7. L'inchiesta statunitense.

Quest'Ufficio per completezza dell'indagine richiedeva con rogatoria agli USA gli atti e gli esiti del detto procedimento della Corte del Nord Illinois. Risultava così, dagli atti trasmessi del Dipartimento di Giustizia, che gli Stati Uniti d'America avevano proceduto contro Tencom Corporation, conosciuta pure quale Tencom Medium Sulyak, - in questo Paese si può procedere anche contro soggetti diversi dalle persone fisiche - Donald Malsom e Najmeddin A. Elyazgi conosciuto pure quale colonnello o capitano Elyazgi.

I fatti erano i seguenti: fra il novembre del 1980 e il settembre del 1981, la società Tencom e i suoi dirigenti, Medium Sulyak e Donald Malsom, nell'ambito di una convenzione con Najmeddin A. Elyazgi, avevano esportato pezzi per aerei dagli Stati Uniti, senza la licenza richiesta dal Dipartimento di Stato e dal Ministero del Commercio. Avevano spedito questi pezzi dagli Stati Uniti alla Germania, dichiarando alla dogana americana che si trattava di pezzi per aerei non militari (per cui non era necessaria la licenza di esportazione) destinati a ditte di Norimberga e Francoforte. L'atto di accusa affermava che gli imputati ben sapevano che per la spedizione delle merci erano richieste le licenze di esportazioni dagli Stati Uniti, che si trattava di spedizioni di pezzi per aerei militari e che la destinazione delle spedizioni era la Libia. Gli imputati si erano messi d'accordo con ditte tedesche (Aero-Dienst e Emo-Trans) che dovevano ricevere e rispedire i pezzi alla Libia o a Venezia; ed erano a conoscenza che quei pezzi venivano montati su aerei Hercules C130 dell'Aeronautica libica. Gli imputati avevano nascosto al Governo americano i loro rapporti con lo Stato libico, ed aperto conti presso la Banca Hypo di Norimberga per ricevere versamenti per i pezzi consegnati alla Libia e a Venezia, Italia.

I reati: la congiura, false dichiarazioni, esportazione di munizioni senza licenza, esportazione di merce senza licenza. Gli addebiti in fatto: gli imputati avevano violato la legge e si erano accordati ad esportare equipaggiamento militare a violazione degli articoli 22 U.S.C. 2778 e 40 U.S.C. App. 2410, e si erano altresì accordati per rendere dichiarazioni false ad organismi statali o funzionari dello Stato. Tencom e Malson avevano violato la legge, avendo trasmesso dichiarazioni di esportazioni al Governo degli Stati Uniti che falsificavano gli articoli spediti e le destinazioni delle spedizioni. Gli imputati avevano violato la legge avendo esportato dagli Stati Uniti i motori per gli aerei Hercules C130 senza la licenza di esportazione rilasciata dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Così la Tencom e la Malsom, avendo esportato pezzi per aerei militari in Germania per la successiva spedizione in Italia e alla Libia compresi nell'elenco del contratto delle merci, senza la licenza avevano violato anch'esse il paragrafo n. 2410.

La imputata Tencom Corporation aveva come oggetto principale della sua attività il commercio di pezzi per aerei nuovi e residuati, per linee e compagnie aeree commerciali e militari, e sede sociale a Northbrook, Illinois. La Tencom spediva e riceveva comunicazioni per telex ai numeri 206368 Tencom CGO e 210076 Tencom CGO. L'imputato Medim Sulyaknere era il presidente, direttore generale e unico azionista ed era coinvolto in vendite, acquisti e spedizioni internazionali. L'imputato Donald Malsom era il vice presidente della Tencom, addetto alle vendite, agli acquisti e alle spedizioni, con funzioni di direttore della Tencom nelle assenze di Sulyak dalla sede. L'imputato Najmeddin A. Elyazgi era un colonnello dell'Aeronautica libica responsabile delle parti necessarie alla riparazione e alla manutenzione degli aerei C130 Hercules dell'Aeronautica libica. Elyazgi mandava e riceveva comunicazioni per telex per il tramite del circuito telex dell'Aeronautica libica, numero di telex 20433 El Jala Ly. Era anche capitano delle compagnie aeree Libyan-Arab Airlines e pilota dei velivoli Jet Star 5A-DAR e Jet Star 5A-DAJ, aerei non militari a disposizione delle autorità statali libiche.

Essendo deceduto tra i dirigenti delle Aeronavali il Perretti direttore delle Officine Aeronavali dal'72 all'81 ed apparendo irreperibile il direttore commerciale Fregonese, si procedeva all'escussione del solo Scarpa. Le sue dichiarazioni, cui sopra si è accennato, appaiono a tal punto di interesse che devono essere riportate integralmente. "Sono stato sottoposto a procedimento penale negli Stati Uniti, ma non so quale esito abbia avuto quella procedura. Ricordo che il magistrato americano presente alla rogatoria mi disse che io per gli Stati Uniti ero colpevole e che se fossi andato in quel Paese sarei stato arrestato e avrei subito un processo. Il Pretore di Mestre alla fine dell'interrogatorio, che durò dalle 08.30 alle 18.30, mi disse che secondo l'ordinamento italiano egli mi assolveva in quanto io avevo agito nell'interesse della ditta e non a scopi di lucro personale. In effetti le distinte di consegna del materiale erano intestate a me per evitare i divieti dell'embargo nei confronti della Libia. Ciò veniva fatto d'accordo con il direttore generale delle Officine Aeronavali, che all'epoca era l'ing. Giuseppe Perretti di Venezia. Si operava in questo modo, perchè altrimenti le Aeronavali avrebbero perso una entità di lavoro "da chiudere i battenti" e mandare in cassa integrazione più di trecento persone. Veniva usato il mio nome, giacche in questo modo io all'arrivo della merce, personalmente la ricevevo e la indirizzavo in un magazzino a parte, diverso da quello generale, chiamato magazzino Libia. Gli spedizionieri erano stati da me personalmente avvisati e immediatamente, all'arrivo di queste merci, me lo riferivano ed io procedevo allo smistamento di cui ho detto. Nessuno poteva sballare queste casse senza mio ordine e la mia presenza. Noi a nostra volta eravamo controllati da un capitano e da un maresciallo dell'Aeronautica libica. C'è anche da precisare che il materiale destinato al magazzino Libia era di proprietà dei libici e non entrava nella disponibilità delle Officine, come il resto delle merci che veniva accantonato nel magazzino generale. Il capitano si chiamava Mohamed Abdhallah Aziz; ha risieduto a Venezia fino all'87. Il sottufficiale cambiava quasi ogni anno. All'inizio abitavano in un residence a Mestre, sito in via Corte Marghera, da dove sono stati cacciati via perchè si facevano il thè sui tappeti e i loro bambini avevano mezzo distrutto l'appartamento. In seguito hanno abitato a Iesolo, in appartamenti che però non so dove fossero siti. Questi libici hanno dato un'infinità di fastidi. Ero l'unico che conoscevano. Ero stato più volte in Libia. Mi chiamavano per qualsiasi cosa. Come una volta che uno era stato colto sul fatto per furto in un supermercato o come quando un altro s'era comprato una Mercedes e aveva lasciato il mio nome al commerciante per il saldo del prezzo.

Non abbiamo mai avuto problemi di tangenti con i libici. Io ero il braccio destro e il confidente del direttore; non dipendevo da nessun altro. Con Perretti c'era un accordo secondo cui noi non dovevamo dar nulla ai libici, nè tangenti, percentuali o altro. Eravamo d'accordo sul punto che erano i libici ad aver bisogno di noi, più che il contrario. I libici "li tenevamo per la gola", perchè essi per effetto dell'embargo non potevano rivolgersi a nessun altro Paese. Solo con noi s'era riusciti a trovare questa strada. Loro, i libici, si pagavano i pezzi, e questi pezzi venivano mandati a noi in conto lavorazione. A noi non interessava altro. Noi i pezzi li ricevevamo direttamente dagli Stati Uniti ed anche attraverso altri Paesi. La maggior parte dei pezzi veniva attraverso una ditta tedesca, che revisionava pezzi per il velivolo C130 e faceva manutenzione per altri tipi di velivolo. La cosa strana era che essi non avevano C130 in revisione. Anche questo passaggio attraverso la ditta tedesca potrebbe essere spiegato come un meccanismo per eludere l'embargo. I pezzi che venivano direttamente dall'America, erano mandati da un rivenditore, mai dalla Lockheed. La Lockheed era strettamente sottoposta all'embargo. Questo rivenditore americano fu sottoposto a procedimento penale in America ed anche condannato. L'ho incontrato un paio di volte; una in Libia, un paio qui a Venezia. Non mi ha mai detto come riusciva ad eludere l'embargo. Con ogni probabilità attraverso la corruzione di funzionari delle dogane. Ho sempre parlato solo con questo signore; non conoscevo altri della società, che aveva sede a Chicago nell'Illinois.

Io posso parlare sino a dicembre 80. Successivamente a questa data è subentrata l'Aeritalia, che mi ha estromesso dal programma Libia e mi hanno trasferito in Germania. Sino a quando ci sono stato io, posso escludere che siano state effettuate trasformazioni degli aerei dell'Aeronautica Militare Libica da civili a militari. Non so dire se al tempo dell'Aeritalia siano state compiute militarizzazioni di aerei libici. Aziz non poteva essere contattato da nessuno del personale delle Aeronavali eccetto che da me, per ordine espresso del direttore generale Perretti. Aziz dipendeva direttamente dal colonnello Naymeddin Elyazgi, dell'Aeronautica Militare Libica, responsabile del settore velivoli trasporti della predetta Aeronautica Militare. Era pilota. Era stato addestrato in Germania. Era anche il pilota personale di Gheddafi, almeno così mi disse. Fuggì, prima dell'83, dalla Libia. Dico 83 perchè quello è l'anno del processo americano. Fuggì negli Stati Uniti, perchè era un agente della CIA. In America aveva un ranch.

L'Aeronautica Militare libica disponeva di una flotta di dieci C130. Il Governo libico ne aveva comprati 18 direttamente dalla Lockheed. Le consegne sono iniziate nel 75. Per effetto dell'embargo, che mi sembra sia del 76, ne rimasero otto a Marieta in Georgia. I libici ne comprarono poi uno da una ditta privata americana. Si trattava di un L100. Di questi undici uno era caduto in Etiopia, tre sono stati sequestrati nell'81 in Brasile per trasporto di armi dalla Libia ad un Paese del Centro America, con ogni probabilità il Salvador, a quell'epoca in guerra civile. Il contratto tra le Aeronavali e la Libia fu stipulato nel 77. Non ricordo i nomi del Presidente e dell'Amministratore delegato, che era un ex Aeritalia di Torino o un ex Fiat. Il contratto fu sicuramente portato a conoscenza delle Autorità politiche. Io chiesi a Perretti su come avremmo fatto con l'embargo. Il direttore mi disse che "erano d'accordo". Solo quando l'America ha cominciato a far la voce grossa, tutti si sono tirati indietro e la colpa è rimasta solo alle Aeronavali.

Il contratto firmato nel 1977 prevedeva il PDLMI cioè il Periodic Depot Level Major Inspection - di n.10 velivoli C130 provenienti dall'Aeronautica Militare. La differenza tra il C130 e L100 era nella presenza di due portelloni per paracadutisti ai lati della fusoliera e due finestrini, nella cabina di pilotaggio lato comandante, per vedere il suolo, nel C130. Un velivolo arrivò con il sistema Tacan montato, che venne tolto in quanto quel sistema non serviva in Libia. I C130 ed L100 sono aerei da trasporto. Noi abbiamo aggiunto delle panchine in tela fabbricate artigianalmente; servivano per trasportare persone che potevano essere paracadutisti oppure pellegrini diretti alla Mecca per il Hajii. All'interno del C130 potevano essere stivati credo, al massimo due carri armati.

Conosco la Libyan Arab Airlines che è la compagnia di bandiera; non conosco la United African Airlines che potrebbe essere una compagnia interna. Il contratto era stipulato con l'Aeronautica Militare per velivoli militari. In quei velivoli non ho mai visto armi. Non abbiamo mai montato apparecchiature che ne aumentassero le potenzialità belliche. Ripeto che fino all'80 presso le Officine Aeronavali non sono state effettuate delle aggiunte di apparecchiature belliche a bordo dei velivoli libici sottoposti a manutenzione.

Nel 1978/79 mandammo una squadra di operai in Libia per riparare un C130 che aveva avuto un incidente asseritamente durante il rullaggio con un altro velivolo. Aveva un taglio netto sulla fusoliera prodotto, mi dissero, dall'elica di un altro aereo.

Il colonnello Elyazgi veniva in Italia spesso. Era lui stesso che ritirava i velivoli che avevano finito la manutenzione. In quelle occasioni gli veniva dato l'elenco dei pezzi necessari alla revisione del velivolo.

I motori della ditta Allison venivano revisionati da una ditta inglese, la Field Service; non sono in grado di dire in che modo tale ditta eludesse l'embargo. Ci venivano restituiti per mezzo di camion, che arrivavano da un luogo vicino Londra.

Dal 77 all'80 sono stato in Libia circa venti - trenta volte. Generalmente andavo con la compagnia Alitalia; se andavo con i loro velivoli seguivamo la seguente aerovia: Venezia-Trasimeno-Roma e raggiungevamo la Sicilia tra Messina e Palermo; si passava sopra l'isola di Malta e quindi si giungeva all'aeroporto militare di Tripoli. Seguivamo le aerovie civili, fruivamo della radio-assistenza civile mediante normali radio, trasponder e piattaforma pilota come nella normale navigazione. Durante tali navigazioni non venivamo seguiti da nessun velivolo, o almeno io non me ne sono accorto; prima di partire preparavamo il normale piano di volo, che veniva secondo le normali vie autorizzato.

Portavo gli ordinativi del materiale anche all'estero. Ricordo che una volta a Bordeaux incontrai detto Elyazgi mentre ritirava un Falcon 50 e discutemmo sul programma di lavoro da effettuare al velivolo che doveva essere sottoposto a manutenzione. Negli ordinativi del materiale esisteva un rapporto a tre: io ero l'interlocutore da un lato, il capitano Aziz e il colonnello Elyazgi dall'altro. Quando non riuscivo ad inviare via telex l'ordinativo del materiale lo consegnavo ad Aziz che lo inviava con mezzi propri, forse tramite l'Ambasciata. Non ricordo di aver mai consegnato ordinativi di materiale al colonnello Elyazgi all'estero. Con Elyazgi parlavamo sempre e soltanto dei velivoli militari, non facevamo mai riferimento alle compagnie civili. Emettevo delle fatture indirizzate alla LAAF per il conto della manutenzione. Non sono a conoscenza di fatture diverse emesse dalle Officine Aeronavali indirizzate ad altre ditte per conto della LAAF. I pagamenti alle ditte estere venivano effettuati dalla Libia. Una volta incontrai per caso, il proprietario di quella ditta americana, del quale ricordo il nome, tale Nadin, in Libia nell'ufficio di Elyazgi. Tale Nadin, di origine turca, era il proprietario della ditta americana che forniva i pezzi di ricambio; mi diede 10.000 dollari, a titolo personale come regalo per le mie prestazioni. Informai il mio direttore superiore, il direttore Perretti di tale "regalo"; egli mi disse di non parlarne con altri della ditta". (v. esame Scarpa Pierluigi, GI 20.07.93).

Nel successivo verbale così continuava "vorrei precisare, prima di iniziare con le domande, che io ero un impiegato di VI° livello. Mi sono definito "focal point", cioè punto di contatto, soltanto per il contratto con i libici; non seguivo altri contratti. Il materiale arrivava alla mia attenzione, ma non era diretto a me personalmente; questo meccanismo serviva per smistare il materiale, all'interno dei magazzini delle Officine. Nella storia delle Officine Aeronavali quello con la LAAF è stato il contratto di maggiori dimensioni; quello che ha permesso di non mettere in cassa integrazione gli operai.

Era una prassi normale, o almeno non eccezionale che il materiale arrivasse alla mia attenzione. Credo che tale modalità fosse utilizzata da molte ditte, fatta proprio allo scopo di non confondere il materiale con altro della ditta. Uno dei motivi per i quali si utilizzava tale modalità era che il materiale era di proprietà del cliente, nella fattispecie della LAAF. Non posso sapere se veniva utilizzato anche materiale delle Officine Aeronavali; io ero a conoscenza che il materiale utilizzato era soltanto quello che era immagazzinato in quel posto a loro riservato. Il materiale arrivava in temporanea importazione, cioè non si pagavano tasse sul materiale perchè era destinato alla riesportazione. Non ricordo di quali ditte di spedizioni si servissero le Officine Aeronavali per inviare il materiale da revisionare all'estero; che io ricordi i motori, le eliche, ecc. venivano smontati ed inviati in Inghilterra per i controlli; non ricordo il nome della ditta inglese. Il contratto non era stato stipulato con noi; ma direttamente dai libici. Anche il corriere era inglese. I pezzi venivano acquistati dai libici direttamente; noi non avevamo contatti con i fornitori; il materiale arrivava via aerea con i velivoli che venivano dalla Libia oppure via terra mediante una ditta tedesca che si occupava soltanto di spedizioni. Il materiale arrivava "No Cost", cioè già pagato.

Vorrei però precisare che tutto veniva deciso dai miei superiori, cioè dal Direttore Generale e dal Direttore Commerciale che facevano delle riunioni con i libici. In seguito mi veniva richiesto da Caprani, Fregonese, e Trere di collaborare con i libici. Fregonese era Direttore Commerciale, è tuttora vivo, ma non so dove abiti. Il Direttore Generale era Perretti; è deceduto. Anche Trere è morto. Il contratto con la LAAF comprendeva anche i velivoli civili, quindi anche i velivoli della United African Airlines. Incontravo Elyazgi soltanto per informarlo dello stato dei lavori, non gli ho mai passato ordinativi di materiale. Non ricordo di aver mai dichiarato di aver passato ordinativi di materiale ad Elyazgi all'estero, forse l'ho fatto durante il mio colloquio con i procuratori americani, ma non ricordo tale circostanza, anche perchè non corrisponde a verità. Nel periodo in cui erano in manutenzione i velivoli libici, le Officine Aeronavali si occupavano della manutenzione anche di velivoli di altre compagnie. Mi sembra di ricordare anche velivoli della Marina Americana. Che io ricordi però il sistema dell'immagazzinaggio del materiale distinto per i libici, non veniva utilizzato per gli altri velivoli. Io trovavo tale sistema ottimo e non mi sono mai posto la domanda del perchè tale sistema fosse utilizzato soltanto per la LAAF. Ora mi sembra strano, ma ripeto che ero soltanto un impiegato di VI° livello e ricevevo ordini.

A bordo dei velivoli non venivano montati sistemi bellici. Tant'è che quando arrivavano velivoli, in particolare C130, con montato il sistema Tacan, veniva smontato in via definitiva. Non sono a conoscenza di lettere o richieste di Abdulaziz di controllare tale sistema; per quanto mi riguarda veniva tolto e non rimontato; non posso sapere se una volta smontato veniva spedito ai libici. Tale sistema di navigazione non serviva per il volo di tali velivoli in Libia; non posso sapere se serviva per delle navigazioni in altri Paesi.

Dalle indagini degli USA sulla Tencom e i suoi rapporti con la Libia ebbi conoscenza quando il colonnello Elyazgi disse che c'erano dei problemi per gli approvvigionamenti di materiale con tale ditta; successivamente venni contattato dai magistrati americani che vollero parlare soltanto con me, senza parlare con Perretti, Caprani ed altri delle Officine Aeronavali. Vorrei precisare che tale episodio avvenne dopo il 1982, mentre io ero in Germania per lavoro.

Prima del mio colloquio con i magistrati americani venni contattato via telefono da una persona del Dipartimento di Stato americano, il quale mi tenne per cinque ore al telefono per farmi le stesse domande che la S.V. ora mi pone. Ricordo inoltre che nello stesso periodo in cui erano in manutenzione i velivoli libici, c'era in lavorazione un C130 della Southern Air Transport ed era noto a tutti che si trattava di un velivolo della CIA. Questo velivolo veniva usato per operazioni in Iran e fu impiegato per l'evacuazione degli americani all'atto dell'avvento al potere di Khomeini.

Nel 1981 venne stipulato con gli USA un contratto per la manutenzione degli Awacs; in quell'anno furono stipulati gli atti preliminari; solo dopo la fine del contratto con i libici iniziò la manutenzione di tali velivoli, credo fosse nel 1984. Per circa 30 anni ho avuto il nulla osta italiano; successivamente mi venne dato, per i lavori sugli Awacs, il nulla osta NATO di massimo livello, il Top-Top-Secret; tutto questo perchè portavo documentazione classificata. Trasportavo tali documenti principalmente dalla Germania dove venivano costruiti gli Awacs. Gli Awacs venivano costruiti a Monaco, cioè in tale città venivano trasformati i Boeing 707.

La durata media delle lavorazioni sui velivoli libici era undici mesi. Dopo il 1981, quando subentrò l'Aeritalia alle Officine Aeronavali, alcune manutenzioni vennero effettuate a Napoli; inoltre, per sentito dire, l'ultimo velivolo libico venne inviato a Napoli per permettere l'arrivo a Venezia degli Awacs.

Ricordo che Abdulaziz venne a conoscenza della caduta del MiG libico dai giornali; non posso esserne certo; si mostrò soltanto addolorato per la morte del connazionale; non tentò di fornire alcuna spiegazione sulle ragioni che portarono il MiG sulla Sila.

In base alle mie conoscenze personali credo che tale velivolo sia caduto per mancanza di carburante. Probabilmente partendo da Tripoli o dalla Sirte, il pilota perse l'orientamento. Oltre alla ipotesi della fine del carburante non feci altre ipotesi sulla caduta del MiG.

Durante i voli prova dei velivoli libici in manutenzione alle Officine Aeronavali, venivano impiegati dei piloti dell'Aeronautica Militare Italiana, che venivano dalla 46ª Brigata di Pisa. Nel tempo della manutenzione dei velivoli libici erano spesso presenti presso le Officine Aeronavali anche degli ufficiali americani che seguivano i velivoli della Marina USA in manutenzione presso di noi; in tali circostanze i libici e gli americani socializzavano" (v. esame Scarpa Pierluigi, GI 16.11.93).

Tali vicende non potevano non essere a conoscenza dell'Ambasciata americana a Roma. Ed infatti essa ne era a conoscenza da tempo, prima sia della caduta del DC9 che dell'inchiesta dell'AG del Nord Illinois. Coe, di cui s'è già detto sopra, interrogato in merito nel corso dell'esecuzione della commissione rogatoria agli Stati Uniti datata 20 gennaio 92, ha dichiarato di esser venuto a sapere, per la sua posizione nell'ufficio dell'Addetto militare aeronautico, che presso le Aeronavali di Venezia si provvedeva alla militarizzazione di C130 provenienti da varie parti del mondo, tra cui gli Stati Uniti, in favore dell'Aeronautica Militare di Libia. Aveva visitato le Officine e aveva constatato queste operazioni di trasformazione dei velivoli. Questa visita era avvenuta nel febbraio dell'80, tra il 25 ed il 29 di quel mese. Ha aggiunto di non essere stato a conoscenza del fatto che durante lo svolgimento del summit del G7 a Venezia nel giugno 80 e la presenza in quella città del Presidente degli Stati Uniti, contemporaneamente vi fossero in pratica sullo stesso aeroporto C130 e personale dell'Aeronautica libica e il "number one" e militari statunitensi. Della questione s'era occupato il suo capo, Biankino, che aveva seguito il Presidente a Venezia. Egli non era a conoscenza dei nominativi dei libici dislocati a Venezia per le opere ai C130 (v. esame Coe, GI 10.03.92).

Dalla copia di una sua agenda per l'anno 80, trasmessa in risposta sempre rogatoria, emergeva con chiarezza il suo viaggio a Venezia tra il 25 ed il 29 febbraio a conferma di quanto dichiarato (copia dell'agenda inviata dal Dipartimento di Giustizia con nota in data 17 marzo 93).

Questi fatti, anche a prescindere dalle edulcorazioni menzognere di Scarpa, mostrano, senza alcuna necessità di commento, come si riuscisse ad eludere gli embargo, addirittura contribuendo alla dotazione militare di un Paese potenzialmente ostile e comunque boicottato dagli Alleati - anche se non pochi tra di essi mantenevano condotte analoghe alle nostre in nome del principio a parole spesso vituperato, ma nei fatti strettamente applicato, degli affari ad ogni costo, ammantato negli ultimi tempi da nobili finalità come quella di non buttar gente sul lastrico o metterla in cassa integrazione. Elusione degli obblighi internazionali sotto gli occhi dell'Alleato maggiore. Senza alcun timore di reazioni, anche processuali con provvedimenti di cattura, com'era successo negli Stati Uniti.

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