E’ il 1972, il Ministero della Difesa ha intenzione di acquistare due aerei “per soddisfare particolari esigenze relative al trasporto di autorità governative”. Non è stato ancora deciso quali aerei acquistare, ma, tra le ipotesi, c’è quella di dotarsi di due Fokker 28, in versione VIP. L’Amministrazione della Difesa, con un documento del 28 ottobre 1972, chiede alla Società Itavia, di formulare una offerta economica relativa alla manutenzione dei Fokker 28, nel caso in cui la scelta ricada proprio su questo modello di aereo. La richiesta è molto dettagliata. L’Itavia, in caso di affidamento dell’incarico, si dovrà occupare della manutenzione completa degli aeromobili, l’Aeronautica Militare, invece, si limiterà all’esecuzione delle sole operazioni di linea di primo livello, ovverosia controlli pre e post-volo, con la sostituzione di pezzi di limitata entità e che non richiedano specifiche attrezzature. Tutto il resto sarà competenza di Itavia. Il documento porta la firma del Gen. G. Battista Nicolò. Si tratta, è il caso di sottolinearlo, di due aerei di Stato, a disposizione delle più alte cariche per voli istituzionali del Capo dello Stato, del Presidente del Consiglio dei ministri, dei presidenti delle Camere e dei Ministri.
Nel 1972, dunque, la nostra Aeronautica Militare non ha dubbi sull’affidabilità e sulla competenza della Società Itavia, tanto da pensare di affidarle la manutenzione di due aerei di Stato. Nel 1980, dopo l’abbattimento del DC9 Itavia, invece, verrà montata, e non solo dall’Arma azzurra, una campagna di stampa denigratoria e assolutamente menzognera, verso la società guidata dall’Avv. Aldo Davanzali. Si dirà che faceva volare delle vere e proprie carrette e che la compagnia non era particolarmente attenta alla manutenzione degli aeromobili. Ciò, com’è noto, porterà alla disdetta delle prenotazioni, al ritiro delle concessioni da parte del Ministero dei Trasporti e, infine, all’inevitabile fallimento.
Ad oggi pendono due cause civili di risarcimento danni, una promossa dal liquidatore della Società – che, ricordiamo, non è mai fallita – e che in appello ha visto la condanna dei Ministeri della Difesa e dei Trasporti al risarcimento di 261 milioni di euro. La seconda è invece promossa dagli eredi dell’Avv. Davanzali, e deve essere discussa in appello, dopo che la Cassazione, ad ottobre 2013, ha annullato la sentenza che rigettava le richieste degli eredi del fondatore dell’Itavia.
Questo documento, reso noto dall’Associazione Noi dell’Itavia, rappresenta l’ennesima dimostrazione del castello di bugie e dii depistaggi messo in piedi da chi ha sempre avuto l’interesse che la verità sulla strage di Ustica non venisse a galla.