16. La società francese Ifremer.

Altro capitolo che concerne la Francia è quello relativo alle campagne di recupero nel Tirreno di relitti del DC9. Nell'86 l'Ufficio ascoltato il collegio peritale, scriveva una nota al Consigliere Istruttore, al Presidente del Tribunale e al Presidente della Corte d'Appello, nella quale dichiarava che, dopo aver svolto tutte le ricerche possibili sugli oggetti e sulle salme recuperate nell'immediatezza dell'incidente, e dopo aver fatto compiere dalla ditta TS Tecnospamec di Genova uno studio sulla sua fattibilità, riteneva utile ed opportuno che si disponesse una ricerca sui fondali al fine di individuare ed eventualmente recuperare il relitto del DC9 e i resti umani in esso ancora contenuti. In mancanza di idonee organizzazioni nazionali si chiedevano preventivi a due società: la statunitense Wood Institute of Oceanography Massachusetts e la francese Ifremer, Institut Français de Recerche pur l'Exploration de la Mer. Veniva privilegiata l'Ifremer sia per la sua natura di agenzia governativa con lo status di ente pubblico, sia per precedenti analoghe esperienze, sia per l'idoneità dei mezzi in suo possesso ed infine anche per la prossimità all'Italia. Il collegio peritale, esaminato in dettaglio lo studio di fattibilità esprimeva parere, unanimamente positivo, sulla possibilità e l'opportunità di esecuzione del progetto, nonché, valutate le possibili alternative, riconosceva all'Ifremer le capacità organizzative, tecniche e scientifiche necessarie al caso. Questa società perciò veniva incaricata del recupero del relitto del DC9, eseguito in due campagne , rispettivamente nell'87 e nell'88.

E' opportuno ricordare che l'Ifremer era, ed è, un istituto francese a carattere industriale e commerciale, posto sotto la tutela del Ministero della ricerca e della tecnologia; il suo nome preciso era Istituto francese di ricerca per lo sfruttamento del mare; svolgeva attività varie di ricerca scientifica oceanografica e di sviluppo di nuove tecnologie, in particolare nel settore degli interventi subacquei. Aveva anche una attività di sostegno delle industrie del mare, di servizio pubblico ed era incaricata di effettuare la sorveglianza delle acque costiere. Era in possesso di varie risorse e mezzi tecnici (navi, sommergibili, sonar) che erano gestiti da una filiale della stessa Ifremer. Tutto il personale marittimo era civile. Già s'è detto dei risultati che queste campagne conseguirono.

Sull'affidabilità di questo istituto sono invece sorte diverse questioni.

Il S.I.S.MI con missiva n.9916/332/01 datata 11 novembre 86 trasmetteva al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, on.le Giuliano Amato, un appunto senza data nel quale si riportano dei commenti alla trasmissione "Monitor" andata in onda su Canale 5 il 26.10.86. Vi si legge inoltre che dal tenore di quanto scritto sulla stampa sorgerebbe il sospetto che i continui tentativi di accreditare l'ipotesi che il DC9 era stato abbattuto da un missile, fossero vòlti a coprire finalità che poco avevano a che fare con la ricerca della verità ed alle quali non sembravano estranei i forti interessi economici legati al fallimento dell'Itavia ed all'entità del risarcimento dei familiari delle vittime. In questo quadro non destava meraviglia il progressivo disinteresse verso il recupero del relitto, che sembra apparire in molti sostenitori della ricerca ad oltranza della verità. La stessa propugnata esigenza di non affidare il recupero del relitto alla ditta francese Ifremer, dotata di grande esperienza e che si era dichiarata certa della fattibilità dell'operazione, avrebbe potuto celare l'intendimento di non giungere all'effettivo recupero piuttosto che esser dovuta alla necessità di garantirsi da possibili inquinamenti di carattere nazionalistico. In data 22.02.89 veniva trasmesso un appunto da una Divisione del S.I.S.MI al suo Stato Maggiore, con il quale si inviavano notizie sull'Ifremer, secondo le quali di essa sarebbe stato collaboratore lo studioso Jacques Cousteau, in qualità di esperto e consulente tecnico, collegato ai Servizi francesi.

Come ben si nota il S.I.S.MI nella missiva del 1986 mostra l'Ifremer come ditta seria e di pieno affidamento, fino a giungere ad affermare che l'esser contrario all'Ifremer potesse nascondere l'intendimento di non giungere alla verità. Nell'89 invece segnala alle Autorità la non opportunità di servirsi dell'Ifremer perché legata ai Servizi francesi. L'ammiraglio Martini, a contestazione delle contraddizioni tra i due scritti, dopo aver premesso che le sue due prime considerazioni erano destinate al Sottosegretario alla Presidenza, on.le Amato, ha dichiarato: "evidentemente pensavo quella cosa in base a delle considerazioni obiettive. Se poi ad un anno di distanza ho scoperto che l'Ifremer, pur avendo una capacità operativa (era l'unica ditta in grado di fare quel lavoro al prezzo stabilito in quel momento, tenendo conto peraltro che si tratta di una ditta scelta dalla Magistratura, o comunque in una gara nella quale il Servizio non c'entrava), poteva avere dei contatti con il Governo francese, mi è sembrato di fare una cosa giusta nel fare questa segnalazione. Mi sembra che non ci sia contraddizione tra le due cose che avvengono ad un anno di distanza". Va tuttavia rilevato che già dal 1° ottobre 86 e pertanto prima dell'appunto dell'11 novembre il Servizio era a conoscenza del fatto che l'Ifremer aveva legami con Jacques Cousteau "honorable correspondant" del Servizio segreto francese DGSE (v. nota 4900/137/05.4 datato 1.10.1986 della 2a divisione in atti Stato maggiore S.I.S.MI anno 86, in esecuzione provvedimento di esibizione datato 20.04.95). Inoltre la Sezione studi e ricerche del S.I.S.MI aveva informato il suo Direttore, con appunto datato 26 settembre 86 "che da precedenti ricerche risultava che Francesco Pazienza prima di approdare al S.I.S.MI aveva lavorato in Francia per lo SDECE alle dipendenze di de Marenches, in qualità di medico subacqueo per una Società di ricerche oceanografiche francese collegata ai Servizi segreti. Non si può escludere che tale Società fosse proprio l'Ifremer. In tal caso tutta la problematica del recupero assumerebbe grosse implicazioni specie in riferimento agli esiti" (v. atti Stato Maggiore S.I.S.MI - anno 1986, in esecuzione provvedimento di esibizione sopra citato).

Il 25 settembre 90 si chiedeva al nuovo collegio peritale, di accertare se il recupero dell'aereo fosse da ritenere completo o se vi fosse la necessità di una ulteriore azione in tal senso. Il collegio rispose che era necessario procedere a nuova campagna di ricerca e recupero. A tale fine fu incaricata la britannica Wimpol. La nuova società, dopo aver svolto una ricerca più ampia rispetto alla zona esaminata dall'Ifremer un'area di circa venti kmq, rispetto ai cinque kmq dei francesi ritornava in questa zona e vi rinveniva numerosi importanti relitti dell'aereo fra cui la scatola nera. Non solo: recuperava altre parti del velivolo, portando la percentuale del recuperato dal 45% iniziale all'85% complessiva della superficie bagnata.

Per tale ragione i sospetti sul comportamento tenuto dalla società Ifremer durante la fase di recupero s'aggravavano e quindi si sollevava lo spinoso problema delle colpe per i mancati recuperi di resti di interesse. La questione veniva affrontata dalla Commissione Stragi, che nel 91 provvedeva ad ascoltare i vertici dell'Ifremer, Papon Pierre presidente della società, Roux Jean responsabile delle operazioni di intervento subacqueo, e Stahlberger Michel responsabile delle questioni giuridiche e contrattuali. Papon, a specifica domanda della Commissione, prima d'ogni altra dichiarazione, affermava che era grave per un organismo di ricerca essere accusati di intrattenere legami con i Servizi segreti, perchè la ricerca scientifica aveva come unico obiettivo quello di render noti gli esiti dei lavori e della conoscenza; precisava poi che le operazioni di recupero erano terminate in accordo con la giustizia italiana.

Si deve sottolineare che in precedenza, in data 11.10.90, questo GI aveva già escusso Jean Paul Roux, il quale aveva riferito che le operazioni di recupero erano state interrotte per motivi di bilancio da parte italiana. Il contratto stabilito tra l'Ifremer e il perito Blasi prevedeva che il collegio peritale fissasse la priorità degli obiettivi e la durata delle operazioni. La priorità data all'Ifremer era stata quella del recupero di grossi pezzi. Tale direttiva aveva impedito che si recuperassero i piccoli resti.

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