17. Le dichiarazioni dei vertici del S.I.S.MI.

Le testimonianze che nel tempo hanno reso i responsabili, ai vari livelli, del Servizio, oltre a portare alla luce contrasti interni, di cui peraltro si é già avuto modo di far cenno, poco o nulla hanno contribuito alla individuazione delle reali motivazioni che mossero il Servizio ad attivarsi dopo l'evento.

In primo luogo é stato sentito il generale Mei che, al tempo dell'evento, ricopriva l'incarico di Vice Direttore del S.I.S.MI. Costui si limita a riferire che egli era soltanto il Direttore Logistico del Servizio, e che firmò, in assenza del Direttore, solo la visione dell'appunto datato 6 agosto 80. Nulla pertanto poteva riferire sui motivi che portarono il S.I.S.MI ad acquisire i tracciamenti radar di Bari. Aggiunge che dalla visione del carteggio del S.I.S.MI relativo "appare sempre la grossa preoccupazione di sottolineare che non si può parlare di collisione in volo". Chiestogli il motivo di tali accertamenti risponde: "Si vede che al Capo del Servizio qualcuno aveva chiesto informazioni circa questa possibilità". Infine aggiunge: "Notarnicola - che era il depositario di questi documenti e che li ha depositati in archivio - trattava questi problemi direttamente con il Direttore del Servizio" (v. audizione Mei Abelardo, Commissione Stragi 14.12.89). Dichiarazioni che confermava anche a quest'Ufficio (v. esame Mei Abelardo, GI 14.02.90).

Il generale Mei tende a prendere le distanze da questa vicenda premettendo di essere stato soltanto il Direttore del Logistico e che queste attività venivano svolte direttamente da Santovito con Notarnicola. Deve però essere rilevato che Mei, nonostante non avesse incarichi operativi, ebbe un ruolo di primo piano nella vicenda Cirillo. I rapporti con Notarnicola, tra l'altro, non dovevano esser "buoni", tantoché nel corso della perquisizione a Notarnicola é stata rinvenuta una microcassetta concernente un colloquio avvenuto tra i due a richiesta di Mei e registrato in forma occulta da Notarnicola. Il colloquio riguardava, in particolare, l'inchiesta sul sequestro Cirillo.

Nel 90 viene raccolta per la prima volta la testimonianza dell'ammiraglio Martini. Questi era stato già ascoltato dalla Commissione Stragi in data 27.06.89. Nel corso di questa audizione si era fatto più volte riferimento alla Francia; in particolare alle due portaerei, Clemenceau e Foch, e ad un non meglio indicato contatto tra Santovito e De Marenches, all'indomani della sciagura. Veniva nuovamente fatto riferimento alla Francia in un passaggio in seduta segreta che, però, era anonimamente riportato nei dettagli alla stampa. L'ammiraglio aveva ipotizzato che, qualora fosse stata accertata come causa del disastro il lancio di un missile, i responsabili si sarebbero dovuti ricercare tra i francesi e gli americani. Queste affermazioni suscitarono molto clamore nell'opinione pubblica. Ma posero, inoltre interrogativi sulle ragioni di queste affermazioni, che non giungevano da persona di comuni cognizioni ma dal Capo di un Servizio d'informazioni.

Per tali ragioni si provvide a raccogliere la testimonianza di Martini. Questi confermava le dichiarazioni rese in Commissione Stragi, osservando di aver soltanto presunto che nel caso "si volesse privilegiare la tesi del missile, essa presuppone l'esistenza di un caccia dal quale il missile é partito. Esclusi i libici, che a quel che so non avevano autonomia né basi alternative militari prossime alla zona a mia conoscenza ed esclusa la presenza di velivoli italiani, le uniche nazioni ad avere possibilità operative nella zona erano la Francia e gli Stati Uniti". Aggiunge di non avere alcun elemento per affermare se una di queste due potenze fosse coinvolta nell'incidente, osservando che il SIOS Marina aveva comunicato che nessuna unità missilistica era nella zona al momento dell'incidente. (v. esame Martini Fulvio, GI 28.06.90)

Le affermazioni di Martini in relazione alla ipotesi di un coinvolgimento francese nell'accaduto provocano una nota del Servizio francese DGSE. Quest'ultimo infatti trasmette al S.I.S.MI una missiva datata 5 luglio 90 in cui si duole delle dichiarazioni, amplificate dalla stampa, relative ad un supposto coinvolgimento del Paese transalpino e dello stesso DGSE nell'"affaire". Il Direttore del Servizio francese, Silberzahn, premettendo che la campagna di stampa tende a creare un malinteso tra i due Servizi, invita l'ammiraglio Martini a mettere fine alle dicerie.

Martini risponde con missiva del 16 luglio 90. La missiva merita di essere riportata nei passi di maggior rilievo: "Caro prefetto e amico, ... . In ogni caso, affermo che: - nel corso delle audizioni parlamentari non ho mai accusato né Francesi né Americani di alcunché relativo a Ustica; - non ho nessun elemento informativo in merito ad una eventuale responsabilità francese nell'incidente; - non ho alcun elemento circa il presunto colloquio Santovito-De Marenches subito dopo l'incidente e Le sarei grato se Lei mi potesse comunicare se vi risulta qualche cosa; - ho illustrato una "hypothèse de travail" nella prospettiva missile, nella quale ho esaminato tutte le possibilità operative delle aviazioni estere, ivi compresa quella francese. Ovviamente, sotto il profilo "hypothèse de travail" e specificando di non avere nulla di concreto in mano ...".

Va rilevato peraltro che l'ammiraglio Martini, considerazioni negative sui due Paesi, le aveva già espresse nella precedente audizione del 20 giugno 90. Queste, che non erano note in quanto rilasciate in seduta segreta, sono state rinvenute all'interno di una cartella dello Stato Maggiore del S.I.S.MI (cartella 24/1), dal titolo "Visione Signor Direttore", allegata ad un appunto dal titolo "Richieste di informazioni a collegati", nel quale si faceva un punto di situazione sulle richieste, e relative risposte, ad alcuni servizi collegati. Queste attività risalivano al 1986 e al 1989. Le prime su richiesta del Sottosegretario alla PCM, Amato; le seconde su richiesta della Commissione Pratis.

L'ammiraglio, si legge nello stenografico, dichiara testualmente: "Su tre Servizi penso che la risposta potesse essere veritiera ed erano i greci, gli inglesi e gli israeliani. Sulla risposta degli americani e dei francesi, poiché la domanda é stata fatta nel 1986 - quando mi fu chiesto di porre una domanda di questo genere - evidentemente ho fatto la mia riflessione che se i loro Governi avessero avuto dei coinvolgimenti nella faccenda, probabilmente la risposta non sarebbe stata onesta" (v. cartella 20 atti Stato Maggiore S.I.S.MI).

Le asseverazioni di Martini sul Paese transalpino vanno messe in relazione anche con l'appunto datato 17 giugno 87 concernente l'intervista dell'ex premier libico Bakkush, di cui si é già fatto cenno nella seconda parte di questo provvedimento. Nell'appunto la vicenda veniva inquadrata in un tentativo di creare le premesse per una conclusione delle indagini con accertamento della responsabilità libica e lo scagionamento definitivo dei francesi. Ma la Francia era stata richiamata anche nel corso della trasmissione televisiva "Monitor" andata in onda il 26.10.86, nel corso della quale era stato dato notevole risalto ad un messaggio classificato che il generale Santovito avrebbe inviato all'omologo francese, De Marenches, all'indomani della sciagura.

Il S.I.S.MI però ha comunicato che nessun messaggio risulta agli atti del Servizio. In un nota allegata ad un appunto della 3ª Divisione datato 6.11.86, relativo all'analisi della citata trasmissione televisiva, si legge che "nessun accertamento é stato possibile effettuare presso il Centro Trasmissioni, in quanto sia i messaggi che i registri di protocollo dell'epoca sono stati distrutti secondo le norme vigenti. Anche la 1ª Divisione ha dichiarato che in proposito niente risulta nei suoi archivi". E quindi ancora una volta quest'inchiesta si é trovata di fronte alla distruzione di documenti.

Infine il Direttore del Servizio rileva anche di non aver disposto attività collaterali all'Autorità Giudiziaria sulla vicenda (v. esame Martini Fulvio, GI 28.06.90). Deve, invece, osservarsi che il S.I.S.MI, al contrario di quanto sopra affermato, svolse attività tendente a verificare l'eventualità che la causa del disastro potesse essere riconducibile ad una causa interna al velivolo. Ciò é stato possibile accertare sia sulla base della documentazione acquisita dal S.I.S.MI nel 95, che da alcune significative annotazioni rinvenute nell'agenda del generale Fiorito De Falco. Questa attività fu posta in essere nel 1989. Fu effettuata un prova sperimentale presso il poligono di Alghero da personale della 14ª Divisione in collaborazione con la personale della 7ª Divisione (Gladio). Le prove - si legge nell'appunto per il Direttore del Servizio datato 27.06.89 e redatto dalla 14ª Divisione - "sono state effettuate su bombole a pressione d'esercizio, a temperatura ambiente ed in luogo aperto, e la loro esplosione é stata, necessariamente, innescata con una carica esplosiva di modesta entità per simulare una frattura dell'involucro dovuta ad altre cause non conosciute. Le bombe sono esplose, aprendosi quelle d'acciaio e rompendosi in tre pezzi quella d'alluminio. Non si é avuta proiezione di schegge, ma sia gli involucri che le rubinetterie sono stati proiettati a parecchi metri di distanza." Il documento conclude ritenendo indispensabile, al fine di avere ulteriori elementi valutativi, l'effettuazione di una prova a temperatura estremamente bassa (-50°) da effettuare da ditta di fiducia specializzata nel trattamento di gas. Inoltre viene ravvisata anche l'opportunità di effettuare un'ulteriore prova in carlinga per valutare gli effetti dell'esplosione di una bombola.

In calce al documento si leggono due annotazioni. La prima di pugno di Fiorito De Falco "Il momento è delicato: meglio rimandare ed in ogni caso, sconsiglio vivamente il ricorso a ditta, anche se di fiducia". La seconda di pugno dell'ammiraglio Martini: "Per adesso non se ne fa niente - 3/7/89 - Ci attiveremo se richiesti". Più che da una inopportunità dell'iniziativa, sembra che l'iniziativa non sia stata portata avanti dalla poco plausibilità dell'ipotesi stessa. In effetti il fatto che l'esplosione non abbia provocato schegge (cioè l'assenza dell'"effetto brisante") già fornisce una prova, seppur modesta, della scarsa attendibilità della prova stessa. Ovviamente per contrastare le ipotesi che affioravano dall'inchiesta giudiziaria, che erano riconducibili all'ipotesi dell'impatto con il missile, non poteva suggerirsi un'ipotesi che sarebbe caduta ai primi accertamenti tecnici.

Dall'agenda sequestrata a Fiorito De Falco si rilevano più riferimenti all'ipotesi che indica come avanzata da Pinto. Anche se Fiorito De Falco non era molto convinto dall'ipotesi, si attiva e contatta il Capo del SIOS/A, generale Giordo, al quale chiede la possibilità di reperire una carcassa di DC9 per effettuare la prova di scoppio. Fiorito De Falco sulla vicenda riferisce soltanto pochi dettagli. Solo a seguito della contestazione delle proprie annotazioni in agenda, conferma la vicenda, ma tenendo a precisare che non era convinto dell'ipotesi avanzata. Ricordava anche un appunto per il Direttore del Servizio redatto da De Francesco in cui si ravvisava l'opportunità di fare una prova con una carcassa di DC9 (v. interrogatorio Fiorito De Falco Nicola, GI 20.12.96).

Va rilevato che l'ammiraglio Martini nella sua qualità di Direttore del S.I.S.MI aveva negato che il Servizio avesse condotto accertamenti sulla vicenda. Infatti alla domanda di un commissario della Stragi che gli chiedeva se fossero stati condotti esami analitici e valutativi sulla vicenda di Ustica, l'ammiraglio ha risposto negativamente, affermando che vi era in corso un certo numero di inchieste sulla vicenda e pertanto non avrebbe avuto senso l'inserimento di una attivazione ulteriore del S.I.S.MI (v. audizione Martini Fulvio, Commissione Stragi 20.06.90).

Sulla vicenda in particolare l'ammiraglio ha affermato di non ricordare alcunchè. Soltanto a seguito delle contestazioni delle annotazioni in agenda del generale Fiorito De Falco, nel 1989 Capo del 3° Reparto, ha dichiarato di ricordare che costui gli aveva riferito che era notorio che le bombole da sub venissero trasportate negli aerei di linea, anche piene, e ciò in contrasto con le norme di aeronavigazione. Ha ricordato anche che Fiorito De Falco aveva aggiunto che a suo parere questa non poteva essere considerata una delle cause del disastro. Preso atto che sempre nell'agenda di Fiorito De Falco si rileva che l'ipotesi della bombola sub era stata formulata dal colonnello Pinto, ha dichiarato di non ricordare la circostanza, ma di non poterla escludere, in quanto Pinto proveniva dall'Aeronautica. Nulla riferiva sulla richiesta a De Francesco di effettuare delle prove di scoppio su una carcassa di aereo, osservando però di non poter escludere la circostanza (v. esame Martini Fulvio, GI 29.11.96).

Il colonnello Pinto, nel 1989 in servizio presso la stazione del S.I.S.MI in Marocco, chiamato al Servizio dallo stesso Martini, già suo superiore diretto presso il Segretariato Generale della Difesa, ha confermato la circostanza. Questi ha ricordato che in occasione di un rientro da Rabat, l'ammiraglio Martini gli aveva chiesto cosa ne pensasse della vicenda di Ustica. Pinto, premettendo di escludere una responsabilità dell'AM, rispose che era suo convincimento che la causa del disastro andasse ricercata non nell'esplosione interna o esterna, ma in altre cause. E così formulò l'ipotesi della esplosione causata dalle bombole da sub, in quanto aveva raccolto diverse voci secondo cui era usuale nei viaggi verso la Sicilia trasportare bombole da sub cariche. Pinto, soltanto dopo aver preso atto che era emersa la spedizione all'ammiraglio Martini da Rabat di un plico chiuso concernente la vicenda di Ustica, ammette di aver preparato, di propria iniziativa, una relazione tecnica personale, facendo una comparazione tra le varie ipotesi (v. esame Pinto Enrico, DCPP 02.12.96). Relazione, comunque, che non é stata rinvenuta tra gli atti trasmessi dal Servizio.

La circostanza ha trovato ulteriore conferma anche nella deposizione di De Francesco. Questi nella sua funzione di Direttore della 14ª Divisione Tecnico-Scientifica ha ricordato che l'idea concernente l'ipotesi di una bombola da sub era stata formulata dal colonnello Pinto che ne aveva parlato all'ammiraglio Martini. Quest'ultimo autorizzò un esperimento. De Francesco dopo aver affermato che della prova di scoppio effettuata ad Alghero in collaborazione con la 7ª Divisione, ne era al corrente anche il generale Fiorito De Falco, ha osservato "che non risultò sufficiente a farci capire se poteva essere stata o meno lo scoppio di una bombola da sub a fare precipitare l'aereo. In poche parole non si determinò il cosiddetto "effetto brisante" cioè non si verificò la frammentazione minuta in piccole schegge della bombola". (v. esame Di Francesco Mario, DCPP 10.06.97).

Deve rilevarsi che di tale esperimento nessun riferimento i responsabili del Servizio hanno mai fatto sia nel corso di dichiarazioni rese che in atti ufficiali. La prova ha avuto, pertanto, solo una circuitazione interna. L'unico che di essa venne informato, all'esterno del Servizio, fu il senatore Bosco, Vice Presidente della Commissione Stragi, con missiva riservata del 21 giugno 89. Nessun cenno invece alla prova che effettivamente verrà svolta alcuni giorni dopo la missiva inviata al senatore.

Fiorito De Falco, nella sua qualità di Direttore della 3ª Divisione venne incaricato dall'ammiraglio Martini di analizzare la perizia giudiziaria sulla vicenda di Ustica depositata dal collegio Blasi; la perizia cioè che aveva concluso per l'ipotesi dell'abbattimento ad opera di un missile. In un biglietto allegato alla copia della perizia, l'ammiraglio Martini aveva scritto: "generale Fiorito secondo te convince?".L'ufficiale redige sulla perizia un appunto in cui, dopo aver espresso alcune valutazioni, conclude considerando che non é da escludere la esplosione interna, in quanto "una piccola quantità di esplosivo di cui sono state reperite le tracce, collocata sotto il pavimento del velivolo spiegherebbe in modo altrettanto convincente l'ipotesi dell'esplosione interna". Non manca di collegare l'evento alla strage di Bologna, e conclude che il risultato al quale é pervenuto il collegio peritale "non convince".

Deve ricordarsi da ultimo che di questo elaborato interno giungerà copia finanche al generale Nardini, che in quell'anno svolgeva l'incarico di Consigliere militare del Capo dello Stato, Cossiga.

Dagli atti dello Stato Maggiore del S.I.S.MI, relativi al 1989, si rileva che l'ammiraglio Martini ebbe un colloquio con El Bishari, Capo del Servizio libico, a settembre del 1989, nel corso del quale venne fatto riferimento anche alla vicenda di Ustica. In particolare da un messaggio del Direttore del S.I.S.MI trasmesso a El Bishari il 30.09.89 si rileva la richiesta di chiarimenti in relazione al volo VIP libico da Tripoli, classificato in Italia come "Zombi 56". In risposta alla richiesta di Martini si legge in un messaggio della 2ª Divisione del 15 ottobre successivo che le Autorità libiche avevano nominato una commissione d'inchiesta il cui compito era quello di concorrere con la magistratura italiana nella ricerca delle cause del disastro.

Com'è noto, la commissione giunse in Italia, ampiamente pubblicizzata dalla stampa libica, ma nulla apportò di utile all'inchiesta. Anzi la commissione richiese elementi a conforto della ipotesi che l'evento si fosse verificato a causa del tentativo di eliminare il leader libico.

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