1. Premessa.

Anche dai siti aeroportuali una serie non breve di eventi che mostrano come in quel 27 giugno 80 siano capitati fatti che sicuramente non capitavano tutti i giorni e sono l'indice di circostanze straordinarie, che si tenterà di individuare.

Così come la presenza, lo si sottolinea, non programmata, di tanti F111 sulla base di Aviano. L'arrivo su di essa di un esemplare di questa categoria perché improvvisamente dirottato dall'aeroporto di destinazione, cioè Grazzanise. Senza che alcuno sia stato mai in grado di dare spiegazione né al dirottamento né a quella destinazione in una sede così a Sud. E qui è da tener conto anche dell'altro F111, che con ogni probabilità atterrò in emergenza a Grosseto sempre quella sera. Così come si deve tener conto che questi velivoli non viaggiano mai soli e quindi o essi, quello di Aviano e quello di Grosseto, appartenevano alla stessa coppia o addirittura facevano parte di formazioni più ampie che hanno raggiunto senza dirottamenti le destinazioni prefissate. Certo questa è materia nella quale l'inchiesta giudiziaria, pur con l'arma delle rogatorie, può poco contro quelli che sono i segreti militari delle Potenze che posseggono od ospitano questi velivoli. Anche se oggi per una sorta di pudicizia più che sbarrare la strada con una semplice opposizione del segreto militare, si preferisce affermare di non disporre più delle memorie, dei records relativi alle dislocazioni di quegli aeromobili.

E che ci fosse qualcosa da proteggere, lo si può desumere dal fatto che, come già s'è accennato, proprio in quel giorno, e in quelli vicini, era previsto un massiccio trasferimento di aerei in Egitto, annunciato a mezzo stampa dall'allora vice-presidente Mubarak, per esercitazioni congiunte con gli Stati Uniti; esercitazioni in cui era previsto l'impiego di F111. Quest'ultimo Paese disponeva di velivoli di quel tipo in Gran Bretagna. Per raggiungere da queste basi il Paese nordafricano, evitando i Paesi dell'Est, si doveva passare attraverso l'Italia. E quali basi migliori per dividere un trasferimento così lungo in due tratte, di basi italiane, specie nel Sud, in pieno Mediterraneo, come Grazzanise?

Trasferimento che come sovente accade, o almeno di certo accadeva all'epoca dei fatti - per la semplice ragione che si trattava di un'operazione militare, di certo non divulgabile nei particolari della sua esecuzione -, senza dare nell'occhio senza farsi notare cioè dai radar, accodandosi cioè a velivoli civili in normali voli di linea.

Ma su quest'argomento più oltre.

Resta che Aviano, così come Grosseto e Grazzanise, testimoniano di un'intensa attività di F111 quella sera sui cieli d'Italia.

Neanche quello che emerge dalla scrittura delle vicende di Villafranca può esser trascurato. Il ricordo dell'operatore di torre di quell'aeroporto apparirà così preciso, che difficilmente potrà essere scardinato. D'altra parte è confermato dalla testimonianza di un suo collega - ed entrambi appaiono assolutamente disinteressati alle vicende, cioè non emerge alcun interesse nei due ad inquinare la ricostruzione dei fatti - ed anche riscontrato dalle battute della comunicazione telefonica, che si riporterà.

Perplessità invece appariranno al riguardo del ritrovamento del certificato, da parte di un'Amministrazione che in molte sue articolazioni ha dato infinite prove di incapacità - quando non sono emersi profili dolosi - di conservare e gestire i propri archivi. Certificato di cui il beneficiario non ricorda assolutamente l'esistenza e che può benissimo, per la minima entità della malattia diagnosticata, essere stato stilato l'indomani per un malessere insorto durante la notte, con errore di data o con la data di insorgenza dello stato di malattia, o addirittura non fruito per modestia della sofferenza. Certificato, lo si ricordi, stilato nell'ambiente stesso dell'aeroporto, perché il medico era la moglie del comandante dell'aeroporto all'epoca.

Se così fosse, ed è probabile che lo sia, cioè se il Berritta fu in servizio quella sera e vide quanto ha riferito, saremmo di fronte a un episodio di comune pratica, come più volte è stato detto e confermato, e cioè che velivoli militari per ragioni di segretezza sulle loro missioni, volassero - e probabilmente volino ancora - in coda a velivoli civili, per non essere "battuti" dai radar. Nel caso di specie quell'aereo imbarcato con destinazione portaerei accodandosi ad un aereo che stava prendendo l'Ambra 14, sarebbe potuto arrivare sino al Tirreno senza essere mai scoperto dal sistema radar.

Conferma ancora più forte della straordinarietà di quel giorno, quanto avvenuto sulla base di Grosseto. Qui di certo quella sera - giacché in tal senso sono la maggior parte delle testimonianze - atterrò in emergenza un F111, od anche con probabilità due. Di cui il primo in grave avaria, per cui dovette restare sul campo per più giorni in attesa di tecnici specializzati per le riparazioni. Non v'è alcuna ragione per non prestar credito a quei tanti testi che così hanno deposto - a fronte dei pochi che collocano in altro periodo o non sanno collocare l'episodio; a fronte dei molti - questi sono di carriera, i primi sono militari di leva; e quindi appare chiara la differenza di comportamento - che negano addirittura che sia successo alcunché quella sera. Dimostrando così indirettamente l'esistenza di una consegna del silenzio sui fatti se non di un vero e proprio segreto.

Ma su quell'aeroporto risulterà non solo questo atterraggio, ma anche quelli degli F104 che si erano levati in volo in quel tardo pomeriggio. Da due che provengono da una rotta parallela al DC9 una emergenza confermata, sino alla fase dell'atterraggio. Emergenza che quindi trae origine da eventi in quel tratto di volo e sui quali nessuno dei protagonisti ha voluto o potuto riferire. Due perché sono deceduti a Ramstein. I restanti perché asseriscono in modo assoluto di non ricordare nulla. Sono queste reticenze tra le più gravi del processo; ostacolano in modo rilevantissimo l'accertamento della verità in una delle aree più delicate dell'inchiesta; ed è solo augurabile che l'assuefazione alle menzogne che questa istruttoria può aver generato, non impedisca di valutare a pieno la gravità delle condotte di quegli ufficiali o ex-ufficiali.

Sempre qui a Grosseto la nota conversazione della torre. Cui non potranno darsi significati diversi da quelli già appurati e che saranno descritti. Altre interpretazioni assolutamente non reggono. Mentre quella indicata appare organica e ben si inserisce nelle vicende di quel giorno. Quindi militari dell'aeroporto e commilitone giunto da Poggio Ballone. Hanno visto e sanno molte cose e le commentano in modo chiaro e esplicito. Una intercettazione; un'intercettazione ad opera di un caccia italiano nei confronti di un velivolo statunitense; aereo o aerei che sono caduti; soccorsi; ricerche di portaerei. Ma già su tutte queste circostanze più oltre. Qui occorre solo porre in evidenza che quei fatti di cui si parla appaiono essere accaduti di recentissimo. Conferma perciò, e non di poco peso, della straordinarietà degli eventi di quel giorno.

Quanto alle basi aeroportuali del Sud in primo luogo Capodichino. Questo aeroporto ha registrato nelle sue conversazioni due eventi importanti. L'ipotesi della caduta del DC9 Itavia, ipotesi formulata dai "Carabinieri", dalle parti di Napoli. Purtroppo non si è riusciti ad appurare alcunché di più su tale affermazione. Di certo interessante, perché l'Arma con la sua rete capillare sicuramente riesce a captare eventi e voci ovunque. Un qualche evento deve perciò aver generato una voce di tal fatta. Ma su di essa nessun seguito. Essa sembra far il paio con l'altra voce, lanciata anch'essa dai Carabinieri, di un velivolo su Ponza che si dirigeva verso terra, e poi persosi. Si tratta comunque di voci inquietanti, specie quella della caduta del velivolo dalle parti di Napoli, che proprio per la qualità delle loro fonti non possono esser lasciate cadere.

L'altro evento è quello dei razzi bianchi. Su di esso s'è già parlato a lungo. Qui si deve solo ricordare che questi razzi furono visti dagli Americani e che quindi gli Americani avevano raggiunto il punto o l'area di caduta in piena notte, e che comunque essi non erano stati sparati da velivoli italiani. Fatto anch'esso inquietante e assolutamente allo stato inspiegabile.

Su Lamezia Terme effettuava esercitazioni un velivolo statunitense. Di esso non si era mai avuta notizia sino alla lettura delle trascrizioni delle comunicazioni dell'ACC di Roma. In esse si parla di questo Navy 61206 che fa procedure di avvicinamento su Lamezia. E proprio durante l'orario di volo del DC9, perché si leva da Sigonella - per la seconda volta quel giorno - a 20.30L e si esercita per oltre due ore. Non era stato mai menzionato nelle dichiarazioni ufficiali sull'esistenza di esercitazioni, e solo a seguito di commissione rogatoria lo si ammette, minimizzando però il fatto, con l'affermazione che si trattava di un aereo da trasporto UC-129 King Air, non dotato di armi.

Il fatto in sé non è di massimo rilievo, ma dimostra come in questa inchiesta, anche in campo internazionale, nulla si dice di iniziativa, e solo se si scopre qualcosa, si ammette il contestato.

All'aeroporto di Boccadifalco si sono verificati eventi strani, emblematici di disinvolture e mancanza di ogni dovere nei confronti dell'inchiesta. In tal senso le "ispezioni" di reperti compiute dal personale del 2° e del 3° Reparto dello SMA; il trasferimento incompleto dei relitti accantonati; le mancate verbalizzazioni di queste attività di rilievo; le deficienti cognizioni sui reperti in custodia.

Di rilevante interesse anche Catania Sigonella. Questo aeroporto è base statunitense e da esso sono decollati ed atterrati, quella sera, più velivoli americani. Di certo quello di cui s'è detto sopra che faceva esercitazioni su Lamezia. L'altro un T33, call sign JM169, che è partito intorno ad h.19.29 in direzione di Palma di Majorca. Quello con NTN AM 210 che a partire dalle h. 20.37 compie il periplo della Sicilia, con puntate verso il Golfo della Sirte in operazioni antisom. L'AJ420 che da Sigonella vola in direzione della Sardegna, partendo ad h.20.56 e a 21.54 si trova tra Elmas e Decimomannu. Infine un JM125 su cui ad h.19.42 vi è un check radio da parte di Marsala, velivolo del quale null'altro si sa. Senza contare il movimento di Atlantic Breguet nel settore italiano. Questi movimenti, quelli in particolare dei velivoli statunitensi, inducono a giudizi negativi su quei documenti come i telex, entrambi datati 3 luglio 80, emessi rispettivamente dalla 6 Flotta e da Cincusnaveur, che hanno attestato la completa assenza di aerei americani e NATO in volo al momento dell'incidente. Sia perché l'affermazione come s'è scritto non corrisponde al vero sia perché è stato estremamente riduttivo considerare solo il momento e il punto dell'incidente. Per una più completa comprensione dei fatti, ovviamente sarebbe stato più utile avere anche questi dati.

Infine l'ultimo aeroporto siciliano Trapani Birgi, che fu scelto - e la scelta fu di certo improvvida, perché presso di esso si sono persi reperti importantissimi - per la concentrazione dei reperti da trasmettere alla AG. Scelta improvvida perché qualsiasi altro sito avrebbe risposto meglio alle esigenze di questa delicata operazione. Trapani Birgi fu scelto perché si trattava di aeroporto esclusivamente militare, di fronte ad una prima indicazione di Palermo, nella stessa città allora sede dell'inchiesta; Palermo poi scartata perchè aeroporto non esclusivamente militare. E a Trapani Birgi non solo vengono persi i reperti, ma non si trova la documentazione d'interesse e, come in tutti i siti, i militari responsabili non hanno alcuna memoria degli eventi.

Ad Elmas uno degli episodi più gravi di depistaggio, quello posto in essere dal tenente di vascello Bonifacio. Su di esso già s'è scritto. Tecnicamente la ricostruzione del predetto non regge assolutamente. Sul piano delle prove nessuno degli altri componenti dell'equipaggio dell'Atlantic Breguet conferma la vicenda; a parte uno dei sottufficiali osservatori palesemente falso. Questo tentativo di deviazione delle indagini è costato molto all'inchiesta, e tuttora è sostenuto da alcuni. Non se n'è mai potuto accertare con precisione il movente.

Decimomannu si caratterizza per la forte presenza di velivoli stranieri. Ufficialmente sono tutti a terra all'ora dell'incidente ed anche durante il periodo di volo del DC9. Decimomannu ufficialmente chiudeva a 18.30. Quella sera la chiusura fu ritardata per consentire l'atterraggio, come risulta dal registro della torre, di un velivolo proveniente da Aviano, un T33, atterrato alle 19.30 e di un velivolo proveniente da Capo Frasca, nominativo Eagle 1, senza orario di atterraggio. Sempre quel giorno in orario non precisato, ma sicuramente successivo alle 17.25, si riforniscono anche un F5 e un F15 di cui non risulta né atterraggio né decollo e che però l'indomani mattina si riforniscono di nuovo dimostrando così di aver volato nel tardo pomeriggio, la sera e la notte, e dimostrando altresì che l'aeroporto, quando è necessario, può funzionare anche in ore notturne. Come ben si vede tutta una serie di attività in prossimità dell'orario del volo del DC9, di cui nessuno ha mai riferito, né ha mai specificato orari o rotte.

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