5. Le dichiarazioni del generale
Arpino alla Commissione Stragi.

Il generale Arpino, da ultimo sentito dalla Commissione Stragi in data 13 novembre 98, ha riconosciuto con amarezza, dopo essere venuto a conoscenza delle molteplici critiche formulate nella requisitoria a carico di comportamenti di militari dell'AM, che anche a seguito delle sue direttive vi erano state appartenenti alla Forza Armata che non avevano risposto "con la vivacità di memoria e la franchezza che erano state auspicate". A ulteriore conferma, dall'interno dell'Arma e dal suo vertice, di quanto emerso in tanti anni di istruttoria, durante i quali a fronte di migliaia di testi chiusi a riccio a tal punto da rendere ridicole le loro deposizioni, solo alcuni, non più delle dita di una mano, si sono aperti e hanno testimoniato con precisa memoria e franchezza.

Ha riconosciuto altra rilevante circostanza emersa a seguito di lunghe ricerche istruttorie e cioè che le esercitazioni di Aeronautiche diverse dalla nostra avvenivano nel Tirreno - peraltro su acque internazionali - senza alcuna notifica alle Autorità nazionali nelle cui FIR quell'area ricadeva e passavano diverse aerovie civili. "Nessuno di noi avrebbe potuto giurare che il comportamento di un determinato velivolo della Marina americana fosse, in termini di traffico aereo, ortodosso, visto che non avevano alcun collegamento con il traffico nè noi lo conoscevamo. D'altronde, all'epoca le cose funzionavano così; le esercitazioni della 6a Flotta non venivano comunicate all'autorità nazionale qualora si fossero svolte al di fuori delle nostre acque territoriali o negli spazi aerei di aree regolamentate dove queste erano consentite fino a determinate quote".

Ha riconosciuto quella cultura all'epoca imperante, quella del segreto NATO, cioè di salvaguardare questo segreto in ogni modo; così come il rapporto tra il 2° Reparto e l'Ambasciata americana, che proprio per effetto di quella cultura del segreto NATO era stato da tutti negato.

Ha ribadito, anche al riguardo della Francia, che la conoscenza di esercitazioni, cui non partecipava l'AM italiana, "era alquanto ridotta". All'epoca del disastro di Ustica la Francia non faceva parte dell'Alleanza Atlantica e indipendentemente dalle connessioni tra i sistemi di Difesa Aerea e da collegamenti radar, le esercitazioni nazionali francesi non erano conosciute. "Già conoscevamo poco della NATO, quella NATO cui noi partecipavamo; a maggior ragione non conoscevamo l'attività francese a meno che non interessasse le nostre acque, il nostro territorio o il nostro spazio aereo". E sempre al riguardo delle attività francesi, in particolare di quella esercitazione che si sarebbe tenuta il 27 giugno tra il tardo pomeriggio e la sera, indicata dal generale Bozzo, Arpino la stima molto credibile, per il periodo le circostanze il tipo di base, non escludendo che ci fosse stata, in quella occasione, un'attività diversa da quella locale.

Ed anche sulla questione del MiG23 il Capo di SMA, all'epoca dell'audizione, dichiara "plausibilissimo" che l'evento sia avvenuto in data diversa da quella ufficiale, per avvantaggiare la conoscenza occidentale o meglio statunitense su quella macchina di produzione sovietica. Ma su questo vale quanto si argomenta in altra parte di questa motivazione al riguardo dell'esemplare, già conosciuto in Occidente; per cui non può essere questa la ragione di tener celata la notizia e nascondere in particolare il rinvenimento ai libici.

Altra questione cui il generale Arpino non sa dare risposta è quella sulla possibilità di input esterno alla Forza Armata - da intendersi questo non solo come proveniente dall'esterno, cioè dagli Stati Uniti, ma anche da un livello superiore nazionale.

Di rilievo invece la precisazione sulle conoscenze del livello politico. Questa autorità, chiaramente afferma Arpino, era ben a conoscenza, cioè informata, dell'impossibilità di controllare alcune aree del traffico aereo statunitense in particolare e alleato in generale.

In conclusione si deve riconoscere che il generale Arpino con queste ammissioni, queste prese di distanza, questi riconoscimenti di colpa, ha compiuto una scelta tanto lodevole, quanto difficile. Ma si deve anche dire che, pur con tali dichiarazioni, non riferisce quei fatti e circostanze che a rigore dovevano essere nella conoscenza di un ufficiale responsabile di un ganglio essenziale della Forza Armata, quale il COP, la cui istituzione fu, proprio a detta dello stesso Arpino, il primo tentativo di "interferenza" sotto il profilo operativo nella catena NATO.

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