«Omissioni, negligenze e depistaggi». Non è un caso che nella sentenza del Tribunale civile di Palermo si ritrovino i termini con cui, due anni fa, il presidente Napolitano aveva dato un deciso colpo di carta vetrata al rozzo tentativo di spandere sulla strage di Ustica uno strato di vernice appannante. Non è un caso che la sentenza arrivi alla vigilia di una riunione del pool di magistrati della Procura di Roma che indaga sull’ esplosione del DC9. L’ inchiesta è apertissima e, in attesa di risposta alle rogatorie trasmesse a Belgio, Germania e alla Nato, sono state inviate integrazioni alla Francia, indiziata numero uno nello scenario di guerra aerea che include con complicità dirette o indirette anche Stati Uniti, Libia e Italia. Non è un caso che stia per arrivare a sentenza il procedimento civile che condannerebbe lo Stato a pagare un indennizzo di 500 milioni di euro agli eredi del proprietario della compagnia Itavia, chiusa d’ufficio perché ingiustamente ritenuta inaffidabile. Non è un caso che in queste ore l’ organizzazione Human rights watch abbia messo le mani, a Tripoli, sull’ archivio segreto dell’ intelligence libica che – ha rivelato il responsabile del settore emergenze Peter Bouckaert – contiene moltissimi documenti su quanto accadde il 27 giugno 1980. Cosa accadrà adesso? La palla passa all’Avvocatura dello Stato. Un appello, per quanto impopolare, rimetterebbe tutto su un binario morto o quasi. In caso contrario, lo Stato potrebbe decidere di rivalersi su coloro i quali, la sera della strage, occupavano una posizione di responsabilità. Persino sui generali assolti dall’accusa di depistaggio con la clamorosa sentenza del 2007.
di Andrea Purgatori – Corriere della Sera del 13 settembre 2011