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Pezzi di verità. Ustica, 35 anni dopo / Oggi

Dc9Ustica. Sei lettere. Una parola che è diventata, suo malgrado, portavoce di 35 anni di storia, 81 vittime, misteri e sofferenza. Era il 27 giugno 1980 quando il DC9 Itavia partito da Bologna con destinazione Palermo si inabissò al largo dell’isola di Ustica, nel punto più profondo del Mar Tirreno, portando con se la vita di 77 passeggeri, 4 membri dell’equipaggio e di tutti i loro familiari. Da quella notte, quando nei cieli italiani si consumò una guerra non dichiarata, intere famiglie attendono di sapere la verità, di conoscere quanto accaduto, di avere quelle risposte capaci di assegnare la parola fine a un dramma che non consente loro di avere pace. Da troppo tempo.
La Strage di Ustica è, in effetti, il più lungo e complesso caso giudiziario italiano che in 35 anni ha visto susseguirsi 271 udienze del processo penale di 1° grado presso la Corte di Assise; decine di perizie specialistiche disposte dall’attività giudiziaria; 1 commissione ministeriale che indagò sul disastro; 2 collegi peritali che hanno lavorato su incarico dei magistrati. Sono stati 1.036 i provvedimenti, tra perquisizioni e sequestri, messi in atto dal Giudice Istruttore Rosario Priore che, dopo nove anni di indagini, è arrivato a scrivere una delle più lunghe ordinanze sentenze (raccolta in 19 volumi) della storia italiana. Il caso Ustica è contenuto in 2 milioni 250 mila pagine di documenti, un chilometro di carta che racchiude i processi dal 1980 a oggi.
A seguito del disastro aereo sono stati 1.000 i dipendenti dell’Itavia rimasti senza lavoro e 750 i milioni di euro richiesti dagli eredi di Aldo Davanzali (titolare della compagnia aerea) per il fallimento delle sue società. Ma, vinto il processo civile, nel 2016 l’Itavia tornerà a volare. Questa è forse la notizia più bella di un caso che vede ancora in corso 6 processi civili da parte dei familiari delle vittime contro i Ministeri della Difesa e dei Trasporti e l’apertura, dopo le dichiarazioni dell’ex Presidente Francesco Cossiga, di un fascicolo penale per il reato di strage presso la Procura della Repubblica di Roma.
Cosa accadde quella notte e chi è il colpevole di questa tragedia sono però ancora domande senza risposta. Pochi i punti fermi legati al disastro: le ipotesi di quasi collisione o attacco missilistico; le condanne della Corte di Appello contro i Ministeri della Difesa e dei Trasporti che accertano l’avvenuto depistaggio e la responsabilità di questi due Ministeri a non aver assicurato la sicurezza in volo del DC9 Itavia.
Un’altra cosa però è certa. Se la chiarezza di Stato, Aereonautica Militare e Istituzioni non ha consentito, fino ad ora, di arrivare alle effettive conclusioni di questa vicenda, tanto è stato invece fatto dalle persone che, alla lotta per la verità sul caso Ustica, hanno dedicato – e continuano a farlo – la loro vita. E non parlo solo dei familiari coinvolti nel disastro aereo che dal 1988 per volere di Daria Bonfietti si sono riuniti nell’Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica. Parlo anche di avvocati, giornalisti, magistrati, pubblici ministeri, ex dipendenti Itavia, semplici civili che da anni dedicano notti, giorni, tempo libero, a mettere insieme le tessere di un puzzle troppo complesso, perché privo di alcuni pezzi. È la grande famiglia di Ustica, quella che nessun depistaggio potrà mai far tacere. È composta da persone di differenti ceti sociali e provenienze. È uno spaccato d’Italia accomunato dal dolore. Il suo motore è inarrestabile perché è alimentato da quel desiderio di verità che può spostare le montagne. Parlare con queste persone, guardarle negli occhi, ascoltare i loro silenzi, provare a capire cosa significhi perdere senza una ragione entrambi i genitori, un fratello, un marito o, come nel caso di Pasquale Diodato, tre figli, la moglie e la cognata su quel maledetto volo, ti cambia la vita.
Ustica ti rapisce l’anima, mi è stato detto un giorno. Ed è così, ma dovrebbe esserlo a tutti i livelli.
E seppur qualcosa si stia muovendo tra le alte sfere della Repubblica, a oggi non è bastata a far chiarezza nemmeno la direttiva Renzi sulla declassificazione della documentazione relativa a questa strage. La speranza dunque, oggi come allora, è ancora quella che venga riconosciuto il diritto alla verità, “quel diritto – spiega Daniele Osnato, legale di oltre 140 parenti delle vittime – talmente alto e fondamentale che non ha bisogno di essere scritto in un codice. A questo continuiamo ad appellarci per poter finalmente dare alle nostre 81 vittime i funerali che meritano da 35 anni”.

di Sarah Scaparone per il settimanale Oggi – (Foto in home page di Thorsten Stobbe)

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