Si avvicina l’anniversario per la strage di Ustica e si profila, purtroppo immancabile, il depistaggio: ritorna il gioco delle tre carte, il “vorrei ma non posso” contro la verità già messo in atto anni fa. Allora il senatore Giovanardi sosteneva di carte trovate nel suo partecipare ai lavori della Commissione Moro: è già stato smentito. Ma oggi torna la stessa operazione. Si citano le stesse carte e si fanno intravedere possibili ribaltamenti delle conclusioni di anni di indagine della magistratura.
Allora chiariamo che la tesi che si vuol sostenere è la bomba palestinese sul Dc9 Itavia che richiamerebbe una identica bomba alla stazione di Bologna il 2 agosto. La verità è dunque servita: nessuna responsabilità dei fascisti a Bologna e nessuna responsabilità militare per Ustica.
Si scardinano anni di indagini e sentenze passate in giudicato. Ma attenzione, al di là dei giochi di prestigio è anche stato dimostrato che le carte di cui si parla non hanno rilevanza, non sono attinenti alle due stragi e sono custodite secondo le regole, non per un tenebroso Segreto di Stato.
E qui però bisogna rivolgersi al Copasir, che partendo da una sempre giusta esigenza di verità, sembra essersi fatto “conquistare” da queste “presunte “ informazioni segretate. Va ricordato al Copasir, al suo Presidente, che sulle Stragi non esiste e non può esistere segreto di Stato e che tutta la documentazione attinente alle Stragi deve, vale anche per i Servizi, essere resa pubblica e depositata presso l’Archivio centrale dello Stato, in base alla Direttiva Renzi.
Sulla applicazione della Direttiva, al di là di un intervento iniziale del sottosegretario De Vincenti e più recentemente, per un brevissimo periodo del sottosegretario Crimi, e innumerevoli promesse, non si sono avuti contributi positivi dalle Istituzioni.
Il Copasir, come egualmente il governo e le istituzioni rappresentative, dovrebbero per parte loro aver cura della effettiva realizzazione della Direttiva, confrontandosi con i Comitati nominati all’uopo e, eventualmente, anche con le osservazioni delle Associazioni delle Vittime del Terrorismo.
Ma bisogna essere chiari, le carte con le quali si pretende di fare polemica oggi non interessano la Direttiva, e comunque anche oggi debbono essere e sono nella completa disponibilità di inquirenti.
Ma per evitare ogni forma di depistaggio, si deve tener presente che per Ustica la vera distruzione della documentazione è avvenuta in ambito militare. Ripetiamo la conclusione del giudice Priore che denuncia un progetto: “Progetto – non è più possibile affermare il contrario nè chiamarlo in altro modo – che prevedeva la sistematica distruzione di ogni prova dei prodromi e del seguito del fatto, e che ha avuto un altrettanto sistematica attuazione. Giacché in ogni sito dell’Aeronautica Militare è stato quasi alla perfezione adempiuto”.
Oggi la documentazione per conquistare fino in fondo la verità – dopo la citata distruzione-si deve ricercare dalla cooperazione internazionale. Perché gli Stati Uniti ci debbono ancora fornire la documentazione sulla quale hanno lavorato – la notte del 27 giugno 80- gli esperti dell’ambasciata americana a Roma. Come dai francesi attendiamo di conoscere le notizie delle attività volative seguite dalla base di Solenzara in Corsica: una base che vergognosamente si è sostenuto, dalle autorità di oltralpe, chiusa al tramonto, come un’edicola, e che a fatica recentemente si è ammesso essere in attività senza però voler fornire nessuna informazione.
Mentre dalla Libia, o da quello che resta della Libia, o da chi si è impossessato delle documentazioni, sarebbe utile capire le loro conoscenze sulla tragedia avendo Gheddafi sempre sostenuto di essere stato la vittima designata di quell’episodio.
Oggi l’ostacolo alle indagini che la Procura di Roma ha avviato dopo le dichiarazioni del presidente emerito Cossiga, che ha indicato nei francesi gli autori dell’abbattimento del Dc9, viene dall’assoluta mancanza di documentazione frutto di collaborazione internazionale. È questa che deve essere con forza richiesta, non la rincorsa a segreti inesistenti. (di Daria Bonfietti / Il Manifesto)