“Vorremmo che ci fosse un ‘voltare pagina’ dalle istituzioni del nostro Paese. Dopo 35 anni non possiamo non chiedere con sempre più angoscia ma sempre con maggiore forza che il Governo si attivi in maniera chiara, forte e determinata per farsi dare delle risposte dai paesi amici ed alleati”. L’ha detto Daria Bonfietti, presidente della associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, a margine della presentazione delle iniziative per la commemorazione del 35/o anniversario della tragedia che il 27 giugno 1980 costò la vita a 81 persone. Bonfietti ha definito “impossibile e inaccettabile” che “il mio Paese non trovi la forza di chiedere a paesi amici e alleati: “Chi ci ha abbattuto un aereo in tempo di pace?'”, sottolineando come dei 70 anni italiani passati dalla Liberazione dell’Italia in pratica metà “si porta dentro la ferita di Ustica”. “Non riesco ad accettare che, pur sapendo che un aereo ci è stato abbattuto in tempo di pace, il nostro Governo non riesca a rendersi consapevole, oltre che della morte di 81 cittadini italiani, del calo di dignità nazionale che questa invasione nel nostro cielo per abbatterci un aereo civile ha determinato – ha aggiunto – Questo mi risulta da troppi anni inspiegabile. Dopo 35 anni è ineludibile chiedere e pretendere un comportamento diverso”. Dal punto di vista di Bonfietti la desecretazione degli archivi disposta dalla direttiva di Renzi, che lei stessa e la associazione avevano salutato con favore, ora “sta portando a risultati ampiamente negativi”, e “non sta andando bene, perché non se ne capisce il criterio. Simbolicamente Renzi aveva mostrato che la trasparenza degli atti era un valore. Purtroppo la applicazione non sta seguendo quelle che erano le nostre aspettative. Pur capendo le difficoltà, non capiamo che criteri siano stati usati, quali carte vengano buttate lì in maniera molto improvvisata, e spesso anche inutile”. (Fonte Ansa)
La Presidente dell’associazione deve farsene una ragione: il suo è un compito realmente arduo. E affinché possano apparire chiari i motivi che a mio parere impediscono l’accertamento della verità su ustica, trovo necessario far conoscere quanto accaduto nel corso di una causa avanti al Tribunale civile di Roma.
Il giudizio è stato da me necessariamente promosso contro un collega che era stato impegnato, come difensore di parte civile, nel procedimento sui depistaggi di ustica. Senza soffermarmi sullo scandaloso esito (il processo è ancora in corso in sede di revocazione avanti la Corte d’Appello), quel che intendo far conoscere è l’episodio dal quale deve verosimilmente evincersi che le istituzioni del nostro Paese non hanno mai avuto alcuna seria intenzione di far conoscere la verità sulla strage. È accaduto infatti che il collega da me citato avanti al giudice ha insistito nel sostenere formalmente che l’offesa, per la quale era stato da me chiamato a rispondere dei danni, doveva essere qualificata alla stregua di un innocuo lapsus, giustificabile col fatto che solo pochi giorni prima dell’arringa aveva saputo, su sollecitazione della Procura, di doversi occupare della questione afferente il Mig libico, e si era dovuto aggiornare in gran fretta su tale argomento, sino ad allora poco approfondito.
La sconcertante giustificazione, proprio nei testuali termini riprodotti, è di estrema gravità. Non solo perché il P.M. dott. Erminio Amelio l’ha sdegnosamente negata, ma soprattutto perché, se si dovesse dar credito all’incredibile episodio, le illazioni sarebbero a dir poco imbarazzanti, specie con riferimento all’ancora attuale dibattito sul tema dei rapporti tra magistratura e politica.
Il motivo del coinvolgimento della Procura non è stato mai chiarito.
Saluti. Enrico Brogneri
Ai famigliari delle vittime, a cui va tutta la mia solidarietà, per conoscere la verità purtroppo non gli rimane che accendere un cero. Magari sulla lapide che ricorda tutti i i nomi delle vittime che si trova al museo della mamoria.