Poiché, a proposito del caso Ustica, vengono spesso citati esiti processuali favorevoli alla tesi dell’esplosione in volo del DC9 Itavia a causa di un missile sparato da altro aviogetto nel corso di una presunta “battaglia aerea”, riporto testualmente passaggi degli atti istruttori e delle sentenze passate in giudicato, emesse, nei diversi gradi di giudizio, dai tribunali penali e dalla Cassazione, in cui si esclude tale ricostruzione o si ipotizza, quale causa della perdita del DC9, l’esplosione di un ordigno collocato a bordo:
Requisitoria p.m. (Salvi, Nebbioso, Roselli): «L’esplosione all’interno dell’aereo, in zona non determinabile, di un ordigno è dunque la causa della perdita del DC9 per la quale sono stati individuati i maggiori elementi di riscontro». (p. 404)
Sentenza di appello: L’esistenza di un velivolo che volava accanto al DC9 ITAVIA era “supportato solo da ipotesi, deduzioni, probabilità e da basse percentuali e mai da una sola certezza.” (Motivazioni, p.68).
«Non è stato raggiunto, cioè, un risultato di ragionevole certezza su un presunto velivolo che avrebbe volato accanto o sotto il DC9 ITAVIA anche successivamente con mezzi di ricerca certamente più completi ed esaurienti di quelli in essere nel 1980 ma sono emerse solo mere probabilità di significato, quindi, dichiaratamente neutro». (Motivazioni p. 68).
«… L’accusa non è altrimenti dimostrabile se non affermando come certo quanto sopra ipotizzato ma non è chi non veda in essa la trama di un libro di spionaggio ma non un argomento degno di una pronuncia giudiziale». (Motivazioni p. 114).
L’estensore delle motivazioni, riferendosi al fatto che l’accusa e le parti civili sostenevano che: «vi sarebbero – il condizionale è d’obbligo – prove di un movimento di aerei militari (…) come hanno dichiarato i testi Bozzo, Diamanti, Colonnelli, Cucchiarelli», ricorda che già «la sentenza di primo grado della Corte di Assise esclude che tali movimenti pur se vi fossero stati, abbiano interessato il volo dell’aereo Itavia per i motivi cui si rimanda e che si condividono pienamente e che si concretano nella circostanza che nessun velivolo, a parte le tracce di due plot del vecchio radar Marconi su cui è stata costruita tutta l’impalcatura dell’accusa, risulta aver attraversato la rotta dell’aereo Itavia, non essendo stata rilevata traccia di essi dai radar militari e civili, le cui registrazioni sono state riportate sui nastri da tutti unanimemente i tecnici ritenuti perfettamente integri». E non basta subito dopo si legge anche : «le dichiarazioni testimoniali, ottenute a distanza di tempo e con riferimenti a volta contraddittori, non possono scardinare questo dato di fatto che è essenziale ai fini del convincimento essendo un dato oggettivo da cui non si può prescindere. A ciò vanno aggiunti i vari accertamenti e comunicati da cui risulta che tutti gli aerei militari italiani erano a terra, che i missili di dotazione italiana erano nei loro depositi, che gli aerei militari alleati non si trovavano nella zona del disastro e che nell’ora e nel luogo del disastro non vi erano velivoli di alcun genere». (Motivazioni p. 115)
« … tutto il resto è fantapolitica o romanzo che potrebbero anche risultare interessanti se non vi fossero coinvolte 81 vittime innocenti». (Motivazioni p. 116).
Cassazione: «Non si è, pertanto, in presenza di una prova incompleta, poiché all’esito di una lunga e complessa istruttoria formale da parte del Giudice Istruttore (durata 19 anni e conclusa con una sentenza-ordinanza di 5468 pagine), seguita da quella dibattimentale con 272 udienze, è stata acquisita una imponente massa di dati, dai quali peraltro non è stato possibile ricavare elementi di prova a conforto della tesi di accusa». (Motivazioni p. 11).
Per la stessa ragione, riporto anche le dichiarazioni rese dal Sen. Cossiga e dall’Amm. Martini in sede di esame testimoniale nel corso del processo sul caso Ustica.
– il 26 febbraio 2002, nell’ambito del Processo a carico dei 4 generale dell’A.M., davanti ai giudici della III Corte di Assise di Roma (pag. 7-8), sotto giuramento, il Sen. Cossiga dichiarò: «PUBBLICO MINISTERO ROSELLI: sì, ma ebbe mai o no modo di sentire prospettare l’ipotesi di un missile? TESTE COSSIGA FRANCESCO: no, anzi la cosa mi meravigliò quando io poi l’appresi dalla stampa, perché conoscevo bene, mi sembra… mi sembra che si chiamasse Rana, che era aiutante di volo di un Sottosegretario alla Difesa di Guadalupi, quando io diventai Sottosegretario… PUBBLICO MINISTERO ROSELLI: sì. TESTE COSSIGA FRANCESCO: e lo conobbi in quella occasione, era molto amico di Formica, che lo nominò ad una carica di un ente civile, adesso non mi ricordo che cosa fosse, e mi meravigliai quando appresi dai giornali la circostanza che aveva pensato, gli aveva detto che era un missile, perché non me ne parlò assolutamente, anche se poi dagli atti io ho visto che Formica, richiesto, che ne parlò, pare, con il Ministro della Difesa, venne chiesto a Rana se avesse avuto… questo l’ho appreso dagli atti, insomma, e quindi non è cosa che avendo appreso… che era stata una cosa che Rana aveva detto come un’ipotesi, non dico fantasiosa, ma come un’ipotesi, ma non per… PUBBLICO MINISTERO ROSELLI: ipotesi, un’ipotesi prospettata, quindi Formica non in gliene parlò mai? TESTE COSSIGA FRANCESCO: no, no, mai!
– il 19 febbraio 2008, in una intervista rilasciata a Sky Tg24, il Sen. Cossiga dichiarò: «Furono i nostri servizi segreti che, quando io ero Presidente della Repubblica, informarono l’allora sottosegretario Giuliano Amato e me che erano stati i francesi, con un aereo della marina, a lanciare un missile non ad impatto, ma a risonanza».
– il 3 giugno 2009 il Senatore a vita Francesco Cossiga, come riporta un’agenzia di stampa ANSA di quel giorno (ore 16,55) dichiarò: «Non ho mai affermato di sapere che fu l’aereo di una potenza amica ed alleata ad abbattere per errore l’aereo di Itavia nei cieli di Ustica: a me è stato detto dall’allora capo del Sismi, l’ammiraglio Martini».
– il 28 febbraio 2002, sempre nell’ambito del Processo a carico dei 4 generale dell’A.M., davanti ai giudici della III Corte di Assise di Roma, nel corso della sua escussione testimoniale (pag. 22-26), l’ammiraglio Fulvio Martini aveva dichiarato: «Beh, io ho sempre sostenuto, fin dal primo momento, che l’aereo è venuto giù per una esplosione interna nel settore poppiero. Commissione Stragi è una strana organizzazione, nella quale a un certo punto, quando uno fa una affermazione, indipendentemente dal fatto che sia in seduta segreta o in seduta aperta, ma generalmente in seduta segreta, c’è sempre un individuo che si alza e va a raccontare ai Magistrati quello che lui vuole per la sua parte politica. Questa è una grave scorrettezza, però purtroppo succede e succede spesso, potrei fare dei nomi, ma… non mi sembra il caso. Citerò però un esempio che mi sembra emblematico: a un certo punto di una interrogazione nella quale un membro della Commissione Stragi mi chiese: “Quali aerei avrebbero potuto volare nella zona del… – diciamo – di Ustica, in quel momento?”, io risposi che gli unici che avrebbero potuto volare, a parte i nostri che non avevano volato, sarebbero stati i francesi e gli americani, per una questione di controllo aereo. Un signore, di cui potrei fare il nome, ma non mi sembra il caso, si alzò e andò al… nella sala stampa e con una certa improntitudine disse: “L’Ammiraglio Martini ha detto che sono stati o i francesi o gli americani a buttar giù l’aereo”. Ora, io vorrei dire che il giorno dopo i titoli dei giornali erano: “L’Ammiraglio Martini afferma che…” eccetera, e questo non è assolutamente vero, va bene. Ora, in un ambiente di questa fatta, nella Commissione Stragi può succedere di tutto; comunque il discorso è questo: io ho sempre, indipendentemente da illazioni che sono venute fuori successivamente, ho sempre sostenuto che l’aereo di Ustica è venuto giù per una esplosione nel settore poppiero. È venuto giù per una esplosione nel settore poppiero per un semplice motivo: ci sono tre validi motivi per dire che la battaglia aerea è una invenzione di una certa parte politica, va bene, per un semplice motivo, primo: il Mig 23 non era in condizioni di partire dalla Libia e ritornare in Libia; secondo: non aveva la possibilità di essere rifornito in volo; terzo: la Libia non era in condizioni di assicurare il controllo operativo dell’aereo perché, una cosa che tutti dovrebbero sapere, ma che molti fanno finta di non sapere, un aereo da caccia di notte, un Mig 23, è un cieco che vola, non vede assolutamente niente, se non ha un controllo aereo che lo porta da qualche parte lui è un cieco, va bene, quindi per questi tre motivi la battaglia aerea non ci può essere stata. D’altra parte, come molti speravano compreso il sottoscritto, l’aereo, i relitti dell’aereo, è rimasto muto per molti anni, ma non per tutti gli anni; il giorno che è stato ricostruito al 94.6 per cento, evidentemente la battaglia aerea non c’è stata, perché il buco del missile non c’è. Poi noi abbiamo avuto l’abilità di inventare una cosa che ha fatto ridere gli esperti di tutto il mondo inventando la cosiddetta “near collision”; la “near collision” è una di quelle tali bufale per cui quando la pattuglia acrobatica vola sarebbe sempre in condizioni di “near collision” più o meno, quindi non esiste la storia. C’è un altro problema, che non lo sapremo mai chi ha messo la bomba nella parte poppiera, per un altro motivo, che fintanto che si attribuisce il giorno dopo la causa della strage a una certa parte politica, a una certa… a un certo Stato, evidentemente si lasciano raffreddare le piste calde, quindi la pista calda di chi ha messo la bomba a Bologna, se esisteva, col tempo si è raffreddata e non si trova più, su questo non c’è dubbio. A quell’epoca il Capo della Polizia si chiamava Parisi, Parisi ha sostenuto sempre che la bomba era stata messa a Bologna, va bene, parlando con me, eravamo amici, va bene, mi ha sempre detto: “Se qui lasciano raffreddare la pista non troveremo mai niente”».
– l’8 settembre 2010, rispondendo per iscritto, a nome del Governo, all’interrogazione dell’On. Maurizio Turco (n. 4-00022), il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Sen. Giovanardi, ha riferito che: «L’onorevole Amato, all’epoca sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ha negato che i vertici del Sismi lo abbiano mai informato circa la presunta responsabilità dei francesi nella strage di Ustica, avendo avuto viceversa dall’ammiraglio Martini una indicazione sulla prevalenza dell’ipotesi che l’aereo fosse precipitato a causa di una bomba. Il dipartimento per l’informazione e la sicurezza, sentita l’agenzia informazioni sicurezza interna ed esterna ha peraltro confermato quanto già illustrato in ordine ad altri atti di sindacato ispettivo e cioè che dai compendi archivistici dell’agenzia non sono emersi riscontri in merito alle asserite comunicazioni rese al senatore Cossiga e all’onorevole Amato in ordine alle responsabilità francesi sul disastro aereo di Ustica».
– il 10 settembre 2011, proprio nella sentenza del processo civile presso il Tribunale di Palermo, il giudice scrive: «Nel presente processo sono state inoltre assunte le testimonianze degli On.le Cossiga e Amato, dalle quali però questo giudice non ritiene di trarre alcun elemento utile alla ricostruzione dei fatti in considerazione: a) della contraddittorietà delle dichiarazioni rese dall’On. Cossiga nel corso del tempo – avendo egli riferito nel presente processo fatti e circostanze (di essere stato informato dal direttore del SISMI, ammiraglio Fulvio Martini, molto tempo dopo il disastro, all’epoca in cui era Presidente della Repubblica, che ad abbattere il DC9 era stato per errore un aereo dell’Aviazione Marina Francese decollato da una portaerei al largo del sud della Corsica) mai riferite prima né innanzi al Giudice Istruttore, né nel suo esame testimoniale reso innanzi alla Corte di Assise all’udienza del 26.02.2002; b) della mancanza di un puntuale riscontro di quanto da lui riferito nel presente processo nella deposizione resa dall’On. Amato (il quale ha escluso di essere mai stato informato di analoghe circostanze tanto in via ufficiale quanto in via ufficiosa, contrariamente a quanto sostenuto da Cossiga, secondo cui l’ammiraglio Martini gli avrebbe riferito di avere fornito la stessa informazione ad Amato); c) del fatto che la fonte ultima dell’informazione – fornita dall’ammiraglio Martini all’On.le Cossiga secondo quanto da quest’ultimo dichiarato nel presente processo – è da ravvisarsi in “informazioni che giravano nell’ambiente dei servizi” – cioè in un elemento di cui non è possibile valutare l’attendibilità». (pp. 10 e 11).
F.to Sen. Carlo Giovanardi
Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio