«Con l’infelice tentativo di distinguere le sentenze emesse da organi collegiali e monocratici, ha dimostrato di nutrire una flebile fiducia nel potere giudiziario e nei suoi organi; tutte le sentenze infatti sono pronunciate in nome del popolo italiano e sono espressione dell’imparzialità, terzietà e indipendenza degli organi che le emettono». Lo dicono gli avvocati Vanessa e Fabrizio Fallica, che rappresentano nei giudizi civili alcuni familiari di vittime della tragedia aerea di Ustica rispondendo all’ex sen. Vincenzo Ruggero Manca che aveva ribattuto a loro dichiarazioni sulla tragedia del Dc9 Itavia il 27 giugno ’80. Manca aveva detto che «appare scoraggiante che si continui a sostenere che, per quest’ultimo caso, il solo processo civile ‘monocratico’, al contrario di quanto accertato in sede di processo penale ‘collegiale’, possa risolvere il problema ‘Ustica’ in termini di saggezza, serietà ed imparzialità» «In merito all’ultima sentenza del settembre 2011 – dicono i legali – del Tribunale di Palermo serve sottolineare che essa è il frutto di una sapiente e saggia manovra giuridica del potere giudiziario finalizzata a tutelare lo Stato italiano, la sua qualifica di Stato di Diritto, e volta a garantire i principi, costituzionalmente regolati, su cui esso si fonda». «Cosa sarebbe accaduto – proseguono – e cosa accadrebbe se si fosse permesso o si concedesse di riconoscere una responsabilità in capo a mandanti ed esecutori della scellerata e fallimentare operazione militare di (spionaggio internazionale) che ha causato, per tragico errore la strage di Ustica? Conseguentemente, i parenti delle vittime sono pronti ad accettare che lo Stato e le organizzazioni internazionali di cui esso fa parte, quali la Nato (più fortemente indiziata), vengano messi alla pubblica gogna e trasformati da pubblici tutori della collettività in carnefici dei propri cittadini?». «Il principio giuridico – concludono – seguito dalla sentenza ‘più probabile che non’ è stato applicato con estrema saggezza ed imparzialità per affermare una responsabilità civile dello Stato, senza mortificare l’esito dei procedimenti giudiziari in sede penale, che avrebbero richiesto una decisione »oltre il ragionevole dubbio«. (Fonte Ansa)