3. Il senatore Francesco Cossiga.

Presidente del Consiglio dei Ministri, al tempo in cui si sono verificat i fatti di cui è processo, era l'on.le Francesco Cossiga che aveva assunto il 4 aprile 80 l'incarico, conservato sino al 17 ottobre dello stesso anno.

Nessuna attività risulta essere stata promossa dal Presidente Cossiga; la caduta dell'aereo dell'Itavia non risulta nemmeno essere stata affrontata in sede di Consiglio dei Ministri né tantomeno in sede di CIIS, salvo che, come si vedrà più innanzi, in un breve intervento del Ministro Bisaglia nel corso della riunione di tale Comitato del 5 agosto 80 in cui questi enunciava la possibilità di una connessione tra la strage di Bologna e il disastro dell'aereo Itavia. L'unica traccia documentale che si è reperita alla Presidenza del Consiglio del periodo del Governo Cossiga è la ricezione di una missiva del Ministro dei trasporti Formica, datata 6 agosto 80, con la quale si trasmetteva al Presidente Cossiga la 1 relazione preliminare della Commissione Luzzatti.

Per quanto concerne la vicenda della caduta del MiG libico, non sono state rilevate dagli atti della Presidenza del Consiglio missive dirette alla personale attenzione del Presidente. Anche se particolare interesse il Presidente Cossiga aveva mostrato in quel primo periodo di Presidenza per le vicende della Libia. Si ricordino la missione Jucci in Libia, la liberazione di Salem Said allo scadere dell'ultimatum di Gheddafi, il trattato in protezione di Malta; vicende di cui più a lungo in altra parte di questa motivazione.

Se l'attività del Presidente Cossiga è stata pressoché nulla nel periodo immediatamente successivo all'evento, altrettanto non si può dire del periodo in cui egli ha rivestito l'incarico di Capo dello Stato. Ai primi di agosto 86 a seguito dell'appello ricevuto dal "Comitato per la verità di Ustica", presieduto dal senatore Bonifacio, finalizzato ad un intervento sul Governo "affinché fosse posta fine ad un silenzio intollerabile", Cossiga, nella veste di Capo dello Stato, inviava una lettera al Presidente del Consiglio, Craxi, per sollecitare adeguati interventi, rilevando, tra l'altro, che emergeva "un quadro fin troppo chiuso delle oggettive difficoltà incontrate nell'inchiesta, ma anche del malessere che la disinformazione ha alimentato non solo nella pubblica opinione nazionale, ma anche negli ambienti comunitari".

Un ulteriore intervento del Presidente Cossiga si registra dopo la visita al Quirinale dei familiari delle vittime, degli avvocati di parte civile, dei componenti del Comitato per la verità su Ustica e dei Presidenti di alcuni gruppi parlamentari, avvenuta il 22 giugno del 90, nel corso della quale tutti costoro lamentarono gli ostacoli frapposti per il raggiungimento della verità. Il Capo dello Stato, con missiva datata 22 giugno 90, rivolgendosi al Capo dell'Esecutivo, on.le Andreotti, invitava "a valutare l'opportunità di procedere ad un'attenta ricognizione delle sue competenze in ordine alle iniziative e misure adottate, per verificare la loro completezza, idoneità e trasparenza, e in ordine a quelle altre anche straordinarie, che possano essere assunte, anche in collaborazione con l'Autorità Giudiziaria competente e con la Commissione parlamentare". Il Presidente non mancava di fare riferimento alle dichiarazioni rese dal Direttore del S.I.S.MI, Martini, alla Commissione Stragi "in relazione al grado di conoscenze che Servizi di informazioni di paesi alleati ed amici avrebbero avuto ed avrebbero dei fatti di Ustica ed in relazione al livello di collaborazione o meglio di non collaborazione in materia con i nostri Servizi", ritenendo che compito del Governo dovesse essere quello di accertare la veridicità di tali affermazioni.

Il senatore Cossiga veniva sentito una prima volta il 30 luglio 92. Il parlamentare, preliminarmente, riferiva che l'incidente di Ustica era stato accolto come un fatto di ordinaria amministrazione "da collegarsi alla straordinarietà del periodo politico nel quale io ero Presidente del Consiglio", in cui si era verificata la strage di Bologna, episodio che nessuno mise in collegamento con l'aereo di Ustica; ricordava che quel periodo, oltreché dolorosissimo per le vicende del terrorismo, era stato difficile anche per altri episodi: il suo impeachment, l'omicidio Bachelet, la crisi economica; ricostruiva i giorni immediatamente successivi all'evento, precisando di presumere di essere stato immediatamente informato e di ricordare che il giorno dopo il Ministro Formica lo aveva ragguagliato sulle operazioni di ricerca, dandogli notizia della costituzione di una commissione d'inchiesta presieduta da Luzzatti, persona da lui conosciuta; precisava che l'incidente al DC9 non era stato mai discusso nelle sedute del Consiglio dei Ministri almeno fino al 17 ottobre 80, in quanto "non erano emersi elementi che potessero far supporre che si trattasse di una sciagura aerea diversa dalle altre", rilevando che l'orientamento era quello che si trattasse di un incidente ad una "vecchia carretta"; osservava che il 10 luglio 80 il Ministro della Difesa, riferendo alla Commissione Difesa della Camera del Deputati, aveva escluso l'ipotesi di una collisione con un velivolo militare italiano e che analoga dichiarazione era stata resa dalle autorità alleate; ricordava la prima relazione Luzzatti che formulava una serie di ipotesi di lavoro sulle cause dell'incidente, osservando che "mai nessun membro del Governo formulò con me ipotesi alcuna diversa da quelle contenute nella pre-relazione, e mai alcun Ministro, né dei Trasporti, né della Difesa, fece propria privilegiandola alcuna di queste ipotesi"; escludeva che l'ipotesi riferita dal generale Rana a Formica gli fosse stata comunicata da quest'ultimo o da Lagorio; riferiva anche che della vicenda non ricevette nessuna informazione dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Mazzola.

Il senatore Cossiga osservava inoltre che il periodo in cui era accaduto l'evento "era un periodo di notevole tensione Est-Ovest, era il periodo del riarmo nucleare, era il periodo in cui eravamo in uno stato di crisi successivo alla morte di Tito, dove l'Alleanza Atlantica temeva i turbamenti".

Alle osservazioni di questo GI concernenti le risultanze istruttorie dalle quali emergeva una preoccupazione per la presenza di attività volativa statunitense nell'area del disastro e la costituzione in seno all'Ambasciata USA a Roma di un gruppo di lavoro, il senatore Cossiga rispondeva: "Sono cose che io ho appreso esclusivamente dai giornali quand'ero Presidente della Repubblica"; osservava quindi che come Capo dello Stato aveva investito gli organi competenti, affinché venissero richieste informazioni ai paesi alleati e che a seguito del suo intervento seguì con attenzione la vicenda, venendo aiutato dal suo consigliere militare, generale Nardini, definito "molto capace e attento, che è quello che poi è diventato Capo di SMA che mi pilotava in questa materia".

Relativamente alla caduta del MiG23 escludeva che fosse stato supposto un collegamento tra i due eventi, ricordando che la versione data era che si trattasse di un pilota in diserzione, e di avere appreso, nel periodo in cui svolgeva le funzioni di Capo dello Stato, del dubbio "che il pilota fosse italiano". Quindi passava a delineare lo stato dei rapporti con la Libia: "la politica italiana nei confronti della Libia è quella di tenere ogni cosa ad un livello piuttosto basso e di non creare mai occasioni di scontro per la massa enorme di interessi economici", rilevando che comunque questa non era la sua linea politica, "ma certamente la linea politica del Governo sì"; osservava che i rapporti con la Libia e l'Iran potevano sembrare ambigui e frutto di incertezza politica, ma osservava che "dietro c'è tutta una massa di lavori che poi vogliono dire operai, salari...quindi molte volte la mia purezza andava a scontrarsi con una concretezza che era più morale, forse, della mia purezza".

Il Senatore non mancava di fare riferimento al trattato italo-maltese, il cui protocollo era stato firmato il 2 agosto 80, vicenda che aveva seguito personalmente trattandosi di questione delicatissima, in quanto la garanzia di neutralità di Malta prevedeva anche l'intervento militare in sua difesa; trattato che non fu ben accolto dalla Libia, che lo prese come un atto di ostilità nei suoi confronti. Riguardo alla Libia ed al mondo arabo osservava "che i nostri Servizi di informazione sono stati sempre servizi filo-arabi, e questo credo in un quadro generale della politica voluta da Aldo Moro", ricordando che la lotta avvenuta nel passato tra Maletti e Miceli "è chiaramente una lotta tra due tendenze del servizio, una filo-israeliana e l'altra filo-araba"; ribadiva, infine, che all'epoca dei fatti, l'ipotesi di un collegamento tra la strage di Ustica e quella di Bologna non gli era stata mai rappresentata, rilevando che "nella tipologia degli atti gravi di terrorismo la reiterazione dell'atto terroristico è una delle cose abbastanza normali", e ricordando il sequestro dell'industriale Schleyer ed il successivo dirottamento aereo di Mogadiscio. (v. esame Cossiga Francesco, GI 30.07.92).

Nuovamente sentito nel marzo 95 in relazione alla riunione del CIIS del 5 agosto 80, il Senatore dopo aver riferito che nel corso della riunione la tesi prevalente sulla matrice della strage di Bologna era stata quella della destra eversiva, dichiarava di non ricordare nulla sull'ipotesi avanzata dal Ministro Bisaglia del possibile collegamento tra l'attentato alla stazione di Bologna e l'aereo di Ustica. A tal riguardo, premettendo di essere dotato di ottima memoria, rappresentava il proprio scetticismo su detta ipotesi, rilevando che non era emerso, presso tutti i presenti alla riunione, alcun elemento di un collegamento tra Ustica e Bologna; osservava inoltre che, qualora l'ipotesi del Ministro Bisaglia fosse stata da lui recepita, egli non avrebbe successivamente mancato di collegarla alla tesi analoga avanzata molti anni più tardi dall'on.le Zamberletti e dal capo della Polizia Parisi; specificava, quindi, di non avere mai ipotizzato un collegamento tra i due fatti, che, invece, stimava potersi trattare "di teoremi di Servizi di informazioni"; precisava, infine, di non potere escludere che l'ipotesi avanzata dal Ministro Bisaglia potesse essere stata rappresentata, a quest'ultimo, proprio da ambienti dei Servizi. (v. esame Cossiga Francesco, GI 02.03.95).

Nel gennaio 96 veniva nuovamente raccolta la sua testimonianza, in relazione al rinvenimento presso l'abitazione del generale Cogliandro, di una informativa "riservata", senza data, in cui si riferiva che il Presidente Cossiga "al tempo in cui era Presidente del Consiglio ebbe i rapporti completi della tragedia di Ustica e fece in modo che non fossero divulgati" e che "secondo un servizio giornalistico documentato, ma tenuto ancora riservato - Cossiga -, per ragioni di Stato occultò i fatti. Se il tutto viene fuori, scoppia uno scandalo, perché Cossiga ha ricevuto le famiglie dei defunti nel disastro".

Il Senatore, dopo aver precisato di avere conosciuto il generale Cogliandro, ricordava che quando assunse la carica di Presidente del Senato circolarono alcuni pettegolezzi che riferivano di una non estraneità di Cogliandro nell'ispirazione di alcuni articoli pubblicati dall'Espresso contro di lui. Affermava, inoltre, che il Servizio militare lo avrebbe controllato nel periodo in cui esercitava le funzioni di Ministro dell'Interno. Ricordava che in quel periodo aveva ricevuto la visita dell'ammiraglio Casardi, Capo del SID, che gli aveva riferito che due funzionari del Ministero dell'Interno, Carlucci e Carlino avevano avuto contatti con elementi del KGB, così come era emerso al Controspionaggio.

Di quest'ultima vicenda riferita dal senatore Cossiga è stata rinvenuta ed acquisita presso la Segreteria Speciale di Palazzo Chigi una missiva datata 8 febbraio 78 del Ministro dell'Interno al tempo cioè di Cossiga stesso, diretta al Presidente del Consiglio on.le Andreotti, con la quale trasmetteva "tutti i documenti di cui il Ministero dell'Interno è venuto in possesso su una questione di estrema delicatezza che interessa organi e funzionari di due amministrazioni dello Stato". Sulla missiva il Presidente Andreotti annotava "atti restituiti allegati e detto di (inc.) a Santovito". Nello stesso contesto si rilevava altra lettera, priva di data, a firma Cossiga, diretta al generale Santovito nella sua qualità di Autorità Nazionale per la Sicurezza, con la quale venivano trasmessi i documenti relativi a operazioni di controspionaggio compiute dal disciolto SID nei confronti dei funzionari di Pubblica Sicurezza D'Amato, Carlino e Carlucci, con la richiesta di valutare "qualunque altra proposta d'ordine penale, disciplinare e amministrativo che riterrà opportuna".

Il senatore Cossiga, infine, precisava di non essere a conoscenza del rapporto di collaborazione tra il generale Cogliandro e l'ammiraglio Martini; osservava - dopo aver riassunto le informazioni che aveva ricevuto nella sua qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri al tempo dei fatti, e l'impegno assunto in seguito da Capo dello Stato affinché vi fosse una proficua collaborazione tra poteri dello Stato - che "mai né da Presidente del Consiglio, né successivamente mi fu chiesto di porre il segreto o la conferma del segreto su alcunché, o mi fu chiesto di occultare o di secretare"; affermava di essere rimasto meravigliato dalle dichiarazioni di Martini rese alla Commissione stragi, in cui questi assumeva come possibile l'ipotesi del missile, attribuendo la responsabilità o ai francesi o agli americani; precisando infine che mai Martini gli aveva parlato di questa ipotesi "in termini di fatti", ma solo come di sue considerazioni di ordine tecnico (v. esame Cossiga Francesco, GI 12.01.96).

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