3. Verona - Villafranca.
3.1. Introduzione.

Presso l'aeroporto di Verona-Villafranca aveva sede il 3° Stormo formato dal 28° Gruppo caccia-ricognitori, dal 132° Gruppo, dal 503° Gruppo SLO (Servizi Logistici Operativi) e dal 403° STO (Servizi Tecnici Operativi) e da una Squadriglia Collegamenti. comandante dello Stormo all'epoca dei fatti era il colonnello Dudine Corrado; capo Ufficio Operazioni il tenente colonnello Zamai Rudi; responsabile del BOC il maggiore Gaiardoni Adriano. Il 3° Stormo dipendeva dal Comando della 1ª Regione Aerea.

3.2. Le dichiarazioni rese da Berritta Sergio.

L'inchiesta ha volto la sua attenzione a questo Stormo e al suo aeroporto a seguito delle dichiarazioni di un testimone qualificato. Costui è Berritta Sergio, al momento delle deposizioni controllore del traffico aereo in servizio al CRAV di Abano e al tempo del fatto controllore del traffico aereo presso la torre di controllo di quell'aeroporto, ma pur sempre sottufficiale inquadrato nell'AM. Il teste si è presentato spontaneamente, nel senso che egli si è messo in contatto con l'ufficio di iniziativa dopo aver letto su Repubblica, in un numero apparso qualche tempo prima dell'esame, di una telefonata in cui si accennava ad un aereo che si stimava essere precipitato nello stesso periodo di tempo in cui era caduto il DC9 Itavia. In effetti il 5 ottobre 91 - il primo esame è del 18 ottobre - erano stati pubblicati dalla stampa ed anche da Repubblica stralci delle note conversazioni tra Ciampino e Martina Franca. Questo articolo avrebbe fatto scattare in lui il ricordo dei fatti che riporta.

La sera del disastro egli era in servizio al Controllo di Villafranca. Era montato per il turno della notte tra le 19 e le 20 ed era stato di turno, come usuale nei siti AM - è stato comprovato da atti e testi di Grosseto - anche nella mattinata dello stesso giorno con orario 8 - 13. All'atto delle consegne con il collega smontante costui gli aveva riferito che un aereo militare della Marina Statunitense tipo Crusader era in attesa di partire previa ricezione di qualcosa d'importante che stava per essere consegnata. In effetti di lì a poco, mentre esso Berritta era già in turno, il pilota americano aveva chiesto l'autorizzazione alla messa in moto e a tale richiesta il Controllo di Padova aveva fatto delle rimostranze in quanto sul piano di volo non era specificata la destinazione. Cioè sul piano al posto delle quattro lettere ICAO che contraddistinguono un aeroporto, c'erano quattro zeta che indicavano invece una destinazione non ICAO. Berritta di conseguenza aveva chiesto al pilota se la sua destinazione fosse una portaerei nel Mediterraneo, ricevendone una risposta affermativa. Il Crusader, aggiunge il teste, è un velivolo imbarcato.

Padova, cui Berritta aveva riferito la precisazione sulla destinazione, e che sapeva della presenza della Saratoga nella baia di Napoli, aveva dato l'autorizzazione, stimando che quella unità fosse effettivamente la destinazione del velivolo. Padova aveva però aggiunto di avere altro traffico in decollo da Bologna e che pertanto avrebbe assegnato il livello più alto a chi dei due fosse partito per primo. I due velivoli avrebbero perciò dovuto viaggiare a breve distanza l'uno dall'altro, ritiene il teste, per tutta la rotta tra Bologna e Teano.

A distanza di un certo periodo di tempo, Padova s'era messa in contatto nuovamente con Verona, richiedendo un'attivazione di Villafranca a fini di ricerca del velivolo americano, giacchè il Soccorso di Ciampino aveva iniziato la procedura di ricerca sulla base di un messaggio di Incerfa, di cui non era stata riferita l'origine. Il teste aveva effettuato le dovute ricerche telefoniche presso gli aeroporti limitrofi, cioè Ghedi, Istrana e Rimini, ricevendo però solo risposte negative. Questi risultati erano stati poi riferiti a Padova. Dopo un altro periodo di tempo Padova aveva richiamato, dicendo di sospendere le ricerche in quanto Roma-Controllo aveva comunicato che l'aereo statunitense era precipitato. Di lì a poco nuova chiamata di Padova che riferisce di aver saputo da Roma che non l'aereo americano era caduto bensì l'Itavia partito da Bologna.

Su quale fine avesse fatto l'americano, Padova non sapeva nulla. Berritta aggiunge che i Crusader sono conosciuti con la sigla A7 e che in genere le portaerei non esplicano attività volativa quando sono all'interno di un porto, precisando però di aver assistito personalmente ad atterraggi e decolli proprio sulla Saratoga ad appena cinque miglia fuori dal porto di Palermo. Ed aggiunge anche una deduzione sulla base della sua esperienza professionale e che cioè la destinazione dell'aereo americano non fosse la portaerei in rada a Napoli, ma un'altra in mare aperto, in quanto la torre di Napoli, alla quale Roma aveva passato lo stimato di arrivo, non avendo avuto il contatto all'orario prestabilito, può essere stata l'unico logico originante del messaggio di soccorso.

Il teste aggiunge ancora che non aveva visto atterrare l'aereo nè la mattina dello stesso giorno nè il pomeriggio del giorno precedente, traendone come conclusione che doveva essere giunto a Villafranca nel pomeriggio di quello stesso 27 giugno. A Verona c'è la sede del Comando Forze Terrestri alleate del Sud Europa, e a Vicenza, a breve distanza da Villafranca, il comando della 5ª Zona aerea sempre dell'Alleanza. In vent'anni di servizio in quell'aeroporto erano atterrati aerei imbarcati solo due o tre volte, giacchè quando le portaerei si avvicinavano alle coste del Nord-Est d'Italia preferivano atterrare ad Aviano, base americana, in cui avevano supporto logistico più adeguato. Dell'intera vicenda, conclude il teste in questo primo esame, non poteva esservi più traccia in registrazioni telefoniche, perchè pur essendo registrate le linee da lui utilizzate per le dette comunicazioni, le relative registrazioni erano conservate per soli novanta giorni. Non aveva fatto annotazioni concernenti i fatti, ma comunque quand'anche ne avesse fatte, registri e brogliacci di quel tempo sarebbero già stati distrutti. (v. esame Berritta Sergio, GI 18.10.91).

Esaminato nuovamente, riferisce di non essere in grado di dire quale fosse l'ente da cui era partito il messaggio di Incerfa, messaggio che si origina presso l'aeroporto di destinazione ed è trasmesso ai Centri di Controllo Regionale, all'aeroporto di partenza e ad un eventuale aeroporto alternato oltre che ai Centri di Soccorso Aereo. Prende visione di un messaggio dal Comando del 3° Stormo - Ufficio Operazioni - al 1° ROC di Monte Venda, apparentemente trasmesso nel luglio di quell'anno, ove figura l'attività di velivoli dal 25 al 29 giugno in quell'aeroporto di Villafranca. Di quelli tra il 25 e il 27 ricorda solo l'aereo del 25, un Fokker olandese che aveva trasportato dei bambini handicappati destinati ad un luogo di cura sul lago di Garda. Non ricorda il T39 USA del 26 (ma il 6 è corretto a penna; sotto appare un 7), nè quello del 27 un C1A - USA matricola 146025 da Sigonella con VIP a bordo. Afferma che se il Crusader di cui ha parlato non ha fatto rifornimento a Villafranca, dovendo raggiungere una portaerei a Napoli o nel Tirreno doveva essere partito da un aeroporto vicino, probabilmente Aviano. (v. esame Berritta Sergio, GI 18.11.91).

Esaminato una terza volta dopo il recupero del serbatoio eiettabile di produzione statunitense Aero D, su cui si dovrà ritornare infra, nella zona D - determinata come area di caduta dei frammenti del DC9 Itavia, registrati dal radar - serbatoio che risulta portato come supplementare dai velivoli Corsair, Berritta riferisce di aver visto il Crusader solo nella fase del decollo, cioè nel periodo di tempo che è rimasto sulla pista. Egli ovviamente era nella torre di controllo - al centro della pista sul lato Est, e il velivolo proveniva dall'area del 28° gruppo - all'estremità Nord-Ovest della pista - a circa 1500 metri in linea d'aria dalla torre. Ne ha intravisto le luci mentre entrava in pista; ne ha intravisto poi la sagoma durante la fase di decollo avendolo di profilo.

Ha detto Crusader per più ragioni, perchè il collega smontante gli aveva riferito che si trattava di un aereo di portaerei; perchè nel piano di volo risultava come destinazione una portaerei; perchè nella strip gli sembra fosse scritto Crusader. Riconosce che nel primo verbale egli aveva parlato di A7 e che tale sigla è quella del Corsair e non del Crusader. Giustifica l'essersi confuso con il fatto che la sagoma dell'aereo vista di profilo può averlo indotto in errore, giacchè le due sagome sono molto simili a causa della presa d'aria frontale, e si differenziano solo per la lunghezza, dato poco apprezzabile in fase di decollo e in quelle particolari condizioni di luce - una decina di minuti dopo le 20 locali, all'imbrunire. Non ha ricordo visivo di post-bruciatori in funzione, ma questo dato non avrebbe consentito di affermare che si trattasse di un velivolo piuttosto che un altro, perchè data la lunghezza della pista il Crusader non avrebbe avuto bisogno di usarli. Quanto ai serbatoi supplementari esterni, il velivolo, in considerazione della destinazione nel Mediterraneo, avrebbe dovuto necessariamente portarli (v. esame Berritta Sergio, GI 12.06.92).

In una quarta escussione Berritta spiega il meccanismo delle informative che seguono il volo, concludendo che l'evento di cui è questione dovrebbe essere stato a conoscenza del personale della torre di Villafranca, dell'avvicinamento di Garda, all'epoca coubicati, del personale delle ATCC di Monte Venda e di Ciampino e dalla portaerei di destinazione. Datagli lettura della telefonata delle 19.41Z tra Roma Soccorso (Bozicevich) e Martina Franca (Marzulli) asserisce che potrebbe essere quella letta su Repubblica. In effetti in questa conversazione tra l'altro si dice: Roma "allora che avete fatto?", Martina Franca "abbiamo fatto partire l'elicottero per il DC9", Roma "ah, per il DC9?", Martina Franca "sì", Roma "anche il DC9?", Martina Franca "non avete saputo niente del DC9?", Roma "sì, sì, no, no, ho capito, del DC9" (trascrizioni Martina Franca - nastro A - canale - ore 19.41Z del 27 giugno 80 - giro 048). In questa telefonata, appare chiaramente, l'interlocutore di Ciampino esprime meraviglia che sia stato fatto partire l'elicottero anche per il DC9 e alla domanda se avesse saputo qualcosa del DC9 mostra molta incertezza nella risposta (v. esame Berritta Sergio, GI 27.07.92).

Le difficoltà dei riscontri all'episodio rammentato dal Berritta sono causate dal mancato ricordo di qualsiasi nominativo di controllori sia di Villafranca che degli altri siti ed enti nominati; difficoltà rese ancor maggiori dal mancato rinvenimento degli ordini di servizio della sera del 27 giugno 80 degli enti citati.

Le dichiarazioni di Berritta sono state messe in dubbio quando con una nota SMA-0/5848 del 24.07.95 veniva trasmesso un certificato medico rilasciato dalla dottoressa Gisella Brenelli, con cui venivano concessi al militare sei giorni di riposo medico in data 27.06.80. Escusso nuovamente, Berritta, preso atto della contestazione secondo cui non poteva essere in servizio il 27 giugno 80, ha ribadito "di essere stato in servizio, facendo il turno di notte" e non rammentando di "essere stato in malattia in quella giornata". Ha inoltre dichiarato: "...l'unica ipotesi che posso fare è che questo stato febbrile fosse insorto la notte stessa durante il servizio notturno iniziato il 27 sera e che recatomi l'indomani mattina, avessi indicato io una data sbagliata, nel senso che avessi detto alla dottoressa di essermi ammalato dalla sera precedente o che costei casualmente avesse messo per errore una data diversa da quella del giorno del rilascio del certificato" (v. esame Berritta Sergio, GI 07.09.95).

E' stata quindi escussa, in relazione a questo certificato, la detta Gisella Irene Brenelli, la quale, pur riconoscendo come propria la grafia e la sottoscrizione del documento, ha riferito di non ricordare tra i propri pazienti il Berritta. Con riferimento alla data del 27.06.80 apposta sul certificato, ha affermato: "...prendo atto che il Berritta dichiara di ricordare che quel 27 giugno è stato in servizio e che il suo stato di malattia può essere insorto nella notte tra il 27 e 28 giugno; devo escludere che io possa averlo visto un giorno diverso dal 27 giugno 80. Non è assolutamente possibile che lo abbia visitato il giorno dopo, perché avrei datato il certificato 28.06.80..." (v. esame Brenelli Gisella Irene, GI 23.11.95).

Le dichiarazioni di Berritta in vero non hanno ricevuto molte conferme. A parte il controllore di Istrana che ha confermato in una certa qual misura il fatto, gli altri militari hanno confermato delle prassi al riguardo di presenza di velivoli stranieri, anche imbarcati, su quell'aeroporto, ma non hanno ricordato l'episodio. Sono poi sorti dubbi sull'esattezza del ricordo dello stesso Berritta in conseguenza del rinvenimento da parte dell'AM di quel certificato medico che lo dava ammalato proprio quel 27 giugno 80 e della conferma di tale certificato da parte del medico che lo rilasciò. Certo potrebbe esservi stato errore nella datazione di quel documento, ma restano comunque incertezze sulla collocazione temporale dell'episodio riferito.

Ma perplessità suscita anche il rinvenimento del certificato medico - redatto peraltro dalla moglie del comandante di quella base - da parte dello SMA. Appare cioè strano che sia rinvenuto a tale distanza di tempo un semplice certificato d'un quindicennio prima in un'Amministrazione presso la quale non è stata rinvenuta la massima parte della documentazione necessaria all'inchiesta, documentazione di certo di maggior rilievo e di cui era obbligatoria la conservazione, ed invece distrutta o smarrita.

Comunque dalle dichiarazioni di Berritta come da quelle degli altri militari emerge tutta una serie di punti fermi di grande utilità per l'inchiesta. Il traffico di velivoli Nato ed in particolare statunitensi su Verona, città sede del Comando delle Forze Terrestri Nato del Sud Europa, prossima a Vicenza, sede del Comando della V ATAF; anche se i velivoli statunitensi preferivano a volte usare la base di Aviano. La prassi di far volare velivoli militari in prossimità di quelli civili, quasi sulla scia. L'uso della sigla ZZZZ come destinazione d'atterraggio su portaerei, ovvero non su aeroporti ICAO. La possibilità di atterraggi su portaerei anche quando esse si trovano o navigano in rade.

Al di là poi delle incertezze insorte sulla datazione della vicenda riferita, restano in quelle dichiarazioni delle circostanze inquietanti. E cioè la scomparsa di un aereo militare americano che viaggia per lungo tratto in coincidenza con la rotta del DC9 - e di perdita della stessa specie s'è visto in Ciampino e si vedrà in Grosseto - la meraviglia dell'interlocutore di Roma Ciampino quando apprende che è stato fatto partire "l'elicottero" anche per il DC9. Le cognizioni di Padova sulla presenza della portaerei e la sua attivitazione per la ricerca di velivolo americano.

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