Il 16 dicembre 1979, sei mesi circa prima della strage di Ustica, un aereo dell’aviazione di marina americana, con a bordo un pilota e tre specialisti di guerra elettronica, precipita nel territorio del comune di Capaci, sfondando due villette estive fortunatamente vuote.
Un’aria di reticenza, confusione e segreto avvolge subito l’incidente. Le uniche cose certe sono quelle evidenti: le immagini dei tre piloti superstiti; le foto della carlinga dell’aereo col nome della portaerei Nimitz, la stella americana e il numero della 134° squadriglia VAQ della Us Navy. Poche altre informazioni filtrano col contagocce.
Alle domande del magistrato italiano Guido Lo Forte, i militari americani superstiti rispondono in modo lapidario: cognome, nome, grado. Il motore ha ceduto, abbiamo scaricato in mare il carburante. Poi abbiamo bloccato i comandi. Infine ci siamo catapultati fuori. L’esercitazione? E’ americana e non Nato. Nulla sul profilo della missione, né dettagli sull’esercitazione. Nel giro di qualche ora arriva un ufficiale della Sesta Flotta da Napoli con nove assistenti. E arrivano i marines a piantonare il relitto, già sorvegliato dai carabinieri. Da parte americana c’è una gran fretta di chiudere le indagini. La Nimitz deve uscire dal Mediterraneo a raggiungere l’Oceano Indiano.
NEL 1997, diciotto anni dopo l’incidente, grazie a documenti finalmente rilasciati dall’Aeronautica militare italiana, i magistrati svelano parte dei retroscena.
Quel fatidico giorno, la portaerei americana in navigazione un centinaio di chilometri a sud di Trapani era impegnata in un’esercitazione notturna che comprendeva i cieli del Mediterraneo centrale, della Sicilia e del Tirreno meridionale. Nell’ambito dell’esercitazione, dal nome sconosciuto, un EA-6B Prowler, aereo imbarcato da guerra elettronica e attacco antiradar, doveva compiere una missione notturna di rifornimento in volo. Oltre all’analisi e al disturbo delle emissioni elettroniche, il pilota e i tre specialisti ‘elettronici’, hanno a disposizione missili Arm antiradar e Sidewinder per l’autodifesa. Nella missione erano impegnati anche un aereo cisterna per il rifornimento in volo e un aereo radar imbarcato, un E-2A Hawkeye, che controllava l’area dall’alto.
LA SESTA FLOTTA non aveva avvisato gli enti del traffico civile italiano circa l’esercitazione che intersecava l’aerovia Ambra 13, la stessa su cui verrà abbattuto sei mesi dopo il Dc9 Itavia. I tre velivoli della US Navy (il Prowler, l’aereo cisterna e l’aereo radar) avevano tuttavia gli identificatori radio militari accesi e vennero riconosciuti e monitorati dal radar militare di Marsala.
A nord di Palermo – a causa del buio, di un temporale e del forte vento – il Prowler fallì più volte l’aggancio alla sonda dell’aereo cisterna. Col carburante agli sgoccioli e la portaerei lontana, l’ufficiale pilota Robert Dark tentò un atterraggio di fortuna. Alle nove e un quarto di sera. «Per quindici minuti», scriverà due giorni dopo Felice Cavallaro sul Corriere, «migliaia di palermitani, dalle terrazze e dai balconi, hanno visto con terrore due jet che ruotavano vicinissimi ai palazzi». Verso le nove e mezzo, i tre ufficiali ‘elettronici’ si catapultarono col paracadute. Poi, il Prowler si schiantò contro le due villette di Capaci, senza incendiarsi. La mattina dopo, il corpo del pilota, Robert Dark, fu trovato esanime su un costone del Monte Pellegrino.
COINCIDENZA: nell’ordinanza di rinvio a giudizio dei generali dell’aeronautica, il giudice Rosario Priore scriverà che il codice di allarme 7700, lanciato dai tre aerei americani della Nimitz sopra Palermo nel dicembre 1979, è lo stesso inserito dal caccia TF-104 Starfighter italiano, guidato da Ivo Nutarelli e Mario Naldini (morti poi a Ramstein) appena dopo aver incrociato, il 27 giugno 1980, la rotta del Dc9 Itavia sulla dorsale appenninica.
QUELLO CHE I MAGISTRATI non scrivono è che l’esercitazione in cui muore Robert Dark è una prova di addestramento dei velivoli della Nimitz per la futura operazione Eagle Claw, Artigli d’Aquila, con cui gli Stati Uniti tenteranno, nell’aprile 1980, di liberare gli ostaggi americani a Teheran. La missione finirà in un disastro: nessun ostaggio liberato; 8 militari americani morti in uno scontro tra un elicottero e un aereo in una località del deserto iraniano. Più Robert Dark, a Palermo.
L’aerovia Ambra 13 e il codice 7700 sono le connessioni.
Il disastro aereo di Ustica riemerge – come i vermi giganti nel deserto di Dune – più volte dal buio squassando il quadro politico italiano. Una di queste emersioni avviene otto anni dopo.
E’ il 9 novembre del 1988 e il governo, presieduto dal democristiano Ciriaco De Mita si riunisce, per la seconda volta in cinque mesi, per discutere dell’incidente aereo che, irrisolto, è diventato via via collisione, cedimento strutturale, bomba, poi evento militare.
La discussione è infuocata. A un certo punto, dopo il ministro della difesa Zanone, De Mita concede la parola a un democristiano di quarantasette anni, siciliano, conosciuto da tutti come persona pacata e prudente.
E’ il ministro per i rapporti con il parlamento. È molto duro, deciso. Citiamo dal resoconto di Panorama dell’epoca: «Mesi prima della sciagura di Ustica, cadde un aereo americano sul Monte Pellegrino, a nord di Palermo, e nessuno offrì la benché minima spiegazione. Poi il 27 giugno, si inabissò il Dc9 dell’Itavia con 81 persone a bordo. E ancora buio pesto. Venti giorni dopo si scoprì un Mig 23 libico sui monti della Sila. Tutti zitti. È mai possibile una cosa del genere? La verità è che in quell’area si gioca troppo alla guerra come hanno denunciato a più riprese i piloti civili…» Quel ministro è Sergio Mattarella.
Da Presidente della Repubblica, Mattarella ha continuato a chiedere verità e giustizia.
PERCHÉ RICORDARE adesso le domande che pose nel 1988 a tutto il consiglio dei ministri? Semplice, perché l’articolo di Panorama compare, allegato dal Sismi, il vecchio servizio di controspionaggio militare poi chiamato Aise, nel famoso «fascicolo Ustica» desecretato dal governo Renzi e conservato all’archivio di stato.
Ora, se il Sismi ritenne di conservare traccia della discussione di Palazzo Chigi, vien da dire che le tre domande del Presidente (la caduta del Prowler americano, il disastro di Ustica e il Mig 23) erano considerate di “interesse” dal servizio.
E dal nostro punto di vista di ricostruttori di storie, è d’obbligo segnalare che, come il Prowler del Monte Pellegrino si portava dietro l’operazione Eagle Claw, così il Dc9 Itavia precipita nelle ore in cui è in corso il trasferimento di un gruppo di volo di caccia Phantom americani, operazione Proud Phantom, all’aeroporto di Cairo Ovest, in chiara funzione anti libica.
Andiamo per analogie. Colleghiamo fatti. Ricreiamo contesti. Il nostro dito è puntato contro chi non dice quello che sa. Perché vogliamo le risposte.
di Daria Lucca, Paolo Miggiano per Il Manifesto 1 – continua