Le stragi del 1980, quarant’anni dopo

di | 1 Agosto 2020

strage di bolognaQuesto sito è dedicato a due stragi, ma parla solo di una, cioè della strage di Ustica. Vorrei ampliare il discorso alla strage della stazione di Bologna, di cui ricorre il 2 agosto il quarantennale. Della strage di Ustica si è accertato che fu un atto di guerra. Non si è trovato ancora il responsabile dell’abbattimento del Dc9. Sulla strage di Bologna, ciò che si è trovato scricchiola da decenni.

La strage alla stazione di Bologna
Il quarantennale della strage del 2 agosto 1980 si presenta così come siamo, confusi e corporativizzati. La magistratura bolognese rilancia la tesi di Gelli mandante e, ora, anche ufficiale pagatore dei terroristi dei Nar. Potrebbe essere, ma le informazioni sono ancora traballanti. Quel conto, no quell’altro. L’ha fatto Gelli oppure uno dei suoi. In quel posto, no in quell’altro. Quello che rimane fermo è l’impianto politico generale dell’inchiesta, lo stesso dal 5 agosto 1980, cioè dal giorno in cui si riunì a Roma il Ciis, il Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza. In quella riunione, dove almeno Antonio Bisaglia collegò per la prima volta la strage di Bologna all’abbattimento del Dc9 di Ustica, il presidente del consiglio Francesco Cossiga, dopo il primo giro d’interventi, guidò la discussione sull’ipotesi della strage fascista e poi chiuse la riunione ribadendo la pista fascista. Democristiani, comunisti e socialisti, in questo caso, d’accordo. Da lì, da quell’impostazione politica, l’inchiesta di Bologna, nonostante qualche tentativo in direzione diversa, non ha mai schiodato.

Due novità sulla strage di Bologna
Una novità del quarantennale è la pista investigativa della trasmissione televisiva Report, che tira in ballo un neofascista che mesi prima della strage alla stazione, avrebbe detto a qualcun altro che ci sarebbe stato qualcosa di grosso a Bologna. Boh! Una seconda quasi novità sono le dichiarazioni di Francesco Pazienza, all’epoca consulente del generale Giuseppe Santovito, capo del servizio segreto militare italiano. Secondo Pazienza, l’amministratore delegato della Fiat, Cesare Romiti, si incontra, nel luglio e agosto del 1980, almeno due volte con Santovito per spingerlo a non prendere di petto la Libia, che ha il tredici per cento delle azioni Fiat. Nel primo incontro, del luglio 1980, la Fiat vuole che si restituisca subito a Muhammar Gheddafi il Mig libico caduto sulla Sila. Il secondo incontro tra Romiti e Santovito accade, sempre secondo Pazienza, dopo la strage di Bologna. Su ciò che si dicono, non c’è di più. Anche un personaggio discutibile come Francesco Pazienza può portare un valido tassello del mosaico necessario a ricostruire la verità.

La strage di Ustica e la relativa inchiesta
Dall’altra parte abbiamo la strage di Ustica. E’ una strage aerea e non ferroviaria. Non rimane ferma a Bologna, ma, da Bologna va verso Palermo, cioè verso sud. Allarga l’orizzonte. Un’altra strage e un’altra inchiesta. Con molti più movimenti di magistrati e una maggiore partecipazione diretta dei familiari, che, organizzati, presenziano in proprio alle indagini, invece di fiancheggiare i magistrati e delegare tutto ai partiti, anzi al partito. Un’esperienza, quella relativa all’inchiesta Ustica, di modernità democratica e indipendenza che arriva fino a questo sito web sulle stragi del 1980, che, per la prima volta, fornisce a tutti i cittadini, in modo moderno, materiali cognitivi di valore. Anche l’inchiesta Ustica non è una storia lineare. Procede per balzi e con protagonisti diversi. Ma procede.

I collegamenti tra le due stragi dell’estate 1980
Allora, qual è il collegamento tra le stragi di Ustica e di Bologna? Anzi quali sono i collegamenti?  Il primo, sembra banale, ma è lo scenario internazionale. Che è lo stesso, perché la strage di Ustica avviene un mese prima della strage di Bologna. Se si segue una pista internazionale, tutto il lavoro fatto dai cercatori della verità sull’abbattimento del Dc9 Itavia serve anche ai cercatori della verità sulla strage alla stazione. Il secondo collegamento è legato al primo, ma più preciso. E’ quello affermato dal democristiano Giuseppe Zamberletti, cioè la firma, a Malta, il giorno della strage a Bologna, dell’accordo di cooperazione economica e protezione militare garantita dalla Repubblica italiana alla Repubblica maltese. E’ un grande fatto di politica estera in un mondo precipitato, nel 1980, in una repentina riacutizzazione della guerra fredda. Ed è, a mio parere, più di una coincidenza. Il terzo collegamento è quello elaborato dal prefetto Vincenzo Parisi, durante le ruggenti audizioni della Commissione stragi del parlamento su Ustica dei primi anni Novanta del secolo scorso. La strage di Ustica, secondo Parisi, è stato il primo messaggio cruento, il primo avvertimento all’Italia. Il messaggio non è stato recepito e così, un mese dopo, è arrivato il secondo cruento avvertimento: la strage alla stazione di Bologna. Vincenzo Parisi, tra l’altro è stato per un periodo il capo del servizio segreto civile italiano. Ma è nel “tra l’altro” che ha origine la sua lunga riflessione sulla ripetizione di messaggi cruenti. Nell’anno delle due stragi, Vincenzo Parisi si occupa degli stranieri residenti in Italia, dai permessi di soggiorno alla vigilanza dei malintenzionati. In quella veste, nella primavera del 1980, segue gli omicidi – una piccola strage – compiuti dai killer di Muhammar Gheddafi, dei dissidenti libici residenti in Italia e in altri paesi dell’Europa occidentale. Anche quello è un cruento avvertimento. Poi Ustica. Poi Bologna. Rimangono, nel suggerimento del prefetto Parisi, due nodi da sciogliere. Avvertimento a che? E poi, va bene l’avvertimento all’Italia, ma perché Bologna? Ma perché due volte Bologna? Cioè la capitale dei comunisti italiani. C’è ancora da lavorare.

Indipendenza dei ruoli e importanza della ricerca
Possiamo essere soddisfatti di dove siamo arrivati, sulla strada della verità, a quarant’anni dalle due stragi del 1980? Lascio ad ognuno di voi la risposta.  Quello di cui sono convinto è che i veri e duraturi passi in avanti sono stati fatti quando ogni parte in causa – familiari, pubblici ministeri, giudici, periti, parlamentari, primi ministri, arma Aeronautica, giornalisti, cittadini preoccupati – ha fatto il suo autonomo dovere con capacità, competenza, onestà intellettuale. E sono convinto anche che molti risultati sono venuti dalla capacità di fare ricerca indipendente, con buona conoscenza della lingua inglese e standard anglosassoni. Credo che questo aspetto sia una delle chiavi di interpretazione delle nostre conquiste e arretratezze, anche sulla stragi del 1980. Con questo quarantennale delle stragi di Bologna e Ustica, ho passato i sessantacinque anni. E’ da quando andavo all’Università, quasi cinquant’anni fa, che l’Italia spende per la ricerca l’uno virgola cinque per cento del prodotto interno lordo, mentre Germania, Regno Unito e altri paesi europei spendono molto di più, mi pare il doppio. Questa semplice dato mi permette di spiegare molte cose sull’Italia di oggi. Senza la ricerca, quella seria, non si va da nessuna parte.

L’autore dell’articolo è stato perito e consulente, per oltre dieci anni, dell’Associazione familiari delle vittime della strage di Ustica e autore di “A un passo dalla guerra”, con Andrea Purgatori e Daria Lucca.