Invero la parte civile Davanzali ha sostenuto nelle richieste dopo il deposito degli atti il difetto di giurisdizione del giudice ordinario (v. memoria depositata il 15.02.99 nell'interesse della parte offesa Aldo De Lisi dall'avv.Carlo Palermo).
In particolare perchè - e qui si dà un ordine alle motivazioni di questa parte diverso da quello seguito nel documento - "considerate le specifiche ipotesi di reato per le quali si chiede il rinvio a giudizio e l'archiviazione (in particolare per il delitto di strage), non è difficile ipotizzare la possibile eccezione che potrebbe essere sollevata dagli imputati in sede dibattimentale: una volta venuta a mancare la competenza e la giurisdizione del giudice ordinario in relazione al delitto più grave (comune), ovvero il reato di strage - il quale costituisce non solo l'episodio di riferimento sostanziale ma anche processuale per tutti gli altri reati contestati e connessi sotto vari profili - potrebbe ritenersi "sfuggita" la giurisdizione della autorità giudiziaria ordinaria in ordine ai residui reati per i quali viene chiesto il rinvio a giudizio.
Difatti tra i reati per i quali è chiesto il dibattimento il più grave è quello dell'alto tradimento (reato militare), mentre gli altri - delitti comuni (reati vari contro l'amministrazione della giustizia: false testimonianze e depistaggi) la cui presenza se in connessione con delitti militari comporterebbe "attrazione" del procedimento per il giudice ordinario - certamente erano "connessi" con il delitto di strage (però da archiviare), molto difficilmente però potrebbero ritenersi in qualsiasi modo connessi con l'ipotesi di alto tradimento.
In sostanza, una volta venuta meno (con l'archiviazione) l'ipotesi di reato comune di strage (la cui formulazione avrebbe giustificato, per le norme procedurali in vigore, l'"attrazione", davanti al giudice ordinario, anche dei reati militari come il reato di alto tradimento), il reato attualmente più grave - per il quale oggi si chiede il giudizio - diviene l'alto tradimento (e non certo l'inesistente attentato agli organi costituzionali aggravato perchè compiuto da un "militare"), reato però che, allo stato, non rientra più nella giurisdizione del giudice ordinario, ma in quella del tribunale militare.
Attraverso l'attuale omissione di indicazione dell'art.77 cod.pen.mil. pace, parrebbe dunque che il reato contestato ai generali Bartolucci Lamberto, Ferri Franco, Melillo Corrado e Tascio Zeno, da reato proprio militare (di "alto tradimento") si sia trasformato in reato comune (di "attentato agli organi costituzionali") ... quasi che i soggetti incriminati non siano più "militari" ed a loro non sia stato correttamente contestato (il che invece appare avvenuto all'epoca legittimamente, in quanto nel processo esisteva anche l'ipotesi, più grave, del reato di strage) il reato per essi tipico e proprio, l'alto tradimento.
Sulla base della sopraindicata situazione processuale - peraltro prevedibile sin dal 1991 in quanto mai l'autorità giudiziaria ordinaria di Roma aveva incriminato taluno per il delitto di strage e quindi era naturale che il problema della "giurisdizione" si sarebbe posto nel momento della archiviazione del reato più grave (o, con un rinvio a giudizio dinanzi al giudice ordinario, a posteriori, in sede di "giudizio", con una eccezione pregiudiziale di nullità assoluta, radicale e insanabile, che avrebbe fatto crollare irreparabilmente tutto il processo) un'unica soluzione processuale (in assenza di un'altra proroga di indagini sulla "strage", resa eventualmente possibile solo con un'apposita legge) parrebbe imporsi (giuridicamente e, sostanzialmente, per salvare il salvabile): una immediata declaratoria da parte del giudice istruttore, in difformità delle richieste della procura di Roma, del difetto della propria giurisdizione con trasmissione degli atti al Procuratore del tribunale militare di Roma ...".
Immediatamente dopo si chiede di pronunciare sentenza di non doversi procedere contro Santovito Giuseppe per il delitto di strage, perchè estinto per morte del reo. Così motivando: "...si sono esposte numerose considerazioni sulle varie risultanze processuali già acquisite nei confronti del direttore del S.I.S.MI Giuseppe Santovito, deceduto nel 1984.
Certamente denotano responsabilità superiori e direttive rispetto a quelle ipotizzabili per gli attuali imputati del reato di alto tradimento, le varie risultanze processuali e le annotazioni varie che lo riguardano e in particolare la sua stessa annotazione sulla propria agenda ("Sentire i Servizi" con la precisazione, subito a lato: "Notarnicola") - la quale ha consentito di formulare accuse oggi trasfuse nelle più gravi richieste di rinvio a giudizio -: tutto ciò dovrebbe indicare la "iniziativa" personale del direttore del S.I.S.MI Santovito nel fronteggiare la particolare situazione che si era verificata, nell'operarsi per confutarla dissipando (avvalendosi del personale alla proprie dipendenze) sospetti che emergevano sulla strage e sulla connessione di quest'episodio con quello del MiG libico fatto rinvenire a Castelsilano.
Sempre lui dovrebbe essere - come si è visto - l'autore del progetto Tascio-Notarnicola che avrebbe probabilmente condotto in particolare all'occultamento delle prove sul MiG libico e agli emergenti esiti della autopsia.
Non può trascurarsi il fatto che lui, quale Direttore dell'organismo informativo militare (e, indipendentemente dalle "deviazioni" del S.I.S.MI, di cui si ha notizia in altri processi), era senz'altro il soggetto più idoneo (e l'autorità), che, per le funzioni svolte (anche in correlazione ai necessari contatti con i Servizi segreti di altri Paesi), avrebbe potuto essere il naturale primo depositario (se non "co-attore") delle inconfessabili verità nascoste dietro la strage di Ustica.
Questi, infine, sulla base degli atti, di certo "sapeva" tutto, da prima a dopo Ustica: perchè forse aveva diretto dal S.I.S.MI le operazioni di Ustica e aveva pilotato le indagini sulle connessioni con la caduta del MiG libico; ma aveva anche, prima, direttamente partecipato (come Intelligence) all'arresto di "Said Salem", e poi alle trattative con le autorità (libiche e italiane) per il suo rilascio; e poi al suo "passaggio" (tramite lo stesso Semerari) per Villa Mafalda, e quindi alla sua liberazione, e, infine a ... ciò che forse aveva comportato la sua restituzione a Moammar Gheddafi ... passando per Ustica.".
Infine quella che nell'ordine era la prima richiesta e cioè il riconoscimento della competenza del giudice militare: E questo perchè: "L'articolo 77 del codice penale militare di pace prevede l'ipotesi di reato dell'"alto tradimento", che scatta quando il reato previsto dall'art.289 codice penale viene commesso da militari (in questo caso si applica un aumento di pena di un terzo rispetto a quella prevista dal codice penale).
E', in sostanza questa ("alto tradimento") la definizione che assume il reato previsto dal codice penale ordinario di cui all'articolo 289 ("attentato agli organi costituzionali dello Stato"), laddove il fatto costitutivo del reato stesso non venga compiuto da civili, bensì - come nel caso di specie -, da militari in servizio.
In particolare, le specifiche imputazioni dell'alto tradimento rimontano al gennaio del 1992 in occasione della avvenuta contestazione ai quattro generali - avvenuta con avvisi di garanzia poi seguiti dagli interrogatori - del reato previsto dall'art.289 cod. pen. e 77 cod. pen. pace (ovvero del reato di alto tradimento).
Ma come mai allora, se i generali Bartolucci Lamberto, Ferri Franco, Melillo Corrado e Tascio Zeno, sono stati imputati nel processo per il reato di "alto tradimento", oggi, nei loro confronti, la Procura di Roma parrebbe abbia dimenticato, nella richiesta di rinvio a giudizio, accanto alla menzione del reato di cui all'articolo 289 cod. pen., la indicazione specifica dell'art.77 del codice penale militare di pace (e quindi l'ipotesi di "alto tradimento")? Come se fosse possibile per gli attuali imputati (che sono tutti generali) essere rinviati a giudizio per il reato comune di attentato agli organi costituzionali e non per quella speciale militare, di alto tradimento? O come se la loro oggettiva qualità di militare possa solo configurare una semplice "aggravante" del reato ordinario di attentato agli organi costituzionali (con semplice aumento di pena) e non già il distinto reato militare di alto tradimento?".
Su tali richieste esprimeva parere contrario il PM, sostenendo che secondo il combinato disposto dagli artt.264, c.p. m.p., e 45 c.p.p. del '30 il delitto di cui al capo A della rubrica, cioè quello previsto dagli artt.289, c.p., e 77 c.p. m.p., resterebbe comunque attratto dalla giurisdizione ordinaria in quanto connesso con i delitti previsti dal codice penale ordinario per i quali è stato chiesto il rinvio a giudizio. E aggiungendo che comunque, nella fattispecie concreta, il delitto ex art.289 contestato agli imputati generali Bartolucci, Ferri, Tascio e Melillo deve definirsi non come reato militare bensì come reato previsto dal codice penale ordinario, trattandosi di disastro che aveva coinvolto un velivolo civile e cagionato vittime civili, ed apparendo le condotte omissive e devianti che integravano tale imputazione, lesive di valori di rango costituzionale propri dell'ordinamento civile e non di quello militare, venendo così meno la stessa ratio della giurisdizione militare.
In primo luogo deve rilevarsi la contraddizione che immediatamente appare nelle motivazioni della parte civile. Da un lato si sostiene che in questo procedimento pervenendo all'archiviazione dell'imputazione di strage verrebbe a cadere il delitto più grave che reggerebbe la giurisdizione ordinaria; dall'altro si ritiene la sussistenza di questo delitto quanto meno a carico del generale Santovito nella sua qualità di Direttore del S.I.S.MI di cui si dovrebbe dichiarare l'estinzione, ma solo perchè il reo è morto.
In effetti gli elementi di fatto che si sono accertati nell'istruzione non comportano assolutamente la caduta di questo delitto, anzi ne mostrano con chiara evidenza la sussistenza, e non si procede, allo stato, oltre, perchè tuttora ignoti i suoi autori. Il reato sussiste e non se ne dichiara l'archiviazione. Sempre si potrà procedere sulla base di quanto dimostrato e con nuovo rito, quando se ne scopriranno gli autori.
Nemmeno si possono accogliere le richieste della parte civile sulla posizione di Santovito. A carico di costui stanno certo molteplici di quelle condotte che sono state rilevate nella memoria, ma non si raggiunge prova di una causalità diretta tra di esse e la strage nè tantomeno una colpevole previsione dell'evento - prescindendo da responsabilità "politiche" e d'altro genere. E in effetti contro questo personaggio non è stata nemmeno esercitata azione penale.
Quanto al difetto di giurisdizione conseguente all'ipotesi di cui sopra, si deve da ultimo osservare che - una volta posto che il delitto di strage comunque permane e che anzi l'istruttoria ne ha confermato, determinandone i connotati, la sussistenza, pur se ne restano allo stato ignoti gli autori - esso è palesemente connesso, secondo la connessione del 30, condivisa dal c.m. p.c., che vige in questo procedimento - per non essere ricompresc in quelle norme del codice dell'88 che si applicano comunque - ai sensi dell'art.264 c.p. m.p., al delitto ex art.77 c.p. m.p. in relazione a quello ex art.289 c.p.. Ne deriva pertanto la competenza della giurisdizione ordinaria. Ma quand'anche, per ipotesi assurda, dovesse valere quanto sostenuto dalla difesa di parte civile De Lisi, e cioè che "scomparendo" la strage, rimanesse solo l'alto tradimento, reato militare, ciò non corrisponderebbe al vero dal momento che resterebbe comunque la connessione con i restanti delitti ex artt.323, 479, 476 378, 361, 368, 372, 490, 351, 326, delitti comunque comuni, che d'altra parte sono stati contestati a molteplici imputati, di cui non pochi di certo assolutamente non assoggettati - tra gli altri anche gli appartenenti ai Servizi, che non hanno lo status di militare - alla giurisdizione militare.
Ne consegue che sull'inchiesta permane la giurisdizione ordinaria.
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