6. Le Officine Aeronavali di Venezia Tessera.

Le indagini proseguivano perciò a Venezia, ove veniva acquisito tra l'altro il registro dei movimenti giornalieri degli aeromobili dell'aeroporto Marco Polo relativo al periodo 06.05.80 - 31.12.80. In esso al numero d'ordine 4532 - indicato per errore, giacchè dovrebbe essere invece correttamente 4533 - dei fogli arrivi risultava il giorno 17 giugno un velivolo con nominativo N117 di tipo C130 con proprietario esercente Libyan (sic!) Air Force, comandante Abdulla, di bandiera USA, con qualifica "militare" proveniente da Tripoli in atterraggio alle ore 15.02. Nello stesso registro al numero d'ordine 5116 dei fogli partenze risultava il giorno 4 di luglio un velivolo con nominativo LAAF 113 di tipo C130 con proprietario esercente Libyan Air Force, di bandiera libica con qualifica AM, ovvero Aeronautica Militare, diretto a Tripoli con decollo h.19.05 con ogni probabilità locali. (sotto il 26.09.80 il C130 LAF 113 della Libyan Air Force al nr. progressivo 7949 delle partenze).

Da questo registro e dalle indagini svolte in loco emergeva che questi velivoli dall'aeroporto Marco Polo venivano trasferiti alle adiacenti Officine Aeronavali. Si sequestravano di conseguenza presso tali Officine la documentazione afferente ad operazioni di revisioni di aeromobili di nazionalità libica nell'anno 80 nella detta impresa e quella relativa ai lavori di manutenzione, riparazione, verniciatura ed altri compiuti in favore dell'Aeronautica Militare libica, in particolare gli originali dei contratti, i fascicoli dei lavori e la contabilità (decreti di sequestro in data 05.11.91).

Nella copiosa documentazione sequestrata v'era la copia di un contratto - su cui è scritto "Definitivo" - concluso in nome di Allah clementissimo e misericordiosissimo, tra il Direttorato dell'approvvigionamento militare delle Forze Armate Libiche e tal Giuseppe Perretti, veneziano, in rappresentanza delle Officine Aeronavali Venezia, società per azioni.

Il contratto, anche se non appare specificamente nella copia sequestrata, era stato sottoscritto nel 1978, come si desume dall'intestazione di esso e dal numero di protocollo nella prima pagina. Scopo del contratto otto lavori standard per altrettanti Lockeed C130 H Hercules, lavori aggiuntivi e forniture di materiali. Il prezzo di quelli standard veniva fissato in dollari 4.196.400, di quelli aggiuntivi in dollari 5.000.000, dei materiali in dollari 2.174.250; per un ammontare complessivo di dollari 11.370.650 con un anticipo del 20% pari a dollari 2.274.000. Dopo questo articolo, il nr.3, ne seguono altri di prassi sui termini di pagamento, sulle garanzie, sulle penalità, sulle coperture assicurative ed altro. Meritano di essere ricordati gli articoli 14, 17 e 19. Il primo intitolato "boicottaggio di Israele" con il quale la parte italiana - oltre a dichiarare di non avere alcun rapporto con detto Paese - si assume una serie di obblighi tra cui quello di non contribuire al supporto dell'economia di Israele e di aderire a tutte le leggi e i regolamenti pertinenti al suo boicottaggio, e la parte libica, ove scoprisse violazioni agli obblighi dell'altro, il diritto di cancellare il contratto, confiscare il deposito di garanzie senza pregiudizio al suo diritto di pretendere di essere indennizzato se necessario. L'art.17 intitolato "approvazione del Governo italiano", con il quale la parte italiana conferma di aver ottenuto la necessaria approvazione per l'esecuzione del contratto dal Ministero della Difesa italiano. Seguono appendici e relativi annessi in cui precipuamente si specificano i lavori da eseguire presso le Officine Aeronavali.

L'annesso più importante appare l'A1 dedicato al PDLMI ovvero Periodic Depot Level Major Inspection Specification, in cui si specificano l'obiettivo del programma PDLMI - ovvero far sì che l'ispezione e la successiva revisione previste siano effettuate in modo tale da garantire l'integrità, l'affidabilità e la pronta disponibilità dell'aereo - e i lavori aggiuntivi o "addended works". L'art.19 dal titolo "segretezza del contratto e sicurezza" così recita: "la seconda Parte stabilisce di attribuire a questo contratto la classifica di "segretissimo", di non autorizzare mai la divulgazione delle informazioni che vi compaiono e del suo contenuto, nonchè la pubblicazione, conferma o lettura accurata da parte di chiunque in qualsiasi forma o veste, ad eccezione di quanto reso necessario dall'esecuzione dello stesso e nella misura strettamente consentita dalle leggi e dai regolamenti vigenti nel paese della Seconda Parte. La Prima Parte accetta tutte le limitazioni che la Seconda Parte potrà essere costretta ad imporre ai visitatori stranieri in conformità con le leggi e i regolamenti vigenti nella Repubblica Italiana".

L'attività di esecuzione di questa commessa ebbe inizio in quello stesso 78 e termine nell'82. I C130 assoggettati a revisione sono stati una quindicina. Il materiale usato era stato sempre procurato dagli stessi libici. Tutte queste circostanze a detta di dipendente della società veneziana addetto all'area di controllo qualità del prodotto (v. esame testimoniale Majorana Umberto, GI 03.11.91).

Gli accertamenti del S.I.S.MI divergono da tale ricostruzione. I primi libici a Venezia erano comparsi tra il 78 e il 79. Il contratto è durato sino all'85/86, ma gli ultimi Hercules non furono riparati perchè, per ragioni di embargo, le Aeronavali non reperivano più parti di ricambio. Negli ultimi tempi queste parti furono portate dai Libici stessi, i quali secondo voci correnti avevano smontato un Hercules in Libia e con le parti ricavate avevano ottenuto i pezzi necessari a Venezia. Le Aeronavali d'altra parte negli ultimi tempi s'erano affrettate a concludere i lavori con i Libici, giacchè avevano ricevuto dagli Americani una commessa per riparazioni agli Awacs e costoro non gradivano affatto la presenza dei Libici in quelle Officine. Il Servizio aveva accertato anche che su quegli aeromobili non venivano semplicemente compiute ispezioni o manutenzioni e riparazioni, bensì vere e proprie trasformazioni, e trasformazioni di rilievo, giacchè gli aeromobili venivano modificati da civili in militari. Si supponeva che venissero tolti i sedili passeggeri e fossero installate attrezzature per trasporto truppe, anche se non erano emerse prove di montaggio di armi e di altre apparecchiature come radar e macchine da ripresa cinefotografica (v. esame Lo Iodice Giuseppe, GI 12.11.91).

Il Servizio militare, sempre per mezzo del Centro di Padova - che aveva compiuto gli accertamenti di cui sopra - aveva soffermato la sua attenzione più che sugli aspetti tecnici di queste missioni alle Aeronavali, sulla qualità dei libici che raggiungevano e permanevano a Venezia e dintorni. Tre di essi erano praticamente residenti in zona, un capitano di nome Ali, e due sottufficiali; il primo alloggiava all'hotel "Ambasciatori" di Mestre, i restanti due abitavano al condominio "Elite" sempre di Mestre. Gli equipaggi che portavano i velivoli e li prelevavano alloggiavano in genere al detto "Ambasciatori"; d'estate, per un anno o due, a "Le Soleil" di Iesolo. C'erano poi dei personaggi importanti che compivano delle visite alle Aeronavali per seguire i lavori. Costoro scendevano al "Michelangelo" di Mestre. Tra gli altri un colonnello, "comandante di tutti i piloti libici" di nome Said Abdullah Mohamed Wershefani. Era costui un "pezzo grosso" trattato col massimo rispetto dai funzionari delle Officine Aeronavali, sposato con una tedesca dalla quale aveva avuto anche dei figli. Era arrivato, secondo la documentazione S.I.S.MI il 18 giugno 80 ed era sempre vissuto presso "Le Soleil" di Iesolo fino al 3 settembre successivo. In questo periodo s'era anche ricoverato all'ospedale "Al mare" di Venezia-Lido dal 7 al 14 agosto. Il 3 settembre era partito alla volta di Colonia in Germania. La moglie era arrivata a Venezia il 21 giugno ed era ripartita per ignota destinazione il 7 agosto successivo. Tutti i pagamenti erano effettuati dalle Officine Aeronavali. Di fronte alla contraddizione tra quanto risultava da questi accertamenti e quanto era scritto sui registri dell'aeroporto di Venezia, secondo cui il comandante Abdullah era atterrato a Venezia con il C130 a sigla 117 il 17 giugno e ne era ripartito con il C130 a sigla 113 il 4 luglio seguente, il funzionario S.I.S.MI, che aveva riferito che gli accertamenti erano stati compiuti presso i registri e i portieri dell'albergo, non riesce a dare spiegazione, ribadendo quanto aveva già dichiarato e cioè che agli atti del Centro mancavano i documenti relativi proprio ai velivoli con sigla 113 e 117 (v. esame Lo Iodice Giuseppe, GI 12.11.91).

In effetti nella documentazione acquisita presso il Centro di Padova competente su Venezia, nessun riferimento si rilevava sui due C130 con sigle 113 e 117, salvo per il velivolo con sigla 113, che risultava aver avuto una autorizzazione allo scalo, ma relativa all'anno precedente (v. messaggio datato 06.07.89 in sequestro del 05.11.91). Anche in questo caso le coincidenze delle sparizioni di atti non manca di stupire.

I movimenti dei libici non erano certo controllabili per la particolare conformazione degli stabilimenti delle Aeronavali. Queste Officine avevano due varchi, uno detto "a piedi" sulla via Triestina, l'altro sulla bretella con le piste di Venezia-Tessera. Gli equipaggi libici generalmente uscivano dal varco "a piedi". Non v'è ricordo di dove avvenissero i controlli di polizia e doganali, ma con ogni probabilità non nell'area delle Officine. Ciò secondo il funzionario di questa impresa (v. esame Majorana Umberto, GI 13.11.91).

Secondo il S.I.S.MI l'accertamento sul numero di persone che componevano gli equipaggi o che comunque arrivavano con un determinato aereo libico veniva compiuto dalla Polizia di frontiera. Anche il Servizio però non era a conoscenza di dove questo controllo venisse compiuto, se presso i locali del posto di polizia o se presso i locali delle Officine Aeronavali. I libici dovevano essere assoggettati anche al controllo doganale, ma non emerge come e dove esso fosse effettuato. Costoro comunque erano di continuo assistiti dal personale delle Officine Aeronavali. Sempre a proposito dell'influenza dei libici veniva ricordato che il colonnello Abdallah riceveva, presso l'albergo "Le Soleil", funzionari della Piaggio, dell'Aermacchi, dell'Aeritalia. La fonte di queste notizie era stato Scarpa Pierluigi, dipendente delle Officine. Questi era molto considerato, si recava spesso a bordo degli Hercules in Libia e visitava zone militari riservate. Cadde in disgrazia in occasione di un'inchiesta americana, nel corso della quale egli avrebbe rivelato tutto quanto sapeva. Da qui il sospetto che egli avesse fatto o facesse il doppio gioco. S'accertò che, operando nell'interesse delle Officine, era riuscito a prolungare la commessa (v. esame Lo Iodice Giuseppe, GI 12.11.91).

Da questa deposizione emergono i contrasti che sulla commessa si erano determinati a livello internazionale. Emerge altresì che negli Stati Uniti era stata condotta un'inchiesta sui rapporti tra Libici e Aeronavali. Emerge anche che i Libici entravano ed uscivano dall'Italia senza eccessivi o alcun controllo. Emerge infine che due C130 cioè quelli con sigla LAAF 117 e LAAF 113 avevano attirato particolare attenzione, al punto tale che i relativi atti al Centro di Padova erano scomparsi.

In vero tutti i voluminosi carteggi relativi a ciascun velivolo accolto presso le Aeronavali dovrebbero essere esaminati dettagliatamente e approfonditamente per accertare se i lavori indicati corrispondano o meno al vero e così determinarne la reale natura, se cioè con essi venissero o meno violati obblighi internazionali nei confronti di Paesi alleati od amici. Ma l'economia della presente motivazione non consente una tale complessa indagine. In questa sede appare utile - più oltre apparirà chiara tale utilità - verificare i lavori e i tempi di quel velivolo che doveva ritornare in Libia subito dopo l'arrivo del C130 del 17 giugno, cioè quello autorizzato per il 26 giugno, il LAAF 113, che è - lo si vedrà infra - un aeromobile diverso da quello con sigla LAAF 117, contrariamente a quanto poteva sembrare dalla richiesta dell'Ufficio Popolare Libico a Malta al Ministero degli Esteri dell'isola. Su questo aeromobile, un L382, i lavori iniziano il 20 novembre dell'anno precedente, cioè nel 79. Le operazioni compiute sono 433. Sono tutte succintamente descritte nell'indice "Riepilogo constatazione lavori" sino al 416 del 2 giugno 80. Il 25 giugno il cliente, cioè i libici, chiedono altri lavori, tra cui sostituzione di viti, dadi, rivetti, di ruota anteriore sinistra, verniciatura vano radio, revisione scarico orinatoi. Questi lavori appaiono eseguiti lo stesso 25. Sin dal 10 luglio non risulta nessun lavoro. Quel 1° luglio la sostituzione di una pompa a mano, il 2 successivo la sostituzione di una valvola selettrice carrello con funzionamento irregolare, il 3 la sostituzione della valvola cross-feed carburante non funzionante. I lavori necessari quali stimati dai tecnici della Aeronavali erano stati completati prima del 25 giugno e cioè in tempo rispetto alla data preventivata nella richiesta di autorizzazione al sorvolo della FIR maltese. Il 25 richiesta di altri lavori non si sa di quali tecnici del cliente, lavori di minimo rilievo al punto tale che vengono esauriti lo stesso giorno. Ed anche dal 1° al 3 luglio solo sostituzioni minime.

A seguito di accertamenti richiesti, la polizia giudiziaria comunicava due note conservate nel fascicolo "Officine Aeronavali" di Tessera dell'archivio di gabinetto della Questura di Venezia. La prima, datata 25 marzo 82, concerneva le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Venezia, a seguito di un articolo apparso il 20 ottobre 81 sul giornale britannico "The Guardian", su un presunto traffico d'armi spedite dall'Inghilterra e dirette alla Libia, che sarebbero transitate per Venezia con documenti di accompagnamento falsi. Tali indagini non conseguirono risultati positivi, così come quelle sul presunto traffico via mare dal porto di Venezia di pezzi di ricambio di aerei Hercules C130 tra le Officine Aeronavali e la Libia. S'accertò solo che frequentemente aerei libici di vario tipo, tra cui Hercules C130, avevano fatto scalo presso le Aeronavali per essere revisionati o riparati, preceduti sempre dalle necessarie autorizzazioni ministeriali. L'altra nota, datata 18 luglio 83, della Prefettura di Venezia, riguardava altra indagine, svolta dai carabinieri di Mestre, a seguito di rogatoria internazionale della Procura Distrettuale della Corte del Nord Illinois sulle attività e le operazioni intercorse nel periodo 10 novembre 80 - 15 dicembre 81 tra le Officine Aeronavali e il Governo libico, in ordine alla manutenzione degli Hercules C130 dell'Aeronatica libica acquistati dal Governo americano (v. rapporto della Questura di Venezia in data 12.11.91). S'accertava altresì che certo Scarpa Pierluigi sarebbe stato il collegamento tra le Officine Aeronavali e il personale militare libico. Su di lui si sarebbero attivati anche i Servizi di informazione statunitensi, al punto tale che lo stesso Scarpa avrebbe manifestato più volte il timore di essere eliminato da questi Servizi. Subito dopo l'embargo al Paese africano lo Scarpa era stato trasferito in Germania e quindi in Francia; ma nonostante questo allontanamento egli aveva continuato a temere per la propria incolumità. S'accertava anche che pure dopo l'embargo alla Libia, presso le Aeronavali si sarebbe continuato ad effettuare lavori su aerei libici (v. rapporto della Questura di Venezia del 2.12.91).

Di rilievo sulla vicenda un appunto inviato dalla Prefettura di Venezia al Ministero dell'Interno, nel quale si riferiscono le seguenti circostanze: "Dopo l'avvento al potere del colonnello Gheddafi ed il conseguente "embargo" con gli Stati Uniti, per la Libia sorgeva il problema del deterioramento e quindi della manutenzione degli undici Hercules C130 acquistati in precedenza dall'America. Per superare gli ostacoli emergenti, il governo libico, tramite alcuni suoi rappresentanti (in parte dei servizi segreti), riusciva, tra l'altro, a far corrompere un dipendente della "Tencom Corporation", tale Donal Malson di Chicago - ora detenuto in America - il quale faceva giungere in Italia i pezzi di ricambio dei suddetti velivoli servendosi della società "Aero-Dienst" di Norimberga della Germania Occidentale. Nel frattempo veniva stipulato dalla Libia un contratto con le "Officine Aeronavali" di Venezia, denominato "Socialist People's Libyan Arab Jamahirija", per la manutenzione degli aerei civili L. 100, identici nella struttura, nella misura e nei mezzi di propulsione ai C130 militari.

Pertanto, le forniture occorrenti per le riparazioni degli Hercules C 130, venivano spedite dall'Aero-Dienst di Norimberga alle "Officine Aeronavali", in casse sigillate, sulle quali veniva impresso il nominativo del cliente libico indicato con le sottonotate denominazioni: - Libyan Arab Airline (UAAL); - United African Airline; - Libyan Arab Air Forces. Il plenipotenziario del cliente libico, tale Najmeddin El Yagzi, tenente colonnello della "LAAF" (Libyan Air Arab Force), deceduto successivamente in Africa in seguito ad incidente aereo di uno dei C130 in questione, venuto più volte presso l'hotel "Ambasciatori" di Corso del Popolo di Mestre, otteneva su ogni invio di fornitura il beneplacito da certo Ali Abdul Aziz, dimorante saltuariamente nel citato hotel, nella qualità di intermediario e tramite il Governo libico.

Presso le "Officine Aeronavali" ove risulta siano stati riparati, in tale periodo, sette Hercules C130, i velivoli giungevano come aerei civili tipo L. 100 e dopo la rimessa in efficienza riassumevano l'originaria tipologia venendo riverniciati, a richiesta del cliente, e restituiti nella veste di C130 con i contrassegni dell'Aeronautica Militare libica.

Altro personaggio comunque interessato alla vicenda sarebbe stato il colonnello Yanisch, direttore del commissariato libico, che avrebbe tenuto rapporti con la Direzione delle Officine, via telefono, da Tripoli.

Il 1° luglio 83, presso la Procura Generale della Repubblica di Venezia, alla presenza del Sostituto Procuratore Generale, dr. Giancarlo Tiribilli, degli assistenti del Procuratore Distrettuale degli Stati Uniti in Chicago (tali Walter Tarun e Louis Felipe Sanchez) nonché degli avvocati Albrose Miles per la "Tencom Corporation" e Michael Nash per Donald Malson, furono interrogati a futura memoria: - Scarpa Pierluigi, nato a Venezia il 16 agosto 34, impiegato presso le "Officine Aeronavali" dal 1° settembre 55 al 10 giugno 83 e, dal 2 giugno 83 alle dipendenze della ditta "Donier" presso l'Aeritalia di Monaco (sarebbe direttore di un programma di accordi nell'ambito NATO). Il teste ha asserito di aver conosciuto El Yagzi nel settembre del 1979 e di essersi recato più volte in Libia per la liquidazione delle fatture afferenti alle riparazioni effettuate. Ha ammesso di aver tenuto rapporti con la Libia tramite il telex delle "Officine Aeronavali", mentre per contattare la "Tencom Corporation" si era servito del telex dell'hotel "Ambasciatori" ed ha confermato infine che i velivoli, venivano restituiti con i contrassegni militari.

- Perretti Giuseppe, nato a Venezia il 14 dicembre 24, direttore generale delle "Officine Aeronavali" dal 72 all'81.

La squadra di PG della Compagnia CC. di Mestre, in esecuzione dell'ordine di sequestro emanato dal Pretore, in adesione alla richiesta del Procuratore della Repubblica per il distretto del Nord Illinois e con l'ordinanza della Corte d'Appello di Venezia, procedette all'acquisizione e reperto della sottonotata documentazione rinvenuta presso gli uffici delle "Officine Aeronavali": a. 10 cartellini contenenti documentazione commerciale, lettera di vettura aerea ed altro, relativa ad aereo C130 dell'Aeronautica Militare Libica, recante il numero di matricola 112; b. 21 cartelle contenenti documentazione commerciale, lettere di vettura aerea ed altro, riferite all'aereo C130 dell'Aeronautica Militare Libica, recante il numero di matricola nr.8; c. 3 cartelline relative a corrispondenza varia concernente i suddetti C130 (v. rapporto Prefettura Venezia, 18.07.83).

Nella documentazione sequestrata veniva rinvenuto un documento delle Officine Aeronavali, che consentiva di accertare con sicurezza la cessazione del rapporto con i libici. Si trattava di una lettera a firma del Direttore Generale delle Aeronavali, tal generale Roda indirizzata al Ministero della Difesa Costarmaereo - 5° Reparto - Ufficio Awacs, alla cortese attenzione del colonnello Brandi, lettera datata 5 agosto 86, nella quale si riferisce che il velivolo C130 della LAAF con serial number 115 e "quant'altro di proprietà della Forza Aerea cui il velivolo appartiene hanno definitivamente lasciato lo stabilimento delle Officine Aeronavali di Venezia e di conseguenza non è più presente presso detto stabilimento alcun rappresentante incaricato di seguire le lavorazioni". Si assicura poi che le Officine "non hanno in essere o in divenire alcun altro contratto con il medesimo cliente".

Il rapporto è durato perciò molto più a lungo di quanto si asserisce. Era un rapporto a conoscenza del Ministero della Difesa e dell'Aeronautica Militare. La sua cessazione, come l'allontanamento di tutti i libici - ma per una sorta di riverenza mai si fa il nome del cliente nè si parla di libici - viene portato a conoscenza di un ufficio Awacs, che di certo sovrintendeva a quella commessa di cui s'è parlato e la cui esecuzione era condizionata alla scomparsa di ogni presenza libica negli hangar di quelle Officine. Il rapporto con i libici è durato comunque ben oltre gli embargo decisi nei confronti del Paese nord-africano.

Si accertava anche che dipendenti delle Aeronavali - oltre i termini della commessa - si erano recati a Tripoli nel marzo 81 per visionare un Fokker 27 incidentato e quindi, sempre per questo Fokker, a Napoli-Capodichino per verificare attrezzature occorrenti per le riparazioni. Si accertava altresì che numeroso personale dell'Aeronautica Militare libica aveva soggiornato a Napoli in alberghi di prima categoria. Si accertava infine che dieci dipendenti delle Officine erano stati per circa un mese presso l'aeroporto di Sebha nel 1982 per riparazioni all'S/N 115 (v. rapporto DCPP del 16.01.92).

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