieste rogatorie e ha reso ampia testimonianza. Nel giugno dell'80 era assistente dell'Addetto navale. Non ricorda che il gruppo di lavoro per l'incidente di Ustica fosse un gruppo ufficiale. Ricorda comunque che furono avvisati della caduta dell'aereo e che sentirono delle voci secondo cui poteva essere stato un missile. Perciò egli immediatamente chiamò le operazioni aeree della 6ª Flotta per accertare se vi fossero aerei in volo e quali fossero. Gli fu risposto per telefono, che la portaerei era in porto e che al momento dell'incidente non c'erano aerei in volo. Di conseguenza inviarono un messaggio al comandante della Marina statunitense in Europa, ovvero Cincusnaveur a Londra, per accertare in primo luogo se fossero a conoscenza di aerei in volo ed in secondo luogo se ci fossero stati aerei di raccolta-informazioni in volo. Anche in questo caso ricevettero risposta negativa. Non ricorda Mc Bride però quando trasmise questa richiesta. E' incerto tra il venerdì notte e il sabato, pur dando per più probabile quest'ultima ipotesi. E' comunque certo che ritornò in ufficio, nonostante fosse festivo, quel sabato, perché probabilmente era l'ufficiale in turno. In quel tempo era sua abitudine andare il fine settimana in montagna e quel sabato, ricorda, non poté raggiungere il luogo di villeggiatura a causa di quell'incidente aereo. Ricorda di aver trovato, quel sabato, Coe già in ufficio con il quale discusse del disastro.

Non ricorda come e quando abbia ricevuto la prima notizia dell'incidente. Si rammenta però di aver informato, dopo le richieste di informazione telefoniche, il suo superiore, cioè l'Addetto navale capitano Hardy Rose. Presso gli americani la memoria è più forte e sincera, ed immediatamente emerge il meccanismo di rapporto a livelli superiori. Anche sulle modalità di richieste di informazione Mc Bride è preciso: quelle alla 6ª Flotta furono fatte per via telefonica e furono rivolte al duty officer di quella Flotta, di stanza a Gaeta; quelle a Cincusnaveur per telex sempre quel sabato. La risposta da Londra pervenne - in seguito si rileverà l'importanza di questa risposta a proposito del documento già citato, quello del 23 dicembre 80 all'AG da parte di Tascio per il 2° Reparto SMA, documento cui quella risposta fu allegata - non immediatamente, ma dopo qualche giorno. L'interpello di Cincusnaveur concerneva velivoli in generale, afferma Mc Bride, e analogamente la risposta.

Contestatogli che al tempo del disastro qualche aeroplano americano era, contrariamente a quanto affermato da Cincusnaveur, in volo, risponde che forse a un certo punto le ricerche si focalizzarono su velivoli armati. Non è a conoscenza della vicenda dei nastri di registrazione radar della portaerei Saratoga.

Quanto ai rapporti del gruppo dell'Ambasciata con le Autorità italiane ricorda che erano quasi giornalieri e che comunque riferì alla Marina italiana i risultati della telefonata a Gaeta, nell'immediatezza e per telefono. La sua interfaccia alla Marina era il comandante De Michelis del SIOS di quell'arma. Non è sicuro, invece, sul destinatario della seconda risposta, quella di Cincusnaveur, giacchè quando essa pervenne s'era giunti già alla convinzione che l'incidente era non militare, ragion per cui egli stima che quella risposta potrebbe essere stata trasmessa al Dipartimento di Stato e cioè non direttamente all'interfaccia del SIOS Marina.

Quanto alle modalità di funzionamento del gruppo di lavoro, testualmente risponde: "poichè la mia funzione era in rapporto con la 6ª Flotta io avevo un interesse. Anche Richard Coe era una delle persone della Aviazione. E penso che probabilmente (inc.) l'addetto Rose partecipò marginalmente, supervisionando. Avremo coinvolto l'addetto politico militare del Dipartimento di Stato, Steve May...".

Quanto a Jim Mac Donnell, l'altro interrogato nel corso della commissione rogatoria eseguita a marzo 92, Mc Bride dichiara che anche lui fu coinvolto, che lavorarono insieme giacchè costui stava per sostituirlo come assistente. Non ritiene che al termine del lavoro sia stato redatto un rapporto scritto. Le modalità di lavoro, aggiunge, furono comunque molto informali dal momento che nell'ambito di breve tempo si raggiunse la conclusione che non v'era coinvolgimento di militari. Non ricorda se fu compiuto un check dei missili. Per quanto concerne i rapporti con la Marina italiana, essi erano tenuti dal sostituto dell'ammiraglio Gerace, comandante Gallo e dal maresciallo Fusco.

Sulle prime informazioni ricevute ricorda che da Coe seppe - la cui fonte potrebbe essere stata il Dipartimento di Stato - che su un giornale si sarebbe parlato di missile statunitense. Il lavoro di ricerca proseguì per due o tre giorni e il gruppo di lavoro non assunse mai la dignità di commissione di inchiesta, cioè non ci furono comunicazioni scritte, elenchi di persone convocate, assegnazione di precisi incarichi; il gruppo compì le indagini nell'ambito delle specializzazioni di ciascuno (v. esame Mc Bride William, Washington 11.03.92).

Mac Donnell James Laurence Jr. non era tra le persone indicate da Coe come facente parte del gruppo di lavoro. Coe aveva indicato persona con cognome similare, Mc Donald dei Marines. Questa persona non era stata inclusa nella richiesta rogatoria, dal momento che per la sua competenza specifica con ogni probabilità aveva svolto indagini limitate. Nell'elenco delle persone citate dall'AG americana è invece incluso questo Mc Donnell, il quale al tempo di Ustica prestava servizio nell'ufficio degli addetti navali, ufficio che come egli stesso dichiara era composto da un titolare e tre assistenti. Egli di certo non fece parte del gruppo di lavoro, perché nulla o poco ne sa. Non è indicato da Coe, come s'è detto, e Mc Bride sembra ridurre al minimo il suo coinvolgimento, perchè appare dalle sue dichiarazioni che gli fu associato, stando egli per lasciare quel servizio. Egli stesso dice che gli altri due ufficiali navali possono aver fatto parte del gruppo, e che uno di questi era sicuramente era Mc Bride, che era l'ufficiale di servizio in ufficio mentre egli era spesso in missione fuori sede. Ricorda di aver sentito gli addetti aeronautici parlare del disastro di Ustica, ma non sa collocare nel tempo questi episodi. A richiesta di quale fossero le procedure standard nei rapporti con gli enti militari italiani, dichiara che essi intercorrevano con i SIOS d'Arma; che il punto di contatto presso l'Aeronautica era il capitano Piccioni, con il quale ha sempre lavorato; che i rapporti avvenivano tramite i messaggi spediti via telex (v. esame Mac Donnel James Laurence, Washington 10.03.92).

Di maggior interesse ai fini della ricostruzione di queste vicende relative al gruppo di lavoro dell'Ambasciata le dichiarazioni di colui che lo presiedette, ovvero Stephen May (e non Steve, come egli stesso precisa), diplomatico.

Questi ammette di aver partecipato a quello che si sarebbe chiamato, afferma, un "working group"; gruppo di lavoro costituito all'interno dell'Ambasciata americana. Lo scopo di questo gruppo, precisa, non era quello di investigare sulle cause dell'incidente di Ustica, bensì quello di redigere rapporti sulla stampa e sulle controversie politiche originatesi dall'incidente. "Quindi il lavoro del gruppo era quello di stendere i rapporti da inviare al Governo in Washington, all'inizio giornalmente, e poi meno frequentemente". Questo gruppo fu costituito il giorno dopo l'incidente. Egli come costitutore del gruppo più che l'Ambasciatore ricorda il "Deputy Chief of Mission" e cioè il secondo dell'Ambasciata. Nel gruppo c'era sicuramente Coe e probabilmente certo George Resnick, non bene identificato. Egli che pure era troppo giovane per dirigere formalmente il gruppo, in virtù della sua veste di diplomatico, membro dell'ufficio politico militare, era colui che redigeva i rapporti per Washington. Nell'ambito del gruppo i contatti con le Autorità italiane erano divise secondo le competenze specifiche; gli addetti militari parlavano con le forze armate, il settore politico-militare parlava con il Ministero della Difesa e con quello degli Affari Esteri.

Ribadisce - e poi si vedrà con quale valore - il compito preciso del gruppo, quello cioè di interpretare per Washington la stampa italiana. Non ricorda se nella stessa notte del disastro pervenne all'Ambasciata una telefonata dell'Aeronautica Militare italiana. Ritorna sulle ipotesi formulate nell'immediatezza dell'incidente dalla stampa italiana, secondo cui veniva insinuato che l'Aeronautica italiana o le forze aeree della NATO, fossero coinvolte nella caduta del DC9. Su queste sue dichiarazioni concernenti le notizie nell'immediatezza e nei giorni seguenti si dovrà ritornare, giacchè non sembrano assolutamente corrispondere al vero, non essendo apparse sui mezzi di informazione in quel lasso di tempo notizie del genere.

Per la ragione suddetta il gruppo si mise in moto, cioè per accertare se forze statunitensi fossero rimaste o meno coinvolte nel disastro. Ricorda in particolare che al tempo l'incidente era apparso a tal punto strano che s'era pensato anche che la causa potesse essere stata una qualche eruzione vulcanica. S'era pensato anche ai libici. Stima che sia stato fatto un check dei missili, ma asserisce che di certo non è stato compiuto nè ordinato dal gruppo di lavoro. Ogni sera si redigeva un rapporto dell'attività del giorno e si mandavano i telegrammi al Dipartimento di Stato. Il gruppo ha lavorato circa tre settimane, ma non esclusivamente, precisa, sul caso Ustica. Non ricorda però se quel gruppo di lavoro esaminò anche il caso del MiG23 caduto nella zona di Castelsilano in Calabria, rinvenuto a tre settimane di distanza dall'evento di Ustica. E' certo di non aver mai visto i nastri della Saratoga.

I rapporti con gli italiani erano orali e nonostante ci fosse molta confusione gli americani si tenevano in contatto con gli italiani "a scadenze quasi regolari", anche se informali, senza antagonismo, accomunati dall'impegno di scoprire le cause dell'incidente. In effetti lo scambio di notizie e di risultati c'è stato, e non solo con le Autorità militari, ma anche con quelle civili e cioè con il Ministero degli Affari Esteri, composto da membri del servizio diplomatico. Tra i militari ricorda l'ufficio del Capo di Stato Maggiore della Difesa. Dopo aver narrato le sue incombenze durante la visita di Stato del presidente Carter in Italia - su cui si dovrà tornare quando si prenderà in esame la vicenda dei C130 libici delle Officine Aeronavali di Venezia - specifica le classificazioni dei suoi rapporti a Washington: alcuni, quelli con notizie di stampa senza classifica; quelli con commento con la classifica di riservato; quelli che riportavano conversazioni con ufficiali del Governo italiano con la classifica di riservato o addirittura segreto.

Sulla vicenda è stato esaminato, come già detto, anche il Capo della Stazione CIA a Roma in carica all'epoca. Di costui, Dewey Clarridge, detto Duane, si era chiesta l'audizione sin dal 92 (v. rogatoria USA 20.01.92), ma per lungo tempo non era stato possibile compiere l'atto a causa dello stato di imputato assunto dal teste nella procedura statunitense Iran-Contra. Solo quando egli ed altri nella medesima posizione sono stati prosciolti per effetto di decreto del Presidente degli Stati Uniti, si è potuto procedere alla sua escussione, avvenuta in territorio USA nel 94.

Clarridge ha risposto ad una serie di domande sul disastro di Ustica e sulla rivendicazione Affatigato. Ha confermato di essere stato contattato dal giornalista Gatti più volte per telefono e di averlo incontrato da ultimo nel febbraio del 94 al ristorante italiano Bice - molto caro - di New York. Ha ricordato la campagna di esecuzione compiuta a danni di libici o oppositori dell'80, riconoscendo peraltro che due degli uccisi erano suoi agenti. Non ha messo però in rapporto questi fatti con la strage di Ustica, così come non ha messo in contatto questa strage con quella immediatamente successiva della stazione di Bologna, giacchè non vi erano sensazioni né informazioni che l'evento di Ustica fosse stato cagionato da un atto terroristico. Ed in tal senso erano anche le notizie che egli riceveva dai Servizi italiani, sia il S.I.S.MI che il S.I.S.DE. La sua Stazione aveva rapporti con quasi tutte le divisioni del S.I.S.MI, ed egli di persona ne aveva principalmente con il Direttore Generale Santovito (v. esame Clarridge Dewey, GI 20.05.94).

A dire il vero il Servizio cui esso Clarridge apparteneva e altri Servizi di Intelligence statunitensi hanno prodotto - e non poteva essere altrimenti, nonostante più volte sia stato affermato che il disastro di Ustica fosse stato un non-evento - numerosi documenti. Questi documenti pervenivano agli atti solo dopo anni, nel settembre del 92 a seguito di richiesta alle Autorità USA (v. commissione rogatoria 20.01.92). Venivano anche acquisiti attraverso un teste, Incerti Corrado giornalista di "Panorama", che li aveva a sua volta acquisiti attraverso il Freedom of Information Act, e utilizzati in un articolo del suddetto periodico dal titolo "USA e insabbia". (v. esame Incerti Corrado, GI 02.03.93).

Di fronte a tale situazione probatoria i due chiamati in causa, gli indiziati Coltelli e Piccioni, opporranno una recisa negativa.

"Non ricordo - afferma Piccioni - se nei giorni successivi (al disastro di Ustica; nde) avemmo contatti con l'Ambasciata degli Stati Uniti, ma sono portato ad escluderli, almeno per quanto riguarda la mia persona. Abbiamo fatto ricerche su carteggi esistenti in ufficio, ma non abbiamo trovato alcuna traccia di documentazione relativa a contatti con l'Ambasciata. Queste ricerche sono state fatte a più riprese a partire dal 90". (v. esame Piccioni Claudio, GI 18.09.91).

"Ritengo - dichiara Coltelli - di non aver chiamato nè ricevuto chiamate dall'Ambasciata americana per il fatto di Ustica...". Esclude di aver parlato con costoro (con Coe e Biankino; nde) di Ustica per ragioni di ufficio. (v. esame Coltelli Adriano, GI 18.09.91).

Questo l'atteggiamento che cagionerà le comunicazioni giudiziarie per falsa testimonianza. Più elaborate le discolpe, quando verranno interrogati in tale qualità. Ma su tali atti nella parte relativa alle posizioni degli imputati e degli indiziati.

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