5. La testimonianza del prefetto Parisi.

Interessanti dichiarazioni sono giunte, nel corso dell'inchiesta, dal prefetto Vincenzo Parisi. Questi, che all'epoca dei fatti, esercitava le funzioni di Direttore del Servizio Stranieri del Ministero dell'Interno, negli anni a venire ricoprirà delicatissimi incarichi: dall'11 agosto 80, quella di Vice Direttore del S.I.S.DE; dal 27 aprile 84, di Direttore del S.I.S.DE; dal 1° febbraio 87 di Capo della Polizia.

Il prefetto Parisi dopo essere stato sentito per ben due volte da quest'Ufficio, a luglio ed a settembre del 90, veniva convocato in audizione dalla Commissione Stragi. Nel corso degli esami testimoniali aveva sostenuto che l'episodio di Ustica era da ascriversi ad un evento terroristico, indipendentemente dal fatto che a produrlo fosse stata una bomba o un missile. Aveva anche osservato che a seguito del fatto sarebbero intervenute coperture immediate, di cui era stata presumibilmente cancellata ogni traccia (v. esame Parisi Vincenzo, GI 12.07.90). L'ipotesi dell'attentato terroristico viene nuovamente illustrata nel corso dell'ulteriore esame. Nella circostanza Parisi afferma: "Per quanto concerne l'interpretazione dell'evento, ribadisco che secondo le mie considerazioni esso deve intendersi come atto di terrorismo, di probabile matrice internazionale, di assai incerta attribuibilità e realizzato mediante l'impiego del missile.

Tale convincimento deriva dalla considerazione che la pretesa rivendicazione, pur non offrendo spunti utili a riscontri di responsabilità personale, evocava, come in qualche altro episodio stragistico, una matrice di destra con una tendenza all'accreditamento della tesi dell'ordigno a bordo dell'aeromobile, evidenziato a titolo terroristico per dare una motivazione diversa da quella missilistica nel caso che fossero affiorate parti del relitto con tracce di natura esplosiva. Non avrebbe avuto senso la rivendicazione in casi diversi. Il risultato dell'infondatezza della pista indicata in mancanza di reperti utili avrebbe potuto comunque consentire di accreditare la tesi del cedimento strutturale e comunque della disgrazia. Ritengo impossibile che un evento di siffatta gravità possa essere avvenuto senza essere percepito da parte di coloro che sono abilitati ad esercitare i controlli informativi sull'andamento della circolazione aerea e sulle specificità che la caratterizzano. Di qui il sospetto rilevante che per probabile intenzione di soggetti deviati, che forse in nome di una ragione di Stato, hanno finito con il coprire vere e proprie attività terroristiche" (v. esame Parisi Vincenzo, GI 18.09.90).

Le dichiarazioni che Parisi rilascia a quest'Ufficio sono da lui confermate anche in sede di audizione alla Commissione Stragi, ed ebbero, in quella occasione, vasta eco sulla stampa nazionale. Parisi si rammarica di non aver dato il giusto peso all'inchiesta nella sua prima fase di gestione del Servizio, tantoché, sottolinea, in un elaborato del S.I.S.DE del gennaio 85 dal titolo "Le stragi in Italia" nessun riferimento era stato fatto alla vicenda del DC9 Itavia. Ripercorrendo le fasi dell'inchiesta, osserva in relazione alla falsa presenza di Affatigato a bordo del velivolo, che nella vicenda "emerge una volontà disinformativa, emerge la presenza di uno spezzone di intelligence volto a depistare, a seminare panico e disorientamento".

Inquadra anche l'ipotesi del passeggero Zanetti e quella del giudice Tricomi come provenienti da palese disinformazione. Non manca di fare un riferimento alla vicenda dei documenti concernenti la perquisizione Pelaia, di cui s'è già fatto riferimento in altra parte. La vicenda - osserva Parisi - "fa parte di una ricostruzione congiunta di documenti attribuita al reparto Carabinieri di Roma assolutamente falsa, in base alla quale si cerca di mettere in piedi una pista americana che non sta né in cielo né in terra e infine si fa sostenere la stessa pista americana a un certo Denes che risulta essere uno squilibrato".

Il prefetto afferma di stimare indubitabile che l'esplosione al DC9 "é stata dolosa perché, se così non fosse stato, non avremmo avuto bisogno della rivendicazione successiva"; ribadisce trattarsi di un fatto di terrorismo internazionale e di ciò é riprova la rivendicazione Affatigato che - aggiunge - "mirava palesemente ad erigere una cortina protettiva rispetto all'ipotesi del missile perché tentava di depistare l'attenzione rispetto all'ipotesi del missile accreditando la tesi della bomba a bordo".

Osserva, infine, riferendosi ad eventuali responsabilità da parte di soggetti esterni alle istituzioni italiane, che questi non potevano non chiedere l'appoggio o l'ausilio dell'intelligence militare. Sul punto afferma "Certamente é un po' difficile che un episodio di questo genere sia passato inosservato a chi dirigeva l'organismo militare a quel tempo (chiaro il riferimento al generale Santovito - nde). Aggiungiamo - continua Parisi - che per coprire bastano pochi elementi che si possano in qualche modo acquisire. Consideriamo le malintese ragioni di Stato che possono essere intervenute, teniamo conto che in passato vi sono stati elementi appartenenti all'intelligence che pensavano di poter decidere su tutto e su tutti, che ritenevano di essere al di sopra di tutti" (v. Parisi Vincenzo, Commissione Stragi, 17.10.90).

Analisi lucidissima, ben lontana dalle ipotesi minimizzatrici che hanno tenuto il campo per anni, e che troverà conferma in molteplici riscontri acquisiti all'inchiesta dopo quell'ottobre 90, a partire dalle scoperte di documenti presso il S.I.S.MI ed altre autorità militari e finire alle nuove letture dei dati radaristici e ai persistenti progetti di sviamenti delle indagini, che hanno trovato realizzazione persino nell'espletamento di perizie.

Analisi, che se formulate tempestivamente sia da quegli ambienti dei Servizi rimasti immuni da inquinamenti che dagli inquirenti, avrebbero impresso ben altro passo al progresso delle indagini ed avrebbero consentito risultati di gran lunga più incisivi.

Analisi a tal punto sicura da indurre a ritenere che il prefetto avesse saputo o percepito con le sue conoscenze e intelligenza fatti e circostanze, di cui con ogni probabilità non poteva apportare prova; virtù le sue, che ancor più mettono a nudo l'ignavia e le collusioni di altri rappresentanti di istituzioni.

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