Anche noi ci siamo trovati di fronte ad una sagoma da completare, come quella del Dc9 dell’Itavia conservata nell’hangar di Bologna. Ma i nostri detriti erano volti; non i frammenti di una carlinga. Alla vigilia del 40esimo anniversario della tragedia di Ustica, ci siamo accorti infatti che, incredibilmente, alla conta mancavano proprio loro: i volti delle 81 vittime del disastro, come fossero stati risucchiati da questi anni di infinite polemiche e di complotti. In quale profondità si erano inabissati? Finora solo 5 o 6 foto circolavano in rete di quel gruppo di passeggeri sorpresi dalla morte in volo: quelle del comandante Domenico Gatti, in giacca e cravatta; del primo ufficiale Enzo Fontana, serio con maglione e camicia; degli assistenti di volo, Rosa De Dominicis, nei suoi lunghi capelli neri e Paolo Morici, che ha quasi un’espressione antica. E poche ancora. E le altre? Erano ancora sommerse. Giù nella profondità di ricordi privati. Di dolori infiniti. Quasi intatte. Così abbiamo deciso di metterci a cercarle, una a una. Seguendo il filo di cognomi, avvocati, eredi. Un lavoro collettivo durato giorni, che ha portato alla luce tante ferite ancora aperte. Molti parenti non erano nemmeno mai stati contattati in questi anni; mentre le foto dei loro cari se ne stavano custodite come tesori di famiglia. Con riserbo e dignità, quasi a tenerle lontane da tutto l’orrore. C’è chi ha fotografato con il cellulare un quadretto sopra al comodino; chi ha aperto il portafoglio. Molti hanno pianto. Ci sono arrivate immagini bellissime e strazianti: come quella di Daniela Marfisi, 11 anni, nella sua tuta da sci. Ma c’è anche chi non ha voluto darci niente. Un uomo di Marsala, che in quel devastante 27 giugno perdette fratello, nuora e nipote ha risposto così: «Non ce la faccio. Da quel giorno non ho più aperto l’album delle nostre foto di famiglia». Sono quei buchi neri che vedete, feritoie di una sagoma che ancora non riesce a comporsi.
(di Giovanni Viafora, Alessandro Fulloni, Alessio Ribaudo e Carlotta Lombardo – Corriere della sera)
Ricordo ancora l’aereo dell’ ITAVIA che spesso prendevo da Roma a Bologna e viceversa.
La prima cosa che mi è venuta in mente era l’interno dell’aereo “consumato” come i sedili.
Ma il suono dei motori sani e robusti mi avevano assicurato sull’affidabilità dei voli.
mai avrei immaginato che una battaglia aerea lo avrebbe abbattuto.
mai avrei potuto immaginare il silenzio e i depistaggi delle nostre forze armate.
mai averi potuto immaginare il dolore delle vittime, dei loro parenti, amici e conoscenti.
un dolore moltiplicato per ottantuno vittime innocenti.
un dolore moltiplicato per gli anni trascorsi senza responsabili.
un dolore moltiplicato all’infinito per chi ha perduto la vita ed i parenti sopravvissuti a questo scempio.