20. Conclusioni.

In conclusione si può affermare che le indagini, che si sono volte verso attività comunque collegabili alla Francia o cognizioni di autorità francesi o per cui appariva necessaria la loro collaborazione, sono state irte di difficoltà, quando non bloccate da mancate risposte ed ingiustificati silenzi, comunque trascurate o disdegnate quasi come se si fosse rimasti offesi dalle pretese di sapere o semplicemente perchè ritenuti sospettati.

Le ragioni per cui l'inchiesta ha preso questi indirizzi sono evidenti e quasi non bisognano di spiegazioni; sono le stesse per cui l'inchiesta si è rivolta verso gli Stati Uniti. Se si pone tra le ipotesi della caduta del DC9 uno scenario esterno, in cui si suppone la presenza di più velivoli oltre quello civile; se tale ipotesi, venendo a cadere le altre, via via si rafforza e raggiunge gradi di verosimiglianza sempre maggiori; se emergono evidenze di velivoli coperti e di altri in caccia; è giocoforza dirigere le ricerche verso Paesi le cui aeronautiche erano al tempo in grado di esser presenti nel cielo del disastro, o le cui forze armate, specie i sistemi radar di terra e di mare, avessero le capacità di guidare velivoli in quelle aree. E poichè col tempo l'ipotesi della presenza di una portaerei anch'essa ha preso vigore al punto tale che questa possibilità è stata non solo indicata dai periti radaristici ma ammessa anche dalla stessa NATO, attraverso i suoi esperti dell'NPC, l'ambito delle investigazioni s'è ristretto al massimo. La Francia, come gli Stati Uniti, disloca continuativamente portaerei nel Mediterraneo - solo da ultimo ha completato la costruzione di una più importante unità della specie, la Charles de Gaulle, dislocata però nell'Atlantico - e specialmente in quell'epoca - ve n'erano addirittura due, come s'è visto, la Clemenceau e la Foch - sia per le altre conflittualità dell'area, sia per il sostegno alla sua politica africana che muoveva dal Maghreb. C'erano sì, ma solo a periodi, portaerei britanniche, e però non in quel tempo; ancora non era stato varato il Principe delle Asturie spagnolo nè la nostra Garibaldi. Le forze armate di qualunque altro Paese non avevano sistemi radar in grado di monitorare l'area del Tirreno in oggetto nè disponevano di Awacs. Il numero di quelli a cui rivolgere l'attenzione dell'inchiesta è minimo. Oltre gli americani e l'Alleanza atlantica - a parte ovviamente gli italiani, solo i francesi facevano esercitazioni su quel mare usando, oltre le portaerei, le basi còrse. Non si poteva perciò non ricercare in direzione della Francia.

La reazione è stata diversa da quella degli Stati Uniti; è parso che vi fossero sospetti di attentati, con quei quesiti, alla sovranità. E le conseguenze sono state, a volte risposte formalmente positive, ma nella sostanza o nei quesiti di maggior peso negative, altre volte l'assenza d'ogni pur minimo riscontro. E quindi se n'è tratta la sensazione che l'istruttoria in sè, quell'istruttoria che si poneva quelle questioni o avesse finalità di verifica di determinate ipotesi, offendesse suscettibilità troppo sensibili, quando non toccasse, come pure alcuno sui media ha sostenuto, nervi scoperti.

I fatti inducono in tal senso. Nessuna risposta sui velivoli libici che volano da aeroporti francesi a Tripoli; quando non addirittura risposte a dir poco incredibili come quella che indicava in un elicottero il mezzo che doveva raggiungere Tripoli da Ajaccio. Nessuna risposta sui velivoli registrati dai nastri radar con sigle d'origine francese. Nessuna risposta con la negativa su Solenzara - addirittura si afferma che in quella base si chiudeva alle 17.00 del pomeriggio - sulle esercitazioni aeree della sera del 27.06.80 che avevano come base proprio quell'aeroporto. Nessuna risposta sui radar di Difesa Aerea con prospezione sul Tirreno. Nessuna risposta sulla richiesta di registrazioni radar di quella sera. Nessuna risposta sul presunto trasporto di uranio da Marsiglia a Baghdad quella stessa sera. Nessuna risposta sulla presenza in missione ufficiale al radar di Mont Agel del maresciallo AM Dettori e sull'esistenza del suo collega francese "Roland". Nessuna risposta sulla disponibilità da parte di velivoli francesi del serbatoio Pavco rinvenuto nella zona D.

Risposta soltanto sulle posizioni della Clemenceau e della Foch, mediante l'invio della copia dei relativi libri di bordo nella parte attinente al periodo d'interesse. Certo questi documenti provano che quelle portaerei non erano nel Tirreno quando il DC9 è precipitato. Ma restano quei rilievi di cui già s'è fatta menzione. Così come resta purtroppo, dopo l'esperienza del Log della Saratoga, il dubbio - con tutta la fede che si deve sempre accordare alle istituzioni - che anche in questi casi si sia provveduto a stesure in bella in momenti successivi alla redazione, contemporanea ai fatti, di brogliacci.

Risposta positiva alle richieste di visione ed esame del relitto del DC10 dell'UTA, ma eseguite in maniera negligente se non ostativa. Risposta - l'unica completa e sollecita - sul relitto dell'apparecchiatura di registrazioni meteorologiche, di certo perchè si trattava di oggetto che ovviamente nulla aveva a che fare con i fatti dell'inchiesta.

Risposta indignata quella dell'ammiraglio Lacoste alle ipotesi del suo omologo Martini, nella quale si faceva riferimento ad una inchiesta a fini di accertamento di eventuali coinvolgimenti di aerei o navi francesi nel disastro di Ustica, inchiesta della quale però non s'è trovata traccia o che mai si è voluta consegnare all'inquirente italiano.

Restano però al riguardo della Francia indicazioni di sue presenze, come per gli Stati Uniti; anche se in misura e di portata minori. Restano le esercitazioni del tardo pomeriggio fino a sera da Solenzara. Resta quel messaggio radio, nel quale si ricerca la Clemenceau. Restano, come sul Deck Log della Saratoga, le identità di scrittura sui libri di bordo delle sue portaerei. Resta l'assenza di una di queste portaerei, secondo il suo libro di bordo a Tolone, dalla rassegna di Cols Bleu sulla dislocazione delle unità della Marina, non solo nel Mediterraneo, ma in ogni altro mare od oceano. Restano tutti quei velivoli dalla o verso la Francia nelle ore circostanti la sciagura.

Non può accettarsi l'assenza di detezioni radar di Difesa Aerea sul Tirreno. Non può accettarsi l'ignoranza della situazione dei voli. Non può accettarsi il difetto del movente tante volte sostenuto e anche da ambienti autorevoli, anche se non provato.

Certo tali elementi non costituiscono prove dirette di attività. Sono soltanto indicazioni di possibili presenze. Indizi, ma non tanti quanti per gli Stati Uniti e così univoci e concordi.

In definitiva una pessima esperienza in materia di assistenza giudiziaria, un chiaro esempio di come ancora non funzionino i meccanismi di cooperazione tra gi Stati, specie quando alcuno di essi teme lesioni alla sua sovranità - intesa secondo concezioni vecchie di secoli, che potrebbero e dovrebbero essere superate - e conseguenti violazioni dei suoi arcana. La Francia non è nuova a condotte del genere. Queste scelte le aveva mostrate, e a lungo negli anni, nei confronti dei terrorismi nazionali ed internazionali, sino a quando anch'essa non li ha provati nella carne ed ha allora accennato a limitate aperture nei confronti di inchieste di altri Paesi e di collaborazione verso pericoli comuni. Per poi riprendere la vecchia linea appena si sono profilate richieste per un delitto politico gravissimo come l'attentato al Sommo Pontefice.

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