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Ustica, caccia e portaerei Usa. Dopo 34 anni Parigi conferma / L’Unità

miniatura dc9Sì, quella notte l’aeroporto Nato di Solenzara, in Corsica, sembrava proprio un alveare impazzito. Caccia intercettori F 104 e Mirage di diverse nazionalità atterravano e decollavano in continuazione: chiamati a svolgere una missione sconosciuta proprio nelle stesse ore in cui il Dc 9 Itavia, volo I-TIGI, partito in ritardo da Bologna e diretto a Palermo con 81 persone a bordo, spariva dai radar e si inabissava nel mare di Ustica. La coincidenza fu rivelata da un testimone, il generale dei carabinieri Nicolò Bozzo, l’uomo che avrebbe descritto dall’interno presenze e deviazioni piduiste nell’Arma, e che il 27 giugno 1980 si trovava in vacanza con la famiglia vicino a quella base operativa. Trentaquattro anni dopo, ormai accertato che il Dc 9 fu abbattuto nel corso di un’operazione di guerra, un altro piccolo strappo si sarebbe prodotto nel silenzio che per troppo tempo ha avvolto la strage come un pesante sudario istituzionale.
Facendo in un primo momento passare il disastro aereo come l’esito di un grave quanto inesistente “cedimento strutturale” del velivolo. Per lacerare quel tessuto i magistrati Erminio Amelio e Maria Monteleone hanno avviato elaborate rogatorie internazionali, cercando di capire di che nazionalità fosse l’aereo militare che quella notte cancellò le vite di 77 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio imbarcati sul volo I-TIGI. L’unico Paese a rispondere almeno parzialmente alle richieste dei Pm è stata la Francia, che in un primo tempo ha fornito lumi sulle posizioni di due sue portaerei, la Clemenceu e Foch. Poi il governo d’Oltralpe avrebbe rintracciato una decina di avieri che quella notte erano in servizio a Solenzara. Impossibile sapere, visto il riserbo che avvolge l’indagine, cosa questi abbiano dichiarato ai magistrati italiani, ma la ricostruzione di cosa accadde in Corsica non sarebbe più affidata solo a un testimone attento e competente come Bozzo. Altre voci parlerebbero di una base attiva fino a ore insolite, tanto da togliere il sonno a turisti e residenti. Voci che ora dovrebbero essere confermate risalendo la catena di comando, cioè rintracciando, se dopo tanto tempo sono ancora vivi, anche gli ufficiali superiori.
Fu il presidente emerito Francesco Cossiga, nel 2007, a chiamare pesantemente in causa la Francia. L’ex picconatore mise a verbale che ad abbattere il DC9 con un missile aria-aria «a risonanza e non a impatto» sarebbe stato un caccia decollato da una portaerei francese nel tentativo di intercettare e colpire un aereo libico con a bordo il colonnello Gheddafi. Cossiga si dichiarò scettico sulla possibilità che Parigi battesse un colpo sull’argomento. Ora però quel colpo sarebbe arrivato. In due passaggi.
Il primo, oltre un anno fa, con l’ammissione che, seppure in epoca diversa dal 27 giugno 1980, due portaerei francesi incrociavano nel Mediterraneo. La Clemenceau e la Foch, secondo le risposte francesi, quella notte erano nei dintorni o addirittura nel porto di Tolone, quindi molto distanti dalla zona di Ustica. Dal diario di una fregata che di solito scortava i due giganti della flotta, risulterebbe però, proprio nel giugno ‘80, la partecipazione a una missione di squadra e a un’esercitazione con la portaerei americana Saratoga. Si sa inoltre che tra il 7 e l’8 giugno la Foch era alla fonda in un porto della Corsica. Questo fornisce un contesto importante e una conferma almeno parziale a un fatto ormai ritenuto assodato; la presenza di una portaerei nella zona in cui il Dc 9 fu abbattuto. La circostanza è dimostrata dai tracciati radar che “fotografano” aerei che decollano e atterrano in mare e da testimonianze di piloti civili che nelle ore precedenti il disastro avevano sorvolato quel tratto di mare.
Ed è proprio questo il punto su cui finora si sono registrate le maggiori resistenze a livello internazionale. La presenza di un aereo Awacs, in pratica un gigantesco radar volante, è sempre stata negata dagli americani, anche se fonti Nato hanno detto che quell’aereo non poteva portare che una targa Usa. Lo stesso dicasi per i movimenti della Saratoga, che secondo Washington era ferma, a radar spenti per non disturbare le frequenze televisive, al largo di Napoli: circostanza abbastanza singolare, viste le tensioni che in quel momento attraversavano il Mediterraneo. Ultimamente gli americani avrebbero offerto all’Italia una sorta di rassegna stampa su Ustica, ma la proposta sarebbe stata garbatamente respinta al mittente. «Di articoli di giornale ne abbiamo molti di più noi», avrebbe commentato uno degli uomini impegnati nelle indagini.
Esito deludente anche dalle rogatorie in Belgio, che oltre trent’anni dopo i fatti rifiuta di rispondere – «per motivi di sicurezza» – alle domande dell’autorità giudiziaria italiana. Eppure ci sarebbero stati anche aerei belgi tra quelli che il 27 giugno ‘80 decollarono da Solenzara.

Articolo tratto da l’Unità del 25 giugno 2014

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