12. Le dichiarazioni del collaboratore
di giustizia Di Carlo Francesco.

Altra persona che riferisce fatti relativi alla strage di Ustica, anzi ne dà contesto e conseguenze, è il collaboratore di giustizia Di Carlo Francesco. Costui è stato in Cosa Nostra per trentasei anni, ha raggiunto la carica di capo- mandamento di Altofonte, ha commesso gravissimi delitti sia in Italia che all'estero, li ha confessati ed ha chiamato in correità numerosi associati, dando così credibilità ad ipotesi di accusa di inquirenti palermitani e romani. Per un traffico internazionale di sostanze stupefacenti fu nell'85 arrestato e condannato in Gran Bretagna. Nelle carceri di quel Paese entrò in confidenza, ricevendone stima e fiducia, con un personaggio che gli parlò della strage e circostanze, come anche di fatti precedenti e susseguenti. Il personaggio che viene chiamato "Hindawi" ed era stato arrestato nell'aprile dell'86 per aver tentato di collocare un ordigno esplosivo su un aereo diretto in Israele - sulla cui attività, militanze e collegamenti infra ci si soffermerà, riportando qui solo le dichiarazioni di Di Carlo nel corso della comune detenzione - in attesa di giudizio durata diversi mesi, aveva stretto amicizia con il Di Carlo, essendo solo ed abbandonato, mentre questo secondo riceveva vettovaglie ed altro, che spartiva con lui. Da questa amicizia quelle confidenze che fecero comprendere al siciliano che l'Hindawi aveva alle spalle un'organizzazione siriana, con diffusione in Libano ("mi sembra che controllavano l'aeroporto del Libano in quel periodo i siriani"), e che era un agente dei Servizi siriani.

Sempre l'"Hindawi" gli aveva detto che "nel periodo che era successo il caso Ustica, lui si trovava in Libia". E così il Di Carlo, che al tempo dei colloqui si ritiene ancora in Cosa Nostra, prende a fargli domande su quell'evento, giacchè su quell'aereo stima - confondendo in verità il DC9 Itavia con il velivolo precipitato l'anno prima al largo di Palermo - viaggiasse un appartenente a Cosa Nostra, tale Salvatore Mafara, fratello di Franco Mafara. E di certo pone domande precise e penetranti, "essendo, - così letteralmente riferisce il Di Carlo - che Cosa Nostra prima era un'organizzazione così perfetta, che era come i Servizi; c'era da sapere di investigazioni e tutto per garantire sempre di sapere tutto". A tali domande, risposte su fatti che in seguito, si noti, a distanza di tempo, il Di Carlo ha scoperto. Lo Hindawi diceva: "il fattore Ustica non lo vogliono risolvere. A quest'ora lo avrebbero risolto". Alla conseguente, ed ovvia, domanda: "Chi non lo vuole risolvere?" l'arabo rispondeva: "Gli inquirenti italiani. Però perché non ce la fanno a risolverlo", aggiungendo: "i servizi segreti, la CIA, sapevano che il colonnello Gheddafi si doveva spostare in tale giorno e in tale ora per andare a ritirare un premio, non so in quale paese del Nord Europa. Doveva andare a ritirare un premio e sapevano che a quell'ora doveva passare di lì. E hanno organizzato per fargli un attentato. In tutto l'attentato erano d'accordo i servizi segreti italiani, ma in parte, perché c'è stato qualcuno che ha fatto il doppio gioco e ce l'ha fatto sapere, perché c'erano politici e anche servizi segreti italiani che erano filo-oriente. E ci hanno fatto sapere questa situazione. Il Colonnello cambia situazione, infatti va via a Malta, perché a Malta si sentivano più sicuri, cambiando tutto all'ultimo minuto proprio. Ma l'organizzazione che aveva fatto i due aerei che camminano uno sotto l'aereo proprio, che non veniva intercettato dai radar... però il colonnello dà ordine" - "e questo non lo so, perché non ne ho quasi mai sentito parlare..." "in basi italiane, mi sembra in Sardegna, aveva due aerei con piloti libici, che si allenavano, che facevano scuola, non lo so. Ha dato ordine e si sono messi quelli in volo e hanno avuto un conflitto. Uno è ritornato alla base da dove era partito e uno è caduto, come è caduto uno degli americani stessi". "Come mi dice lui, quello degli americani ne hanno raccolto qualsiasi pezzo, se lo sono portati via compreso il morto. Però qualche pezzettino è rimasto. Difatti all'inizio dicevano che lo avevano trovato in mezzo ai rottami dell'altro aereo, quello libico. E infatti non si sapevano spiegare perché c'era questo... hanno fatto scomparire tutto. Infatti la notizia la danno dopo tanto tempo, quando non c'era più niente. E si trova solo quello libico, che non si sapeva da dove veniva. Ma si sapeva da dove veniva, perché non poteva venire dalla Libia; veniva da una base". Di qui la reazione di Gheddafi. "Dopo questo mi dice che Gheddafi era arrabbiato con l'Italia, perché i governanti in quel periodo e i servizi di maggioranza gli avevano fatto questa cosa. Da questo decidono di fare la strage di Bologna. La strage di Bologna, per quello che mi dice lui, non c'entra proprio con il fascismo, con la destra. C'è stata per rivendicare l'opportunità che gli italiani ci avevano dato".

Queste notizie "Hindawi" le apprende, riferisce Di Carlo, in Libia, perchè in quel periodo egli era nel Paese nordafricano, e le apprende dall'ambiente direttamente - così Di Carlo rammenta che l'arabo affermava- dai Servizi. Ma delle notizie e dei tanti dettagli - questo sottolinea Di Carlo - egli troverà via via conferma "...perché guardando a volte che esce qualcosa su questo discorso, vedo che si avvicina a quello che mi aveva raccontato lui... che sono state dette dopo. Se lui me lo avesse detto dopo, avrei pensato...".

A precisa domanda del PM: "Quando gliel'ha detto esattamente?" risponde: "Questo a cominciare dall'86 in poi. Noi ci siamo visti nell'86 e per tutto l'86 siamo stati insieme. A novembre lui è stato condannato e lo hanno portato a (incomprensibile, ma ovviamente deve intendersi ad altro carcere; nde.) E poi me lo ritrovo nel 90". Il PM chiede ulteriori precisazioni: "Ma questo discorso è avvenuto nell'86 o nel 90?" Di Carlo: "Nell'86". PM: "Tutto nell'86?". Di Carlo, senza esitazioni: "Tutto nell'86". Ed anche le successive risposte, come le domande che le generano, meritano di essere riportate integralmente, sia per descrivere il ricordo di Di Carlo, che per indicare le circostanze riferite - e qui c'è da ribadire, considerato quanto sopra, sin dall'86 - da "Hindawi".

"PM: "Ci sono stati dei particolari che lui ha riferito nel 90 e che non aveva riferito nell'86? Cerchi di fare mente locale.

Di Carlo: No, sono stato io nel 90 quando mi ha raggiunto a New Sutton, a Nord dell'Inghilterra, che gli ho detto "sai di quel discorso, di quelle cose che mi hai raccontato tanti anni fa? "perchè poi era periodo che uscivano tante cose. si è messo a ridere, dice "si avvicinano, però ci sarà sempre...".

PM: Quindi questo discorso sui pezzi trovati nell'immediatezza delle ricerche tra i pezzi del DC9, le fu fatto nell'86?

Di Carlo: nell'86.

P.M.: Secondo quello che le riferì l'Hindawi, perchè si erano alzati in volo i due MiG libici?

Di Carlo: Dopo che hanno saputo che c'era questo, per verificare se era vero e per abbatterlo.

P.M.: quindi erano degli aerei armati, secondo quello che diceva Hindawi?

Di Carlo: questo non lo so, ma dice che facevano esercitazioni perchè c'era una base italiana".

Ma Di Carlo non ricorda solo di Ustica; "Hindawi" gli parlò anche della strage di Bologna e di Argo 16. Così il verbale:

"PM: Sulla strage di Bologna le diede qualche particolare? Le disse chi aveva materialmente messo la bomba?

Di Carlo: No, mi ha detto che in Italia Gheddafi ha i servizi segreti italiani, non italiani, che stavano in Italia, d'interfaccia.

PM: Era una sorta di segnale dato all'Italia?

Di Carlo: Sì. Infatti mi raccontò "com'è stato per esempio quando sono stati estradati... e poi Israele ci ha fatto l'attentato sull'aereo...".

PM: Ah, lei intende l'aereo caduto dalle parti di Venezia?

Di Carlo: Sì.

PM: E sarebbe stato abbattuto dagli israeliani, secondo Hindawi?

Di Carlo: Sì, lui me l'ha raccontato. Soltanto che non mi interessava tanto e non ci ho fatto molto caso. Era il periodo che lo sosteneva quel repubblicano, che ha fatto anche il ministro... come si chiama...

PM: Spadolini?

Di Carlo: Sì, dice che era ministro lui e sosteneva i siriani (rectius: israeliani; nde).

PM: Se io le dico il nome dell'aereo, se lo ricorda?

Di Carlo: Sì.

PM: Argo 16?

Di Carlo: Argo, diceva lui.

PM: Quindi diceva che lo chiamava Argo.

Di Carlo: Sì.

PM: E questa era stata una reazione degli israeliani all'espulsione...

Di Carlo: Di alcuni arabi terroristi che avevano arrestato in Italia perchè avevano fatto attentati contro Israele o non so che cosa. Diceva "visto che l'Italia l'aveva trattati bene, che l'Italia li aveva espulsi e li aveva consegnati a loro, ci hanno fatto questo...".

Il Pubblico Ministero ritorna sulle modalità delle rivelazioni dell'"Hindawi", chiedendogli se il discorso sopra specificato fosse avvenuto in una sola volta o in più occasioni. Di Carlo anche su questo quesito è preciso. Il discorso dell'86 è avvenuto in una sola volta, perchè avevano più tempo essendo in attesa di giudizio. La seconda volta, quella del 90, parlarono di più argomenti ed esso Di Carlo chiese solo se ci fosse qualche ulteriore fatto o dettaglio.

Di Carlo aggiunge anche particolari su quello che "Hindawi" gli aveva detto sulla sua permanenza e le sue attività in Libia. Egli era stato inviato nel Paese nordafricano come esponente dei Servizi segreti siriani ed in tale veste collaborava con la Libia, avendo contatti con dirigenti di questa Jiamahirja. Ma non era soltanto un emissario dei Servizi segreti siriani; ma anche una sorta di braccio destro di Abou Nidal.

Dinanzi a questo GI Di Carlo confermava le sue precedenti dichiarazioni, anzi rendeva interessanti precisazioni a maggior forza della sua narrazione. Specificava in primo luogo le circostanze dei colloqui con l'Hindawi, quelli tenutisi nell'86 al carcere di Brixton - sempre per maggiore precisione, egli specificava anche gli ulteriori periodi di comune detenzione con il giordano negli anni 90 nelle carceri di Leicester, York e Fussatton. A Brixton esso Di Carlo era rinchiuso in una sorta di sezione speciale, con altri sei detenuti ciascuno in una cella (quattro nordirlandesi, un italiano tale Filippo Monteleone e l'Hindawi). Le ore di libertà fuori della cella erano circa otto, dalle 08.00 alle 13.00 e dalle 14.30 alle 17.00.Vi era perciò tutta la possibilità di colloquiare spesso e a lungo. Di Carlo ha ribadito che tutte le circostanze essenziali sulla caduta del DC9 riferitegli da Hindawi gli erano state narrate durante la detenzione a Brixton nell'86. E in effetti il periodo in cui entrambi sono stati in quel carcere è durato più mesi ovvero dall'aprile 86 allorchè - essendovi già detenuto l'italiano - vi fu associato dopo l'arresto il giordano, sino alla fine dell'86 al massimo ai primi dell'87, al tempo cioè in cui essendo stato condannato, l'Hindawi fu trasferito ad altro carcere.

I colloqui erano in inglese, lingua conosciuta più che a sufficienza da entrambi, giacchè Di Carlo viveva da lungo tempo nel Regno Unito, ove gestiva delle imprese, e Hindawi, con la capacità dei mediorientali, pur vivendovi da un mese, aveva in breve appreso quella lingua.

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