3.9. Conclusioni.

Tutti gli ostacoli frapposti dai militari all'inchiesta nei siti già esaminati, per Ciampino si presentano ancor più forti e difficili da superare.

Ciampino nonostante non sia un CRAM, cioè non faccia parte del sistema di Difesa Aerea, ma sia un radar del Controllo del Traffico Aereo, è all'epoca dell'incidente, in quel periodo di transizione verso la smilitarizzazione del Traffico, ancora una struttura militare, composta da militari AM, con una organizzazione militare. E proprio perchè è una struttura siffatta con ogni probabilità i suoi componenti si comportano in modo non difforme anzi di maggior chiusura e reticenza - se si fosse in area di criminalità organizzata, si potrebbe anche dire omertoso, per effetto con ogni probabilità di malintesi spiriti di corpo a protezione dell'Arma, se non peggio di ordini o disposizioni - rispetto ai CRAM.

Per anni - per la precisione oltre un decennio - gli unici due nomi della sala operativa a conoscenza dell'inquirente sono stati quelli dei tenenti La Torre e Corvari. E dire che in sala, nelle ore dei turni diurni prestavano servizio sui sessanta militari, di cui due terzi ufficiali e i restanti sottufficiali, disposti su tredici settori, e anche nel turno notturno, dalle ore 18.00Z in poi, vi erano sui quaranta dipendenti, accorpati su otto settori.

Ebbene nessuno ha riferito nemmeno i nominativi di coloro con i quali lavorava a contatto di gomito; i controllori cioè nemmeno i nomi dei propri controllori assistenti e assistenti controllori.

Solo la Commissione Pisano "scopre" Russo e lo interroga, ma questi se la cava con poco più di venti righe di dichiarazioni, senza rilievo e senza contestazioni. E prima di essa la Luzzatti aveva "scoperto" Massari, che aveva rilasciato in quella occasione quattro righe e mezza di dichiarazioni, del tutto anodine. Ma di questi atti e relativi nomi l'inquirente avrà conoscenza solo quando acquisirà la relazione Pisano e gli atti della Commmisssione Luzzatti.

Non è stato mai rinvenuto il Log, cioè l'elenco del personale, relativo al 27 giugno 80. Ma quello che più colpisce è che si rinvengono tutti i Log di quel mese di giugno, eccettuato quello del 27. Che siano sempre casualità è difficile crederlo.

Solo nel 91 dall'esame di Battifoglia, capo dell'RSC, - e quindi quasi casualmente - che esibisce una sorta di lista delle razioni del caffè e biscotti nei turni di notte, si viene a conoscenza dei nominativi, circa quattrocento, di tutto il personale in servizio.

Solo attraverso l'escussione dei quattrocento, si riesce a stabilire, con una buona dose di approssimazione, il personale presente in sala la sera e la notte del 27 giugno, e ad interrogare costoro dettagliatamente. Si riesce anche, con un'attività di riconoscimento delle posizioni occupate, a individuare settori e consoles.

Ma nessuno, eccettuati i detti capitano Cucchiarelli e sergente Colonnelli, rammenta alcunchè. Non rammentano i colleghi prossimi di postazione, l'organigramma della sala, eventi di rilievo di quella notte. La reticenza, come già si diceva, è totale, giacchè il mancato ricordo su circostanze così semplici come i nomi di coloro con cui si lavora, a volte per anni, quasi a contatto, non è assolutamente credibile. Sono tutti comportamenti di contrasto e ostruzionismo all'inchiesta. Le dimensioni della falsa testimonianza in questo sito sono patologiche e su di esse dovrà provvedere l'azione del PM.

Molti sanno, hanno visto o udito quei fatti che riferiscono Cucchiarelli e Colonnelli, ma nessuno riferisce. Non pochi, quelli che erano prossimi alle posizioni di Cucchiarelli e Colonnelli, devono essere a conoscenza delle stesse circostanze che costoro hanno accertato; il contrario è impossibile. Ma nessuno tra costoro ha riferito. Eppure gli interrogati sono stati decine. E' per questo che si può affermare che la reticenza è generale .

Ma su tale atteggiamento ancor più emblematici gli atteggiamenti degli ufficiali con incarichi direttivi nella scala a partire dalla sala operativa: Massari, Guidi, Fiorito. Le condotte di costoro sono impressionanti e chiaramente indicative dei livelli cui può attingere la falsità nelle deposizioni. Su Massari si è avuto un dispendio di attività istruttorie perchè egli rifiutava di ammettere la qualifica di capo controllore, e accettava sono quella di capo sala. Ma come si dovrebbe chiamare l'ufficiale che ha responsabilità di una sala operativa del controllo del Traffico Aereo, composta perciò di controllori, controllori assistenti e assistenti controllori? E chi dovrebbe essere il capo controllore nella scala della RIV, giacchè tra il capo della RIV e il supervisore operativo di sala non vi era altri che lui capo della sala del controllo o dei controllori, e quindi capo-sala o capo-controllore? E' semplicemente assurdo che si sia negata anche una circostanza tanto palese quanto minima. E un atteggiamento di tal genere dimostra con chiarezza quanto pervicace fosse la volontà di opporsi a qualsiasi accertamento e progresso dell'inchiesta.

Ma Massari, come chi era al di sotto e al di sopra di lui, nega anche le circostanze di maggior peso. Come di aver mai sentito parlare di traffico militare americano, se non poco prima - e qui dimostra oltre che d'essere menzognero, anche di essere senza pudore - di essere esaminato e dalla stampa. Quando di questo traffico s'è parlato dalla sua stanza e da più circostanze v'è prova che egli fosse presente in quell'ambiente, mentre per telefono se ne riferiva dal capo della RIV al capo del 2° Reparto.

Egli che ne aveva riferito, come appare con la massima chiarezza e certezza nella notissima comunicazione delle 20.22, all'RSC, aggiungendo che essi avevano la possibilità di mettere in contatto - come poi faranno - con l'Ambasciata degli Stati Uniti, egli, si diceva, ha il coraggio di negare che alcuno del suo personale gliene abbia mai parlato. Cosicchè se ne dovrebbe solo dedurre contro ogni logica che avesse avuto delle intuizioni.

Egli è colui che pone in essere, proprio come capo controllore responsabile di quella sala, tutti gli adempimenti previsti dal "decalogo di sala". Tra l'altro telefona a Marsala e a sua detta anche a Licola, Poggio Ballone e probabilmente anche a Capo Frasca; ma di quest'ultima telefonata non v'è alcuna registrazione. Cosicchè è da credere che più linee della sala e degli uffici connessi non fossero sottoposte a registrazione. Egli sigilla i nastri di registrazione, ma li sigilla così sollecitamente, alle 21.00Z, da impedire così la conservazione di quelle comunicazioni telefoniche di rilievo che si sono tenute di sicuro dopo quell'orario, e cioè la prosecuzione dei contatti con l'Ambasciata statunitense, le comunicazioni con Marsala e con Bagnoli. Egli di certo conserva, come previsto, il Log di quel giorno, ma nulla sa sulla sua scomparsa.

Questo nell'ACC, nel sito che istituzionalmente doveva seguire quel volo, che per primo ha percepito la scomparsa del velivolo, che precipuamente ne doveva seguire le ricerche. Queste le dichiarazioni di coloro che sono stati identificati nella sala operativa. Senza le registrazioni o le liste del caffè mai saremmo potuti arrivare alla maggior parte di essi. Ma pur identificati hanno negato la maggior parte delle circostanze. Dinnanzi alle contestazioni delle trascrizioni i più hanno continuato a non ricordare o a negare il senso delle frasi e delle parole, se non, come s'è detto, addirittura ad asserire a seguito della indicazione del proprio nome, che con quel nome vi erano più dipendenti.

Comportamenti analoghi, anzi più gravi via via che si sale nella scala gerarchica. Dopo Massari il capo della RIV, il colonnello Guidi, e il capo del 2° Reparto ITAV, colonnello Fiorito De Falco, che emergono entrambi nella già menzionata comunicazione telefonica tra di loro a 20.23.

Il primo, in un primo esame, a precise domande, esplicitamente nega - si noti l'evoluzione di queste condotte di pura reticenza - che qualcuno gli abbia parlato di intenso traffico militare, aggiungendo quasi con ostentazione di sicurezza che se si fosse venuti a conoscenza in sala di un fatto del genere, vi sarebbe stato l'obbligo di riferirlo, come egli avrebbe avuto a sua volta l'obbligo di riferirlo al capo del 2° Reparto ITAV. Nega poi che quella sera si fece alcuna ipotesi di collisione; addirittura asserisce di aver riferito al suo superiore solo l'indomani. Quindi ribadisce di non essere stato informato.

Nel secondo esame ove vengono effettuate le contestazioni, risposte ancor più contorte e mendaci. Prima delle contestazioni conferma di non ricordare telefonate all'Ambasciata americana, così come non ricorda - quasi a mo' di scusa - tante altre circostanze, in particolare che in sala si parlasse di traffico americano. Dopo la contestazione delle note telefonate all'Ambasciata delle 20.39 e delle 20.41, continua a dire di non ricordare e che forse si trovava in altro punto della sala. Ma tutte queste telefonate avvenivano, lo si ricordi, dall'ufficio del capo controllore, lì dove si svolse anche quella delle 20.23 in cui egli fu interlocutore, come più volte detto, di Fiorito De Falco.

In questa telefonata ove parla un colonnello di nome Guidi, non può non ammettere che si tratta di lui; spiega poi cosa significa "razzolare"; ma quindi afferma di non ricordare chi possa aver riferito quella notizia. E qui l'usuale discolpa di tanti testi in questo processo cioè l'impossibilità di ricordare ad anni di distanza. Ma qui - lo si deve ribadire con fermezza, altrimenti una "discolpa" del genere potrebbe essere accettata - si chiedono fatti e circostanze di un tal peso - specie per gli addetti, specie per coloro cioè che istituzionalmente dovevano prestarvi la massima attenzione - che non potevano non fissarsi, a meno che non si fosse di parte, o dei minus habentes, nel ricordo.

Alla contestazione delle precedenti versioni, come già s'è visto, nuove del tutto incredibili spiegazioni al punto da essere ammonito. Nonostante ammonizione, persistenza nell'atteggiamento, per cui sospensione dell'esame. Alla ripresa addirittura nega di essere la persona, che con gli stessi toni e la medesima inflessione romanesca - riconosciuto pure da altri -, interloquisce nella telefonata delle 20.39. Addirittura ha il coraggio, si potrebbe dire la sfrontatezza, di esclamare "le pare che possa dire una menzogna così spudorata?".

Questi i personaggi e sono ufficiali collocati in posti chiave, che avrebbero potuto, e dovuto, dare collaborazione rilevantissima all'inchiesta - queste le menzogne.

La serie continua con il capo del 2° Reparto dell'ITAV, l'ufficiale che è all'altro capo del telefono nella comunicazione delle 20.23. Costui, il colonnello Fiorito De Falco, nega di aver ricevuto telefonate quella sera da Guidi; nega di aver riferito al suo superiore l'Ispettore generale ITAV, all'epoca il generale Fazzino. E quindi ovviamente Guidi non gli riferì di alcun traffico intenso militare. Addirittura l'esistenza di traffico sconosciuto non avrebbe dovuto essergli riferita. Continua su questa linea di apparente rigore burocratico, trascurando o simulando di trascurare qualsiasi riferimento alla gravità dell'evento di quella sera. Addirittura a contrasto di questo suo atteggiamento, si deve ripetergli la domanda per ben tre volte. Addirittura ha la temerarietà di affermare, dopo la contestazione della telefonata delle 20.22 tra Martina Franca-Marzulli e RSC Ciampino-Bruschina, che quel traffico potesse non essere pericoloso per l'aerovia. Insiste nel riferirsi a notizie di mancata collisione. Si potrebbe ben dire, se si fosse certi della padronanza dell'italiano da parte del soggetto, che l'impudenza delle risposte sconfina nella irrisione degli inquirenti.

Alla contestazione della telefonata delle 20.23 ammette, bontà sua, di essere lui l'interlocutore di Guidi. Ammette, ma non poteva essere altrimenti, che quella telefonata dovesse essere stata preceduta da altre, giacchè con evidenza vi si parla di fatti già a conoscenza di entrambi gli interlocutori. Quindi l'usuale "discolpa": a tanti anni di distanza non si può ricordare; non si può nemmeno ricordare degli aerei americani che razzolano. Ci si domanda a questo punto, invece, come si fa a non ricordare una circostanza di tanto rilievo, da parte di chi occupava una posizione così rilevante nella catena della informazione e della ricerca delle eventuali cause dell'evento, evento di tanta gravità quale la precipitazione di quel velivolo civile con 81 persone a bordo.

Quindi elucubrazione sulla sua ipotesi di esplosione; ammissioni della continua presenza, giorno e notte di velivoli americani; ammissione anche di aver parlato con Fazzino, ma senza ricordare i contenuti del colloquio, perché ovviamente si accorge che l'inquirente non dispone di queste circostanze. E' "costernato", ma rinvia altre ammissioni a dopo la contestazione di altri testi di telefonate. Di rilievo da ultimo le sue considerazioni sul rapporto con Fazzino; egli cioè si rifiuta di pensare di non aver riferito - anche se colloca questa sorta di rapporto al superiore all'indomani dell'evento - anche i dettagli di cui era a conoscenza a meno che non ne avessero parlato Guidi o il Capo dell'Ufficio Operazioni Russo. Ma tale suo ragionamento a maggior ragione deve aver valore per la sera e la notte, nelle ore immediatamente successive all'evento, quando v'era necessità di riferire ogni notizia, anche quelle relative ai dettagli, alla linea gerarchica.

Su questo personaggio si dovrà ritornare sia quando si parlerà dell'ITAV che quando si affronterà il capitolo del S.I.S.MI ove egli approderà nel corso della sua carriera. La sua figura è emblematica, nel senso che la sua condotta di fronte all'inchiesta è quasi rappresentativa degli atteggiamenti assunti dai militari interrogati. Di negazione assoluta di ogni conoscenza, di scarsissime ammissioni solo di quello che sarebbe assolutamente impossibile negare, di trinceramento dietro i "non ricordo" di fronte all'incalzare dell'evidenza.

Sopra Fiorito all'ITAV l'Ispettore generale , Fazzino. Costui nega di essere stato informato la sera stessa. Certo, dichiara, fin dalla sera stessa furono ricercati gli americani, ma per la loro assistenza, cioè nella speranza che vi fosse una portaerei che potesse contribuire ai soccorsi. Quindi nessun riferimento agli argomenti del colloquio Guidi-Fiorito. Da costui e dal colonnello Sguerri, capo del 1° Reparto, l'indomani mattina ebbe notizie. Egli quindi era stata informato solo il giorno dopo e non avvisato la sera stessa. Anche alla contestazione della telefonata delle 20.22, afferma di non essere stato informato del suo contenuto. La catena informativa si premura di informare, era ACC-ROC, e quindi non ACC-2° Reparto ITAV. Nè Fiorito nè Sguerri ebbero a riferirgli di ricerche per l'esclusione di aerei che potessero essere entrati in collisione con il DC9.

Nel successivo esame, com'è noto, gli fu contestata la telefonata delle 20.23 tra Guidi e Fiorito, ma anche a seguito di tale contestazione ribadisce che quella sera nessuno parlò con lui. La sua risposta è sicura, recisa; egli, ben ricorda, venne a conoscenza dell'incidente dal giornale radio delle 07.00 del mattino successivo. Anche sulle circostanze della conversazione, non ricorda alcunchè, perché non v'era motivo di ricordarsi. Esclude nella maniera più assoluta che, sia ovviamente quella sera che l'indomani mattina, si fosse parlato di aerei americani e di esercitazioni.

Certo queste sue affermazioni sono in netto contrasto con il contenuto della telefonata Guidi-Fiorito. A dire il vero, non v'è alcun motivo di porre in dubbio la schiettezza sia della domanda di Guidi che della risposta di Fiorito quella sera a così breve tempo dal fatto. Quando cioè non erano scattati nè meccanismi di difesa nè progetti di inquinamento. I due peraltro avevano già parlato tra di loro e avevano avuto sia il tempo di ragguagliarsi l'un l'altro sull'evolversi delle informazioni, sia, il Fiorito, di fare la comunicazione che era d'obbligo al suo livello superiore - per lui certamente d'obbligo una volta ricevuta la notizia, indipendentemente dalla linee asserite da Fazzino e cioè ACC-ROC e non ACC-ITAV, giacchè qui era stato informato un reparto ITAV e questo doveva informare il livello massimo dell'ITAV.

Quindi veridicità di quelle battute della conversazione delle 20.23, sull'informazione a Fazzino. E di conseguenza nessun valore alla sua negativa, che peraltro non può essere attribuita nemmeno a difetti di memoria, giacchè egli mostra di conservarla vivida, anche nei particolari di quegli eventi quantomeno dell'indomani a partire dalle 07.00 del mattino. Deve perciò stimarsi che quella sua negativa rientri negli atteggiamenti già descritti di tutti questi personaggi del sito e dei suoi collegamenti.

Ma i personaggi del sito che mentono non sono finiti. Se ne rinvengono anche nell'Ufficio Operazioni e nell'RSC, cioè il Sottocentro di coordinamento e soccorso.

In questo Sottocentro tutti e tre coloro che vi prestavano servizio si sono mossi con chiari intenti di nascondere come vi si fossero realmente svolti i fatti. Solo dopo le contestazioni di telefonate ne ammettono alcuni, ma dando ad essi sempre interpretazioni inattendibili.

Il maresciallo Bruschina riconosce di aver avvisato Martina Franca perché "rimbalzasse" ai piloti degli elicotteri del soccorso il messaggio secondo cui in zona c'era traffico militare americano. Fu lui a supporre che vi fosse anche una portaerei. Non sa però dire come fosse stata accertata questa presenza; ma può dire che dalla visione del radar è facilissimo individuare decolli e atterraggi di aerei, perché un traffico in alto mare - gli aeroporti più vicini erano Capodichino e Sigonella - può concentrarsi solo se c'è una portaerei. D'altronde, aggiunge, pericolo per gli elicotteri, che volano in genere ad altezze non elevate, può insorgere solo se ci sono decolli o atterraggi da portaerei, a meno che non ci sia traffico basso per missioni specifiche.

E poi aggiunge - e qui il suo discorso mostra vizi di attendibilità - che quell'avviso potesse essere una comunicazione gratuita. Solo qualche tempo dopo, quando sui mezzi di comunicazione apparvero le prime supposizioni di abbattimento, quella comunicazione gli si impresse nella mente e nella memoria. Anche qui però tenta di allontanare il collegamento immediato, come avevano fatto gli altri, tra presenza di quel traffico e caduta del DC9.

Comportamento più strano quello dell'altro maresciallo del Sottocentro che ricorda poco o niente, nega a volte l'evidenza, ad ogni esame cade in prostrazione. Ricorda soltanto, all'ultimo esame, che Bruschina diceva, ma non ricorda rivolto a chi, che c'era un traffico intenso in quell'aerovia, che l'avevano visto pure al controllo, che era un traffico di esercitazione, che vi era una esercitazione. A mezzo d'un verbale, si ricordi, costui aveva testualmente dichiarato: "Sono molto sofferente, la psicosi non mi funziona più. Mi hanno ammazzato. Non voglio parlare più."

Non dissimile la condotta del comandante dell'RSC cioè Trombetta. Che solo dopo tre verbali come teste e due come imputato sostanzialmente ritratta le versioni affette da falsità e reticenza e ricostruisce come essi avevano ricevuto l'informazione dal capo controllore sull'intenso traffico americano. Era costui il maggiore Massari, che aveva raggiunto il loro ufficio e li aveva in quel senso informati. Massari che da lui era ben conosciuto. Quindi contrariamente a quanto sostenuto da più di un militare, e dallo stesso Massari, la fonte della notizia per l'RSC, e quindi indirettamente per il 3° SOC, fu esso Massari, che per le sue funzioni era comunemente chiamato capo controllore. Non s'è riuscito per la totale chiusura di Massari, e di chi gli teneva bordone, ad individuare con certezza la sua fonte, anche se più indizi portano a quel NIMA, che era collocato all'interno della sala operativa e che per essere organo della DA era sicuramente collegato con quei radar di DA che potevano "vedere" in quell'area e a cui comunque Guidi si apprestava a chiedere conferma.

In conclusione, giorni ed ore di istruttoria per contrastare reticenze fortissime e menzogne d'ogni genere, e raggiungere risultati dopo tutto di breve momento, ma che si sarebbero potuti conseguire de plano, se solo i testi avessero osservato i loro doveri di lealtà.

Non diversi gli atteggiamenti dell'Ufficio Operazioni del sito, lì ove si redasse il primo plotting. L'ufficiale incaricato di questa operazione ha scaricato sul suo aiutante la responsabilità della scelta dei plots. In pratica questi avrebbe omesso, leggendo i tabulati, di riferire a lui che costruiva la traccia su carta con coordinate geografiche, i plots -17 e -12. Essi cioè si sarebbero limitati a ricostruire la traiettoria del DC9 e non avrebbero considerato alcunchè d'altro nemmeno nel suo immediato intorno. Ed infatti il plotting confezionato da questo Ufficio Operazioni è soltanto una lunga striscia ove appare il volo del velivolo precipitato, senza alcun ampliamento ad Est e Ovest.

E dire che il tecnico americano Lund soltanto pochi giorni dopo, la prima domenica dopo il 27.06.80, appena riceve gli stessi tabulati, immediatamente individua altra traccia di diverso velivolo. Ma quell'Ufficio Operazioni usa una carta della larghezza di poche miglia. Sarà sufficiente una leggermente più ampia, come quella sequestrata presso un membro della Commissione Luzzatti per potervi tracciare, come ben si vede in questo esemplare, anche i noti -17 e -12 e 2, che erano "sfuggiti" al colonnello Russo e al suo assistente, e che appaiono a poche miglia di distanza dalla traiettoria del DC9.

Ma il primo insiste - negando che tali plot fossero stati da lui tracciati - nel dire che compito dell'Ufficio Operazioni era solo quello di accertare il punto di caduta del velivolo, a fini di soccorso. Senza considerare che quando egli procede a tale operazione il punto di caduta è già stato individuato da tempo e i soccorsi sono su di esso da più ore. E che invece quella operazione potrebbe essere stata più utile alla ricostruzione del fatto, che già al momento appariva assolutamente non chiaro e vi erano due ipotesi sulla caduta, come emergeva dai discorsi della serata del capo della RIV. Al quale egli, come suo diretto dipendente, l'indomani mattina doveva riferire e con il quale più che sicuramente discusse delle cause del disastro. Ricerca alla quale, altrettanto sicuramente, quel plotting da lui curato doveva mirare.

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