16. Cagliari-Elmas.
6.1. Il velivolo Breguet Atlantic denominato
"Spada 10" e le dichiarazioni rese dal
tenente di vascello Bonifacio.

Elmas è sede del Comando 30° stormo dell'86° Gruppo antisommergibili.

L'attività istruttoria svolta su detto aeroporto è stata circoscritta all'acquisizione di elementi sull'attività volativa di due Breguet Atlantic, uno dei quali impiegato il 28 giugno 80, nelle operazioni di ricerca e soccorso sul luogo del disastro del DC9 Itavia.

Alle ore 22.20 locali circa del 27 giugno 80 il tenente di vascello Sergio Bonifacio viene avvisato dalla Centrale Operativa del 30° Stormo circa la necessità di attuare il dispositivo di soccorso nei confronti per un velivolo civile che non rispondeva alle chiamate. Il predetto ufficiale, dopo aver individuato l'area di intervento ed aver radunato i membri dell'equipaggio, decolla con un velivolo Breguet Atlantic denominato Spada 10 alle ore 03.10L del 28 giugno 80. Raggiunta la zona del disastro, il Breguet Atlantic inizia le ricerche ed è proprio in questa fase che il comandante pilota Sergio Bonifacio afferma di aver visto in acqua, dopo le ore 07.00, dello stesso giorno, "una grande massa chiara con una riga nera che l'attraversava al centro".

Tale dichiarazione, rilasciata sia dinanzi all'AG che alla Commissione Pratis, ha suscitato vivo interesse negli organi di stampa, che non hanno esitato ad amplificare quanto presumibilmente rilevato dal comandante Bonifacio nel corso della sua missione, creando altresì il presupposto di un inquietante interrogativo e cioè se il DC9 Itavia potesse essere ancora integro quando precipitò in mare, inabissandosi solo dopo molte ore dall'impatto con l'acqua.

Questi gli stralci di maggior rilievo sull'argomento degli esami testimoniali resi dal tenente di vascello Bonifacio il 25.10.89 ed il 20.02.90 rispettivamente dinanzi alla Procura Militare ed all'AG ordinaria, e dai membri del suo equipaggio: "...sulla superficie del mare vidi in trasparenza, non so precisare l'esatta profondità, ma penso che si trattava di una profondità inferiore ai 50 metri, perché per esperienza so che oltre i 50 metri è difficile poter vedere in trasparenza, una grande massa chiara con una riga nera che l'attraversava al centro"...

E per avvalorare la sua dichiarazione, l'ufficiale tenta di fornire una plausibile spiegazione che troverebbe riscontro nella seguente tesi: "il velivolo affondava per il suo peso e per il peso dell'acqua imbarcata con una velocità superiore a quella che portava l'infiltrazione d'acqua a compensare le due pressioni. E quindi ad un certo punto non essendosi infiltrata nel velivolo acqua sufficiente a pareggiare le due pressioni la struttura ha ceduto liberando nafta, olio, corpi, salvagenti"..."Penso che se la falla sulla fusoliera fosse stata di dimensioni sufficienti il velivolo sarebbe andato giù senza disintegrarsi, nelle stesse condizioni in cui l'avevo avvistato a meno di 50 metri di profondità".

Ma le dichiarazioni del tenente di vascello Bonifacio non trovano conforto in quelle rese dagli altri membri dell'equipaggio, i quali hanno escluso di aver visto in mare, in trasparenza, la sagoma di una fusoliera che, per certi versi, potesse assomigliare a quella del DC9 Itavia. D'altra parte sul rapporto di volo redatto a conclusione della missione del Breguet era scritto, alle ore 05.32Z, la seguente annotazione: "Si notano molti oggetti in trasparenza ma non è possibile effettuare identificazioni". Alle dichiarazioni di Bonifacio al proposito si è già accennato; qui si deve riportare quanto si è accertato sull'intera vicenda.

Bonifacio nell'ottobre dell'89 affermava dinanzi al Procuratore Militare di Cagliari che quale comandante di un Breguet Atlantic del 30° Stormo di base a Cagliari era stato inviato in missione di soccorso sul luogo della sciagura. Il velivolo era decollato intorno alle 2.30 del 28 ed aveva raggiunto l'area a Sud del punto Condor. Alle 7 un elicottero anch'esso in soccorso aveva comunicato di aver individuato una macchia d'olio o cherosene. Raggiunto questo punto, già marcato con un fumogeno, aveva visto una chiazza d'unto di forma circolare del diametro di circa 50 metri. Col passare del tempo la chiazza s'era allargata nel senso del vento, facendogli presumere che si fosse formata da poco. Al levar del sole, anzi con l'incidenza dei raggi solari da una maggiore altezza aveva scorto ad una profondità minore di cinquanta metri una grande massa chiara con una riga nera che l'attraversava al centro. Dopo circa un'ora erano affiorati cuscini, sedili e salvagenti sgonfi, attribuibili perciò all'aereo. Aveva perciò, esso Bonifacio, avvertito la stazione militare di controllo dell'operazione che si trattava dei resti del DC9 - prima, quando aveva scorto la massa chiara, aveva riferito a detta Stazione in Roma che da quanto vedeva non poteva riconoscere la sagoma dell'aeroplano. Dopo circa un'altra ora erano comparsi i primi due cadaveri "uscendo dalla macchia oleosa". Erano stati avvistati dalla vedetta anteriore dell'Atlantic che aveva specificato che al secondo mancava una gamba. Dallo stesso punto in successione erano poi affiorati altri trentacinque cadaveri. Dopo poco giunse un elicottero HH3F da Ciampino con operatore RAI a bordo e quindi nell'ambito di un'ora le navi che distavano sulle venti miglia.

Sempre in quell'esame seguivano argomentazioni tecniche in base alle quali il capitano tentava di giustificare quel galleggiamento sotto il pelo dell'acqua per tutte quelle ore, argomentazioni che saranno prese in esame dai periti ed esposte in altro capitolo (v. esame Bonifacio Sergio, Procura Militare di Cagliari, 25.10.89).

Dinnanzi a questo giudice il Bonifacio confermava quelle dichiarazioni e dava ulteriori precisazioni su quanto visto in trasparenza nei pressi della macchia d'olio. Si trattava di un corpo oblungo di colore chiaro attraversato in senso longitudinale da una striscia nera. Sul numero dei cadaveri era sicuro, perché di ognuno a mano a mano che affioravano segnava sesso e abbigliamento (v. esame Bonifacio Sergio, GI 20.02.90).

Nuovamente esaminato, esibiva uno studio sul disastro in cui aveva ricostruito la rotta della planata sino all'ammaraggio in un punto più a Sud di quello ove egli aveva scorto il corpo oblungo - egli scrive "sul punto in cui è stato ripescato" e di qui sarebbe stato spostato dalla corrente marina (v. esame Bonifacio Sergio, GI 18.11.91).

Bonifacio nell'intervista al periodico "Europeo" aveva dichiarato "poco distante da quella macchia io vidi molto di più: il DC9 era lì, intatto. Rimasi per un'ora a sorvolare la zona". Sui corpi "... ma i corpi emersi e caricati sulla Doria erano 37". Alle 8 aveva visto anche un improvviso sollevamento dell'acqua, il DC9 s'era inabissato e ne erano usciti corpi e cuscini. Al ritorno dopo aver fatto il rapporto s'era presentato al Procuratore militare e aveva rilasciato una deposizione (l'Europeo "Dieci ore a galla" e "In balia del mare" nr. 27 e 28 del 90).

Si procedeva quindi all'esame di tutti i componenti dell'equipaggio di quel Breguet Atlantic. In primo luogo del pilota e coordinatore tattico di quel velivolo, al posto di pilotaggio al momento del rinvenimento dei primi relitti. Questo ufficiale, all'epoca capitano dell'Aeronautica Militare, era al posto di pilotaggio di sinistra, mentre Bonifacio era a quello di destra. Ha visto "oggetti in trasparenza, cioè ancora immersi a poca profondità, quasi a pelo d'acqua". A dir il vero il teste usa il plurale, perché quello che egli vedeva lo vedevano anche gli altri dell'aeroplano. Così continua "abbiamo visto una grande quantità di oggetti e in una prima fase non li abbiamo identificati". Questi oggetti non superavano le dimensioni di quelle di una valigia. Sono rimasti sul punto ed hanno notato l'affiorare di altri oggetti sempre di piccole dimensioni. Successivamente hanno notato una "naca", cioè il rivestimento esterno d'un motore. Questo elemento non era collegato ad altre strutture, era isolato e di colore bianco.

Quasi contemporaneamente hanno identificato il primo cadavere. A quel punto sono stati certi che in quella zona si dovesse collocare il punto di caduta dell'aereo e hanno comunicato le coordinate al Search and Rescue di Roma. Immediatamente dopo il Doria e un rimorchiatore civile si sono diretti sul luogo. Il teste non ha visto alcuna forma oblunga del tipo di quella che veniva descritta dai giornali in quei giorni; non ha visto alcuna parte strutturale dell'aereo; non ha visto altre parti dell'aereo oltre la "naca". Della forma oblunga con striscia aveva già sentito parlare da Bonifacio, ma per la prima volta nella primavera dell'89 in occasione di un'inchiesta su Ustica condotta da un ammiraglio a Cagliari, durante un intervallo per il caffè. Mai Bonifacio ne aveva parlato prima. D'altronde se egli avesse avvistato un oggetto di quella specie lo avrebbe comunicato all'intero equipaggio in interfonico e tutti di conseguenza si sarebbero adoperati per la sua identificazione. Il teste ha infine dichiarato che il Breguet Atlantic non ha ricevuto alcun ordine di rientro. Sono rientrati per PLE e cioè per Prudence Limit Endurance. Avevano, in quella missione, l'equipaggiamento standard, ovvero i sensori acustici e le boe trasmittenti. Non ha ricordato se avessero anche l'apparecchiatura fotografica (v. esame Bigazzi Alessandro, GI 31.07.90).

Non dissimili le testimonianze del resto dell'equipaggio. L'addetto alla navigazione, con funzioni di OTT, ha ricordato che le prime individuazioni erano avvenute quando ancora c'era poca luce, apprendendone dal comandante via cuffia. Ha sentito dei ritrovamenti, sempre via interfono. Ricorda, quanto agli oggetti, la frase "sembrano dei sedili, sembrano dei cuscini". Quanto letto sull'Europeo e messo in bocca a Bonifacio, non lo aveva mai sentito prima, né durante il volo né quando sono atterrati. Ha avuto Bonifacio come comandante ancora per diversi anni, ma mai costui aveva fatto cenno ad eventi come quelli apparsi sulla stampa poco prima del suo esame. Non aveva sentito parlare di un "ribollire" dell'acqua, cui sarebbe seguita l'emersione di oggetti e di cadaveri (v. esame Pinto Savino, GI 31.07.90).

Anche uno dei marconisti-radioperatori di bordo che non riuscì a partire con il Breguet Atlantic perchè giunto in ritardo in aeroporto, ha riferito di non aver mai sentito parlare di rinvenimento di oggetti strani, come quelli di cui si sentiva parlare in quei giorni. Precisava, come già detto dal precedente teste, che all'interno dell'aereo si parla solo per mezzo dell'interfono che collega tutti i membri dell'equipaggio contemporaneamente (v. esame Barbone Carlo, GI 31.07.90).

Così l'addetto ai servizi acustici, cioè a quelle apparecchiature che hanno la funzione di individuare i sommergibili o comunque masse metalliche in movimento. In quella occasione questi sensori non furono utilizzati, perchè altrimenti sarebbero stati compilati dei promemoria detti moduli dei sensori acustici. Ha saputo solo di recente e dalla stampa che sarebbe stata vista una massa oblunga simile al DC9 o ad un sommergibile nel luogo del disastro. Prima non ne aveva mai sentito parlare. Ha escluso di aver sentito affermazioni del genere al tempo del fatto, tantomeno dal comandante Bonifacio.

Ha escluso anche che una massa metallica delle dimensioni di un DC9 potesse sostenersi a pelo d'acqua o a qualche decina di metri sotto il pelo per il tempo che avrebbe riferito Bonifacio ai giornali. Ha escluso infine che nell'80 ci fosse stata un'inchiesta della Procura Militare; egli non fu convocato, nè ha mai avuto notizia di convocazioni di altri (v. esame Mogno Fiorenzo, GI 31.07.90).

Anche uno dei tecnici di volo a bordo di quel velivolo nella missione sul luogo del disastro, che svolse funzioni di vedetta, rilascia dichiarazioni simili. Egli ha visto dei quadratini di colore azzurro vivo che affioravano di continuo; ha avuto l'impressione che potessero essere parti di sedili di aereo, parti di rivestimento e non metalliche, giacchè galleggiavano. In quel momento l'aereo era a duecento-trecento piedi di quota. Questo teste specifica anche quanti e dove fossero i posti di vedetta. Sono tre, sono degli oblò a bolla; sono collocati uno a prua e due sui lati della fusoliera. Egli si trovava a quello di prua. Quanto all'apparecchiatura di ripresa fotografica, essa non è fissa e viene collocata sotto l'ala di destra. Non ricorda però se in quella missione fu portata.

Ha escluso di aver visto cose diverse dai "quadratini". Non ha assolutamente visto oggetti di forma oblunga, che in qualche modo somigliassero a una fusoliera di aereo. Non ha visto nessun altro oggetto. Ha letto quello che è stato riferito da Bonifacio, ma egli, ripete, non ha visto nè il ribollire dell'acqua nè oggetti che ricordassero sommergibili o aerei. Nessuno dell'equipaggio, nemmeno il comandante, gli ha mai riferito di aver visto oggetti o fenomeni del genere; nè durante la missione, nè in tempi successivi.

Ha aggiunto che a bordo dell'aereo si comunicava solo attraverso cuffia e in queste comunicazioni egli non ha assolutamente sentito parlare di alcunchè che si riferisse all'individuazione dell'aereo. Nelle comunicazioni in cuffia si sentono tutti i colloqui che effettuano a bordo. Non ricorda un ordine di rientro particolare e ritiene che il rientro sia stato compiuto con ogni probabilità per PLE (v. esame Tornusciolo Giuseppe, GI 31.07.90).

Nello stesso senso e forse anche più dettagliate le deposizioni dell'altro marconista-radioperatore, dell'operatore elettronico, dell'altro pilota coordinatore tattico, dell'operatore ai sensori acustici, del meccanico di bordo TEV, dell'operatore radar-vedetta, degli elicotteristi della macchina SH3D con sigla ISSGL che per prima giunse sul luogo ove appariva la chiazza di carburante (v. esami Masella Enzo, GI 31.07.90; Cusinu Claudio, GI 31.07.90; Gambaletta Giuseppe, GI 28.08.90; Sanna Sandro Teofilo, GI 28.08.90; Rizzo Gianfranco, GI 28.08.90; Pinna Piero, GI 28.08.90; Inferrera Antonino, GI 29.08.90).

Unica eccezione dinanzi a questa lunga serie di dichiarazioni conformi, la deposizione di uno degli operatori ai tavoli tattici. Costui per posizione, cioè come navigatore, operava quasi al centro della fusoliera presso il tavolo di navigatore tattico. Non aveva perciò una visione dell'esterno, ma come navigatore veniva a conoscenza di tutte le azioni dell'aereo.

Asserisce quindi di aver "visto un pezzo di colore bianco anzi una macchia bianca", dal sedile che è collocato dietro il secondo pilota dell'aereo ove si era spostato d'iniziativa, senza cioè essere chiamato da nessuno e per brevissimo tempo. Il tempo di vedere questa macchia bianca per alcuni secondi e quindi ritornare al proprio posto.

A domanda di cosa fosse questa macchia bianca, risponde "non so, poteva essere qualunque cosa, anche una balena". A domanda su quali fossero le dimensioni di questa macchia bianca, risponde che non può dirlo. A domanda su quale fosse la profondità alla quale si trovava questa macchia risponde "a non meno di cento metri dal pelo dell'acqua".

Ribadisce poi di aver visto quella macchia solo per un attimo. Non sa dire chi l'abbia localizzata, pur affermando di aver sentito della scoperta attraverso l'interfono. L'avrebbe immediatamente plottata sul modulo formex 106 e quindi avrebbe raggiunto la posizione alle spalle del secondo pilota da cui avrebbe notato la macchia bianca in questione. Subito dopo avrebbe ripreso il suo posto di lavoro.

L'avvistamento di questa macchia, aggiunge, fu comunicato via radio a Roma. Suppone che sia stata Roma a ordinare di non approfondire la questione della macchia. Non ha mai fatto ipotesi sulla macchia, né ha sentito altri farne. Se la comunicazione dell'avvistamento fu fatta attraverso l'impianto via radio, venne registrata; se invece fu fatta dal comandante direttamente sulla frequenza operativa non venne registrata (v. esame Maldera Vincenzo, GI 01.08.90).

Solo questo Maldera dei tredici membri dell'equipaggio offre appigli, certo non conferma, alle dichiarazioni di Bonifacio.

Questi certo non rese deposizioni alla Procura Militare di Cagliari nell'immediatezza come affermato dalla stampa - ove si leggeva che Bonifacio, appena atterrato stila il consueto rapporto, ma prende anche una decisione insolita; superando le procedure gerarchiche si presenta al Procuratore Militare di Cagliari, e rilascia una deposizione. Su questo sarebbe stato successivamente imposto il segreto militare (da chi e perché non è dato sapere) e per anni non si sarebbe saputo assolutamente nulla di questa deposizione (v. Europeo nr.27/90). Ma quell'ufficio, richiestegli copie dei verbali resi dal teste, invia soltanto quelli già citati dell'ottobre 89 e del luglio 90. Non v'è presso quell'ufficio alcuna traccia di un'istruttoria iniziata nell'80.

Che Bonifacio già parlasse di queste sue visioni nei primi anni 80 emerge solo dalla testimonianza dell'affittuario di una sua casa di vacanze. Costui nell'82 aveva appreso dalla viva voce del capitano che egli in quella del 28 giugno 80 aveva avvistato, alle prime luci del mattino, il "relitto intero del DC9 che galleggiava e di averlo segnalato", dopo di che la sala operativa gli aveva ordinato di rientrare perché avrebbero mandato un altro aereo. Al rientro aveva presentato rapporto sull'avvistamento, ma nessuno, con sua meraviglia, lo aveva in seguito interpellato. Il teste aveva stimato che egli riportasse semplici pettegolezzi (v. esame Iacapraro Roberto, GI 06.03.92).

Acquisito il rapporto di volo, che reca il numero 113/80, s'accertavano le seguenti circostanze: la missione era ovviamente di SAR; il nominativo dell'aeromobile era ISSGI, il volo era durato dieci ore, da Elmas 01.10 a Elmas 11.10; i componenti dell'equipaggio, tutti quelli esaminati e cioè, oltre il comandante Bonifacio, Bigazzi, Gambaletta, Sanna, Mogno, Pinto, Pinna, Barbone, Cusinu, Masella, Rizzo, Tornusciolo, Maldera.

Sul rapporto anche l'esposizione cronologica, che vale riportare integralmente:

01.10 decollo.

01.55 on task in posizione 39.39N 12.30E.

02.18 si inizia la ricerca eseguendo tratte parallele distanziate di 5NM da Est a Ovest e viceversa con radar e vista continuo.

05.10 veniamo chiamati da un elicottero che dichiara di aver avvistato una macchia di kerosene ed alcuni oggetti in trasparenza in pos.39.39N 12.55E. E ci invita ad ispezionare la zona poiché lui è giunto al PLE.

05.28 giungiamo sul punto indicato dall'elicottero e si inizia una più accurata ricerca di eventuali tracce.

05.32 si notano molti oggetti in trasparenza ma non è possibile effettuare identificazioni.

07.45 si avvista un cadavere in prossimità della chiazza di kerosene e si avverte SAR Roma

08.00 elicottero del soccorso in zona conferma l'avvistamento.

08.40 stanno convergendo su di noi varie unità della MM e un rimorchiatore (vengono successivamente avvistate numerose salme affioranti in tempi successivi).

09.00 le unità iniziano la fase di recupero con l'ausilio degli elicotteri delle unità stesse. Tutti i corpi si trovano in un raggio di 2000 yards e vengono marcati con coloranti e fumogeni sia da noi che dagli elicotteri.

10.00 si lascia la zona per PLE.

11.10 atterraggio.

Quindi le considerazioni: "Al nostro arrivo nella zona, indicata dall'elicottero alle 05.28, vengono osservati pochi oggetti e nessuno attribuibile con certezza al velivolo. Dalle 05.32 alle 07.45 iniziano ad affiorare oggetti attribuibili al velivolo quali: cuscini di sedile, salvagenti, parte di una naca motore, valigie. Alle 07.45 si avvista il 1° cadavere, successivamente continuano ad affiorare, nella stessa posizione, altri cadaveri per un numero approssimativo di 40 al momento dell'off task. Ottima la cooperazione con gli elicotteri. L'intervento di recupero delle salme da parte delle navi è iniziato alle 09.15".

Il rapporto è regolarmente firmato dal tenente di vascello pilota Sergio Bonifacio. Nessun accenno anche minimo a corpi oblunghi o masse bianche di rilevanti dimensioni, solo molti oggetti in trasparenza e cadaveri, e cioè cuscini di sedile, salvagenti, parte di una naca motore, valigie e cadaveri per un numero approssimativo di quaranta.

La ricostruzione di Bonifacio, verrà, come già s'è detto, smontata dalle perizie e dai dati forniti dalla ditta costruttrice dell'aeromobile, ma di questo infra.

Va infine rilevato che il pomeriggio del 1° agosto 90 - dopo che erano stati esaminati i componenti dell'equipaggio del Breguet Atlantic - il Bonifacio si presentava spontaneamente allo Stato Maggiore della Marina chiedendo di conferire con un ufficiale. Da un appunto trasmesso dal Gabinetto del Ministero della Difesa in data 12.09.90 si rileva che Bonifacio aveva esposto all'ufficiale le seguenti considerazioni:

"il fatto che fossero passate oltre 10 ore dal momento della caduta del velivolo a quando si sono avuti i primi avvistamenti significativi potrebbe far ipotizzare che il DC9 non sia esploso né si sia frantumato in volo o quando ha toccato l'acqua, ma possa avere effettuato un ammaraggio di fortuna e possa avere cominciato ad affondare ancora integro rimanendo per un certo arco di tempo ancora in superficie;

- se il DC9 fosse stato colpito da un missile o esploso a causa di una bomba, qualche cosa (pezzi di aereo, bagagli, salme, ecc.) avrebbero dovuto rimanere in superficie;

- il fatto che i resti del velivolo siano fuoriusciti dall'acqua in un arco di tempo di quasi tre ore potrebbe indicare che dopo il crollo della struttura l'aereo sia rapidamente affondato rilasciando i resti in una fascia di quota piuttosto ampia, provocando l'arrivo in superficie dei resti in tempi successivi. In conclusione il parere del capitano di fregata Bonifacio è che a far precipitare il DC9 Itavia possa essere stato un guasto/incidente tecnico. Le considerazioni ed il parere di cui sopra, a detta del capitano di fregata Bonifacio, sarebbero state espresse al GI Bucarelli".

C'è da chiedersi pertanto quali ragioni possano aver spinto Bonifacio a presentarsi alla propria Forza Armata per riferire le sue considerazioni sul disastro occorso al DC9 Itavia. Considerazioni - che lo stesso Bonifacio sottolineava all'ufficiale dello SM - portavano ad escludere tutte le ipotesi avanzate fino a quel momento tranne quella dell'incidente tecnico. Vicenda questa che non appare affatto limpida e non può escludersi che possa essere stata manovrata da chi aveva tutto l'interesse ad allontanare l'Ufficio da altre piste che in quel momento si stavano intraprendendo.

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