3.3. La presenza di traffico militare americano
ed i contatti con l'Ambasciata degli Stati Uniti.

Sulle attività del radar e della sala operativa che istituzionalmente dovevano seguire il volo del DC9 Itavia, che ne hanno per primi percepito la scomparsa e che ne dovevano precipuamente seguire le ricerche, se non si fossero acquisite ed esaminate le registrazioni delle comunicazioni telefoniche intervenute in quella serata, sarebbero rimaste amplissime zone d'ombra determinate dalla reticenza e lacunosità dei ricordi della maggior parte dei militari preposti alla RIV. Infatti costoro pur identificati hanno negato la quasi totalità delle circostanze; addirittura dinnanzi alla contestazione delle trascrizioni i più hanno continuato a non ricordare o a negare il senso delle frasi o delle parole.

D'altro canto l'ascolto delle registrazioni e l'attenta lettura delle trascrizioni delle conversazioni telefoniche intercorse fra la sala operativa ed i radar ed enti della Difesa Aerea svelano che poco prima dell'incidente la Difesa Aerea rileva la presenza di traffico americano nella zona del disastro o comunque a ridosso di essa; che fin dall'immediatezza si avverte la necessità di stabilire un contatto con gli americani, evidentemente per verificare la loro effettiva presenza in quella zona; che nel frattempo viene avanzata l'ipotesi di un'eventuale collisione e quella di "un'esplosione in volo".

Nell'ambito delle comunicazioni telefoniche ha particolare rilievo la comunicazione intercorsa alle ore 20.23 fra il tenente colonnello Guido Guidi responsabile della RIV, ed il colonnello Nicola Fiorito De Falco, capo del 2° Reparto ITAV. Infatti dal dialogo fra i due ufficiali si trae conferma della conoscenza e della diffusione dell'informazione su traffico militare americano in ambito della sala dell'Area Control Center ed inoltre si desume l'immediata propagazione della notizia di quel particolare traffico verso le superiori gerarchie.

Della conversazione si sottolineano solo i passaggi principali, premettendo che sin dalla prima risposta di Guidi a Fiorito, che gli chiede delle novità, si coglie che il primo era già stato informato dell'evento e con ogni probabilità anche della "stranezza" di quell'incidente aviatorio. Ciò riprova l'ipotesi più volte formulata nel corso di esami testimoniali ed interrogatori e cioè che vi fossero linee in partenza dall'ACC non soggette ad intercettazione o che le telefonate più "delicate" venissero fatte su linee della Difesa di cui non furono consegnate in sede di sequestro le registrazioni. Tale situazione si percepisce giacché la notizia principale è sottaciuta e presunta da entrambi gli interlocutori lì ove si dice "novità niente eh, nel senso che adesso stanno cercando di ottenere qualche informazione da, da coso dalla, dai due radar che sono lì in Si... in Sici...in Sicilia, i radar della Difesa, no?".

Dalle stesse circostanze spicca un'altra situazione di grande rilievo. Ci si rivolge per avere conferma della notizia ai radar della Difesa in Sicilia, Marsala e Siracusa. Si deduce perciò che entrambi funzionavano e potevano "vedere". Probabilmente però, sempre secondo le battute delle telefonate, "hanno guardato quando glielo abbiamo detto noi... noi si sperava che avessero segna... seguito le due tracce, l'Itavia sotto e l'Air Malta sopra, e avessero preso nota del... dell'orario, della posizione alla quale era sparita la traccia dell'Itavia, cosa però, sembra che non... dice che non stavano guardando, perché ci hanno l'esercitazione".

Ed ancor più rilevante la battuta immediatamente successiva: Fiorito De Falco riprende l'ultima parola del suo interlocutore e dopo qualcosa di incomprensibile gli chiede se c'era l'esercitazione. Guidi risponde affermativamente, ma di sicuro non si riferisce però a quella esercitazione a causa di cui "non stavano guardando", bensì ad un'esercitazione per effetto della quale qualcuno "dice che vedono razzola' diverso, diversi aeroplani... americani", e che lo induce a formulare una ipotesi "io stavo pure ipotizzando un pò una eventuale, una eventuale collisione". Cui s'aggiunge, sempre sulla base di quel razzolare, l'ipotesi di Fiorito "sì o un'esplosione in volo". Confermata a sua volta da Guidi che afferma "o un'esplo... e sì perché sto fa... se ci avevano st'esercitazione...". Altresì confermata dall'attività che s'accinge a porre in essere e cioè la ricerca di un contatto con gli americani "... e adesso vogliamo vedere un pò cercando di entra' in contatto con gli americani eventualmente lì a Sigonella" mentre dall'interno dell'ACC una voce di persona non identificata aggiunge "che Martina Franca dovrebbe fare da trait d'union...". Che se non fosse stato così, quel velivolo avrebbe avuto la possibilità di mettere il codice d'emergenza sul transponder e qualcuno avrebbe dovuto "vederlo", asserisce Guidi.

Un qualcuno che non è della Difesa, bensì gli americani, come appare chiaro dal seguito del discorso sia di Guidi che di Fiorito, che testualmente affermano "ammesso che non sia avvenuta una esplosione in volo e da 25.000 piedi se ha fatto in tempo a mettere il codice 77 e qualcuno lo deve aver visto, evidentemente la Difesa no, perché adesso i loro sistemi con i quali recepiscono immediatamente un codice emergenza non lo so quali sono". "Beh, ce l'hanno pure loro, quindi indubbiamente non hanno visto, non hanno visto niente, quindi c'è da escludere che, che il pilota abbia fatto in tempo a mettere 'sto, 'sto codice emergenza".

Dopo aver discusso sull'ultima comunicazione e l'ultimo punto, Guidi chiede al suo superiore se a sua volta era riuscito ad informare il capo dell'ITAV e cioè il generale Fazzino. Si comprende così che il responsabile del 2° Reparto dell'ITAV, cioè Fiorito De Falco era già stato informato prima di questa telefonata delle 20.23. Dalla sua risposta apprendiamo che egli vi ha già provveduto e proprio dal genrale Fazzino gli era stato richiesto se avesse provveduto ad informare il COP allo Stato Maggiore , incombenza cui aveva già regolarmente adempiuto così come s'era adempiuto a tutte le altre rituali informative da decalogo del capo sala.

Mentre parlano poi dei morti dell'altro incidente di quel giorno, quello di Capo Gabbiano, e dei dispersi dell'incidente del DC9, si percepisce chiaramente una voce all'interno dell'ACC, che chiede "vuoi che telefono all'American attaché?"; ulteriore conferma alla pressante ricerca di un contatto con gli americani ed in particolare con l'Ambasciata americana.

Dopo aver parlato dell'autonomia del velivolo Itavia, la comunicazione torna ancora sul tema del contatto con gli americani e sulla loro esercitazione. Dapprima una voce all'interno dell'ACC, quindi Fiorito De Falco, infine Guidi "...e adesso vogliamo cerca' di stabilire un contatto con gli americani, se ci avevano 'ste esercitazioni, probabilmente ce sarà magari pur... anche una portaerei da quelle parti" "E qui c'era una esercitazione a noi sconosciuta?" - "No, no, l'esercitazione è... che probabilmente la conosciamo, eh, l'esercitazione, però per... evidentemente non, non, non dava nessuna interferenza con la... con la nostra attività, forse qualche cosa a basse quote, eh". Quest'ultima rilevante battuta denota un'incrinatura nella convinzione che l'esercitazione fosse assolutamente ininfluente ed innocua. Guidi dapprima sembra conoscere l'esercitazione, poi asserisce che la si conosce probabilmente, quindi fa trasparire l'esistenza di esercitazioni che non davano interferenza a basse quote, su cui sulla base di altre testimonianze si dovrà ritornare.

Seguono altre battute che dimostrano la presenza di Massari nei pressi di Guidi; non solo, ma anche i suoi tentativi, al telefono, di mettersi in contatto con qualcuno, che però risulta incomprensibile alla trascrizione.

In conclusione telefonata di estremo rilievo, che fissa con chiarezza punti fermi nei confronti dei quali assume interesse l'atteggiamento processuale degli interlocutori e di tutti coloro che vi vengono menzionati.

Guidi al primo esame testimoniale nega che qualcuno gli abbia parlato di intenso traffico militare, affermando con sicurezza che se si fosse venuti a conoscenza d'un fatto del genere, vi sarebbe stato l'obbligo di riferirglielo. Se un fatto del genere gli fosse stato riferito, egli avrebbe dovuto riferire all'ITAV nella persona del capo del 2° Reparto, ovvero il colonnello Fiorito De Falco, il quale a sua volta avrebbe dovuto riferire l'informativa in altri ambiti come lo Stato Maggiore. Continua asserendo che quella sera non si fece l'ipotesi della collisione, aggiungendo a motivazione della sua netta risposta "un'informazione del genere poteva nascere all'interno o dall'esterno. Dall'interno significa da una diretta constatazione per osservazione sugli schermi radar della sala. Dall'esterno, significa in quanto comunicato dagli organi della Difesa Aerea". Contestatagli l'implausibilità della sua risposta sul traffico militare, risponde "anche a me piacerebbe sapere chi lo ha visto questo intenso traffico. Ribadisco: io non sono stato informato". (v. esame Guidi Guido, GI 10.10.91).

Ancora Guidi, esaminato una seconda volta, ribadisce di non ricordare telefonate all'Ambasciata americana, così come non ricorda di tante altre circostanze della serata del 27.06.80, in particolare di aver compiuto telefonate di avviso, nonostante gli venga contestato il contenuto della telefonata delle 19.38 e delle 19.46, in cui appare persona di nome Guidi che si premura per avvisi.

Ribadisce di non ricordare che in sala si parlasse di traffico militare americano, come non ricorda di telefonate all'Ambasciata americana. Contestategli le chiamate a questa Ambasciata delle 20.39 e delle 20.41 - su cui si dovrà tornare nel prosieguo dell'esame delle telefonate aventi ad oggetto la notizia del traffico americano e sulla sua diffusione - asserisce di non ricordare, di essere stato nella sala da cui partivano, ma di non ricordare, giustificandosi con la supposizione che potesse "stare... al limite anche in un altro punto della sala".

Ripete che comunque non ricorda che fu sollevata questione di traffico americano. Conclude affermando di non riconoscere, nell'ambito degli interlocutori, la sua voce.

Contestatagli - anche mediante ascolto, come la precedente - la telefonata delle 20.23, quella cioè in oggetto del presente paragrafo, ovvero quella in cui chiaramente parla un colonnello di nome Guidi - di fronte a un'evidenza pressoché solare ammette di essere lui l'interlocutore di Fiorito, spiega il significato del "razzolare" dei diversi aeroplani americani; "razzolare" che altro non vuol dire che volare a bassa quota; ma non ricorda chi gli ha riferito quella notizia. Alla precisa domanda, più volte ripetuta, risponde con un genericissimo "me lo possono aver detto in sala..." giustificandosi con la più che usuale, in questa inchiesta, "discolpa": "ma... mi chiede di ricordarmi a distanza di dodici anni delle cose".

Contestategli le sue precedenti dichiarazioni, tenta nuovamente di fornire incredibili spiegazioni ai suoi vuoti di memoria di fronte a circostanze di massimo rilievo nella vicenda ed in particolare nello svolgimento degli eventi di quella serata, al punto tale che deve essere ammonito. Persistendo nell'atteggiamento di giustificazioni inattendibili, l'esame deve essere sospeso e alla ripresa, più di sei ore dopo, nega di essere lui la persona che parla con accento romanesco nella telefonata delle 20.39; pur dopo un nuovo ascolto e la contestazione del riconoscimento di quella voce nella sua da parte del maggiore Chiarotti. (v. esame Guidi Guido, GI 31.01.92).

Non dissimile l'atteggiamento dell'altro interlocutore della telefonata delle 20.23, il colonnello Fiorito De Falco. Questi dichiara di essere stato avvisato la sera stessa ma dal capo sala. Guidi gli fece un rapporto verbale, ma solo l'indomani mattina: "Il rapporto che mi fu fatto l'indomani del disastro dal colonnello Guidi, direttore della RIV, era orale. Io ero stato avvisato la sera stessa per via telefonica dall'ufficiale di servizio a Ciampino in quel momento, che credo fosse il capo sala. Non avvertii il mio superiore generale Fazzino, che era Ispettore generale dell'ITAV, il quale veniva autonomamente avvisato prima di me".

Afferma poi che "se ci fosse stato un traffico sconosciuto, il fatto non avrebbe dovuto essermi riferito. Sarebbe stato riferito dal controllore al capo sala, il quale avrebbe dovuto verificare la pericolosità di questo traffico. Posso aggiungere che quando c'era traffico sconosciuto si doveva compilare un modello di pericolosità del traffico" (v. esame Fiorito De Falco Nicola, GI 10.10.91)

Questa risposta viene data - se ne dà atto a verbale - dopo che s'è dovuto ripetere la domanda per ben tre volte, precisando che il suo contenuto si riferiva alla sera del 27 giugno dopo che si era verificato l'incidente.

Esclude che quel capo sala cui il controllore avrebbe dovuto riferire un evento del genere in questione, lo abbia informato dell'esistenza di un intenso traffico militare. Dopo la lettura del testo della telefonata delle 20.22, la Bruschina-Marzulli, testualmente dichiara "il traffico in questione poteva non essere pericoloso per l'aerovia e quindi poteva non essermi comunicato. A noi è capitato diverse volte che gli americani operassero nello spazio aereo internazionale usando portaerei, e che interpellati da noi rispondessero che esso era sotto il loro controllo radar, assicurando le separazioni nei confronti dei piloti". Si confonde poi su chi gli avesse riferito oralmente il giorno successivo all'incidente, asserendo che si trattava di Russo e non di Guidi: "in effetti il giorno dopo io richiesi informazioni su presenze di traffici, certamente al Russo, che era venuto a rapporto da me, e forse anche Guidi che probabilmente lo accompagnava. Non mi rivolsi invece all'ufficiale di turno in sala operativa.

I due interpellati esclusero la presenza di qualunque traffico che avesse potuto far pensare ad una collisione, poiché a quel tempo si pensava solo ad una collisione, prima che questa ipotesi venisse esclusa".

Letto nuovamente il testo della telefonata di cui sopra, asserisce "ritengo che non dovesse essere comunicato a me il fatto che in zona poteva esserci stato traffico aereo, in quanto in primo luogo al di sopra di me vi era il generale Ispettore Fazzino e, in secondo luogo, in quanto le notizie di mancata collisione sono molto frequenti senza che vi siano allarmismi e necessariamente degli interventi di pericolosità".

Contestatogli che la notizia si riferiva ad un evento verificatosi, testualmente "la notizia dell'evento verificatosi l'avevo già avuta, mentre le altre avrebbero fatto oggetto di una inchiesta che si fa successivamente" (v. esame Fiorito De Falco Nicola, GI 10.10.91).

Il colonnello Fiorito De Falco escusso nuovamente, afferma di essere stato avvisato, quella sera, per via telefonica dall'ufficiale di servizio a Ciampino, che ritiene fosse il capo sala; di non aver avvertito il suo superiore generale Fazzino; che Guidi non gli aveva riferito di un traffico militare intenso. (v. esame Fiorito De Falco Nicola, GI 31.01.92).

Ascoltata la telefonata delle 20.23, riconosce di essere l'interlocutore di Guidi; asserisce che non la ricordava; ammette che debba essere stata preceduta da una altra e che si stia parlando di qualcosa già a conoscenza di entrambi gli interlocutori. Anche lui afferma che a dodici anni di distanza una circostanza come quella dei diversi aeroplani americani che razzolavano possa essere dimenticata, e ripete, a contestazione che quel fatto non era stato ricordato nemmeno a un mese o a un giorno di distanza dal fatto, che egli non lo ricordava.

E così dichiara nel corso dell'interrogatorio dell'11.04.95: "...secondo le mie percezioni e per quanto riguarda il traffico militare americano quella sera non vi fu nulla di atipico, premesso che il termine "razzolare" significa andare a pelo d'acqua e cioè a bassa quota; comunque a fronte delle ulteriori contestazioni dell'ufficio di carattere anche tecnico oggi posso sciogliere la riserva del seguente punto: io pensai ad una collisione ma non la misi in relazione ad un eventuale velivolo in base alla nazionalità anzi, ebbi il dubbio che fosse addirittura un aereo regolarmente autorizzato a volare in quella zona e per il quale non era stata assicurata la necessaria separazione che è compito precipuo di un controllore del traffico aereo".

Tenta di giustificarsi, dichiarando che diversi aeroplani razzolavano normalmente in quella zona e che diversi aeroplani non è un traffico intensissimo. Quanto alla sua ipotesi di esplosione, subito dopo che Guidi ha parlato di collisione, in relazione alla presenza di altri aerei, pur ammettendo che un velivolo esplode o perché "urtato" da un altro aeroplano o per una bomba a bordo fornendo la seguente spiegazione: ...PM: "o una esplosione, esplosione in volo, vorrei che lei ci spiegasse che cosa ha inteso dire quando ha posto una alternativa rispetto alla collisione"; Fiorito: "Se mi fossi ricordato di tutte queste cose l'avrei anche potuto dire subito, ma ora a distanza di tempo debbo ritenere che una esplosione volesse, almeno così, riferirsi ad una collisione in volo. Non posso escludere che poteva essere anche, l'ho detto così, l'ho buttata così, una esplosione di un ordigno a bordo di un aeroplano" (v. esame Fiorito De Falco Nicola, GI 31.01.92).

Ribadisce che c'erano sempre aeroplani americani e che per questo si tentava di entrare in contatto con Sigonella; afferma poi "l'altro grande aeroporto che esisteva nella zona era una portaerei dalla quale americani, notte e giorno, in giorni praticamente, senza soluzione di continuità, ogni volta che facevano esercitazione volavano continuamente".

Quindi, a mo' di discolpa, esclama di ricordare la telefonata, ma non i suoi termini. Esclude di avere supposto che l'esplosione fosse stata cagionata da un missile; "se debbo dire la verità esplosione io l'avevo messa sempre in relazione a una esplosione dovuta a una collisione... perché l'aereo è pressurizzato; ogni qualvolta che c'è una lesione anche piccola, anche dovuta a un meteorite, perché non si è mai parlato di una eventuale, è raro, però 'sti meteoriti cadono, quindi appena si ha una lesione nel guscio che è pressurizzato si ha, si ha una esplosione".

Per effetto dell'ascolto della telefonata, ammette anche di aver parlato con Fazzino "adesso è chiaro che c'è la prova che ho parlato con Fazzino, però non me lo ricordavo".

Come al solito non ricorda quello che ha detto a Fazzino. Afferma che di sicuro ha riferito tutte le circostanze riferitegli. Ma contestatogli che Fazzino nega che questo sia vero e che d'altra parte sarebbe stato suo dovere riferire, dice " io riferisco tutto ciò che succede, poi i dettagli posso anche non...". Contestatogli che di certo non si trattava di dettagli - aerei americani che razzolavano, esistenza di esercitazioni, le ipotesi di collisione o di esplosione, oltre quanto poteva avere appreso in precedenza -, si proclama costernato e dice "può darsi che risulti da qualche telefonata", rimandando qualsiasi ammissione a dopo la contestazione di un testo di una nuova telefonata.

Conclude asserendo "io mi rifiuto di pensare, per essere una persona che ci ha un pò di buon senso, non sono una persona, un genio, sono una persona di buon senso, mi rifiuto di pensare che all'indomani del fatto io non abbia parlato col generale Fazzino dei dettagli della cosa, quelli che mi erano noti, a meno che, ecco, posso pensare questo, che il colonnello Guidi o il colonnello Russo abbiano direttamente parlato con Fazzino" (v. esame Fiorito De Falco Nicola, GI 31.01.92).

Ma le dichiarazioni rese da Fiorito De Falco non sono assolutamente convincenti, tenuto conto altresì delle affermazioni del generale Cesare Fazzino, all'epoca direttore dell'ITAV, che quasi categoricamente esclude di essere stato informato. Sulla presenza di aerei americani che "razzolavano" e sulla possibilità che vi fosse stata una collisione: "...GI: "però queste persone erano a conoscenza di questa situazione di fatto, cioè nel caso la telefonata ci fosse stata, non le avrebbero semplicemente riferito la caduta di un aereo civile qualsiasi e basta, ma addirittura l'esistenza di un'esercitazione e di diversi aeroplani americani che "razzolavano"; Fazzino: "No, questo lo escludo nella maniera più assoluta che mi abbia detto cose di questo genere"; PM: "e anche che glien'abbiano parlato il giorno dopo"; GI: "il giorno dopo"; Fazzino: "anche il giorno dopo non mi hanno detto niente" (v. esame Fazzino Cesare, GI 31.01.92).

Il generale Cesare Fazzino dichiara che sin dalla sera dell'incidente fu ricercata l'assistenza degli americani, nella speranza che vi fosse una portaerei che potesse contribuire ai soccorsi. In tal senso gli era stato riferito nei giorni seguenti. Precisa che il giorno successivo all'evento aveva chiesto ai suoi collaboratori il colonnello Fiorito De Falco, capo del 2° Reparto ITAV, e il colonnello Sguerri, capo del 1° Reparto, se potevano essersi verificate collisioni e ne aveva avuto risposta negativa, giacché era stata rilevata l'assenza di velivoli militari nelle immediate vicinanze del DC9. E si dice assolutamente sicuro che né Fiorito De Falco né Sguerri gli riferirono che erano state compiute ricerche per escludere la presenza in volo di aerei che potessero essere entrati in collisione con il DC9. Né gli fu mai riferito del contenuto della detta telefonata. Nel corso di questi rapporti si parlò anche di eventuali portaerei ad anche su questa circostanza quei suoi collaboratori avevano risposto che erano state compiute ricerche per accertare ove si trovassero le portaerei statunitensi, o meglio l'unica all'epoca presente nel Mediterraneo, e che tali ricerche avevano avuto esito negativo. Egli era stato informato l'indomani, e non avvisato la sera stessa, perché la catena operativa fa capo ai comandi operativi ovvero ai ROC, mentre per l'ITAV v'è solo un obbligo di comunicazione.

Contestatagli la telefonata delle 20.22, la Bruschina-Marzulli, afferma che mai fu informato del contenuto di essa, ribadendo comunque quale avrebbe dovuto essere la catena informativa, e cioè capo sala operativa - ACC - ROC (v. esame Fazzino Cesare, GI 10.10.91).

Contestatagli in un successivo esame la telefonata delle 20.23, la Guidi-Fiorito De Falco, ribadisce la sua negativa "no, assolutamente, nessuno ha parlato con me quella sera" aggiungendo di aver saputo dell'incidente dalla radio alle 7 del mattino successivo. A seguito di contestazione di circostanze della conversazione, afferma di non ricordare assolutamente "perché non c'era motivo di non ricordarselo". A questioni sul COP - l'ente da cui egli, secondo Fiorito, era stato informato - asserisce che a tale Centro Operativo di Pace compete di informare, al di fuori delle ore di servizio, i responsabili dello Stato Maggiore , il capo, il sottocapo, il capo ufficio addestramento operazioni, su tutte le notizie concernenti la Forza Armata o che comunque possano interessare la Forza Armata. Non sa precisare se ciò avvenga, cioè se si debba avvisare il COP ogni qualvolta si verificano incidenti aerei coinvolgenti aeromobili civili. Esclude nella maniera più assoluta che gli sia stato riferito, né quella sera né il giorno dopo, di diversi aerei americani che razzolavano e dell'esistenza di una esercitazione. Ripete che l'indomani mattina s'era parlato dell'ipotesi della collisione, esclusa però nell'immediatezza giacché s'era accertato che tutti i velivoli italiani al tempo dell'incidente erano rientrati così come tutti i velivoli che volavano nell'area, come americani, francesi ed altri.

Dà una definizione più specifica del termine "razzolare". Razzolare non è solo volare bassi ma è anche "andare e venire", cioè ripetere più volte la stessa rotta, tipico delle esercitazioni (v. esame Fazzino Cesare, GI 31.01.92).

Riguardo alla circostanza del traffico americano non meraviglia che il generale Fazzino neghi di averne sentito parlare, considerato che per gli stessi operatori di sala si è accertata una fortissima resistenza ad ammettere che la sera dell'emergenza circolasse quella notizia di cui è traccia incontrovertibile dalle conversazioni telefoniche della sala in quelle ore cruciali del 27.06.80.

Addirittura il capitano Grasselli Mario, che aveva la responsabilità della sala, ebbe a dire di non aver "sentito nessuno parlare di traffico militare nella zona del disastro". Non aggiunge molto sui fatti e le persone che erano in servizio quella sera, ma riferisce circostanze d'interesse sul funzionamento dell'ACC "Non so dire chi sia l'ufficiale ACC menzionato nella telefonata (quella delle 20.22, ndr), non sono di certo io. Devo però dire che l'ACC comprendeva all'epoca anche la Difesa Aerea oltre che i controllori. Gerarchicamente il superiore in grado era Massari e quindi dipendevano da lui sia gli ufficiali ACC del controllo che gli ufficiali ACC della Difesa. Quelli dell'ACC Difesa non avevano radar diversi dai nostri. Potevano però ricevere notizie da altri siti radar della Difesa Aerea. Quelli dell'ACC Difesa potevano perciò essere a conoscenza di un numero di dati superiori a quello nostro. Ritengo perciò che l'ufficiale ACC di cui si parla possa essere più uno dell'ACC Difesa che uno dell'ACC controllo. Se fosse stato uno dell'ACC controllo un fatto del genere avrebbe sicuramente dovuto riferirlo a me. A maggior ragione al maggiore Massari". Dopo aver ascoltato la telefonata delle 20.31, testualmente: "non so dire chi sia il capo controllore con cui parla Trombetta. In effetti dovrebbe essere uno solo e cioè Massari" (v. esame Grasselli Mario, GI 23.07.91).

L'Ufficio sente costui anche in data 10.02.92; nel corso dell'escussione egli fornisce alcune importanti precisazioni riguardo al contatto con l'Ambasciata americana. Dopo l'ascolto della telefonata delle 20.39 (intercorsa tra l'ACC e l'Ambasciata) in primo luogo riconosce la voce dei seguenti interlocutori: Guidi, dalle parolacce; Massari, dalla cupezza della voce; Chiarotti, dall'erre moscia, quest'ultimo ufficiale chiamato perché buon conoscitore dell'inglese. Poi indica nell'ufficio del maggiore Massari il luogo dal quale viene fatta la telefonata. Quindi, circostanza di rilievo, ammette che la procedura adottata, quella cioè di chiamare l'Ambasciata, è utilizzata allorché si perde un aereo "...ossia quando ci perdiamo un aereo, che atterra sulla portaerei, e non chiude il piano di volo, noi per non dichiarare, mettere in moto tutto il soccorso e cose, chiediamo all'Ambasciata...". Questa volta, nella già straordinaria situazione c'è qualcosa di ulteriormente anomalo.

Mentre le altre volte s'è sempre chiamato un certo maggiore Brunswick o al più lo squadrone di Bagnoli, "in questo caso si chiede l'interno 550, che mi sembra che non è la normale procedura". Ricorda di essere lui la persona che dà le informazioni al colonnello Guidi nella telefonata delle 20.23, ma non ricorda in questo colloquio la parola di maggiore importanza e cioè quel razzolare che altri hanno già interpretato, e asserisce, allorché gli si chiede chi avesse dato quella informazione sugli aerei americani, di non ricordare, e "l'unico modo per saperlo è chiederlo al colonnello Guidi. Io d'altra parte prendevo ordini da Guidi e da Massari". Pur riconoscendo, e non poteva altrimenti, la sua voce nelle telefonate ascoltate, non riconosce con sicurezza nel Mario menzionato in quella delle 20.41 se stesso. Afferma soltanto "è possibile. In fin dei conti io ero lì quella sera ed era mio compito come supervisore mettere in moto il meccanismo di normale allertamento alla scomparsa di un aereo" (v. esame Grasselli Mario, GI 10.02.92).

Il tenente La Torre Antonio, controllore terminale Sud Roma, quella sera in servizio al radar, è la persona che ha gli ultimi contatti con il pilota del DC9. E' lui che lo autorizza a scendere, a causa del vento da quota 29.000 piedi a 25.000; che gli consiglia di "accostare" sempre a causa del vento, di circa 15-20 gradi verso Ovest; che lo accompagna sino ai limiti di copertura del radar di sua competenza. Ma non "vede" su quel radar nulla di strano né si accorge della scomparsa del DC9. E' il primo però a riferire un dato d'interesse sulle esercitazioni militari in aerospazi adiacenti o comunque interessanti aerovie civili; se essi avvengono su acque internazionali, le autorità militari comunicano solo "l'esistenza di esercitazioni con la precisazione che il controllo aereo su di essi viene seguito da impianti militari" (v. esame La Torre Antonio, GI 12.11.86).

In un successivo verbale, a contestazione del fatto che nelle registrazioni radar si erano rilevate alcune tracce in prossimità di quella del DC9 afferma che esse devono essere definite spurie in quanto non accertate. Sul suo schermo non rilevò alcuna di queste tracce. Non sa perciò spiegarsi per quale motivo tecnico il computer nella sua registrazione riportò i punti spuri, non trasponendo l'immagine sullo schermo sotto il suo controllo (v. esame La Torre Antonio, GI 13.02.87).

Tale versione è confermata in sede di escussione da parte della Commissione Pisano che lo ha esaminato il 14.04.89.

Nell'esame testimoniale del 18.03.91 precisa di essere stato quella sera al settore terminale Sud Roma (TSR) con frequenza operativa 127.35. All'epoca era quello l'ultimo settore "cui era possibile ricevere il servizio radar. Dopo di che veniva fornito solo servizio procedurale sulla frequenza successiva 128.8, settore Operativo Sud". Non ricorda chi fosse il suo controllore assistente. Specifica che ogni settore era dotato di due schermi radar, uno inferiore l'altro posto sopra; il primo operativo, il Marconi e l'altro di supporto, il Selenia. Ritiene che quella notte fosse operativo il Marconi. Subito dopo cade in piena contraddizione con quanto ha dichiarato alla Commissione Pisano. Qui aveva detto "successivamente vedendo i plottaggi del registratore del radar notai che nell'intorno dell'area dell'incidente erano presenti alcune tracce". Dinanzi a questo Ufficio, due anni dopo, testualmente: "Io non ho mai visto il plotting radar. Ho visto a distanza di tempo su un giornale, mi sembra il Corriere della Sera, il tracciato radar del DC9". Aggiunge "al momento in cui ho istruito il pilota a cambiare di frequenza, il transponder funzionava perfettamente... Fino a quel momento io vedevo regolarmente primario e secondario. Dopo non posso dire quello che è successo, perché l'aereo non rientrava nella giurisdizione mia ed era fuori della mia copertura". Della stessa qualità incerta, controversa e suscettibile di riserve che ne incrinano l'attendibilità le sue affermazioni sulle ipotesi "ci dicemmo un pò in tanti che poteva essere stata una bomba". (v. esame La Torre Antonio, GI 18.03.91).

Nel successivo esame gli vengono contestate tutte le contraddizioni delle sue versioni. Insiste nel dire che i plottaggi di cui ha parlato alla Commissione Pisano erano quelli del "Corriere della Sera". All'epoca esisteva il capo sala, non esisteva il capo controllore né tale termine veniva comunemente usato in sala. Pertanto il capo controllore di cui si parla nella telefonata registrata non sa chi potesse essere ed arriva a dedurre che si tratti di una figura inesistente. Non conosce Trombetta, il capitano del soccorso che lavora nell'ufficio adiacente; non lo ha mai nemmeno sentito nominare. Non sa se in sala fossero venuti Guidi e Fiorito De Falco. Non ha mai sentito parlare di traffico militare statunitense in zona del disastro. Non può rispondere sulla contestazione del PM secondo cui risultando in sala ACC interrogativi sulla presenza di traffico militare in zona si sarebbero dovuti verificare i tracciati radar, "perché questa attività si sarebbe dovuta svolgere nella sala calcolo, dove arrivano le informazioni e si possono ottenere, almeno credo non essendo io un tecnico, le relative stampate". Sullo stesso tono le ulteriori risposte. Unica d'interesse quella sulle esercitazioni militari, in cui ammette che i velivoli operativi pur volando con i transponder in funzione usano dei codici militari segreti, non rilevabili (v. esame La Torre Antonio, GI 23.07.91).

Di nessuna utilità le risposte dell'ulteriore esame, quello in cui gli viene fatta ascoltare la telefonata delle 20.39; qui riconosce Chiarotti e Guidi, ma è incerto su Massari (v. esame La Torre Antonio, GI 10.02.92).

Il terzo individuato è il tenente Corvari Umberto controllore al settore Sud. L'ufficiale viene sentito la prima volta nell'86. Egli era all'epoca del disastro addetto al controllo radio di voli civili nell'area compresa fra circa 100 miglia a sud di Ostia, la Calabria, la Sicilia e Malta. Il settore cioè che includeva l'Ambra 13. In occasione di quell'esame, nell'intento di delimitare la propria competenza dà una serie di notizie sul radar di Fiumicino, che saranno un giorno utili per comprendere la "capacità" dell'impianto Marconi. "All'epoca dei fatti - egli afferma - il Controllo radar di Ciampino aveva una portata di circa 100 miglia a Sud di Ostia. Conseguentemente il Controllo aereo oltre questa linea veniva effettuato via radio attraverso le comunicazioni TBT nonché dai dati rilevati dalla strumentazione di bordo e di terra. La limitazione alla portata radar da me sopraindicata si riferisce alla utilizzazione di sicurezza del radar stesso a fini del controllo del traffico civile, ma ritengo che la portata effettiva del radar stesso sia certamente superiore a quella di sicurezza".

Egli continua nella sua deposizione ricostruendo la sua condotta dal momento della presa in carico del DC9 fino alla perdita del contatto. Se ne riporta un utile stralcio: "allorché il volo Itavia IH870 uscì dalla copertura radar di Roma Ciampino, fu preso in carico da me che provvidi a segnare sulle strisce di volo l'ora di assunzione nel carico e la posizione dell'aereo in quel momento. Immediatamente il pilota dell'aereo mi chiamò sulla frequenza radio comunicandomi di essere a una distanza stimata, attraverso i due strumenti di bordo, da Palermo di circa 115 miglia. Chiesi al pilota allora di darmi uno stimato dell'ora di arrivo a Palermo dato che sullo stesso aeroporto era previsto l'arrivo di un aereo già in contatto con me che precedeva il DC9. Il pilota mi rispose che l'ora prevista di arrivo si aggirava intorno ai 13 minuti. Accertatomi quindi della tranquillizzante distanza di sicurezza tra i due aerei sotto il mio controllo e in assenza di altro traffico, chiesi al pilota di richiamarmi solo quando avesse deciso di iniziare la discesa verso Palermo. La comunicazione fu chiusa dopo che gli comunicai che per il suo volo non c'erano ritardi previsti. Trascorso così qualche minuto credo 4 o 5, allorché io richiamai l'aereo, senza attendere il suo previsto contatto, comunicandogli che quando avesse voluto, avrebbe potuto iniziare la discesa senza alcuna ulteriore autorizzazione per portarsi con le modalità da lui prescelte, fino all'altezza di 8.000 piedi, momento in cui sarebbe stato preso in carico dalla torre di controllo di Palermo per l'avvicinamento definitivo e l'inizio delle procedure di atterraggio. Senonché non ebbi risposta dall'aereo. A titolo precauzionale potendosi ipotizzare il caso di mancato contatto radio con un velivolo, sia per un semplice difetto nelle apparecchiature di trasmissione sia per un disastro o un dirottamento, chiesi ad altro aereo in volo da Malta verso la Sardegna, di chiamare il volo 870, cosa che l'aereo mi comunicò di aver fatto senza risultato. Sempre più allarmato chiesi notizie al centro radar di Palermo e poi a quello di Catania, che a quel punto avrebbero dovuto visualizzare l'aereo, ricevendo in entrambi i casi risposta negativa. In questa attività fui coadiuvato dal capo sala da me chiamato e fu deciso di estendere il controllo anche ad altri settori radio della sala e furono allertati anche i centri di controllo stranieri vicini e fu chiesta anche assistenza al centro radar militare di Marsala. Da Marsala ricordo che venne risposto che negli schermi era visualizzato un aereo sempre nella aerovia Ambra 13 ma in altra posizione che io facilmente individuai nell'aereo proveniente da Malta da me precedentemente interessato. Fin dalla prima perdita di contatto radio, allorché chiesi l'intervento del capo sala venne allertato l'RSC di Ciampino i cui addetti, dopo aver lasciato trascorrere il tempo massimo in cui l'aereo avrebbe dovuto presentarsi all'aeroporto di Palermo, e cioè i 13 minuti stimati dal comandante dell'aereo e comunicati nel momento dell'unico contatto, dettero l'allarme all'RCC di Martina Franca" (v. esame Corvari Umberto, GI 12.11.86).

Come si nota, Corvari come gli altri presi in esame, non ricorda di voci di presenza di traffico militare, tanto meno statunitense. Molto più stringata la sua deposizione dinanzi alla Commissione Pisano: circa dodici righe. Qui però gli viene posta la domanda sulla presenza di velivoli statunitensi. Il problema s'era posto alla Commissione. Egli però sempre stringatamente risponde anche su questo punto: "Non sono a conoscenza della presenza di velivoli stranieri in zona la sera del 27.06.80" (v. deposizione Corvari Umberto, Commissione Pisano 14.04.89).

Esaminato di nuovo da questo GI non ricorda i nomi dei suoi controllore assistente e assistente controllore che quella sera prestavano servizio al suo fianco al settore sud. Riferisce dello sbigottimento generale, ma nega che fossero state fatte ipotesi di abbattimento del velivolo. Egli dapprima stimò che si fosse verificata un'avaria radio o che il pilota per distrazione avesse dimenticato di cambiare la frequenza radio. Quindi ritenne, allorché Palermo avvicinamento ed altri enti vicini riferirono di non aver avuto contatto radio, che fosse avvenuto un dirottamento in considerazione delle forti tensioni del momento nel Mediterraneo. Solo quando i radar della Sicilia riferirono di non vedere aeromobili in zona, egli fece l'ipotesi della caduta (v. esame Corvari Umberto, GI 18.03.91).

Di fronte alla contestazione delle telefonate, in particolare di quella delle 20.41 e 20.23 assume atteggiamento in tutto simile a quello degli altri suoi colleghi. Anzi in certi punti appare più reticente di coloro che lo hanno preceduto.

Dapprima non riconosce la voce di Guidi e la attribuisce ad un controllore anziano certo Pistoia, mai menzionato da altri e che sicuramente non aveva le stesse funzioni che mostra di avere colui che parla romanesco nella prima telefonata. Solo in seguito a diverse titubanze dichiara, ma sempre con molta incertezza, che la persona in questione potrebbe essere Guidi. Più realista del re. Dà poi nomi di persone, che però non ricorda se fossero presenti quella sera: Setzu, Galatolo, Cervesato (in seguito dirà che lo hanno sostituito per tre ore, da mezzanotte alle tre al suo settore). Fa poi un'importante ammissione: dichiara di aver parlato con Siracusa. Nega però di aver mai riferito in sala o al capo sala - pur ammettendo ulteriormente di aver parlato con Marsala - della presenza di aerei militari americani che razzolavano in zona e asserisce che di una notizia del genere ha sentito parlare per la prima volta nel 92 e solo dai giornali. Anche a seguito di molteplici contestazioni nega di aver dato o ricevuto od anche solo percepito una informazione del genere.

Pur ammettendo che egli era colui che aveva i contatti con i radar siciliani e cioè Marsala e Siracusa, nega che alcuno dei controllori di quei siti gli abbia riferito quelle circostanze. Ipotizza che "l'ente operativo della Difesa Aerea ... completamente avulso dalla sala Controllo ... altre persone con altre attitudini con altri specifici compiti" possa essere stata la fonte di quella notizia. Non sa però fare nemmeno un nome di coloro che vi prestavano servizio. Sa dire solo che vi erano addetti dei sottufficiali della Difesa Aerea Tattica, che operavano su linee sottoposte a registrazione - quelle registrazioni che non vengono prelevate e sigillate da Massari e quindi non saranno sequestrate né più acquisibili agli atti. Nega di aver parlato con i giornalisti. Confonde Guidi con Massari.

Fornisce una spiegazione non credibile alla dichiarazione del precedente marzo in cui omise di elencare tra i siti chiamati quello di Siracusa - perché potrebbe averlo chiamato il suo assistente, di cui prima non ricordava il nome e poi ne ricorda più versioni (v. esame Corvari Umberto, GI 10.02.92).

Quindi a poco più di un'ora dal disastro secondo quanto risulta dalle conversazioni telefoniche, l'ACC della RIV diffonde la notizia secondo cui vi era traffico militare americano intenso in zona e nel periodo dell'incidente, notizia che all'ACC è con ogni probabilità pervenuta tramite la postazione della Difesa Aerea da radar siti nel Meridione più precisamente siciliani. Questa notizia viene diffusa a più enti nell'ambito di pochi minuti. Se ne tenta il riscontro presso più siti ed in esito si accetta il risultato negativo delle verifiche. Se ne parla sino al mattino successivo.

A questo proposito il capo sala operativa maggiore Massari Porfirio il 14.08.80 ha dichiarato: "Venuto a conoscenza del mancato contatto radio del volo in oggetto dopo aver avvisato, via telefono, tutti gli enti di controllo limitrofi e quelli della Difesa, informavo il Sottocentro di soccorso di Ciampino verbalmente in quanto il suddetto Sottocentro è attiguo alla sala operativa di Controllo".

Ma nell'ordine di ricostruzione della notizia di attività statunitensi c'è da considerare anche il rapporto operativo del controllore dell'RCC di Martina Franca, indirettamente menzionato nella relazione Pisano ed acquisito in originale da questo Ufficio.

Tale documento, definito anche quaderno di stazione o brogliaccio del soccorso, riporta la cronologia degli avvenimenti entro due colonne: la prima dedicata all'ora (l'orario è quello locale), la seconda alla descrizione. Ad ore 10.27, ovviamente post meridiem - peraltro l'annotazione precedente è ad ore 22.22 e quella seguente ad ore 10.34 corretta in 22.34 - e quindi ad ore 20.27, a un'ora e trenta circa dalla scomparsa del DC9, si annota "comunica uff. ACC Roma che in zona incidente trovasi traffico americano, chiede se necessario informare Ambasciata per notizie". La parola "comunica" viene poi cassata - non sappiamo quanto tempo dopo - dalle parole "tel. Bruschina che".

Nella relazione Pisano all'allegato G-3 si riferisce che l'ufficiale di servizio al momento della comunicazione ha rilasciato dichiarazioni in merito. In effetti il colonnello Nello Barale - ufficiale dell'AM chiamato dalla Commissione Pisano a svolgere indagini sul soccorso - a chiarimento di quella annotazione, l'11.04.89 a Martina Franca, poneva al capitano Giovanni Smelzo, alcuni interrogativi e cioè: da chi provenisse la comunicazione; chi avesse effettuato l'annotazione; perché si era chiesto di interessare eventualmente l'Ambasciata USA; quale azione fosse stata intrapresa.

Il tenente Smelzo aveva risposto che la comunicazione era pervenuta dall'RSC di Ciampino, nella persona del maresciallo Bruschina, che a sua volta aveva ricevuto la notizia dall'ACC di Roma. L'annotazione era stata compiuta dal maresciallo Marzulli in servizio presso l'RCC. L'Ambasciata statunitense sarebbe stata chiamata per chiedere eventualmente l'intervento di mezzi USA in supporto alle operazioni di soccorso. Quanto alle azioni intraprese, era stato interessato il capo controllore del SOC, il quale aveva escluso la presenza di portaerei americane in zona; di conseguenza non era seguita alcuna azione dell'RCC.

Smelzo, il 22.06.91, alla fine conferma le risposte fornite a Barale e dichiara che l'annotazione sul quaderno di stazione non è stata da lui redatta bensì dal maresciallo Marzulli. La notizia gli fu riferita a voce dallo stesso maresciallo e per averne conferma si rivolse al SOC, che aveva sede nello stesso piano dell'RCC, parlando con il capo controllore cioè il maggiore Patroni Griffi.

Non ricorda se ha "autorizzato" Ciampino, cioè l'RSC, a chiamare l'Ambasciata USA - "è possibile che abbia detto a Ciampino di chiamare" - né ricorda se lo ha fatto prima o dopo la risposta di Patroni Griffi. Precisa un particolare di rilievo e cioè che non era mai accaduto che si chiamasse l'Ambasciata in caso di soccorso. Non ricorda se fece altre telefonate concernenti il traffico militare americano né se parlò con ufficiali dell'ACC di Ciampino. Ammonito a dire la verità su quanto aveva fatto per accertare la presenza della portaerei americana, risponde che non è in grado di ricordare, giacché "è passato tanto tempo" (v. esame Smelzo Giovanni, GI 26.07.91).

Il maresciallo Marzulli dell'RCC di Martina Franca in data 01.07.91, ricorda di aver parlato quella sera su Roma con il maresciallo Bruschina e con il capitano che gli sembra fosse Trombetta. Non ricorda però quante siano state le comunicazioni con Bruschina, né i contenuti delle singole telefonate. Non ricorda telefonate nelle quali si sia parlato di Ambasciata americana. Comunque ove si fosse trattato di americani, questi sarebbero stati chiamati solo per sapere se vi erano loro mezzi in zona e quindi per l'ausilio nelle ricerche. Autorità americane da contattare a tal fine erano esclusivamente a Napoli. Era avvenuto che si fossero rivolti a questo ente di Napoli per avere informazioni su esercitazioni o sulla presenza di mezzi aeronavali in zone d'interesse. Ammette di aver seguito sui mezzi di informazione le vicende e le polemiche su Ustica, ma di non essere stato stimolato nella memoria di attivazioni con gli americani.

Dopo l'ascolto della telefonata ad ore 20.22 (Marzulli-Bruschina), riconosce la propria voce, riconosce quella del suo interlocutore, ricorda il contenuto della conversazione. E cioè che Bruschina aveva saputo dal capo controllore che in zona c'era stato traffico militare americano intenso; che ne aveva parlato immediatamente con Smelzo; che era assolutamente impossibile "lasciare" ovvero trascurare una notizia del genere. Asserisce di non ricordare altri particolari se non qualcosa di concernente Napoli.

Ammonito, ribadisce di ricordare, anche se non con la massima sicurezza, di aver chiamato Napoli e cioè l'ente americano di cui ha già parlato, e ammette che potrebbe aver chiamato il capo controllore Patroni Griffi, chiedendogli di informarsi sulla presenza di mezzi americani in zona.

Ammonito nuovamente sulla base del contenuto della telefonata, testualmente risponde "per il lavoro che facevo a me interessava solo il soccorso. Era irrilevante sapere come fosse successo il disastro. Sarebbe stato rilevante sapere solo se c'era una portaerei, perché ciò avrebbe consentito l'intervento di elicotteri. Se ci fossero stati soltanto degli aerei, ciò per me sarebbe stato irrilevante e non di mia competenza".

Ammette che non sa spiegarsi a cosa servisse l'Ambasciata americana. Non sa spiegarselo ora, al momento dell'esame testimoniale ed anche allora, al tempo della telefonata, stimò probabilmente che l'Ambasciata non c'entrasse nulla.

A contestazione se si fosse posto il problema di cosa c'entrasse l'Ambasciata americana, testualmente risponde: "io ho preso la notizia e basta. Non ricordo cosa abbia fatto Smelzo. C'erano due ufficiali superiori. Io posso essermi anche assentato. L'altro ufficiale superiore era il colonnello Lippolis, che ci aveva raggiunti nell'ufficio dell'RCC, di cui egli era il comandante". (v. esame Marzulli Pietro, GI 01.07.91 h.12.20)

Dopo aver riflettuto circa nove ore dichiara che il riferimento fatto da Bruschina all'Ambasciata americana potesse essere stato determinato da incompetenza di costui o anche da incompetenza propria per ignoranza di un canale che Bruschina conosceva. (v. esame Marzulli Pietro, GI 01.07.91 h.22.53).

Nel successivo esame dichiara di poter essere entrato in contatto sia con il COSMA che con il COP. Di altra telefonata in cui si menziona traffico militare americano, quella delle ore 21.45, riconosce le voci di Smelzo e di Patroni Griffi. (v. esame Marzulli Pietro, GI 26.07.91).

Nell'ultima escussione, dopo aver riconosciuto delle voci di conversazioni telefoniche e interpretato due diminutivi, riferisce che quando vi era bisogno di avere notizia su velivoli americani, si faceva capo al Centro Nato di Bagnoli (NA), ove conosceva anche un ufficiale di nome Nadzer o Nadzet. (v. esame Marzulli Pietro, GI 14.01.92).

Il maresciallo Bruschina, colui che chiama Smelzo alle ore 20.22 e gli comunica del traffico americano molto intenso in zona e nel periodo, era all'epoca addetto alla radio dell'RSC di Ciampino e la sera del disastro si trovava in servizio.

All'inizio del primo esame, ricorda ben poco, sia perché, asserisce, il disastro era avvenuto fuori giurisdizione - di Martina Franca e non di Ciampino - sia perché erano passati diversi anni. Non ricorda se ha parlato con un certo Marzulli, pur conoscendo un Marzulli Pietro che crede prestasse servizio nella Puglia, a Martina Franca. Non ricorda chi fosse di servizio con lui quella sera. Allorché glielo si contesta, ritiene che il maresciallo Bozicevich potrebbe essere stato in servizio quella sera.

Dopo questa contestazione ha un improvviso ritorno di memoria e spontaneamente dichiara che poco tempo dopo l'incidente, da dieci a sessanta minuti, un addetto al Controllo di Roma Ciampino, si era affacciato all'ingresso dell'RSC - che dava direttamente sulla sala radio (la situazione dei luoghi ad oltre un decennio si è modificata ed è questa una delle tante estreme difficoltà in cui si è mossa l'inchiesta) - e gli aveva detto di avvisare Martina Franca che in zona c'era traffico militare americano, e ciò al fine di "rimbalzare" il messaggio ai piloti degli elicotteri che in quel momento si stavano avviando sull'area dell'incidente. Proprio Bruschina aveva supposto si trattasse di una portaerei, cioè che vi fosse anche una portaerei.

Subito dopo nuova caduta della memoria. Non sa dire chi fosse la persona che gli aveva riferito del traffico militare americano, anche se è sicuro che era uno del Controllo, conosciuto di vista. Non sa dire che grado avesse, anzi non sa nemmeno se fosse un militare o un civile, anche se - deve ammettere - all'epoca il Controllo era nella competenza militare. Per giustificare la sua risposta deve affermare - anche se subito dopo dice che non ne è certo - che questa persona al momento in cui si affacciò nel suo ufficio, era in abiti borghesi.

Non sa dire come il Controllo potesse avere individuato o comunque sapere di questo traffico, anche se afferma che dalla visione del radar quelli del Controllo potevano individuare decolli ed atterraggi su portaerei. Giustifica il fatto di aver parlato di portaerei, giacché un traffico aereo può concentrarsi in alto mare solo se vi è una portaerei. E proprio questo tipo di traffico può costituire, con gli atterraggi e i decolli, pericolo per gli elicotteri che volano ad altezze non elevate.

Ricorda di aver trasmesso a Martina Franca la comunicazione del Controllo. Ricorda anche la ragione per cui rammenta le circostanze sopra menzionate. Nell'immediatezza la comunicazione del Controllo gli sembrò "gratuita" ovvero senza importanza; solo ad alcuni giorni di distanza, allorché apparvero sulla stampa le prime ipotesi di abbattimento dell'aereo, quell'avviso gli tornò alla mente e gli si impresse.

Non ricorda se nel corso delle conversazioni predette fece menzione dell'opportunità di interessare l'Ambasciata degli Stati Uniti. Ricorda solo che qualcosa fu detto a proposito dell'Ambasciata americana, ma non ricorda se dalla persona del Controllo o se da quelli di Martina Franca. Egli comunque non chiamò la legazione statunitense. Specifica infine cosa intende per "zona" e cioè un'area non vasta, che i velivoli del soccorso avrebbero dovuto attraversare e nella quale avrebbero dovuto operare; e, quanto alle modalità di conoscenza del traffico americano da parte del Controllo, che tale notizia oltre che dalla visione del radar, la si sarebbe potuta apprendere anche da comunicazioni telefoniche o scritte come i Notam (v. esame Bruschina Roberto, GI 11.06.91).

Nel successivo esame testimoniale ricorda, sulle fattezze del soggetto del Controllo che gli fece la comunicazione in questione, solo che dimostrava una trentina di anni. Esclude che fosse un aviere, perché costoro sono molto giovani e indossano sempre la divisa, mentre il nostro era, come detto, in borghese e quindi poteva essere sia un ufficiale che un Sottufficiale. Descrive poi i locali del suo ufficio, compilandone anche uno schizzo planimetrico; dapprima una sala radio, su cui si apriva la porta dell'ufficio; poi la sala operativa con i telefoni. Egli lavorava, come detto, alla radio; ricevette, essendo il suo ufficio nel primo locale, la comunicazione; quindi, dal momento che gli altri due del suo ufficio erano impegnati ai telefoni, chiamò personalmente Martina Franca. Parlò per telefono, anche se avevano contatti radio, oltre che con i velivoli del soccorso aereo dipendenti, sia con la rete nazionale dei Centri del soccorso, sia con la rete internazionale collegante i capimaglia di tutti i Paesi del Mediterraneo.

Ribadisce che il traffico intenso cui si era fatto riferimento era un traffico militare statunitense e conferma che in occasione di disastri non si era mai fatto capo ad ambasciate.

Dopo l'ascolto della telefonata delle 20.22, la riconosce, si ricorda che il suo interlocutore era un ufficiale ed ammette che il contenuto della telefonata è diverso da quello che ricordava. Dichiara che gli aerei del traffico militare americano avrebbero potuto ausiliare il soccorso riferendo il punto in cui il velivolo civile si era inabissato, sia per averlo visto direttamente, sia per averlo visto attraverso i radar della portaerei. Pur a contestazione che la frase "siccome c'era traffico americano in zona molto intenso" ci si riferiva a tempo diverso da quello della telefonata e quindi ci si riferiva ad interesse non direttamente collegato al soccorso, ribadisce la sua interpretazione che appare nella sua incongruenza e cioè che "il discorso era finalizzato alle preoccupazioni delle interferenze con gli elicotteri del soccorso".

Non tentarono di mettersi in contatto diretto con la portaerei né con gli aerei, perché una simile procedura non era prevista né essi avevano le relative frequenze (v. esame Bruschina Roberto, GI 20.06.91).

Esaminato per la terza volta nel giorno immediatamente seguente asserisce di non aver ricordato chi fosse l'ufficiale della notizia. Non conosce diversi controllori che avevano operato quella sera nella sala operativa dell'ACC di Ciampino e cioè Grasselli, La Torre, Corvari. Esibitagli della documentazione sequestrata presso l'RSC, non riconosce la sua grafia in un appunto manoscritto, sicuramente concernente la caduta del DC9 Itavia - sia perché v'è riportato un ultimo rilevamento al punto Condor, sia perché v'è descritta la rotta di un Itavia 870 DC9, sia perché v'è un conteggio di persone a bordo sostanzialmente coincidenti con quelle sull'IH-870 - e sul quale appare come ultima annotazione il numero telefonico di "Attache amb.ta USA 4674 int. 550".

L'appunto, afferma, potrebbe essere stato scritto dal suo collega maresciallo Bozicevich. Riconosce invece diverse annotazioni sul quaderno di stazione, precisando che egli registrava secondo l'orario zulu, diversamente da Bozicevich.

Nel terzo documento esibitogli, di cui si rileva l'importanza nel paragrafo dedicato a colui che lo redasse, gli sembra di riconoscere la grafia di Trombetta, e cioè del capitano suo diretto superiore, responsabile dell'RSC (v. esame Bruschina Roberto, GI 21.06.91).

Esaminato per la quarta volta, Bruschina continua con i "non ricordo". Non ricorda altre telefonate. Non ricorda se al momento della telefonata in questione (quella delle ore 20.22) fosse presente il capitano Trombetta, anche se presume che dovesse essere già arrivato, essendo avvenuta la telefonata a circa un'ora e mezza dall'evento ed essendo l'abitazione del suo superiore a mezz'ora - tre quarti d'ora di tempo da Ciampino. Contestatagli la telefonata delle 20.31 ("pizza" B - Martina Franca - canale 10 giro 310), quella in cui Trombetta afferma "qui... stava parlando il capo controllore che lì ci doveva essere la portaerei", dichiara di non avere ricordi di tutta la notte. Non conosce il capo controllore. Non ha scritto il numero dell'Ambasciata. Ribadisce che non ha ricordi di quella notte. Non ricorda se lo ha passato ad altri. Non sa nulla della chiamata del capo controllore all'Ambasciata americana. Conosceva alcuni ufficiali dell'ACC, ma solo di vista e non di nome. (v. esame Bruschina Roberto, GI 24.07.91)

I due che prestarono servizio quella sera con Bruschina all'RSC sono, come già s'è detto, il capitano Trombetta - di reperibilità a casa, e richiamato in ufficio - e il maresciallo Bozicevich - di turno in ufficio, addetto alla sala operativa o Ufficio Operazioni per le comunicazioni telefoniche.

Bozicevich ammette di aver chiamato, subito dopo la comunicazione da parte dei "controllori" della scomparsa del DC9 Itavia, il capitano Trombetta a casa. Ricorda di aver fatto numerose altre telefonate, tra cui ai Carabinieri, alla Marina, agli elicotteri del 15° Stormo, a Martina Franca, con le diverse linee telefoniche di cui la sala disponeva: la SIP, la militare, la militare aeronautica ed altre. Ricorda che tutte le comunicazioni venivano segnate su un brogliaccio, anche se a volte ciò avveniva in un secondo momento, perché nell'immediatezza si riusciva solo a prendere appunti che di seguito venivano trascritti sul quaderno. Così s'è fatto anche la sera di Ustica, ma in esito "il brogliaccio fu preso dall'ufficio del comandante e collocato in un armadio di sicurezza tipo cassaforte ... Quel brogliaccio è stato messo da parte e non più usato; ricordo che dovemmo iniziarne un altro. Non so dove sia finito il brogliaccio". Ricorda però di conversazioni che facevano menzione di traffico militare statunitense. Ricorda anche che sulla frequenza 6715, quella del soccorso, si sentivano frasi in americano, sia prima che dopo la segnalazione dell'incidente, e che tali comunicazioni in americano disturbavano a tal punto che il soccorso non riusciva a parlare con gli elicotteri. Non ricorda se si sia parlato di Ambasciata americana. Dopo aver ascoltato la conversazione delle 20.22 Bruschina-Martina Franca, dichiara di non ricordare assolutamente quella telefonata, né se Bruschina gliene avesse parlato (v. esame Bozicevich Massimiliano, GI 20.06.91).

Esaminato di nuovo, conferma che il capitano Trombetta era stato chiamato subito dopo la notizia della sparizione del DC9 e che aveva raggiunto Ciampino in breve tempo giacché abitava nella zona delle Tre Fontane.

Esibitigli i documenti già mostrati a Bruschina, riconosce la sua grafia in annotazioni sul quaderno di stazione. La riconosce anche sull'appunto in cui appare l'annotazione concernente l'Ambasciata americana, ma asserisce di non conoscere il significato della parola "attachè" che legge secondo la pronunzia italiana. Contestatogli che si tratta di parola francese che significa addetto, dichiara di non conoscere le lingue. Contestatogli che, avendo di certo appreso oralmente il testo dell'appunto, ha trascritto con esattezza il termine francese, dichiara "parlavo solo l'inglese alla napoletana". Non ricorda chi gli ha dato l'informazione. Non sa spiegare il significato della lettera "F", scritta ad inchiostro rosso, annotata sotto l'appunto. Afferma che se è scritto "attaché" l'annotazione forse si riferisce a un addetto francese. Afferma altresì di non aver avuto contatti con l'ufficiale ACC che avrebbe parlato di traffico militare statunitense intenso.

Sulla "F" in calce all'annotazione dà poi un'altra spiegazione: potrebbe essere la sigla di un velivolo impiegato nel soccorso. Contestatogli che sugli appunti in questione i velivoli del soccorso sono sempre indicati con cinque lettere e che comunque esso teste barra con linee orizzontali gli argomenti, per cui tra l'appunto "attaché" e la "F", se si fosse trattato di argomenti diversi, sarebbe stata tracciata una linea divisoria, dichiara "non ricordo più nulla". Ammonito, ripete "non ricordo più nulla, ripeto. Chiedo tempo per riflettere".

Sospeso l'esame e riaperto dopo circa cinque ore, si deve prendere atto che il teste versa in stato di prostrazione e ripete di continuo di "non farcela a ricordare le circostanze" richiestegli (v. esame Bozicevich Massimiliano, GI 01.07.91).

A distanza di qualche giorno ad inizio di esame, spontaneamente dichiara "Sono molto sofferente, la psicosi non mi funziona più. Mi hanno ammazzato. Non voglio parlare più". Risponde poi che non sa chi fosse il capo controllore in servizio quella sera, affermando però che doveva essere un maggiore o un capitano.

Fattigli i nomi di Massari, Grasselli e La Torre, dice di aver sentito i nomi del primo e del terzo, ma di non sapere se fossero in servizio la sera del disastro. Spontaneamente aggiunge "erano turnanti. Non so dire chi fosse. Ero già pazzo, ma da quella sera ... Meno male che a un certo momento è venuto il capitano Trombetta e ha cacciato via tutti". Alla fine ammette "quel numero (dell'Ambasciata nde) credo di averlo avuto da uno del Controllo" (v. esame Bozicevich Massimiliano, GI 24.07.92).

Esaminato per la quarta volta, non ricorda chi fossero le persone del Controllo che spesso entravano nell'RSC, né se tra loro vi fosse il capo controllore. Non ricorda di qualcuno che parlava con Bruschina di traffico militare americano. Contestatogli che Trombetta aveva dichiarato di aver udito Bruschina parlare con qualcuno di intenso traffico americano, non ricorda, "faccio sforzi, ma non riesco a ricordare". Contestatogli che al momento in cui Trombetta ha percepito il discorso di cui sopra, egli, dando le spalle al Bruschina e al suo interlocutore, stava parlando con esso Bozicevich, per cui questi poteva percepire come Trombetta e addirittura vedere l'interlocutore di Bruschina, risponde nuovamente che non ricorda questo interlocutore, ricorda soltanto che Bruschina diceva "che c'era un traffico intenso in quella aerovia, che l'avevano visto al Controllo ... che c'era un traffico di esercitazione e che c'era pure un'esercitazione" (v. esame Bozicevich Massimiliano, GI 23.01.92).

Trombetta, comandante del sottocentro del soccorso di Ciampino, all'epoca col grado di capitano, è stato anche lui più volte esaminato sulla vicenda e ha reso dichiarazioni inattendibili per più verbali e solo al termine ha manifestato segni di resipiscenza.

La sera del disastro, afferma, fu avvisato a casa dal maresciallo Bozicevich e dopo aver impartito disposizioni per telefono raggiunse l'aeroporto nell'ambito di mezz'ora dal momento in cui era stato notificato al reparto l'evento, abitando egli a una quindicina di minuti da Ciampino. Al reparto trovò, oltre Bozicevich, Bruschina. Descrive quindi dettagliatamente i collegamenti radio e telefonici del suo reparto e le modalità della registrazione delle comunicazioni; esse non avvenivano presso il reparto, bensì presso gli interlocutori; le comunicazioni con l'ACC e l'RCC sarebbero state registrate cioè a Ciampino e a Martina Franca, come in effetti s'è verificato. Descrive poi in particolare i rapporti con l'ACC - particolarmente rilevanti ai fini della vicenda in questione. Abitualmente essi avvenivano tramite telefono punto a punto; a volte erano necessarie presenze di persona e in tali casi erano il capo controllore e i supervisori - i controllori erano alle consoles e non potevano abbandonarle - che raggiungevano l'RSC. All'epoca c'erano supervisori alla sala operativa e supervisori ai settori. Sia il capo controllore che i supervisori erano ufficiali.

A questo punto, allorché s'entra nel merito dell'episodio, iniziano i ricordi errati o parziali. Asserisce, in primo luogo, di non aver visto, quella sera, nessuno dell'ACC, né i due sottufficiali gli riferirono di aver ricevuto "visite" di personale dell'ACC. Gli sembra che all'epoca fosse comandante dell'ACC e della RIV il colonnello Guidi. Se non ricorda male, ricorda che Bruschina aveva parlato della possibilità di richiedere l'intervento degli americani "per la ipotesi che navi della 6a Flotta fossero presenti nel Mediterraneo".

Presume che ne parlasse al telefono, di certo non a lui; non sa, ovviamente, con chi stesse parlando. Stimò - ricorda - non praticabile la strada, giacché si sarebbe dovuto passare con la linea SIP attraverso il comando USA di Agnano, quello stesso ente che veniva contattato ogni qualvolta si verifica Incerfa per quei voli statunitensi con decollo da territorio italiano e atterraggio su portaerei senza chiusura del volo. Afferma comunque che a sua memoria non è stato mai richiesto il soccorso statunitense in caso di incidenti aerei. Qualora vi fosse stata notizia della presenza di unità aeree o navali statunitensi in zona, avrebbe dato disposizioni per conoscere la specie del traffico aereo, chiedendo sia al controllo del traffico (ACC, Torri e Flight Information Center) sia interessando l'ente della Difesa Aerea competente. Non conosce altri canali per queste informazioni né ritiene che ne esistano.

Asserisce poi che non gli fu riferito di alcun traffico militare statunitense in zona, né capisce chi avrebbe dovuto riferirglielo, e prosegue in questo suo atteggiamento rispondendo alla successiva domanda che una notizia del genere, qualora a conoscenza di uno dei suoi dipendenti, non avrebbe dovuto essergli riferita nella qualità di comandante del Reparto.

Ammonito e a precisa domanda se un fatto del genere dovesse essere riferito al comandante del Reparto, risponde - modificando sostanzialmente la precedente risposta - "presumo di sì". A domanda se il fatto gli fu riferito, risponde di non ricordare; ricorda soltanto di aver captato una telefonata di Bruschina e ritenendo che costui stesse parlando di soccorso e salvataggio, scartò l'ipotesi per i motivi già detti. Si riferisce ovviamente al discorso sulla possibilità di richiedere l'intervento degli americani "per la ipotesi che navi della 6a Flotta fossero presenti nel Mediterraneo".

Bruschina non ritornò sull'argomento. Nemmeno in occasione delle polemiche su presenze militari in zona; la sua memoria è stata stimolata su quel discorso di Bruschina. Comunque su tutte le comunicazioni di quella sera furono presi appunti che tuttora conserva.

Da queste dichiarazioni e da quelle di Bozicevich che aveva parlato della "chiusura" del quaderno di stazione dopo l'evento di Ustica e la sua conservazione nella cassaforte del comandante prese le mosse il decreto di perquisizione e sequestro nell'ufficio del maggiore Antonio Trombetta, nella sede del Sottocentro Coordinamento Soccorso Aereo dell'aeroporto di Ciampino (v. decreto di perquisizione e sequestro 20.06.91); perquisizione che portò al sequestro del quaderno contenente, tra l'altro, annotazioni sul contatto con l'Ambasciata americana e la cronologia dei soccorsi effettuati nei giorni 27 e 28 giugno.

Costui riferisce inoltre di aver redatto due "stralci" sull'evento. Un primo richiestogli dall'RCC sull'attività compiuta quella sera; un secondo richiestogli dal livello superiore sull'attività del Reparto in merito al disastro di Ustica. Quest'ultimo ritiene dovesse essere usato per una relazione della Commissione Pisano, dalla quale non è mai stato interrogato.

Non ricorda se negli "stralci" ha fatto menzione della telefonata di Bruschina; non ricorda se negli appunti usati per la redazione degli "stralci" ci fossero annotazioni relative a questa telefonata; non ricorda se Bruschina avesse parlato di qualche altra circostanza.

Ammonito nuovamente dichiara "può darsi che si sia parlato di Agnano o dell'Addetto militare statunitense. Ricordo che una volta abbiamo fatto un'esercitazione internazionale di soccorso con la 6a Flotta e l'ordine di esercitazione ho dovuto portarlo personalmente all'Ambasciata americana a Roma. Non abbiamo un canale con l'Ambasciata. Fu un caso eccezionale. Non saprei a chi rivolgermi ... Al Comando di Agnano ... non pervengono soltanto le richieste di cui ho parlato (quelle su cui s'è diffuso a lungo e concernenti esercitazioni; nde) ma anche richieste interessanti il soccorso".

A questo punto del verbale, il PM rileva che per avere una risposta sulla possibilità di attivazione del soccorso da parte statunitense sono occorse due ore di esame testimoniale. Dopo aver specificato le modalità del contatto con Agnano ammette di non essere mai ricorso alla collaborazione degli americani, e che comunque la procedura non prevede passaggi attraverso l'Ambasciata americana, tanto meno attraverso gli uffici degli addetti militari. Non ricorda se Bruschina fece menzione dell'Ambasciata americana.

Contestatogli che esiste registrazione della telefonata di Bruschina, ribadisce che non ha altri ricordi della conversazione di costui.

Ascoltata la registrazione, ripete che non ha memoria di quella telefonata, e che Bruschina non gli ha riferito di essa. Contestatogli che dal contenuto della telefonata s'evince che attraverso la presenza in zona di traffico militare statunitense si sarebbe potuto desumere il punto di caduta del velivolo civile, risponde che gli elementi forniti dal Controllo erano sufficienti per iniziare le operazioni di soccorso.

Contestatogli, a richiesta del PM, che appare incredibile che la presenza di portaerei e aerei americani in zona fosse indifferente all'organizzazione di operazioni di soccorso, risponde "non so cosa rispondere". Ammonito ancora, dichiara di non aver ritenuto il discorso sulla presenza americana utile ai fini del soccorso.

A questo punto il teste è ammonito nuovamente e formalmente invitato a riflettere sulla inattendibilità delle sue risposte; quindi l'esame viene sospeso (v. esame Trombetta Antonio, GI 20.06.91).

Esaminato nuovamente l'indomani, ad inizio di verbale dichiara di aver avuto modo di riflettere e di ricordare alcune circostanze. Dopo aver dato risposte sulla documentazione sequestrata presso il suo ufficio, dichiara che non sa spiegarsi il numero dell'Ambasciata americana su un appunto di cui s'è detto sopra. Rilevando che se è stato scritto dopo un'annotazione relativa all'incidente occorso all'I-BADE nei pressi di Pisa, registrata alle ore 22.25, ritiene che quell'annotazione possa essere stata registrata prima del suo arrivo al reparto che colloca tra le 22.45 e le 23.00 - tutti questi orari in ora locale; nde.

Contestatogli che nell'esame del giorno prima aveva dichiarato di aver percepito il contenuto della telefonata, riprende la serie dei non ricordo. "Non ricordo, non avendo la collocazione temporale della telefonata, se ho percepito direttamente la telefonata e se il contenuto di essa mi è stato riferito dallo stesso Bruschina ... Ho ricordato anche, a proposito della presenza di mezzi statunitensi, che ad una certa ora Martina Franca riferì che tramite il SOC aveva accertato che la notizia era infondata. Non ricordo però se la notizia direttamente fu presa da me o da altri" (v. esame Trombetta Antonio, GI 21.06.91).

Proseguendo nella serie di telefonate in cui si menziona il traffico militare americano, la terza di quelle che costituiscono i passaggi fondamentali di questa vicenda, intercorre tra Martina Franca RCC e Roma COP e coloro che parlano sono il tenente Smelzo e il maresciallo Berardi.

Di interesse in primo luogo le battute registrate, ovviamente presso l'ente chiamante, prima che si stabilisca la comunicazione. Voce non identificata ripete quanto risultava dalla prima telefonata, quella delle 20.22, e cioè che: ufficiale dell'ACC aveva comunicato all'RSC di Ciampino la presenza di traffico americano, che (inc.) "Ambasciata per notizie", "parecchio traffico, però è di quelli non... c'è...". Proprio in questo istante si apre la conversazione tra i due siti. Al tenente Smelzo risponde il maresciallo Berardi, che immediatamente mostra il suo carattere. Al tenente che chiede dell'ufficiale risponde "eh, guardi dica a me per cortesia, non cerchiamo sempre l'ufficiale" e alla seguente battuta di Smelzo "cioè no... è una cosa abbastanza seria", ribatte "e perché io mica mi metto a ridere quando mi dite...".

Dopo questo non simpatico inizio si ha la conferma che il COP era già stato avvisato, come si riscontra che il COP è già tempestato di chiamate: "un attimo che chiamano da 700 posti" esclama infatti Berardi.

Segue una sorta di dialogo tra sordi, giacché mentre Smelzo tenta di comunicare l'ultimo punto noto, l'altro richiede più volte chi abbia detto che l'aereo è caduto, preoccupandosi dell'enorme numero di telefonate che sarebbe costretto a fare se fosse certo che è caduto. Smelzo, sulla base della notizia del traffico militare americano, chiede se il COP sa di presenza di portaerei. Ma Berardi ribatte più volte, interrompendo anche il discorso del suo interlocutore, che una notizia del genere deve saperla Martina Franca "deve saperlo Martina Franca perché ha i radar nella zona" e "più di loro non lo sa nessuno".

Smelzo, accogliendo l'invito, dopo aver detto che Martina Franca non lo sa, verifica nuovamente in modo piuttosto semplicistico la conoscenza del suo sito, girando il quesito non si sa a chi, ma con ogni probabilità alla "vasca" ove si trovavano anche le postazioni della Difesa come è presumibile anche in base a una risposta che dà ad un successivo "invito" di Berardi. All'affermazione di Smelzo secondo cui Martina Franca non sa nulla, Berardi aveva già esclamato, nel tono che appare gli sia solito, "e figuriamoci se lo sa lo Stato Maggiore!". Segue l'invito da parte di costui ad informarsi presso la sala operativa del SOC, cui Smelzo risponde "non lo sa, non lo sa, non ha controllato niente" "qui non lo sanno...". Poi diretto verso l'interno - e cioè sempre nella "vasca" ove ha, o aveva al tempo, sede la sala operativa del SOC di Martina Franca - chiede "(inc.) sai se c'è la portaerei in quella zona?". Quindi di nuovo a Berardi "no, non sa niente". Continua la serie a dir poco penosa di battute di Berardi, che val la pena di riportare integralmente "e nemmeno noi"; Smelzo "voi non lo sapete?"; Berardi "come facciamo a sapere se c'è la portaerei lì?"; Smelzo "vabbè, che ne so, voi siete lo Stato Maggiore , Centro Operativo"; Berardi "eh..."; Smelzo "vabbè, non lo sapete...?!"; Berardi "no". Conclude la telefonata una insistente serie di richieste del maresciallo per sapere chi ha detto che l'aereo è caduto. Quindi ulteriori elementi di conferma circa la presenza di traffico americano pervengono dai collegamenti telefonici intercorsi tra il COP e l'RCC di Martina Franca.

In particolare il maresciallo Berardi escusso, ammette di essere stato in servizio, la sera del disastro, al COP. Asserisce di ricordare vagamente le comunicazioni di quella sera.

La prima comunicazione sull'incidente gli pervenne dai Carabinieri o dal COSMA; a sua volta provvide ad informare l'ufficiale di servizio; questi, con il suo aiuto, informò tutti gli enti previsti dalla direttiva al tempo vigente. Afferma che quella sera e durante la notte non ci fu nulla di strano, e di ricordarsi del fatto solo per averne parlato con la moglie. Ammonito, ribadisce di non ricordare altro, perché sono passati undici anni. Al che l'esame viene sospeso (v. esame Berardi Antonio, GI 15.07.91).

Alla ripresa non muta atteggiamento e comincia confermando di non ricordare altro oltre quello già dichiarato. Non ricorda con chi ha parlato per telefono quella sera; non ricorda se ha parlato con Martina Franca; non ricorda se ha parlato con Smelzo, nome che non gli è nuovo. Lettagli la telefonata in questione esclama non interrogato "chi gliel'ha detto che sono io che parlo?". A questo punto viene invitato a non mostrarsi indisponente come nella telefonata, e ammonito più volte al punto tale da rendere necessaria, nel luogo dell'atto, la presenza di un ufficiale di PG. Nonostante l'ammonizione persiste nell'usuale comportamento "non so assolutamente di cosa si sta parlando. Non mi ricordo niente ... al COP c'è un solo Berardi. Quella sera ero di servizio ... ribadisco anche adesso che l'ho sentita tutta, la telefonata non me la ricordo...". Afferma che durante il servizio prendeva appunti su un brogliaccio, anzi su un vero e proprio registro, che però sarebbe andato smarrito come dettogli dallo Stato Maggiore, quando vi fu convocato prima di comparire dinanzi alla Commissione Parlamentare per le stragi. In effetti presso la Commissione gli fu mostrato una sorta di brogliaccio, che egli non riconobbe per quello da lui compilato. Sospeso nuovamente l'esame per consentire l'audizione della registrazione della telefonata, dopo l'ascolto dichiara "riconosco per mia la voce della persona che comunica con il tenente Smelzo. Ricordo ora anche questa telefonata".

Aggiunge che la notizia della scomparsa poteva essere pervenuta solo da tre enti: il ROC di Martina Franca, l'RCC di Monte Cavo o dai Carabinieri. Il COP a sua volta doveva girare a una serie di indirizzi contenuti in un elenco delle direttive dell'ufficiale di servizio, tra cui il Gabinetto del Ministero della Difesa, il Capo di Stato Maggiore, il Ministero dell'Interno. Non ricorda però se riferì il contenuto della telefonata al predetto ufficiale. Spontaneamente afferma che nell'ambito dell'Aeronautica - non può altrimenti essere interpretato il noi usato - si sapeva attraverso quanto si constatava con i radar, che nella zona c'era sempre traffico americano. Al punto tale che sovente si era costretti a far levare gli intercettori, giacché gli americani si alzavano senza piani di volo sia da Sigonella che dalle portaerei. In ciò confermando quanto già dichiarato alla Commissione parlamentare predetta lì ove riferiva che poteva esserci stata attività della 6a Flotta americana, di cui però con ogni probabilità non si era a conoscenza, giacché gli americani delle portaerei al largo di Napoli non comunicavano mai i loro voli.

Mostratagli la copia del brogliaccio COP nella parte relativa ore 09.00 del 27 giugno - 07.30 del 28.06.80, riconosce in esso la copia di quella che era in mano al colonnello Giangrande, allorché entrambi erano stati convocati dalla Commissione stragi.

Non riconosce in esso alcuna sua annotazione, giacché detto brogliaccio era quello redatto dall'ufficiale mentre egli con altri sottufficiali ne compilava uno diverso, simile ma non eguale nelle dimensioni (v. esame Berardi Antonio, GI 17.07.91).

In effetti in questo brogliaccio la prima annotazione concernente il disastro è registrata alle ore 21.30 ovviamente locali, e quindi prima della telefonata in questione. Proviene dal COSMA e ne conseguono le comunicazioni di rito. In seguito nessuna annotazione che riporti il testo, o parte di esso, della conversazione Smelzo-Berardi. Conferma alla telefonata delle 21.30, per inciso, si ha nella telefonata delle 19.31, nella quale Berardi per il 3° Reparto dello Stato maggiore (infatti il COP fa parte del 3° Reparto SMA) chiede a Palermo informazioni sull'Itavia.

A questo punto, non si può non ricordare la sequela di contatti che intercorsero tra i vari enti della DA. Intanto come si evince dal contenuto della telefonata tra Smelzo di Martina Franca e Berardi del COP, cioè ad ore 20.25, il SOC del primo sito, interpellato da Smelzo nella "vasca" non era a conoscenza dell'intenso traffico americano in zona e al tempo della scomparsa del DC9 Itavia.

Questa richiesta deve però aver messo immediatamente in moto il meccanismo di verifica della notizia, giacché nell'ambito di cinque minuti - ad ore 20.26; ore 20.27 e 20.31 - partono tre telefonate dal SOC di Martina Franca nella persona del capo controllore maggiore Patroni Griffi, per il CRAM di Licola ove risponde il maresciallo Acampora, per l'ADOC di Monte Cavo ove risponde tal Paoletti e per il CRAM di Marsala ove risponde il maresciallo Abate. Manca inspiegabilmente Siracusa, che pure era uno dei radar che poteva "vedere" e di certo, anche ammesso che prima delle 21.00 locali fosse in manutenzione, dopo questo orario aveva ripreso a funzionare regolarmente. Sono telefonate telegrafiche - tutte nell'ambito di 5 minuti - nel senso che le battute, quanto meno quelle essenziali dedicate all'accertamento, sono poche e brevi e le risposte dei siti interpellati a tal punto immediate, specie quelle dei CRAM, ove non viene compiuta nemmeno una verifica verso l'interno delle sale e proprio il sottufficiale che casualmente prende la chiamata appare estremamente preparato alla risposta, da ingenerare quasi sospetti d'una messinscena.

La prima, quella delle 20.26, è del seguente tenore: "capitano Patroni Griffi, chi è?"; Acampora "maresciallo Acampora, dica"; Patroni Griffi "senta un pò, in quella zona lì, giù, avete per caso controllato traffico americano voi in serata?"; Acampora "negativo, comandante"; Patroni Griffi "ok, grazie"; Acampora "prego".

La seconda, quella delle 20.27, tra Patroni Griffi e interlocutore non identificato (il predetto di Monte Cavo - ADOC) è del seguente tenore: Patroni Griffi "lei è in grado di poter chiedere se in quella zona lì interessata per il DC9, c'è per caso una portaerei o traffico americano? Perché il soccorso ha avuto una comunicazione da Ciampino che in zona c'è traffico americano, anche se, però io ho chiesto ai miei siti dipendenti non hanno trovato (nessun'orma) di radar, diciamo, no?!"; U "eh"; Patroni Griffi "e questo potrebbe essere importante perché potremmo chiedere aiuto anche loro insomma per le ricerche"; U "va bene allora (inc.)"; Patroni Griffi "se in Papa Kilo ... insomma nel medio, nel centro del Tirreno Papa ... Papa, Kilo, Papa Lima"; U "provo a chiederlo (inc. per voce bassa)"; Patroni Griffi "eh, anche a noi, vedi un pò se ... proviamo un pò, eh ... mi fa sapere".

La terza, quella delle 20.31, tra Patroni Griffi e Abate si svolge nel seguente tenore: Patroni Griffi "Abate, di un po', ma voi in tutto questo periodo qui avete notato traffico americano in zona?"; Abate "no, no"; Patroni Griffi "nemmeno uno?"; Abate "niente"; Patroni Griffi "niente ?!"; Abate "è de ... è decollato, chi è il capitano Patroni Griffi?"; Patroni Griffi "sì, sono io"; Abate "eh, è decollato quando noi abbiamo dato ... cioè quando ci avevano comunicato dal settore che stavano decollando i voli del soccorso, no?!"; Patroni Griffi "sì"; Abate "quando ci hanno, ci avete detto che stavano decollando gli aerei del soccorso da Sigonella"; Patroni Griffi "sì"; Abate "è decollato il Jimmy 159139"; Patroni Griffi "e che è questo?"; Abate "è un ... è un Papa 3, un Atlantic probabilmente, e ..."; Patroni Griffi "vabbè, e allora è decollato?"; Abate "eh"; Patroni Griffi "vabbè, no, non c'entra niente questo"; Abate "e da allo... e da allora non è decollato più nessuno"; Patroni Griffi "va bene, ok, grazie"; Abate "niente". Si ricordi che Jimmy (sigla di JM), se seguito da 4 o più cifre, sta asindicare un vleivolo C141.

Patroni Griffi escusso ricorda che gli fu chiesto da Smelzo se c'era traffico nella zona del disastro, ma non rammenta se Smelzo parlasse di un traffico militare specifico ed in particolare americano. Riconosce però che in quelle aree di mare aperto gli unici velivoli che possono operare sono quelli della 6a Flotta. Proprio per questa ragione aveva chiesto alla sezione Intelligence di Martina Franca la posizione delle portaerei statunitensi. Questa sezione gli aveva risposto che ve n'era una sola, alla fonda nel porto di Napoli. Ma tale informazione - lo ammette - risaliva a dati del giorno precedente. Prescindendo quindi da tale informativa richiese i dati radar, ai CRAM di Marsala e Licola; non chiese a Mezzo Gregorio, ovvero a Siracusa, perché "slave" di Marsala.

Ritornando alla domanda di Smelzo, il maggiore Patroni Griffi ammette che essa doveva necessariamente concernere il traffico militare, giacché se fosse stato civile, ci si sarebbe dovuti rivolgere al Controllo del Traffico Aereo e non alla Difesa Aerea. Sia Licola che Marsala esclusero che ci fosse traffico militare. E in effetti la risposta della prima, il 22° CRAM, fu lapidaria quanto immediata, "negativo, comandante". Non dissimile quella della seconda, il 35° CRAM, "no, no"; Patroni Griffi "nemmeno uno?" risposta "niente".

Smelzo, così conclude questo primo esame: non sa dire se "l'autorizzazione" a chiamare l'Ambasciata USA fu data prima o dopo la risposta di Patroni Griffi. (v. esame Smelzo Giovanni, GI 22.06.91).

Escusso nuovamente, chiarisce dei punti sulle sue dichiarazioni in merito all'interpello della Sezione Intelligence. Nell'80 si era in grado di avere la situazione soltanto delle navi sovietiche attraverso dei messaggi originati dalla Marina Militare; solo a partire dall'86 si è potuta avere anche la situazione delle navi alleate. Resta senza spiegazione perché abbia menzionato la presenza di una sola portaerei nel Mediterraneo, alla fonda nel porto di Napoli.

Il terzo ente chiamato potrebbe essere stato l'ADOC, sito a Monte Cavo, che fungeva da sala operativa della Va ATAF; questo ADOC fu in seguito trasferito a Verona e in tale occasione assunse il nome di West Star (v. esame Smelzo Giovanni, GI 29.07.91).

Esaminato una terza volta, ammette che potrebbe aver chiamato anche Siracusa, ma di questa comunicazione non v'è traccia (v. esame Smelzo Giovanni, GI 15.01.92).

Acampora, l'interlocutore di Patroni Griffi da Licola, così giustifica la sua immediata risposta. Il traffico militare si desumeva da una tabella collocata dinanzi al suo posto di lavoro (il maresciallo Acampora all'epoca svolgeva mansioni di supporto all'ufficiale di servizio per il Coordinamento e il Controllo del Centro Operativo, ovvero di assistente al controllore e in tale qualità riceveva le comunicazioni telefoniche per conto di costui).

Nella tabella veniva riportato il traffico militare identificato mediante transponder. Ha guardato in tabella e non vi ha visto nessun traffico. Non sa comunque spiegare come la sua risposta possa essere stata così immediata, giacché se la richiesta concerneva un periodo non breve doveva essere consultato il DA1, ed egli di certo non lo consultò come non si rifece al display-board. Comunque aveva anni di esperienza di sala operativa e sapeva, asserisce, che il traffico di portaerei "non passa inosservato" orbitando i suoi aerei per ore. Una risposta del genere di quella data può anche essere spiegata con il fatto che quella sera egli non ebbe a vedere alcun aereo con il transponder militare. Ricorda comunque in ogni caso che quella sera tutto si svolse normalmente e non vi furono situazioni di emergenza, ovvero richieste di identificazioni di tracce sconosciute (v. esame Acampora Tommaso, GI 24.01.92).

Nella telefonata delle ore 20.31 - tra Martina Franca e l'RSC di Ciampino nella persona di Trombetta - si ritorna sulla "nave americana". Trombetta, s'è visto, ribadisce che colui che ne parlò è il capo controllore, "...stava parlando il capo controllore che lì ci doveva essere la portaerei". All'invito di approfondire la questione, Trombetta risponde che al momento l'unica via è l'Ambasciata e che il capo controllore stava appunto mettendosi in contatto con essa. Trombetta a sua volta invita il suo interlocutore dell'RCC a tentare a sua volta, attraverso i canali della Difesa, il contatto con Bagnoli. Non si sa quale esito abbia avuto questa proposta, dal momento che l'interlocutore di Trombetta non è stato identificato, né vi sono registrazioni di contatti, in quelle prime ore dopo il disastro, Martina Franca-Bagnoli (la prima potrebbe essere quella delle ore 05.18 tra il sito pugliese e Napoli).

La successiva telefonata ad ore 20.37 potrebbe essere quella fatta da Martina Franca a Siracusa. In vero non si può né affermarlo né escluderlo, giacché anche in questo caso non sono stati identificati gli interlocutori, né individuato il sito chiamato. Per la brevità delle battute e per la somiglianza agli interpelli di Licola e Marsala, potrebbe essere la verifica presso Siracusa, di cui parla Patroni Griffi. Qui, come agli altri due CRAM stesse domande stesse risposte; "allora non c'è nessuna portaerei in zona" "nessuna portaerei?!" - "no!" - "bene grazie" - "nemmeno conoscono nessun traffico" - "benissimo grazie, arrivederci".

Prima che emergesse a chiare lettere nella telefonata Bruschina-Marzulli la questione dell'intenso traffico militare americano, già l'ACC s'era messa in moto per entrare in contatto con l'Ambasciata degli Stati Uniti a Roma. Ne fan prova la battuta registrata ad ore 20.20 "mi dai il numero dell'Ambasciata americana? Mi dai, mi dai, mi dai i dati, mi dai dei dati (inc.)" e la breve conversazione telefonica, registrata allo stesso minuto, in cui una persona da Ciampino, dopo aver chiesto il numero dell'Ambasciata (4664), si sbaglia e chiama un utente diverso.

Quindi la richiesta d'aiuto all'RSC, che annota sul proprio brogliaccio anche il centralino di quella Legazione e l'interno dell'Addetto militare, e i tentativi dell'ACC e del capo controllore in particolare che emergono da tutte le telefonate già esaminate.

Infine la telefonata delle 20.39, che si reitera ad ore 20.41 per la mancata risposta alla richiesta di contatto con un numero interno o per caduta di linea. Di rilievo le conversazioni interne prima e dopo il brevissimo contatto con l'Ambasciata, che confermano due fatti: la ricerca piuttosto insistente dell'Ambasciata e dell'Addetto militare e l'ipotesi, diffusa e persistente in ambito ACC, della collisione con un velivolo statunitense; "... senti guarda una delle cose più probabili è la collisione in volo con uno dei loro aerei...".

Dal più che succinto testo della conversazione con l'Ambasciata americana si ha conferma (come sopra s'era avuta del numero di centralino) dell'interno telefonico, già segnato sul brogliaccio dell'RSC, ovvero l'"extension" 550.

Ad ore 20.41 nuova chiamata, come detto perché all'"extension 550", cioè all'ufficio dell'Addetto militare, nessuno rispondeva. Anche qui conversazioni interne prima e durante la telefonata, di non poco interesse. Conferma ai discorsi sull'esercitazione americana; un X domanda se l'esercitazione interessava aeroplani americani e un X1 risponde che c'era un'esercitazione italiana.

Quando inizia il colloquio telefonico l'interlocutore dell'Ambasciata americana assicura, poiché all'interno 550 non risponde nessuno, che tenterà di rintracciare qualcuno a casa, "pressato" dall'interlocutore italiano che fa presente che si tratta di un incidente con 81 morti e che quindi è importante chiamare qualcuno. Subito dopo questa battuta riprendono le voci dall'interno; si sente un X che nuovamente chiede se "c'era un'esercitazione in giro, americana" e un X1 che gli risponde che in effetti un'esercitazione c'è stata, è durata dalle 10.30 alle 15.00 e, certamente i velivoli in esercitazione "arrivavano sino ad Amatrice". Questo è il miglior ascolto ausiliato anche dalle dichiarazioni di Massari, della parola "Patricia" che appare nella trascrizione peritale, cui deve essere aggiunto il termine non inteso dai periti "arrivavano" ed Amatrice costituisce, come si rileva dalla documentazione agli atti, uno dei punti terminali di una zona di lavoro sull'Italia centrale per esercitazioni AM, chiamata R48, ed usata sovente dal 4° Stormo.

Ma le dichiarazioni di Massari rese nel corso delle diverse escussioni ed interrogatori non hanno mai convinto questo GI: Massari fin dalle prime escussioni fornisce una sua versione dei fatti tentando di sminuire la sua posizione e le attribuzioni di capo sala e pertanto sviare la propria responsabilità. Addirittura nega di essere mai stato definito con l'appellativo di capo controllore, pur avendo svolto funzioni di capo della sala operativa ove operano soprattutto controllori del Traffico Aereo.

Con la sua morte, questa inchiesta, come per altri decessi, ha perso tasselli importanti sulla verità di quella sera. Era sicuramente Massari l'ufficiale che, affacciandosi verso l'attigua sala dell'RSC di Ciampino, avvertiva i colleghi della "presenza di intenso traffico militare in zona". Ma non è mai emerso da chi apprese personalmente la notizia, anche se quasi, come s'è rilevato, certamente dai centri della DA della Sicilia.

Si può ben delineare la figura di Massari con riferimento a quanto dichiarato dall'ufficiale nel corso dell'interrogatorio del 23.01.92, in relazione ad una presunta esercitazione, di cui è prima accennato. Proprio sulla parola "Amatrice" e sulla differente versione in "Patricia", il maggiore Massari, al quale viene sottoposto l'ascolto della registrazione, induce volutamente in errore questo GI sostenendo che la parola deve intendersi come Amatrice, poiché in quella località c'è una zona di lavoro per aerei militari. In quell'occasione, questo GI contestava invece che in quella conversazione si parlava della "Patricia" cioè di un'esercitazione che in effetti è stata svolta in data 27.06.80 dalle ore 10.30 alle ore 15.00 locali da velivoli della RAF. Esercitazione effettivamente tenutasi con dodici aerei Phantom e quattro Victor, che provenienti da Malta avrebbero effettuato rifornimento in volo, già a partire dal giorno 26, e ben nota in ambiente AM, come si appurerà da documenti acquisiti agli atti e di cui scriverà oltre.

In effetti lo stesso maggiore Elio Chiarotti, interpellato in merito, riconoscerà la parola in "Patricia", attribuendole il nominativo dell'esercitazione, anche se mostra qualche esitazione sulla esatta denominazione, cioè Patricia o Patrich (v. esame Chiarotti Elio, GI 31.01.92).

Il maggiore Chiarotti, che si riconosce nella voce di colui che parla in inglese, assicura un suo interlocutore interno di essersi coordinato con l'RSC, e che tale ente lo avrebbe facoltizzato a mettersi direttamente in contatto con loro e cioè con gli americani. X (cioè Chiarotti) a sua volta si preoccupa del contatto con Sigonella e un X3 lo rassicura dicendo che di tali contatti dovrebbe occuparsi Martina Franca.

Riprende di nuovo a questo punto il collegamento con l'Ambasciata che ritiene che il chiamante sia un aeroporto, anche se il nostro X spiega che si tratta del Controllo, cioè dell'ACC, aggiungendo che comunque sono all'aeroporto di Ciampino.

Subito dopo lunga conversazione interna a più voci, anch'essa di non poco interesse. Un X3 afferma che risolutivo di quesiti e dubbi sarebbe stato parlare o con l'Ambasciata, ovviamente americana, o con qualche americano di Sigonella. Invita poi colui che è ai telefoni a chiamare Sigonella e a chiedere all'operatore italiano "ma voi quando lì è cascato un Phantom chi cazzo chiamate degli americani? Ecco, è cascato un Phantom, dimme chi devo chiamà". X suggerisce "... a Napoli possibile che non lo sanno?". X3 continua "è possibile che loro ci hanno una cosa con un Phantom (inc.) emergenza, non ci hanno una linea di contatto con gli americani". Un X2 interviene sicuramente riferendosi a Sigonella "civile non penso, ci hanno gli americani lì a fianco". X insiste, in romanesco piuttosto colorito, nella possibilità di mettersi in collegamento con Sigonella. X3 "eh, appunto no, ma quando s'arriva a Sigonella ti arrivano le camionette della MP americana che ti mettono pure il dito nel culo quando scendi dall'aereo... che quando so' andato col DC9 sembrava che fossimo venuti da Cuba".

L'altro, X, con fare più educato anche se in romanesco, afferma che sta chiamando l'Ambasciata per sapere a chi si deve telefonare e non per altro, aggiungendo, quando X3 gli dice di riattaccare e "never mind", che per educazione deve aspettare. X3 esclama allora "gli dici quando (inc.) emergenza agli americani, come li contattate sti' americani? Eh, dite, se casca un Phantom li dovete avvisà o no, e allora come li avvisate, ci avete il numero telefonico?".

Da questa telefonata, e più precisamente dalle voci interne, si desume che in sala ACC il clima non è assolutamente disteso, anzi per più versi piuttosto concitato. Come lo è la ricerca del contatto con gli americani, esperita direttamente sia in sala che presso l'RSC in direzione dell'Ambasciata, da Martina Franca verso Sigonella e da altri, che poi si vedrà chi sono, verso "Napoli" ovvero verso gli enti americani che hanno sede nell'area napoletana.

Il filo del colloquio con l'Ambasciata appare purtroppo spezzato, perché a Ciampino, nell'immediatezza di questa telefonata - ad ore 21.00 circa - si procede a fermare le registrazioni, prelevare i nastri, e sigillarli, sostituendoli con altri che di sicuro furono smagnetizzati e riutilizzati nel normale ciclo di uso di questi oggetti. Non è dato così sapere come proseguì il contatto con l'Ambasciata americana, proprio a causa di questa improvvisa, ed improvvida - o provvida, dipende dal punto di vista - sigillatura ordinata da Massari. Ovvero in parte è dato di dedurlo dalle dichiarazioni degli americani in servizio al tempo all'Ambasciata, primo tra gli altri l'Addetto aeronautico aggiunto Richard Coe, come si vedrà in seguito.

Altro punto di rilievo, ma di questo s'è già detto inizialmente trattando del contenuto della telefonata, il ritorno sull'ipotesi della collisione in volo con aereo americano. Terzo punto di rilievo il richiamo alla caduta di un Phantom. Colui che fa riferimento alla caduta - per ben tre volte - e alla emergenza di questo velivolo - una volta - usa toni tra l'ipotetico e il reale. Se non dovessero capitare altre indicazioni di Phantom, si potrebbe ritenere che egli esemplifichi, a parte lì ove asserisce "ecco, è cascato un Phantom, dimme chi devo chiamà". Si sta tentando un contatto con Sigonella, qui c'è una base della U.S. Navy; i Phantom sono velivoli imbarcati in dotazione alla Navy che in Italia hanno base anche a Sigonella. Il giudizio allo stato deve rimanere sospeso; ci si dovrà ritornare allorché emergeranno altri riferimenti a Phantom, come apparirà nella conversazione di Grosseto-tower.

Il maggiore Elio Chiarotti, come già accennato, riconosce per sua la voce di colui che fa la telefonata in inglese. Non ricorda con esattezza chi lo abbia chiamato a questa incombenza, ma non esclude che possa essere stato Massari.

Inoltre l'ufficiale afferma, a dir poco inopinatamente, che il canale per il soccorso è l'Addetto militare dell'Ambasciata americana ed aggiunge che "l'incubo numero uno" dell'ACC sono le collisioni.

Non ricorda con esattezza chi fosse in sala; dubitativamente riferisce della presenza di Massari, di Grasselli, di Guidi. Non ricorda quante volte ha chiamato l'Ambasciata né chi gli rispose. Ricorda solo che la telefonata fu, a suo parere "un buco nell'acqua". Non sa se il discorso è stato ripreso nei giorni successivi, perché l'indomani se ne è andato in ferie.

Quanto alla esercitazione ricorda che c'era "qualcosa" nel pomeriggio, che però era terminata la sera quando era montato in servizio. Riferisce, e questo è un argomento d'interesse, sul traffico da portaerei, di cui egli è in un certo qual modo esperto, non solo perché controllore ma anche perché a volte espressamente invitato su portaerei per tentare dei coordinamenti tra attività di queste unità e voli di altro genere.

Il traffico da portaerei nelle zone del basso Tirreno e nelle isole è stato sempre un traffico notevole. Non di rado si determinavano situazioni di tensione all'interno della sala operativa e altrettanto spesso piloti civili riferivano di presenze di aerei militari ad alta velocità. "Spesso e volentieri si vedevano un sacco di traccette che non si sa bene, poi non abbiamo le quote di quelle tracce... il traffico operativo delle portaerei fuori delle acque territoriali e fuori degli spazi... controllati non ha nessun dovere di avere il piano di volo, quello è traffico operativo delle portaerei, fanno quello che gli pare e piace. Tutt'al più gli si può chiedere la cortesia, e sono sempre molto cortesi, ma non ci hanno mai filato. Ci hanno invitato a bordo delle portaerei, ci hanno fatto vedere quant'è bello, tutto quanto è fenomenale, ottimo caffè, tutto quello che si vuole, però gentili ospiti, poi ci imbarcavano e ci catapultavano via".

Non esclude quindi che una esercitazione terminata ufficialmente il pomeriggio potesse essere continuata con un traffico non notificato. A proposito di questioni del genere aveva compiuto più missioni da Ciampino alle portaerei, sia con il grado di capitano che con quello di maggiore . Comunque quando v'era necessità di chiedere informazioni sui voli americani, ci si rivolgeva sempre nell'ambito dell'area di Ciampino, al Flight Service, cui si chiedeva anche nelle situazioni difficili, se mancava loro qualche aeroplano.

Nelle conversazioni telefoniche con l'Ambasciata riconosce la sua voce, nelle conversazioni interne riconosce come sua quella dell'interlocutore X; tra le altre riconosce quella di Grasselli; non riconosce quella di Massari; anche se quest'ultimo doveva essere in sala perché viene chiamato con il suo nome di battesimo, Porfirio; riconosce la voce di Guidi che parla con accento romanesco di Sigonella, della polizia militare americana, di Cuba (v. esame Chiarotti Elio, GI 31.01.92).

Guidi invece che ha negato tutto, tranne l'evidenza delle sue indicazioni per nome e cognome, nega assolutamente di essere colui che parla con quel forte accento dialettale. E forse se ne può anche comprendere la ragione; perché così facendo evita d'allungare la sua lista di non ricordo, su quella missione in Sicilia, sul perché della necessità di chiamare Sigonella, sul perché della citazione del Phantom (v. esame Guidi Guido, GI 31.01.92).

Massari, che pure non ricorda circostanze di rilievo e nega di essere mai stato definito capo controllore, pur essendo il capo della sala operativa ove operano controllori per il controllo del Traffico Aereo, riconosce nelle frasi dette con accento romanesco la voce di Guidi (v. esame Massari Porfirio, GI 23.01.92).

La telefonata delle 21.40 tra Smelzo di Martina Franca e il suo comandante cioè il generale Romolo Mangani, capo del 3° ROC, che si riconosce nei contenuti e nella voce - dimostra come la notizia circoli anche verso l'alto.

Mangani già sa del fatto, come s'arguisce sin dalle prime battute - e ciò riprova che parte delle comunicazioni, oltre la presente e quella delle 19.37, è sfuggita ai sequestri e alle acquisizioni - e sa, come si desume da una domanda a metà della telefonata, delle presenze americane, precisamente lì ove sia la Saratoga. Smelzo lo aggiorna delle ricerche in tal senso, riferendogli che hanno assunto informazioni presso West Star, al SOC e a Bagnoli. Questi enti hanno escluso che quella portaerei si trovasse in zona, mentre il personale della RIV - riferisce sempre Smelzo a Mangani - "aveva sentito traffico americano in quella zona".

Il generale, probabilmente non rassicurato dalle ricerche già compiute, invita a fare ulteriori accertamenti al fine di verificare che non ci sia stato "qualche pallaccione che s'è scontrato...". Mangani riconosce questo suo termine, anzi lo corregge; non pallaccione, ma pollaccione; pollaccione inteso come pilota che commette errori in buona fede. Smelzo afferma che si tratta di "cose abbastanza delicate" e alquanto realisticamente commenta "non penso che me lo vengano a dire a me, al limite"; quindi assicura che tenterà nuovamente presso West Star. Il generale conferma in tal senso, rilevando "l'incongruenza" "...piuttosto riparlate con West Star e dite di questo... di questa incongruenza fra la RIV e la risposta di prima".

Mangani - che in sede di interrogatorio della Commissione Pisano aveva tra l'altro riferito di una corrente a getto esistente al momento dell'incidente assolutamente anomala per la stagione (oltre al fatto che Marsala non aveva mai accennato a tracce di eventuali velivoli attorno al DC9 e che il tenente colonnello Cespa gli aveva anticipato probabili futuri fastidi per un buco di otto minuti nella registrazione del radar sempre di Marsala) e in sede di audizione della Commissione Stragi aveva dichiarato di non aver mai sentito parlare di presenze militari americane - escusso dall'AG ammette dapprima che in sala operativa era emersa la proposta, "premurosa al fine di accrescere la possibilità del soccorso", di chiamare l'Ambasciata americana. Aveva contemporaneamente sentito qualcuno che diceva che americani non ce n'erano; la questione era finita nell'ambito di pochi minuti e non se ne sarebbe più ricordato se non ne avessero parlato i giornali nel torno di tempo di quell'esame testimoniale. Dopo aver preso conoscenza del contenuto della telefonata in questione spiega la sua richiesta concernente la Saratoga con il fatto che egli aveva saputo che in quei giorni la portaerei americana era nel Mediterraneo. Aggiunge testualmente: "per me era un problema, perché io per diverse ore sono rimasto convinto della collisione. E ciò sino a quando Marsala non mi ha convinto che l'aereo civile non aveva altre tracce in prossimità". Ribadisce che egli fino all'ultimo s'è interessato alla presenza di americani ed é rimasto propenso all'ipotesi della collisione sino a quando Marsala non lo ha convinto che il DC9 era "solo". Anche dinanzi alle ipotesi di Lippolis che presumeva un'esplosione interna per bomba a bordo, egli non aveva mai concordato, al tempo, con esse (v. esame Mangani Romolo, GI 26.07.91).

Queste notizie, le ricerche, le ipotesi furono da Mangani riferite in più riprese ai livelli superiori. Sul punto il teste è chiarissimo e vale riportare integralmente le sue risposte: "dovrei aver riferito a Bari e a Roma. Probabilmente più a Bari che a Roma. A Bari al comandante della 3a Regione o al suo vice. All'epoca il comandante della Regione era il generale Piccio, il suo vice era un generale , di cui ora non ricordo il nome, di origine casertana. A Roma il Capo di Stato Maggiore era il generale Bartolucci e il suo vice Ferri. Se ho parlato con lo Stato maggiore, ho parlato con uno di questi due. Non ricordo se ho parlato con lo Stato Maggiore, ma sono sicuro di sì. I rapporti sono stati orali, per telefono. Ritengo di aver parlato sia la sera che l'indomani mattina. Con Bari sicuramente anche durante la notte. Le telefonate notturne sono state fatte dalla sede operativa. Quelle dell'indomani mattina presumibilmente dalla base logistica. Le telefonate dalla base operativa erano tutte registrate - ulteriore conferma che non tutto è stato acquisito - quelle della base logistica credo che non siano registrate ... Ai miei superiori sicuramente ho riferito che escludevo la collisione, dopo aver compiuto gli accertamenti necessari ... sia sui dati radar della Difesa Aerea che sull'eventuale presenza di velivoli della portaerei. E' presumibile che abbia parlato anche delle ricerche oltre che del loro esito. Comunque lo avrò riferito al COP, la notte stessa, affinché lo riportasse al capo di Stato Maggiore l'indomani mattina. Successivamente ho riferito della assenza della portaerei e della prima investigazione di Marsala, che dava il velivolo per isolato. La mattina successiva ritengo di aver sentito personalmente Bartolucci, al quale ho confermato quanto presumibilmente avevo già detto al COP ... Ritengo di aver riferito anche l'ipotesi che faceva Lippolis sulla possibilità di una bomba" (v. esame Mangani Romolo, GI 12.10.91).

Il generale Piccio ammette di aver ricevuto comunicazione dal collega Mangani - per una sola volta, ritiene, e nelle prime ore del mattino successivo all'incidente - e di aver a sua volta riferito a Roma, che peraltro era già a conoscenza del fatto, al 3° Reparto nella persona di Melillo o di un suo ufficiale. Nega di aver sentito parlare, né quel giorno né in quelli successivi, di ricerche di una portaerei o di presenze di aerei militari, ricordando che in quel periodo l'ipotesi che correva era quella del cedimento strutturale.

Dopo aver preso atto che su tali questioni - ricerca della portaerei e presenze di aerei militari - era stato riferito dal generale Mangani al Comando di Regione Aerea, dichiara di non averne ricordo. Ammette però che il rapporto possa essere stato ricevuto dal suo vice il generale Arezzo, o dal suo Capo di Stato Maggiore, colonnello Boemio, e più probabilmente da costui che era nella linea operativa.

Sottolinea che il 3° ROC poteva "by-passare" il Comando della 3ª Regione, contattando direttamente lo Stato Maggiore, per questioni inerenti incidenti di traffico civile, aggiungendo che di tali comunicazioni e rapporti non resta alcuna traccia scritta. Datagli lettura delle telefonate di Martina Franca delle ore 06.17 e 07.06 (del 28.06.80), entrambe tra Mangani e Lippolis, ove si parla di collisione, esplosione, mancanza di carburante, venti, correnti a getto, rottura d'ala e dei primi rinvenimenti, dichiara di non averne mai sentito parlare.

Ufficialmente non gli fu mai riferito, anche se in via ufficiosa ciò potrebbe essere avvenuto. Comunque se fosse stata fatta l'ipotesi della collisione, afferma, si sarebbe dovuto riferire in via gerarchica e compiere accertamenti (v. esame Piccio Pietro, GI 12.10.91).

Il Capo di Stato Maggiore della 3ª Regione Aerea, l'allora colonnello Boemio, ha ricordato di essere stato informato il mattino successivo all'incidente dall'ufficiale di servizio della sala operativa. Non ricorda di aver parlato con Mangani, che probabilmente a sua detta potrebbe aver parlato direttamente con il comandante. Non gli furono riferiti particolari ipotesi sulle cause del disastro né ricorda ipotesi di Mangani; non ricorda che qualcuno gli abbia parlato di ricerche su presenza di traffico americano nella zona dell'incidente. Preso atto di quanto dichiarato da Piccio, sulle questioni e circostanze riferite da Mangani al Comando della 3ª Regione, afferma di non ricordare ma di non escludere che Mangani avesse parlato con lui di quegli argomenti. Comunque se fosse venuto a conoscenza di notizie del genere o comunque di notizie che potevano "allarmare l'attenzione" ne avrebbe riferito al comandante cioè al generale Piccio (v. esame Boemio Roberto, GI 26.11.91). Boemio sarà ucciso da persone rimaste ignote a Bruxelles il 13.01.93 (v. rogatoria all'AG del Belgio 25.01.93).

Arezzo Luigi, pure lui generale S.A., il vice-comandante della 3ª Regione Aerea di origine casertana - è nato a Capua - di cui aveva parlato Mangani, al tempo del disastro di Ustica, contrariamente a quanto affermato da detto Mangani, da Piccio e da Boemio, non era in servizio alla 3ª Regione bensì in Belgio. Era stato vice-comandante a Bari dal settembre del 77 al novembre del 79. Il suo successore era stato il generale Franco Amaldi (v. esame Arezzo Luigi, GI 07.05.93).

Quest'ultimo in effetti è stato il vice comandante di quella Regione Aerea dal febbraio 80 alla primavera 81. Ha appreso però del disastro dai media, la sera stessa o l'indomani mattina. Non ricevette, asserisce, alcuna informativa ufficiale dalla linea gerarchica, tanto meno dal Comando del 3° ROC. Sul fatto di Ustica non ha compiuto atti. Sulle ipotesi delle cause di quell'evento, non ne ha sentite a livello ufficiale; informalmente si escludeva l'errore umano e come più probabile causa si stimava un cedimento per fatica dei metalli (v. esame Amaldi Franco, GI 15.10.91).

Escusso nuovamente, dopo le dichiarazioni di Mangani, Amaldi afferma "sono portato ad escludere di aver ricevuto informazioni sul disastro e sulle sue cause dal 3° ROC, in particolare dal suo comandante all'epoca generale Mangani". Prende atto di quanto dichiarato da costui sulle comunicazioni orali al comandante o al vice comandante, ma ribadisce di non ricordare assolutamente di aver ricevuto telefonate da Mangani ed esclude di aver ricevuto espressa comunicazione del disastro (v. esame Amaldi Franco, GI 11.06.93).

Il vertice dell'Arma Aeronautica, e cioè i generali Bartolucci, Ferri, Melillo e Tascio, ha negato di essere venuto a conoscenza delle circostanze di fatto in questione. La notizia non sarebbe mai ad esso pervenuta. La catena dei rapporti si sarebbe interrotta ed essi non avrebbero mai ricevuto quelle informazioni. In estrema sintesi le loro risposte sui punti sono quelle di seguito riportate. Sui contenuti delle loro dichiarazioni ovviamente si ritornerà nella parte apposita.

Bartolucci, generale S.A. e Capo di Stato Maggiore all'epoca del disastro, odierno imputato, afferma di non aver mai avuto notizia allo Stato Maggiore su traffico aereo statunitense a bassa quota nella zona del disastro. Tali notizie potrebbero essere "ipotesi personali di primo momento", comunque mai portate a sua conoscenza, come del Sottocapo di Stato Maggiore e probabilmente anche dello Stato Maggiore. Seguono ulteriori dichiarazioni, concernenti le circostanze apprese, i tempi dei rapporti, le modalità del meccanismo di relazione al livello massimo dell'Aeronautica.

Ferri, generale S.A. anch'egli e sottocapo di Stato Maggiore all'epoca, odierno imputato, come Bartolucci non ricorda se fu avvisato del fatto la sera stessa o l'indomani mattina; non ricorda se fu avvisato dal capo Ufficio Operazioni o dal capo del 3° Reparto o dal COP; ricorda però che nessuno gli ha mai riferito dell'esistenza di traffico americano o di esercitazione americana.

Melillo, generale S.A. allora e capo del 3° Reparto dello Stato Maggiore, odierno imputato come i precedenti, ricorda di essere stato informato del disastro dal COP, organo del suo Reparto e afferma di non essere mai stato messo a conoscenza di traffico americano e presenza di portaerei.

Tascio, generale di S.A., Capo del 2° Reparto dello Stato Maggiore dell'Aeronautica all'epoca del disastro, odierno imputato, è stato più volte interrogato da questo GI, ma non ha particolari ricordi da chi e quando apprese la notizia dell'incidente del DC9 Itavia. In particolare dichiara di non ricordare di essere stato avvertito presso la sua abitazione nè di aver mai appreso di questi scambi di telefonate concernenti la segnalata presenza di traffico americano. (v. interrogatorio Tascio Zeno, GI 29.05.92)

Dietro