CAPO 2°

Gli indiziati

Le posizioni degli indiziati dal n. 1 al n. 20
dell'epigrafe eccettuate le posizioni n. 1 - 11 e 13.

1. Cariati Nicola.

Cariati Nicola, era nel 1980 maresciallo dell'Arma dei Carabinieri, comandante del Nucleo Operativo della Compagnia di Crotone. Intervenuto in Castelsilano dopo la segnalazione del rinvenimento del MiG libico, è stato indiziato di falsa testimonianza e favoreggiamento essenzialmente al riguardo dell'attività collaborativa prestata nella vicenda al diretto superiore capitano Inzolia.

E' stato escusso in data 01.04.87, 12.11.93 e 06.07.94. Nel corso di questi atti dichiarava di non aver raggiunto Castelsilano il giorno in cui fu rinvenuto il MiG23, ma il giorno dopo (19.07.80), quando fu incaricato, unitamente al collega Raimondi, di interrogare la sig.ra Carchidi, la donna che aveva visto un velivolo in difficoltà nei pressi del luogo ove fu rinvenuto il MiG. Ricordava altresì di aver visto alcuni pezzi dell'aereo, ma di non averli riconosciuti.

Era stato comandato di servizio anche il giorno del disseppellimento e dell'autopsia del cadavere del pilota libico (23.07.80). In merito ricordava di non aver portato l'attrezzatura fotografica e di aver accompagnato in quella circostanza il capitano Inzolia. A proposito di quest'ultimo, rammentava che egli aveva presenziato all'autopsia solo per brevi periodi, in quanto spesso era uscito fuori dal locale del cimitero, per intrattenersi con i propri collaboratori.

Si deve rilevare che il capitano Inzolia, nel corso dell'interrogatorio del 13.07.92, su tale circostanza dichiarava: "Preciso che durante l'autopsia io sono rimasto sullo spiazzale antistante ... del cimitero, a parlare con il giornalista della RAI Emanuele (Giacoio)..."; "Da Catanzaro vennero i marescialli Casalino ed Lo Giacco".

Il Cariati, nelle sue dichiarazioni, affermava che il giorno dell'autopsia oltre ai Carabinieri e ai medici, erano presenti anche altre persone, di cui non ricordava - o non voleva riferire - chi fossero e se erano in divisa o in borghese. Aveva memoria, però, dell'arrivo di un'automobile dell'Aeronautica, con targa militare, con a bordo quattro persone. Ma non è stato in grado di riferire sulle attività specifiche poste in essere all'interno del cimitero ove erano in corso gli esami autoptici.

Non ricordava se presso il Comando della Compagnia di Crotone erano stati depositati oggetti o documenti rinvenuti sul luogo dell'incidente. Non aveva mai accompagnato ufficiali libici o americani sul luogo. I rilievi fotografici erano stati eseguiti dal Reparto Operativo CC. di Catanzaro.

Questo comportamento in sede testimoniale, - specialmente in relazione al delicato profilo delle effettive attività peritali sulla salma del pilota - induceva l'Ufficio ad indiziarlo di falsa testimonianza e favoreggiamento personale presumendo che celasse fatti e circostanze a sua conoscenza e intendesse aiutare il capitano Inzolia ad eludere le investigazioni.

La perquisizione eseguita nei suoi confronti in data 26.10.95, dava esito negativo.

Al termine dell'istruttoria deve dirsi però che nessun elemento concreto è emerso dagli atti a suffragare la falsità delle sue dichiarazioni davanti questo GI o condotte di favoreggiamento. Non si deve pertanto promuovere alcuna azione penale nei suoi confronti.

2. Cogliandro Demetrio.

Cogliandro, ufficiale dell'Arma dei Carabinieri è stato nel Servizio militare dal giugno del 63 al dicembre dell'82 (SIFAR-SID-S.I.S.MI), rivestendo incarichi di particolare rilevanza: Capo della Segreteria dell'Ufficio "D" dal 66 al 71 e Capo del Raggruppamento Centri CS di Roma dal novembre 74 al giugno dell'82. Era in quest'ultima struttura, particolarmente importante e delicata sotto il profilo informativo/operativo, al tempo della caduta del DC9 dell'Itavia nel Tirreno e del MiG libico a Castelsilano.

Va rilevato innanzitutto che Cogliandro sulla base di disposizioni emanate dal Direttore del Servizio Santovito riferiva direttamente a quest'ultimo e non a Notarnicola, avviando così una deviazione dei meccanismi interni al Servizio che non gioverà di certo al conseguimento degli obiettivi istituzionali del Servizio stesso. Tale rapporto privilegiato, oltre ad aver trovato conferma nelle indagini avviate dopo lo scandalo P2, a seguito del quale fu interrotta tale relazione con l'allontanamento prima di Santovito e poi dello stesso Cogliandro, ha trovato ulteriore conferma nella scoperta di un archivio parallelo gestito direttamente da quest'ultimo. E' lo stesso Cogliandro ad ammettere l'anomalo rapporto osservando che da esso derivarono problemi con il colonnello Notarnicola (v. esame Cogliandro Demetrio, GI 17.05.95).

L'interesse sulle attività di Cogliandro trae origine: 1) da alcune informative originate dal Raggruppamento Centri CS di Roma, a sua firma, concernenti la vicenda di Ustica e trasmesse alla Direzione del Servizio nella prima decade di luglio del 1980; 2) dalla competenza che il Raggruppamento aveva sulla attività di controspionaggio sulla Libia ed in particolare sulla dissidenza libica presente in Italia e sui terroristi libici dei Servizi Speciali.

In relazione all'attività informativa sull'evento, il Raggruppamento Centri CS risulta aver trasmesso alla 1ª Divisione del S.I.S.MI il foglio nr.4285/6-S datato 1 luglio 80 con allegato un appunto, a firma del colonnello Cogliandro, in cui veniva elencata una serie di notizie e di valutazioni tra le quali "si ritiene che una possibile ipotesi sia quella del distacco del cono terminale della coda del DC9 a seguito del quale l'aereo, per un fenomeno di pressurizzazione, si sia spezzato provocando la rottura immediata di tutti gli strumenti radio di bordo e quindi il silenzio più assoluto e l'impossibilità del pilota di segnalare quanto di drammatico si stava verificando". Notizie, queste, che nulla aggiungevano a quanto già la Direzione del Servizio non sapesse, tantochè il tenente colonnello Alloro ritenne opportuno annotare di proprio pugno sul foglio "Ad onor del vero i giornali sono stati più dettagliati e più precisi anche in data antecedente al 1° luglio".

L'11 luglio 80 la stessa informativa viene trasmessa su disposizione del Direttore del Servizio, generale Santovito, al Ministro della Difesa, Lelio Lagorio, ed al Segretario Generale del CESIS, Walter Pelosi.

Il 2 luglio successivo il colonnello Cogliandro con foglio nr.4293/S trasmette alla 1ª Divisione altra informativa in cui riferisce notizie apprese da "fonte occasionale in ambienti stampa" relative alla sciagura dell'aereo dell'Itavia. In particolare la fonte avrebbe detto di avere appreso "in ambienti delle Partecipazioni Statali, che sarebbe stato un giornalista dell'entourage di Bisaglia a inventare la notizia dell'attentato con una bomba che recava con sé un terrorista di destra" e che l'indicazione del nome del terrorista di destra adattabile allo scopo era stata fornita da ambienti del Ministero dell'Interno o della Questura. Viene infine riferito che all'Itavia sarebbero stati legati sia Bisaglia che Bubbico ed altri personaggi non meglio indicati della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista.

Anche su questo documento la 1ª Divisione appone un'annotazione in cui rimarca il fatto che le Era già morto nella sua auto quando sono arrivati i carabinieri: si tratta di una guardia giurata di Tornimparte in servizio presso "I magazzini del Popolo" di Borgorose. Ieri notte, intorno alle 2, S.C. 32 anni, in servizio all'istituto viterbese "Security Group", doveva vigilare nel centro commerciale ma un collega lo ha trovato morto nei pressi del supermercato. Un tubo era collegato dalla marmitta all'abitacolo. Il corpo della guardia giurata si trova ora a disposizione dell'autorità giudiziaria nell'obitorio del "De Lellis". ”|‡ÓoüX”÷©€v²´Ñ³ÞUePºÓß®VGÏZÕ$6ÒÌf`¥±Ñd;âÂüÛ#X»ú_N]wRã–¥$‘òHÅΟöÆmUúSz/joí l¢ô]$ãE-?¶µþ^ù@‚ÂÞÔ3.Æ«Ly öv?SûgìlP[Ù»ò °ao…K':ìPgNè8Žoj'Ô“ܑ¬‹Öú"‘ÊZ`´Ï³oóæ Þ©_E„MÀ#à ¾Àë# Œ>P¶ÕiÙ Ì*>2wè®ÔûCÊë£) ÙÝ/E\å5«$÷y‡1É”4f 3ðEæã¡{í‹7u)L§$Sù1ϳÛÉ1Ä£t,š>ù§Ã¸ ¼)"#D”ÜÙ\ãÙ¨VpðÌ/¹ XY"ð:çÞØRf¶Ù”[UŸXÁ´ŸNÁß wó<¨á ?3”T%Ô£…WóJ/àrô㥿bNë^7AÇÜ?ÙìG{ ?00^£©ÙÆ•ÄáxÞ2*ˆÆ®y5Ž×®ç#Ùxrž¨î‰ãÈvQã”âŒïžB›ð«s‘£o¢|Läð•¦yš†…)MXj$º÷pyžÔ6d4œœê÷-•NÝ‚ÈëKóëë®Z¡¬GzmB8Ò>`ûçÏòj&u…6˜Ênba –£eÍ!뛦J¾‚#³Ö/ˆqZz¿+uÀ¬¸¦~×Di¿`zÒgz^Ëy*Ýzj 9'Á‚®ê…ˆ¸K²°€JÌ˹ú¤Æ‹ø ”‰s7×®¿&A’h`S³(*6©OõH?s‚#DyôÓ±›•qª®Fˆƒ*èìQAèe q][¸uq¾üáä8.Ò|ŽÙ¾²aÅ\H³ä%’©cúAk²šðøf×Lžj±©š­Ã_«iŠêÍ!Û„s—j7™¦ÇÀ@‡OéŽAà7Ž»^wÆŒi•8 «-E¼’E÷º÷{ûö¿Š=TØ•ó„èÙ÷Û2BH}Œ%ù=1wÊÀbe–LWÖøÁ0XM¾ •ˆ¯¸ínÒ^¦þÇÊÀ†*o0ØIê͆7µgd¤òomúÃgñ(r “(5a¡üæj\+èˬÏÌr>àËË÷&.%Cb.S¡ü???×Nɱ³Æ€rzÆðmXÜèoúÄ|Î;ÇGÉ<õ´Ã>p¥íÉaæÛQÔȘºœP%*¦Ùl¿ºB")övý ÚW ])yѶÎT.)Vdˆ‡hûÈ ½‘:SÎX´?åi°­>z¿ëÝܸ—×6œ 03ÐVw7ïd}wH©>cÀ(%l»wïhfæEáÊ*c3|`Ÿ¾ŽD±æd;&mM‚A¾¤Wç$H|Ëäy€§ ç_½ðµÏ\¹ó£|äzhÂr§Ï;úÎÁtcÎ?§{µG)SŠ/ $ÓQ•(ªE˜R:Ò2ôJ+«ÿ¡:áZ5±¤VäSƒ–tÀDg-˜pŽº@þiDIáÂùKyª|;&Ô®Öj@…ÖHÕ¯Qq¡îAcaos.ûtxtÿÿÿÿÿÿÿÿCAOS TXT I¸‹e*â*j¡\*DAcaramba.txtÿÿCARAMBA TXT J¸‹e*â*C”)‚ Acarel}li.txtÿÿCARELLI TXT K¸‹e*â*á‹T*ƒm Acata.âtxtÿÿÿÿÿÿÿÿCATA TXT K¸‹e*â*‰H*…Aceler6e.txtÿÿÿÿCELERE TXT L¸‹e*â* A*†AAcelliw.txtÿÿÿÿÿÿCELLI TXT M¸‹e*â*º{W*‡Acentr‡o.txtÿÿÿÿCENTRO TXT M¸‹e*â*.Ž4*ˆYAcimi.ñtxtÿÿÿÿÿÿÿÿCIMI TXT N¸‹e*â*–Š2*Š’Acoca.8txtÿÿÿÿÿÿÿÿCOCA TXT O¸‹e*â*:„+*‹¯Acocai@na.txtÿÿCOCAINA TXT O¸‹e*â*,*ŒþAcolpi&.txtÿÿÿÿÿÿCOLPI TXT P¸‹e*â*’=*¯Aconve .txtÿÿÿÿÿÿCONVE TXT Q¸‹e*â*§2*ŽþAcrimiáne.txtÿÿCRIMINE TXT Q¸‹e*â*­™7*¥ADamiaNno.txtÿÿDAMIANO TXT R¸‹e*â*u˜U*÷ Adili.¬txtÿÿÿÿÿÿÿÿDILI TXT R¸‹e*â*B–V*’«Adose.²txtÿÿÿÿÿÿÿÿDOSE TXT S¸‹e*â*b’O*“ÌAdroga—.txtÿÿÿÿÿÿDROGA TXT T¸‹e*â*á b*”£Adroga2.txtÿÿÿÿDROGA2 TXT T¸‹e*â*‘|•)•ëAdroga3.txtÿÿÿÿDROGA3 TXT U¸‹e*â*Æ}/*–eAdroga74.txtÿÿÿÿDROGA4 TXT V¸‹e*â*”2*—hAelio.ótxtÿÿÿÿÿÿÿÿELIO TXT W¸‹e*â*–ž'*˜´Aero.t$xtÿÿÿÿÿÿÿÿÿÿERO TXT W¸‹e*â*`|3*™ÖAeroina.txtÿÿÿÿEROINA TXT X¸‹e*â*áv;*š{AESTORCE.txtÿÿESTORCE TXT Y¸‹e*â*Í–G*›ÒAfinan¬za.txtÿÿFINANZA TXT Y¸‹e*â*2sŽ)œpAfumo.txtÿÿÿÿÿÿÿÿFUMO TXT Z¸‹e*â*s‹H*ž¤Afumo2ú.txtÿÿÿÿÿÿFUMO2 TXT [¸‹e*â*d”'*Ÿ¤ Afunerâale.txtFUNERALETXT [¸‹e*â*(ŽU*¡¸AfuocoY.txtÿÿÿÿÿÿFUOCO TXT \¸‹e*â*çŒ)¢RAfurtoÌ.txtÿÿÿÿÿÿFURTO TXT ]¸‹e*â*’#*£`Agari.ëtxtÿÿÿÿÿÿÿÿGARI TXT ]¸‹e*â*Û‹I*¤ËAgiovaJnni.txtGIOVANNITXT ^¸‹e*â*–T*¥A E' bastato lo scontro di due grossi camion per mandare completamednte in tilt la circolazione lungo la Salaria per l'Aquila. Ieri mattina, in località la Madonnina di Canetra, due tir si sono scontrati probabilmente per colpa dell'asfalto viscido, risultato: lievemente feriti gli autisti e ripercussioni pesantissime sul traffico, con lunghe file di automobilisti in entrambe le direzioni. Le code di autovetture e mezzi pesanti, nonostante il grosso lavoro di polizia stradale e carabinieri, sono durate fino nel pomeriggio quando è stata finalmente ripristinata la viabilità. k wvÛeý„>a]Ù[H›ÎÛSAw®<¯(ëYˆ™|,å&1'Ë®®’“²·}™ g”ü$…Ù -h>@¦ ë9y3÷ï ôNFãàÑ&&b}b”žF¼~x3WV‚uÒ}l‰A59âÎâ¢Ë¹£ÜŸ`N×òó$ÒÂÜÓ";ëˆùÍ‚1C•³X6î8(èæÄ„¿m«ÚðÐÉÙ0‹·‰Ï”¸nÁ>´O~Ð$½¾LaϪBž7­#‚”7.Oµ.ABø:¦>e¥6£?læF"eBÅžæÄ¢ŠF)K¬©¿ÕRO…$ô!!âô…Dx5nSÄ9S‰„åmËlî²kZÉî3°Ç”^÷šìŠoýñhZíÉöÚ‚î-J3,Q¿¹$r \ÊÒ`€,s7õnqlªZ¦ðØ•ÇÆG~™)úÚ£Bׯ^»§!;‹ NöÞ©H¥°ÄÅ ³ÊuJ5S˜)kü+ð)o¤u>÷FœÀÁÎÖô”d«ß’Œ˜‚->éêWõê³[¹O˜ôÚ3ý:%€ªÿxH—Bûž†§*ÏžB¿¿ø|넬Ìç©“c@:§P‘TM”ƒ¬áYB¬Ù‹#2 œ •Cõ2Žë§@á<[ö˜ËíÈIúéFžiu—å¿ëÊ‘jFJe0ŽÓKÂfþ€Q¢’ÙÙ—y1ù.…VÇEb»‚EöܾÈ_îT”š¼^>7]ìè­Š¡œüÑErõ¹7¯8äDZ~¬´oš:—ŽëOÂ#÷ºÖìy5“ËÁЧ3«ÞãÙékVõÍ•~çwÅ`O<Üj½ÈU•æËõÏžHxœ­(ZæT•¡qxP5|thŠµœ»q6…Ðiç 04fêU½Ô Ôú.&M…%8…!÷_{M˜ŒçW´„Z«xJ5?…!Þ{–íAHM…ß(Çä´ÍÝ17ÖQÊuQj2Ú$ Ó}ÎûRb /'Å^¿’±]ÇâéL$mßKä÷·žNGè«O9¬-Æý#k gXùUö’W~ò˜ŽyOç^è¼(4¿ûrj{tÇÊ—ª»HÂoÖ*«m|XFc]çÌØDˆA-ÛÑ…°ånýÊSîœ,FKŽâÏ,þ枥Ê܇¹8Døm´ªÉ¯Fpìèœò|NR4+b~y­¥ß {•“'«¦/8_¸êŒž­Å êffaÒå_œT~¨‚Ï®“õaZ¶¤}íÅW—*óñèW'®2¤Dtn]e‰8,*üTXô¿øWdâš!°ŠÊEé1±;æšbÜÓ,¹F©?[—w¤}vßIaþÑäDˆWnotizie erano state diffuse già dal 1° luglio dalla radio-TV Teleitalia "sulla base di indagini svolte dai giornalisti Longobardi e Senise e riprese anche il giorno dopo".

Cogliandro nulla dice o vuole dire sulla fonte della notizia. Egli dichiara di non ricordare l'appunto, ritenendo che si trattasse - paradossalmente - di notizie tratte da un'agenzia giornalistica diretta da Longobardi. Esclude, invece, mentendo, che la notizia provenisse da Senise (v. esame Cogliandro Demetrio, GI 09.05.95). Solo successivamente a seguito della perquisizione domiciliare ed alla conseguente comunicazione giudiziaria ammette che la notizia gli pervenne da Senise (v. interrogatorio Cogliandro Demetrio, GI 08.12.95).

Con questo appunto termina l'attività "informativa" - almeno quella ufficiale - del Raggruppamento Centri in direzione dell'evento relativo al DC9 dell'Itavia.

Il riferimento a Senise apposto sulla missiva é importante. Come si é già visto in altra parte Senise é risultato essere una fonte del Raggruppamento Centri e più in particolare dello stesso Cogliandro (v. interrogatorio Cogliandro Demetrio, GI 08.12.95). Ciò è stato possibile accertare a seguito della documentazione sequestrata presso l'abitazione del generale Centinaia di appunti informali che egli riconosce di avere ricevuto dal giornalista Senise. Appunti che Cogliandro girava tra il 1989 e il 1991 all'ammiraglio Martini. Nessun riscontro documentale é stato rinvenuto agli atti del Servizio e pertanto se ne deve dedurre che Cogliandro svolgesse attività informativa per il predetto Capo del Servizio.

In relazione alle attività di controspionaggio sulla Libia ed in particolare sulla dissidenza libica presente nel nostro territorio emerge un ruolo del Raggruppamento Centri CS di Roma di non chiara interpretazione. Anzi appare che a volte il ruolo sia stato di vero e proprio supporto alle attività libiche.

Come si é già avuto modo di rilevare in altra parte il 1980 é l'anno in cui la dissidenza libica in Europa ed in particolare in Italia subiva, da parte del regime libico di Gheddafi, un duro colpo. Fino alla data dell'11 giugno 80 - giorno in cui scadeva l'ultimatum di cui s'è detto - si verificarono in Italia sette attentati in cui persero la vita cinque cittadini libici. Gli episodi delittuosi venivano commessi da emissari dei Servizi Speciali Libici che avevano il compito di convincere i dissidenti a tornare in Patria ed in caso contrario "eliminarli".

Il ruolo del Raggruppamento Centri di Cogliandro nel porre fine a questi delitti non é risultato chiaro. Difatti dalla documentazione acquisita presso la 1ª Divisione e il Raggruppamento Centri CS che curava in particolare i contatti con il capo del servizio libico in Italia, Moussa Salem, é stato possibile rilevare che il Raggruppamento Centri aveva in più occasioni fornito - su richiesta di detto Moussa Salem - informazioni sulla presenza e sulla localizzazione della dissidenza in Italia. Come ben si evince dagli allegati alla missiva del Raggruppamento del 2 aprile 80. In uno di questi - datato 29 marzo 80 - si forniscono a Moussa Salem gli indirizzi di alcuni libici, tra i quali figurano Abdelljalil Zaki Aref e Azzedin El Hedeiri. Il primo verrà assassinato il 19 aprile 80, il secondo invece allo scadere dell'ultimatum.

Gravissimo il comportamento del Raggruppamento Centri di Cogliandro. Sul punto sono utili le dichiarazioni del tenente colonnello Sasso, che per molti anni é stato il Capo del Centro IV competente per il controspionaggio sulla Libia. Questi afferma che ai libici furono consegnati soltanto elementi conoscitivi sugli esuli già in possesso dei libici stessi (!). Aggiunge che fu consegnato a Moussa Salem anche un nastro magnetico concernente una registrazione telefonica o d'ambiente. Asserisce di non averne mai conosciuto il contenuto (v. esame Sasso Aldo, GI 07.02.97). Sta di fatto, comunque, che nella documentazione esibita dal S.I.S.MI non è stato rilevato alcun riferimento a quest'ultima consegna.

La sequela di omicidi in Italia terminerà alla data dell'11 giugno 80 con l'omicidio a Milano di Lahderi Azzedine e la contestuale liberazione di Salem Said, elemento dei Servizi libici, arrestato a Roma a seguito del tentativo di omicidio di un dissidente libico. Salem Said, sul quale erano ricaduti forti sospetti di colpevolezza e la cui liberazione era stata caldeggiata fortemente dall'Ambasciata libica a Roma e per la quale si interessò il S.I.S.MI.

Salem Said, uscito dal carcere, era stato accompagnato da elementi del Raggruppamento Centri CS di Roma alla Clinica Villa Mafalda, gestita da Era Renato, personaggio di cui si é già parlato in altra parte.

Ritornando all'attività informativa in direzione dei fatti di cui é processo, Cogliandro riferisce di non ricordare se all'interno della struttura del Servizio da lui diretta venne svolta tale attività. Il medesimo - al quale é stato esibito il documento datato 21 luglio 80, trasmesso dal Raggruppamento Centri CS alla 1ª Divisione concernente una nota dell'Ufficio dell'Ambasciata libica a Roma, sulla caduta del MiG23 in Italia - dichiara che il documento poteva essere stato "acquisito dal Centro competente per il settore Nord-Africano e Mediorientale. Questo Centro era all'epoca diretto dal tenente colonnello Sasso, non escluderei che la fonte potrebbe essere, più che interna all'Ambasciata, qualche elemento del Ministero degli Esteri". (v. esame Cogliandro Demetrio, GI 19.02.91)

In effetti dalla pratica del Raggruppamento Centri CS non si rileva un'attività informativa di particolare intensità, anzi tutt'altro. Deve però essere considerato che risulta documentalmente dall'appunto del 29 luglio 80 della 1ª Divisione - appunto redatto nel quadro di quel cosiddetto "attivismo" di fine luglio - che il Raggruppamento raccolse una serie di informazioni concernenti la verifica presso il Ministero dei Trasporti sull'eventuale esistenza di documentazione conseguente al rilevamento radar da cui potevano desumersi indizi di collisione. Di tale attività nessun riscontro documentale é stato rinvenuto presso il Raggruppamento Centri CS.

Nessuna spiegazione Cogliandro ha saputo fornire in relazione all'annotazione "Libici Demetrio - appunti dei 168 mil. doll." apposta alla data del 4 agosto 80 nell'agenda relativa allo stesso anno del generale Santovito sequestrata dal Giudice Istruttore di Trento nel 1983.

L'annotazione viene apposta due giorni dopo la strage di Bologna ed in una pagina in cui si fa riferimento, tra l'altro, anche a nuovi attentati riferibili ai NAR. Annotazione quest'ultima che comunque non sembra avere alcun riferimento alla prima.

Cogliandro non ha saputo o voluto dare una spiegazione all'annotazione di Santovito. Egli riferisce che "l'appunto potrebbe anche riguardare un flusso di denaro dall'Italia per la Libia. Al tempo tutto era possibile. Il motivo era sempre quello di garantire il petrolio. Potrebbe essere stato anche un flusso di denaro dalla Libia all'Italia. Un'indagine su un fatto del genere, e un conseguente appunto, potrebbe essere stato compiuto sia dalla 1ª che dalla 2ª Divisione" (v. interrogatorio Cogliandro Demetrio, GI 09.05.95).

Anche di tale attività nessun riscontro documentale é stato rinvenuto negli atti del Servizio, sia in quelli della 1ª Divisione che del Raggruppamento Centri.

Però, come si é già avuto modo di rilevare, Cogliandro, durante la gestione del S.I.S.MI da parte del generale Santovito, aveva con quest'ultimo un rapporto privilegiato e diretto. Le informazioni che assumeva Cogliandro non venivano trasmesse alla 1ª Divisione ma direttamente al generale Santovito. Pertanto venivano inviate con un protocollo informale e soltanto dopo la decretazione di Santovito alcune informative assumevano la veste formale e pertanto venivano indirizzate alla 1ª Divisione; altre invece confluivano agli atti dell'archivio parallelo di cui si é già detto. Pertanto non é da escludere che le informazioni raccolte da Cogliandro su questa vicenda possano essere confluite in questo archivio parallelo.

Il generale Cogliandro ha affermato, inoltre, di essere a conoscenza "per scienza indiretta che c'era un velivolo libico con Gheddafi a bordo che doveva andare a Malta e che nel tentativo di abbatterlo avevano sbagliato obiettivo. Esecutori erano o americani o francesi. Tanto seppi dopo parecchi mesi. Non c'era però un'informativa". (v. interrogatorio Cogliandro Demetrio, GI 09.05.95).

L'affermazione di Cogliandro appare di rilevante interesse tenuto conto che proviene da un soggetto che, al tempo dei fatti e fino all'82, ricopriva un ruolo di non secondaria importanza nell'ambito del Servizio e da una articolazione del S.I.S.MI che può definirsi privilegiata nel campo della ricerca delle informazioni. Purtroppo il fatto che la notizia non sia stata trasfusa in una informativa - almeno questo é ciò che ha affermato l'ufficiale - incide negativamente sulla ricerca della verità e getta un ombra di sospetto sulle attività del Servizio, in quanto una notizia di tale gravità sicuramente avrebbe meritato di essere trasfusa in una nota informativa e comunicata agli organi inquirenti.

Cogliandro ha ricordato di aver commentato la notizia nell'ambito del Servizio e di averne riferito direttamente a Santovito che, però, non le dette importanza (v. interrogatorio Cogliandro Demetrio, GI 17.05.95).

L'ufficiale, inoltre, ha riferito: "dopo qualche tempo, esaminando i fatti e a titolo di collaborazione, avanzai tre probabili ipotesi ai fini dell'attivazione dei miei Centri: 1° inconveniente di carattere tecnico; 2° attentato terroristico a matrice indefinita; 3° altra causa. Detta causa poteva essere collegata all'attività terroristica libica in direzione dell'Europa e, come detto sopra, in direzione dell'Italia, come rivalsa dell'asilo concesso agli oppositori. I centri CS del Raggruppamento non fecero pervenire utili informative" (v. interrogatorio Cogliandro Demetrio, GI 09.05.95).

Anche di quanto detto nessun riscontro documentale é stato rinvenuto tra gli atti acquisiti presso il Raggruppamento Centri. Si deve pertanto ritenere che le eventuali attività poste in essere da Cogliandro sulle ipotesi riferite siano state svolte informalmente e siano poi confluite nell'archivio parallelo, in cui risultano essere state distrutte anche le pratiche relative al DC9 ed al MiG libico.

Indipendentemente dal giudizio da darsi su queste attività e l'archivio parallelo che ne derivò - su cui è già stato operato stralcio - si deve affermare a conclusione che, avendo Cogliandro riferito sia l'origine delle informazioni in suo possesso che la loro destinazione, non può essere esercitata nei suoi confronti l'azione penale.

3. Coltelli Claudio.

Nell'80, al tempo del disastro di Ustica, con il grado di maggiore, era Capo della Segreteria del 2° Reparto dello SMA. Il 27.06.80 era sicuramente in servizio, in orario d'ufficio cioè dalle 08.00 alle 16.00.

La sua vicenda giudiziaria nell'inchiesta segue di pari passo quella di Piccioni Adriano, sia per la sua chiamata in causa, sia perché anch'egli appartenente al SIOS afferma contrariamente al vero che il 2° Reparto non fu assolutamente coinvolto nella vicenda del DC9, così da determinare nei suoi confronti indizio di falsa testimonianza.

A diversa conclusione, rispetto al Piccioni, deve però pervenirsi sulla sua responsabilità, in quanto nel corso dell'istruttoria emergeva che egli all'epoca dei fatti non faceva più parte del 4° Ufficio del SIOS, ma era Capo della Segreteria e pertanto svolgeva funzioni logistiche e non più operative, e comunque non più di contatti diretti con gli Addetti aeronautici stranieri.

Come per il Piccioni gli elementi di prova per attribuire al Coltelli l'indizio di falsa testimonianza scaturivano dalle dichiarazioni del Coe sui contatti intercorsi nei giorni immediatamente successivi al disastro tra l'ambasciata americana e il 4° Ufficio del SIOS; in effetti il Coe faceva anche il nome del Coltelli come di una delle persone con cui probabilmente ebbe rapporti.

Coe Richard (addetto aggiunto all'ambasciata statunitense di Roma, il cui nominativo veniva dapprima indicato nel libro di Gatti "Rimanga tra noi" e successivamente in un'intervista, del giornalista della RAI De Angelis Massimo) sentito su rogatoria il 10.03.92 riferiva che all'ambasciata era pervenuta una telefonata da una non meglio identificata Autorità italiana con cui venivano informati dell'incidente del DC9 Itavia; che di conseguenza l'ambasciatore aveva organizzato un gruppo di lavoro, per la ricerca di notizie utili alla ricostruzione dell'incidente, notizie che poi fornirono all'AM. Il 2° reparto era il corrispondente abituale in questi casi, in particolare il 2° e il 4° ufficio. Tra le persone con le quali ricordava di essere stato in contatto i capitani Piccioni e Coltelli.

Nel corso degli interrogatori avanti a questo GI il Coltelli dichiarava di aver conosciuto l'Addetto aeronautico statunitense Biankino, che aveva preso servizio nel 79. Conosceva anche Richard Coe, che aveva il grado di capitano ed era il cognato di Biankino, nonché Addetto aeronautico aggiunto. Escludeva di aver parlato con costoro di Ustica per ragioni di ufficio. Escludeva di aver telefonato all'ambasciata USA per sapere se vi erano presenze americane nella zona di Ustica. I rapporti con l'ambasciata americana erano tenuti dal 4° Ufficio competente per i rapporti con gli addetti militari.

Non era lui l'interfaccia di Biankino né di Coe. Costoro facevano riferimento direttamente al Capo del 2° Reparto cioè al generale Tascio o all'Ufficio degli addetti militari stranieri. In merito all'esame del MiG libico riferiva che le Autorità statunitensi designarono per l'esame dell'aereo caduto in Calabria un esperto di cui non ricordava il nome. I contatti con queste persone venivano tenuti dal 2° Ufficio, quello competente per le situazioni.

L'indiziato riferiva inoltre che all'epoca dei fatti era Capo Segreteria del SIOS 2° Reparto, con la qualifica di maggiore e che pertanto non era l'interlocutore diretto dell'ambasciata americana.

Alla luce di quanto sopra appare evidente che il riferimento fatto dal Coe al Coltelli in sede di rogatoria appare frutto del ricordo di pregressi rapporti avuti con il Coltelli prima della vicenda di Ustica.

Ne consegue che non deve promuoversi alcuna azione penale nei suoi confronti.

4. Curci Salvatore.

Curci, al tempo dei fatti, con il grado di capitano rivestiva l'incarico di Vice Direttore del Centro CS di Bari, organicamente dipendente dalla 1ª Divisione del S.I.S.MI. In assenza del titolare - maggiore Antonicelli Matteo che si trovava in licenza, dalla quale sarebbe rientrato il giorno successivo riassumendo il Comando del Centro - il Curci risulta il firmatario della lettera n.5305 datata 29 luglio 80, con cui veniva trasmessa alla 1ª Divisione la documentazione acquisita presso il 3° ROC di Martina Franca, relativa all'incidente del DC9 Itavia.

Il medesimo risulta, inoltre, aver redatto, in ottemperanza a richiesta telefonica pervenutagli la sera del 26 ottobre 89 dal Direttore della Segreteria della 1ª Divisione, una "dichiarazione" sui fatti in argomento. Dichiarazione che, unitamente a quella del maresciallo Maraglino, trasmette alla Divisione richiedente con foglio n.5539/322/04.BA datato 30 ottobre 89 del Centro CS di Bari. Nella relazione entrambi facevano riferimento alla richiesta e relativa acquisizione di dati relativi al DC9 Itavia. Nessun riferimento, invece, facevano alla richiesta e acquisizione di dati relativi al MiG libico.

Le dichiarazioni rese dall'indiziato sono state ritenute reticenti, in quanto egli non ha saputo o non ha voluto indicare il nome del funzionario della 1ª Divisione che aveva richiesto telefonicamente i tracciamenti radar del DC9 Itavia. Allo steda peraltro neanche una visita fatta il 13 dicembre 88, al Capo del 3° Reparto del S.I.S.MI, generale Fiorito De Falco, così come risulta dall'agenda sequestrata a quest'ultimo. Aggiunge, comunque, "Però, d'altra parte se c'è un'annotazione ci sarò andato" (v. interrogatorio Curci Salvatore, GI 04.12.96).

Posto a confronto con Maraglino, l'atto non sortisce effetto migliore. Maraglino conferma le proprie dichiarazioni. Curci invece nega di aver suggerito a Maraglino la frase da dire al Magistrato qualora fosse stato chiamato a testimoniare. Nega anche di aver suggerito a Maraglino cosa scrivere nella dichiarazione interna (v. confronto Curci/ Maraglino, GI 04.12.96).

Sono stati già rilevati i due significativi episodi, riscontrati cartolarmente e al di là di ogni ragionevole dubbio collegati finalisticamente all'obiettivo di verificare le voci che si erano diffuse ad "alto livello". Curci é sempre stato al corrente sia delle motivazioni che lo spinsero a richiedere i due tracciamenti radar (DC9 e MiG23) sia delle generalità del funzionario della 1ª Divisione che li richiese. Curci, però, anzichè fornire la dovuta e doverosa collaborazione all'AG, prima dichiara falsamente di avere soltanto trasmesso i tracciati del DC9, poi, messo alle strette, e di fronte alla non plausibilità delle proprie dichiarazioni, finisce per ammettere di aver trasmesso anche i dati del MiG, ma sempre su richiesta della 1ª Divisione. Indi additava in Angeli il suo unico interlocutore sulla vicenda. Divenuto indiziato continua a negare di aver riferito a Maraglino la frase da dire al Giudice. Nega infine di aver "aiutato" Maraglino a redigere le dichiarazioni richieste dalla Centrale, in cui omette, e pertanto fa omettere, di inserire alcun riferimento alla acquisizione anche dei dati del MiG libico.

Pur dinnanzi a tale comportamento processuale, devono però tenersi in conto le ritrattazioni della presentazione spontanea del 16 luglio 93 e il fatto che le restanti condotte non sono supportate da sufficienti prove. Ragion per cui deve dichiararsi, in adesione alle richieste del PM, non doversi promuovere l'azione penale.

5. Ferracuti Sandro.

Ferracuti attualmente è generale di Squadra Aerea dell'AM. Nel 1980 fino alla data del 10 luglio è stato effettivo al 4° Reparto - Logistico- dello SMA. Dal 10 luglio 80 al 3 settembre 80 con il grado di colonnello ha svolto un periodo di affiancamento con il parigrado Brancaleoni, per il Comando della Base di Gioia del Colle, della quale assumeva il Comando in data 4 settembre 80, restandovi fino al settembre 81. Dall'81 all'85 ha prestato servizio presso il 6° Reparto dello SMA. Dall'85 all'87 ha tenuto il Comando del 3° ROC di Martina Franca. Dall'87 al 91 quello del 3° Reparto dello SMA. Dal 91 al 94 ha ricoperto l'incarico di Addetto aeronautico a Washington. Dal 94 al 95 è stato Vice Comandante della 2ª Regione Aerea. Dal 95 fino agli inizi del 98 ha retto l'incarico di Sottocapo di Stato Maggiore.

Il Ferracuti è stato indagato per i reati di falsa testimonianza e favoreggiamento personale con riferimento al ruolo svolto nella vicenda del MiG libico quale Presidente della Commissione mista italo-libica, che, costituita pochi giorni dopo la scoperta del MiG sulla Sila, concluse attribuendo la causa del sinistro a malore del pilota, ed affermando che la rotta seguita dal pilota era compatibile con quella indicata dalle Autorità libiche. Per tale motivo è stato, nel corso degli anni, più volte interrogato da questo GI.

Il 3.10.90 riferiva che le fotografie allegate alla documentazione tecnico - formale erano solo una parte di quelle scattate durante l'indagine; le altre probabilmente le avevano i Carabinieri, il 2° Reparto dello SMA e il 32° Stormo di Brindisi. Circa l'ipotesi sulla rotta seguita dal MiG libico, questa sarebbe stata, come desunto dalle dichiarazioni dei libici e dalle registrazioni del Flight Recorder, Bengasi, un giro a Sud (che sarebbe stato quello di esercitazione), quindi la Calabria.

Inoltre riferiva che il Flight Recorder dell'aeroplano, era stato estratto ed esaminato presso il Reparto Sperimentale di Volo di Pratica di Mare. Dal Flight Recorder erano stati desunti i parametri di volo per circa 80 minuti, dopo di che si era avuta una interruzione del trascinamento, di cui non era stato possibile determinare la durata. In seguito il trascinamento era ripreso e per circa 10 secondi era stato di nuovo possibile avere dati attendibili. Dopo di ché i dati avevano perso di attendibilità, perché la pellicola era stata rovinata durante l'estrazione. Nel Flight Recorder in questione non erano registrati né i dati di prua né la data. Non conosceva i Flight Recorder del MiG né di altri aerei militari. I libici probabilmente non erano presenti alla interpretazione dei dati del Flight Recorder; avevano però fornito elementi per poter correttamente interpretare o confermare l'interpretazione dei dati. Le registrazioni radio erano state portate dai libici. Le registrazioni concernevano le comunicazioni tra il guida-caccia a terra a Benina e la formazione. Le parti omesse, quelle indicate cioè con la sigla "restricted operational data" non sapeva dire a cosa si riferissero; presumeva che si trattasse di comunicazioni relative all'esercitazione. Non era stato possibile stabilire il punto d'impatto; tuttavia esso era avvenuto sicuramente a monte dei rottami principali. La prua, al momento dell'impatto, non era stata rilevata e l'impatto era avvenuto con il muso. Dopo l'impatto l'aereo si era diviso in vari tronconi, che erano rotolati a valle. Il Flame-out, stante la configurazione del velivolo, doveva essere avvenuto nell'area di caduta del MiG. Il velivolo non aveva serbatoi supplementari, né erano risultate evidenze di uno sgancio di serbatoi. I libici non erano mai andati da soli a Castelsilano e si era sempre lavorato congiuntamente. Non sapeva se il Flight Recorder fosse stato restituito; nè tanto meno se qualche parte dell'aereo fosse stata conservata presso l'AM.

Sempre secondo il Ferracuti sulla parte fissa del MiG vi era il pylon utilizzabile per l'armamento, un pylon non idoneo cioè a portare carburante perché si trattava di un pylon dry, che a differenza del pylon wet non aveva le tubazioni necessarie a trasferire carburante da un serbatoio dall'esterno all'interno. Per il missile invece erano necessarie altre parti metalliche, i Launcher, che su quel MiG non erano presenti. Non ricordava perché tali considerazioni non fossero state esplicitate nel documento finale della Commissione.

Esaminato di nuovo in data 14.11.90, dichiarava che la traiettoria del MiG, era stata dedotta dalla disposizione dei rottami del velivolo, dall'orientamento del costone e dalle testimonianze; ed inoltre che nel velivolo vi era anche un indicatore di prua che segnava approssimativamente il Nord. Non era stato possibile tuttavia rinvenire alcuna evidenza del primo impatto; al momento dell'urto il pilota automatico non poteva essere in funzione, perché esso si disinseriva al momento dell'interruzione dell'alimentazione. La rotta era stata anche determinata in base a quanto dichiarato dai libici, che avevano anche fornito un tracciato radar da cui appariva una rotta 340. All'epoca si era fatto anche il calcolo dell'autonomia sulla base dei soli serbatoi interni; dal Flight Data Recorder si era rilevato che il motore era spento. Il Ferracuti riferiva che la Commissione da lui presieduta aveva preso in considerazione anche il fatto che il MiG avesse percorso un lungo tratto insieme ad un gregario, e che questi fosse dovuto tornare indietro per mancanza di carburante. Ma aggiungeva che l'autonomia dipendeva da molte circostanze, in particolare dalle modalità di volo. Secondo lui, con 1400kg di carburante un aereo di quelle caratteristiche avrebbe dovuto avere circa 40 minuti di autonomia di volo rettilineo e ad alta quota. Però la Commissione aveva rilevato dal registratore che l'aereo aveva volato per almeno 80 minuti; la registrazione poi si era fermata e pertanto non si era potuto affermare con certezza quanto tempo in più l'aereo avesse volato. Nelle conclusioni dell'inchiesta si affermava che certamente l'incidente era avvenuto dopo le ore 11.14, tenuto conto dell'orario di decollo fornito dai libici. Le testimonianze raccolte sul luogo di caduta, sempre secondo il Ferracuti, più o meno attendibili circa la direzione del velivolo, ponevano invece l'impatto in orario 10.30-11.00. Testi però che non possedevano orologi. Il Ferracuti riteneva più probabile la tesi di un malore che quella di una morte in volo, in quanto il pilota non si era diretto verso un aeroporto, non aveva contattato un controllore di traffico aereo, e, infine non si era lanciato con il paracadute. I libici alla contestazione della Commissione che li ammonivano per non aver portato il materiale relativo alle registrazioni TBT e bordo-bordo in possesso delle competenti autorità libiche, si erano appellati al fatto che trattavasi di notizie coperte da segreto. Il teste riferiva infine di non aver visto il paracadute né in loco né a Ciampino. La bombola di ossigeno era stata invece esaminata.

In data 23.05.94, affermava di essere, all'epoca del disastro del DC9, già stato assegnato a Gioia del Colle. Dai primi di luglio, aveva raggiunto la base per i due mesi di sovrapposizione, perché doveva assumerne il Comando ai primi del mese di settembre. Era stato avvertito dal proprio comandante colonnello Brancaleoni della caduta di un aereo in Calabria e della sua decisione di raggiungere quel sito, in considerazione del fatto che la Sila era nella giurisdizione aeroportuale di Gioia del Colle. Con un velivolo dello Stormo, un P-166, erano atterrati a Crotone e da qui con un'auto dell'AM o dei CC. avevano raggiunto il luogo dell'incidente, ove dall'alto di un costone vide gente che si adoprava per portare su il cadavere. Era sera, poco prima dell'imbrunire. Sul posto vi erano lui e Brancaleoni. Non ricordava la presenza del generale Tascio. Ricordava di certo, di aver visto il generale Tascio il giorno dopo nei pressi della zona dell'incidente in quanto imbarcati insieme su un elicottero dei Carabinieri. Non ha ricordato se fosse già sul posto il tenente colonnello Smacchia; sicuramente l'aveva incontrato in quei giorni. La sera in cui arrivarono, vide alcuni reperti appartenenti all'aereo e al pilota custoditi in una caserma dei CC. o nella sede comunale. Ricordava di una cartina malandata con sopra tracciata una nota a mano. La rotta riguardava un'area circostante Bengasi, Golfo della Sirte e la Cirenaica. La grandezza era quella di un foglio. Non vi erano cartine dell'Italia. Non ricordava la circostanza riferita dal teste Di Caro secondo la quale costui gli avrebbe consegnato una cartina di navigazione ed altri oggetti. Non ricordava di aver incontrato né Di Caro né Pierotti; rammentava soltanto i marescialli Linguanti e De Giosa.

Riferiva, inoltre, di non aver mai intrattenuto rapporti con gli Americani; questi erano presenti probabilmente tra il 19 ed il 24, forse erano due, in borghese, accompagnati da personale del SIOS. Non aveva mai invitato gli ufficiali e i sottufficiali a mantenere il segreto, nè tantomeno il segreto di Stato come riferito dal Di Caro, anche perché vi era sul posto un suo superiore il colonnello Brancaleoni e sarebbe spettato eventualmente a lui dare una disposizione del genere. Ricordava di aver visto una fotocinemitragliatrice, ma non sapeva precisare se fosse stato a Castelsilano o al SIOS. Nel corso del verbale gli venivano mostrate copie di uno schizzo topografico in cui apparivano delle scritte in arabo e delle frecce, ma affermava che non si trattava della cartina geografica vista da lui nelle mani dei Carabinieri il 18 luglio 80; inoltre gli veniva mostrata fotocopia parziale della carta di navigazione aerea rinvenuta sul posto ed acquisita al SIOS; ma non riusciva a stabilire se e quale delle due vide nelle mani dei Carabinieri quella sera, probabilmente nella sede della locale Stazione. A quel tempo non si era posto assolutamente il problema della data di caduta dell'aereo. Aveva visto il cadavere, ma non ricordava di commenti sullo stato in cui si trovava o sulla nazionalità di esso.

In data 16.07.96 questo GI emetteva un decreto di perquisizione nei suoi confronti. La perquisizione venne eseguita in data 18.07.96 sia presso gli uffici dello SMA che nell'abitazione del Ferracuti, da personale dei CC. del Reparto Operativo, personale della GdF. e della DCPP.

In data 05.12.96 ebbe luogo l'interrogatorio sulle attività da lui svolte al riguardo dell'evento Ustica. Egli riferiva che all'epoca era allo SMA al 4° Reparto, ed aveva competenza dell'ammodernamento (e non ammortamento come erroneamente verbalizzato) dei sistemi degli aeroplani. Riferiva di non essere stato coinvolto nella vicenda di Ustica; rammentava che tra l'85 e l'88, quando era Comandante presso il ROC, un Capitano dei CC. aveva interrogato in quella sede alcune persone ma non in sua presenza. Non era stato interessato a tale vicenda di Ustica nè nel periodo in cui era a Washington, né quando aveva ricoperto l'incarico di Sottocapo di SMA.

In merito alla ricerca di materiale cartaceo e nastri effettuata a seguito di decreti della Magistratura nel periodo in cui era Comandante del 3° ROC, questi riferiva di avere probabilmente ricercato per conto della Magistratura atti o documenti, ma non ricordava fatti specifici.

In data 13.12.96, interrogato nuovamente gli veniva mostrata un'agenda sequestrata presso la sua abitazione relativa agli anni 87-88. Si chiedevano spiegazioni di alcune frasi. In primo luogo la frase "Convocato Pollice e Di Natale comunicato che loro sono membri!!!". A tal proposito riferiva che in una riunione il Sottocapo aveva stabilito di approfondire tutti i vari temi che erano emersi, relativi ad Ustica, per verificare che si stesse rispondendo puntualmente a quanto veniva richiesto. Il colonnello Pollice era stato incaricato per questa ragione di formare un gruppo di lavoro per l'analisi di tutte le tematiche che erano relative al fatto di Ustica. Il gruppo presieduto da Pollice era composto da questi e da Di Natale; non ricordava altri nomi, ma supponeva che in tutto fossero dalle quattro alle sei persone, probabilmente del 2°, 4° e 6° Reparto. Non aveva partecipato alla redazione della relazione finale, nè l'aveva letta prima che fosse presentata al Sottocapo; non ricordava se l'aveva vista in un momento successivo.

Si analizzava poi la frase alla pag.73 dell'agenda dell'88 "generale Bartolucci il MiG era armato? Non ricordava altro che il cannone, peraltro ritrovato solo in un secondo tempo dai Libici. Poteva fare andata e ritorno? Forse sì ma in high, high, high, high". In merito il Ferracuti riferiva che alle domande di Bartolucci aveva risposto che il cannone - che era stato trovato in un secondo tempo dai Libici, forse all'atto della rimozione del relitto - era stato scoperto a fine inchiesta nella fase di recupero, i primi o la metà di settembre. Alla domanda "se poteva fare andata e ritorno", aveva risposto che sarebbe stato possibile se avesse volato per tutto il percorso ad altissima quota, più o meno a 36-37-38 mila piedi, ma solo per l'"andata".

Si prendeva quindi in esame la frase "Quesiti del Ministro, copia nastro". Su di essa il Ferracuti rispondeva che anche in questo caso probabilmente si trattava di una verifica sulle richieste del Giudice Istruttore, sulle relative risposte e di quali quesiti avesse fatto il Ministro; in relazione a "copia nastro" non sapeva dare una spiegazione riferendo di non saper dire a quale nastro ci si riferisse, ma affermando di non aver mai visto alcun plottaggio di alcun nastro del DC9. Sempre in relazione ai nastri vi erano state delle riunioni con il generale Meloni, ma non ricordava chi vi avesse partecipato nè chi si interessasse dei nastri, ma comunque non vi erano presenti nè il generale Pugliese nè altro rappresentante dell'ITAV.

Si analizzava infine l'annotazione "Iannoni Giordo. Trittico del DC9 15". Il Ferracuti spiegava che "trittico del DC9 15" stava per la vista schematica, di fianco, di sopra, e di fronte all'aereo. Probabilmente si trattava di una richiesta di Iannoni - ma più precisamente era il già noto Annoni - che forse era della Commissione Pratis. Ad una di queste riunioni avrebbero partecipato Meloni, Giordo Capo del SIOS, ed il Ferracuti Capo del 3° Reparto.

In data 03.01.97 l'interrogatorio ebbe ad oggetto le annotazioni riportate nelle agende del Ferracuti degli anni 88, 89, 90. Iniziando da quella dell'88, ove erano segnate note concernenti Ustica, il Ferracuti rispondeva che in quel periodo era Capo del 3° Reparto, Piani e Operazioni, e ribadiva che per quanto riguardava Ustica si era occupato solo di reperire la documentazione richiesta. Riferiva inoltre che vi era stato un incontro presso il Ministero della Difesa, nell'ufficio del Capo di Gabinetto, che in quel periodo era forse Incisa Di Camerana.

Gli venivano poi mostrate alcune frasi riportate sull'agenda sotto la data del 13 giugno 88 "OK incisa X Ustica" "OK elenco documenti dati a Stato Maggiore Difesa a Milani con lettera". In merito a tali annotazioni riferiva che probabilmente era stata trasmessa per lettera della documentazione allo SMD ove prestava servizio il Milani, di cui però non rammentava l'incarico preciso. In merito alla frase "Trasporto UK per DC Ustica tale", riferiva che si trattava di una richiesta di trasporto avanzata dal prof. Blasi, Presidente dei periti per andare nel Regno Unito.

Si passava ad analizzare l'agenda dell'89, in cui sotto la data del 31 Gennaio vi era riportata "OK Capo Comm.ne Ustica VI Reparto". In merito non sapeva dare spiegazioni. In merito a chi era "Fulci", riferiva che si trattava di un Ambasciatore, che probabilmente era a Bruxelles come rappresentante italiano presso la NATO ed era stato investito dal problema relativo all'esigenza di trasferire il 401° Stormo statunitense da Torrejon (Spagna) in Italia. Era una vicenda gestita presso la NATO. Si analizzava quindi la frase "MiG23 Libico" - "F5 Tunisino". Il generale riferiva che quell'annotazione riguardava la vicenda dei missili a Lampedusa. L'Aeronautica pattugliando la zona, aveva dapprima intercettato un F5 risultato poi tunisino, e poi un velivolo in un primo momento identificato come MiG23, e poi riconosciuto come un Tornado dello Stormo di Gioia del Colle.

Veniva presa successivamente in considerazione la frase riportata sotto la data del 18 agosto "Fax da Ug, richiesta NBC da Ug per Ambasciata USA. Visto dal Sotto Capo. Urgente al IV Reparto Smciel per risposta" "II ufficio Farmid 18.08.80". Ferracuti escludeva che si riferissero, quelle annotazioni, alla vicenda di Ustica.

Sulla frase "Richiesto notizie su galleggiabilità DC9 per sottocapo II e IV ufficio. Personalmente chiesto invio da 31° Stormo di parte manuale di volo relativo all'ammaraggio" riferiva che si trattava di ipotesi fatte sulla stampa, sulla possibilità o meno che il DC9 avesse galleggiato, in conseguenza delle quali era stato richiesto al 31° Stormo, che era dotato di DC 9, il relativo manuale di volo.

Sull'annotazione "No Ustica", il Ferracuti asseriva che il contenuto di essa si riferiva alla preparazione di una visita di un Ministro della Difesa quando egli era Addetto a Washington nel 93. Si trattava di un colloquio con l'altra parte per redigere l'agenda dell'incontro. In merito alla frase "No Ustica", secondo il Ferracuti, si trattava delle indicazioni provenienti dall'Italia, probabilmente indicate dal Ministro, forse l'on. Fabbri, anche se lui aveva contatti soltanto con il Capo di Gabinetto Aragona.

L'interrogatorio continuava su domande relative ad una serie di documenti prodotti dal 3° Reparto durante il periodo di suo comando. Si trattava di documenti su Ustica, da lui firmati, o dal colonnello Volpi Furio del 4° Ufficio, Sicurezza al Volo.

Al generale veniva altresì contestata la relazione sulla caduta del MiG23 libico, redatta dalla Commissione italo-libica da lui presieduta, i cui risultati apparivano nelle parti di maggior rilievo, in contrasto con i risultati della perizia d'ufficio, in particolare sull'autonomia di volo del velivolo. Il Ferracuti non sapeva dare risposta, ma affermava di ritenere che il pilota avesse messo in atto un tentativo di fuga, comportandosi però poi in modo contrario a qualsiasi pilota cosciente.

A conclusione si deve affermare che il Ferracuti non è stato in grado di dare risposte esaurienti e convincenti sulla sua attività nell'ambito della Commissione italo-libica, nè sulle stesse sue annotazione nelle agende personali. Si deve però puntualizzare come ha fatto il P.M., che per i presunti fatti di falso ideologico e soppressione di documenti concernenti la sicurezza dello Stato, attinenti l'attività della Commissione, il Ferracuti è stato già indagato in separato procedimento (n.4320/96R) avviato col nuovo rito, conclusosi con la richiesta di archiviazione in data 22 dicembre 97, perché il fatto non sussiste. Sulla base delle considerazioni di quelle richieste si deve procedere anche all'archiviazione per i reati di falsa testimonianza e favoreggiamento.

In effetti anche se molte delle conclusioni cui perviene la Commissione italo-libica non sono da stimare condivisibili, si deve ritenere che i membri della Commissione, almeno da parte italiana, da un lato hanno espresso le loro valutazioni sulla base dei pochi elementi allora disponibili e d'altro lato non hanno (ivi compreso il Ferracuti) partecipato a concreti atti d'indagine, neanche informale, prima che venisse costituita la Commissione e tantomeno si sono occupati della vicenda del DC9, sì che le errate conclusioni della Commissione non possono reputarsi ascrivibili alla loro mala fede.

In particolare, per ciò che attiene la posizione del Ferracuti, il motivo di "sospetto" desumibile dalla circostanza per cui egli, già in servizio allo SMA, era stato nominato Comandante della base di Gioia del Colle pochi giorni prima della scoperta del MiG libico e proprio in tale qualità nominato Presidente della Commissione (cioè che si potesse astrattamente adombrare che dopo la caduta del DC9 fosse stato inviato a Gioia del Colle per "gestire" la vicenda del MiG libico, impedendo connessioni con la caduta del DC9) è stato superato, come indicato dal PM, con accertamento effettuato nel separato procedimento, dal rilievo per cui la destinazione del Ferracuti a Gioia del Colle era stata decisa prima della caduta del DC9 (anche se l'ufficiale vi prese materialmente servizio dopo il 27 giugno 80).

Pertanto nei confronti del Ferracuti non deve promuoversi l'azione penale. Le brillanti considerazioni a discolpa formulate dalla difesa del Ferracuti sono superate da questa formula di chiusura sulla posizione dell'indiziato.

6. Livi Angiolo.

Livi, al tempo dei fatti con il grado di colonnello dell'Arma dei Carabinieri era il Comandante della Legione di Catanzaro, competente per territorio sulla località in cui venne rinvenuto il MiG23 libico.

Il ruolo di Livi assume importanza rilevante tenuto conto che sotto la giurisdizione della Legione da lui comandata, si trova, tra l'altro, la Compagnia di Crotone comandata dal capitano Inzolia. Questi, come è stato ampiamente rilevato in altra parte, è la persona che chiede notizie al maresciallo Malfa dell'aeroporto di S.Anna sul DC9 Itavia, la sera stessa del disastro. Lo stesso Inzolia é il primo ufficiale dell'Arma dei CC a intervenire sulla Sila nel luogo ove cadde il MiG libico.

Livi è stato ritenuto reticente giacchè non ha riferito quanto era a sua conoscenza sia sulle attività svolte da Inzolia subito dopo il disastro all'aereo dell'Itavia che sulla presenza del capitano Inzolia sul luogo del rinvenimento del MiG libico.

L'ufficiale ricorda di essersi recato sul posto ove cadde il MiG, ma non ha ricordato, invece, il nome dell'ufficiale dell'Arma che si recò sul posto. Esclude di aver dato incarico di raggiungere la località ad ufficiale da lui dipendente. Precisa che la decisione di inviare l'ufficiale sulla Sila venne presa dal Comandante di Compagnia.

Tale versione contrasta con quella riferita dall'allora comandante del Gruppo CC di Catanzaro, Del Monaco Augusto. Questi riferisce che la disposizione venne data dal Comando di Legione (v. esame Del Monaco Augusto, GI 13.03.91). Anche Inzolia conferma di aver ricevuto l'incarico dal colonnello Livi (v. esame Inzolia Vincenzo, GI 13.03.91).

Solo dopo aver preso atto delle dichiarazioni dei due ufficiali corregge la precedente dichiarazione, confermando quelle dei suoi collaboratori. Ha negato che la Legione si fosse occupata della caduta del DC9 Itavia così come invece risulta dalla telefonata intercorsa la sera stessa del disastro tra il capitano Inzolia e il maresciallo Malfa.

Non può dirsi che esistano elementi per formulare imputazione. Si deve perciò dichiarare non doversi promuovere nei suoi confronti l'azione penale.

7. Lo Giacco Domenico.

Lo Giacco Domenico era nell'80 addetto al Nucleo Operativo presso il Reparto Operativo del Gruppo Carabinieri di Catanzaro con il grado di maresciallo. Intervenne in Castelsilano il giorno stesso del rinvenimento del MiG libico, facendovi ritorno in occasione dell'autopsia della salma del pilota.

Veniva escusso in data 18.03.91, 23.10.92, 04.10.94 e 11.10.94. Nel corso delle deposizioni riferiva di essere giunto sul luogo di caduta del MiG Libico intorno alle ore 16.00-16.30 del giorno 18.07.80. La notizia della caduta era pervenuta al Reparto Operativo di Catanzaro intorno alle ore 13.00. Con lui si recarono sul luogo del disastro il maggiore Di Monte, che comandava interinalmente il Gruppo, il brigadiere Cisaria e l'appuntato Rodi Pietro. Sul posto erano già presenti oltre a diversi curiosi, il maresciallo Raimondi di Crotone, e alcuni militari della Stazione CC. di Caccuri. Non ricordava la presenza del capitano Inzolia. Vennero scattate dal brig. Cisaria diverse fotografie, sia all'aereo che al cadavere.

Quel giorno non vide sul posto ufficiali dell'AM; solo a sera notava la presenza di un Ufficiale dell'AM in divisa che era con il colonnello dei CC. Livi, all'epoca Comandante della Legione di Catanzaro. Egli si calò nel burrone ove erano i resti dell'aereo e del pilota. Il cadavere si trovava in posizione supina, con il viso rivolto verso l'alto e le braccia semidistese; indossava la tuta di volo; uno dei guanti che indossava era strappato: nelle immediate vicinanze furono rinvenuti gli stivaletti ed il casco.

Tutto il materiale recuperato sul luogo venne portato alla Stazione CC. di Caccuri. Tra cui ricordava una cassetta di medicinali ed una carta geografica con un tracciato sopra; si trattava probabilmente di una carta di volo, in quanto vi erano riportate delle linee ad inchiostro rosso, ma non sapeva spiegare quali territori rappresentasse, probabilmente a suo parere l'Africa. Oltre al pomeriggio del 18.07.80 era ritornato sui luoghi il giorno successivo e qualche tempo dopo, in occasione di un sopralluogo di una delegazione libica.

Non interrogò nessuno. Il giorno dell'autopsia raggiunse nuovamente Castelsilano unitamente al maggiore Di Monte a bordo di un elicottero dei CC., portando l'occorrente per il rilievo delle impronte. Vi era il sospetto che l'aereo fosse pilotato dal famoso terrorista Carlos, e pertanto si decise di prelevare le impronte; prese parte anche all'autopsia, ma non scattò fotografie del corpo del pilota nè notò in esso larve. La pelle dei polpastrelli, dopo averla usata per i rilievi, la ripose nella bara. Non ricordava se successivamente fu presa in consegna da quelli dell'AM.

All'autopsia furono presenti due medici, il maggiore Di Monte e qualcuno che aiutava i medici; non vide altri ufficiali. Quando ci fu la riesumazione del cadavere del pilota libico, era presente un maresciallo dei CC. in servizio al S.I.S.MI di Catanzaro. Il suo cognome era Agostino o D'Agostino. Costui gli disse che i suoi superiori volevano sapere se il pilota fosse o meno circonciso; chiese anche se era possibile avere le impronte digitali del pilota, al fine di una sua eventuale identificazione. Dopo il rilevamento sulle strisce sensibilizzate, portate con sè da Catanzaro, consegnò a quel D'Agostino i frammenti di pelle cioè i polpastrelli, messi in un barattolo di vetro contenente una soluzione di formalina. L'uomo del S.I.S.MI presenziò solo all'inizio dell'autopsia, perché era difficile restare nella saletta a causa del fetore e delle mosche. Non ha mai saputo i risultati della ricerca di quel Servizio.

Aveva saputo da un ufficiale prelevato all'aeroporto di Crotone ed accompagnato alla locale Compagnia - questo qualche giorno dopo l'autopsia - che aveva subito dei fastidi agli occhi - disse che aveva sofferto di lacrimazione - per effetto della concentrazione della formalina contenuta nel barattolo dei polpastrelli, giacchè non era stata rispettata la proporzione tra acqua e quella sostanza. La persona da lui prelevata all'aeroporto vestiva in borghese. Ha ritenuto che si trattasse di un ufficiale medico del S.I.S.MI o del SIOS dell'Aeronautica. Questa persona era attesa giacchè c'era qualcuno che la attendeva all'ingresso della caserma, probabilmente lo stesso Comandante della Compagnia, che all'epoca era il capitano Inzolia. Egli aspettò fuori della caserma e quando la persona uscì dopo circa un'ora, la riaccompagnò all'aeroporto, ove era rimasto in attesa l'aereo di piccole dimensioni e all'apparenza civile, che l'aveva portata a Crotone.

Come ben si nota, il Lo Giacco cade in più contraddizioni, in particolare nella deposizione dell'ottobre 94, in contrasto in diversi punti con quella del marzo 91.

Egli firmò i rapporti datati 22 e 29 luglio 80 trasmessi alla Pretura di Savelli e alla Procura di Crotone. A contestazione del fatto che su detti atti non fosse menzionato - in particolare nel verbale di sopralluogo - l'importante reperto consistente nella carta nautica ritrovata, si giustificava affermando di aver ritenuto che essendo stata portata alla Stazione Carabinieri del posto, qualche altro collega avrebbe fatto un rapporto autonomo.

Queste contraddizioni ed improbabili giustificazioni - in contrasto anche con le dichiarazione del cap Inzolia, hanno determinato la sua indiziazione per la falsa testimonianza e favoreggiamento personale.

La conseguente perquisizione, eseguita nei suoi confronti in data 26.10.95, ha dato esito negativo.

Considerato perciò che la contraddittoria condotta processuale e le lacune nella memoria potrebbero anche ascriversi ad effettive carenze del ricordo e che perciò non si raggiunge prova dei reati di cui alla comunicazione giudiziaria, si deve dichiarare non doversi promuovere nei confronti dell'indiziato in oggetto l'azione penale.

8. Lombardo Bartolomeo.

Lombardo, al tempo dei fatti, ricopriva l'incarico di Vice Direttore della 1( Divisione - Contro Spionaggio e di Direttore della relativa 3( sezione, presso il S.I.S.MI. In tale veste ha avuto un ruolo nelle vicende relative agli incidenti del DC9 Itavia e del MiG23 libico, anche se era stato, come ha dichiarato e successivamente accertato, assente dal servizio, nell'anno in questione, dal 25 al 27 giugno, dal 1° al 12 luglio per cure termali, e dal 25 luglio al 18 agosto in licenza ordinaria.

Non é stato quindi presente in alcuni momenti significativi di queste vicende, ma la sua attività assume, ciò nonostante, una importanza rilevante, tenuto conto che egli sostituisce Notarnicola nel periodo in cui risulta ufficialmente caduto il MiG libico e per questa ragione entra in diretto contatto con la Direzione del Servizio. Lo stesso Lombardo, a partire dall'84, divenuto Direttore della 1ª Divisione, gestisce tutte le richieste sulla vicenda da parte di Autorità esterne.

Anche Lombardo, al pari di Notarnicola, non ha fornito risposte soddisfacenti alle domande che gli sono state rivolte. In relazione alla vicenda del mancato viaggio del giudice Tricomi riferita da Mannucci Benincasa, nega di averla appresa "nell'immediatezza o dopo il disastro aviatorio", asserendo di averla appresa soltanto un anno dopo, mentre svolgeva le funzioni vicarie della direzione della Divisione nel momento in cui ricevette l'informativa dal Centro CS di Firenze (v. esame Lombardo Bartolomeo, GI 28.12.90).

Notarnicola, invece, ha sempre affermato di aver ricevuto la notizia sull'ipotesi dell'attentato al giudice Tricomi dopo la smentita di Affatigato e prima della caduta del MiG libico. Nell'occasione Notarnicola riferisce di avere inviato Mannucci Benincasa al Direttore della 3ª sezione, colonnello Lombardo.

Non è stato possibile riuscire a datare con certezza il momento in cui Mannucci Benincasa riceve la notizia sulla mancata presenza del giudice Tricomi sull'aereo dell'Itavia anche se vi sono motivi - in primo luogo il ricordo di Tricomi - per ritenere che il fatto debba collocarsi nell'81 piuttosto che in un tempo immediatamente successivo al disastro. Però, tenuto conto degli ottimi rapporti intrattenuti dal Lombardo con il Capo Centro di Firenze appare alquanto improbabile che quest'ultimo non gliene abbia accennato, prima ancora di parlarne con Notarnicola. Ciò trova conferma anche nella leggerezza con la quale la singolare ricezione della informativa del "18 luglio" viene trattata dalla Divisione.

Lombardo anziché richiamare il Capo Centro che aveva trasmesso una informativa che ricalcava i contenuti dell'articolo di Pamparana pubblicato su Critica Sociale "con qualche omissione rispetto alla stesura della bozza sequestrata dalla Magistratura di Bologna il 23 luglio", così si legge in un appunto della 1ª Divisione datato 19 agosto 81 - in cui peraltro viene evidenziato che la missiva di Firenze porta la data del 18 luglio 81 ed é giunta alla Divisione con il corriere del 23 successivo - si limita a trasmettere una missiva al Centro CS di Firenze in cui, in risposta alla nota del 18 luglio, sottolinea che "le ipotesi avanzate nell'appunto erano state pubblicizzate da un articolo apparso su Critica Sociale del luglio 81, peraltro anticipate da una trasmissione di Radio Radicale del 21 dello stesso mese".

Lombardo ha dichiarato di essere venuto a conoscenza della informativa di Firenze un anno dopo i fatti, escludendo, tra l'altro, che il Capo Centro di Firenze gli avesse mai fatto cenno della telefonata concernente la falsa presenza di Affatigato sull'aereo (v. esame Lombardo Bartolomeo, GI 28.12.90).

Sull'appunto del 29 luglio 80 nulla o pressoché poco sa dire. Afferma che in quel periodo si trovava in licenza. Precisa però - sulla linea degli altri ufficiali coinvolti nella vicenda - che l'attivismo del 29 e del 30 luglio dipese da un articolo apparso sul quotidiano "Il Messaggero" di Roma, in cui si ipotizzava una collisione tra il DC9 dell'Itavia ed un altro velivolo; presumendo che l'input fosse venuto dal Direttore del Servizio, generale Santovito (v. esame Lombardo Bartolomeo, GI 25.03.93). E' stato accertato, invece, che l'attivismo con ogni probabilità era scaturito dalle ipotesi di connessione tra i due eventi - DC9/MiG23 - che si erano sparse ad alto livello. Si veda in proposito la ricostruzione fatta nel capitolo sull'attivismo. Si dice certo che le notizie apprese dal Ministero dei trasporti sono di fonte Raggruppamento Centri, ma nessun riferimento é stato rinvenuto, sia negli atti della 1ª Divisione che in quelli del Raggruppamento centri.

Relativamente alle dichiarazioni richieste nell'89 a Curci e Maraglino, precisa che furono disposte dal Capo della sua segreteria, Saccone, su domanda dello Stato Maggiore. Aggiunge che le dichiarazioni non vennero richieste anche ad Antonicelli, in quanto questi non risultava più in organico alla Divisione (v. esame Lombardo Bartolomeo, GI 25.03.93).

Sarà accertato, invece, che ad Antonicelli furono in un primo tempo richieste, ma che alla richiesta non seguì alcuna sollecitazione, né formale, tenuto conto che Antonicelli non faceva più parte della Divisione, né informale. Ma il motivo della mancata dichiarazione trova una sua "giustificazione". Infatti queste, se redatte, sarebbero state sicuramente difformi da quelle di Curci e Maraglino, cosicchè il Servizio si sarebbe venuto a trovare in un'evidente situazione di difficoltà. Infatti, Antonicelli, dichiara che nel momento in cui trasmise i tracciamenti radar relativi al MiG era consapevole del fatto che stava trasmettendo una missiva con oggetto "DC9-Itavia" con allegati i tracciamenti radar del MiG libico, così come era stato richiesto al Centro CS di Bari. Tra l'altro nel corso dell'istruttoria sono emersi i contrasti tra Lombardo e Antonicelli. In particolare é Saccone a raccontare che i rapporti tra i due non erano eccellenti. Ciò veniva fatto risalire ai tempi della gestione Notarnicola, al quale Antonicelli veniva considerato "vicino anzi troppo vicino" (v. esame Saccone Umberto, GI 24.09.97).

Sempre in relazione ad Antonicelli, Lombardo ha dichiarato di non conoscere le motivazioni per le quali, nel 1984, il Capo Centro di Bari venne sollevato dall'incarico di Direttore della Divisione (v. esami Lombardo Bartolomeo, GI 26.03.93 e 05.10.93). Ma è stato accertato che Antonicelli venne trasferito dal Direttore del Servizio, ammiraglio Martini, su indicazione dello stesso Lombardo, che, nell'occasione, gli aveva anche proposto l'allontanamento del Capo Centro di Bologna, Ferretti (v. esame Martini Fulvio, GI 29.11.96).

Lombardo, sulla linea degli altri ufficiali della 1ª Divisione, non fa alcun riferimento alla presenza in organico del capitano Conforti, che invece, sentito dall'Ufficio, fornisce dichiarazioni assai utili sulla attivazione del capitano Masci in Calabria per la vicenda del MiG libico caduto sulla Sila.

Anche sulla attivazione di Masci, Lombardo fornisce dichiarazioni con le quali si limita a riferire che le pratiche del DC9 e del MiG sono state trattate da costui e che "se Masci dice di essere stato chiamato in Calabria da colleghi della sua Divisione, che gli diedero l'incarico di acquisire notizie in loco, gli ufficiali che potrebbero averlo chiamato, potrebbero essere il tenente colonnello Alloro, il capitano Di Feo e il capitano Follo, e il capo della segreteria tenente colonnello Angeli".

Ma l'attivazione di Masci in Calabria non poteva non essere portata a conoscenza di Lombardo per due motivi: il primo, in quanto egli era il Direttore della sezione dalla quale dipendeva Masci; il secondo, in quanto proprio in quei giorni, in assenza del colonnello Notarnicola, Lombardo ricopriva l'incarico di Direttore di Divisione.

La vicenda della attivazione di Masci in Calabria é stata ampiamente descritta nel capitolo relativo ai Servizi, al quale pertanto si rimanda. Qui si vuole soltanto ribadire il contrasto tra la dichiarazione di Masci che asserisce di essere stato chiamato dall'ufficio dal capitano Di Feo (Di Feo invece dichiara, di essere stato chiamato e non viceversa) e quella del capitano Conforti che ha dichiarato invece di essere stato chiamato da Masci, che gli chiese di essere messo in contatto con il colonnello Lombardo, al quale doveva riferire sulla caduta di un velivolo militare.

A rendere ancora più inquietante la vicenda é la circostanza di tempo in cui avvenne la telefonata. Conforti la colloca in un giorno di luglio del 1980. Poiché é stato accertato che Conforti dal 15 luglio era in congedo per cure termali, la richiesta del contatto di Masci con Lombardo, quindi, deve essere avvenuta prima del 15 luglio. Lombardo comunque nulla è in grado di riferire su questa vicenda.

Deve però ritenersi, a conclusione di questa posizione, che le dichiarazioni dell'indiziato stimate non vere concernano circostanze controverse o dipendenti da valutazioni soggettive. E pertanto non deve esercitarsi a carico del Lombardo l'azione penale.

9. Malfa Sebastiano.

Il maresciallo dell'AM Malfa Sebastiano all'epoca dei fatti era il Comandante dell'Aeroporto Militare Sant'Anna di Crotone. Nell'ambito di questo procedimento è indiziato dei reati di falsa testimonianza (art.372 c.p.) e favoreggiamento personale (art.378 c.p.) in relazione alle sue dichiarazioni sulla telefonata con il 3° ROC di Martina Franca effettuata per conto del capitano Inzolia ed al suo comportamento all'atto dell'intervento sul luogo di caduta del MiG23 libico nella Sila a Castelsilano.

In vero il maresciallo Malfa è emerso nelle vicende istruttorie non solo per la summenzionata telefonata delle 22.03Z del 27.06.80 (cioè le 24.03 locali) a Martina Franca per incarico del Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Crotone e la sua attivazione sul MiG23 libico, ma anche per altre circostanze inerenti l'Aeroporto di Crotone, tra cui, di rilievo, una situazione di pre-allarme di quell'aeroporto proprio la sera del disastro di Ustica.

Infatti l'Aeroporto "S.Anna" di Crotone e l'attiguo Distaccamento dell'Aeronautica Militare, costituiscono un punto d'interesse per l'istruttoria non tanto sotto il profilo dell'ordinaria operatività dell'aerostazione (alquanto limitata, anche se le funzioni di "aeronautical flight information service" erano strutturate e continuative) quanto piuttosto per le vicende occorse al personale preposto al Distaccamento, in primo luogo il Sottufficiale Comandante maresciallo Malfa, ed in particolare per talune circostanze coinvolgenti l'attivazione dell'aerostazione proprio la sera e la notte del 27 giugno 80.

Queste in rapida sintesi le situazioni coinvolgenti l'attività del sottufficiale, che nel prosieguo verranno dettagliatamente esaminate:

- una situazione di pre-allarme dell'aeroporto di Crotone collocata dal Comandante del Distaccamento proprio sul 27 giugno 80. A tal proposito occorre anche ricordare che un sottufficiale addetto alla torre di controllo, maresciallo Quaranta, fornisce un dettagliato riferimento ad alcune comunicazioni da parte dell'ACC di Brindisi, in merito ad una "traccia perduta" dalla DA di Martina Franca, intercorse proprio sulla fine di giugno o nei primi di luglio 80;

- una misteriosa quanto sconcertante serie di contatti telefonici avvenuti nella notte del 27 giugno 80 e nella prima mattina del 28 tra il sottufficiale ed il Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Crotone capitano Vincenzo Inzolia. Telefonate che comportano un coinvolgimento del Comandante pro-tempore del Distaccamento nelle vicende correlabili alla scomparsa del DC9 Itavia. Il Malfa si fa infatti parte diligente nel richiedere informazioni al centro dell'AM di Martina Franca sulle ricerche in corso quella notte riguardo al DC9 Itavia, giacchè in tal senso richiesto dal Comandante della locale Compagnia Carabinieri, che non ha poi saputo fornire a questo Ufficio alcuna plausibile spiegazione del suo comportamento. Una interposizione nelle attività di ricerca della sera del 27 giugno 80 inspiegabile considerata l'incompetenza funzionale, gerarchica e territoriale dell'ufficiale dell'Arma;

- in relazione al rinvenimento del MiG23 libico di nuovo il maresciallo Malfa risulta uno dei rappresentanti dell'autorità militare immediatamente accorsi sul luogo di caduta del velivolo, dove si è incontrato con il capitano dei Carabinieri Inzolia;

- infine il fatto che Malfa dirigeva il Distaccamento aeroportuale di Crotone che pur con rilevanti lacune documentali - dovute anche ad un incendio verificatosi nel'84 - rappresenta un punto di riscontro documentale di rilievo al fine di ricostruire l'attività operativa ed i sorvoli sull'area Crotonese-Silana di elicotteri dell'Arma dei Carabinieri. In effetti proprio nei giorni che precedono il 18 luglio 80 gli elicotteri dell'Elinucleo di Vibo Valentia, utilizzati anche dal capitano Inzolia in data di poco antecedente il rinvenimento del MiG, avevano intensificato la propria attività volativa.

Pertanto, sulle attività coinvolgenti il ruolo del sottufficiale e sull'attivazione dell'aeroporto militare e civile, è stata svolta una intensa istruttoria, conclusasi con ben sei escussioni testimoniali, compresi i pp.vv. di confronto (05.08.91, 31.01.94, 01.02.94, 16.02.94, 14 e 15.04.94) ed un interrogatorio (17.06.97).

In primo luogo notevole è stata l'attività finalizzata alla comprensione dell'effettivo ruolo e delle azioni intraprese dal Comandante del S.Anna nel rapporto con il capitano dei CC. Inzolia. Istruttoria resa più delicata dal particolare rapporto esistente fra i due militari, il sottufficiale dell'AM e l'ufficiale nell'Arma. Infatti Malfa, già noto per la telefonata fatta a Martina Franca per incarico del capitano Inzolia, per chiedere "particolarità od informazioni di un incidente di un DC9" - telefonata negata ed ammessa, come si vedrà, solo alla contestazione dell'evidenza - convocato da questo GI per il 21 gennaio 94, dapprima tenta immediatamente di mettersi in contatto il 19 con il tenente colonnello Inzolia subito dopo la notificazione della citazione quello stesso giorno; quindi invia certificato medico a giustificazione dell'impossibilità a comparire; infine si presenta solo il 31 gennaio successivo.

Da questo esame emerge il suo atteggiamento di reticenza su come e da quando - già risultando la risalente amicizia - conoscesse Inzolia: infatti Malfa risponde di conoscerlo, perché il distaccamento del S.Anna, aveva contatti con i Carabinieri per piccoli furti e danneggiamenti perpetrati nell'ambito dell'aeroporto. Afferma inoltre di aver prestato servizio a Siracusa solo per undici mesi, prima di andare in pensione, omettendo di ricordare che con Inzolia aveva fatto conoscenza in quella città molti anni addietro.

Una volta ammonito, ricorda i periodi di servizio prestati a Siracusa già dal 50. Incontrava il padre di Inzolia (come già risultava in atti) ai Circoli Ufficiali e Sottufficiali dell'AM di Siracusa. Aveva conosciuto Inzolia da piccolo sui dieci anni e poi lo aveva rivisto "giovanetto... si faceva crescere un po' la barba". Lo aveva poi rivisto a Crotone, quale Comandante della Compagnia, quando nel 79 gli si era presentato quale Comandante del Distaccamento Aeroportuale.

Malfa ricorda infine che per il figlio Sergio nato nel 63 ed entrato a diciotto anni nell'Arma dei Carabinieri, aveva richiesto una segnalazione proprio al Capitano Inzolia al momento della domanda del giovane per il concorso di arruolamento. (v. esame Malfa Sebastiano, GI 31.01.94).

Riguardo alla telefonata richiesta da Inzolia, l'indiziato su sollecitazione di questo Ufficio svela che dopo l'esame testimoniale del 05.08.91 aveva chiamato Inzolia e questi gli aveva chiesto su cosa fosse stato interrogato. Malfa gli aveva risposto che aveva dichiarato di aver incontrato Inzolia a Caccuri e che era stato interrogato anche sulla telefonata fatta per suo conto a Martina Franca. In quell'occasione Inzolia gli disse che questo era compito dei Carabinieri e poi aggiunse anche che si trattava di cose riservate e che non bisognava parlarne, ed anzi che era meglio non parlarne. A proposito di quella sua confidenza ad Inzolia, Malfa non può fare a meno di notare che "il tono, di quando gli riferivo delle domande sulla telefonata a Martina Franca, era un po' incazzato". (v. esame Malfa Sebastiano, GI 31.01.94).

Venendo alla telefonata avvenuta alle ore 22.03Z tra il Sottufficiale ed il 3° ROC di Martina Franca, cioè uno dei Centri più importanti della Difesa Aerea nazionale, essa va attentamente esaminata anche per cogliere la funzione di intermediazione informativa svolta dal maresciallo Malfa, richiesta dall'Inzolia, stante l'ottimo rapporto di amicizia tra i due già preesistente al periodo di servizio nel crotonese.

Questa la trascrizione integrale della comunicazione telefonica:

U - sì?

M - sono il Maresciallo Malfa da Crotone.

U - Maresciallo?

M - Malfa da Crotone.

U - di che cosa? Dell'Aeronautica?

M - sì.

U - mi dica.

M - dunque il...capitano dei Carabinieri del...di Crotone

U - eh!

M - mi ha chiesto delle particolarità o delle informazioni di un

incidente di un DC9.

U - perché l'ha chieste?

M - ma non lo so, io.

U - e guardi purtroppo, siete interessati direttamente alle operazioni di ricerche?

M - no, noi no.

U - ecco, guardi io purtroppo sono direttamente interessato.

M - ho capito.

U - quindi ho i minuti contati, se sono notizie importanti per la ricerca...me le dica, altrimenti non posso darle notizie

M - va bene, siccome il Capitano dei Carabinieri...il Comandante dei Carabinieri di Crotone

U - eh!

M - voleva sapere delle informazioni circa questo incidente.

U - guardi non le posso dire ancora niente di...di sicuro

M - d'accordo.

U - la ringrazio.

M - ecco, bravo, grazie a voi altri, allora io posso dire che ancora non si sa niente

U - esatto.

M - va bene, grazie.

U - grazie.

M - arrivederla.

A proposito di questa telefonata, Malfa in un primo momento, in sede di esame testimoniale, assumeva un atteggiamento reticente, escludendo di essersi interessato all'incidente del DC9 Itavia, e specificando che quella notte non fece alcuna telefonata al 3° ROC di Martina Franca (v. esame Malfa Sebastiano, GI 05.08.91).

L'indiziato, soltanto dopo una lunga serie di precise contestazioni, ammonizioni e domande, ed a seguito della lettura del testo della telefonata in questione finalmente dichiarava: "ricordo che quella sera mi telefonò in aeroporto il capitano Inzolia per avere informazioni su un DC9 che era scomparso. Quando Inzolia mi fece questa richiesta non sapevo nulla sul DC9".

Ma il sottufficiale, pur ammettendo di aver effettuato la telefonata a Martina Franca quella sera, non è stato in grado di fornire una indicazione plausibile del luogo dal quale ha eseguito la chiamata. Infatti, in un primo momento ha dichiarato di aver chiamato dalla torre di controllo; successivamente, su contestazione del fatto che la torre di controllo nell'orario in cui era avvenuta la telefonata era chiusa, ha fornito un'altra versione.

Potrebbe aver chiamato uno di TLC, giacché dormivano in aeroporto Picone e Messina, uno dei quali vi aveva anche l'alloggio di servizio. Questa persona potrebbe averlo aiutato ad aprire la torre e a chiamare Martina Franca. A questo punto Malfa riferisce di un intervento che egli riconduce alla sera del 27.06.80; si tratta di una attivazione delle attrezzature aeroportuali che altro personale di servizio al Distaccamento non ha ricordato, eccetto il maresciallo Quaranta che invece la conferma nella sostanza ma non sa fissarla alla precisa data del 27 di giugno. Di tale attivazione e della importante testimonianza del Quaranta si tratterà più in dettaglio in seguito. Il Comandante del Distaccamento ricorda che quella sera preparò l'autobotte con il cherosene. E così precisa riguardo a tale affermazione "Era stata la torre a dirmi di predisporre l'autobotte con il cherosene. In aeroporto c'era un rimorchio con il carburante stazionato all'autoparco. Io provvidi con l'aiuto di un aviere ad agganciare questo rimorchio a un camion zavorrato. Il camion poi trasportò, attraversando la statale, il rimorchio con il cherosene sulla pista. Questo cherosene doveva servire per il rifornimento degli elicotteri delle ricerche. Questi elicotteri però non vennero all'aeroporto perché mi fu detto che erano stati impiegati degli elicotteri con autonomia di quattro o cinque ore. La torre mi notiziò di queste ricerche in atto, chiamandomi a casa. L'operatore in torre mi disse "maresciallo ci sono degli elicotteri della vigilanza che stanno facendo delle ricerche". Immediatamente provvidi per l'agganciamento del rimorchio con il cherosene e per il trasferimento dello stesso sulla pista. Quando mi ha chiamato Inzolia, dopo che io avevo provveduto al trasporto del cherosene sulla pista, io gli ho detto che già stavano facendo delle ricerche. Devo specificare che la telefonata di Inzolia è avvenuta poco dopo le 10 di sera. Io prima della chiamata a Martina Franca di mezzanotte, ho chiamato Bari o Gioia del Colle per chiedere se c'era il cessato allarme. Per gli allarmi e i cessati allarmi mi mettevo in contatto solo con Bari o con Gioia del Colle. L'autobotte sulla pista io l'ho messa intorno alle 10 di sera e l'ho ritirata dopo mezzanotte, quando ho ricevuto il cessato allarme da Bari o da Gioia. Devo dire che le telefonate quella sera sono state due. La prima verso le 9 o poco dopo le 9, comunque prima del trasporto dell'autobotte sulla pista. In questa telefonata Inzolia mi ha chiesto notizie; mi ha chiesto notizie molto generiche; mi ha detto "sai qualche cosa su un velivolo disperso?" o qualcosa simile. Io ho detto che erano in corso ricerche. Non gli ho detto nient'altro. Inzolia non mi ha chiesto nient'altro. La seconda telefonata gliel'ho fatta io dopo mezzanotte. Quella sera io sono stato in grande attività, proprio per la situazione di allarme. La torre di controllo mi diede l'allarme, dicendo "siamo in allarme, perché stiamo cercando un velivolo nella zona".

In estrema sintesi, a proposito della telefonata a Martina Franca è da notare che permane dalla serata del 27 alla prima mattinata del 28 di giugno 80 una sorta di filo diretto Malfa-Inzolia che quest'ultimo doveva aver ben sollecitato, forte della sua posizione di superiorità derivante più che dal ruolo istituzionale dall'antico e collaudato legame personale.

Dunque Malfa, dopo aver contattato il 3° ROC di Martina Franca chiamò il capitano Inzolia per riferirgli che dalla telefonata aveva appreso poco o niente. Ed a proposito delle telefonate intercorse con il capitano Inzolia ha ricordato con certezza che furono tre. La prima volta fu chiamato presso la propria abitazione alle ore 21.00 circa ed Inzolia gli chiese notizie circa un velivolo che era stato dato per disperso. Successivamente, dopo le ore 24.00, fu Malfa a chiamare Inzolia, per comunicargli che non vi erano altre notizie e che le ricerche erano in corso di svolgimento.

Il giorno successivo, verso le ore 09.00 Inzolia richiamò nuovamente Malfa e gli chiese novità proprio in relazione alle ricerche. In quella circostanza il maresciallo Malfa rispose che non c'erano ulteriori novità.

A questo punto è d'interesse riscontrare la particolare versione che di questi contatti telefonici ha fornito il capitano Vincenzo Inzolia. Egli all'epoca era, come s'è detto, Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Crotone, e s'interessa ad un volo ben distante dalle sue specifiche competenze operative. "Escludo che la sera del disastro di Ustica io abbia chiamato o fatto chiamare l'aeroporto di Crotone per sapere notizie sul DC9. Io probabilmente ho saputo dell'evento il giorno successivo, leggendo i giornali. D'altronde se il fatto, come mi si dice è avvenuto intorno alle ore 21.00, l'orario di chiusura dell'aeroporto coincideva con la calata del sole".

Anche dopo aver letto il testo della incontrovertibile telefonata che gli viene esibito, Inzolia ribadisce di non essersi interessato all'evento di Ustica escludendo per l'appunto che avesse titolo ad interessarsi poiché quell'evento sicuramente non ricadeva nella sua giurisdizione. Addirittura asserisce che non avrebbe potuto nemmeno chiamare l'aeroporto, che a quell'ora era chiuso. Conclude le sue dichiarazioni affermando che al Distaccamento, oltre al maresciallo Malfa, conosceva anche un ufficiale dell'AM con il grado di Tenente che successivamente fu trasferito, ma di cui non ricorda il nome.

Appare sconcertante, ma anche molto significativo tale comportamento dell'Inzolia - e l'atteggiamento quasi di prevaricazione che egli potrebbe aver tenuto nei confronti del Malfa - e cioè che l'ufficiale dell'Arma all'incontrovertibile prova del suo interessamento prosegua a dichiararsi estraneo, fino al punto in cui gli vengono contestate le dichiarazioni di Malfa che aveva attestato di essere stato chiamato proprio da lui quella notte.

E così si è registrata una nuova sconcertante negazione: "Escludo di aver chiamato quella sera sia il tenente che il sottufficiale Malfa. Prendo atto che la persona che da Crotone chiamò Martina Franca è stata il maresciallo Malfa".

Ed anche al cospetto delle affermazioni rilasciate da Malfa, Inzolia ribadisce di non essersi mai interessato al disastro di Ustica, aggiungendo però stranamente "se l'ho fatto, l'ho fatto per curiosità".

Come s'è visto un'altra vicenda che ha suscitato un particolare interesse nell'attività istruttoria condotta sono le dichiarazioni rilasciate da Malfa sulla situazione di pre-allarme dell'aeroporto di Crotone la sera del disastro di Ustica, proprio in concomitanza con la caduta del DC9 Itavia.

Egli in alcuni passaggi testimoniali effettua un collegamento di ordine cronologico tra un'attivazione di pre-allarme del Distaccamento Aeroportuale da lui diretto e la sera in cui cadde il DC9 Itavia. Malfa ricorda che la sera del 27.06.80 predispose l'autobotte con il cherosene. Il carburante doveva servire per il rifornimento degli elicotteri impiegati per le ricerche ed il soccorso. L'allarme gli fu dato dall'operatore della torre di controllo, che gli disse: "siamo in allarme, stanno cercando un velivolo nella zona".

Durante questo stato di allarme, il Comandante dispose l'illuminazione della pista, del sentiero di avvicinamento e del piazzale degli elicotteri. Secondo quanto affermato da Malfa per lo stato di allarme, oltre a lui stesso furono impiegati: il tecnico dei gruppi elettrogeni, sergente Ruggiero; il Sottufficiale in torre, probabilmente Vaccai; un aviere ed il sergente Di Francesco che era addetto all'antincendio.

Come s'è visto Malfa dichiarava di aver ricevuto la telefonata dall'operatore della torre di controllo che gli comunicava lo stato di pre-allarme dell'Aeroporto. L'operatore in servizio presso la predetta torre di controllo poteva essere Quaranta o più probabilmente Vaccai che era il più disponibile. Il cessato allarme gli fu comunicato da Martina Franca tra le ore 23.00 e le ore 24.00 del 27.06.80.

Riguardo alla vicenda, di per sé rilevante, e soprattutto per raggiungere una più completa conoscenza dei fatti e delle operazioni che avevano effettivamente caratterizzato l'attività degli Enti e centri della Difesa Aerea nazionale in quelle cruciali ore della serata e della notte del 27.06.80, è stata eseguita una complessa attività istruttoria basata su sequestri ed acquisizioni documentali e su escussioni testimoniali ed interrogatori, del cui risultato qui si fornisce sintesi.

In merito Ruggiero, Di Francesco, Picone e Quaranta escludevano che vi fosse stata una situazione di pre-allarme dell'aeroporto di Crotone, cronologicamente correlabile alla tragica vicenda del DC9 Itavia e pertanto escludevano che alla fine di giugno, per l'esattezza la sera del 27.06.80 l'aeroporto di Crotone fosse stato interessato ad una operatività correlata alle ricerche dell'aereo Itavia. (v. esami GI 31.01.94, 01.02.94 e 16.02.94 - inoltre v. esami di confronto GI 14.04.94 e 15.04.94).

Questa circostanza di pre-allarme potrebbe sembrare smentita dallo stesso tenore della conversazione tra Malfa e l'interlocutore del Centro di Martina Franca (registrazione delle ore 22.03Z del 27.06.80). Infatti nel corso della conversazione, l'operatore di Martina Franca chiede a Malfa: "...siete interessati direttamente alle operazioni di ricerche?". Malfa risponde: "no, noi no". Anche se in effetti il Distaccamento sarebbe stato eventualmente solo di supporto alle ricerche.

Comunque specificamente richiesto il sergente maggiore Quaranta ha evidenziato le modalità di attuazione in caso di pre-allarme, dichiarando: "Per questa riapertura di emergenza dell'aeroporto è necessaria la presenza di una persona in torre, dei pompieri - del personale AM - in numero variabile a seconda del peso e del tipo del velivolo..." (v. esame Quaranta Marcello, GI 08.02.94).

Sulla deposizione di Quaranta è opportuno soffermarsi più a lungo, soprattutto per una più completa cognizione di come possano collegarsi i fatti inerenti l'attivazione dell'aeroporto di Crotone al giorno del disastro di Ustica o alla vicenda del MiG23 nella Sila.

Quaranta, lo si è già detto, nel 1980 era sergente maggiore dell'AM - è diventato poi dipendente dell'Azienda Autonoma Assistenza al Volo - e svolgeva mansioni di assistente al Traffico Aereo nel detto aeroporto. Ritiene di essere stato in servizio sia la sera del 27 giugno che la mattina del 18 luglio di quell'anno - e tale sua convinzione troverà conferma nella documentazione acquisita sui turni di servizio dell'aeroporto. Ricorda che durante una giornata dell'estate di quell'anno era stato chiamato in torre "per circa sei volte" con insistenza dall'ACC di Brindisi, che chiedeva informazioni riguardo al traffico su Crotone poichè la Difesa Aerea di Martina Franca aveva perso una traccia. A sua domanda su quale zona dovesse concentrare le ricerche o attingere notizie gli avevano risposto "Su S. Giovanni in Fiore, Sila e Pre-Sila". Dalla memoria del teste si riporta un passaggio significativo al fine di ricostruire l'attività in torre di quella particolare giornata: "A questo punto mi sono messo in contatto con la stazione dei Carabinieri di Isola Capo Rizzuto e da questi ho avuto il numero telefonico della Stazione CC di S. Giovanni in Fiore. Messomi in contatto con quest'ultima stazione dei Carabinieri, colloquiai credo con il maresciallo di cui non ricordo il nome, chiedendogli di illuminarmi in merito ad eventuale incidente aereo verificatosi nella loro giurisdizione. Dopo alcune ore venni a mia volta contattato dal medesimo maresciallo dei Carabinieri il quale mi riferì che nulla era avvenuto sul loro territorio. La sera, fui contattato dal maresciallo Malfa Sebastiano, allora comandante f.f. dell'aeroporto S. Anna, il quale mi disse "Quaranta lo sai che è caduto un aereo!" Non diedi peso alla cosa in quanto detto maresciallo è un tipo scherzoso. Ricordo che dopo la telefonata del maresciallo Malfa, fui nuovamente contattato telefonicamente dai Carabinieri di Crotone, nella fattispecie da un ufficiale, credo il capitano Insulia oppure Onorati, il quale mi chiese informazioni in merito alla eventuale caduta di un aereo, non ricordo se specificò civile o militare". (v. esame Quaranta Marcello, GI 28.01.94)

Quaranta nel corso della stessa serata fu contattato telefonicamente da una sedicente giornalista dell'ANSA di Roma che gli pose domande analoghe; ma il Sottufficiale le chiuse il telefono in faccia.

Quaranta sulla richiesta di precisare meglio quale fosse il momento in cui avvennero quei fatti, fornisce una risposta sufficientemente precisa: "tutte queste vicende sono avvenute in un giorno che io colloco tra la fine di giugno e i primi di luglio".

Il Sottufficiale ricorda inoltre che la mattina dopo aveva notato un certo movimento di Carabinieri che raggiungevano la sede del Comando ove aveva gli uffici il Comandante Malfa. Riusciva a vedere dalla torre solo le vetture che si fermavano sotto la sede del Comando, sito al di là della statale che divide la parte militare da quella civile ov'è situata la torre e non sa precisare alcun dettaglio sull'identità ed il grado dei militari. (v. esame Quaranta Marcello, GI 28.01.94)

Al fine di comprendere quanto le dichiarazioni di Quaranta si possano considerare chiare e genuine nonostante un percorso mnemonico piuttosto tormentato, valgono le seguenti considerazioni.

Quaranta è stato in servizio sia il pomeriggio, dalle 14.00 alle 21.00 del 27 giugno, che la mattina fino alle 14.00 del 18 luglio, come chiaramente risulta dai turni di quel periodo. Quel 27 a partire dal tardo pomeriggio sino a quando non ha cessato il turno ha ricevuto e fatto, stando in torre, più telefonate, con l'ACC di Brindisi, i Carabinieri di Crotone e S.Giovanni, una donna qualificatasi giornalista dell'ANSA.

Tra le telefonate dell'ACC che, in una precisa sequenza logica sono finalizzate a conoscere il traffico su Crotone, da considerare quelle con i Carabinieri.

Quaranta, esperto di questioni aeronautiche, trasferisce ai Carabinieri la richiesta dell'ACC, e cioè se a S. Giovanni in Fiore fosse successo qualcosa di anomalo o fosse stato avvistato un aereo a bassa quota o addirittura ne fosse caduto uno, ma S. Giovanni in Fiore, dopo qualche tempo di ricerca, dà risposta negativa.

Il riferimento di questi fatti al 27 giugno 80 (probabile poichè quel giorno Quaranta era di servizio nel pomeriggio-sera fin quasi alle 22.00, e ricorda quel servizio tra fine mese e primi di luglio) può spiegare l'interessamento del Comandante dell'Arma di Crotone, Capitano Inzolia.

Infatti l'ufficiale parla con Quaranta e da costui riceve notizia della richiesta di Brindisi e può seguire attraverso la rete dell'Arma, l'evoluzione e gli esiti delle ricerche di S.Giovanni in Fiore.

La presenza di Carabinieri all'aeroporto il giorno dopo, potrebbe dipendere proprio dai fatti di quella sera.

Va poi ricordato che i fatti riferiti da Quaranta non dovrebbero riguardare il pomeriggio-sera del 17.07.80; infatti il Sottufficiale non era in servizio in quel turno del 17 luglio.

Infine occorre rilevare che queste dichiarazioni di Quaranta, ad una attenta lettura, si allineano alle dichiarazioni di Malfa sull'attivazione dell'Aeroporto S. Anna la sera in cui cadde il DC9 Itavia.

Il maresciallo Malfa ha avuto un ruolo rilevante anche riguardo alla vicenda del rinvenimento del MiG23 libico.

In coincidenza con la caduta del velivolo libico in località Castelsilano, ufficialmente avvenuta il 18.07.80, anche l'aeroporto di Crotone venne attivato, secondo modalità, tempi e circostanze sufficientemente ricostruite.

A proposito di questo evento il Comandante del Distaccamento, ha dichiarato: "Anch'io andai sul posto, arrivai intorno alle ore 14.30. Fummo avvisati dalla torre di controllo intorno alle ore 14.00. La torre di controllo fu chiamata dai Carabinieri del luogo. Raggiunsi il posto con la macchina dell'AM e sul posto c'erano già i Carabinieri comandati dal capitano Inzolia". (v. esame Malfa Sebastiano, GI 05.08.91)

Riguardo a questa dichiarazione si ritiene opportuno confrontarla con quanto asserito dal capitano Inzolia, che afferma di essere intervenuto sul posto da Crotone solo dopo le 15: "Verso le ore 15.00 mentre mi trovavo a casa del Dirigente del Commissariato di Crotone, dott. Bagnato, sono stato raggiunto da una telefonata da parte della Compagnia con la quale mi si avvertiva che ero stato cercato dal Comandante della Legione che aspettava di essere richiamato. Portatomi subito in Compagnia ed ottenuta la comunicazione telefonica il Comandante della Legione mi ha informato che nei pressi di Castelsilano era caduto un aereo e mi invitava, malgrado il paese non rientrasse nella mia Compagnia, di portarmi sul posto per verificare quanto era accaduto. Subito dopo insieme al maresciallo Raimondi ci siamo portati in località Castelsilano e giunti sul posto, da un'altura, o meglio da un costone, abbiamo potuto vedere che in realtà sul fondo del predetto costone vi erano i resti di un aereo di colore grigio metallizzato" (v. esame Inzolia Vincenzo, GI 18.07.88).

Come s'è visto il 18 luglio 80 il maresciallo Malfa, si recò a Castelsilano unitamente al sergente Ruggiero, che in merito ha affermato: "Sul luogo dell'incidente c'era il capitano Inzolia con 10-15 Carabinieri. Dopo mezzora circa arrivò il colonnello dell'AM Brancaleoni di Gioia del Colle. Successivamente arrivò un colonnello di Catanzaro. Quel pomeriggio non era presente il generale Tascio; venne l'indomani ed indossava una tuta di volo".

Ma riguardo all'incidente del MiG23 libico dal novero dell'attività istruttoria condotta vanno indicate anche altre circostanze riferite da personale dell'aeroporto di Crotone: Di Filippo - Sottufficiale addetto alla torre di controllo - nel pomeriggio del 18.07.80, venne contattato dal maresciallo Malfa che chiese se vi fossero state chiamate di emergenza da parte di un velivolo non meglio specificato; la risposta del Sottufficiale fu negativa; anche l'ACC di Brindisi contattata in proposito non riferì nulla di rilevante.

In estrema sintesi Malfa - che va considerato anche nella sua qualità di Comandante di un Distaccamento della Forza Armata - fornisce dichiarazioni utili alla ricostruzione dei fatti, ma solo in seguito a molteplici contestazioni. Infatti ricorda il rapporto con Inzolia quella notte del 27 e da questa esatta collocazione di dati riaffiorano tutte le attività di quella stessa notte: la torre viene riaperta, la pista illuminata, viene avvicinato il contenitore del cherosene.

L'allarme di cui parla Malfa è quello di cui parla pure Quaranta. E' un allarme che non dovrebbe riguardare direttamente il DC9, ma che potrebbe essere ad esso collegato come indica la richiesta di Inzolia. Allarme che fa fare la battuta di Malfa nei confronti di Quaranta e che quindi riporta i ricordi di quest'ultimo al 27 piuttosto che ad altri giorni.

Il collegamento fatto da Inzolia deve essere a tal punto preoccupante, che egli ingiunge a Malfa, che gli riferisce dell'atto compiuto dinanzi a questo Ufficio, di non parlare "di queste cose", che erano e restavano riservate. Infine a conferma del rapporto che lega i due il fatto che Malfa non solo dopo il primo esame immediatamente riferisce al capitano Inzolia, ma anche che in seguito egli, allorché viene convocato, tenta più volte di mettersi immediatamente in contatto con quell'Ufficiale.

In effetti l'indiziato ha ricostruito, modificando le precedenti negazioni, il rapporto con il capitano Inzolia e le sue attività sia la sera del 27 giugno 80 che il giorno del rinvenimento del MiG23. Per questa ragione vengono a cadere gli indizi di falsa testimonianza e favoreggiamento e quindi deve dichiararsi non doversi promuovere l'azione penale nei suoi confronti.

10. Maraglino Cosimo.

Maraglino, all'epoca dei fatti, con il grado di maresciallo dei CC era il responsabile del Sottonucleo di Taranto, dipendente dal Centro CS di Bari.

Egli ha rivestito un ruolo di rilievo nella vicenda dell'attivismo di fine luglio del 1980, perché il 29 e 30 luglio si reca, su ordine dei suoi superiori, presso il 3° ROC di Martina Franca per ritirare la nota documentazione relativa ai tracciamenti radar degli incidenti del DC9 Itavia e del MiG23 libico. Inoltre, unitamente al suo diretto superiore, Curci, in data 27 ottobre 89 rilascia, su richiesta dei suoi superiori, una "dichiarazione" nella quale riferisce la sua versione dei fatti, relativamente alla specifica attività in quelle occasioni da lui svolta.

Sulla linea di Curci riferisce di aver soltanto acquisito i tracciamenti radar relativi al DC9 Itavia. Asserisce che il giorno successivo ricevette una telefonata - aggiunge - "credo da Antonicelli", che gli richiedeva i tracciamenti "in chiaro". Esclude, invece, di aver richiesto tracciamenti relativi al MiG libico. Esclude anche di aver ricevuto suggerimenti nella redazione della dichiarazione per la Centrale. Cade in contraddizione quando afferma di non aver richiesto la carta di ritrovamento dei relitti del DC9 per poi affermare, invece, di aver saputo che la citata carta era stata anche richiesta dalla Guardia di Finanza, ricordando di aver commentato, tra sé e sé, che non erano stati i primi ad occuparsi di quelle carte.

Divenuto indiziato per effetto della comunicazione giudiziaria emessa in data 2 dicembre 95, modifica le precedenti dichiarazioni. Afferma di non essere più sicuro di poter escludere di non aver richiesto anche i tracciati del MiG23. Asserisce che all'atto della redazione delle dichiarazioni informò Curci di non ricordare le circostanze relative alle acquisizioni dei tracciamenti presso il 3° ROC. Quest'ultimo gli mostrò una ricevuta in cui figurava il nome di Maraglino. Aggiunge che la relativa dichiarazione venne redatta sulla base di circostanze che gli erano state riferite da Curci.

Relativamente al biglietto manoscritto di proprio pugno datato 27 luglio 93, rinvenuto nel corso della perquisizione domiciliare del 7 dicembre 95, afferma trattarsi di dettagli appresi nel corso di telefonata ricevuta da Curci. Questi, in particolare, gli aveva raccomandato, se fosse stato chiamato a testimoniare dal Giudice, di confermare la sua versione, cosicché la frase "Vedi se é possibile avere i tracciati del MiG libico, ma in chiaro" gli era stata da Curci stesso dettata come quella che avrebbe dovuto riferire (v. interrogatorio Maraglino Cosimo, GI 25.10.96)

La telefonata di Curci a Maraglino avviene quindi dodici giorni dopo la testimonianza del primo a questo Ufficio, nel corso della quale indica in Angeli l'interlocutore della 1( Divisione, asserendo che fu proprio questi a richiedergli i tracciamenti del MiG ma "in chiaro".

Maraglino posto a confronto con Curci conferma di essere stato "aiutato" da quest'ultimo, nella compilazione della dichiarazione. Costui gli mostrò anche dei documenti, contestandogli "lei ha fatto questo, lei ha fatto quest'altro". Conferma anche il contenuto del biglietto rinvenuto presso la propria abitazione e la telefonata ricevuta da Curci. Quest'ultimo, invece, ammette la possibilità di aver telefonato a Maraglino, ma esclude di aver suggerito la frase (v. confronto Curci/Maraglino, GI 04.12.96).

In esito si può affermare che l'indiziato abbia ritrattato le sue dichiarazioni non conformi al vero. Si deve di conseguenza dichiarare non doversi promuovere nei suoi confronti l'azione penale.

11. Parisi Giorgio.

Parisi, nel 1989 Capo Centro Controspionaggio del S.I.S.MI a Milano, risulta coinvolto nella vicenda legata alle dichiarazioni rese informalmente, in quell'anno, da Sinigaglia al tenente Zuliani dell'Arma dei CC di Milano, concernenti la vicenda di cui é processo.

Parisi é stato ritenuto responsabile di aver trasmesso una missiva alla 1ª Divisione, datata 27 giugno 89, in cui omette di riferire alcune circostanze che, invece, si rilevano da un appunto interno al Centro redatto dal capitano Castaldo. In particolare Parisi omette di riferire il numero dei giornalisti con il quale Sinigaglia aveva interloquito (due anziché quattro) e che il medesimo aveva fornito due indirizzi, nei quali - a suo dire - operavano i servizi francesi.

Va rilevato, inoltre, che l'informativa risulta redatta in modo tale da rendere le informazioni ricevute poco credibili. Gli accertamenti sugli indirizzi risultano svolti in modo superficiale. L'esclusione che negli stabili indicati da Sinigaglia possa aver luogo l'attività informativa avviene soltanto in considerazione del fatto che non vi abitano persone con cognome francese. L'unico accertamento svolto è quello su un cittadino il cui nome é di origine francese, abitante, però, in un civico diverso da quello indicato da Sinigaglia.

La singolarità di quanto sopra esposto va messa in relazione con altro fatto che avrebbe dovuto destare l'interesse dei funzionari del Centro CS di Milano. Infatti, ben si poteva rilevare dagli atti custoditi presso questo Centro concernenti Sinigaglia, una missiva del Centro CS di Cagliari datata 16 luglio 80, con la quale si riferiva di un soggiorno in Cagliari del 5 luglio precedente, cioé otto giorni dopo il disastro del DC9 Itavia.

Parisi, sentito come testimone, riferisce di esser venuto a conoscenza delle dichiarazioni di Sinigaglia nell'89 e che per tale motivo dispose l'invio del capitano Castaldi e di un sottufficiale del Centro presso l'Arma di Milano, che ne avevano fatto richiesta. Il capitano e il sottufficiale al loro rientro predisposero una relazione. Non fornisce alcuna spiegazione sul perchè gli accertamenti sulla sede dei servizi francesi a Milano furono svolti sul civico 42 di Corso Venezia e non sul civico 46 come invece aveva indicato Sinigaglia. Si limita a dire "non so spiegarmi perché le indagini siano state compiute in tal maniera".

In relazione alla omissione del numero dei giornalisti che avevano avuto contatti con Sinigaglia, Parisi afferma di aver ritenuto del tutto marginale il dettaglio, in quanto aveva ricevuto assicurazione che l'ufficiale di PG che aveva ricevuto le confidenze di Sinigaglia - il tenente Zuliani - le aveva riferite dettagliatamente al titolare dell'inchiesta (v. esame Parisi Giorgio, GI 12.09.90).

Interrogato - a seguito della comunicazione giudiziaria - conferma le precedenti dichiarazioni. Riconduce la decisione di disporre l'informativa alla Centrale all'intento di prevenire eventuali richieste del CESIS e registrare il Sinigaglia nella categoria dei cosiddetti "venditori di fumo". Non si comprende su quale base tale definizione - data la mancanza di seri accertamenti - possa essere stata attribuita a Sinigaglia.

Parisi arriva addirittura a giustificare l'assenza di interesse sul soggiorno a Cagliari nel luglio 80 "perché si trattava di una nota che riguardava dieci anni prima e che confermava la personalità del Sinigaglia come truffatore" (v. interrogatorio Parisi Giorgio, GI 15.07.92). Queste affermazioni non appaiono conformi al vero, giacchè dalla nota del Centro CS di Cagliari, non si rileva alcuna indicazione che lasciasse supporre che Sinigaglia fosse in realtà un truffatore. In effetti quella nota si limitava a segnalare la singolare presenza del soggetto, che senza alcuna palese giustificazione spendeva molto denaro.

Tra l'altro, in quella nota appare il riferimento ad una utenza telefonica della rete di Milano, che da accertamenti svolti a suo tempo era risultata intestata ad una società farmaceutica. Tale indicazione avrebbe dovuto attirare l'attenzione del S.I.S.MI di Milano, in quanto in uno dei due indirizzi riferiti da Sinigaglia al tenente Zuliani, come sede dei servizi informativi francesi, risulta risiedere tale "Lepeyre dott. Francesco", titolare proprio di una ditta farmaceutica.

Non può però ravvisarsi nella condotta del Parisi il falso ideologico per omissione, così come rileva anche il PM, ma eventualmente solo il favoreggiamento personale, reato per il quale è già operante la causa estintiva della prescrizione. Per tali ragioni deve dichiararsi non doversi promuovere l'azione penale a carico del predetto.

12. Raimondi Salvatore.

Raimondi Salvatore nel 1980 era il comandante della squadra di P.G. presso la Compagnia Carabinieri di Crotone, con il grado di maresciallo. Intervenuto in Castelsilano in occasione della caduta del MiG libico, è stato indiziato di falsa testimonianza e favoreggiamento personale. E' stato escusso da questo GI il 31.03.87, il 27.03.91 e il 06.07.94. Ha dichiarato di aver appreso della notizia della caduta del MiG libico dal capitano Inzolia, che gli aveva telefonato alla propria abitazione, verso le 13.30-14.00, mentre si trovava a pranzo. Raggiunsero il luogo della caduta alle ore 14.30-14.35 con un'Alfetta, guidata dallo stesso capitano.

In proposito bisogna ricordare quanto riferito testualmente dal questo ufficiale: "verso le 15.00 mentre mi trovavo a casa del Dirigente il Commissariato di Crotone dott. Bagnato, sono stato raggiunto da una telefonata del centralinista della Compagnia con la quale mi si avvertiva che nei pressi di Castelsilano era caduto un aereo..." (v. esame Inzolia Vincenzo, GI 18.07.88).

Il Raimondi poi ricordava di aver rinvenuto, sul luogo della caduta, uno zainetto ove sembrava ci fossero dei pacchetti per le medicazioni ed il casco del pilota. Portò all'ufficiale la targhetta dello zainetto ed il casco. Sul casco v'era una scritta in cirillico. Il capitano Inzolia, chiamò un suo collega di Catanzaro che conosceva il russo. Si potè così capire che si trattava del nome e del numero di matricola del pilota. Dopo la consegna di quel casco all'ufficiale non sapeva dire a chi fosse finito. Ricordava però che presso il Comando Gruppo di Crotone non fu portato alcun oggetto o documento rinvenuto sul luogo dell'incidente.

A questo proposito il capitano Inzolia, a specifica richiesta riguardo alla conservazione, repertazione e consegna dei reperti ad una Autorità Giudiziaria, ha così riferito: "Credo che lo lasciai in macchina per poi... e poi... l'avrò consegnato a qualcuno, non mi ricordo insomma, probabilmente al Magistrato, non..."; "E' chiaro, il mio autista restava in macchina, quindi ne era, ne diventava immediatamente responsabile"; "No, guardi adesso a chi materialmente lasciai questo non glielo posso dire...".

Raimondi ha ascoltato alcuni testimoni di cui fece regolari verbali, scritti a mano, che ha consegnato al superiore Reparto di Catanzaro o al Sost. Proc. di Crotone dr. Brancaccio. Ha escusso di sicuro due persone, marito e moglie, che abitavano nella contrada ove era caduto l'aereo, proprio sul pianoro sovrastante.

Sul posto, cioè su questo pianoro trovarono il dr. Scalise, allora medico condotto di Castelsilano e l'avv. Michele Ruggiero, Pretore onorario della Pretura di Savelli competente per territorio. Giù nel burrone erano discesi due militari della Compagnia di Cirò Marina, di cui non ricordava i nomi. Non sapeva dire se ci fossero militari di S. Giovanni in Fiore. Subito dopo di loro, arrivarono i Vigili del Fuoco.

E' ritornato sul luogo in occasione della visita di una delegazione libica, otto-dieci giorni dopo il fatto. Non ricordava di aver accompagnato delegazioni americane. Dagli atti si rileva che in seguito a perquisizione del 26.10.1995 è stato rinvenuto presso di lui, tra l'altro, un biglietto da visita recante la scritta "United States Air Force Office of Special Investigations Mario Bianco John W. Slaughter Special Agent Office 423926-423471 Home Base Usaf San Vito".

Ricordava che il cadavere giaceva bocconi e di non averlo mosso. Il capo, per quello che si poteva osservare, appariva integro nella parte occipitale. Ricordava bene che a partire dalla testa v'era un rigagnolo di sangue i bordi lati esterni si erano coagulati mentre "al centro appariva fresco", cioè sembrava ancora liquido. Il cadavere vestiva una tuta da aviatore e calzava stivaletti alla caviglia. L'aereo come insegna aveva una foglia di edera verde su un'ala.

Questo comportamento in sede testimoniale, in contrasto con una serie di circostanze incontroverse e con dichiarazioni dell'Inzolia, oltre che contraddittorio in sè, ha determinato la sua indiziazione per le ipotesi di reato premesse cioè la falsa testimonianza ed il favoreggiamento personale.

La perquisizione eseguita nei confronti del sottufficiale il 26.10.95, ha portato all'acquisizione di due agende e come già precedentemente annotato del cartoncino sopra specificato.

Infine occorre rammentare che il maresciallo Raimondi, quale collaboratore del capitano Inzolia ha preso parte l'11.07.80 al volo, da e per Crotone, effettuato con elicottero dell'Elinucleo Carabinieri di Vibo Valentia, ma nulla ha riferito su tale missione.

Considerato, però, che nessun elemento concreto emerge dagli atti che possa provare la falsità delle sue dichiarazioni o che egli abbia inteso favorire altri, si deve dichiarare non doversi promuovere alcuna azione penale nei suoi confronti.

13. Santoliquido Claudio.

Santoliquido Claudio all'epoca dei fatti era in servizio con il grado di tenente presso l'8° Elinucleo Carabinieri di Vibo Valentia.

Nell'ambito di questo procedimento è indiziato dei reati di falsa testimonianza (art.372 c.p.) e favoreggiamento personale (art.378 c.p.) per le dichiarazioni rese dinnanzi a questo GI nel corso dell'esame testimoniale del 12 novembre 93, riguardo ai tempi ed alle modalità della sua attività per il recupero del velivolo MiG23 libico in località Castelsilano ed inoltre per la presunta "clandestinità" di tale attività di recupero.

Il tenente Santoliquido, nel 1980 era in servizio presso il Reparto Elicotteristico dell'Arma di Vibo Valentia, con l'incarico di Vice Comandante, ma nel mese di luglio di quell'anno rivestiva la carica di Comandante interinale dell'Elinucleo per l'assenza del Comandante titolare.

Prima di considerare le specifiche evidenze e le conseguenti valutazioni si reputano opportune alcune osservazioni sul ruolo dell'ufficiale pilota in sede di esame generale della vicenda del MiG libico e prima ancora un breve inquadramento di quell'importante Reparto di volo dell'Arma cui era addetto nell'80 il Santoliquido. L'Elinucleo di Vibo Valentia nell'80 disponeva di una notevole consistenza organica e di una buona struttura logistica, ma soprattutto era dotato di mezzi che non possedevano gli altri reparti di volo della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza dislocati in Calabria. Tale configurazione è stata spiegata dallo stesso Santoliquido che sulla specialità dell'Elinucleo riferisce che il suo "impiego primario in Calabria era finalizzato ai sequestri di persona", cioè al trasporto delle squadriglie impegnate nel contrasto ai sequestri, ed inoltre nel Cosentino e nel Crotonese per gravi fatti di sangue, non insoliti in quelle zone. Pur aggiungendo che le missioni nel Crotonese e nella Calabria superiore erano piuttosto saltuarie (v. interrogatorio Santoliquido Claudio, GI 05.07.96).

Appare così quale fosse la motivazione d'impiego dell'Elinucleo in Calabria per le operazioni relative al rinvenimento e recupero del MiG libico nella Sila: una accentuata vocazione operativa del Reparto specialistico, l'esperienza consolidata del personale in occasioni di servizio difficili e rischiosi, l'affidabilità delle macchine e quindi la peculiarità di quegli elicotteri di cui era dotato il Reparto, unico nell'area dell'incidente ad avvalersi di mezzi idonei sia al trasporto, sia al trasferimento di numerose persone. Infatti oltre agli elicotteri AB 206, leggeri e da ricognizione, esso disponeva di AB 205 che potevano trasportare fino a 13 persone, equipaggio compreso. (v. interrogatorio Santoliquido Claudio, GI 05.07.96).

A proposito dell'attività dell'Elinucleo va fin d'ora anticipato che fu proprio il Reparto di Vibo a portare in volo, in data 11.07.80 da Crotone, quel capitano Inzolia che la notte stessa dell'incidente si era inspiegabilmente interessato alla situazione del DC9 Itavia. Ma va anche detto che proprio Santoliquido smentisce Inzolia, lì ove questi sosteneva che nelle operazioni aeroterrestri rientrassero anche le ricerche di ricettatori di autovetture. Dalla verbalizzazione emerge che un elicottero si alza in volo o se sta già in volo può essere indirizzato per ricerche di autoveicoli, quando si tratta di vetture di rilevante valore e solo nell'immediatezza di rapine o di furti. (v. interrogatorio Santoliquido Claudio, GI 05.07.96)

Il ruolo dell'allora tenente Santoliquido nelle attività di recupero del MiG23 emerge in dettaglio dalle dichiarazioni rese da un pilota dell'Alitalia, il Comandante Zanchetta Francesco, e dalla consorte Orsini Alberta che, come già s'è detto, hanno coinvolto l'ufficiale dell'Arma in una sorta di intervento anticipato sul MiG che nella versione ufficiale dei fatti è spostato al 18.07.80.

Ancor prima della deposizione di Zanchetta la partecipazione di Santoliquido al recupero del relitto del velivolo libico aveva interessato l'inchiesta sotto il profilo dell'apporto tecnico-operativo fornito dall'ufficiale pilota che il 20.07.80 era stato capace di imbracare e spostare una parte consistente dei rottami del MiG libico, calandosi con il potente elicottero AB205 nel ripido vallone di Timpa delle Megere in agro di Castelsilano. Santoliquido aveva già svolto un'attività volativa a Castelsilano in data 19.07.80 e nell'occasione aveva sorvolato il luogo di caduta trasportando a bordo dell'elicottero dell'Arma personale dell'Aeronautica Militare, tra cui il generale Tascio, e due cittadini stranieri, Hefti e Boris Zolatoriof.

L'indiziato, benché all'epoca dei fatti, fosse il Comandante interinale del Reparto Elicotteristico, sentito da questo GI non ha rilasciato informazioni rilevanti o di particolare utilità per l'attività istruttoria. Anche di fronte a circostanze che risultano agli atti, come i nominativi del personale straniero trascritti sul libro dei voli dell'8° Elinucleo, ha risposto di "non aver mai sentito il nome Hefti, nè quello di Boris Zolatoriof" (v. esame Santoliquido Claudio, GI 12.11.93).

Dal libro dei voli dell'Elinucleo risulta che anche in data 22.07.80 il pilota Santoliquido, a bordo dell'elicottero AB205, ha trasportato un folto numero di passeggeri; tra questi spicca di nuovo il nominativo del generale Tascio che nell'occasione viene accompagnato da due suoi collaboratori di fiducia, il colonnello Bomprezzi ed il tenente colonnello Argiolas. In questa missione emerge per la prima volta il nominativo dell'ufficiale americano maggiore Walter Warren.

Deve pertanto essere rilevata la superficialità delle dichiarazioni rese dall'ufficiale - con particolare riferimento all'esame testimoniale reso il 12.11.93 - che, necessariamente a conoscenza di fatti di rilievo quantomeno sui dettagli del recupero del MiG libico (soprattutto in considerazione della sua attivazione per quelle particolari operazioni) si è limitato a fornire generiche e limitate dichiarazioni, minimizzando su informazioni importanti come l'attività svolta da quel gruppo di ufficiali salito a bordo del velivolo di cui era pilota.

Si deve anche osservare che nella prima deposizione il Santoliquido, pur essendo come s'è visto Comandante interinale nel periodo d'interesse, non ha ricordato alcunchè della missione volativa svolta da un elicottero del Reparto il giorno 18 proprio sul luogo di caduta del MiG. Quell'elicottero, un AB206 pilotato dall'anziano ed esperto maresciallo Motta, si era recato in ricognizione sul vallone appena giunta la notizia dell'incidente e da quanto rilevato in atti aveva fatto rientro a Vibo soltanto il giorno successivo, interrompendo la missione nel pomeriggio del 18 per avverse condizioni meteo. A proposito di questa missione, risulta più eloquente la testimonianza del sottufficiale che quantomeno chiarisce le motivazioni e le modalità dell'intervento e cioè il soccorso di un velivolo che aveva avuto un incidente nella zona del Crotonese, in base ad una segnalazione della sala operativa dell'Elinucleo di Vibo. Il sottufficiale arrivato sul posto si era tenuto in contatto radio con il Comandante della Compagnia di Crotone, il capitano Inzolia cioè. Poi erano stati costretti ad atterrare a Sellia Marina per avverse condizioni meteorologiche. (v. esame Motta Sebastiano, PG 11.06.97)

Una conferma di questa missione del 18 proviene da una nota dello SMA, 3° Reparto del 19.07.80, che riepiloga gli avvenimenti del 18 luglio. Occorre però notare che mentre il Motta ha riferito che erano stati effettuati soltanto sorvoli dell'area dell'incidente, dalla nota dello SMA risulta invece una vera e propria ispezione sul luogo con la rilevazione di circostanze di dettaglio - le scritte sul casco del pilota, le condizioni del paracadute, il rinvenimento di una valigetta recante scritta in arabo - sicuramente non rilevabili dall'alto ma individuabili solo con ispezione a terra.

In questa inescusabile lacuna testimoniale, che denota un atteggiamento quantomeno riduttivo, il sottufficiale si allinea con il comportamento elusivo del suo Comandante pro-tempore tenente Santoliquido.

Altra rilevante lacuna sull'attività effettivamente svolta dal Reparto di volo e dall'ufficiale pilota nei giorni precedenti il 18 luglio deve essere individuata nella missione effettuata proprio il 17 luglio da Santoliquido e due sottufficiali, con elicottero da ricognizione AB206 da Vibo nel Crotonese (una ricognizione, genericamente individuata con la registrazione al libro dei voli "aerocooperazione terrestre", della durata di ore 2 e 55'). La testimonianza del maresciallo Bello al riguardo è estremamente generica "non sono in grado di fornire alcuna precisazione sull'attività volativa del 17.07.80. Neanche rivedendo le registrazioni effettuate sul libro dei voli mi riaffiorano ricordi. In merito alla fotocopia della "strip" del 17.07.80 si potrebbe ipotizzare, relativamente alle città menzionate, un eventuale contatto al fine di salutare dei colleghi". (v. esame Bello, PG 11.06.97).

Questo quindi il ruolo dell'ufficiale dell'Arma nel recupero del MiG23 e la relativa attività volativa dell'Elinucleo di Vibo nel luglio '80, che occorreva precisare prima di esaminare le dichiarazioni di Zanchetta. L'indiziato a luglio 80 si trova a dirigere il Reparto di volo - questo Elinucleo che, come si è visto, è attivo nell'area silana e crotonese proprio nei giorni precedenti la data convenzionale del 18 di luglio - e partecipa alla fase iniziale delle operazioni di recupero del MiG, entra in contatto con la missione italo libica, conosce sul posto il generale Tascio e soprattutto profonde ogni sforzo per collaborare allo spostamento del relitto del velivolo; ma a richiesta di questo Ufficio non è in grado di fornire le informazioni essenziali sulla effettiva attività di volo svolta prima del 18 ed il 18 stesso con la ricognizione svolta dal velivolo AB 205 pilotato dal Motta; come non è di alcuna utilità quando riferisce sulle condizioni e caratteristiche del relitto e sulle persone trasportate nelle sue missioni di volo per il MiG libico.

L'atteggiamento dell'ufficiale pilota dopo la versione dei coniugi Zanchetta, come si vedrà meglio a breve, assume caratteri di maggiore chiusura, considerato che con quelle testimonianze il ruolo di Santoliquido si colloca nell'ambito della presumibile scoperta della caduta del MiG in periodo di tempo antecedente il 18 luglio, e della conseguente "clandestinità" del recupero di quel velivolo.

La testimonianza dei coniugi Zanchetta, che costituisce il carico indiziario prevalente nei confronti del Santoliquido, emerge in modo incidentale nell'inchiesta. La situazione riferita spontaneamente dagli Zanchetta e la conseguente istruttoria devono essere specificamente descritte.

A proposito della casualità dell'apporto di Francesco Zanchetta e della moglie professoressa Alberta Orsini si nota che ufficiali di PG della Guardia di Finanza addetti all'istruzione del presente procedimento, durante un diverso servizio presso l'Alitalia, nel gennaio 96 incontrano il detto Zanchetta, comandante pilota e responsabile del Servizio addestramento della compagnia di bandiera. In quella circostanza Zanchetta d'iniziativa riferisce fatti appresi sulla caduta del MiG libico. La versione del Comandante Alitalia permette di retrodatare l'incidente di alcuni giorni fino a presumerne la coincidenza con la caduta del DC9 Itavia.

Vale per la ricostruzione del fatto il relativo rapporto della Guardia di Finanza i cui elementi di rilievo, precisamente indicati, sono i seguenti: "a. Egli - cioè lo Zanchetta - insieme alla moglie, aveva trascorso un periodo di vacanza sulla costa calabra in una località vicina a Lametia Terme nel periodo compreso tra la fine di giugno e la prima decade di luglio dell'anno 1980, unitamente ad un amico pilota ufficiale dei Carabinieri, all'epoca in servizio presso il locale Reparto Elicotteristi dell'Arma con il grado di tenente o di capitano, tale Claudio Santoliquido che all'epoca delle dichiarazioni avrebbe prestato servizio in Bari o località prossima.

b. Il rapporto di ottima amicizia che intercorreva nel periodo indicato tra Zanchetta e Santoliquido e che permaneva anche al tempo delle dichiarazioni pur nella sporadicità dei contatti, risaliva alle frequentazioni di lavoro da parte del comandante Zanchetta all'aeroporto di Lametia Terme ed ai contatti in quegli ambienti aeroportuali di volo.

c. Durante la vacanza citata, in una serata di poco successiva all'arrivo, mentre erano a cena sul mare e nel corso di una confidenziale e disinvolta conversazione sulle rispettive esperienze di lavoro, il Santoliquido gli aveva raccontato quanto segue:

- di aver partecipato, alcuni giorni prima, ad un'operazione di spostamento di un aereo militare caduto in un vallone della Sila;

- di essere riuscito con il proprio elicottero ad imbracare e spostare il relitto dell'aereo, dopo vari tentativi andati a vuoto da parte di altri mezzi aerei.

d. Zanchetta non aveva più parlato di questo racconto con l'amico Santoliquido nè da Santoliquido aveva mai avuto alcun ulteriore riferimento.

e. Sempre Zanchetta negli anni passati aveva parlato di questo episodio ad alcuni conoscenti dell'Aeronautica Militare, di livello gerarchico non elevato, ma da parte di queste persone non aveva avuto cenno di interesse.

Zanchetta aggiunge altre circostanze di cui ha una memoria meno definita e certa di quanto esposto sopra:

- il relitto dell'aereo militare era stato caricato e trasferito su automezzo NATO;

- il Santoliquido si era meravigliato del rinvenimento di un aereo militare con i serbatoi (supplementari) pieni di carburante".

A seguito delle dichiarazioni era seguita, nella medesima serata del 25.01.96 una sintetica conversazione telefonica, in cui lo Zanchetta, richiesto dalla PG, aveva aggiunto: "egli e la moglie, il 28 o il 29 giugno 80, erano partiti in volo da Ciampino per Lamezia Terme, ove erano stati accolti da Santoliquido e da lì avevano proseguito in macchina con lo stesso Santoliquido; avevano fatto rientro a Roma tra il 10 ed il 12 luglio 80; che egli aveva personalmente riscontrato nei propri ruoli di stipendio del 80 un periodo di turni liberi dal servizio, per ferie o riposo, dal 26 giugno al 15 luglio 80; che quindi il periodo effettivo di permanenza in Calabria era stato di 10-12 giorni."

Zanchetta, sentito poi da questo G.I., conferma nella sostanza le sue dichiarazioni, ma attenua il suo ricordo, o meglio "sfuma" su alcuni passaggi che avrebbero potuto condurre all'esatta identificazione della fonte delle notizie sul MiG e alla datazione dell'evento.(v. esame Zanchetta Francesco, GI 27.01.96). Conferma anche il periodo delle vacanze con la famiglia tra la fine di giugno e la prima metà di luglio in Calabria e dichiara, documentandolo, che quell'estate fu libero dal servizio dal 27 giugno al 14 luglio; la partenza era avvenuta uno o due giorni dopo l'inizio delle ferie ed il rientro due o tre giorni prima del termine, il 15 di luglio.

Avevano fatto il viaggio Roma-Lamezia con l'Itavia e a bordo si era parlato del DC9 caduto uno o due giorni prima. Erano stati accompagnati dall'aeroporto alla spiaggia della vacanza da uno dei suoi "conoscenti" in Calabria.

E sui conoscenti Zanchetta si riferisce genericamente ad ambienti della Guardia di Finanza, dell'Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato. A questa prima seguono ulteriori modificazioni rispetto alla versione data alla PG: "nel periodo di vacanza iniziato in quel modo qualcuno potrebbe avermi parlato di un MiG caduto in Calabria in un vallone...". L'uso del condizionale attenua immediatamente la certezza. E proseguendo: "...ma non escludo che questo racconto potrebbe essermi stato fatto in un periodo successivo". (v. esame Zanchetta Francesco, GI 27.01.96) Anche se è evidente che un racconto di tal genere in Calabria e in un periodo diverso da quella vacanza si porrebbe di certo a lunga distanza anche dalla caduta "ufficiale" di quel velivolo, e in questo caso non ve ne sarebbe stata ragione, perché quell'evento già sarebbe stato reso noto da ogni mezzo di comunicazione.

In effetti queste considerazioni sono superate nel corso della deposizione allorché Zanchetta precisa che quella conversazione si era svolta pochissimo tempo dopo il disastro del DC9 Itavia ed in terra calabra: "Ricordo che dal momento che l'argomento del giorno era il DC9 Itavia caduto..." e poi di seguito "...qualcuno mi abbia detto che lì in Calabria, in un vallone, era caduto un MiG". Aggiunge poi: "La stessa persona che mi diceva questo, aggiungeva di aver partecipato personalmente alle operazioni di recupero, e per avvalorare il discorso specificava anche che "per ragioni di sicurezza - qui Zanchetta riferiva in prima persona le parole pronunciate dalla sua fonte - dopo aver visionato il relitto, onde procedere ad operazioni più sicure di recupero, ho chiesto ed ottenuto lo sgancio dei serbatoi supplementari, che contenevano ancora carburante". (v. esame Zanchetta Francesco, GI 27.01.96)

Sia i tempi che alcuni importantissimi dettagli sul contenuto della conversazione sono espressi dal Comandante Alitalia con lucida nitidezza: "Ricordo che ancora non vi erano vere e proprie ipotesi sui motivi dell'incidente del DC9 Itavia". Si noti in particolare quella frase detta dall'interlocutore e ben ricordata dallo Zanchetta che è massimamente eloquente: "I motivi per cui cadono gli aeroplani sono talmente tanti e sono così tanti gli aerei che cadono, che qui per esempio è caduto un MiG." (v. esame Zanchetta Francesco, GI 27.01.96)

Il ricordo di Zanchetta - cioè la memoria di quel racconto rimasta ben impressa nel teste, come da lui stesso dichiarato: "il ricordo del racconto è preciso" (v. esame Zanchetta, G.I. 27.01.96) - comprende anche particolari delle modalità di recupero. E va tenuto presente che il recupero ufficiale del MiG23 si è svolto tempo dopo la partenza degli Zanchetta dalla Calabria, mentre il recupero di parti d'interesse dell'aereo appare essere avvenuto subito dopo la caduta e con ogni probabilità anche il recupero dei serbatoi supplementari, se effettivamente rinvenuti, deve essersi svolto prima della data ufficiale, considerato che nessuno dei soccorritori ufficiali ha visto quei serbatoi. Quanto ai luoghi delle conversazioni Zanchetta rende alcune informazioni che pur nella loro genericità sono sufficientemente indicative "presumibilmente è avvenuta ... in una località di mare prossima a Tropea ... dove si trovava un albergo-campeggio costituito da bungalows e sistemazioni per roulottes e tende ...".

Prima di passare alla versione della moglie di Zanchetta, un ultimo periodo delle dichiarazioni di costui, che si ritiene opportuno sottolineare a proposito della situazione da cui trae origine la descrizione dei detti coniugi: "Io ricordavo sino a ieri che la fonte di questa confidenza potesse essere il capitano Santoliquido, anzi devo precisare che nei giorni scorsi il Centro Addestramento Alitalia ha subìto un'ispezione da parte della G.di F; essendo io presente, il maresciallo Loi che procedeva al controllo degli atti, ha notato nella stanza della segreteria una fotografia che riproduceva le frecce tricolori. Ho notato che era interessato a tale fotografia e alla mia esclamazione 'purtroppo qualcuno di loro non c'è più, egli ha detto 'purtroppo lo so, soprattutto coloro che erano coinvolti nel fatto di Ustica'. In un momento successivo, mentre ci trovavamo dentro il mio ufficio, ho iniziato a fare delle ipotesi sul detto evento. Ho detto che avevo una mia ipotesi personale secondo la quale l'aeromobile trasportava bombole da sub, che potevano essere trasportate cariche invece che scariche e che l'esplosione di queste bombole avrebbe potuto determinare la caduta del DC9 Itavia. Parlando dell'evento Ustica io ad un certo punto ho detto, visto che il sottufficiale mi aveva riferito che si era interessato all'inchiesta, che sarebbe stato interessante sviluppare le modalità di recupero del MiG caduto in Calabria. Il maresciallo mi ha chiesto chi mi avesse parlato del MiG, io ho riferito che dovrebbe essere successo durante una vacanza e quindi con la persona con la quale avevo trascorso la vacanza stessa, cioè l'allora tenente o capitano dei CC., Claudio Santoliquido." ( v. esame Zanchetta Francesco, GI 27.01.96)

Per quando riguarda la testimonianza della Orsini, il suo ricordo è nitido con una sola incertezza, sull'anno in cui ella e la sua famiglia trascorsero la vacanza in Calabria, se nell'80 o nell'81. Anche se occorre precisare che tale incertezza è superata dalle indagini che hanno accertato - prima con indagini bancarie e dopo con un attento esame documentale dell'esercizio turistico individuato - che gli Zanchetta erano stati ospitati dal villaggio "Il Paradiso del Sub" a Marina di Zambrone dal 29 giugno al 13 luglio del 1980. Comunque la Orsini ricorda che in quegli anni andavano sempre in vacanza tra la fine di giugno e la prima decade di luglio. Erano giunti in Calabria con un volo Itavia pochi giorni dopo l'incidente di Ustica.

L'ufficiale dei Carabinieri, all'epoca tenente o capitano di complemento, che aveva organizzato la vacanza, aveva mandato all'aeroporto una vettura con probabilità dei Carabinieri, pur non ricordando se l'autista fosse in divisa o in borghese. Infine la moglie di Znchetta rammenta una serie di altri particolari sul Santoliquido e sulla decisione di quelle vacanze, che sostanzialmente confermano i punti essenziali della ricostruzione delle vacanze calabresi dell'anno 80. Anche se poi si sovviene che avevano incontrato il Santoliquido anche a Roma, quando questi per ragioni di servizio raggiungeva l'aeroporto di Pratica di Mare ed era loro ospite a cena nell'abitazione di Casal Palocco (v. esame Orsini Alberta, GI 22.02.96).

Interrogato, successivamente alla deposizione degli Zanchetta, come indiziato, Santoliquido ha confermato quelle generiche dichiarazioni già rese nel novembre 93 sulla sua attività per il MiG a partire dal 18 luglio 80, mentre non ha ricordato se quelle vacanze con gli Zanchetta fossero state proprio nell'80. Quindi sulle sue vacanze degli anni 79, 80 e 81 non apporta lumi, nè sulle date della vacanza in cui aveva incontrato la famiglia Zanchetta. Ricorda solo che in un'estate - ma è capitato una sola volta - avevano frequentato lo stesso villaggio, gli Zanchetta in bungalow e la sua famiglia in tenda. Gli Zanchetta avevano raggiunto la Calabria con il volo Roma-Lamezia ed egli era andato a prenderli all'aeroporto con la sua macchina, per accompagnarli al villaggio turistico. A contestazione che in quell'anno, cioè nell'80, egli era stato in licenza tra il 26 giugno e il 13 di luglio, egli dichiara che se così risulta dal foglio matricolare così deve essere stato. Contestategli poi le dichiarazioni della Orsini, ammette di ricordare che gli Zanchetta arrivarono con l'aeroplano e di averli accompagnati, non ricorda però se è andato a prenderli o se li ha fatti accompagnare. Così come non ricorda la telefonata con la quale egli ironizzava sul fatto che avessero preso un volo Itavia subito dopo l'incidente di Ustica.

L'indiziato di fronte alla contestazione di quelle dichiarazioni di Zanchetta e della Orsini che lo individuavano con certezza come l'interlocutore del Comandante Alitalia quell'estate dell'80 in Calabria, - dichiara che può aver parlato del MiG con tantissime persone, ma ad operazione effettuata, dopo cioè le date che risultano dai documenti, e comunque afferma che se ne ha parlato con Zanchetta è stato soltanto dopo il 18 luglio. A proposito delle altre circostanze e ricordi della vacanza 80 da parte degli Zanchetta, il Santoliquido risponde asserendo che nel ricordo dei testi con ogni probabilità è avvenuta una trasposizione temporale.

Alla contestazione delle precise affermazioni della Orsini che ha dichiarato di aver saputo, da qualcuno appartenente all'Arma, e quindi con probabilità dallo stesso Santoliquido, che vi erano state operazioni di sopralluogo compiute dai Carabinieri prima del rinvenimento ufficiale (v. esame Orsini Alberta, GI 22.02.96), l'indiziato rispondeva di non aver potuto raccontare un fatto del genere, perché esso non era mai avvenuto e di non vedere per quale motivo avrebbe dovuto "fare da solo o con qualcuno una cosa del genere, che è così segreta, e poi raccontarlo ad un amico a cena". Infine ribadisce di non ricordare assolutamente i "taniconi" di cui riferisce Zanchetta (v. interrogatorio Santoliquido Claudio, GI 05.07.96).

L'indiziato, in conclusione, non riesce a contrapporre alle dichiarazioni degli Zanchetta - connotate da sufficiente puntualità e precisione soprattutto considerato il notevole lasso di tempo trascorso tra la testimonianza relativamente recente e da quella vacanza in Calabria - altrettanto convincenti e nitide argomentazioni.

D'altra parte la retrodatazione della caduta del MiG23 e dei conseguenti eventi trova rispondenza in quegli altri indizi e prove di cui s'è detto in parte generale. Deve però dirsi che, nonostante l'inattendibilità della versione del Santoliquido, non si raggiunge a suo carico una sufficienza probatoria per esercitare l'azione penale ed imporne il rinvio a giudizio. Deve di conseguenza dichiararsi non doversi promuovere l'azione penale.

14. Santucci Giorgio.

Il generale Santucci Giorgio, all'epoca dei fatti Addetto aeronautico presso l'Ambasciata italiana a Washington, è stato indiziato dei delitti di calunnia in danno del defunto generale Rana Saverio e di falsa testimonianza per aver dichiarato dinanzi alla Commissione Stragi, nella seduta del 20 luglio 89, che lo stesso Rana, all'epoca responsabile del RAI, nell'estate del 1980 avrebbe portato con sè a Washington un nastro radar concernente il disastro di Ustica per farlo esaminare dalla Federal Aviation Agency; e che da tale esame non sarebbe emerso alcunchè di rilevante. Con ciò accusando il Rana di fatti astrattamente qualificabili come abuso in atti di ufficio, giacchè il Rana non aveva alcun titolo per compiere un'operazione del genere, anche in ipotesi che non si trattasse degli originali, ma soltanto di una delle copie effettuate nell'immediatezza dei fatti. A sostegno di tali circostanze aggiungeva che il Rana era stato suo ospite negli Stati Uniti; ma di non esser certo che lo fosse stato anche il suo accompagnatore dott. Fiorini.

Tali dichiarazioni venivano rese dal Santucci anche alla Commissione Pisano in data 20.04.89; in questa occasione precisava di essere assolutamente certo di quanto affermato dai tecnici della FAA - cioè di non aver visto nulla sul nastro, neanche la traccia del DC9 - perché in quella occasione si era adoperato quale interprete, in quanto il Rana e il suo collaboratore avevano poca familiarità con la lingua inglese.

Alla Commissione Stragi, come detto in data 20.07.89, il Santucci specificava che l'episodio di cui sopra era accaduto per le scale o sul portone della FAA, ricordando che il funzionario di quell'Agenzia aveva riferito quanto segue: "Siamo spiacenti di non potervi aiutare, perché in questo nastro - la parola usata fu Tape - non si vede assolutamente nulla".

Indubbiamente notevoli sono gli elementi di perplessità emergenti dalle dichiarazioni del Santucci, smentite nettamente dagli stretti parenti del generale (già defunto al momento delle dichiarazioni rese dal Santucci) e dalla documentazione esibita, come non riscontrate negli atti ufficiali del RAI.

Infatti sia la moglie che le figlie hanno dichiarato che il congiunto nel 1980 aveva compiuto solo due viaggi negli USA; il primo in ottobre a Washington, il secondo in dicembre, ma forse solo a New York; quindi non in estate, come dichiarato dal Santucci. Inoltre la moglie riferiva che il marito non le aveva mai detto di aver pernottato nell'abitazione del generale Santucci.

Anche sulle copie del passaporto consegnate dalla vedova del Rana e sulla documentazione acquisita presso gli uffici del RAI relative alle missioni all'estero del predetto, è risultato che lo stesso aveva compiuto nell'80 soltanto due viaggi negli Stati Uniti, il primo dal 03.10.80 al 12.10.80, il secondo dal 06.12.80 al 16.12.80. Dovrebbe perciò discendere che il Rana non sia stato in USA nel periodo indicato dal Santucci.

Anche l'accompagnatore del Rana, l'ingegnere Fiorini Vittorio, funzionario del RAI, ha dichiarato di aver compiuto negli USA un viaggio con il Presidente nell'autunno dell'80 presso la Federal Aviation Agency a Washington; che il Rana non gli disse mai di aver portato con sé i nastri di Ciampino; di aver incontrato solo il primo giorno della visita nella sede dell'ambasciata italiana il generale Santucci, amico di Rana e suo conoscente.

Il collaboratore del generale Santucci, generale Sala Sergio nell'80 Addetto aeronautico aggiunto, ha dichiarato invece, in contrapposizione di quanto riferito dai familiari ed emerso dalla documentazione, di aver lasciato gli Stati Uniti una decina di giorni dopo il 31 agosto 80 (data di fine incarico) per il periodo di sovrapposizione con il successore colonnello Caminiti Roberto. E prima di lasciare Washington ricordava di aver visto il Rana che conosceva da tempo, in visita al generale Santucci nella sede dell'ufficio, e di essersi recato a salutarlo.

Ulteriori elementi di perplessità emergono, come rilevato dal PM, inoltre dal particolare contesto in cui maturano le dichiarazioni del Santucci, che in realtà riprendono il contenuto di una dichiarazione da lui spontaneamente resa alla Commissione Pisano, su un argomento che travalicava i confini del mandato conferito alla Commissione stessa dal ministro Zanone, ma che era in qualche modo coerente al clima di "reazione" alle conclusioni della perizia Blasi in cui la Commissione Pisano operò; non va dimenticato, a riguardo, che la perizia aveva individuato in un missile la causa della caduta del DC9 e che secondo le dichiarazioni del ministro Formica il Rana gli avrebbe confidato subito dopo il tragico evento che la causa dell'abbattimento del DC9 era appunto un missile.

In realtà con particolare riguardo alle prime attività svolte dalla Commissione Luzzatti, emerge chiaramente dagli atti che il RAI aveva già appreso dai primi di luglio dell'80 tramite contatti con la Commissione Luzzatti medesima, delle ipotesi che si formulavano sulla base dell'interpretazione dei dati radar di Ciampino; particolarmente significativo, a riguardo, l'appunto rinvenuto agli atti della Commissione Luzzatti, manoscritto, del 3 luglio 80, ove si legge "telefonato Ing. Fiorini/RAI - comunicati risultati Radar".

Non si comprende pertanto quale bisogno avesse avuto il Rana di portare dei nastri negli USA, avendo già appreso da un contatto con esperti americani, avvenuto tramite la Commissione Luzzatti, elementi significativi in ordine alla vicenda.

Le dichiarazioni del Santucci pertanto non corrispondono al vero. Deve tuttavia essere rilevato che la condotta ascrivibile al Santucci più che come calunnia appare qualificabile, dal momento che i suoi rilievi nei confronti del Rana attengono più alla correttezza professionale che alla commissione di specifici fatti-reato, come falsa testimonianza perpetrata dinanzi la Commissione Stragi. E dal momento che il reato è stato commesso nel luglio dell'89, allorchè vigeva il regime sanzionatorio dell'art.372 c.p. precedente la normativa dell'8 giugno 92 n.306, esso è caduto in prescrizione.

Non deve pertanto promuoversi l'azione penale nei confronti del Santucci Giorgio.

A difesa Santucci, con memoria 27 gennaio 99, ha chiesto il mutamento della formula di non doversi procedere a suo carico da estinzione del reato per intervenuta prescrizione a proscioglimento perché il fatto non sussiste. A discolpa i seguenti elementi: a) egli era andato spontaneamente dinanzi alla Commissione Stragi per senso del dovere ed aveva riferito circostanze a sua conoscenza di fatto realmente avvenute; b) ricorda che il generale Rana fu ospite nella sua residenza di Washington ed incontrò suoi collaboratori ed altre persone; in tale senso anche la deposizione del generale Sala Sergio, vice Addetto militare italiano a Washington, che aveva confermato il viaggio del presidente del RAI negli USA ed aveva affermato di averlo incontrato personalmente prima dell'11.09.80; c) considera del tutto plausibile e normale che i familiari non sapessero del viaggio negli Stati Uniti del Presidente del RAI, e quand'anche l'avessero saputo avrebbero cercato comunque di tutelarne la memoria, erroneamente convinti che potesse essere incolpato di abuso d'ufficio per aver portato quei nastri radar con sé; d) ritiene che Rana avrebbe potuto raggiungere gli Stati Uniti provenendo da Paesi per i quali non era richiesto dagli USA il visto d'ingresso (ad esempio dal Canada).

Di contro questo Ufficio ha rilevato, riguardo alla considerazione di cui alla precedente lett. b), che Santucci ha ricordato di aver ospitato negli Stati Uniti soltanto il generale Rana, ma non il suo accompagnatore ing. Fiorini Vittorio funzionario del RAI che invece ha dichiarato di aver compiuto un viaggio soltanto nell'autunno dell'80 in USA presso la FAA; Fiorini asserisce che il Rana non gli disse mai di aver portato con sé i nastri di Ciampino ed in quella occasione ricorda di aver incontrato il Santucci - amico di Rana e suo conoscente - solo il primo giorno della missione presso l'Ambasciata italiana (v. esame Fiorini Vittorio, GI 22.06.91).

In relazione alle osservazioni di cui alla prec. lett. c) occorre rilevare che le dichiarazioni del Santucci sono state nettamente smentite dai parenti del generale Rana e dalla documentazione esibita dagli stessi, nonché dal carteggio acquisito presso gli uffici del RAI.

Il passaporto del generale Rana - con riferimento a quanto osservato nella memoria difensiva, sintesi prec. lett. d) - non reca alcuna registrazione d'ingresso negli Stati Uniti per il periodo estivo dell'80 e non è sostenibile che, anche se il generale fosse transitato da altro Paese del continente americano (Canada compreso), non vi sarebbe stata apposizione di un visto all'ingresso; infatti per alcuni Paesi (ma non dall'Italia) all'epoca vi erano deroghe al regime del visto preventivo, ma non certo al controllo ed alla conseguente vidimazione del passaporto in frontiera, all'atto del passaggio in USA.

Non ultimo vale il rilievo, in contrapposizione con quanto osservato nella memoria difensiva, che il generale Rana era già a conoscenza ai primi di luglio dell'80 di elementi significativi anche in campo radaristico; a tal proposito è di aiuto un appunto manoscritto del 3 luglio 80 sopra menzionati. Tale circostanza rende difficile immaginare una concreta motivazione dell'eventuale trasferimento dei nastri ipoteticamente operato dal generale Rana.

La formula di chiusura in favore del Santucci supera comunque le richieste a sua difesa.

15. Tramacere Luigi.

Tramacere Luigi all'epoca dei fatti era in servizio nell'Aeronautica Militare e con il grado di tenente colonnello dirigeva il 3° nucleo SIOS della Regione Aerea meridionale, con sede a Bari Palese.

Nell'ambito del processo penale in corso è indiziato dei reati di falsa testimonianza (art.372 c.p.) e favoreggiamento personale (art.378 c.p.) in relazione alle dichiarazioni rese a questo GI sul suo ruolo nella circostanza del rinvenimento del MiG23 libico e sulla sua presenza nella Sila, a Montescuro, nei giorni immediatamente successivi la caduta del DC9 Itavia ed in altri precedenti la data del 18 luglio 80. (v. esami Tramacere Luigi, GI 21.12.90 e 22.06.92 ed interrogatori GI 10.06.96 e 12.07.96)

Il tenente colonnello Tramacere che ha comandato il Nucleo SIOS di Bari per un decennio, dal luglio 76 al novembre 86 (v. interrogatorio Tramacere Luigi, GI 10.06.96) esprime affermazioni e ricordi poco chiari e confusi sul ruolo svolto nella vicenda del velivolo libico; soprattutto nella prima deposizione, fa notevole confusione in ordine ai suoi movimenti il 18 luglio 80 e giorni seguenti (v. esame Tramacere Luigi, GI 21.12.90) e viene smentito, in sede di confronto, dai suoi collaboratori marescialli Linguanti, De Giosa e De Palma con particolare riguardo al luogo da cui egli avvistò il MiG libico ed ai contatti telefonici da lui avuti dalla sede di Bari con il Linguanti ed il De Giosa, che aveva mandato in avanscoperta per restare a disposizione del generale Tascio in Castelsilano.

E' inoltre poco chiaro se il Tramacere sia stato effettivamente presente a Montescuro nei giorni immediatamente successivi la caduta del DC9 ed ivi abbia ricevuto i suoi collaboratori, De Giosa ed il tenente Di Comite (all'epoca Vice-Comandante del Nucleo ed attuale dirigente la stessa articolazione SIOS di Bari).

Pur considerate le correzioni apportate dallo stesso Tramacere su alcune sue affermazioni iniziali (v. interrogatorio Tramacere Luigi, GI 10.06.96) che come si vedrà in seguito si erano rivelate non veritiere - tra l'altro l'indiziato è afflitto da turbe della memoria documentate, in seguito a gravi problemi di famiglia - ed anche tenuto conto di una certa marginalità della partecipazione del SIOS di Bari alla vicenda del MiG23 libico in quanto la gestione primaria è attribuibile al 2° Reparto dello SMA ed in particolare personalmente al generale Tascio, occorre però rilevare che il tenente colonnello Tramacere quale Comandante di un importante Nucleo appartenente al Reparto informazioni dell'Aeronautica - tali Nuclei avevano tra l'altro il compito di acquisire informazioni sui "sorvoli" di velivoli stranieri sul territorio di competenza, come ricorda lo stesso indiziato (v. interrogatorio Tramacere Luigi, GI 10.06.96) - è l'ufficiale che si è recato in missione a Montescuro nella Sila durante il mese di luglio 80 nei giorni 11 e 12, pertanto proprio pochi giorni prima della data ufficiale di rinvenimento del MiG; ha effettuato attività volativa il 16.07.80 da Gioia del Colle anche sulla Sila; era stato a Montescuro tra il 25 ed il 29 giugno dell'80 ed è lo stesso ufficiale da cui comunque dipende il personale del SIOS di Bari recatosi tra i primi sul luogo di caduta del MiG libico in funzione di diretto supporto alle attività ivi svolte dall'allora colonnello Tascio.

Ma Tramacere, nonostante tale sua significativa qualificazione soggettiva e quelle frequentazioni silane così prossime al rinvenimento dell'aereo libico, non solo asserisce di essere stato tenuto all'oscuro dai suoi stessi dipendenti - lamentandosi di essere stato anche estromesso dalle attività svolte sul MiG dal Reparto informazioni - ma inizialmente nega anche di aver ricevuto una somma di denaro a titolo di rimborso spese per le attività connesse al recupero del MiG; ammette soltanto in un secondo momento che tale somma potrebbe essergli stata inviata dal Reparto, restando tuttavia alquanto dubbioso sulla autenticità di quel documento comprovante l'esborso del 2° Reparto. (v. lettera confidenziale dell'1.10.80 - sequestro del 12.04.96 alleg.6.1.)

Il capo del SIOS di Bari proprio nell'estate del 1980 frequenta l'Aerostello di Montescuro. Già a fine giugno vi è segnalata la sua presenza, anche se egli non ricorda al proposito i motivi della sua presenza in quella località silana così prossima al luogo ove sarebbe stato poi rinvenuto il velivolo militare libico.

Infatti l'indiziato dinanzi a questo GI afferma "sono andato poche volte a Montescuro, forse mai e nel caso fossi andato era per avere contatti con i Comandanti". (v. interrogatorio Tramacere Luigi, GI 10.06.96)

Tale circostanza, cioè la permanenza dell'ufficiale in Montescuro per motivi di licenza (in un periodo compreso tra il 25 ed il 29 giugno 80), viene asserita dal maresciallo De Giosa a proposito di una missione svolta da quest'ultimo: "...mi sono recato a Montescuro prima del 18.07.80, credo soltanto una volta, proveniente certamente dalla Sicilia quando rientrando da Catania alla volta di Bari, dopo aver fatto rifornimento presso l'aeroporto di Reggio Calabria, sono passato per Montescuro allo scopo di far firmare al tenente colonnello Tramacere alcuni documenti...", "... in quella circostanza incontrai il tenente colonnello Tramacere a Montescuro perché l'ufficiale stava trascorrendo in quella località la licenza...". (v. esame De Giosa Nicola, GI 14.06.96).

In effetti è risultato che il De Giosa, nei giorni dal 25 al 29 giugno 80 aveva svolto missioni in diverse località, tra le quali Montescuro ove ha sede l'Aerostello dell'AM (tale missione è rilevata da documenti sequestrati in data 21.11.95 dalla Guardia di Finanza presso il 3° Nucleo SIOS di Bari).

Pertanto queste affermazioni del maresciallo De Giosa sono state contestate al Tramacere che così risponde: "Può darsi che nel passato, ma non quando ero al servizio, mi abbia conosciuto, perché io insegnavo, ero capo alla sicurezza al volo, e quindi insegnavo la sopravvivenza nei (...incomprensibile...) nelle montagne ..." "...quindi fino al 76 io andavo a insegnare nel 76. Può darsi che mi abbia conosciuto allora, ma non ho mai trascorso lunghi periodi...No, io con la moglie (...incomprensibile...) a Montescuro". (v. interrogatorio Tramacere Luigi, GI 12.07.96).

Anche nel successivo confronto (v. confronto Tramacere/De Palma/De Giosa/Linguanti, GI 12.07.96) Tramacere prende ulteriormente atto di quanto già contestatogli nel corso dell'interrogatorio del 12.07.96, senza però fornire spiegazioni plausibili in merito a quella sua presenza all'Aerostello.

Anche per quanto riguarda la missione svolta a Montescuro l'11 luglio 80 ed il successivo 12 luglio (a questo Ufficio risulta tale attività di servizio dell'indiziato dal sequestro sopra specificato) - quando Tramacere si recò nella località silana accompagnato in auto dal maresciallo De Palma - l'indiziato afferma di non ricordare assolutamente la circostanza: "ricordo che nel luglio del 1980 era Comandante dell'Aerostello il capitano Andrea Santaniello, così almeno credo". Ed aggiunge di essere stato poche volte a Montescuro e in ogni caso di essersi recato all'Aerostello avvalendosi di mezzi aerei e non certo di un'autovettura. Comunque ipotizza che sia stato il suo vice, l'attuale Comandante del SIOS di Bari, tenente colonnello Roberto Di Comite, a recarsi a Montescuro. Salvo smentirsi poco dopo, quando nel corso dello stesso interrogatorio, come si vedrà, dichiara che probabilmente Di Comite era in licenza. (v. interrogatorio Tramacere, G.I. 10.06.96)

Ed anche dopo l'esibizione da parte di questo Ufficio della documentazione riguardante la missione svolta a Montescuro nei giorni 11 e 12 luglio 80, il Tramacere non ne ricorda il motivo: "normalmente ci si recava a Montescuro per avere contatti con i Comandanti. Non ricordo di svolgimento di corsi a Montescuro. Ritengo di essermi recato in loco tra l'11 ed il 12 luglio 80 per contatti con i Comandanti. Ricordo che in quel periodo vi erano molte contestazioni da parte del personale (astensione dal vitto ed altre manifestazioni simili). Tra l'altro in quel periodo ero da solo in quanto il mio Vice, l'attuale tenente colonnello Di Comite era in licenza. Dalle motivazioni della missione di cui al documento del 14.07.80 che mi viene esibito, non sono in grado di rilevare il motivo giustificativo della missione a Montescuro". (v. interrogatorio Tramacere Luigi, GI 10.06.96)

Ed è eloquente quanto il Comandante del SIOS di Bari afferma sul suo collaboratore il maresciallo De Palma: "ottimo sottufficiale, era addetto tra l'altro, ai sorvoli. Il nostro compito era infatti anche quello di riferire al 2° Reparto circa sorvoli del territorio di nostra competenza da parte di velivoli stranieri. Ricordo che al maresciallo De Palma mancava il visus ad un occhio. Non ricordo se fosse il destro oppure il sinistro". (v. interrogatorio Tramacere Luigi, GI 10.06.96)

Altra attività d'interesse in data appena precedente il rinvenimento del MiG è il volo del 16 luglio che Tramacere però definisce come di routine, descrivendone anche il percorso. Si decollava da Gioia del Colle; si raggiungeva Rocca Imperiale; qui si faceva attesa, quindi si usciva, si facevano virate, ci si insinuava a "biscotto" di attesa; poi si faceva penetrazione cioè discesa rapida; infine si tornava a Gioia del Colle con avvicinamento GCA. Tutto questo in 50-60 minuti. In seguito si riattaccava senza atterrare e, portandosi in zona riservata, la R61, si facevano manovre a vista. Quando il carburante scendeva al di sotto delle 500 libbre, si chiedevano istruzioni per l'atterraggio. In questa fase si facevano più atterraggi e decolli immediati ovvero si faceva il "touch and go". (v. esame Tramacere Luigi, G.I. 21.12.90)

Questa missione volativa dall'indiziato così ben delineata nelle sue modalità operative, non è documentata e pertanto si era sospettato che fosse connessa alla vicenda del MiG23. E probabilmente per queste indicazioni e questi sospetti il Tramacere fu individuato dalla stampa come una persona a conoscenza di fatti o notizie di rilievo per la ricostruzione dei fatti, al punto tale da essere stato più volte interpellato da un giornalista sia sulla vicenda del MiG che su quella del DC9. (v. esame Tramacere Luigi, GI 21.12.90)

A questo proposito sembra pertinente citare la testimonianza di Bazzanella Walter che sull'intervento del tenente colonnello Tramacere "alle prime indagini sul MiG libico" afferma addirittura che "questa persona per effetto del suo coinvolgimento nell'inchiesta sul MiG libico avrebbe, per quanto so, affrettato il suo pensionamento". (v. esame Bazzanella Walter, GI 16.10.90)

Come s'è visto, sulle attività di Tramacere prima del 18 luglio - pur non essendovi elementi determinanti ai fini di un suo diretto e personale intervento per il MiG in periodo precedente alla scoperta ufficiale del velivolo libico - non vi è chiarezza ed anzi sussistono elementi di incertezza anche dopo le correzioni apportate dall'indiziato negli interrogatori resi a questo GI il 10.06.96 e il 12.07.96.

Invece i collaboratori che l'ufficiale aveva inviato il 18 luglio a Castelsilano - cioè quei marescialli De Giosa e Linguanti, di cui Tramacere avrà a dire che nulla gli hanno mai riferito proprio su quelle importanti e delicate missioni per il MiG libico, una versione che a questo GI non appare credibile (v. esame Tramacere Luigi, GI 22.06.92) - riferiscono circostanze ben più interessanti e significative anche ai fini di una migliore comprensione del ruolo svolto da questi militari del SIOS di Bari per il MiG libico.

Il maresciallo De Giosa non s'avvicinò mai ai resti del velivolo, giacchè rimase sempre in caserma presso i Carabinieri di Caccuri. Vide taluni rottami solo qualche giorno dopo, allorché un elicottero dei Carabinieri, pilotato dal tenente Santoliquido, dopo averli imbragati dal punto di caduta, li aveva trasportati su di un camion sul pianoro al livello stradale. (v. esame De Giosa Nicola, GI 14.06.96)

De Giosa, in quel periodo di permanenza a Caccuri, accompagnò anche il maggiore Simini (ne ha ricordato bene il nome perché era stato collega del figlio all'Accademia di Sanità Militare a Firenze) dall'Aeroporto di Crotone al locale Comando di Compagnia dei Carabinieri. Era stato il generale Tascio in persona a ordinargli per telefono di prelevare a una determinata ora del pomeriggio all'Aeroporto quell'Ufficiale medico che sarebbe giunto a Crotone con un biplano - un P.D. - dell'AM e condurlo presso il detto Comando di Compagnia dei Carabinieri, ove avrebbe dovuto incontrare un medico che aveva proceduto all'autopsia del cadavere del pilota.

Il sottufficiale aggiunge che il pomeriggio precedente aveva ricevuto un'altra telefonata sempre dal generale Tascio o dal capo della sua segreteria, con la quale gli si chiedeva "se era disponibile la relazione medica sul cadavere". Egli immediatamente si era informato presso un maresciallo dell'Arma, che spesso si trovava nella stazione di Caccuri pur non appartenendo a quel comando. Dopo qualche ora costui gli aveva consegnato un bigliettino di poche righe, tra cui egli ricorda solo le parole "avanzato stato di decomposizione". Quella stessa sera aveva comunicato il testo dell'appunto alla segreteria del SIOS nella persona del maggiore Mazzone. Aveva chiamato dal telefono di un negozio, fuori dalla stazione ed aveva subito distrutto il biglietto. (v. esame De Giosa Nicola, GI 14.06.96)

A proposito di questa situazione di estraneità alla vicenda del MiG professata dall'indiziato deve essere evidenziato che Tramacere ricorda di essere stato informato sulla condizione dei suoi collaboratori, solo nella giornata del 21 luglio 80 previa telefonata fatta da lui stesso alla Segreteria del 2° Reparto SMA (si ricorda che i due marescialli erano stati immediatamente inviati in Sila nel pomeriggio del 18 luglio).

Invece De Giosa riferisce di aver colloquiato telefonicamente e direttamente con Tramacere il 19 luglio, ed anche nei giorni successivi che precedettero comunque l'arrivo del Tramacere.

Detta contraddizione è stata contestata al Tramacere nel corso dell'interrogatorio del 12.07.96, che così riferisce: "Lui l'ha fatta (la telefonata nde) ma io non l'ho ricevuta" ... "No, va bè con me non ha parlato, quindi non ... sicuramente. Io di questo ricordo benissimo. Avrà fatto confusione. Se no non sarei partito per andare a trovarli". (v. interrogatorio Tramacere Luigi, GI 12.07.96)

Anche nel confronto tra l'indiziato ed i marescialli De Giosa, Linguanti e De Palma, il tenente colonnello Tramacere esclude ancora di averli sentiti "lo escludo perché sicuramente ero molto risentito con loro che avendoli mandati la sera prima, la notte e poi il giorno successivo, non ho avuto comunicazioni. Il lunedì, alle 10 e 30, mi ha telefonato la sig.ra Linguanti che non aveva notizie del marito...". "No, anzi ero molto risentito quindi può darsi che lui abbia parlato e non ... . E ci siamo incontrati, sono andato io a trovarli".

A proposito di questo "risentimento" del Comandante del SIOS di Bari si può comprendere meglio tale sua condizione, se ci si sofferma su alcune sue dichiarazioni: "i due sottufficiali (De Giosa e Linguanti) erano in contatto diretto con il Capo del 2° reparto; per tutta la vicenda, sia di Ustica che del MiG libico sono stato messo da parte e per questo motivo mi sono sentito anche offeso e risentito verso i miei superiori e siamo arrivati lì (nde presso la Caserma dei CC. di Caccuri) che erano verso le 17.30 (nde del 23 luglio), dove ho incontrato il mar. De Giosa che si stava facendo un uovo al tegamino. Li ho rimproverati, ho detto: perché non mi avete chiamato, non avete...? Dice, Comandante non potevamo". (v. interrogatorio Tramacere Luigi, GI 12.07.96).

Anche per quanto attiene la missione di Tramacere - che, lo si ricorda, si era recato a Castelsilano solo cinque giorni dopo il fatto - sebbene non emergano da questo suo sopralluogo elementi di rilievo per la ricostruzione della vicenda del MiG libico, comunque questo Ufficio ha constatato alcune contraddizioni ed una confusione di fondo nel ricordo di quella missione.

Innanzi tutto sul contatto con i sottufficiali inviati a Castelsilano, come già s'è visto, vi è una palese contraddizione tra quanto ricorda Tramacere, cioè di non essere stato mai informato da quei sottufficiali e quanto afferma il maresciallo De Giosa che dichiara di aver comunicato con Tramacere già il 19, cioè il giorno successivo al loro arrivo a Castelsilano. Ma a questo proposito si deve compiere una brevissima rassegna di alcuni passaggi del confronto disposto da questo Ufficio che, come si vedrà, vertono anche sulla circostanza se vi fosse stato contatto o meno tra il generale Tascio e l'indiziato immediatamente dopo il 18 luglio.

De Giosa conferma di aver parlato il 19 luglio per telefono personalmente con il tenente colonnello Tramacere, informandolo delle disposizioni che aveva ricevuto dal generale Tascio e pregandolo di telefonare al Comandante del Reparto per chiarimenti sulla missione del personale dipendente dal SIOS di Bari.

Ma Tramacere, come già s'è visto, su questa precisa affermazione non riesce a fornire una versione sufficientemente chiara e completa, infatti controbatte asserendo che probabilmente De Giosa poteva aver parlato con il sottufficiale di servizio poiché egli di sabato non sempre era in ufficio. Tramacere non ricorda neanche altri particolari di quel presumibile colloquio telefonico, mentre De Giosa ricorda che il Comandante del SIOS si era detto preoccupato poiché lui ed il maresciallo Linguanti non rientravano in sede.

Altra circostanza di cui si è rilevato contrasto riguarda l'effettiva individuazione del MiG23 da parte dell'indiziato. Infatti Tramacere ricorda che la sera del 23 luglio, lasciando Caccuri, ebbe modo di vedere, lungo la strada del rientro, il relitto del MiG23 in fondo al vallone. Se ne riporta la testuale dichiarazione: "Nel lasciare loro (nde: m.lli De Giosa e Linguanti) alla caserma (nde: dei Carabinieri di Caccuri), rientrando per Gioia del Colle, ho visto il relitto per la strada". (v. interrogatorio Tramacere Luigi, GI 12.07.96)

Nonostante la sua apparente linearità questa affermazione si rivela in netto contrasto con la dichiarazione del Sottufficiale che accompagnava in auto il Tramacere: il maresciallo De Palma afferma di non aver visto alcun relitto e di non essersi fermato durante il percorso da Caccuri.

Ma il Comandante del SIOS di Bari è fermo nel ricordo di quella circostanza; conferma quanto dichiarato in precedenza e cioè che pur non essendosi mai recato sul punto preciso di impatto del MiG23 aveva "visto a distanza la massa grigia del relitto", piuttosto in basso a meno di un centinaio di metri dalla sua posizione. (v. interrogatorio Tramacere Luigi, GI 10.06.96 e confronto Tramacere/De Giosa/Linguanti/De Palma, GI 12.07.96).

Altra circostanza su cui il Capo del SIOS barese non riesce a fornire una sufficiente spiegazione è costituita dalla corresponsione di una somma di denaro che in data 01.10.80 gli è stata inviata su disposizione del Capo del 2° Reparto, colonnello Tascio (il documento, una nota confidenziale indirizzata al tenente colonnello pil. Luigi Tramacere, Capo del 3° Nucleo SIOS di Bari, dal Capo della sezione amministrativa del 2° Reparto, tenente colonnello. Di Ruzza Mario, è stato rinvenuto nella cartella personale del tenente colonnello Tramacere e riguarda la corresponsione della somma di lire 500.000 "quale anticipazione per le note esigenze connesse al recupero dell'aereo" da parte del Capo del 2° Reparto; a fronte di tale anticipazione al Tramacere viene richiesto l'invio di un rendiconto delle spese sostenute completo della relativa documentazione. Si noti che la confidenziale non è stata acquisita agli atti del SIOS di Bari, pur sollecitato in varie circostanze a fornire a questo Ufficio ogni documento utile a delineare la partecipazione del Reparto alla vicenda MiG23, bensì è stata rinvenuta tra gli atti personali dell'indiziato presso gli Uffici della Direzione Territoriale del personale della 3ª Regione Aerea. (v. all.6.1. sequestro 12.04.96 presso 3ª Regione Aerea).

Premesso che dinanzi a questo Ufficio il Capo della sezione Amministrativa del 2° Reparto tenente colonnello Mario Di Ruzza, riconoscendo come propria la firma apposta sul documento ha confermato la plausibilità di un esborso di quel genere, (v. esame Di Ruzza Mario, GI 14.06.96), pur non ricordando la situazione specifica e meravigliandosi del tenore confidenziale della missiva che generalmente veniva firmata personalmente dal Capo Reparto, si nota anche in questa circostanza una versione preclusiva del Tramacere. Infatti l'indiziato dichiara di non aver mai ricevuto la lettera dell'1.10.80, né la somma di lire 500.000 ivi indicata, ed inizialmente dichiara testualmente che " non aveva dovuto far fronte ad esigenze di spese connesse al recupero del MiG libico". (v. esame Tramacere Luigi, GI 10.06.96).

Anche nel corso del confronto disposto da questo GI il Tramacere afferma di non aver ricevuto niente "...esiste un Capo Reparto, generale Tascio, quindi interpellate lui. Io non ho ricevuto niente...non disponevo di un fondo spese...". (v. confronto Tramacere/De Giosa/De Palma/Linguanti, GI 12.07.96)

Poi però l'indiziato rettifica l'originaria versione, precisando che in realtà non chiedeva somme per l'attività informativa - Di Ruzza ha invece dichiarato che ordinariamente i Nuclei SIOS dipendenti ricevevano dal 2° Reparto una "somma trimestrale variabile di circa uno e mezzo due milioni che formava oggetto di rendicontazione alla sezione amministrativa e di successivo rimborso a mezzo assegno. Tali assegni venivano inviati con una lettera di accompagnamento attraverso il periodico corriere dei Nuclei. La lettera di accompagnamento era firmata dal Capo Reparto che pertanto approvava la spesa e autorizzava l'invio della somma ai nuclei SIOS. Tutta la documentazione di supporto ai rendiconti, anche quelli presentati dai dipendenti SIOS era esaminata ed approvata dal Capo Reparto". Il Capo della sezione amministrativa del SIOS AM è inoltre incline a ritenere che potessero essere inviate ai Nuclei SIOS anche somme diverse e straordinarie rispetto allo stanziamento previsto, ma solo per fatti eccezionali; ad esempio in situazioni che richiedevano una intensa attività informativa disposta dal Capo Reparto che conseguentemente valutava i rimborsi delle spese, attribuibili anche ad oneri del personale in missione ordinariamente tabellabili, solo qualora la missione dovesse avere assoluto carattere di riservatezza (v. esame Di Ruzza Mario, GI 14.06.96). Tramacere quindi ammette: "in realtà ne ricevetti dal Capo del 2° Reparto per eventuali esigenze". (v. interrogatorio Tramacere Luigi, GI 12.07.96)

E dopo questa sostanziale correzione rispetto alla originaria chiusura, il Comandante del SIOS barese ricorda che in occasione della caduta del MiG libico il colonnello Tascio, gli disse di far avere £.600.000 al tenente colonnello Somaini che si trovava in albergo a Crotone, quale componente della commissione: "lui (nde: Tascio) mi disse di aggiungere di tasca mia altre 300.000 (nde: perché disponeva di sole 300.000), che sarebbero state a me rimborsate con il primo corriere utile". (v. interrogatorio Tramacere Luigi, GI 14.07.96).

Infine, si può notare una ulteriore "virata" del Tramacere verso una nuova spiegazione che investe il dipendente personale: "Per me le note esigenze indicate nella missiva sono costituite dalle spese di missione dei due Sottufficiali De Giosa e Linguanti...", "...Forse ricevetti altre somme di denaro in relazione alla vicenda del MiG libico oltre a quelle date a Somaini. Se le ricevetti ciò avvenne, probabilmente, per integrare gli stanziamenti previsti per le missioni, per i quali mi sembra di ricordare di essermi lamentato con i miei superiori. Ritengo che ciò sia avvenuto nei mesi di settembre/ottobre 1980". (v. interrogatori Tramacere Luigi, GI 10.06.96 e 14.07.96)

A prescindere dalla ulteriore contraddizione rispetto a quanto affermato dall'indiziato sulla indisponibilità di un vero e proprio fondo spese - la cui sussistenza viene qui da lui stesso indicata anche se in rapporto alle missioni fuori sede - anche a proposito della eventualità che la somma indicata nella confidenziale fosse stata utilizzata per retribuire spese di missione dei Sottufficiali del SIOS di Bari, questo GI acquisiva nell'apposito confronto le testimonianze del personale presente a Castelsilano nel luglio 80.

I marescialli Linguanti, De Giosa e De Palma hanno sostanzialmente dichiarato di essere estranei alla ricezione di qualsiasi somma di denaro diversa dall'indennità di missione. Quest'ultima liquidata e percepita secondo la consueta prassi amministrativa. A tal proposito, per una migliore cognizione di quanto quei Sottufficiali siano stati fermi nell'escludere la percezione di quella somma di denaro si riporta il relativo passaggio testimoniale: De Giosa "Per quanto riguarda il rimborso delle spese da me sostenute...non ho ricevuto alcuna somma di denaro nei mesi successivi in relazione alla missione"; De Palma "Non ho ricevuto alcuna ulteriore somma di denaro in mesi o anni successivi in relazione a quella missione o comunque riguardo alla vicenda MiG"; Linguanti "Escludo di aver ricevuto a titolo personale somme di denaro diverse da quella percepita nell'indennità di missione". (v. esami e confronto De Giosa/De Palma/Linguanti, GI 12.07.96)

In ordine alla corresponsione della somma di lire 500.000, oggetto della lettera dell'01.10.80, il punto di contrasto fin qui evidenziato non viene risolto nell'ambito degli esami testimoniali e del confronto disposti da questo Ufficio. Infatti pur ipotizzando due diverse circostanze, cioè l'utilizzo per spese connesse al recupero del MiG oppure il reintegro dei fondi stanziati per le missioni del SIOS di Bari, in entrambe le ipotesi la procedura utilizzata non appare plausibile e congruente; in estrema sintesi sia il Comandante del SIOS sia i Sottufficiali escludono la percezione di somme connesse al recupero del MiG ed il maresciallo De Palma giudica inconsueto ed atipico per il reintegro delle missioni l'invio della somma con quella procedura.

L'ipotesi che appare più plausibile resta quella di un rimborso per la somma anticipata da Tramacere al colonnello Somaini, ma ancora una volta la versione confusa ed indecisa del Tramacere non consente una decisa spiegazione in quei termini.

Sulla posizione di questo indiziato però non si raggiunge una situazione probatoria tale da imporre esercizio dell'azione penale e conseguente rinvio a giudizio. Si deve perciò dichiarare non doversi promuovere l'azione penale nei confronti di detto Tramacere.

16. Vanno Alessandro.

Vanno Alessandro, libero professionista consulente di marketing, è un personaggio con una particolare e controversa personalità. Infatti è conosciuto alle forze dell'ordine per il suo spirito polemico e per la propensione ad inviare esposti alle più alte cariche dello Stato, nonché per i procedimenti penali a suo carico riguardanti emissione di assegni a vuoto, inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità, appropriazione indebita e , infine, per essere stato anche latitante a seguito di ordine di custodia cautelare per i reati di cui agli artt.56, 614 comma IV e 672 c.p..

Egli entra in questo procedimento penale per essere stato indiziato del delitto di calunnia in danno del generale Pugliese, avendo riferito, con dichiarazioni rese al GI in data 4 aprile e 6 aprile 92, che lo stesso aveva distrutto ed occultato, nei locali del Ministero della Difesa, alcuni nastri relativi al disastro di Ustica.

Il primo atto che vede l'ingresso del Vanno in questa inchiesta è datato 29.11.91. E' un verbale di informazioni testimoniali reso alla Procura Militare della Repubblica presso il Tribunale Militare di Roma. In tale atto riferiva di essere stato collaboratore del S.I.S.MI, ed in particolare dichiarava che nell'ottobre dell'80, mentre si trovava nell'ufficio del generale Pugliese, questi gli aveva mostrato quattro bobine, a suo dire di registrazione, di un formato inusuale del diametro di circa 25cm e di un colore giallo ocra particolare, riferendogli che erano i dati di Ustica, l'equivalente di un colpo di Stato. Le bobine venivano inserite in buste telate chiuse, timbrate sulle aperture, siglate dal generale e riposte nella cassaforte che si trovava immediatamente a destra entrando in quell'ufficio, accanto ad un divano.

In data 04.04.92 il Vanno veniva sentito da questo GI a seguito di presentazione spontanea. Confermava quanto dichiarato alla Procura Militare il 29.11.91 aggiungendo che l'episodio delle bobine di registrazione di cui al verbale del 91 avveniva nell'ufficio del generale, sito al Ministero della Difesa-Palazzo Baracchini; attiguo al Gabinetto del Dicastero in questione. Il Pugliese era in quel periodo Vice Capo di Gabinetto del Ministro Lagorio.

Escusso nuovamente in data 06.04.92 confermava le dichiarazioni rese in precedenza, aggiungendo che il giorno che aveva incontrato il Pugliese, aveva visto le bobine. Asseriva inoltre di aver chiesto spiegazioni al generale sul contenuto dei nastri, ma di non aver avuto risposta.

Escusso in data 24.11.94 e 06.03.95 dichiarava che l'abbattimento del DC9 Itavia, sarebbe avvenuto a seguito di una operazione organizzata da alcuni paesi occidentali che avrebbe dovuto provocare un intervento armato contro la Libia. A tal fine sarebbe stato reclutato un pilota libico dissidente del quale sarebbe stata provocata una rocambolesca fuga dalla Libia a bordo di un MiG e che sarebbe stato fatto "sparire" in un aeroporto italiano, forse Decimomannu. Il piano prevedeva l'intervento del suddetto MiG sui cieli italiani allo scopo di abbattere il DC9 dell'Itavia, obiettivo che sarebbe stato evitato grazie all'intervento di caccia dei paesi organizzatori dell'operazione, ai quali, infine, il pilota si sarebbe dovuto arrendere e denunciare pubblicamente che era stato inviato dalla Libia per compiere azioni di pirateria aerea. Il piano sarebbe fallito a causa dell'intervento di politici italiani che non gradivano l'intervento armato contro la Libia, in quanto ciò avrebbe significato la perdita delle tangenti legate al petrolio libico. Ciò posto, caccia italiani si sarebbero levati in volo per evitare che l'operazione fosse portata a termine, circostanza questa che avrebbe provocato un vero e proprio combattimento nel quale l'aereo dell'Itavia era stato abbattuto per errore così come era stato colpito anche l'aereo libico il cui pilota riuscì a portarsi fino ai monti della Calabria, dove era precipitato. Tra le forze politiche preoccupate per un eventuale attacco alla Libia vi sarebbero state persone legate alla Democrazia Cristiana (Donat-Cattin) ed al Partito Socialista Italiano. Tali notizie gli sarebbero state riferite dal capitano Tropeano, collaboratore del capitano Pappalardo, entrambi dei Carabinieri.

In data 06.03.95. il Vanno si presentava spontaneamente, a seguito, a suo dire, delle affermazioni che il Presidente della Commissione Stragi aveva formulato alla stampa e cioè che nella vicenda di Ustica fosse oramai impossibile far luce. Riferiva che nella primavera del 93 mentre si trovava all'estero in stato di latitanza, avrebbe inviato all'on.le Maroni un plico contenente copia di un documento in cifra, che il generale Pugliese gli aveva detto, nei primi anni 80, di trasferire all'estero. Il Vanno sottolineava di non essere a conoscenza del contenuto del documento in quanto cifrato ed inoltre di essere in possesso di altri documenti cifrati, custoditi all'estero che gli erano stati consegnati tra l'80 e l'81 dal generale Pugliese; documentazione che a sua volta avrebbe consegnato a Monaco di Baviera a persona di cui non conosceva il nome. In quella occasione il Vanno ebbe l'opportunità di fotocopiare il documento in cifra inviato all'on. Maroni. Precisava che copia del documento insieme ad altri era contenuto in uno dei sacchetti che avrebbe dato in custodia nell'89 a tal Foderà Solarino Caterina, la quale avrebbe apposto sui sacchetti i timbri della Procura Generale. I documenti gli sarebbero stati restituiti dalla predetta nel 92 e quindi egli li avrebbe affidati a tale Bistazzoni Carla di Porto Ercole. Quest'ultima dopo alcuni mesi e dietro sua richiesta, glieli avrebbe restituiti tramite certa "Cristina" in busta aperta e mancante di alcune parti, tra cui il documento cifrato. Sulla base delle dichiarazioni venivano esaminate la Foderà Solarino e la Bistazzoni.

In data 07.03.95, veniva escusso il segretario presso la Procura generale, Foderà Solarino Caterina. Costei dichiarava di aver conosciuto il Vanno e ricordava che tra il 90 e il 91, questi là pregò di conservargli un piccolo pacchetto; cosa che ella fece; dopo breve tempo, forse una settimana, sempre il Vanno aveva ritirato il pacchetto. La Foderà ha inoltre precisato di non avere apposto alcun timbro sul pacchetto, in quanto la consegna e la successiva restituzione sarebbe avvenuta presso la propria abitazione e non in ufficio.

Quanto affermato dal Vanno nelle varie denunce e interrogatori, non ha mai trovato alcun riscontro sia per i fatti attinenti la vicenda del DC 9 Itavia che per quelli del MiG libico.

Le dichiarazioni del Vanno si palesano con immediatezza non veritiere - a parte quelle concernenti la conservazione nella cassaforte dell'ufficio del Vice-Capo di Gabinetto di documentazione radaristica, che non appare inverosimile -; e, d'altra parte, sono ampiamente documentati in atti (con particolare riguardo alla documentazione prodotta dallo stesso generale Pugliese nel corso delle sue deposizioni e dei suoi interrogatori) i motivi di contrasto personali tra il Vanno ed il Pugliese sfociati anche in comportamenti violenti da parte del primo in danno della sua ex moglie, che hanno dato luogo ad autonomi procedimenti giudiziari.

Deve peraltro essere rilevato che il Vanno non è stato interrogato sui fatti né nei suoi confronti è stato emesso mandato di comparizione, ragion per cui la sua posizione deve essere stralciata e i relativi atti rimessi al Pubblico Ministero.

17. Zecchini Cesare.

Il maresciallo dei CC. Zecchini Cesare, nell'80 in forza al Nucleo CC. SIOS/A, è rimasto coinvolto nell'inchiesta per reticenze in ordine a due fatti. Il primo, verificatosi in occasione della missione del colonnello Argiolas e del tenente colonnello Bomprezzi presso l'aeroporto di Boccadifalco al fine di visionare reperti del DC9, missione in cui egli accompagnò i due ufficiali; il secondo consistente in un'annotazione dell'agenda del generale Tascio da cui risulterebbe che certo Zecchini avrebbe in qualche modo collaborato nelle pratiche autoptiche relative al pilota del MiG libico; circostanze queste negate dallo Zecchini nella deposizione testimoniale dell'11 marzo 91, nella quale tra l'altro, nel descrivere genericamente i reperti del DC9 non fa riferimenti a caschi per pilota. Di qui l'indizio a suo carico dei reati di favoreggiamento e falsa testimonianza.

Ma gli elementi acquisiti nel corso dell'istruttoria non si palesano così rilevanti da determinare un'imputazione a suo carico. Se da un lato infatti può essere anche plausibile che effettivamente egli abbia avuto un qualche ruolo nei vari passaggi dei reperti autoptici del pilota del MiG libico, la circostanza in sè non si palesa influente in ordine alla ricostruzione dell'evento; dall'altro, avuto riguardo al compito meramente ausiliario svolto dallo Zecchini nella missione di Boccadifalco del 4 luglio 80 (della quale gli incaricati furono i due tenenti colonnelli) non è possibile individuare concreti elementi di concorso nella supposta sottrazione o dispersione del casco pilota USA, fatto peraltro non certamente provato.

Infatti in merito agli episodi di cui sopra il sottufficiale non ha mai chiarito se le fotografie all'hangar di Boccadifalco furono effettivamente scattate da lui. Il colonnello Argiolas ha dichiarato di aver fotografato i materiali, ma di essersi in seguito accorto che la macchina fotografica da lui usata era senza rullino; pertanto, a dire sempre dell'Argiolas solo grazie alle foto scattate dal maresciallo Zecchini era stato possibile confezionare l'album fotografico inviato in seguito al Gabinetto del Ministro della Difesa.

Per quanto concerne il MiG, Zecchini ha dichiarato di non aver ricevuto nessun incarico in merito. Ha escluso di essersi recato sul posto di caduta dell'aereo e di aver mai ricevuto e tenuto in consegna reperti attinenti al corpo del pilota, in particolare la cute delle dita di costui. Preso atto di quanto riferito dal colonnello Simini sull'appunto di Tascio sopra detto, ha negato di esser lui la persona menzionata.

A seguito del sequestro presso la propria abitazione di varia documentazione (copia della sentenza dell'AG di Crotone relativa al MiG23, articoli stampa su Ustica, planimetria dell'aeroporto di Bologna) di presunto interesse investigativo è stato esaminato. In questa sede ha dichiarato di aver ricevuto, dal generale Santucci Giorgio quando quest'ultimo era Comandante della 2ª Regione Aerea (88-91), la copia della sentenza emessa dall'AG di Crotone relativa al MiG23 libico. Ha aggiunto di aver trattenuto detta copia presso la propria abitazione solo per curiosità. Le sue mansioni al SIOS erano quelle di richiedere informative relative all'abilitazione di società o dei loro impiegati per lo svolgimento di lavori classificati, presso basi aeronautiche. Dette richieste gli venivano fatte dal S.I.S.MI. Non svolgeva pratiche investigative. Si interessava solo di pratiche amministrative quali rinnovi di passaporto dei vari Capi di Stato Maggiore e Sottocapi e di altri ufficiali e di rinnovi di porti d'arma e denunce di armi. I rapporti avuti con gli ufficiali AM erano determinati dal fatto che espletava, tramite le rispettive segreterie, le pratiche amministrative summenzionate, nonché scorte a ufficiali generali dell'AM per disposizione del Capo Reparto.

In merito al possesso di alcune planimetrie dell'aeroporto di Bologna, ha riferito che si trattava di materiale cartaceo destinato al macero, da lui conservato per semplice interesse personale, giacchè doveva sempre far scalo presso l'aeroporto di Bologna per raggiungere successivamente la propria abitazione di Sestola (MO).

In merito al possesso di copie di articoli stampa relativi alla strage di Ustica, ha detto di aver tenuto questi ritagli, perchè aveva sempre seguito, a livello personale, l'evoluzione della vicenda.

Se ne deve concludere che non sussistono a suo carico elementi per promuovere azioni penali.

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