15. Le ulteriori attività del S.I.S.MI.

Come si é avuto già modo di osservare, il S.I.S.MI dopo il vuoto informativo che si può circoscrivere tra la fine del 1980 e il 1986, ritorna ad occuparsi della vicenda di Ustica a settembre dell'86, a seguito della nota del Capo dello Stato, Francesco Cossiga, con la quale veniva sollecitato un intervento del Governo ai fini della scoperta della verità sulle cause del disastro del DC9 dell'Itavia.

Con missiva datata 11 settembre 86 il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, on.le Giuliano Amato, richiede al Direttore del S.I.S.MI, ammiraglio Fulvio Martini "ulteriori accertamenti in merito alla situazione del radar della Difesa Aerea e alla presenza di navi e aerei militari nella zona interessata. Opportuni sono inoltre contatti con le Autorità Americane, per verificare al più presto la possibilità di fotografie al relitto con un minisommergibile per alte profondità". A seguito di questa lettera prende avvio la nuova attività informativa del S.I.S.MI. Il Servizio, dopo aver richiesto ed acquisito informazioni dai Servizi USA, francesi, israeliani e greci e dagli organi militari, risponde al Sottosegretario Amato, con missiva del 30 settembre 86, comunicando che i servizi statunitensi, francesi, israeliani e greci avevano risposto "per le vie brevi di non avere elementi sull'incidente di Ustica" mentre il servizio britannico aveva risposto "di non aver elementi e di escludere ogni possibile coinvolgimento delle forze aeree libiche".

Per effetto sempre della richiesta di Amato la 1ª e la 3ª Divisione elaborano dietro richiesta del Direttore del Servizio e sulla base della documentazione disponibile, un appunto datato 25.09.86, in cui sintetizzano l'attività del Servizio stesso sull'evento e forniscono valutazioni intorno alle ipotesi formulate sulla causa dell'incidente.

La 3ª Divisione-Situazioni, che fino al 1986 non era mai stata interessata all'evento, dopo avere acquisito copia della relazione Luzzatti, della missiva del SIOS/A del 23 dicembre 80 e la situazione aeronavale nel Mediterraneo nel 1980, redige tre appunti.

Il primo, datato 5 settembre 86, contiene alcune considerazioni sulle risultanze alle quali era giunta la commissione Luzzatti. Il documento, dopo aver premesso che la Commissione Luzzatti aveva concluso i suoi lavori formulando come possibile causa del disastro una decompressione esplosiva, e aver ricordato la conseguente campagna giornalistica sull'ipotesi del missile e sulle responsabilità, tra l'altro, dell'AM, conclude stigmatizzando tale comportamento ed adombrando "il sospetto che i continui tentativi di accreditare comunque l'ipotesi che il DC9 sia stato abbattuto da un missile siano volti a coprire finalità che poco hanno a che fare con la ricerca della verità. Non va taciuta l'esistenza di forti interessi economici legati al fallimento dell'Itavia ed all'entità del risarcimento i familiari delle vittime". L'appunto senza alcun commento viene visto e siglato dall'ammiraglio Martini.

Nel secondo appunto, datato anch'esso 5 settembre 86, ma diretto alla 1ª Divisione, viene analizzata la documentazione fornita dallo SMA. Nell'elaborato la conoscenza della vicenda relativa alla telefonata concernente la falsa presenza di Affatigato a bordo dell'aereo, viene fatta risalire addirittura a quanto riportato sul quotidiano "L'Avanti" del 28 agosto 86.

Nel terzo appunto, allegato alla missiva del 25 settembre 86, viene esclusa l'ipotesi del missile, mentre viene attirata l'attenzione sull'ipotesi dell'ordigno esplosivo fatto esplodere deliberatamente o accidentalmente. La prima - continua l'appunto - appare poco probabile in considerazione del fatto che l'aereo era partito con notevole ritardo. A sostegno della seconda, l'esplosione accidentale, vengono collegati due episodi, la falsa rivendicazione su Affatigato e la testimonianza dei genitori di due bambini periti nell'incidente, i quali avrebbero riferito di essere stati avvicinati, all'aeroporto di Bologna, da un uomo claudicante che avrebbe chiesto loro di portare un pacco a Palermo; l'individuo sarebbe stato visto rivolgersi ad altri passeggeri.

Nel documento viene espresso anche il parere "che una terza ipotesi, quella del cedimento strutturale del velivolo, meriti di essere ulteriormente approfondita dagli organi tecnici". Ciò in considerazione della "cronistoria degli eventi di maggior rilievo relativi all'AM DC9 Marche I Tigi NC", tra cui un adagiamento del velivolo sulla coda all'aeroporto di Cagliari nel 77, e di un incidente analogo occorso a un Boeing 747 della JAL nel 78, velivolo poi precipitato nell'85 per rottura del timone principale.

Queste valutazioni, considerazioni ed ipotesi saranno contestate all'ammiraglio Martini, che sosterrà trattarsi di valutazioni con circuitazione soltanto interna del Servizio.

Si deve sottolineare che ancora una volta si tenta di suggerire la pista del cedimento strutturale del velivolo. Causa che, invece, é stata da quasi subito dopo il disastro esclusa e che appare essere ancora coltivata soltanto dagli Stati Maggiori, anche se in forma riservata.

Deve anche rilevarsi che Cincusnaveur, cioè la massima Autorità militare della Marina statunitense in Europa, appare preoccupata dal riaccendersi della vicenda di Ustica. Infatti tra gli atti dello Stato Maggiore del S.I.S.MI si rileva fotocopia di un messaggio Cincusnaveur datato 27 giugno 88, con traduzione del solo messaggio (viene omessa la traduzione degli indirizzi) che merita di essere trascritto integralmente: "1 - Recente ripresa di clamore stampa su perdita DC9 Itavia di 27 giugno 80 presso Ustica habet consigliato riesame tutta documentazione disponibile per confermare che Sesta Flotta non est stata coinvolta in incidente. Oltre at riesame registrazioni interne, sunt stati richiesti elementi disponibili su incidente a Comandi subordinati, Uscinceur, CNO et Servizi Informativi Nazionali e di Marina Militare USA. 2 - Risulta evidente che, all'epoca della scomparsa del DC9 nel Tirreno il 27 giugno 80, ebbe luogo un dettagliato esame dei fatti. Da tutte le registrazioni e i documenti disponibili, ivi compreso programma navigazione Sesta Flotta per il periodo, non emerge alcuna informazione in contrasto con quanto a suo tempo dichiarato a USDAO (Addetto Militare USA) in Roma, che "la Sesta Flotta non aveva navi né aerei che operavano nel mar Tirreno alla data della caduta del DC9". Raccomandasi mantenere tale posizione in risposta a qualsiasi richiesta." (v. atti Stato Maggiore S.I.S.MI - cartella 19).

Gli americani, pertanto, con questa missiva, dopo aver richiamato quanto riferito con il messaggio del 3 luglio 80 (che citano espressamente nella nota), "raccomandano" al Paese alleato di fornire la risposta anzidetta a qualsiasi richiesta. Non può non esser notato che gli USA, se da un lato hanno sempre affermato di non avere avuto nessuna responsabilità nell'evento, dall'altro, invece, appaiono sempre preoccupati dalle riprese periodiche campagne di stampa, in cui si rievocano loro responsabilità nel disastro.

Deve essere anche rilevato che, nonostante il passare degli anni, l'intervento del Servizio rimane quello di verifica della esclusione di più o meno di probabili ipotesi. Nessun indirizzo investigativo viene fornito all'Esecutivo. Significativo al riguardo un appunto interno del S.I.S.MI, rinvenuto in una cartella dello Stato Maggiore del S.I.S.MI. Il documento riassume l'attività del Servizio fino al 1989, e da un'annotazione a matita si legge "Elaborato da DS per memoria del MD" (DS sta per Direttore del Servizio e MD per Ministro della Difesa). Il documento appare significativo per le inesattezze ed anche le falsità che contiene.

Il documento recita: "Nessun segreto di Stato é stato mai opposto, e gli atti del Servizio, quando chiesti sono stati forniti alla Commissione Pratis, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Difesa e all'Autorità Giudiziaria, nonché al Comitato Parlamentare sui Servizi ... Non esiste contraddizione tra l'affermazione del Servizio che non era e non é in possesso di elementi rilevanti in merito alla vicenda di Ustica, e l'invio dei 110 atti, in quanto i 110 atti sono pratiche burocratiche che nulla di nuovo apportano alla conoscenza della dinamica dell'incidente. Pertanto, da parte dell'attuale Direzione del Servizio non vi é alcuna reticenza né alcun tentativo di copertura, ma anzi vi é stata la massima disponibilità a fornire sempre tutto quello che il Comitato ha di volta in volta chiesto."

In effetti nessun segreto risulta essere stato opposto. Però, con i ritardi nella trasmissione dei documenti, con le omissioni nella trasmissione di altri, come si é avuto modo di porre in evidenza nella prima parte di questo capitolo, il Servizio ha di fatto agito come freno od ostacolo all'accertamento della verità. I 110 atti richiamati nell'appunto costituiscono soltanto una minima parte di quanto effettivamente è risultato negli archivi del Servizio a seguito dell'acquisizione in toto della documentazione.

Il documento continua riassumendo l'attività del Servizio nel 1980: informazione al Ministro della Difesa e al Cesis sulle prime risultanze acquisite; l'8 agosto richiesta all'Aeronautica Militare dell'interpretazione ufficiale dei dati di plottaggio dei radar di Licola e Marsala, con successiva informazione al Ministro; informazione all'on.le Mazzola ed allo Stato maggiore della Difesa delle prime valutazioni sull'incidente. Nessun riferimento vien fatto alla informativa del Raggruppamento Centri sulla falsa notizia relativa ad Affatigato, che sarebbe nata dall'ambiente dell'on.le Bisaglia. Come nessun riferimento vien fatto all'attivismo di fine luglio. Nè che gli accertamenti erano diretti soprattutto a sgombrare l'ipotesi della collisione con altro velivolo. Se ne deve dedurre che il Ministro della Difesa dovesse essere tenuto all'oscuro sulle effettive attività poste in essere dal Servizio nel luglio del 1980. L'unica realtà che trova riscontro negli atti del Servizio é quanto si scrive nel secondo alinea della pagina due dell'appunto: "Dal 1980 al 1986, praticamente non succede niente" (v. Atti Stato Maggiore S.I.S.MI - cartella 19).

L'iniziativa del S.I.S.MI di interessare nel 1986 gli americani sulla possibilità di effettuare delle riprese fotografiche con un sommergibile non appare, peraltro, chiara. Che l'iniziativa sia partita proprio dal Direttore del Servizio, lo riferisce in Commissione Stragi il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Amato (v. audizione Giuliano Amato, Commissione Stragi in data 11.07.90).

In particolare se messa in relazione a quanto riferisce lo stesso Martini, nel corso di una audizione in Commissione Stragi sempre nel 90. Nell'occasione il Direttore del Servizio, come si dirà più innanzi, suppone, nel caso fosse stata accertata la ipotesi del missile, che la responsabilità dell'evento dovesse ricadere solo sugli americani o sui francesi.

Ma l'iniziativa deve essere anche messa in relazione con un episodio singolare di cui si é già fatto cenno nella parte relativa all'ultima campagna di recupero. Nel corso delle relative operazioni di recupero condotte dal Collegio peritale sono state rilevate sul fondo marino delle strisce parallele e continue, apparentemente corrispondenti a quelle che vengono lasciate dai mezzi utilizzati per l'esplorazione degli abissi. In una seconda occasione furono rilevati "crateri", cagionati dalla caduta di oggetti pesanti parzialmente insabbiati; oggetti che però non sono stati rinvenuti e non risultano essere stati prelevati nel corso di precedenti campagne di recupero. I crateri sono stati visti nella zona D, cioè nella zona nella quale secondo gli studi effettuati dall'ausiliario Protheroe, si sarebbe potuto trovare il relitto di un altro aereo e dove effettivamente é stato rinvenuto il serbatoio sub-alare di un aereo da guerra.

Non è stato possibile, come già s'è detto, individuare una causa naturale ai crateri ed alle striature parallele. E' da escludere, comunque, che le tracce siano state lasciate dai cingoli dei mezzi impiegati dall'Ifremer nel corso delle precedenti campagne di recupero, sia perché non ve n'è documentazione nelle registrazioni, sia perché quel tratto del fondo marino è al di fuori delle zone nelle quali ebbe luogo quella campagna. Come si deve escludere, per le ragioni che sono state scritte, che quelle tracce siano state lasciate dal Row della Wimpol.

Non sono state individuate, peraltro, operazioni di ricerca diverse da quelle descritte oppure lavori sul fondo marino finalizzati ad altro; per altro verso, operazioni quali quelle ipotizzate richiedono specialissime attrezzature sui fondali e un forte impegno di mezzi di superficie, di cui solo Forze Armate di una grande Potenza possono disporre.

Deve peraltro essere rilevato che questa iniziativa di interessare gli americani appare quantomeno affetta da "ingenuità", tenuto conto che già nel 1986 gli USA più volte erano stati chiamati in causa dai media come non estranei alla vicenda.

L'Addetto Navale statunitense a Roma risponde ufficialmente alla richiesta dell'ammiraglio Martini con missiva del 7 novembre 86, affermando che l'operazione di localizzazione del relitto del DC9 era fattibile, ma costosa e con bassa percentuale (30% circa) di probabilità di successo. Il costo si sarebbe aggirato sui 10 milioni di dollari. Fu proprio il costo dell'operazione a lasciar cadere l'idea dell'ispezione fotografica, così riferisce l'on.le Amato alla Commissione Stragi. Non si può non supporre- anche se su tale ipotesi non è stato possibile accertare di più - che sia il costo dell'operazione, che la scarsa probabilità di successo dell'operazione stessa siano state gonfiate dagli americani per provocare il rifiuto da parte del richiedente.

Va peraltro ricordato che nel corso dell'audizione in Commissione stragi, l'on.le Amato ha affermato che l'Istruttore titolare dell'inchiesta nel corso di un colloquio a palazzo Chigi, gli aveva parlato delle fotografie di resti dell'aereo scattate dagli americani prima del recupero del relitto da parte della società Ifremer. Come già s'è precisato in altra parte di questa motivazione, di qui la querela da parte del giudice Istruttore a carico di Amato e la richiesta di astensione dal processo del querelante. Amato ha confermato le dichiarazioni rese in Commissione Stragi, riferendo che nel corso di una riunione alla Presidenza del Consiglio nel settembre o ottobre del 1986 su questioni concernenti concernente il recupero del relitto del DC9, il magistrato gli aveva parlato "con una formula che non sono in grado di ricordare esattamente, di fotografie che gli Americani gli avrebbero sottoposto ovvero con le quali lo avrebbero pressato o una frase simile" (v. esame Amato Giuliano, GI 18.11.94).

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