A due anni dalla sua emanazione, Bologna “processa” la direttiva Renzi, la misura che due anni fa ha messo a disposizione gli atti sulle stragi. Giovedì prossimo, per il 36esimo anniversario della tragedia di Ustica, ci sarà all’istituto Parri un incontro col sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti. Da lui, braccio destro di Renzi sulla partita della desecretazione degli atti, i familiari delle vittime e le Istituzioni si aspettano chiarimenti precisi. Dice Daria Bonfietti, presidente dell’associazione dei parenti: “Vogliamo sapere da De Vincenti quali sono state le direttive che il Governo ha dato alle amministrazione pubbliche per consegnare agli archivi di Stato tutti i materiali, quali criteri e strumenti hanno usato. Dopo due anni non possiamo dire che ci siano elementi importanti”, rileva. Certo, “non credevamo di trovare nessuna pistola fumante tra queste carte, ma ci preme far rilevare che ci sembra strano che manchi assolutamente la documentazione coeva di tutti i ministeri. Non ci sono documenti di quei giorni, di quei mesi e di quell’anno”. Una lacuna contro il quale punta il dito anche Luca Alessandrini, direttore del “Parri”, che giudica un “provvedimento quantomeno maldestro” quello assunto dal Governo Renzi. Tra l’altro, “a scegliere il materiale è stato messo personale non preparato e proveniente da enti che sono stati direttamente coinvolti nella vicenda”. E gli atti messi a disposizione finora, sono “prevalentemente relativi alla stagione delle indagini, ma non a quella dei fatti. Perché non darci ad esempio quelli dell’aeronautica del giugno 1980?”. Alla presentazione dell’incontro del 30 giugno con De Vincenti, avvenuta oggi al quartiere Navile insieme a quella degli altri eventi del “Giardino della memoria” in occasione dell’anniversario di Ustica (27 giugno 1980), c’era anche l’assessore regionale a Cultura e Legalità Massimo Mezzetti. “Sono passati 36 anni – dice – e ancora oggi qualcuno rimesta nel torbido. Nonostante la direttiva Renzi continua uno strisciante ostruzionismo, nel rimpallo tra ministeri”. Bonfietti però ricorda: “sappiamo già molto, sappiamo cosa accadde quella notte, il Dc9 è stato abbattuto come il giudice Priore ha scritto nella sua sentenza-ordinanza del 1999. Mancano però gli autori e noi parenti delle vittime siamo stanchi di aspettare un sussulto di dignità nazionale”: bisogna fare più pressione sugli altri paesi coinvolti (Francia in primis) per ottenere vera collaborazione. (Dire)
A pagina 83 del libro, scritto a quattro mani dal P.M. dott. Erminio Amelio e dall’avv. Benedetti, c’è scritto che lui, Amelio, nella divisione dei compiti concordata, non avrebbe dovuto occuparsi della vicenda del Mig Libico.
L’argomento, dunque, è stato da tutti stranamente trascurato, tant’è che gli stessi difensori degli imputati ne sono rimasti felicemente sorpresi. E non è tutto. L’avv. Benedetti a pagina 235 del medesimo testo riferisce di un suo particolare stato d’animo che lo induceva ad avere benevola comprensione nei confronti degli imputati. Ecco cosa ha scritto: ” … L’ho detto dinanzi alla Corte e lo ribadisco in questo libro: preferirei perdere cento volte un processo che accusare qualcuno di cose di cui non sono convinto” È chiaro ora? Si tratta di un avvocato di parte civile. Aveva assunto la difesa di alcuni familiari delle vittime e finisce col confessare e dichiarare a tutti, quindi anche ai giudici dei successivi gradi, che non era convinto della responsabilità degli imputati. È possibile ancora illudersi in un miracolo della politica?