9. Il ruolo del Centro CS di Firenze.

Un ruolo di rilievo nelle indagini sulla vicenda di cui é processo é ascrivibile al Centro CS di Firenze ed in particolare al Capo Centro, colonnello Federigo Mannucci Benincasa. Mannucci Benincasa, ufficiale dell'Arma dei CC, ha prestato servizio nel Servizio Informativo Militare dal 63 al 7 luglio 93 - (SIFAR-SID-S.I.S.MI), ricoprendo l'incarico: - dal 63 al giugno 71, di ufficiale addetto al Centro CS di Padova; - dal giugno 71 al marzo 91, di Capo Centro CS di Firenze; - dal marzo 91 al luglio 93 (mese in cui lascia il servizio), di funzionario a disposizione del Capo Reparto presso la Direzione del S.I.S.MI. L'interesse sulle attività del Centro CS di Firenze e sul soggetto trae origine: - dalla competenza territoriale che il Centro CS del S.I.S.MI di Firenze aveva sul conto delle attività di Marco Affatigato, estremista di destra di Lucca, falsamente indicato con una telefonata anonima come presente a bordo dell'aereo dell'Itavia;

- dalla trasmissione alla 1ª Divisione del S.I.S.MI di una informativa allegata al foglio del Centro CS di Firenze nr.5704 datato 18 luglio 81, in cui si riferiva che a bordo dell'aereo dell'Itavia doveva trovarsi anche il magistrato fiorentino, Giovanni Tricomi, che solo "all'ultimo momento" decideva di rinviare la partenza; così congetturando come causa del disastro la finalità di un attentato al DC9 Itavia il cui obiettivo sarebbe stato il magistrato fiorentino;

- dalla singolare coincidenza della pubblicazione alla fine di luglio del 1981 sul periodico "Critica Sociale" - a pochi giorni dalla trasmissione dell'informativa del 18 luglio alla Centrale - di un servizio dal titolo "Il Grande Labirinto" a firma di Andrea Pamparana, in cui si faceva cenno - in relazione alla caduta del DC9 Itavia - al mancato viaggio di un giudice a bordo dell'aereo che aveva "disdetto la prenotazione mezz'ora prima della partenza";

- dai contatti intercorsi prima della pubblicazione dell'articolo tra Mannucci Benincasa (capitano Manfredi), il giudice bolognese Gentile, il capitano Pandolfi dell'Arma dei CC di Bologna ed i giornalisti Giovine e Pamparana di "Critica Sociale";

- dalle dichiarazioni che il generale Notarnicola aveva reso in data 21.11.89 alla Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulle stragi, secondo cui alcuni giorni dopo l'evento il Capo Centro CS di Firenze ebbe a dirgli che la possibilità di un attentato non era da scartare, dato che sull'aereo avrebbe dovuto viaggiare un giudice in missione in Sicilia per indagini;

- dalla collaborazione che Mannucci Benincasa intratteneva con l'allora capitano Umberto Nobili del SIOS/A di Firenze.

Prima di passare ad esaminare nel dettaglio queste vicende é opportuno, al fine di meglio comprendere la figura dell'indiziato, tracciare una breve esposizione degli avvenimenti di cui lo stesso risulta essere stato protagonista.

A tal fine si riportano alcuni brani della sentenza-ordinanza del GI di Bologna del 3.02.94 relativa al procedimento penale sull'attentato all'Italicus ed alla stazione ferroviaria di Bologna, concernenti Mannucci Benincasa: "Non é un fatto comune che il capo di un importante organismo del controspionaggio militare decida, di concerto con un ufficiale del servizio informativo dell'aeronautica, di inviare una lettera anonima al giudice istruttore di un processo per strage, adombrando responsabilità del gran maestro di una loggia massonica segreta; né é comune che, con una telefonata ed uno scritto, anch'essi anonimi, indichi il suddetto gran maestro come implicato nell'omicidio di un giornalista; e, ancora, non é nella prassi consueta che il capo di un centro di controspionaggio si ingerisca in varie maniere nel processo relativo ad una strage (avvenuta in un territorio estraneo alle sue competenze), ad esempio interessandosi alla composizione dell'esplosivo usato e trasmettendo informazioni in merito al direttore del servizio di appartenenza senza alcuna autorizzazione da parte del giudice; oppure presenziando al rinvenimento di esplosivi, armi ed altri oggetti che si riveleranno il mezzo utilizzato per imbastire una delle più allucinanti operazioni di depistaggio nella storia dello stragismo; oppure ancora in altre maniere di cui si dirà oltre. Né, infine, é normale che, avendone l'opportunità, non si adoperi per la cattura di un pericoloso latitante, assicurandogli così la libertà."

Gli anonimi cui si riferisce il giudice di Bologna sono quelli inviati da Mannucci Benincasa e dall'allora capitano Nobili del SIOS/A, nel 79, al Procuratore della Repubblica di Roma, per l'omicidio Pecorelli, e nel 1981, al giudice Istruttore di Bologna, per la strage alla Stazione ferroviaria. In entrambi, la responsabilità degli eventi delittuosi veniva fatta ricadere su Licio Gelli.

A proposito di Licio Gelli, il comportamento di Mannucci Benincasa non é apparso assolutamente chiaro. E' sufficiente ricordare che già dal 72, il Mannucci Benincasa aveva acquisito elementi sufficienti a ben definire la sua figura, quantomeno sotto il profilo della sicurezza, ma tali elementi non erano comunicati alla Direzione del Servizio bensì conservati "in sonno" nella pratica di Gelli del Centro CS di Firenze. E nel momento in cui la Direzione - nel 73 - chiedeva informazioni sul personaggio Mannucci Benincasa rispondeva, a oltre un anno dalla richiesta, fornendo un'immagine di Gelli non corrispondente a quella che, invece, emergeva dagli atti in suo possesso. Ed allo stesso generale Maletti, Capo del reparto "D", da cui dipendeva e dal quale era stato nominato Capo Centro di Firenze in sostituzione di Viezzer, nominato Capo della Segreteria del "D", non trasmetteva le informative che aveva acquisito su Gelli, ma inviava, con lettera personale, una vecchia informativa cd. "Cominform", la quale, comunque, era già nella disponibilità dello stesso Maletti perché agli atti del "D".

Altra vicenda in cui risulta coinvolto Mannucci Benincasa é quella concernente l'estremista di destra Cauchi Augusto, con il quale Mannucci Benincasa aveva avuto rapporti nel 74 e 75 a cavallo della emissione di un mandato di cattura nei confronti dell'estremista. A distanza di tempo dagli eventi il giudice Istruttore di Firenze, che aveva chiesto al Mannucci Benincasa di rivelare il nome della fonte che lo aveva messo in contatto con Cauchi, si era visto opporre - dal Servizio e successivamente dal Presidente del Consiglio - il segreto di Stato. Secretazione del nome della fonte, richiesta insistentemente da Mannucci Benincasa alla 1ª Divisione che a sua volta chiederà all'ammiraglio Martini, Direttore del Servizio, di mantenere la copertura "ad ogni costo".

Altro evento meritevole di essere menzionato è quello relativo ai contatti di Mannucci Benincasa con Osmani Guelfo, noto falsario che dal 93 inizia a collaborare con le AA.GG. di Bologna e Milano, fornendo utili elementi concernenti, tra l'altro, la nota provocazione di Camerino. Questi riferiva di aver conosciuto Mannucci Benincasa nel 71 a seguito di presentazione del capitano D'Ovidio, che gli aveva anche fatto conoscere il capitano Labruna. Osmani dichiarava che la collaborazione con Mannucci Benincasa, del quale conosceva l'effettivo ruolo all'interno dei Servizi informativi, si estrinsecava soprattutto nella fornitura di passaporti e carte d'identità false, e che per le sue capacità, era da Mannucci Benincasa chiamato "Raffaello". Aggiungeva, tra l'altro, di essere stato da sempre convinto che regista della provocazione di Camerino fosse stato il Mannucci Benincasa.

Scrive in proposito il GI di Milano nella sentenza-ordinanza del 18 marzo 95: "Anche la "collaborazione" richiesta ad Osmani per oltre quindici anni dal Capo Centro del CS di Firenze, colonnello Federigo Mannucci Benincasa è una circostanza inquietante e indicativa del ripetersi, tramite la continua acquisizione di documenti italiani ed esteri contraffatti, di operazioni "coperte" ed illecite che il colonnello Mannucci, indiziato anche per i depistaggi relativi alla strage di Bologna ed all'abbattimento del DC9 a Ustica, non ha voluto in alcun modo spiegare (v. confronto Osmani-Mannucci, GI Bologna 02.05.94) limitandosi ad ammettere di conoscere e di frequentare da molto tempo Guelfo Osmani, non si comprende a qual fine se non quello indicato dallo stesso Osmani, falsario di professione e battezzato dal Mannucci con il nome in codice Raffaello. Del resto il nome Raffaello compare più volte nelle agende, anche di epoca recente, sequestrate al colonnello Mannucci Benincasa e tale soprannome, era stato attribuito a Guelfo Osmani proprio da Mannucci Benincasa in considerazione della sua particolare perizia nella falsificazione di documenti".

Per completare il quadro d'insieme delle vicende di Mannucci Benincasa, si deve ricordare che egli è stato ritenuto responsabile dell'occultamento di quelle armi e munizioni da guerra rinvenute il 3.03.93 a Firenze, in un appartamento sito in via S.Agostino nr.13, di proprietà del marchese Lotterenghi Della Stufa, e nella disponibilità di esso Mannucci Benincasa, come base riservata del Centro di Controspionaggio. Sulla vicenda recentemente é intervenuta in data 23 aprile 97 la sentenza del Tribunale di Firenze che ha condannato Mannucci Benincasa alla pena di anni 3 di reclusione per detenzione illegale di armi.

Dopo questo breve excursus si deve passare all'esame di quei fatti che interessano direttamente questo procedimento penale. Mannucci Benincasa é stato al centro di varie illazioni su una sua non estraneità alla nota telefonata pervenuta alla redazione romana del "Corriere della Sera" il 28 giugno 80 con riferimento alla presenza a bordo del DC9 Itavia dell'estremista di destra Marco Affatigato che doveva compiere una non meglio indicata missione a Palermo. In realtà non esistono al riguardo indizi di qualche rilievo, o altre evidenze né tanto meno riscontri documentali. Resta però, una certa analogia tra la telefonata anonima fatta al giornale e quelle altre iniziative similari, di cui s'è detto, queste documentate e accertate, rivolte dal soggetto e dal colonnello Nobili ai magistrati romani e bolognesi in relazione rispettivamente all'omicidio Pecorelli e alla strage di Bologna del 2 agosto.

Mannucci in una memoria sequestrata nel corso della perquisizione domiciliare effettuata nel maggio 93 su decreto dell'AG di Bologna scrive che "non ha mai diffuso, e tanto meno in via anonima, false notizie nei confronti Marco Affatigato" e di aver inserito il nome in due rapporti:

- il primo, datato 18 luglio 81 - di cui si parlerà più innanzi - in cui segnalava alla propria Centrale la circostanza che sull'aereo avrebbe dovuto viaggiare il GI di Firenze, Vincenzo Tricomi, evidenziando, nel contesto, che la falsa propalazione della notizia che a bordo dovesse viaggiare Marco Affatigato potesse configurare un depistaggio;

- il secondo, datato 28 agosto 81, in cui trattava di una informativa, richiesta dalla AG di Bologna alla Centrale e concernente "ogni possibile risultanza su tutta una serie di situazioni concernenti la Toscana, con particolare riferimento alla lunga serie di attentati avvenuti nella tratta ferroviaria Firenze - Bologna richiesta della Centrale. In quella circostanza, fu richiamata la figura di Affatigato, non solo perchè tirato in causa, nella loro immediatezza, tanto per Ustica che nelle prime indagini sulla strage di Bologna, ma anche e soprattutto per le dichiarazioni rese, in tempi diversi, sia alla AG (FI) che alla stampa (Secolo XIX di Genova) sui possibili coinvolgimenti di poteri cosiddetti occulti toscani e l'eversione, sia di destra che di sinistra".

L'elaborato, concludeva precisando di ignorare "da dove possa essere scaturita un'accusa così inverosimile ed illogica, anche a livello di mera illazione, attribuente allo scrivente sia la falsa propalazione del nome di Affatigato nella vicenda di Ustica, quando sono invece sicuramente noti e documentati i rapporti tra l'Affatigato stesso ed ambienti riferibili o in contatto a loro volta con altri organi di polizia e d'informazione, sia stranieri che nazionali, sia quella del suo coinvolgimento nella strage di Bologna, quando questo è determinato dal presunto riconoscimento dell'Affatigato da parte di un organo di polizia in un foto-kit fatto da altro organo di polizia".

Mannucci Benincasa con missiva del 18 luglio 81 trasmetteva al Direttore della 1ª Divisione ed ai Capi Centro CS di Palermo, Bologna e Perugia, un rapporto in cui informava di aver appreso "casualmente, dallo stesso interessato" che a bordo del DC9 dell'Itavia caduto a Ustica avrebbe dovuto trovarsi il giudice Vincenzo Tricomi del Tribunale di Firenze, diretto in Sicilia per svolgere attività istruttoria concernente collusioni tra elementi di estrema sinistra (Prima Linea) e libici. Il magistrato "che aveva fatto fare la prenotazione per il volo citato, solo all'ultimo momento per alcune circostanze fortuite decise di rinviare il viaggio provvedendo a disdire telefonicamente e scampando così, fortunosamente, al disastro".

Dopo questa premessa, l'estensore del rapporto segnalava, dopo avere evidenziato che "le perizie sul disastro aereo avrebbero accertato che lo stesso non sarebbe dovuto ad avarie o guasti meccanici e tecnici, ma all'azione di un missile aria-aria o allo scoppio di un ordigno presumibilmente a tempo depositato a bordo dell'aereo", che: - era ipotizzabile che la finalità dell'attentato fosse l'eliminazione fisica del giudice Tricomi allo scopo di bloccare lo sviluppo delle indagini; - le notizie dei motivi e delle modalità del viaggio in Sicilia del magistrato erano note soltanto ad un gruppo ristretto di persone della Procura, del Tribunale e della Digos di Firenze; - non appare estranea alla vicenda "il "depistaggio" attuato dopo il disastro con la propalazione della falsa notizia che a bordo dell'aereo viaggiava il noto Marco Affatigato, la cui figura tornerà alla ribalta nel successivo mese di agosto in ordine alla strage alla Stazione di Bologna".

Al rapporto informativo il Centro CS di Firenze univa quattro allegati, costituiti da: - rapporto del maresciallo Mercaldo della Digos di Firenze concernente esiti ai suoi accertamenti relativi al contesto delle indagini disposte dal giudice Tricomi, datato 21 maggio 80; - un appunto anonimo privo di data e di altri riferimenti se non l'indirizzo così concepito: "Alla cortese attenzione del sig. Questore" riguardante anch'esso la situazione di Pantelleria; - un tabulato della società Itavia relativo al noto volo sul quale, insieme ad altri, figura il nominativo del giudice; - altro tabulato della società Itavia contenente la lista dei passeggeri e varie annotazioni dalle quali risultava la non presenza a bordo del giudice Tricomi.

Dalla documentazione acquisita dal Centro CS di Firenze relativa all'evento si rileva che l'appunto in questione era stato minutato già alla data del 2 giugno 81. Si rileva, peraltro, all'interno della pratica di Ustica una missiva dattiloscritta, senza data e riferimenti, in cui l'estensore trasmette a "Giorgio": - un elenco delle prenotazioni per il volo I-Tigi dell'Itavia per Palermo; - un elenco delle persone che hanno preso l'aereo e che sono morte; - un elenco delle persone che hanno disdetto il volo e che non si sono presentate all'imbarco. La missiva conclude con la seguente affermazione: "Resta clamorosamente confermato, negli ambienti tecnici, che si tratta di esplosione non dipendente da difetti della macchina". In calce alla stessa l'estensore scrive a mano: "La fonte, inutile dirlo, deve essere cautelata".

Da tener presente che Mannucci Benincasa trasmetteva il rapporto alla 1ª Divisione: - in un'epoca assai distante dai fatti (giugno 80-luglio 81); - in un momento in cui il colonnello Notarnicola aveva lasciato l'incarico di Direttore della 1ª Divisione venendo sostituito dal colonnello Lombardo; - in sospetta coincidenza temporale con il servizio giornalistico "Il Grande Labirinto" di "Critica Sociale".

In un appunto interno della 1ª Divisione datato 19 agosto 81 diretto all'attenzione del Direttore responsabile, a quel tempo il colonnello Lombardo, si legge: "1. L'informativa del Centro Firenze ricalca il contenuto del noto articolo apparso su "Critica Sociale", con qualche omissione rispetto alla stesura della bozza sequestrata dalla Magistratura di Bologna ed esibita anche ad appartenenti del Servizio in data 23.07.81. Peraltro, la pubblicazione dell'articolo venne preceduta da una trasmissione di Radio Radicale del 21 luglio 81. 2. La lettera del Centro CS di Firenze è datata 18.07.81 ed è giunta alla Divisione con il corriere del 23 successivo. 3. Centro Palermo da parte sua ha riferito di essere già a conoscenza dell'inchiesta condotta dalla Digos di Firenze. 4. In relazione a quanto sopra, è stata approntata lettera per il Centro CS di Firenze per opportuno orientamento". In calce al documento il colonnello Lombardo appone il suo assenso.

Anche se in modo enigmatico la 1ª Divisione nota che gli argomenti riferiti da Mannucci Benincasa ricalcavano quanto pubblicato da "Critica Sociale". Come si può desumere anche dai riferimenti alle date di trasmissione dell'informativa, che vengono messe a raffronto con quelle relative alle bozze consegnate dai PM di Bologna ad elementi del Servizio in data 23 luglio 81.

Il colonnello Lombardo, dal 13 luglio 81 Direttore della 1ª Divisione, nel corso della testimonianza al GI resa in data 28.12.90 dichiarava di essere venuto a conoscenza dell'informativa del Centro Cs di Firenze sull'ipotesi dell'attentato ai danni del GI di Firenze, circa un anno dopo l'evento di Ustica. In quell'occasione sarebbe venuto anche a conoscenza della telefonata concernente la presenza a bordo dell'Affatigato, non escludendo, comunque, di averne appreso in tempi precedenti dalla stampa. L'ufficiale escludeva "che qualcuno del Centro di Firenze, tanto meno il Capo Centro, sia venuto a parlarmi di questa telefonata nell'immediatezza o poco dopo il disastro aviatorio".

Nel corso dell'inchiesta sulla strage di Bologna, assunse particolare rilevanza, ai fini investigativi, la pubblicazione dell'inchiesta giornalistica intitolata "Il Grande Labirinto", apparsa sul mensile di area socialista "Critica Sociale", in tre puntate. Autori dell'inchiesta furono i giornalisti Andrea Pamparana e Umberto Giovine, quest'ultimo direttore della rivista. La prima puntata dell'inchiesta veniva pubblicata nell'ottobre del 1980 e conteneva, tra l'altro, informazioni su una riunione che si sarebbe tenuta a Zurigo, il 20 marzo 80, nel corso della quale erano state prese alcune decisioni riguardanti l'attività destabilizzante ed eversiva di un'organizzazione collegata ai servizi segreti italiani. Una delle decisioni prese prevedeva "un attentato ad alto potenziale emotivo, tale da suscitare grave ondata di sdegno da parte della popolazione...e contatti con i servizi italiani per la consueta opera di depistaggio delle indagini...". Personaggio preso di mira, nel contesto dell'articolo, Licio Gelli ed il figlio Raffaello.

La seconda puntata veniva pubblicata alla fine di luglio del 1981 e conteneva una sintesi dei temi dell'inchiesta che i giudici bolognesi stavano conducendo sulla strage consumata alla stazione ferroviaria di Bologna. Nell'articolo si asseriva che il S.I.S.MI avrebbe artatamente fornito ai giudici di Bologna notizie fuorvianti sui veri responsabili della strage e si adombravano anche sospetti nei confronti della Procura della Repubblica di Bologna. Veniva altresì messa in relazione la caduta del DC9 dell'Itavia con: - la caduta del MiG libico a Castelsilano di Calabria, trovato privo di missili; - un giudice che doveva viaggiare sull'aereo DC9 Itavia, allo scopo di recarsi sull'isola di Pantelleria per svolgere attività istruttoria connessa ad un traffico di armi e di droga che si sarebbe svolto, con i libici, in quell'isola. In relazione alla Libia venivano anche evidenziati i viaggi fatti nella primavera del 1980 dal criminologo Aldo Semerari.

L'anticipazione della seconda puntata, che conteneva anche i riferimenti al magistrato che avrebbe dovuto viaggiare su quell'aereo precipitato ad Ustica, veniva lanciata dalla redazione di Critica Sociale a mezzo dell'Agenzia ADN Kronos il 20.7.81, mentre il giorno successivo i quotidiani "La Repubblica" ed "Il Resto del Carlino" riportavano articoli rispettivamente dai titoli "Critica Sociale accusa Armi e Droga dietro il DC9 esploso" e "Volevano uccidere un magistrato gli attentatori al DC9 Itavia?".

A seguito della pubblicazione di questi articoli il giudice Gentile, titolare dell'istruttoria sulla strage di Bologna, ordinava perquisizione alla redazione di "Critica Sociale", nel corso della quale venivano sequestrate, tra l'altro, le bozze dell'inchiesta in cui si poteva leggere nei titoli "Un funzionario del S.I.S.MI ci dice che anche alcuni giudici sono sul libro paga dei servizi, un esempio: il giudice Persico".

In un articolo pubblicato dal quotidiano "La Repubblica" edizione del 23 luglio 81 concernente un'intervista ai redattori dell'inchiesta si leggeva: "sosteniamo che un magistrato di Firenze doveva prendere quell'aereo per andare a verificare certi indizi. L'aereo esploso, le inchieste di magistratura ed esperti affermano che si é scontrato in volo con un missile aria-aria. Era il 27 giugno scorso. Il MiG23, privo di un missile aria-aria é stato trovato sull'Aspromonte il 22 luglio, quasi un mese dopo. L'autopsia sul cadavere del pilota ci dice che il corpo ha rivelato il "fenomeno del guanto di pelle". Cos'è? A circa venticinque giorni della morte, la pelle si stacca da sola dalla mano. Venticinque giorni, le date coincidono...".

La terza puntata, dal titolo "Appunti su due stragi", pubblicata sul numero di dicembre del 1981, costituisce il naturale corollario dei due articoli precedenti e richiamava chiaramente celati legami dell'allora Procuratore della Repubblica di Bologna, dr. Marino, con la loggia massonica P2, avanzando, altresì, severe critiche all'operato del sostituto procuratore dr. Persico. La pubblicazione di questo articolo suscitò grosse polemiche ed entrambi i Magistrati presentarono querela nei confronti dei giornalisti Giovine e Pamparana; il conseguente procedimento si concluse con la condanna dei due giornalisti.

Al fine di meglio comprendere la genesi del servizio giornalistico "Il Grande Labirinto" si deve risalire ai rapporti che il Capo Centro di Firenze ebbe con il giudice istruttore di Bologna, Gentile, tramite il capitano Pandolfi dell'Arma dei CC. di Bologna, e con i due giornalisti di "Critica Sociale", Pamparana e Giovine, autori del servizio "Il Grande Labirinto", che ha per oggetto, così ha concluso il GI di Bologna, "presunti retroscena delle stragi di Ustica e Bologna, il cui contenuto é parte ispirato alle tesi di Mannucci Benincasa su Ustica e parte tratto da una pretesa (e asseritamente misteriosa fonte) indicata come "Nostradamus"".

Si deve premettere che nonostante la città di Bologna fosse fuori della giurisdizione del Centro CS di Firenze, Mannucci Benincasa vi si recava il 2 agosto, a seguito della strage, ed a gennaio del 1981 a seguito del rinvenimento dell'esplosivo sul treno Taranto-Milano. La presenza del Mannucci a Bologna aveva suscitato perplessità nei suoi colleghi del Centro CS di Bologna. A tal proposito molto chiare appaiono le testimonianze rese al GI di Bologna da Ferretti e Ciliberti, rispettivamente Capo Centro e Vice del CS del S.I.S.MI di Bologna.

Ferretti: "Ricordo che verso il 4 di agosto vennero a Bologna il generale Santovito ed il Ministro Lagorio. Ebbi un incontro con loro e riferii le notizie sino a quel momento apprese... . Successivamente a questo incontro con Santovito e col Lagorio ebbi la sensazione di essere in qualche modo tagliato fuori dalle attività concernenti la strage di Bologna. Fu una situazione che si sviluppò nel tempo e ne ebbi la chiara percezione allorquando a Bologna, a seguire le indagini venne costantemente un mio collega toscano, cioè il Capo Centro di Firenze Mannucci Benincasa... . Il Mannucci Benincasa, comunque, ebbe con me pochi incontri. So invece che veniva a Bologna col capitano Pandolfi, che si occupava delle indagini" (v. esame Ferretti Giorgio, GI di Bologna 02.12.91).

Ciliberti: "Chiestomi dell'attività del Mannucci Benincasa in merito alla strage del 2 agosto 80, spontaneamente dico che era un mistero un po'per tutti noi cosa venisse a fare il Mannucci qui a Bologna" (v. esame Ciliberti Giovanni, GI di Bologna 08.05.92).

Sui rapporti tra Mannucci Benincasa ed il Capo Centro di Bologna Notarnicola racconta una singolare circostanza: "Sicuramente nel giugno 81 il Mannucci Benincasa mi telefonò rappresentandomi il desiderio dei magistrati bolognesi inquirenti sulla strage di incontrarmi presso il Servizio allo scopo di sollecitare anche una collaborazione nelle indagini. Mi precisava inoltre che i giudici postulavano una esclusione dal rapporto del capo Centro di Bologna, dr. Ferretti, nei confronti del quale nutrivano delle riserve. A mia domanda mi precisò che tale richieste gli erano state avanzate dal capitano dei CC. Pandolfi in servizio a Bologna. Non ebbi alcuna reazione a telefono verso il Mannucci per non svelare le mie considerazioni negative su tale esclusione... . All'arrivo dei giudici rappresentai, in presenza del generale Mei, che, a mio avviso, le riserve sul Capo Centro di Bologna erano infondate, che rispondevo delle sue capacità e della sua lealtà e che lo ritenevo indispensabile per ogni forma di collaborazione. Ciò in quanto avevo la certezza che i vertici del Servizio avessero ripetutamente tentato di depistare le indagini e di intralciare l'operato dei giudici e che eventuali ombre sul Capo Centro di Bologna erano state prospettate volutamente per impedire agli organi istituzionali competenti la dovuta collaborazione e i contatti con quei giudici" (v. esame Notarnicola Pasquale, GI 24.03.93).

Nel corso dell'inchiesta il capitano Pandolfi dell'Arma dei CC. di Bologna che collaborava con il giudice Gentile alle indagini sulla strage alla stazione ferroviaria - che aveva conosciuto in precedenza il Mannucci Benincasa - presentava il "capitano Manfredi", nome di copertura del Capo Centro di Firenze, al giudice Gentile. A questo incontro ne seguiranno altri, ai quali parteciperanno anche i giornalisti Pamparana e Giovine.

Il GI di Bologna nella già citata sentenza scrive che Mannucci Benincasa, nell'attività di orientamento dell'operato dei giudici istruttori, ha avuto come suo inconsapevole strumento il capitano Pandolfi. Basti pensare, a tal proposito, che a seguito dell'invio dell'anonimo al GI di Bologna, quest'ultimo incaricava delle indagini il capitano Pandolfi che, per la stesura del relativo rapporto, si avvalse di alcune notizie fornitegli dal Mannucci. A ciò si aggiunga che in un memoriale redatto dal giudice Gentile e consegnato a Pamparana, ed esibito da quest'ultimo nel corso del dibattimento presso il Tribunale di Milano - originato a seguito della querela presentata dai giudici Marino e Persico nei confronti di Pamparana e Giovine - si legge: "il GI nicchiò per un bel tempo alle sollecitazioni di Manfredi che indicava in Gelli e nella sua consorteria la chiave di ogni avvenimento di qualsiasi specie in Italia ... egli si mosse solo quando ricevette un anonimo che parlava diffusamente di Gelli indicandolo in sostanza nei termini riferiti da Manfredi". Di interesse anche le considerazioni espresse dal giudice Persico in una missiva indirizzata al PM di Roma datata "Modena, 24 ottobre 1984": "durante la fase istruttoria formale della strage si svolsero in Bologna, in vari luoghi, tra cui caserme dell'Arma (ma, ritengo, all'insaputa dei comandi di Gruppo e di Legione) alcune riunioni cui parteciparono varie persone, tra cui pubblici ufficiali di vario titolo, uno tra i legali interessati al collegio di parte civile, nonché un funzionario del S.I.S.MI, della cui reale esistenza e qualifica (benchè indicato come un sedicente "capitano M" o, pare, "Manfredi") non sembra doversi dubitare perchè, in dette occasioni, accreditato, a dispetto della cd. "copertura" e del segreto d'ufficio, da un ufficiale della speciale sezione anticrimine dell'Arma (assunto come teste nel detto giudizio)...se è fondata o verosimile l'ipotesi di una deliberata opera di deviazione attuata dal S.I.S.MI (il che sembra essere uno degli oggetti di indagine di V.S.) la missione a Bologna di un agente di detto Servizio con rango e grado di ufficiale, disposto anche a "scoprirsi", non poteva avere come "obiettivo ultimo" la persona di un sostituto, ma la "deviazione" o, come si dice "intossicazione", della indagine intera, né può pensarsi che un capitano decidesse autonomamente di accedere in Bologna, a così significative riunioni, per una sua incomprensibile idea ed iniziativa personale. Egli evidentemente operava in esecuzione di direttive del Servizio per uno scopo più ampio ed importante della estromissione di un singolo PM (si promettevano prove false, ma si divulgavano documenti "reali", acquisiti al processo, seppur forse non veritieri)".

Pamparana nel corso della deposizione a questo GI in data 02.01.91 dichiarava: di essere stato contattato, a pochissimi giorni di distanza dalla strage di Bologna, da un tizio bene informato sul terrorismo italiano. L'incontro con questo personaggio era avvenuto all'isola d'Elba. A quest'incontro altri ne erano seguiti, alcuni a Genova ed altri a Ginevra ed a Zurigo. La fonte, da loro denominata "Nostradamus", sarebbe stata un colonnello del Mossad, il servizio segreto israeliano, di stanza a Vienna, di nome Peter Mayners, con passaporto austriaco. Questa circostanza sarebbe stata confermata al giudice Gentile dal generale Dalla Chiesa e dal colonnello Giovannone. Questa fonte metteva in relazione la vicenda di Bologna con quella di Ustica; parlava anche di un "radiocomando o di qualche cosa che aveva a che fare con i radiocomandi". Pamparana aggiungeva che il traffico di armi e di droga a Pantelleria era una notizia datagli dalla fonte; questi "...mi porta ... una carta ... in questi luoghi ameni ... in realtà si fa commercio di traffico di droga e armi droga in cambio di armi, gli italiani danno le armi ai libici..."; che la fonte relativa allo stato delle indagini di Bologna era il capitano Pandolfi dei Carabinieri di Bologna; di aver partecipato ad alcuni incontri ai quali erano presenti il giudice Gentile, il capitano Pandolfi, Giovine e tale "capitano Manfredi" che si mostrava molto interessato alla storia del traffico di armi di Pantelleria; di collegare la figura di "Manfredi" con quella del Capo Centro del S.I.S.MI di Firenze affermando che "io a differenza di Giovine, ho un sospetto in questo senso, siccome dunque, il dottor Gentile ci presentò Manfredi come un esperto di P2, cioè di un uomo che istituzionalmente si era occupato di massoneria e della loggia P2, quindi un personaggio interessante per noi per verificare le sue reazioni, più che per avere delle informazioni, per capire se noi eravamo nel giusto o in errore a distanza di dieci anni io non sono più convinto che il cosiddetto Manfredi fosse una fonte buona per noi e per il giudice, temo che fosse proprio quello che era stato messo lì per capire fino a che punto quel giudice era andato dentro a certe cose ... "; di sostenere che il giudice Gentile "scrisse un lungo memoriale che consegnò a me ed a Giovine ... in cui raccontava tutto, anche i depistaggi".

Va rilevato che nel memoriale del giudice Gentile di cui si é già fatto cenno, in un paragrafo intitolato "Attentato al Papa - Pantelleria - Aereo di Ustica - traffico di droga - sequestro minori" si legge: "nessuna possibilità di aggancio concreto se non le confidenze di Nostradamus, rimaste purtroppo inerti perché non immediatamente sfruttabili dal magistrato e mai seriamente recepite, malgrado le sollecitazioni, al solito S.I.S.MI".

Deve essere anche rilevato che le indagini non hanno consentito di accertare l'esistenza o meno sia di Mayners che di "Nostradamus". Va però osservato che il giudice Gentile aveva dato incarico al S.I.S.MI ed all'Arma dei Carabinieri di identificare il Meyners. Il generale Dalla Chiesa con missiva del 13.12.81 comunicava che "fonte confidenziale attendibile ha segnalato l'esistenza in Vienna di persona dal nome di Peters Meines nato in quella città il 21 giugno 36. Richieste notizie sul suo conto, attraverso canali non ufficiali, ma che normalmente forniscono tempestivi ed esaurienti riscontri, si é ottenuta, invece, una risposta nettamente negativa, ma espressa in termini tali da far presumere che il soggetto sia "individuo" dedito ad attività particolarmente "interessanti""; il S.I.S.MI, invece, con nota del 24.02.92 informava che non era emerso "nessun riscontro documentale a nome del colonnello Peter Meyners nè dello pseudonimo "Nostradamus"".

Pamparana ritornava in argomento nel corso di altra deposizione in data 29.09.92: "La vicenda Tricomi nasce nel periodo in cui mi occupavo della strage di Bologna; ne venni a conoscenza dal capitano Pandolfi, all'epoca in servizio presso il Reparto di Bologna. ... Pandolfi me ne parlò in un incontro a Bologna. Non ricordo chi fosse presente oltre noi due all'incontro. Giovine non credo ci fosse; non mi sembra che ci fosse Mannucci Benincasa. L'incontro avvenne nella caserma CC., ove Pandolfi prestava servizio e si colloca nella primavera 81 ad un anno circa dal disastro di Ustica, sicuramente dopo la pubblicazione delle liste P2 e prima della uscita del secondo articolo ... Pandolfi affermava che poteva essere interessante inquadrare quel disastro in uno scenario di presenza a bordo dell'aereo Itavia del Magistrato ... Sono convinto di aver parlato con Mannucci della vicenda Tricomi. Egli era considerato lo storico e quindi era impossibile che non lo consultassimo. Gli incontri sono cominciati nel giugno , quando c'era già un rapporto di frequentazione e di conseguenza con Gentile e con Pandolfi. Gli incontri furono tre o al massimo quattro e si collocano tra giugno e settembre di quell'81 ... Mannucci sembrava essere a conoscenza di tutto. Appariva di livello culturale alto, intelligente, affabile. Allora sapevo che si trattava di un colonnello dei CC. di Firenze. Così ce lo presentò Gentile, aggiungendo che era persona che conosceva a fondo la P2; i legami tra la P2 ed il terrorismo toscano, che era vicino e stimato da Dalla Chiesa. Gentile lo chiamava lo "storico". Solo in un momento successivo, alla lettura degli atti della Commissione P2, seppi che si trattava del capo Centro S.I.S.MI di Firenze. Gentile lo aveva presentato come colonnello Manfredi. I miei primi dubbi emersero alla lettura della deposizione Viezzer dinanzi alla P2... Non ricordo i commenti di Mannucci sull'argomento Tricomi. Mannucci appariva sempre molto riservato. Il servizio pubblicato sul numero di giugno-luglio 81 era già in preparazione prima che venissero a conoscenza della vicenda Tricomi ... Non so dire perchè non menzionammo il nome del giudice né la sede del suo ufficio. Non ricordavo nemmeno che non lo avessimo scritto. Forse volevamo seguire una linea "soft"; oggi lo avremmo fatto. Escludo che ci sia stato intervento di qualcuno perchè non pubblicassimo questi particolari ... . Confermo quanto ho dichiarato al GI di Bologna sui rapporti con Mannucci Benincasa ... . Gli incontri furono sicuramente tre. Forse ce ne fu un quarto. Al primo ed al terzo ci fu anche l'avv. Guerini. A tutti furono sempre presenti Gentile e Pandolfi ... . Negli incontri si parlò principalmente di P2. Parlammo ovviamente anche del sequestro di Castiglion Fibocchi. Mannucci sosteneva che le liste erano "nulla" cioè non corrispondenti alla reale situazione degli iscritti; era la lista che "doveva esser fatta trovare". Parlammo ovviamente di Gelli, ma non ricordo se parlammo della sua attività nel periodo della guerra di liberazione. Parlammo anche dei traffici libici di Pantelleria. Mannucci parlava di evidenti contatti; ci spiegava che all'interno dei servizi vi era una spaccatura tra filo-libici e filo-israeliani... . A conoscenza dell'imminente pubblicazione degli articoli concernenti quanto si era appreso negli incontri di cui ho parlato, erano Gentile, Pandolfi, il colonnello Manfredi e vari avvocati che seguivano le indagini ..." (v. esame Pamparana Andrea, GI 29.09.92).

Di interesse anche la deposizione che Pamparana rendeva al GI di Bologna in data 10.06.92, così riportata nella citata sentenza di quello stesso GI: "Chiestomi quali siano stati i rapporti col sedicente capitano Manfredi, ricordo di averlo conosciuto nella primavera del 1981. Il giudice Gentile col quale ero in buoni rapporti mi telefonò e mi disse che c'era una persona interessante - appunto il capitano Manfredi - che voleva farmi conoscere. Il capitano Pandolfi mi venne poi a trovare a Milano e mi disse che questo Manfredi era una sorta di storico della P2 collegato ai Servizi Segreti, anzi appartenente ai Servizi Segreti ... . Il primo incontro avvenne in un ristorante di Bologna. Oltre a me e a Manfredi c'era Giovine, Gentile, Pandolfi ed il Maresciallo Madonia, ora deceduto. Il Manfredi si dimostrò un conoscitore della P2 e naturalmente per noi di "Critica Sociale" era un personaggio interessante ... . Col Manfredi ebbi soltanto tre incontri e soltanto durante il processo di Milano il dr. Gentile mi disse che il Manfredi era in realtà il capocentro S.I.S.MI di Firenze ... . Nel luglio 81 vi fu invece una riunione presso l'abitazione del capitano Pandolfi cui presi parte assieme al Giovine, presenti il dr. Gentile, l'avv. Guerini ed il capitano Pandolfi stesso. In tale circostanza il Pandolfi ed il Gentile sostenevano che il capitano Manfredi aveva detto loro che il dr. Persico era legato ai Servizi. Pandolfi e Gentile avevano assicurato che sarebbero stati in grado di fornire la prova di queste affermazioni, prova che attendevano di ricevere da Manfredi. Io ero in attesa di tale prova ed era già pronta una bozza di articolo in cui si diceva espressamente che Persico era nel libro paga dei Servizi. Poiché la prova promessa non arrivava, sfumai il testo dell'articolo, ma la bozza originaria finì nelle mani di un giornalista dell'Espresso, tale Buffa - così almeno mi pare di ricordare - che la mostrò al Persico, il quale propose querela sulla base di quel testo. Tale testo, inoltre venne pubblicato da Lotta Continua. Non ho mai saputo chi abbia diffuso quella bozza, ma suppongo che sia stato qualcuno all'interno di "Critica Sociale". Spontaneamente dico che sospetto di essere stato utilizzato per delle manovre, anzi ne sono certo, almeno per quella parte degli articoli che ora consideriamo. "Critica Sociale" era una rivista con una particolare connotazione, aveva una tiratura di circa tremila copie, ma aveva una notevole risonanza e i suoi articoli venivano ripresi da altri organi di stampa. Inoltre si era già occupata della P2 con la pubblicazione della "Storia di O.", cioè la storia di Ortolani. Si prestava perciò a divenire strumento di manovre, soprattutto nel 1981 allorchè era esploso lo scandalo della P2. Allora naturalmente non sapevo che la stessa P2, tramite Tassan Din, aveva finanziato "Critica Sociale" con una somma di alcune centinaia di milioni.

Come ho già detto ebbi solo tre incontri col Manfredi. Del primo ho già parlato. Il secondo ebbe luogo circa un mese dopo presso il Novotel di Castenaso ed il terzo presso l'abitazione del capitano Pandolfi in una caserma di Bologna. Erano presenti sempre le stesse persone, cioè io, il Giovine, il Manfredi, il Gentile ed il Pandolfi ed al primo ed al terzo incontro partecipò anche l'avv. Guerini ... . Il capitano Manfredi io allora credevo fosse uno storico della P2. Dico storico nel senso di grande conoscitore degli aspetti oscuri della P2. Ricordo che ci parlava di poteri occulti, di rapporti fra la P2 e Andreotti, di importanti personaggi piduisti toscani fra i quali Giunchiglia, indicato come capo della P2 in Toscana, l'amm. Forgione, il colonnello Poggiolini, l'avv. Federici, il Von Berger, personaggio conosciuto dal Giovine e che secondo il Manfredi era dedito al traffico di armi. Ci parlava inoltre della P2 come contesto in cui sarebbe maturata la strage di Bologna ... . Manfredi, negli incontri che abbiamo avuto parlava di Federici come un importante avvocato piduista fiorentino che teneva i collegamenti con importanti personaggi" (v. esame Pamparana Andrea, GI Bologna 10.06.92).

Giovine, Direttore di "Critica Sociale", rispetto al collega Pamparana, risulta avere avuto un ruolo marginale, sia perché della vicenda se ne occupò in prima persona Pamparana, sia perché la fonte "Nostradamus-Mayners" era entrata in contatto soltanto con quest'ultimo. Giovine rendeva testimonianza in data 17.12.90 dichiarando che "le notizie concernenti la strage di Bologna traggono origine da diverse fonti della stessa città. A parte alcuni magistrati e alcuni della polizia giudiziaria, c'è stato un certo colonnello "Manfredi" - ma questo appariva un nome convenzionale o di copertura - bene accreditato dal giudice istruttore Gentile. Con questo colonnello io e Pamparana insieme abbiamo avuto un solo incontro. Ciò avvenne a Bologna in un ristorante in una traversa di via Indipendenza, che mi sembra avesse un nome marinaresco, qualche tempo prima del giugno 81 ... . Per quanto concerne le notizie sul MiG di Castelsilano e le operazioni di Pantelleria esse sono di fonte da me sempre considerata "israeliana" per la precisione della documentazione, perché gli israeliani in quel momento erano fortemente interessati a tener d'occhio gli armamenti alla Libia". (v. esame Giovine Umberto, GI 17.12.90).

Pandolfi sentito in data 12.01.93 dichiarava: "Conosco il giudice Tricomi; lo conosco solo di nome, ma non l'ho mai incontrato di persona. So che é GI a Firenze. Ho saputo del fatto che avrebbe dovuto prendere l'aereo di Ustica, ma che poi, non so per quale motivo, non prese. Di questa vicenda ho saputo da Mannucci, ma non ricordo in quale contesto; probabilmente ero già a Bologna. Ne parlammo in una sola occasione. Forse fu a seguito di un rapporto informativo che io avevo trasmesso ai giudici di Bologna su un presunto traffico d'armi e droga, che aveva il suo punto di scambio sull'isola di Pantelleria. Probabilmente ne parlai a Mannucci, perchè la fonte, che non era direttamente in contatto con me, bensì con un giornalista, tal Pamparana di "Critica Sociale", si spacciava, sotto il falso nome di Peter Mayners, austriaco, per agente del Mossad ... . Ricevetti dal giudice Gentile l'ordine di andare a Milano e di contattare i due giornalisti di "Critica Sociale". Ciò avveniva ai primi di gennaio 81. Gentile mi mostrò anche i numeri di "Critica Sociale", credo che fossero dell'80 - in cui si parlava di argomenti dei quali ci stavamo interessando. Ho avuto tre o quattro incontri con Pamparana ... . Ho letto il seguito del "Grande Labirinto" apparso sul numero di luglio 81. Escludo di averne conosciuto il contenuto prima della pubblicazione. Non credo di averlo commentato con Mannucci. Ne parlai con Gentile, perchè egli mi mostrava gli articoli di "Critica Sociale" e perchè in quel tempo era la pista che stavamo seguendo ... . Avevo notato che sull'articolo non si faceva menzione del nome del giudice; ma la cosa non mi ha colpito, né mi sono mai chiesto per quale ragione avevano omesso di menzionarlo ... . La mia fonte delle notizie relative al traffico d'armi e droga a Pantelleria è solo Pamparana ... . Fui io a prendere l'iniziativa di contattare Mannucci e poi di presentarlo a Gentile. Io contattai Mannucci sia per Pantelleria, cioè per identificare Peter Mayners, sia per identificare un personaggio indicatomi da Ciolini come importante per le indagini sulla strage ...". (v. esame Pandolfi Paolo, GI 12.01.93).

Relativamente agli incontri dichiarati da Pamparana, Pandolfi dichiarava al GI di Bologna in data 22.07.92 quanto segue: "Il Mannucci l'ho incontrato a Bologna un paio di volte per ragioni di servizio ed un altro paio di volte passò a trovarmi mentre si spostava dal Veneto, dove aveva una casa, verso Firenze. Non ricordo di aver pranzato con lui assieme a Pamparana, Giovine ed altri. Prendo atto che ciò é affermato da Pamparana e può benissimo essere. Escludo invece che nel luglio dell'81 si sia svolta una riunione presso la mia abitazione, presenti i giornalisti Giovine e Pamparana, l'avv. Guerini e il dr. Gentile. E' possibile che un incontro con dette persone sia avvenuto nel mio ufficio. Escludo comunque di aver mai insinuato che il dr. Persico fosse legato ai Servizi Segreti. Escludo che nel mio ufficio il Mannucci abbia incontrato le suddette persone. Prendo atto che vi sono dichiarazioni in senso contrario rese dal Pamparana. Non so fornire una spiegazione di tali dichiarazioni che, ripeto, non corrispondono alla verità...".

Da rilevare, infine, che parte dei contenuti dell'articolo "Il Grande Labirinto" di Andrea Pamparana saranno pressochè identici a quelli che il capitano Pandolfi scriverà in un rapporto al giudice Gentile datato 2 luglio 81 concernente informazioni sul conto di Aldo Semerari e i viaggi che questi avrebbe effettuato in Libia, sulla P2, e sul traffico di armi e droga con i libici a Pantelleria. In proposito il capitano Pandolfi riferiva in data 1° giugno 83 al GI di Palermo: "Nell'ampio panorama di criminalità internazionale emerso nel corso delle indagini della strage di Bologna, ho avuto modo di recepire in via confidenziale notizie su un traffico internazionale di stupefacenti e di armi, cui era interessata la Sicilia e, in particolare, Pantelleria. Preciso che tale notizie mi sono state fornite dal giornalista Andrea Pamparana, del mensile "Critica Sociale" ... . Il Pamparana mi era stato segnalato dal dott. Gentile ... . Presi contatto con il Pamparana e, nel corso dei nostri incontri, quest'ultimo mi ha fornito notizie che ho riassunto nel rapporto n. 3654/19 del 2.07.81".

Una conferma degli incontri si rileva anche dagli atti del procedimento penale celebrato innanzi al Tribunale di Milano nei confronti di Pamparana e Giovine. Pamparana dichiarava, in sostanza, quanto già evidenziato sopra; meritano pertanto di essere riportate le deposizioni sui punti d'interesse rese dal capitano Pandolfi e dal giudice Gentile.

Il capitano Pandolfi dichiarava che "effettivamente mi sono incontrato col Pamparana e Gentile nella caserma dei CC e mi pare che in tale occasione Gentile presentò Manfredi a Pamparana. Il Manfredi è un colonnello del Centro di Firenze ... . Sono stato io che ho presentato a Gentile il Manfredi perchè era a conoscenza dei fatti della Toscana...".

Il giudice Gentile dichiarava "ricordo di aver visto il Pamparana nell'abitazione del capitano Pandolfi ... . Il Manfredi mi fu presentato come agente dei servizi segreti dal Pandolfi; trattandosi di un rapporto ufficioso non conoscevo la sua identità. Che io ricordi incontrai il Manfredi in un locale ... può darsi che si occupavano di problemi comuni. Ricordo che abbiamo fatto colazione insieme, non ricordo se lo abbia incontrato in caserma" (v. rapporto D.C.P.P. nr. 224/14343/B3 del 17.10.91).

Nel luglio 83 il Centro CS di Bologna segnalava alla 1ª Divisione che aveva avuto inizio presso il tribunale di Milano un procedimento penale contro i giornalisti di "Critica Sociale", Pamparana e Giovine, e che nel corso dell'udienza il primo avrebbe affermato che le notizie riportate nell'articolo gli erano state riferite anche da un funzionario dei Servizi Segreti conosciuto con nome di "Manfredi". La 1ª Divisione trasmetteva a tutti i Centri CS un messaggio datato 9 agosto 83 con richiesta di identificazione del soggetto.

Il colonnello Mannucci Benincasa, in data 17.09.83 nel corso di un colloquio con il Vice Direttore della Divisione, colonnello Lombardo - in assenza del titolare - spiegava di aver partecipato effettivamente - nel giugno 81 - ad un incontro conviviale, su invito del dott. Gentile e del capitano CC. Pandolfi, al quale erano presenti i due giornalisti. A costoro fu presentato dallo stesso Gentile con il nome di "Manfredi". Escludeva che, nell'occasione, avesse potuto fornire le notizie oggetto della querela presentata dai magistrati. Analoghe risposte forniva al Direttore della 1ª Divisione con foglio del 23.09.83 in cui precisava che l'incontro era avvenuto nella prima decade di giugno 1981.

In un documento dal titolo "Memoria vicenda critica sociale - magistratura bolognese", sequestrato nel corso della perquisizione domiciliare disposta dall'AG di Bologna nei confronti di Mannucci Benincasa, si rileva che l'incontro conviviale avvenne il 9 giugno 81, cioè lo stesso giorno in cui il giornalista Pamparana risulta essere stato escusso a testimone dal giudice Gentile.

Il primo a non dare alcun peso alla ipotesi dell'attentato al giudice Tricomi é lo stesso magistrato. Infatti nel corso della dichiarazione resa a questo Ufficio in data 21.12.90 precisava: "Io esclusi tale ipotesi perchè le mie abitudini erano tali da consentire un facile attentato in qualsiasi ora della giornata; facevo spesso a meno della scorta; ero piuttosto abitudinario nei movimenti; ricordo che tra l'altro facevo una passeggiata notturna tutte le sere con il mio cane ... . Quando Mannucci Benincasa mi parlò della cosa, non rimasi assolutamente turbato, perchè la ipotesi da lui prospettata mi sembrò priva di logica. Presi in giro il colonnello dicendogli "ma che corbellerie sono queste" o comunque una frase di analogo contenuto. Lo stesso Mannucci mi sembrò assolutamente non convinto della ipotesi ... . Al tempo della strage di Ustica io esercitavo le funzioni di giudice istruttore presso il Tribunale di Firenze e seguivo l'istruttoria del processo a carico dell'organizzazione "Prima Linea". Nel corso di un'intercettazione disposta in questo processo, in una telefonata dell'aprile 79, si parlava di oggetti che "dovevano essere portati giù". Si accertò in prosieguo che quelle dichiarazioni potevano essere messe in relazione ad armi che furono poi scoperte in un covo di Catania. Si accertò altresì che quattro membri di "Prima Linea" avevano raggiunto sempre in quel torno di tempo, subito dopo la Pasqua dell'80, la Sicilia, due fermandosi a Palermo e gli altri due raggiungendo l'isola di Pantelleria. Si accertò anche per effetto di una perquisizione a carico di persona soprannominata "il coniglio", che vi era una corrispondenza con ragazze del palermitano. Devo anche aggiungere che l'inchiesta aveva accertato che alcuni membri di "Prima Linea", tra cui Marco Donat Cattin, avevano affittato nell'estate precedente dei dammusi a Pantelleria. In uno dei rapporti infine si accennava ad acquisti di terreni da parte di Gheddafi nella medesima isola. Nella vicenda devo ricordare si era verificata una "stranezza" in occasione di una perquisizione a Palermo. In effetti all'atto dell'inizio di un perquisizione da me disposta gli ufficiali di Polizia Giudiziaria trovarono nel luogo della perquisizione l'avvocato difensore, come mi fu riferito dagli stessi ufficiali operanti. Proprio per tutte queste ragioni avevo deciso di procedere di persona all'attività istruttoria da compiersi in Sicilia. A quell'epoca e in questi affari collaborava con me il collega giudice istruttore Campo. Insieme avevamo stabilito di dividerci alcuni atti. Avremmo dovuto compiere dapprima un interrogatorio a Bologna, poi egli avrebbe raggiunto Fossombrone, dove c'era da sentire più imputati, ed io avrei dovuto dirigermi sulla Sicilia. Il collega Campo però improvvisamente si sentì male e io fui costretto a sostituirlo a Fossombrone, soprassedendo alla missione in Sicilia, che poteva essere rinviata.

Io dovevo andare con il maresciallo Mercaldo. Il PM, che era Vigna, non aveva richiesto di partecipare a quell'attività istruttoria. La prenotazione del viaggio era stata fatta dalla Questura di Firenze, così come dalla stessa Questura venne fatta la disdetta. Non so chi materialmente abbia provveduto ad entrambe le operazioni. La disdetta fu fatta la sera prima del viaggio, almeno in tal senso quella sera detti disposizioni. Non era stato fissato alcun atto in Sicilia. Le citazioni le avrei fatte una volta giunto a Palermo. Dovevo sentire alcuni testi. Dovevano essere eseguite delle perquisizioni che però non erano state ancora firmate, e in un momento successivo avrei fatto una sorte di sopralluogo all'isola di Pantelleria. Accertai, dopo aver appreso che l'aereo era caduto, che anche il maresciallo Mercaldo non era partito, proprio perché fortunatamente non avevo firmato i provvedimenti di perquisizione." (v. esame Tricomi Vincenzo, GI 21.12.90).

Il magistrato veniva nuovamente sentito nel 92 e nell'occasione dichiarava: "A proposito dell'incontro che sarebbe avvenuto agli inizi dell'81 con il colonnello del S.I.S.MI di Firenze, posso precisare, dopo averne riparlato a casa con mia moglie, che fui io a dirgli in quell'occasione che avrei dovuto essere uno dei passeggeri del DC9 Itavia. Colloco l'incontro agli inizi dell'81, perchè il Mannucci veniva sempre a farci gli auguri di Natale in coincidenza delle festività, mentre proprio quell'anno non s'era fatto vivo tempestivamente. Era venuto invece qualche tempo dopo. Mi ha ricordato mia moglie che fui io a dire che avrei dovuto viaggiare sull'aereo esploso e che fu il Mannucci, che sembrava non conoscere questo particolare, a parlare di possibile attentato. Al che io risposi di non dire sciocchezze, perchè se avessero voluto farmi fuori, sarebbe bastato un temperino". Il giudice Tricomi precisava inoltre di non aver ricevuto alcuna informazione da Mannucci Benincasa sul fatto che questi avrebbe svolto indagini sulla vicenda. (v. esame Tricomi Vincenzo, GI 28.09.92).

Le dichiarazioni del giudice Tricomi hanno trovato conferma in quelle del maresciallo Mercaldo della Digos di Firenze che nel 1980 collaborava con il magistrato e con lui doveva raggiungere la Sicilia sul medesimo aereo. Mercaldo dichiarava che "il viaggio a Pantelleria fu deciso dal giudice Tricomi qualche tempo prima del 27.06.80, all'incirca quindici-venti giorni prima ... . L'organizzazione del viaggio fu affidata a me, giacché ero il principale collaboratore del GI. Io mi rivolsi per le prenotazioni all'agenzia SAS di Firenze. Dovevamo andare in cinque: il giudice, io, un sottufficiale e due agenti. Non ricordo se feci una prenotazione complessiva, cioè per tutti insieme. Il giudice mi disse che non poteva più venire all'incirca una settimana prima; aggiunse che saremmo dovuti andare da soli e di organizzare in tal senso. In conseguenza, prenotai per maggiore comodità il volo Pisa-Palermo. La prenotazione di Tricomi l'ho disdetta io. Ricordo che tale disdetta fu compiuta almeno una settimana prima del viaggio. Devo dire che il ricordo di tali particolari é molto vago".

Il maresciallo riferiva inoltre che i rapporti concernente le indagini su Pantelleria erano stati da lui stesso consegnati, il 16 luglio 81, al giudice Gentile, che li aveva richiesti; e che in quell'occasione il magistrato - così come si rileva dalla relazione redatta dal sottufficiale per il proprio dirigente - gli aveva mostrato "un appunto riservatissimo stilato dai Servizi Segreti" in cui venivano descritte le modalità del traffico di armi e droga a Pantelleria in cambio di informazioni militari ed industriali, riferite da una fonte fiduciaria indicata con una "X"; traffico che avrebbe avuto, quale destinatario, il figlio di Licio Gelli, Raffaello. La relazione continuava riferendo altre notizie contenute nell'appunto relative ai viaggi di Semerari in Libia, ai contatti dell'estremista di destra Claudio Mutti con i libici ed infine "che il dott. Gentile riferiva che le Organizzazioni Eversive interessate al traffico di armi sopra descritte, probabilmente sono collegate alla caduta dell'aereo DC9 inabissatosi a Ustica, poichè in detto aereo doveva viaggiare il giudice istruttore del tribunale di Firenze dott. V. Tricomi con collaboratori di quest'ufficio, diretti a Pantelleria per concludere le indagini sull'organizzazione "Prima Linea" ... . Riferiva altresì che alla fine del mese, secondo informazioni in suo possesso, una rivista pubblicherà il contenuto dell'appunto riservatissimo visionato dallo scrivente e ciò in occasione dell'anniversario della strage di Bologna...". (v. esame Mercaldo Domenico, GI 24.07.92).

In questa stessa deposizione il maresciallo riconosceva l'appunto consegnato da Pamparana al giudice Gentile a corredo della deposizione resa il 9 giugno 81, in quello che gli venne esibito dallo stesso magistrato in occasione della riunione del 16.07.81.

Da quanto sopra si desume la seguente cronologia: l'appunto di Pamparana contenente riferimenti al traffico di Pantelleria è stato consegnato al giudice Gentile a corredo della deposizione resa dal giornalista il 9.06.81; il capitano Pandolfi ha descritto il traffico di Pantelleria nel rapporto del 2 luglio 81; il 16.07.81 il giudice Gentile ha mostrato il medesimo appunto di Pamparana al maresciallo Mercaldo preannunciandogli che le vicende contenute nell'appunto sarebbero state pubblicate alla fine del mese di luglio in un periodico; il 18.07.81 Mannucci Benincasa ha trasmesso il rapporto sulla vicenda Tricomi alla Centrale; il 20.07.81 l'ADN Kronos ha lanciato le anticipazioni sull'articolo di "Critica Sociale"; il 21.07.81 il giudice Gentile ha ordinato e presenziato alla perquisizione alla redazione di "Critica Sociale"; il 23.7.81 la 1ª Divisione del S.I.S.MI ha ricevuto l'informativa del Centro CS di Firenze.

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