Questo non risulta solo dalle carte che la Nato ha inviato alle autorità, dai grafici radar che mostrano le tracce di velivoli ed elicotteri militari che originano dal mare e in mare spariscono prima, durante e dopo la strage, dalle rilevazioni dei controllori di Roma-Ciampino che quella notte videro un traffico intenso di caccia nel Basso Tirreno tra Ustica e Ponza o dalle ultime testimonianze dirette di piloti e assistenti di volo che, su altri tre aerei di linea, si trovarono sulla stessa rotta del DC9 prima dell’esplosione e che sono stati interrogati negli ultimi mesi.
C’è qualcosa di più e di più concreto, coperto dal riserbo, che consente ai magistrati della Procura di Roma che indagano sulla strage (Maria Monteleone ed Erminio Amelio) di poter affermare che in quello scenario di guerra va certamente posizionata anche una portaerei. E gli obiettivi adesso sono due. Primo. Una ricerca negli archivi della nostra Marina militare, per verificare se qualcuno ne annotò (o occultò) i movimenti, che non potevano non essere registrati. Secondo. Scoprire chi ha mentito, visto che Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna (le uniche nazioni che nel 1980 disponevano di quel tipo di unità) ripetono che nessuna delle loro navi si trovava nella zona in cui avvenne la strage.
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