Capitolo VI

Le restanti posizioni degli imputati
dal n.37 al n.48 dell'epigrafe.

1. Alloro Umberto.

Alloro all'epoca, tenente colonnello dell'Arma dei Carabinieri, rivestiva l'incarico di vice Direttore della 3(sezione della 1( Divisione - Contro Spionaggio del S.I.S.MI.

Alloro ha avuto un ruolo importante nella trattazione dei fatti di cui é processo, in quanto sostituì il colonnello Lombardo in momenti delicati in quel mese di luglio 80.

La sua condotta sin dalla prima testimonianza, é stata quella dell'assoluta chiusura. Egli mente su quasi tutte le circostanze contestategli. Immediatamente prende le distanze dall'attività informativa relativa al DC9 Itavia, che risulta riepilogata nell'appunto del 29 luglio 80, confermando di esserne stato soltanto il compilatore (non ne avrebbe potuto fare a meno in quanto sull'appunto figurano apposte le sue iniziali "AU"), ma tiene a precisare, però, di averlo redatto sotto dettatura del colonnello Notarnicola. Tiene anche ad osservare che l'appunto venne siglato da Masci, in quanto egli era stato inviato da Notarnicola presso il generale Tascio per consegnare o ritirare un plico di cui - aggiunge - non conosceva il contenuto. Si vedrà più innanzi che egli invece non poteva non conoscerlo. Osserva che in relazione al DC9 non svolse nessuna attività informativa né tantomeno di esserne a conoscenza.

Altra menzogna sulla presenza di Masci in Calabria e sulla relazione che quest'ultimo redasse al rientro. Egli infatti afferma falsamente di non saper nulla delle richieste del Centro CS di Bari così come nega di aver dato incarico a Masci sulla vicenda del MiG libico (v. esame Alloro Umberto, GI 15.07.93). Sarà accertato, invece, non solo che sapeva delle richieste al Centro CS di Bari - risulta una annotazione di suo pugno sulla missiva di Bari del 29 luglio dal seguente tenore "Masci sa tutto - 29/7" - ma che fu proprio lui a disporre che Masci riferisse sui fatti appresi in Calabria sulla caduta del MiG libico. Ciò é stato rilevato sia dalla documentazione acquisita che dalle dichiarazioni di Masci. Quest'ultimo afferma che l'incarico di redigere l'appunto del 28 luglio 80 gli pervenne proprio da Alloro.

Alloro conferma le dichiarazioni rese anche in sede di interrogatorio. Nonostante la contestazione di precise circostanze, che non potevano non essere di sua conoscenza, ribadisce di non sapere nulla, arrivando addirittura ad affermare di non essersi mai occupato della vicenda del MiG libico. Preso atto della fotocopia della minuta dell'appunto del 28 luglio, relativo al MiG libico, rinvenuto presso il SIOS/A in cui il generale Tascio annota di suo pugno "da T.Col. Alloro 1^ Divisione (consegnata in data 29/7/80)" risponde di non poter escludere né confermare che potesse trattarsi di quanto contenuto nella busta che consegnò al Capo del SIOS (v. interrogatorio Alloro Umberto, GI 11.10.96).

Nuovamente interrogato non modifica le sue mendaci dichiarazioni, precisando che nessuno gli parlò, all'interno della sua sezione, di telefonate ricevute dalla Calabria da Masci. Esclude, ancora una volta, così mentendo, di aver mai trattato la pratica del MiG libico e di aver seguito le acquisizioni del Centro CS di Bari.

Solo a seguito delle contestazioni dell'Ufficio concernenti l'annotazione di suo pugno apposta sulla missiva di Bari del 29 luglio, finisce per ammettere di esserne stato informato da Masci. Asserisce però di non ricordare cosa Masci gli avesse riferito (v. interrogatorio Alloro Umberto, GI 22.10.96).

Posto a confronto con quest'ultimo sul contrasto in merito alla disposizione ricevuta da Masci di relazionare su quanto appreso in Calabria, ribadisce di non aver dato nessun incarico a Masci. Questi invece contesta ad Alloro che proprio sulla minuta dell'appunto del 28 luglio ben si rileva la sua firma (v. confronto Alloro/Masci, GI 12.12.96).

In conclusione si può affermare che Alloro ha certamente mentito sino alla fine dell'istruttoria. Egli ha negato di essersi mai interessato alla caduta del DC9 ed a quella del MiG libico. E' stato accertato invece il contrario. E' sufficiente il riferimento alle numerose sigle di visto di suo pugno apposte su documenti relativi sia al DC9 che al MiG libico.

Ha negato di essere a conoscenza dell'attività informativa compiuta sul DC9 Itavia, che sarà la base dell'appunto del 29 luglio, ammettendo di essere stato soltanto il compilatore di questo documento, sotto dettatura del colonnello Notarnicola. Costui, invece, ha escluso di aver mai avuto l'abitudine di dettare i suoi appunti. Risulta inoltre poco credibile che Alloro nella sua veste di vice direttore di sezione non conoscesse l'attività informativa che si stava svolgendo sulla vicenda proprio nel suo ufficio.

Ha negato di conoscere le richieste di acquisizioni al Centro CS di Bari. Invece é stato accertato che su quel foglio egli appone di suo pugno l'annotazione "Masci sa tutto".

Ha negato di essersi occupato del MiG e di aver dato incarico a Masci di redigere una relazione, così come invece ha sempre dichiarato Masci. E' stato invece accertato il contrario. Sulla minuta dell'appunto del 28 luglio si rileva la sua firma.

Ha negato di conoscere il contenuto di quanto consegnato asseritamente in busta chiusa al generale Tascio. E' stato accertato che in quella occasione - 29 luglio 80 - è stata consegnata informalmente la minuta dell'appunto sul MiG del 28 luglio. Pertanto appare alquanto risibile che egli non ne conoscesse il contenuto, in quanto si trattava proprio dell'appunto di cui aveva ordinato la redazione a Masci. Va rilevato inoltre che il documento viene consegnato non da un latore qualsiasi, ma proprio da Alloro cioè da un ufficiale, che non solo era organico alla sezione che si stava occupando della vicenda, ma anche colui che aveva seguito e partecipato alla redazione del documento e che pertanto avrebbe potuto - a richiesta del capo del SIOS - rispondere ad eventuali richieste di precisazioni.

Da rilevare, infine, che l'appunto consegnato a Tascio é da inquadrare in quell'attività informale diretta ad accertare l'eventuale connessione tra i due eventi (DC9-MiG23) che era stata posta in essere tra i due Servizi. Attività che é stata negata da tutti, ma che ha trovato conferma sia nelle acquisizioni dei tracciamenti radar a Martina Franca, sia nell'annotazione apposta nel brogliaccio di Tascio del 1980 sotto la data del 28 luglio 80, di cui si é già fatto ampiamente riferimento in altra parte di questo provvedimento.

La situazione probatoria è quindi tale - tenuto conto dei nuovi criteri di valutzione delle prove - da imporre il rinvio a giudizio dell'imputato secondo la contestazione di cui all'epigrafe sotto il capo AM).

2. De Angelis Vincenzo.

Il capitano De Angelis Vincenzo, al tempo del fatto era capo dell'Ufficio Operazioni presso il sito di Licola. Veniva sentito su Ustica per la prima volta dalla Commissione Stragi; in quella sede dichiarava che la sera della sciagura era in licenza; riferiva poi del DA1, specificando che dal "DA1 non viene estratto nulla, a meno che non sia espressamente richiesto"; precisava che al sito di Martina Franca venivano riportate soltanto le tracce più significative. Aggiungeva che il documento doveva essere conservato, per regolamento interno, per un anno e che i relativi modelli venivano conservati in un magazzino che fungeva da archivio, sino alla distruzione. Riferiva che Comandante all'epoca del fatto era il colonnello Mandes, assente per un corso a Firenze dal 28 giugno sino al 13 luglio, mentre il vice comandante era il maggiore Carchio. Riferiva inoltre di aver trasmesso i plottaggi richiesti dalla 3a Regione Aerea a seguito del provvedimento del giudice Guarino dell'11 luglio 80, firmando la nota di trasmissione per il comandante Carchio; oltre che ai Carabinieri di Palermo, che operavano per Guarino, li aveva trasmessi alla 3a Regione Aerea, all'ITAV, allo SMA Ufficio Operazioni e al 3° ROC, essendo a conoscenza che tutto il materiale richiesto dall'AG era concentrato a Trapani Birgi. Non forniva alcuna spiegazione in relazione alla mancata conservazione di quel DA1 che era comunque un documento relativo ad un incidente aereo - si rammenti che la stessa Aeronautica ha più volte affermato che si procede sempre alla conservazione integrale di tutte le documentazioni e gli oggetti concernenti disastri aviatori -. Affermava che non vi erano state né riunioni né discussioni sui dati radar, nemmeno sulle difformità di orari che emergevano presso i tre Centri radar - Ciampino, Licola e Marsala - interessati direttamente all'evento. Asseriva che si era parlato solo di esplosione a bordo e di caduta per cause tecniche, aggiungendo che se quella sera fosse comparso qualche velivolo "strano" vi sarebbe stato allertamento e di conseguenza l'avvistamento sarebbe stato riportato sul DA1.Quanto alla difformità tra i dati inviati il 28 giugno tramite telex e quelli dell'11 luglio 80, ammetteva la possibilità di "discrepanze", perché nella trasmissione per telefono potevano essere state riportate delle imprecisioni od omessi dati significativi; comunque non riusciva a dare spiegazioni su tali difformità. (v. audizione De Angelis Vincenzo, Commissione Stragi 07.12.89).

Esaminato dall'Ufficio, ha confermato le dichiarazioni rese in sede parlamentare e si è soffermato su particolari circostanze relative alla sua attività a Licola. Ha dichiarato di essere stato informato dell'evento solo al rientro in sede dopo qualche giorno, cioè il 30 di quel giugno. Intorno al 10 seguente era pervenuta al suo Ufficio la richiesta - da parte del Comando del sito che a sua volta l'aveva ricevuta dalla 3a Regione Aerea - di fornire dati degli avvistamenti radar sul Tirreno in arco di tempo corrispondente all'ora del disastro. Egli aveva compilato, estrapolando i dati richiesti con l'ausilio dei suoi sottufficiali dal registro DA1, il documento "che rappresenta la estrapolazione dei dati risultanti dal DA1"; precisava di non aver mai ricevuto decreti di sequestro del registro DA1, né di altra documentazione relativa agli avvistamenti di quel 27 giugno. (v. esame De Angelis Vincenzo, GI 16.02.90).

Divenuto indiziato per la distruzione del DA1, veniva nuovamente interrogato. Dichiarava di aver sì preparato "l'incarto", ma di averlo affidato al Comando per la spedizione. Ricordava che nel luglio 80 era stato inviato addirittura un velivolo per portare la documentazione a Trapani Birgi, ma non rammentava la spedizione dei telex, sia perché non era presente la notte dell'invio sia perché l'operazione spettava al centro comunicazioni. I telex, aggiungeva, venivano conservati presso l'ufficio Operazioni e se non c'erano richieste o indicazioni particolari venivano distrutti con verbale di distruzione o meno, a seconda se fossero classificati o meno.

Il Centro, nel momento in cui trasmetteva il telegramma, registrava sul protocollo orario e quant'altro necessario; copia dello scritto veniva inviato all'Ufficio Operazioni ed altra copia veniva conservata al centro comunicazioni del sito. Non sapeva spiegare le ragioni per cui non avesse usato i plottaggi della notte del 27 per compilare la nota che egli redige di lì a pochi giorni, asserendo di non esserne stato a conoscenza; affermava di non aver mai eseguito un lavoro di plottaggio personalmente e quindi neanche in quell'occasione, evidenziando che detti lavori erano di competenza della segreteria. Non riusciva a ricordare altro se non di essersi informato, chiedendo notizie per telefono presso il Centro, dopo che sulla stampa era apparso che quei documenti erano stati distrutti, su cosa fosse successo nell'84.(v. interrogatorio De Angelis Vincenzo, GI 24.09.92).

Dichiarava, inoltre, in relazione alla protocollazione del documento dell'11 luglio 80, di non aver mai protocollato alcun documento, essendo questo un compito devoluto ai sottufficiali. (v. interrogatorio De Angelis Vincenzo, GI 06.02.96).

Sulla dichiarazione resa nel 1992 secondo cui la documentazione richiesta dalla 3a Regione Aerea, per conto dell'AG, era stata inviata a Trapani Birgi con un mezzo aereo, l'Ufficio contestava all'indiziato che a seguito della consultazione del registro dei voli di Grazzanise nel periodo dal 19.09.79 al 21.10.81 della 609° squadriglia, non era risultato alcun volo dalla cennata base a Trapani-Birgi a partire dall'11.07.80 - come detto, data di inoltro del documento - sino alla fine del mese; in proposito non sapeva fornire alcuna spiegazione, affermando di aver appreso la circostanza dal noto Carchio. Dopo aver assunto il comando a Marsala nel 1986 non ha mai apposto firme, numerazioni o vidimazioni sui registri di sala operativa che erano già stati accantonati. Ha però riferito che un mese dopo aver assunto il comando del sito siciliano, pervenne, tramite la Procura di Marsala, una nota dell'AG di Roma con richiesta di fornire l'elenco nominativo del personale in servizio la sera del 27.06.80; di conseguenza si era proceduto all'esame della documentazione in possesso del Centro allo scopo di fornire gli elementi richiesti. Non ricordava di una visita effettuata nel luglio 88 dal comandante del SOC dell'epoca, colonnello Montinaro né che oggetto della missione fosse il prelievo del foglio datato 27.06.80 dalle ore 17.45 alle ore 06.30 del successivo 28 del registro IC, prelievo avvenuto in data 05.07.88; asseriva infatti di non aver posto attenzione alla mancanza di fogli strappati o prelevati dal citato registro; ma invitato ad esaminarlo, vi riscontrava che in effetti il documento era privo proprio della pagina tra il 27.06.80 ad ore 17.45 e il 28 successivo ad ore 06.00. (v. interrogatorio De Angelis Vincenzo, GI 19.02.96).

Desolante appare il quadro delle dichiarazioni rese dall'indiziato, vaghe e reticenti che non forniscono alcun contributo di chiarezza su circostanze di estremo interesse in ordine alla custodia e soppressione del DA1, ma che inducono a ritenere che egli abbia commesso i fatti di cui era stato indiziato.

Le condotte a lui ascrivibili devono essere formulate, secondo richieste del PM, come:

- delitto p. e p. dagli artt.110 e 351 c.p. per avere quale capo Ufficio Operazioni del CRAM di Licola concorso con persone non identificate disperso i telescritti inviati da Licola a Martina Franca la notte tra il 27 e il 28 giugno 80 e custoditi presso il CRAM di Licola.

- delitto p. e p. dagli artt.110, 476, 490 c.p., poichè in concorso con persone non identificate quale Capo Ufficio operazioni del CRAM di Licola occultava il modello DA1 relativo alle tracce registrate presso il CRAM medesimo la notte tra il 27 e il 28 giugno 80, trasmettendo al ROC di Martina Franca, che ne faceva richiesta, solo un estratto contenente un numero limitato di tracce.

Delitti commessi in Licola entro il luglio 80.

Deve però dirsi che entrambi questi delitti, essendo decorsi oltre quindici anni dalla loro commissione, sono caduti in prescrizione.

Deve pertanto dichiararsi non doversi procedere a carico del De Angelis in ordine ai reati sub AA) e AB), perchè estinti per prescrizione.

3. Fiorito De Falco Nicola.

Il colonnello Fiorito De Falco, nell'80, è il capo del 2° Reparto - Traffico Aereo - dell'ITAV. Dall'81 al 87 ricopre incarichi presso il 6° Reparto dello Stato Maggiore. Nel 1987 è trasferito al S.I.S.MI ove perviene alla carica di vice Direttore.

Le imputazioni a suo carico - egli è stato ampiamente interrogato sui fatti da questo GI in ben cinque interrogatori, tra il 28 novembre 96 e il 21 gennaio 97 - così sono state formulate nelle requisitorie del PM:

- delitto p. e p. dagli art.81 cpv, 372, c.p. perché deponendo quale teste dinanzi questo GI in date 16.10.90 e 31 gennaio 92 affermava, contrariamente al vero, che non gli era stata consegnata presso l'ITAV, nel luglio 80, la documentazione attinente i tracciati radar del sito di Poggio Ballone nonché che la sera del 27.06.80, parlando per telefono col comandante della RIV di Ciampino tenente colonnello Guidi di presunte esercitazioni militari sul luogo della caduta del DC9, non aveva fatto riferimento come causa della caduta del DC9 ad un'esplosione esterna, e tacendo altresì sulle attività svolte e i contatti avuti dall'ITAV e da esso Fiorito nei giorni immediatamente successivi all'evento e relativamente alla segnalata presenza di traffico americano.

- del delitto p. e p. dagli artt.81, 378, 61 n.9, c.p. perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, ed abusando della sua qualità di Pubblico Ufficiale quale ufficiale dell'AM in servizio attivo, al fine di aiutare i responsabili dei delitti di abuso in atti di ufficio, soppressione di atti pubblici, attentato agli organi costituzionali, delitti tutti collegati al disastro aviatorio di Ustica da un lato, essendo incaricato quale responsabile del 2° Reparto ITAV di raccogliere tutto il materiale attinente i siti della Difesa Aerea e dell'ACC di Controllo di Ciampino utile alla ricostruzione dell'evento ai fini di una successiva consegna all'AG, comunicava pretestuosamente agli ufficiali di polizia giudiziaria incaricati del sequestro per ordine della Procura di Roma che i nastri delle registrazioni radar di Marsala non erano consegnabili perché erano inseriti nell'elaborato, così ritardandone di oltre tre mesi la consegna, e non consegnava la documentazione attinente al sito della Difesa Aerea di Poggio Ballone (pur oggetto anch'essa di sequestro da parte dell'AG); e d'altro lato rendeva dichiarazioni non veritiere su quanto da egli appreso la notte del sinistro dinnanzi questo GI.

In Roma sino al 31.01.92.

- delitto p. e p. dall'art.351 c.p. per avere disperso la documentazione attinente il sito radar di Poggio Ballone a lui affidata in custodia, quale responsabile del 2° Reparto dell'ITAV, e proveniente parte direttamente dal 21° CRAM di Poggio Ballone e parte dall'Aeroporto di Trapani Birgi.

In Roma in data compresa tra il luglio ed il dicembre 80.

Il ruolo del Fiorito De Falco nella vicenda di Ustica è rilevante sotto un duplice profilo. Anzitutto, quale comandante del 2° Reparto ITAV, perché in tale veste egli era inserito a pieno titolo nella catena gerarchica che legava l'ACC di Ciampino allo SMA, essendo da un lato sovraordinato al comandante della RIV di Ciampino, Guidi, e d'altro lato sottordinato all'Ispettore dell'ITAV, generale Fazzino, che aveva a sua volta come suo diretto interlocutore il Sotto Capo di Stato Maggiore. In tale qualità non poteva restare estraneo alle vicende determinatesi presso il sito di Ciampino dopo la scomparsa del DC9. In secondo luogo perché proprio a lui fu conferito l'incarico di accentrare presso l'ITAV tutto il materiale raccolto da Ciampino e dai vari siti della Difesa Aerea interessati all'evento, sia per la Commissione d'inchiesta Luzzatti che per l'AG.

La sera del 27 giugno 80, intorno alle 22.00 locali, viene avvisato telefonicamente presso la propria abitazione dell'incidente del DC9 dal comandante della RIV di Ciampino, colonnello Guidi Guido. Alle 22.23 locali (20.23/Z) è il Fiorito che telefona alla sala operativa dell'ACC e chiede di Guidi. Inizia così la nota conversazione nella quale si parla di possibile collisione od esplosione dell'aeromobile e di esercitazione perché si vedono "razzolare diversi aeroplani americani". Vi si dice altresì che esso Fiorito ha provveduto ad avvisare il generale ispettore Cesare Fazzino il quale gli aveva richiesto se fosse stato già avvisato il COP; al che Guidi risponde affermativamente. Si parla altresì dell'Air Malta che seguiva il DC9, e che l'ACC è in attesa di conoscere altre notizie dai due radar della difesa in Sicilia, Marsala e Siracusa, opportunamente interessati. Mentre i due interlocutori parlano si sente, dall'interno della sala operativa dell'ACC di Ciampino, una voce dal chiaro dialetto romanesco che dice: senti vuoi che telefono all'american attachè?

La telefonata delle 20.23Z è tra quelle che introducono alcuni degli elementi oggetto di contestazione agli imputati dello Stato Maggiore. Dal dialogo tra i due si acquisisce la conferma della conoscenza e della diffusione dell'informazione sul traffico americano nella zona dell'incidente e dell'immediata propagazione della notizia di quel traffico al Sottocentro del soccorso di Ciampino e successivamente all'RCC di Martina Franca. Immediatamente, alle 20.25Z, dal soccorso di Martina Franca viene informato di questo traffico americano il Centro Operativo di Pace dello Stato Maggiore, che non ha ancora avuto questa notizia. Hanno inizio vari tentativi di contatto telefonico con l'ambasciata USA in Roma, da parte del capitano Elio Chiarotti controllore di Ciampino, al fine di verificare l'attività volativa e navale dell'alleato nella zona ed al momento dell'incidente. Contemporaneamente dalla sala operativa del 3° SOC di Martina Franca, il capo controllore capitano Patroni Griffi Vito, tra le 20.25Z e le 20.38Z interpella e richiede le stesse notizie ai siti della difesa aerea dipendenti, Licola e Marsala nonché alla sede di West Star a Vicenza. Da tutti riceve risposte negative, nel senso che non v'è alcun traffico americano né la presenza di una portaerei. Queste notizie verranno nuovamente richieste dal 3° ROC a notte inoltrata, ancora da Patroni Griffi e dall'RCC, cioè dal Direttore tenente colonnello Lippolis e dall'ufficiale addetto tenente Smelzo, perché sollecitati dal comandante del ROC generale Mangani Romolo. In questa circostanza le notizie vengono richieste anche alle sedi di Bagnoli e Sigonella.

E' questa fonte di chiara prova attraverso la quale si sono potute contestare, sia al Fiorito che agli altri imputati dello Stato Maggiore, circostanze di rilievo che per diversi anni erano state taciute e di cui si ignorava l'esistenza.

Nel corso dei primi due esami testimoniali (GI 16.10.90 e 10.10.91) il Fiorito ha negato tutta questa sua attività la sera dell'incidente. Chiarissimi alcuni brani delle sue deposizioni, il 16.10.90: "il giorno seguente l'incidente ricevetti rapporto del direttore della RIV di Ciampino"; il 10.10.91: "io ero stato avvisato la sera stessa per via telefonica dall'ufficiale di servizio a Ciampino in quel momento, che credo fosse il capo sala. Non avvertii il mio superiore generale Fazzino, che era Ispettore Generale dell'ITAV, il quale veniva autonomamente avvisato prima di me. Guidi non mi riferì assolutamente di un traffico intenso militare".

La prova delle menzogne di Fiorito si ha con la intera trascrizione dei nastri TBT di Ciampino, al 91 trascritti soltanto fino alle ore 20.00Z. In effetti nella conversazione delle ore 20.23Z intercorsa tra il Fiorito ed il colonnello Guidi, come sopra detto, risulta il contrario. Preso atto della telefonata in questione, (esame GI 31.01.92) costui dichiara di non ricordare il contenuto della conversazione perché sono trascorsi dodici anni, ma di esser certo che di quella conversazione ha riferito al suo superiore diretto generale Fazzino. Quest'ultimo, lo si ricordi, invece ha negato di aver ricevuto tali comunicazioni.

Le prime dichiarazioni sulla vicenda del DC9 Itavia vengono rilasciate da Fiorito il 6 aprile 89 alla cosiddetta "Commissione Pisano". Le tre domande che gli vengono poste, sono relative alla consegna della documentazione della Difesa Aerea di Licola e Marsala all'AG il 22 luglio 80, se ha avuto modo di visionare i tracciati radar "Marconi e Selenia", se ricorda la presenza di tracce di aerei militari nei dati radar di Marsala. La risposta è negativa per tutti e tre i quesiti. Le risposte verbalizzate e sottoscritte sono: per la prima - non lo so -; per la seconda - no -; e per la terza - non lo so, non lo so. Appare ai limiti dell'assurdo che un ufficiale AM specializzato nel settore possa aver dato risposte di tal genere e una Commissione di esperti possa averle accettate.

Appare altresì singolare la risposta al terzo quesito, poiché sul quaderno brogliaccio del Fiorito relativo al 1980, sotto la data del 15 luglio, si legge: "pervenuta anche documentazione Licola nulla di significativo: le tracce sono correlabili intorno al tempo previsto. Idem ad un primo esame per Marsala".

Contestatogli nell'interrogatorio dell'11.12.96 che in effetti ha controllato le tracce di Marsala, ha così risposto: "Di Marsala no. Dopo tanto tempo io ho delle idee piuttosto nebulose sulla vicenda. Anche nella considerazione che a quel tempo questo appariva essere addirittura un incidente dovuto a una rottura strutturale del velivolo e non ad altre cause...".

Altra prova documentale che il Fiorito ha controllato le tracce dei radar della Difesa Aerea, comprese anche quelle di Marsala, o quanto meno è venuto a conoscenza che nei tracciati non vi erano ambiti riservati, è fornita dall'annotazione sul quaderno brogliaccio di Fiorito il 17 luglio 80: "generale Fazzino ha telefonato generale Ferri per riferirmi su esame preventivo tracciati radar Difesa Aerea, si possono consegnare in quanto non presentano questioni riservate...".

Il Fiorito è l'ufficiale che segue l'intera evoluzione della vicenda relativa ai dati radar. Gli viene affiancato nelle indagini, un ufficiale del 1° Reparto, il tenente colonnello Vespasiani, su disposizione dell'Ispettore Generale sin dal 28 giugno 80.

In data 11 luglio 80 il Fiorito prende visione del telex della 3a Regione Aerea, datato 10 luglio, con il quale si richiede la documentazione delle registrazioni intercettazioni radar di tutti i siti radar operanti sul Mar Tirreno dalle ore 18.00Z alle ore 21.15Z, secondo il disposto dell'AG di Palermo del 5 luglio. Nel telex viene specificato che una copia deve esser trasmessa all'ITAV 2° Reparto, di cui egli è, come s'è detto, il responsabile.

Sempre in data 11 luglio 80 risultano essere state trasmesse, all'ITAV 2° Reparto dal 1° ROC/SOC di Montevenda, le Track Histories del 21° CRAM di Poggio Ballone e del 14° CRAM di Potenza Picena. Di questa trasmissione nulla risulta nei registri di protocollo dell'ITAV, né presso questo Ispettorato è stata mai rinvenuta la relativa documentazione.

In data 15 luglio 80 riceve la documentazione proveniente dai siti della Difesa Aerea di Licola, Poggio Ballone e Marsala. E' stata rinvenuta solo quella di Poggio Ballone; degli altri due siti non è rimasta alcuna traccia né sui registri di protocollo né negli archivi dell'ITAV. La conferma dell'avvenuta ricezione risulta dall'agenda di lavoro sequestrata nell'ottobre 95 al Fiorito, in cui appaiono annotazioni di suo pugno; nonché dalle annotazioni, con relativi orari di ricezione dei documenti, trascritti su fogli smistamento pratiche dal tenente colonnello Vespasiani (sequestro del 19.02.96). Le annotazioni di quest'ultimo riportano i seguenti orari di arrivo relativi al giorno 15 luglio 80: "ore 11.45 Poggio Ballone; 12.10 Licola e 13.15 Marsala". Sull'agenda di Fiorito è riportato solo l'orario di arrivo di Poggio Ballone come 11.40; mentre degli altri due siti non v'è alcun orario.

Nell'esame testimoniale del 16.10.90, il Fiorito in merito ha dichiarato: "attraverso corrieri mi pervenne innanzitutto la documentazione di Poggio Ballone, che fu esaminata da me e da un ufficiale del 1° Reparto che si chiamava Vespasiani. Subito dopo nel giro di qualche ora, quella di Licola e Marsala. Tutta questa documentazione era cartacea. Anche sulla documentazione di Licola e di Marsala ci fu l'esame di Vespasiani. Su quella di Poggio Ballone, composta da nr.11 cartine riproducenti tracce, tra le quali non v'è quella del DC9 Itavia, è sorta incertezza poiché il Fiorito nel corso dell'interrogatorio del 28.11.96, ha così dichiarato: "quello che si riferiva a Poggio Ballone addirittura era un pezzo di carta così, con dei pallini. C'era la traccia dell'aeroplano e questa cosa qua. Io dissi - ma come, siete il primo Reparto dell'ITAV e fate dei tracciati così racchi?" Contestatogli il fatto che la documentazione trasmessa e protocollata consisteva in nr.11 allegati, il Fiorito ha così risposto: "e sono stati ritrovati questi 11 allegati?". Contestatogli che non poteva né doveva porre domande, continua: "qui col senno di poi, si possono fare tante recriminazioni, ma questo era un organo che aveva le sue inefficienze formali, parecchie... quindi di disordine ce n'era. Sono state fatte le cose in maniera routinaria, nel senso che non si è capito subito quanto importante poteva essere una cosa del genere".

Di certo si può affermare che tale documentazione, da cui risultano prove documentali di ricezione da parte dell'ITAV, è stata soppressa od occultata. Non sono assolutamente credibili le giustificazioni di Fiorito, secondo cui il mancato rinvenimento della documentazione, importante per l'inchiesta sia all'epoca che oggi, era dovuto al disordine nell'ambito del Reparto e al fatto che non si dette importanza a quell'incidente, quando invece sono stati rinvenuti atti di routine ed anche appunti meno importanti rispetto alla documentazione ricercata.

Il 17 luglio 80 Fiorito scrive nel suo quaderno brogliaccio, dopo l'esame preventivo di tracciati della Difesa Aerea: "il generale Ferri non c'era o era molto impegnato: mi ha detto di telefonare a Stataereo per sbloccare la documentazione giacente a Trapani". Anche in questo caso l'annotazione non lasciava adito a dubbi, nel senso che egli deve chiamare lo Stato Maggiore per far sì che venga trasmessa la documentazione di Trapani. A riprova la nota del comandante del Gruppo Carabinieri di Palermo del 12 luglio 80, alla locale Procura della Repubblica, ove si scrive che per ottenere la documentazione richiesta occorre il nulla osta dal Gabinetto del Ministero della Difesa.

Il 19 luglio 80 il Fiorito scrive nella sua agenda - brogliaccio: "SMA (Brindisi) conferma che attraverso il Gabinetto Ministro Difesa è stata chiesta autorizzazione a fornire tracciamenti radar a Commissione inchiesta IH870. Sino a quando tale autorizzazione non sarà pervenuta non bisogna consegnare tale documentazione". Da questa annotazione si desume che il Fiorito parla con il colonnello Brindisi del 5° Ufficio del 3° Reparto dello SMA e quest'ultimo gli riferisce che è stata richiesta l'autorizzazione al Gabinetto della Difesa; prima del parere favorevole non bisogna consegnare nulla. Il Fiorito nell'interrogatorio del 28.11.96, dichiara: "qui ci sono stati un sacco di problemi per questa documentazione. Chi diceva che non bisognava consegnarla perché era coperta da segreto, chi diceva alla magistratura non si può dire che non si consegna". Contestatogli che in quella data, 19 luglio, il decreto del PM dr. Santacroce del 16 luglio non era stato ancora notificato, alla domanda se fosse stato preavvisato oralmente del provvedimento, ha così risposto: "Mi viene da pensare che sia così". Fiorito non collega mai questa richiesta al decreto emesso dall'AG di Palermo.

Comunque v'è da rilevare che non è stato mai trovato alcun documento dello Stato Maggiore con cui si chiede l'autorizzazione al Ministero della Difesa a consegnare la documentazione richiesta dall'AG il 5 luglio 80.

Solo il 26 agosto 80, cioè dopo che il Sost. Proc. dr. Guarino ne ha chiesto, il 4 precedente, l'esplicita autorizzazione al Gabinetto della Difesa, lo Stato Maggiore esprime parere favorevole alla consegna.

Il Fiorito il 21 luglio 80 riceve la notifica dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Roma relativa al decreto di sequestro emesso in data 16 luglio dalla Procura di Roma che richiede, tra l'altro, "i nastri di registrazione (ove applicabili) della Difesa Aerea nella zona compresa tra Latina-Ponza-Palermo". Il Fiorito precisa a verbale che la documentazione richiesta si trova concentrata presso l'aeroporto di Palermo e che sarà consegnata il più presto possibile. Lo stesso giorno ha dei contatti verbali con il Capo Ufficio Operazioni della 3a Regione Aerea, colonnello Salvi Vinicio. Costui predispone un corriere aereo del 32° Stormo di Brindisi per trasportare la documentazione concentrata a Trapani Birgi, e non a Palermo. La sera stessa del 21 luglio il Fiorito riceve la documentazione proveniente da Trapani, che è relativa ai siti della Difesa Aerea di Marsala, Licola e Poggio Ballone, nonché quella di Ciampino. Il giorno successivo consegna alla Guardia di Finanza la documentazione cartacea dei siti di Marsala e Licola, precisando a verbale che i nastri di Marsala non possono essere consegnati perché inseriti nel calcolatore, e che, per quanto riguarda Licola, non esistono i nastri giacché il funzionamento di quel sito è fonetico-manuale. Non consegna la documentazione di Poggio Ballone, che non sarà mai più rinvenuta negli archivi dell'ITAV.

E' da evidenziare che la documentazione cartacea consegnata è limitata al periodo 18.00Z-21.15Z, mentre nella richiesta dell'AG di Roma non v'era limitazione di orario.

L'imputato poi non avvisa né porta a conoscenza del decreto di sequestro i Comandi competenti della Difesa Aerea, e cioè Licola e Marsala. La sua dichiarazione sul verbale del 22 luglio di non poter consegnare i nastri di Marsala perché inseriti nel calcolatore è stata una sua iniziativa per scopi che emergeranno dal suo brogliaccio. Da notare invece che proprio il 21 luglio 80 il comandante del CRAM di Marsala, tenente colonnello Piero Cespa, disponeva la custodia dei nastri di registrazione e TBT, che dovevano essere consegnati solo alla Commissione d'inchiesta. Il comandante del CRAM ha sempre dichiarato di non aver mai ricevuto alcuna disposizione da superiori gerarchici per quella particolare custodia né di averne parlato con alcuno. Fiorito invece sulla persona che gli avrebbe riferito dell'impossibilità di prelevare i nastri così, nell'esame del 16.10.90, dichiara: "questa informazione mi fu data da un ufficiale, che presumo fosse il comandante del CRAM o il responsabile dello stesso, giacché è prassi nella nostra amministrazione parlare tra pari livelli".

Nel corso dell'interrogatorio del 4.12.96 ricorda che il comandante di Marsala Cespa era in licenza, mentre questi il 21 luglio era in sede; non conosce il vice, cioè il capitano Salmè Fulvio, e continua così: "Poi c'era una persona che non ricordo, che mi spiegò che i nastri di Marsala non si potevano togliere dall'elaboratore, perché ne facevano parte integrante". Come ben si può vedere il Fiorito modifica le sue dichiarazioni e adduce giustificazioni del tutto incredibili, in quanto nessun militare in servizio in un centro radar della Difesa Aerea avrebbe mai potuto riferirgli una notizia del genere.

Altra singolarità per cui il Fiorito non appare credibile sta nel fatto che non chiede informazioni o spiegazioni al personale del primo Reparto dell'ITAV esperto di Difesa Aerea, tenuto anche conto che collabora con lui un ufficiale di detto Reparto, il Vespasiani, conoscitore del sistema Nadge.

Sempre in relazione a quella sua dichiarazione, il 2 ottobre 80 il Fiorito così scrive nel suo quaderno brogliaccio: "Sidoti: spiegato che quando per ordine di Stataereo (colonnello Brindisi) ho consegnato il materiale richiesto a Magistratura, ho usato una formula ambigua per dare tempo all'AM di pensarci su, con la quale facevo capire che la pizza del CRAM di Marsala non poteva essere tolta dall'elaboratore perché ne fa parte integrante. Ciò è vero nel senso che il soft Nadge è peculiare per il Nadge e non può essere girato su altro calcolatore che non sia quello Nadge. Suggerisco che il Magistrato fosse autorizzato ad accedere al CRAM per l'eventuale trascrizione della pizza su moduli". In merito a questa sua annotazione così risponde nell'interrogatorio 11.12.96: "il giorno è il 2 ottobre. Non voglio parlare di me in questa circostanza, però io sono sempre stato quello che ha detto, contrariamente a quanto sostenevano alcuni miei colleghi, tra i quali anche probabilmente il mio buon amico Sidoti, che quando la Magistratura va a fare dei sequestri non si può invocare il nastro si può dare o non si può dare. Bisogna darglielo e basta... . Qua io volevo quasi sottolineare che io avevo avuto l'ordine da Stataereo, il colonnello Brindisi nella fattispecie, di consegnare questo materiale e quindi non era stata un'iniziativa mia". Nel prosieguo dell'interrogatorio il Fiorito non ammette che quella formula ambigua era stata da lui usata per dare il tempo necessario allo Stato Maggiore di controllare i nastri di Marsala; giacché questo è il significato letterale della sua annotazione.

Il colonnello Brindisi Agostino dal canto suo non ricorda alcun rapporto o colloquio con il Fiorito (esame GI 02.07.91). Il colonnello Sidoti Francesco (esame GI 12.12.96) ha addirittura escluso qualsiasi attività concernente la vicenda Ustica, in contrasto nettissimo con quanto risultato e cioè che egli era invece il Capo del 4° Ufficio Sicurezza al Volo del 3° Reparto, che ha istruito tutta la pratica inerente l'incidente, ed ha avuto un ruolo determinante nell'inchiesta come provato anche documentalmente.

Il Fiorito non è credibile quando, nel corso sia degli esami testimoniali che degli interrogatori, rende dichiarazioni dopo esser venuto a conoscenza degli elementi di prova sulla ricezione della documentazione di Poggio Ballone. Nel corso dell'esame del 16.10.90, ha così dichiarato: "il materiale che è arrivato a me da Trapani, riguardava solo Licola e Marsala, cartaceo. Non c'era, per quanto mi risulta, Poggio Ballone, io però devo dire che ho ricevuto una scatola aperta con una serie di plichi, più o meno grossi, chiusi. Quindi io ho letto soltanto Licola e Marsala". Nell'interrogatorio del 28.11.96 gli viene chiesto se conosce il colonnello Pentericci, se ha avuto rapporti con lui e se ha ricevuto la documentazione di Poggio Ballone così come risulta dalla lettera del 21 luglio 80. Così risponde: "l'ho conosciuto sì. Non mi ricordo però in che occasione... . Non ho mai parlato con Pentericci io, almeno credo... . E come diavolo l'aveva lui questa documentazione di Poggio Ballone se stava a Trapani?. Non me lo ricordo. Ma non me lo ricordo non significa che non l'abbia ricevuta. Non me lo ricordo perché dal 21 luglio 80 sono passati parecchi anni". A distanza di sette giorni, il 4 dicembre, dichiara: "quella persona che era comandante di Trapani, che io ho confuso tra Zamparelli e Pentericci, mi chiamò e mi disse: "guarda Fiorito", mi dava del tu, quindi suppongo che fosse il comandante". ...Dice "nella documentazione che ti ho inviato, quella che stava a Trapani, ci mancano quelle cose che ho fatto già arrivare alla Procura tramite i Carabinieri".

La lettera di accompagnamento a firma del comandante di Trapani colonnello Pentericci in data 21 luglio 80 risulta regolarmente protocollata all'ITAV in data 22 luglio 80 e recita testualmente: "seguito contatti verbali con capo Ufficio Operazioni della 3a Regione Aerea in allegato si trasmettono le registrazioni effettuate dai CRC di Marsala, Licola e Poggio Ballone il giorno 27 giugno 80 dalle ore 18.00 Zulu alle ore 21.34 Zulu". In calce a tale nota il Fiorito De Falco personalmente verga la frase: "consegnate a Procura le registrazioni allegate in data 22 luglio 80 come da verbale allegato".

La conferma che il Fiorito il 21 luglio 80 ebbe a ricevere tutta la documentazione trasmessa da Trapani viene anche da prova documentale acquisita nel novembre 95 presso la 3a Regione Aerea. Il capo Ufficio Operazioni di questa Regione colonnello Salvi Vinicio, che aveva curato l'invio della documentazione a Fiorito, così scrive il 24 luglio 80: "documentazione richiesta già inviata da Trapani a ITAV (colonnello Fiorito) con velivolo G91Y da Brindisi il giorno 21/7 (lunedì). Il giorno 23/7 ho avuto conferma che il colonnello Fiorito aveva ricevuto il tutto". Queste circostanze vengono confermate dal citato Salvi nell'esame del 30.11.95, ove si legge: "ricordo di aver contattato l'allora comandante di Trapani Birgi, colonnello Pentericci, il quale mi rispose che il materiale era già stato inviato... dopo aver parlato con Pentericci ... contattai il colonnello Fiorito dell'ITAV per dirgli che il materiale era già stato spedito. Qualche tempo dopo lo contattai nuovamente per chiedergli che fine aveva fatto quel materiale... rispose che si trovava in cassaforte e che nessuno si era presentato per ritirarlo...". Da queste dichiarazioni emerge chiaro che il Fiorito, dopo aver consegnato il materiale di Licola e Marsala all'AG di Roma il 22 luglio 80, restò in possesso di altro materiale, tra cui sicuramente quello di Poggio Ballone".

Il tenente colonnello Vespasiani del 1° Reparto - Difesa Aerea -, nel diario storico dell'ITAV, relativo al mese di luglio 80 scrive di aver consegnato al 2° Reparto - Traffico Aereo - per il successivo inoltro alla Commissione d'inchiesta le registrazioni radar e TBT dei siti di Licola, Marsala e Poggio Ballone. Di queste registrazioni non è stata mai trovata traccia presso gli archivi dell'ITAV né è risultato che siano state trasmesse ad altri enti. Questo documento è stato rinvenuto, per la prima volta, nel corso del sequestro all'ITAV del 19.02.96.

In data 10 settembre 80, il Comando Gruppo Carabinieri di Palermo richiede la documentazione relativa al decreto di sequestro dell'AG di Palermo del 5 luglio 80, cioè le registrazioni intercettazioni radar dei siti operanti sul Mar Tirreno dalle ore 18.00Z alle ore 21.15Z, ancora ineseguito per la necessità del nulla osta del Gabinetto Ministero della Difesa; nulla osta che era stato concesso però già nell'agosto 80. Fiorito a questa richiesta risponde che la documentazione era stata già consegnata in data 22 luglio 80 all'AG di Roma. Anche in questo caso appaiono omissioni nella condotta del Fiorito. Infatti se da un lato effettivamente erano stati consegnati i plottaggi di Licola e Marsala all'AG di Roma, d'altro lato il decreto di Palermo faceva riferimento anche agli altri Centri radar che operavano sul Mar Tirreno, e cioè Siracusa, Poggio Ballone, Poggio Renatico, Potenza Picena, Capo Mele e Mortara. Di conseguenza il Fiorito avrebbe dovuto far presente la mancanza della documentazione relativa a questi siti e adoprarsi presso i Comandi AM competenti.

Egli nulla ricorda di un'annotazione del 13.09.80, rinvenuta e sequestrata all'ITAV il 19.02.96, nella quale è riportato: "il Capo Ufficio Operazioni del 21° CRAM (capitano Pongiluppi) a seguito di comunicazione telefonica del colonnello Fiorito De Falco 2° Reparto Traffico Aereo, ha comunicato che presso il 21° CRAM esisteva tutta la documentazione scritta relativa all'incivolo Itavia IH-870, ad eccezione dei nastri magnetici o pizze, per le quali, non avendo ricevuto in proposito alcun ordine di conservazione (telex 1a R.A.) aveva provveduto alla cancellazione secondo le norme, dopo 30 giorni." L'interesse del Fiorito ai nastri di Poggio Ballone in quel periodo consegue ad una specifica richiesta del perito d'ufficio prof. La Franca; come d'altra parte risulta anche dalle annotazioni sul suo quaderno brogliaccio.

In data 5 marzo 90, annota nella sua agenda personale di aver proceduto alla interpretazione di frase pronunciata su un nastro avuto dall'Aeronautica. Non sa però precisare di che nastro si trattasse, se di un nastro di registrazione o di nastro - cassetta. Ricorda che gli era stato inviato dal Sottocapo dell'epoca, generale Giordo. Dalla annotazione sull'agenda emerge che la frase da interpretare concerneva un nastro di Marsala e che essa era esattamente quella pronunciata nella telefonata delle ore 19.00Z canale 22, che i periti fonici avevano trascritto: "il TST per il MiG lo mettiamo". Egli invece la interpreta: "il TST per l'ICS lo mettiamo".

In realtà solo nel 95, con l'identificazione del militare che aveva pronunciato quella frase, il sergente Arena Giuseppe del sito di Siracusa, si è venuti a conoscenza dell'esatta pronuncia: "il TST per l'EX lo mettiamo", che letteralmente significa "mettiamo la tabella situazione tattica per l'esercitazione".

Comunque di tale richiesta d'interpretazione non esiste e non si è mai rinvenuta alcuna richiesta formale da parte dell'AM al S.I.S.MI, né l'episodio è ricordato dal generale Giordo.

In data 2 luglio 90, l'Ispettore dell'ITAV, generale Pugliese che aveva ricevuto la notifica del decreto di sequestro dei nastri e della Track History di Poggio Ballone, interpella il Fiorito, il quale annota nella sua agenda: "Pugliese per questione Poggio Ballone. (ITAV con colonnello Gaudio e t. colonnello Pascarella). A suo tempo quando mi si presentarono due ufficiali di Polizia Giudiziaria con la richiesta di consegna del materiale incivolo I-Tigi non si faceva menzione di Poggio Ballone nè tra l'altro aveva rilevanza in quanto la sua portata era inferiore di almeno 100 km dal luogo dell'incivolo. Se come risulta la Track History fu mandata a Trapani Birgi e di lì a ITAV Traffico, due sono le cose: o l'ho consegnata o è in archivio". Il giorno 3 luglio 90 annota ancora: "Telefonato generale Pugliese: sta per consegnare la documentazione richiesta ad AG su Poggio Ballone specificando che la TH del radar è quella ricevuta da SMA in quanto l'altra non si trova né era una delle 5 copie uguali, probabilmente in archivio morto. Esistono comunque i nastri originali di Poggio Ballone da cui sono state tirate le copie. A mia memoria ho dato tutto il materiale disponibile e/o ricevuto". Il 4 luglio 90, sempre nell'agenda: "ANSA 1626: Il giudice Bucarelli ha ricevuto il materiale TH di Poggio Ballone dal 1° SOC. E' in grado di esaminarlo ma si chiede come mai non fu inviato a Trapani nel luglio 80 come ordinato da Procuratore Guarino e Santacroce. In effetti Guarino dette l'ordine e Pentericci lo inviò all'ITAV come risulta, anche se malamente a ITAV pervenne pure direttamente da 1° SOC solo stralcio tracciati".

Da queste annotazioni si evince chiaramente che il Fiorito venne interpellato dal generale Pugliese per ricercare la documentazione di Poggio Ballone. Il generale Pugliese invece nega sia l'incontro che il contatto telefonico con il Fiorito. Anche Fiorito, nell'interrogatorio del 20.12.96, nega di aver mai visto la lettera del 21 luglio 80 trasmessa da Trapani alla sua attenzione, ma parla di un telegramma. Così testualmente: "...Pugliese mi fece vedere questo telegramma in cui si parlava oltre che della documentazione e c'era una sigla che posso pensare fosse anche la mia sigla... . Era un telegramma che non venne registrato. No, non era questa la lettera".

Il 15 ottobre 90, Fiorito annota nella sua agenda: "Visita a Pugliese per rinfrescarmi la memoria su questione Ustica...". Anche in questa circostanza mentre il Fiorito ammette di essersi recato all'ITAV per consultare documentazione al fine di essere "preparato" per l'esame testimoniale che avrebbe dovuto sostenere il 16 ottobre davanti a questo GI, e di aver salutato anche il generale Pugliese, quest'ultimo anche su questo punto, nega qualsiasi contatto con il Fiorito.

Il 17 ottobre 90, Fiorito annota nella sua agenda: "Telefonato Pugliese per dirgli che sono stato convocato da Procuratore per testimonianza su Ustica. Nulla di particolare da riferire". Mentre Fiorito conferma il contatto con il Pugliese, costui ancora una volta nega la conversazione.

Nel corso dell'atto dell'11.04.95 il Fiorito prende visione di un documento, risalente al maggio 89, intitolato Appunto - Ustica - perizia giudiziaria, rinvenuto a seguito di sequestro presso la sede dell'Azienda Nazionale Assistenza al Volo di Roma negli uffici del generale Nardini Stelio. Al Fiorito viene chiesto il motivo per cui il documento agli atti del S.I.S.MI risulta firmato in ogni foglio, mentre in quello sequestrato al Nardini risulta privo di qualsiasi sottoscrizione. Fiorito così risponde: "...io stilai l'appunto che considero una sorta di analisi non approfondita... io ignoravo che in salita e poi in discesa, l'appunto poi sarebbe confluito nell'ufficio del Consigliere Militare che all'epoca era il generale Nardini. Tale circostanza l'apprendo adesso... evidentemente è stato inviato in fotocopia privo di sottoscrizione...". Si rammenti che nel 1989 il generale Nardini era il Consigliere Militare presso la Presidenza della Repubblica.

In conclusione sono emerse prove più che sufficienti delle condotte contestate. L'imputato in primo luogo ha reso dichiarazioni false e reticenti. Tale condotta è stata contestata - come rileva il PM - in fatto negli interrogatori ed anche sussunta sotto l'ipotesi di cui all'art.372, c.p., anche se il "nomen juris" di tale reato non è espressamente menzionato in sede di comunicazione giudiziaria, in quanto ad inizio dell'interrogatorio del 6 dicembre 96 questo Ufficio espressamente afferma che oggetto di contestazione sono anche le dichiarazioni rese all'AG, pur genericamente inquadrate come favoreggiamento.

Ma la falsa dichiarazione secondo cui i nastri radar non erano estraibili dal computer s'è consumata nel luglio 80. A prescindere perciò dalla sua qualificazione, come favoreggiamento o come induzione in errore dei pubblici ufficiali nella redazione del verbale di sequestro (artt.476 e 479), il reato è prescritto.

Anche la parte della condotta dichiarativa consumata dinnanzi a questo GI deve essere distaccata dal riferimento all'art.378 c.p. e deve quindi essere interamente ricompresa nell'ipotesi di testimonianza falsa e reticente. Questa ipotesi di reato così come quelle previste dall'art.351 c.p. sono prescritte.

Non è invece prescritta l'imputazione di falsa testimonianza per le deposizioni rese dinnanzi a questo GI. Al riguardo però si deve rilevare che il 26 dicembre ultimo scorso il Fiorito è deceduto (v. certificato di morte Comune di Ariccia, 08.01.99). A questo reato deve perciò applicarsi questa causa di estinzione.

Pertanto deve dichiararsi non doversi procedere per estinzione del reato a causa di prescrizione al riguardo delle imputazioni specificate sub AD) e AE); deve invece dichiararsi non doversi procedere per estinzione del reato per morte del reo per la falsa testimonianza specificata sub AC).

4. Inzolia Vincenzo.

Il capitano Inzolia Vincenzo all'epoca dei fatti era il comandante della Compagnia dell'Arma dei Carabinieri di Crotone.

Nell'ambito del presente procedimento è stato indiziato dei reati di falsa testimonianza (art.372 c.p.) e di favoreggiamento personale (art.378, c.p.) sulla base dell'assunto che avrebbe affermato, contrariamente al vero di non essersi mai interessato del disastro di Ustica. Infatti, ampiamente sentito nel corso dell'istruttoria (v. esami del 11.04.87, 18.07.88, 13.03.91 02.10.91 ed interrogatorio del 13.07.92), ha sempre riferito in tal senso, negando in particolare di aver telefonato la sera del disastro al maresciallo Malfa, comandante dell'Aeroporto "S. Anna" di Crotone per chiedere informazioni sulla caduta dell'aereo. E questo in un orario in cui gli stessi enti dedicati al soccorso ben poco sapevano sulla natura dell'evento; erano infatti incerti sulla localizzazione del relitto e pertanto sulla consistenza del disastro; addirittura, quantomeno in una prima fase, non avevano escluso l'ipotesi della interruzione delle comunicazioni radio e del dirottamento.

Invece il sottufficiale di Crotone, telefonando su sollecitazione di Inzolia, già parla di incidente, peraltro avvenuto, lo si ricorda, nel basso Tirreno e quindi in un'area assolutamente fuori dalla competenza dell'ufficiale dell'Arma, in una rotta che non avrebbe dovuto sorvolare né infatti sorvolò, il territorio di Crotone o territori circostanti.

Le dichiarazioni rese da Inzolia in effetti non trovano alcuna corrispondenza con le risultanze istruttorie, in particolare con la nota telefonata del 27.06.80 registrata presso il Centro di Martina Franca alle ore 22.03Z, ed avvenuta tra Malfa, dall'Aeroporto di Crotone, ed un operatore del 3° ROC, il Comando di maggior rilievo sotto il profilo informativo e di attivazione degli interventi operativi per la ricerca del velivolo scomparso.

Considerata la notevole evidenza del coinvolgimento dell'Inzolia nella conversazione di quella notte, se ne riportano, essendo stato trascritto il testo integrale in altra parte di questo provvedimento, solo i brani di maggior rilievo (M sta per Malfa e U per il suo interlocutore di Martina Franca):

...

M - dunque il...capitano dei Carabinieri del...di Crotone.

U - eh!

M - mi ha chiesto delle particolarità o delle informazioni

di un incidente di un DC9.

U - perché l'ha chieste?

M - ma non lo so, io..

U - e guardi purtroppo, siete interessati direttamente alle operazioni di ricerche?

M - no, noi no.

U - ecco, guardi io purtroppo sono direttamente interessato.

M - ho capito.

U - quindi ho i minuti contati, se sono notizie importanti per la ricerca ... me le dica, altrimenti non posso darle notizie.

M - va bene, siccome il Capitano dei Carabinieri... il Comandante dei Carabinieri di Crotone

U - eh!

M - voleva sapere delle informazioni circa questo incidente.

U - guardi non le posso dire ancora niente di...di sicuro.

M - d'accordo.

U - la ringrazio.

...

Non s'ha dubbio che il Comandante del Distaccamento AM si riferisca al nostro Inzolia, comandante della Compagnia Carabinieri di Crotone. E in effetti il capitano Inzolia è l'ufficiale dell'Arma incaricato, pur fuori dalla sua competenza territoriale, di dirigere il sopralluogo e le conseguenti operazioni dei Carabinieri subito dopo la notizia della caduta del MiG23. E' colui che raggiunge il luogo di caduta per primo, esamina i reperti, è presente il giorno dell'autopsia del pilota libico. E' colui che organizza presso la sede della Compagnia l'incontro avvenuto qualche giorno dopo tra il maggiore medico dell'AM e i periti medico-legali della Procura di Crotone nel caso del MiG.

Ritornando però alla telefonata del maresciallo Malfa, costui, dopo aver dapprima negato, aveva ammesso che quella notte gli aveva telefonato in aeroporto il capitano Inzolia per avere informazioni su un DC9 che era scomparso, o meglio, per avere "particolarità o informazioni di un incidente di un DC9". Da notare che il Malfa già parla di incidente quando, come su accennato, gli stessi soccorritori erano ancora notevolmente incerti sulla natura dell'evento. (v. esame Malfa Sebastiano, GI 05.08.91).

Il sottufficiale dopo aver contattato il 3° ROC di Martina Franca aveva chiamato il capitano Inzolia per riferirgli di aver appreso poco o niente. Inoltre, subito dopo l'ascolto della registrazione, Malfa proprio a proposito delle telefonate intercorse con Inzolia, ha ricordato con certezza che furono tre: la prima l'aveva ricevuta presso la propria abitazione sicuramente dopo le 22-22.30; successivamente dopo le ore 24.00, fu lui a chiamare Inzolia per comunicargli che non vi erano altre notizie e che erano in corso delle ricerche; infine, il giorno successivo, verso le ore 09.00 era stato Inzolia a richiamarlo per avere novità relative alle ricerche, ma egli gli aveva risposto che non ve ne erano.

Pertanto, tenuto conto di questo intenso scambio di comunicazioni intervenute a ridosso del tragico evento del 27.06.80, si contestava all'indiziato, esaminato all'epoca in qualità di teste, che le sue dichiarazioni non trovavano alcun riscontro con gli atti processuali. Ma Inzolia ribadiva puramente e semplicemente di non essersi mai interessato al disastro di Ustica nè il giorno dell'evento nè in tempi successivi senza apportare alcuna motivazione alla sua negativa. Non ricordava nemmeno come fosse venuto a conoscenza, del disastro ma probabilmente, affermava, attraverso i media, cioè i giornali e la televisione. Anzi più facilmente attraverso i primi, giacché all'epoca viveva in caserma nell'edificio della Compagnia, in una piccola stanza ove non c'era nemmeno l'apparecchio telefonico, giacché l'alloggio di servizio era ancora occupato dal suo predecessore. E quindi non attraverso note o altre comunicazioni per il suo Ufficio - che altrimenti avrebbe esibito - nè attraverso la televisione. Con ogni probabilità dai giornali, ma questo significa solo l'indomani mattina, come quindi riconosce. E perciò quel suo interessamento la sera a breve tempo di distanza dal disastro deve trarre origine da informazione o notizia di altro canale. Ma ovviamente egli nulla riferisce al riguardo.

Esclude poi che quella sera abbia chiamato o fatto chiamare l'aeroporto di Crotone per sapere notizie sul DC9, aggiungendo che una chiamata del genere sarebbe stata impossibile perché l'aeroporto all'epoca chiudeva al tramonto del sole. Successivamente nel corso dell'interrogatorio, dopo aver escluso "di aver chiamato quella sera sia il tenente che il sottufficiale Malfa", soltanto a seguito della contestazione del contenuto della telefonata, ipotizzava che la sala operativa della Compagnia, appresa la notizia della caduta del DC9 Itavia, potesse aver telefonato al maresciallo Malfa (v. interrogatorio Inzolia Vincenzo, GI 13.07.92). Ma anche questa ipotesi si è immediatamente dimostrata infondata, giacchè viene smentita dallo stesso comandante della legione dei Carabinieri di Catanzaro, colonnello Livi, che dichiara a questo GI che la Legione non si era occupata mai del disastro di Ustica (v. esame Livi Angiolo, GI 19.09.91); né d'altra parte è stata mai rinvenuta documentazione in tal senso.

A tal punto deve essere sottolineato che Inzolia dopo la contestazione della telefonata, ribadisce di non essersi interessato alla caduta del DC9, dichiarando di non riuscire ad immaginare a che titolo avrebbe potuto interessarsi a quell'evento, che sicuramente non ricadeva nella sua giurisdizione. E in effetti egli qui, non si sa quanto consapevolmente, evidenzia quella circostanza fondamentale che impedisce la spiegazione del fatto e cioè l'assoluta carenza di competenza sull'evento. Non avrebbe potuto d'altronde, insiste l'indiziato, nemmeno chiamare l'aeroporto perché a quell'ora era già chiuso. Avrebbe soltanto potuto chiamare il distaccamento, ove conosceva un tenente dell'Aeronautica Militare, trasferito da poco e di cui non ricorda il nome.

Contestatogli che dagli atti risulta il nome di colui che fece la telefonata da Crotone a Martina Franca, ricorda che v'era anche un sottufficiale di nome Sebastiano, quindi immediatamente aggiunge, di cognome Malfa. Di costui ricorda anche che aveva un figlio che a metà anni 80 si sarebbe arruolato nell'Arma dei Carabinieri. Si sovviene pure che questi è sottufficiale in provincia di Ragusa, quanto meno sino a dicembre 90, poiché di là gli manda gli auguri di Natale, mentre il padre è già in pensione e vive a Siracusa. Esclude comunque di aver chiamato quella sera sia il tenente che il sottufficiale Malfa.

Contestatogli che la persona che fece quella telefonata è proprio il maresciallo Malfa, ripete di non essersi interessato all'aereo di Ustica. Ma aggiunge - rendendosi conto del peso delle contestazioni e non sapendo dare ovviamente alcuna spiegazione al suo comportamento - che se lo fece, fu per curiosità, giacché non riesce a vedervi altri motivi. E comunque non dà alcuna spiegazione su come sarebbe venuto a conoscenza di quell'incidente.

Contestatogli che quella telefonata è l'unica in tutta Italia d'interessamento al disastro pervenuta quella sera e in quella notte, e contestatogli altresì che avrebbe dovuto ricordare l'episodio perché a sole tre settimane di distanza sarebbe intervenuto per ordine del colonnello Livi in agro di Castelsilano sul luogo di caduta del MiG23, e i due fatti sin dall'immediatezza erano stati ritenuti connessi al punto che la Procura di Roma che procedeva sul disastro di Ustica aveva richiesto a pochi giorni di distanza della caduta del MiG l'autopsia del pilota libico; contestatogli, si ripete, le dette circostanze, afferma di aver saputo soltanto dopo qualche tempo che l'autopsia era stata richiesta dalla Procura di Roma. E si ricorda che egli è sempre stato presente sui luoghi meno due giorni - cioè il 20 e il 21 luglio, concessigli per la nascita di un figlio - e v'è stato anche il giorno dell'autopsia; e ivi è stato restando accanto al magistrato della Procura locale, ufficio che agiva ben conoscendo le istanze romane.

Contestatogli che l'ipotesi della connessione era stata sostenuta in quello stesso torno di tempo anche dalla stampa, asserisce che in quel periodo non aveva tempo di seguire la stampa "perché impegnatissimo negli affari correnti e non direttamente interessato all'episodio". E qui è difficile capire cosa debba fare di più un ufficiale dei Carabinieri, un ufficiale di P.G., un pubblico ufficiale, oltre quello che egli ha posto in essere, per essere definito direttamente interessato al fatto.

Nell'ambito di altro interrogatorio tenta poi di dare una spiegazione a titolo, come egli stesso spiega, "meramente ipotetico e speculativo". In prima ipotesi - che, premette, è piuttosto inverosimile, giacché, essendo al tempo senza famiglia, normalmente cenava fuori caserma - stima che possa aver appreso dell'incidente dalla televisione, e che per una sorta di dovere - parla di "fatto meramente istituzionale" - al fine di verificare che nulla fosse successo sul suo territorio, si sia rivolto all'unico organo tecnico cui poteva rivolgersi e cioè al distaccamento dell'Aeronautica presso l'aeroporto di S. Anna. In verità non si capisce come quel distaccamento o gli organi AM da esso contattati potessero riferire più e meglio delle stazioni che sottostavano a quel comando di compagnia su quanto fosse accaduto sul territorio. L'AM avrebbe potuto riferire sulla natura della scomparsa o sulle cause della caduta di un velivolo, che comunque con la sua rotta Bologna-Palermo nulla assolutamente aveva a che fare con il territorio di Crotone. Egli stesso, a conclusione della formulazione di questa ipotesi, la definisce improbabile.

La seconda dovrebbe essere, teoricamente, più verosimile. E cioè egli suppone che ci sia stata, come in tutti i casi di incidenti, una attivazione automatica, di richiesta di informazioni da parte del Gruppo o della Legione. In questo caso, è lo stesso Inzolia a precisarlo, non vi sarebbe stata però necessità che egli, quale comandante, si attivasse di persona, bensì sarebbe stata la centrale operativa della compagnia e cioè l'operatore di turno a formulare le richieste al distaccamento dell'AM. Come per la prima conclude che si tratta di ipotesi. Dell'attivazione - che se vi fosse stata avrebbe lasciato documentazione a bizzeffe - ovviamente nessuna traccia. Entrambe le ipotesi, ribadisce, non corrispondono assolutamente al ricordo.

Nel corso del lungo interrogatorio, Inzolia si sofferma sulla "cordialità" dei suoi rapporti con il maresciallo Malfa. Costui aveva conosciuto il padre del capitano ad Augusta, ove quest'ultimo, avvocato, frequentava le riunioni conviviali del locale circolo ufficiali dell'AM presso l'idroscalo. Allorché esso Inzolia aveva assunto il comando della compagnia di Crotone, Malfa che già prestava servizio all'aeroporto di S.Anna, gli si era presentato ricordandogli il rapporto di amicizia che lo legava al padre. (v. interrogatorio Inzolia Vincenzo, GI 13.07.92)

Solo in seguito, stante l'estrema ed ineludibile evidenza dei fatti, l'imputato, pur avendo ammesso che avrebbe potuto anche richiedere notizie, non riesce assolutamente a fornire plausibili motivazioni di quel suo accertato interessamento.

In conclusione, a proposito del suo intervento quella sera della caduta del DC9, Inzolia non è stato assolutamente in grado di contrastare le contestazioni nè ha saputo dare una spiegazione ragionevole del suo intervento. Egli stesso di quelle date dice che sono improbabili e non corrispondono al ricordo. Quella sua iniziativa, che di certo non può nascere dal nulla, deve trovare ragione in un qualche evento verificatosi nel suo territorio o in quelli vicini (Cirò, S. Giovanni in Fiore od altri) evento di cui era venuto a conoscenza tramite la sua rete informativa. Non v'è altra spiegazione ragionevole. Egli sa, ricorda, ma non vuol riferire; in questo caso come in altri.

A proposito della gerarchia sovraordinata all'ufficiale occorre ricordare che questo Ufficio si è occupato anche del suo diretto superiore, il colonnello Livi, che all'epoca dei fatti comandava la legione dei Carabinieri di Catanzaro. Egli fu informato del fatto nelle prime ore del pomeriggio e si recò sul luogo ove ebbe modo di vedere, seppur non da vicino, il relitto del velivolo che aveva urtato sul fianco di un canalone.(v. esame Livi Angiolo, GI 19.09.91).

Non ricorda quale compagnia, se quella di Cirò o di Crotone avesse competenza sul luogo di caduta. Ricorda però che vi si recò uno dei comandanti di queste due compagnie, quello della compagnia non competente territorialmente. Esclude di aver deciso di mandare quel comandante; costui, appare dalle sue parole, agì d'iniziativa; egli avrebbe soltanto avallato questo comportamento. Ma poi preso atto che sia il comandante della Compagnia che quello del Gruppo avevano dichiarato che la decisione era stata la sua, non ha "difficoltà a correggere quanto detto". La decisione fu presa "sul tamburo", fu quindi orale e di essa non dovrebbe esserci traccia scritta.

Esclude di aver sentito dire che gli aerei in volo fossero tre. Così come esclude che circolasse una voce secondo cui il velivolo precipitato era tunisino. Sin da subito si disse che era libico. Non ricevette mai notizie sul DC9 Itavia, così come non s'interessò mai al fatto, nemmeno su sollecitazione dei parenti delle vittime. Ricorda di aver richiesto ausilio al comandante della zona militare di Cosenza, come ricorda dell'esistenza di una linea telefonica volante, sicuramente collocata dall'Esercito. Egli sul posto mandò per le operazioni di vigilanza uomini della compagnia speciale di Rosarno, normalmente impiegati per la ricerca di catturandi o di covi di sequestrati.

Dal comando della Legione fu trasferito al S.I.S.MI, alla direzione della 1ª Divisione, succedendo al colonnello Notarnicola. Il colonnello Livi è quindi un altro personaggio di questa vicenda, si deve osservare, passato al Servizio Militare, in una posizione di prestigio e in successione a colui che dal S.I.S.MI tanto si era interessato al caso del MiG, al punto tale che al riguardo della salma del pilota aveva elaborato con Tascio un piano, che proprio da loro due prese nome.

Dunque Inzolia, ha avuto un ruolo di particolare rilevanza anche nel rinvenimento del MiG23 libico in Agro di Castelsilano.

Infatti egli, ancora una volta incompetente territorialmente, (come s'è visto ha rappresentato a questo Ufficio che sostituiva il Comandante effettivo della Compagnia di San Giovanni in Fiore) - su incarico del Comandante della Legione di Catanzaro, colonnello Livi, - che mal ricorda questa sua disposizione - si reca sul luogo di caduta del MiG23 libico per dirigere e coordinare tutte le operazioni dei Carabinieri.

In particolare contestatogli che quell'evento, ricadeva in altra giurisdizione, sicuramente non in quella di Crotone e cioè della compagnia da lui comandata, dichiara che fu inviato sul luogo, perché sia il comandante della tenenza di S.Giovanni in Fiore che il comandante della compagnia di Cirò Marina erano assenti. In un primo momento era sorto, ammette, il dubbio sulla competenza tra S.Giovanni in Fiore e Cirò Marina, giacché non si conosceva con esattezza il luogo di caduta. Il dubbio, asserisce, venne dissipato solo al momento in cui esso fu raggiunto.

A dir il vero questo punto di caduta era stato sempre chiaro. Tutti i testi oculari, avevano parlato di agro di Castelsilano e avevano riferito ai Carabinieri di Caccuri. Ma quand'anche vi fosse stata l'incertezza di cui parla Inzolia, questa avrebbe riguardato S.Giovanni e Cirò e non Crotone. E comunque sia S.Giovanni che Cirò avevano dei comandanti che reggevano in luogo degli ufficiali assenti.

Nel corso di quella attività, esaminò i reperti del MiG libico, presenziò all'autopsia del pilota e ricevette il maggiore Simini ed i periti medico-legali presso il suo Ufficio. Si portò sulla zona di caduta del MiG23 unitamente al maresciallo Raimondi (sottufficiale dell'Arma dei Carabinieri che all'epoca dei fatti comandava la squadra di PG della Compagnia di Crotone). Ma anche in questo caso le dichiarazioni rese da Inzolia non chiariscono fatti e circostanze sull'incidente dell'aereo libico. Anzi, le sue dichiarazioni sono palesemente in contrasto con quelle rese dal maresciallo Malfa. A proposito della cronologia del suo intervento dichiara a questo Ufficio: "...verso le 15.00 mentre mi trovavo a casa del Dirigente del Commissariato di Crotone dr. Bagnato, sono stato raggiunto da una telefonata del Comando della Compagnia che mi ha informato... il Comandante della Legione mi ha informato che nei pressi di Castelsilano era caduto un aereo".

Invece il maresciallo Malfa, appositamente esaminato (v. esame Malfa Sebastiano, GI 05.08.91), ha dichiarato che: "anch'io andai sul posto, arrivai intorno alle ore 14.30. Fummo avvisati dalla torre di controllo intorno alle ore 14.00. La torre di controllo fu chiamata dai Carabinieri del luogo. Raggiunsi il posto con la macchina dell'AM e sul posto c'erano già i Carabinieri comandati dal capitano Inzolia". Ma tali discordanze d'orario sono quasi ininfluenti di fronte a ben più sostanziali circostanze che caratterizzano l'azione dell'indiziato nella specifica ricerca svolta sul luogo di caduta dell'aereo libico.

Inzolia ricorda che il maresciallo Raimondi gli fece pervenire il casco del pilota da lui recuperato, sul quale era applicata una striscetta adesiva con le parole "El Kal" oppure "Al Kal" in stampatello. Ma non riesce a ricordare a chi l'abbia consegnato e fornendo notizie assolutamente frammentarie ipotizza "credo che lo lasciai in macchina per poi... e poi... l'avrò consegnato a qualcuno, non mi ricordo insomma, probabilmente al Magistrato". Di fronte alla richiesta se avesse adempiuto ad una doverosa formalizzazione di PG, a sua memoria dice di non ricordare di aver compiuto alcun atto in quelle specifiche circostanze.

Inzolia, nell'immediatezza del fatto, la sera stessa o l'indomani mattina, aveva escusso a verbale alcune persone del luogo. Ma ancora una volta, anche per questa importante attività di individuazione di testimonianze di rilievo non ha alcun ricordo degli atti di polizia giudiziaria redatti, "...se non ricordo male... su un foglio di carta da block notes...".

Anche sulle vicende del cadavere del pilota libico, in analogia con le altre circostanze, Inzolia tende a dichiararsi estraneo, assumendo un atteggiamento di chiusura nell'affrontare l'argomento. Infatti, ricorda che il maresciallo Raimondi gli riferì che il cadavere non emanava alcun odore, precisando che, a suo giudizio, era "fresco". Esclude di averlo visto personalmente lo stesso giorno che si recò sul posto di caduta. Lo vide a distanza di quattro o cinque giorni dal fatto, in occasione dell'autopsia. Ha affermato di non aver partecipato a questo atto; in particolare di non aver seguito neppure le operazioni dei periti all'interno della camera mortuaria del cimitero di Castelsilano, giacchè lo spazio all'interno del locale era limitato e già vi erano i professori Zurlo e Rondanelli con un suo assistente e due sottufficiali Casalino e Lo Giacco.

In proposito il maresciallo Cariati (sottufficiale dell'Arma, all'epoca dei fatti comandante il Nucleo Operativo della Compagnia di Crotone) che accompagnò il capitano Inzolia il giorno del disseppellimento e dell'autopsia, smentisce le affermazioni dell'ufficiale sostenendo che Inzolia partecipava continuativamente, seppur con brevi pause, alle operazioni riguardanti il cadavere del pilota.

Riguardo alle persone che avevano assistito all'autopsia presso la camera mortuaria del cimitero di Castelsilano si rileva che mentre il Cariati è in grado di rilasciare informazioni significative, anche sulla presenza di personale appartenente ai Servizi d'informazione, il capitano Inzolia fornisce una risposta evasiva e ben più limitata di quella del suo dipendente e pur sapendo che il rappresentante del S.I.S.MI di Catanzaro era un maresciallo dei Carabinieri, esclude di aver avuto rapporti con lui.

Il capitano tenta di dare alla sua presenza alle operazioni il valore di una mera "comparsa", ma questo Ufficio è ben consapevole del ruolo direzionale e pienamente ricognitivo rivestito dall'Inzolia che, tra l'altro, ebbe immediato contatto con il Capo del 2° Reparto, generale Tascio, appena quest'ultimo si era recato sul posto.

Altro episodio sul quale s'è verificato un atteggiamento di totale chiusura dell'imputato - di più, di vero e proprio depistaggio, perché non si fossero trovati riscontri, non sarebbe stato possibile, proprio in virtù della negativa dell'Inzolia, dare alcun credito alle dichiarazioni dei periti Zurlo e Rondanelli - è quello relativo all'incontro presso la sede della Compagnia CC. di Crotone tra i predetti due periti e un ufficiale vestito di bianco proveniente da Roma. Inzolia, come al solito, ha escluso di ricordare l'episodio, anzi ha aggiunto che presso le nostre Forze Armate non esisteva alcuna divisa di colore bianco, implicitamente irridendo le dichiarazioni dei due periti. E per una ricostruzione di fantasia tali dichiarazioni sarebbero state sicuramente prese, se non si fosse casualmente rinvenuta documentazione in un'acquisizione presso l'AM relativa a questa missione; missione effettuata dal maggiore Simini, che ha confermato il fatto, ha specificato che l'incontro fu organizzato presso la Compagnia CC. di Crotone, ha aggiunto che indossava quel giorno un abito bianco. In particolare il Simini ha dichiarato di essere stato appositamente inviato in Calabria per disposizione del SIOS, al fine di parlare con uno dei due periti, in questo caso il prof. Zurlo Anselmo, che sosteneva una data della morte del pilota anteriore a quella del ritrovamento. Certo il fatto dimostrato che il SIOS ben sapeva del ripensamento dei due periti e quindi dell'esistenza di un supplemento di perizia, così come nutriva un forte interesse a seguire la vicenda e con ogni probabilità a che la versione non venisse modificata. Si trattava comunque di un interesse non ufficiale perché nulla risulta in atti. Nella sua relazione il Simini indicava di essersi trattenuto a Crotone dalle ore 18.30 alle ore 20.45 del 25 luglio e di aver avuto contatti anche con il maresciallo De Giosa del SIOS di Bari e con un sottufficiale dei Carabinieri, di cui non sapeva dare il nominativo, sottufficiale che aveva fornito utili informazioni per aver seguito personalmente le fasi dell'autopsia.

Come ben si può notare Inzolia, se non fosse stato sbugiardato dalla documentazione AM e dalla testimonianza Simini, avrebbe inficiato la credibilità dei periti della Procura di Crotone ed avrebbe fatto cadere nel dimenticatoio questa importante vicenda.

Resta incomprensibile anche l'attività operativa svolta sempre dal capitano Inzolia in collaborazione con l'Elinucleo dell'Arma dei Carabinieri di Vibo Valentia proprio in alcune giornate appena precedenti la data di rinvenimento del MiG23 libico. Infatti in esito ad una intensa attività investigativa e di analisi documentale condotta da questo Ufficio sui vari supporti operativi ed amministrativi - in particolare sul "libro dei voli" e sui "fogli di volo" registrati presso l'Elinucleo di Vibo e sulle innumerevoli e confusamente conservate "strips", compilate presso la torre di controllo del S.Anna di Crotone - è risultato un quadro di operatività elicotteristica precedente il 18.07.80 proprio nell'area Crotonese-Silana; attività che prende avvio il giorno 11.07.80 con una missione formalmente registrata di "aerocooperazione terrestre". Tale missione è stata svolta dal capitano Inzolia unitamente al maresciallo Raimondi e dalla trascrizione del libro dei voli dell'Elinucleo di Vibo Valentia si è rilevato che l'ufficiale si è levato in volo su un elicottero tipo MM81040 ed ha svolto la missione nell'orario dalle ore 10.30 alle ore 11.30.

Inzolia interrogato sull'attività effettivamente svolta ha saputo soltanto riferire che il suo volo era finalizzato a ricerche di un deposito di macchine rubate. (v. interrogatorio Inzolia Vincenzo, GI 13.07.92). Mentre a proposito di questo volo del capitano Inzolia un altro ufficiale dell'Arma, il tenente colonnello Santoliquido Claudio - all'epoca dei fatti elicotterista e comandante interinale dell'Elinucleo di Vibo Valentia - riferisce a questo GI che generalmente l'ufficiale "...viene in volo solo in determinate occasioni: una cosa gravissima..." e cioè l'attività volativa dei Comandanti territoriali dell'Arma è alquanto sporadica e comunque determinata da fatti veramente di rilievo (v. interrogatorio Santoliquido Claudio, GI 05.07.96).

Questo Ufficio ha rilevato che, a prescindere dalla plausibilità di quella missione, che precede di alcuni giorni la data convenzionale di rinvenimento del MIG nell'area crotonese, l'ufficiale dell'Arma non aveva svolto, quantomeno dal novembre 79, alcun analogo intervento di aerocooperazione; le stesse missioni volative dell'Elinucleo di Vibo nella zona di caduta del MiG, dal novembre 79 erano consistite in soli tre interventi, mentre nel breve periodo tra il 28 giugno ed il 18 luglio 80 risultano ben quattro nella stessa area.

Infine occorre notare che per quanto riguarda gli altri componenti dell'equipaggio in volo l'11.07.80 tutti hanno affermato di non ricordare assolutamente alcun particolare sulla natura della missione svolta.

A conclusione si deve affermare che i fatti ascritti all'Inzolia e su cui è stato interrogato, sussistono tutti, ma essendo stati commessi nel 91, prima della novella 306/94, si sono prescritti. Per tale causa di estinzione pertanto si deve dichiarare non doversi procedere a suo carico.

5. Mannucci Benincasa Federigo.

Mannucci Benincasa, ufficiale dell'Arma dei CC, ha prestato servizio nel Servizio militare dal 63 al 7 luglio 93 - (SIFAR-SID-SISMI), ricoprendo gli incarichi, dal 63 al giugno 71, di ufficiale addetto al Centro CS di Padova; dal giugno 71 al marzo 91, di Capo Centro CS di Firenze; dal marzo 91 al luglio 93 (mese in cui lascia il Servizio), di funzionario a disposizione del Capo Reparto presso la Direzione del S.I.S.MI.

L'interesse sulla persona trae origine da più cause: in primo luogo dalla competenza territoriale che il Centro CS del S.I.S.MI di Firenze aveva sul conto delle attività di Marco Affatigato, estremista di destra di Lucca, falsamente indicato con una telefonata anonima come presente a bordo dell'aereo dell'Itavia; in secondo luogo dalla trasmissione da parte del suo Centro alla 1a Divisione del S.I.S.MI di una informativa allegata al foglio nr.5704 datato 18 luglio 81, in cui si riferiva che a bordo dell'aereo dell'Itavia doveva trovarsi anche il magistrato fiorentino, Giovanni Tricomi, che solo "all'ultimo momento" aveva deciso di rinviare la partenza; presumendo così come origine del disastro un attentato al DC9 Itavia, il cui obiettivo sarebbe stato quel magistrato, allo scopo di bloccarne l'attività istruttoria in corso su supposti legami tra esponenti di Prima Linea e cittadini libici; in terzo luogo dalla singolare coincidenza della pubblicazione alla fine di luglio del 1981 - sul periodico "Critica Sociale", a pochi giorni dalla trasmissione dell'informativa del 18 luglio alla Centrale - di un servizio dal titolo "Il Grande Labirinto" a firma di Andrea Pamparana, in cui si faceva cenno, in relazione alla caduta del DC9 Itavia, al mancato viaggio di un giudice a bordo dell'aereo che aveva "disdetto la prenotazione mezz'ora prima della partenza"; poi dai contatti intercorsi prima della pubblicazione dell'articolo tra Mannucci Benincasa, presentatosi come capitano Manfredi, il giudice bolognese Gentile, il capitano Pandolfi dell'Arma dei CC di Bologna ed i giornalisti Giovine e Pamparana di "Critica Sociale"; quindi dalle dichiarazioni che il generale Notarnicola aveva reso in data 21.11.89 alla Commissione Stragi, in cui riferiva che alcuni giorni dopo l'evento il capo Centro Cs di Firenze gli avrebbe detto che la possibilità di un attentato non era da scartare dato che sull'aereo caduto doveva viaggiare un giudice per indagini in Sicilia; infine dalla relazione che Mannucci Benincasa all'epoca intratteneva con l'allora capitano Umberto Nobili del SIOS/A di Firenze.

Sono state già descritte quali attività risultano essere state poste in essere dal Mannucci al riguardo delle indagini sulla strage di Bologna. Il Capo Centro di Firenze é stato oggetto di varie illazioni su una sua non estraneità alla nota telefonata pervenuta alla redazione romana del "Corriere della Sera" il 28 giugno 80 con riferimento alla presenza a bordo del DC9 Itavia dell'estremista di destra Marco Affatigato, che avrebbe dovuto compiere una non meglio indicata missione a Palermo.

In realtà non esistono al riguardo indizi di un qualche rilievo, o altre evidenze né tanto meno riscontri documentali a sostegno di una simile ipotesi. Colpisce, peraltro, una certa analogia tra questa telefonata anonima e altre iniziative similari, queste documentate e accertate, rivolte dal Mannucci e dal colonnello Nobili ai magistrati romani e bolognesi in relazione rispettivamente colonnello omicidio Pecorelli e alla strage di Bologna del 2 agosto.

Mannucci in una memoria sequestrata nel corso della perquisizione domiciliare effettuata nel maggio 93 su decreto dell'AG di Bologna, scrive di non aver "mai diffuso, e tanto meno in via anonima, false notizie nei confronti di Marco Affatigato" e di avere inserito il nome di costui in due rapporti: - il primo, datato 18 luglio 81 - di cui si parlerà infra - in cui segnalava alla propria Centrale la circostanza che sull'aereo avrebbe dovuto viaggiare il GI di Firenze, Vincenzo Tricomi, evidenziando, nel contesto, che la falsa propalazione della notizia su Marco Affatigato potesse configurare un depistaggio; - il secondo, datato 28 agosto 81, consistente in una informativa, richiesta dalla AG di Bologna alla Centrale e con oggetto ogni possibile risultanza su tutta una serie di situazioni concernenti la Toscana, con particolare riferimento alla lunga serie di attentati avvenuti nella tratta ferroviaria Firenze - Bologna. In quella circostanza, fu richiamata la figura di Affatigato, non solo perchè chiamato in causa, nella immediatezza, tanto per Ustica che nelle prime indagini sulla strage di Bologna, ma anche e soprattutto per le dichiarazioni rese, in tempi diversi, sia alla AG (FI) che alla stampa (Secolo XIX di Genova) sui possibili coinvolgimenti di poteri cosiddetti occulti toscani e l'eversione, sia di destra che di sinistra.

L'elaborato si conclude con l'affermazione di "ignorare da dove possa essere scaturita un'accusa così inverosimile ed illogica, anche a livello di mera illazione, attribuente allo scrivente sia la falsa propalazione del nome di Affatigato nella vicenda di Ustica, quando sono invece sicuramente noti e documentati i rapporti tra l'Affatigato stesso ed ambienti riferibili o in contatto a loro volta con altri organi di polizia e d'informazione, sia stranieri che nazionali; sia quella del suo coinvolgimento nella strage di Bologna, quando questo è determinato dal presunto riconoscimento dell'Affatigato da parte di un organo di polizia in un foto-fit fatto da altro organo di polizia".

E' stato accertato che il Centro CS di Firenze, nonostante fosse competente territorialmente sulle attività di Affatigato, non pose in essere alcuna attività a seguito della telefonata anonima che rivendicava falsamente la sua presenza sull'aereo dell'Itavia. L'unica "attività" che appare che il Centro abbia svolto è stata quella della raccolta stampa. Come si é già rilevato in altra parte, il fascicolo di Affatigato comprende complessivamente 86 atti, di cui 37 sono costituiti da ritagli stampa.

Mannucci Benincasa asserisce di non aver svolto alcuna attività sul conto di Affatigato dal momento che della vicenda si stava già interessando la Magistratura come organi di PG e, inoltre, per la inesistenza sia di una competenza diretta del suo Centro dato che il fatto non era accaduto in Toscana, sia di "competenza primaria" in quanto l'Affatigato era considerato un terrorista. Dichiara, inoltre, di non aver mai saputo di collegamenti di Affatigato con i Servizi francesi ed americani, nè che in occasione dell'arresto a Nizza gli fosse stata sequestrata un'agenda. Ciò in contrasto, come rileva il PM, con quanto invece egli stesso pone in evidenza nel rapporto alla Centrale del 28.08.81, in cui fa espresso riferimento alla raccolta di informazioni sui contatti di Affatigato in Francia e sulla sua collaborazione con Autorità italiane (v. esame Mannucci Benincasa Federigo, GI 18.11.92).

E' stato peraltro rilevato, dal materiale documentale acquisito dal Centro CS di Firenze, che dal fascicolo di Affatigato, rinvenuto all'atto del sequestro nella cassaforte ubicata nell'ufficio di Mannucci Benincasa, mancano: la nota in data 11 agosto 77 dei Carabinieri, alla quale si fa riferimento nell'atto 26 settembre 77 (n.31); tutti gli atti presupposti dalla nota 30 settembre 80; la risposta al doc. 64 (richiesta di notizie su partecipazione di Affatigato ad addestramento militare in Camp Derby) che risulta archiviata in altra pratica (2.18.3291/984).

Mannucci Benincasa afferma innanzitutto di non sapere se la disposizione di chiudere in cassaforte il fascicolo di Affatigato venne data da lui stesso o da altri. Non fornisce nessuna spiegazione al fatto che dal fascicolo manchino i riferimenti alla telefonata anonima sulla falsa presenza di Affatigato a bordo dell'aereo dell'Itavia, osservando che "ciò si spiega con il fatto che un appunto del genere é stato posto nel fascicolo "Ustica" (v. esame Mannucci Benincasa Federigo, GI 18.11.92). Ma invero nemmeno nella pratica di Ustica del Centro di Firenze é stato rilevato alcun riferimento, salvo, "ovviamente", i soliti ritagli stampa, di cui i fascicoli di Affatigato e di Ustica del Controspionaggio di Firenze appaiono ricolmi.

L'ipotesi dell'attentato al giudice Tricomi viene ripresa e diffusa dal Mannucci Benincasa in modo del tutto anomalo. Egli anziché riferire la notizia alla Centrale, preferisce in un primo tempo segnalarla ai giornalisti di Critica Sociale, ai quali si era presentato sotto il falso nome di "Manfredi", e attraverso i quali iniziò quella attività che determinerà il giudice istruttore di Bologna a disporne il rinvio a giudizio.

Deve essere premesso innanzitutto che l'ipotesi di attentato al giudice Tricomi non può essere accettata, giacchè non sono stati rilevati elementi obiettivi a suo sostegno. Peraltro é lo stesso Tricomi che per primo scarta questa ipotesi. Egli dichiara: "esclusi tale ipotesi perchè le mie abitudini erano tali da consentire un facile attentato in qualsiasi ora della giornata, facevo spesso a meno della scorta; ero piuttosto abitudinario nei movimenti; ricordo che tra l'altro facevo una passeggiata notturna tutte le sere con il mio cane. Quando Mannucci Benincasa mi parlò della cosa, non rimasi assolutamente turbato, perchè la ipotesi da lui prospettata mi sembrò priva di logica. Presi in giro il colonnello dicendogli "ma che corbellerie sono queste" o comunque una frase di analogo contenuto. Lo stesso Mannucci mi sembrò assolutamente non convinto della ipotesi" (v. esame Tricomi Vincenzo, GI 21.12.90).

Tuttavia il Mannucci Benincasa con missiva datata 18 luglio 81 ma trasmessa alla Centrale soltanto con il corriere del 23 successivo invia la notizia sull'ipotesi Tricomi indicandola come appresa "casualmente dallo stesso interessato".

Non é stato possibile accertare con certezza le circostanze di tempo e di luogo nelle quali Mannucci Benincasa acquisisce la notizia sul mancato viaggio del giudice Tricomi. Egli sostiene di averla appresa direttamente dal giudice. Inizialmente colloca l'incontro tra l'ottobre ed il novembre 80 (v. esame Mannucci Benincasa Federigo, GI 28.12.90). Successivamente, assunta la veste di indiziato, e constatato che uno dei punti di indiziazione concerneva proprio il ritardo della trasmissione della notizia alla Centrale, sposta l'incontro con il giudice Tricomi e l'acquisizione della notizia all'aprile-maggio dell'81 (v. interrogatorio Mannucci Benincasa Federigo, GI 14.10.81).

La ricostruzione dell'indiziato contrasta con quella del giudice Tricomi che colloca l'incontro intorno alle feste di Natale 80 o nel gennaio 81; in una data pertanto diversa anche da quella che presuppongono le dichiarazioni del generale Notarnicola, che riferisce di aver appreso dell'ipotesi dal Mannucci a breve distanza di tempo dall'attentato.

Al rapporto informativo il Centro CS di Firenze unisce quattro allegati, tra i quali due tabulati della società Itavia concernenti, il primo, la lista dei prenotati, il secondo la lista delle persone effettivamente partite con il volo dell'Itavia. Sentito sulla questione, ha dichiarato che la lista dei passeggeri dell'Itavia gli fu trasmessa dal Capo Centro CS di Perugia, Russo, che aveva entrature in quella società, e con il quale pertanto aveva parlato dell'ipotesi Tricomi (v. interrogatorio Mannucci Benincasa Federigo, GI 14.10.92).

Di queste dichiarazioni é stato trovato riscontro tra la documentazione acquisita dal Centro CS di Firenze relativa all'evento. Difatti é stata rilevata, all'interno della pratica di Ustica, una missiva informale, senza data e riferimenti archivistici, in cui l'estensore - con molta probabilità il Capo Centro di Perugia, Rossi - trasmette a "Giorgio" (Morandi, vice di Mannucci Benincasa) la lista dei prenotati e delle disdette del volo Itavia. La missiva conclude con la seguente affermazione: "Resta clamorosamente confermato, negli ambienti tecnici, che si tratta di esplosione non dipendente da difetti della macchina". In calce alla stessa l'estensore scrive di pugno: "La fonte, inutile dirlo, deve essere cautelata".

A causa della assenza della data di spedizione e di arrivo della nota informale non é stato possibile risalire a quando la stessa é stata ricevuta da Mannucci Benincasa. Queste indicazioni avrebbero aiutato a stabilire con certezza le circostanze di tempo della acquisizione della notizia da parte del nostro. Avrebbero aiutato anche a stabilire se le dichiarazioni rese dal generale Notarnicola sul colloquio con il detto, che l'alto ufficiale, come s'è scritto, colloca nei giorni immediatamente successivi all'evento e prima della caduta del MiG libico, siano da considerarsi o meno veritiere. Notarnicola ricorda, tra l'altro, di aver indirizzato il Capo Centro dal Direttore di sezione, colonnello Lombardo, che invece ha negato di aver saputo della vicenda Tricomi prima dell'arrivo dell'informativa del 18 luglio, escludendo anche di esserne venuto a conoscenza nella immediatezza del fatto.

Mannucci Benincasa asserisce di aver riferito la vicenda Tricomi a voce "al colonnello Notarnicola e solo a lui". Questi, a dire dell'indiziato, rispose che "si trattava di una vicenda che non rientrava nella nostra competenza e che comunque, dato che l'ipotesi più credibile era quella del cedimento, non c'era nessuna altra ragione per seguire il fatto" (v. interrogatorio Mannucci Benincasa Federigo, GI 14.10.92).

Che Mannucci Benincasa fosse a conoscenza della vicenda Tricomi lo riferisce anche il colonnello Nobili del SIOS/A. Questi dichiara al PM di Firenze, confermandolo poi a questo Ufficio, che Mannucci Benincasa avesse collegato la caduta del DC9 sia alla caduta del MiG libico, che alla mancata partenza del giudice Tricomi. Nobili colloca le confidenze di Mannucci Benincasa successivamente alla strage di Bologna del 2 agosto 80.

Per tutte queste ragioni - tra cui le più parti sono le dichiarazioni del giudice Tricomi - non può assolutamente dar credito alle versioni del generale Notarnicola. Non emerge però con chiarezza la ragione di queste sue indicazioni se esse derivino cioè dal malanimo che caratterizza i rapporti tra queste due fazioni all'interno della 1a Divisione, o siano piuttosto il frutto di difetti di memoria.

Sull'utilizzazione da parte del Mannucci Benincasa di questa informazione s'è detto nella ordinanza di rinvio del GI di Bologna, alla quale pertanto si rinvia. Qui si devono soltanto porre in risalto alcuni aspetti della vicenda di particolare interesse. Sono stati già messi in luce i rapporti tra l'indiziato, con il nome di "Manfredi", da una parte, e i giornalisti di Critica Sociale, Pamparana e Giovine, dall'altra. La vicenda Tricomi e le indagini che questi stava conducendo in Pantelleria sui contatti tra esponenti di Prima Linea e elementi libici nell'isola, per traffici di armi, furono oggetto di un articolo pubblicato sul periodico "Critica Sociale" nel mese di luglio 1981. Nell'articolo oltre a fare riferimento alla mancata partenza del giudice Tricomi, "avendo disdetto la prenotazione mezz'ora prima della partenza", si supponeva, tra l'altro, una connessione tra il DC9 dell'Itavia e il MiG23 libico.

Entrambi i giornalisti di "Critica Sociale" hanno dichiarato di aver ricevuto le notizie da "Manfredi", che era stato loro presentato dal giudice Gentile e dal capitano Pandolfi. "Manfredi", che è stato accertato, anche sulla base di documentazione sequestrata presso il S.I.S.MI, essere il nome di copertura del Mannucci Benincasa nei rapporti con i predetti giornalisti.

Mannucci Benincasa, venuto a conoscenza della pubblicazione della notizia sulla vicenda Tricomi sul periodico "Critica Sociale" trasmette con il corriere del 23 luglio 81 il rapporto alla Centrale, datandolo al 18 luglio. La data del 18 luglio con ogni probabilità non é stata scelta a caso dall'indiziato. Il 19 luglio cade di domenica. Il 20 vi era stato il lancio della notizia sull'ANSA. Il 21 vi era stata l'anticipazione della notizia nel corso di una trasmissione televisiva andata in onda sull'emittente radiofonica "Radio Radicale" ed era stata compiuta la perquisizione disposta dal Giudice di Bologna alla redazione milanese di "Critica Sociale". Pertanto, se ne può riferire che il Capo Centro di Firenze si fosse determinato ad informare la 1a Divisione soltanto a seguito della pubblicazione della notizia sul periodico. La minuta era stata già predisposta sin dal 2 giugno, ma mai inviata.

Deve essere anche rilevato, che Mannucci Benincasa trasmette la notizia alla Centrale in un momento in cui Notarnicola, al quale avrebbe riferito a voce, era stato sostituito nell'incarico dal colonnello Lombardo.

La 1( Divisione - in vero la 1( Sezione in accordo con la 3( Sezione in data 19.08.81 aveva segnalato non solo che le notizie fornite dal Mannucci erano state già oggetto di lanci di organi di informazione, ma soprattutto che la data di partenza era difforme da quella di arrivo - subito rileva la stranezza della trasmissione dell'informativa con il corriere del 23, come rileva che i contenuti della stessa presentavano "qualche omissione rispetto alla stesura della bozza sequestrata dalla magistratura di Bologna". Ma tale Divisione anziché chiedere chiarimenti si limita soltanto a trasmettere in data 27 agosto 81 una missiva in cui si dice "Per opportuno orientamento di codesto Centro ... che le ipotesi avanzate nell'appunto ... sono state pubblicizzate da articolo apparso su Critica Sociale del luglio 81, peraltro anticipato da una trasmissione di Radio Radicale del 21 dello stesso mese".

Si deve osservare che la missiva non é stata rinvenuta nel fascicolo del DC9 Itavia acquisito al Centro di Firenze. La missiva della 1( Divisione avrebbe dovuto essere collocata nello stesso fascicolo ove risulta la missiva del 18 luglio. Non é da escludere che il Capo Centro abbia voluto eliminare un "richiamo" che lo avrebbe potuto mettere in imbarazzo con gli elementi del proprio Centro.

Mannucci Benincasa giustifica il ritardo dell'informativa rispetto all'acquisizione della notizia, con una sorta di riguardo verso Notarnicola che non credeva all'ipotesi dell'attentato. Aggiunge di essersi perciò indotto a riferire solo nel momento in cui Notarnicola ha lasciato la Divisione. Tale giustificazione non ha trovato, comunque, elementi a conforto. Rimane più credibile che il Mannucci si fosse deciso a mettere per iscritto la notizia soltanto a seguito della pubblicazione sul periodico Critica Sociale. Ciò al fine di "riparare" ad una sua "imprudenza" nei confronti dei giornalisti con i quali aveva parlato dei fatti. Al fine di cautelarsi avrebbe provveduto a redigere l'informativa avendo cura di non precisare il momento dell'acquisizione, ma comunque, determinato a "non trovarsi scoperto" in seguito ad ogni possibile conseguenza della pubblicazione giornalistica.

Ma la conferma a tutti i predetti elementi indizianti della retrodatazione di questa informativa del 18 luglio 81 trovano definitiva conferma a seguito dell'acquisizione dei registri di protocollo in partenza e in arrivo, da cui risulta che l'atto fu inviato il 21 luglio e quindi successivamente alla comparizione delle agenzie e della trasmissione di Radio Radicale, e alla perquisizione dei locali del periodico "Critica Sociale".

Per questa condotta è stata esercitata nei confronti del Mannucci Benincasa azione penale per il delitto di cui agli artt.479, 61, n.2, in relazione agli artt.323 e 326 c.p., specificato come all'epigrafe sotto AP). Tale reato, commesso però nell'81, è caduto in prescrizione.

Quanto invece alla sua partecipazione alla manomissione degli archivi del Centro CS di Firenze e alla soppressione dei documenti concernenti la vicenda Affatigato, non essendo stato possibile accertare l'epoca della soppressione, permangono incertezze. Ragion per cui deve dichiararsi non doversi promuovere l'azione penale per il delitto p. e p. dagli artt.476 e 490 di cui è stato indiziato.

In esito all'istruttoria la difesa di Mannucci Benincasa ha prodotto una breve memoria difensiva in cui si propone di dimostrare la linearità della condotta del proprio assistito nei fatti sopra descritti, senza però fornire alcun elemento nuovo utile. La memoria nulla aggiunge sui rapporti dell'indiziato con i giornalisti di Critica Sociale. Relativamente alla trasmissione della missiva del 18 luglio 80 alla 1a Divisione, afferma che la minuta era stata già predisposta dal giugno 81 e che Mannucci poteva attribuire al documento la data che più riteneva congeniale e corrispondente al tempo di effettiva elaborazione del documento. Lo stesso Mannucci in data 27 marzo 99 depositava un breve scritto in cui teneva ad evidenziare le ingiuste accuse mossegli dal generale Notarnicola, ma su tali argomentazioni altri giudici. Quelle della difesa invece non possono essere accettate per motivi che sono stati rilevati sopra. Pertanto deve confermarsi di non doversi procedere per la causa di estinzione sopra indicata.

6. Masci Claudio.

La posizione di Masci, all'epoca dei fatti ufficiale della 3(sezione della 1( Divisione - Contro Spionaggio del S.I.S.MI, deve essere con cura esaminata. Egli ha avuto un ruolo di rilievo nella trattazione delle pratiche relative al DC9 Itavia ed al MiG libico. E' stato, tra l'altro, testimone per la 1(Divisione, negli accertamenti sulla caduta del secondo velivolo, in quanto in quel periodo si trovava in licenza in Calabria e quindi era intervenuto sul posto. Le sue dichiarazioni sono apparse su più punti mendaci e reticenti.

Innanzitutto sull'incarico ricevuto di recarsi sul posto ove cadde il MiG libico. In merito sono state svolte indagini tendenti ad accertare il suo effettivo soggiorno presso il camping Torrenova di Cirò Marina. L'esito degli accertamenti é stato negativo in quanto le schedine di alloggio che venivano compilate sono state distrutte sia dal gestore del camping che dall'Autorità di Pubblica Sicurezza, nei termini di legge. I gestori non lo ricordano, nemmeno come ufficiale dei Carabinieri.

Masci afferma che l'incarico gli sarebbe pervenuto, un giorno o due dopo la caduta dell'aereo, telefonicamente, da funzionari della sua sezione. Indica, tra questi, il capitano Di Feo. Di Feo ha confermato di aver interloquito telefonicamente con Masci, ma ha precisato che ciò si é verificato in un giorno in cui espletava il turno festivo e che era stato comunque Masci a telefonare e non viceversa. Precisa inoltre di avere di sicuro annotato la telefonata nel registro delle novità (v. esame Di Feo Giulio, GI 12.12.96).

E' stato accertato che Di Feo ha prestato servizio il giorno festivo proprio il 19 luglio 80 - il precedente turno è del 6 luglio - ma nessun riscontro sulla ricezione della telefonata di Masci é stato trovato nel registro delle novità.

A rendere ancora più contorta la vicenda si aggiunge la testimonianza del capitano Conforti, ufficiale della 3( sezione, a cui nessun funzionario del S.I.S.MI aveva mai fatto riferimento, né tantomeno lo stesso Masci. Il Conforti riferisce di ricordare di essere stato chiamato da Masci, in licenza in Calabria, che gli chiese di essere messo in contatto con il colonnello Lombardo per riferirgli informazioni sull'aereo militare caduto sulla Sila. In particolare Conforti afferma: "ricordo che ricevetti nel mese di luglio una telefonata dal capitano Masci, che si trovava in licenza. Questi mi chiedeva di poter parlare con Lombardo, direttore della sezione, per comunicargli che, avendo incontrato occasionalmente il comandante della stazione CC. della località in cui si trovava in licenza, probabilmente Cirò Marina, si stava recando in una località lì vicino in cui sarebbe caduto un aereo. Invitai il Masci a richiamare, in quanto il colonnello Lombardo al momento non era in ufficio. Questa telefonata avvenne verso le ore 9-9.30 del mattino. Successivamente, all'ora di colazione, ricevetti altra telefonata dal capitano Masci, che mi chiedeva di nuovo di essere messo in contatto con il colonnello Lombardo, cosa che feci. Prima di passare la comunicazione al colonnello Lombardo, chiesi notizie sull'accaduto. Masci mi rispose che avevano rinvenuto un aereo militare" (v. esame Conforti Alessandro, GI 21.10.96).

Conforti colloca la telefonata nel mese di luglio 80, in un periodo precedente alla sua assenza dall'ufficio per un periodo di cure termali in Sicilia a partire dal 15 luglio.

Posto a confronto con Conforti, l'atto non sortisce alcun esito. Conforti conferma la sua dichiarazione. Masci, invece, colloca la telefonata qualche giorno dopo quella ricevuta da Di Feo (v. confronto Masci/Conforti, GI 12.12.96). Ma come si é già accennato ciò non é possibile in quanto dal 15 di luglio il capitano Conforti - come é stato accertato con sicurezza - é in Sicilia per le cure termali.

Che le eventuali dichiarazioni di Conforti avrebbero messo in grave imbarazzo Masci, lo si può facilmente dedurre da altra importante dichiarazione di Conforti. Questi riferisce che nel 94 ricevette una chiamata da Masci che gli rammentava la telefonata che, a suo dire, esso Conforti gli aveva fatto. Alla replica di quest'ultimo che invece gli ricordava che era stato lui Masci a telefonare e non viceversa, chiedendogli di essere messo in contatto con Lombardo, Conforti avvertì l'imbarazzo di Masci nell'apprendere le reali modalità della telefonata. Ecco il motivo per il quale Masci nelle dichiarazioni a questo Ufficio nessun riferimento aveva fatto sulla presenza, in organico alla sezione, del capitano Conforti.

La difesa di Masci ha chiesto di esaminare come testimone il maresciallo Polletta che al tempo dei fatti era impiegato negli stessi uffici del suo assistito e del Conforti. A dire del difensore attraverso questa testimonianza si sarebbe potuti giungere al chiarimento dell'episodio riferito da Conforti. Specificando che al tempo dei fatti la 3( sezione era ubicata al quarto piano della palazzina della 1( Divisione e che da quel piano non era possibile trasferire una telefonata esterna dalla stanza di Conforti e Masci a quella del Direttore di sezione (Alloro in assenza di Lombardo) né tantomeno a quella del Vice Direttore di Divisione (Lombardo) che si trovava, invece, al 2° piano della palazzina.

Polletta asserisce che non era possibile passare una telefonata esterna dall'ufficio dei funzionari addetti alla 3( sezione ad altro ufficio del 2° piano. Afferma però che ciò era possibile dall'ufficio del Direttore di sezione alla segreteria di quest'ultimo e viceversa, specificando che il trasferimento poteva avvenire perché nella stanza del Direttore di sezione ed in quella della segreteria vi era un commutatore manuale per mezzo del quale era possibile passare la linea da una stanza all'altra (v. esame Polletta Francesco, GI 17.09.97).

Conforti invece esclude che il colonnello Lombardo nel periodo in cui ricevette la telefonata di Masci si fosse trasferito in pianta stabile al 2° piano. Egli afferma che quando gli passò la telefonata di Masci si trovava nell'ufficio di Direttore di Sezione in quanto, altrimenti, non avrebbe potuto passargli la telefonata. A tal riguardo precisa che dal suo ufficio era possibile passare telefonate alle altre stanze della sezione ma non a quelle degli altri piani (v. esame Conforti Alessandro, GI 25.09.97).

Appare quindi in tutto probabile la versione del Conforti. La telefonata è giunta al 4° piano probabilmente alla Segreteria e di qui trasferita alla stanza del Direttore di Sezione, operazione possibile. D'altra parte una telefonata che avesse chiesto del Direttore della Sezione doveva essere inviata alla sua Segreteria. E di qui per la possibile presenza del Conforti, da costui presa e trasferita. Ma potrebbe anche essere giunta alla stanza di Conforti e di qui da costui essere trasferita alla stanza del Direttore. Operazione anche questa possibile, essendo entrambe le stanze sullo stesso piano. L'altra ipotesi, quella del trasferimento dal 4° al 2° piano non deve nemmeno essere presa in considerazione, per il fatto che a quel tempo il Direttore di Sezione non si era stabilmente trasferito al 2° piano nella stanza del vice-Direttore di Sezione.

Masci risulta in licenza dal 3 luglio al 23 luglio 80. Egli afferma che al suo rientro ha riferito verbalmente sia ad Alloro che a Lombardo e di aver redatto l'appunto del 28 luglio 1980 su incarico di Alloro. Questi negherà di aver saputo qualcosa sulla vicenda e di aver dato incarico a Masci. Soltanto alla contestazione di Masci che gli faceva notare la sua sigla sulla minuta dell'appunto ammette la circostanza (v. confronto Alloro/Masci, GI 12.12.96). Lombardo invece nulla riferisce sia sull'incarico dato a Masci dalla Divisione sia sulla relazione redatta da Masci.

La relazione di Masci avrà, per il Servizio, una importanza particolare tant'é che verrà utilizzata per sgombrare quelle voci che avevano riferito di una connessione tra la caduta del MiG libico e l'incidente al DC9 Itavia. Difatti é stato accertato che precisi riferimenti che si rilevano nell'appunto di Masci sono stati riportati informalmente al Capo del SIOS/A, Tascio, in due occasioni. La prima in data 28 luglio (si veda l'annotazione nel brogliaccio sequestrato al generale Tascio); la seconda, il 29 luglio, personalmente dal tenente colonnello Alloro (si veda l'esemplare dell'appunto S.I.S.MI del 28 luglio acquisito al SIOS/A).

Ma il ruolo di Masci é soprattutto importante nella trattazione della pratica del DC9 Itavia. Ed é proprio sulle attività svolte in direzione di questo evento che Masci é palesemente reticente. Egli riferisce che l'interesse del Servizio nell'attivismo di fine luglio prende origine dall'articolo pubblicato sul quotidiano "Il Messaggero" di Roma, che riportava la notizia di una possibile collisione tra il velivolo dell'Itavia ed un altro aereo, escludendo che vi fossero altri motivi. E' accertato che l'appunto del 29 luglio è stato minutato una prima volta da Alloro e una seconda volta - a seguito delle correzioni apposte dal Direttore della Divisione - da Masci.

Che Masci sapesse fin dall'inizio da che cosa nascesse l'attivismo ben si rileva dall'annotazione di pugno del tenente colonnello Alloro apposta sulla minuta del Centro CS di Bari del 29 luglio "Cap. Masci sa tutto 29/7". Egli però nulla dice o vuole dire sulla reale motivazione per la quale prese avvio l'attivismo di fine luglio. Attivismo che mosse - come é stato accertato - dalla conversazione tra Notarnicola e Tascio, registrata con una annotazione di proprio pugno da quest'ultimo nel brogliaccio che gli é stato sequestrato, in cui evidenzia congiuntamente, la voce sparsa ad alti livelli delle tracce registrate su Ponza e l'aereo visto volare sulla spiaggia su cui un ufficiale testimonierà. Ovvio il riferimento a quanto appreso da Masci ed alla relazione da questi redatta al suo rientro dalla Calabria. Proprio in questa relazione Masci fa espressamente riferimento all'aereo che volava sulla spiaggia.

E' peraltro lo stesso Masci ad apporre il 1° agosto sulla prima pagina dell'appunto del 29 luglio l'annotazione "Visto da Signor D.S. il 30.7.80". Egli afferma sul punto: "Dal momento che il documento era ritornato in Sezione senza alcun visto o annotazione delle Superiori Autorità, ho ritenuto dover annotare che il documento, essendo stato portato al Direttore, fosse stato da costui visionato. Chiesi proprio in quell'occasione al segretario dr. Follo il perchè del ritorno del documento senza sigle ed egli mi rispose che era stato visionato dal Direttore, ma era stato restituito senza sigle" (v. esame Masci Claudio, GI 15.07.93). Il riferimento a Follo come conferma della ricezione da parte della Divisione del documento senza determinazioni del Direttore del Servizio, lascia dubbi in quanto questa é persona deceduta da tempo e che pertanto non può confermare ma neanche smentire le affermazioni di Masci. Però appare alquanto singolare che l'annotazione di "visto" non sia stata apposta dalla segreteria della Divisione, in questo caso dallo stesso Follo. Di regola l'annotazione, qualora fosse mancato il visto del Direttore, l'avrebbe dovuta apporre il colonnello D'Eliseo, Capo dell'Ufficio del Direttore del Servizio. Pertanto l'apposizione del "visto" da parte di Masci deve far riflettere.

L'annotazione apposta da Masci non può non essere messa in relazione con il disconoscimento della firma di Notarnicola sull'appunto del 29 luglio. Che la firma sia apocrifa é stato accertato dalla perizia disposta dall'Ufficio. Notarnicola suppone in proposito che "sul documento ci fosse un'annotazione del Direttore del Servizio, che negli anni successivi, all'atto dell'inoltro dei documenti alla Magistratura o alla Commissione Stragi, qualcuno avesse ritenuto opportuno eliminare. D'altra parte nessuno poteva utilizzare la mia firma anche in caso di mia assenza temporanea, perché chi inoltrava l'appunto al Direttore, anche al livello più basso, avrebbe dovuto firmare in proprio, premettendo "per il direttore della divisione t.a." (ovvero temporaneamente assente)". Si può supporre che la sostituzione della pagina senza le determinazioni del Direttore e senza alcuna attestazione che l'appunto fosse stato visionato dal Direttore del Servizio, potesse ingenerare dei sospetti sia all'interno della Divisione che all'esterno, qualora l'appunto fosse stato richiesto dalle Autorità. Pertanto l'operato di Masci soltanto in questa ottica può trovare giustificazione.

La documentazione acquisita da Martina Franca attraverso il Centro CS di Bari risulta analizzata dal SIOS/A congiuntamente al S.I.S.MI. E' lo stesso Masci a recarsi presso il SIOS/A per la interpretazione dei tracciamenti radar relativi al DC9. Sulla base di questa analisi Masci redige l'appunto del 6 agosto incorrendo nell'errore di confondere l'orario zulu con l'orario locale. Errore di cui farà riferimento nell'appunto per il Direttore del Servizio del 28 agosto, quando cioè confronta i primi dati con quelli giunti in via ufficiale dal SIOS. Quest'appunto, come si é già avuto modo di rilevare nel capitolo dedicato all'attivismo del S.I.S.MI, si conclude con l'informazione al Ministro della Difesa da parte di Santovito che l'ipotesi di collisione con altro velivolo era da escludere.

Masci dichiara di non ricordare a quale articolazione del Servizio pervenne il materiale acquisito a Martina Franca dal Centro CS di Bari. Gli sembra comunque di ricordare che quando consegnò l'appunto a Palazzo Baracchini il materiale fosse già dentro la cartella (v. interrogatorio Masci Claudio, GI 11.10.96). Sarà accertato invece che la documentazione pervenne dal Centro CS di Bari con il maresciallo Lollino del Centro CS di Bari che la consegnò personalmente al capitano Masci, che era andato a prelevarlo all'aeroporto. A contestazione di ciò ribadisce di non ricordare la circostanza, ammettendo però di aver ricevuto la missiva di Bari all'ingresso di Palazzo Baracchini da qualcuno che si presentò come "emissario di Bari".

Egli che "sa tutto" nulla riferisce o vuole riferire sulla provenienza delle notizie contenute nell'appunto del 29 luglio, ritenendo in mancanza di elementi di riscontro documentali, che fossero state acquisite direttamente dal Direttore della Divisione. Nulla riferisce, o non vuole riferire, sulle richieste al Centro CS di Bari. Anche queste sono da lui ricondotte al Direttore della Divisione o ad ufficiale da questi incaricato.

Ma la falsità delle dichiarazioni di Masci emerge nella vicenda della ricezione della seconda missiva del Centro di Bari, con la quale venivano trasmessi i tracciamenti radar relativi al MiG libico. Masci afferma falsamente di ricordare che vi era difformità tra contenuto della documentazione che si riferiva al MiG libico e oggetto che, invece, si riferiva al DC9 Itavia. Per tale motivo, su richiesta di Notarnicola che aveva segnalato la difformità con un'annotazione di proprio pugno apposta sul foglio di Bari - "Chiedere v.b. se l'oggetto non sia sbagliato. Questo è l'aereo libico p.p." - telefonò ad Antonicelli che gli disse di non aver ricevuto richieste concernenti il MiG e che tutto quello che aveva acquisito lo aveva acquisito nell'ambito della richiesta della documentazione del DC9.

Antonicelli, invece, che ha reso testimonianza molto utile, riferisce "che quando abbiamo redatto la lettera del 30 luglio, eravamo ben consapevoli che stavamo per inviare alla 1( Divisione tracciati attinenti al MiG23".

Masci con un'annotazione di proprio pugno sul foglio di Bari registra la conversazione con Antonicelli: "31/7 Parlato con CCS BA (Antonicelli) Chiarito che materiale si riferisce ad aereo libico e non DC9". L'annotazione di Masci però presenta aspetti singolari. Essa è sovrapposta ad altra cancellata, della quale é stato possibile ricostruire soltanto la parte iniziale "Richiamata sua attenzione sulle diversità orario dei dati rilevati rispetto a quelli citati nella lettera" (v. perizia depositata 10.04.92). Già da questa annotazione opportunamente cancellata da Masci medesimo emerge che la documentazione sul MiG é stata subito esaminata tant'é che il funzionario che la esamina, probabilmente lo stesso Masci, si accorge della differenza tra gli orari riportati sulla missiva del 30 luglio e quelli riportati nella documentazione allegata che invece erano in zulu. Pertanto la conversazione con Antonicelli é legata più ad una richiesta di chiarimenti sulla divergenza degli orari che sulla divergenza dell'oggetto (DC9-MiG23).

Antonicelli ha tra l'altro affermato - così smentendo quanto affermato da Masci - che se avesse effettivamente ricevuto la segnalazione di Masci concernente l'errore sull'oggetto della missiva del 30 luglio, avrebbe di certo apposto la correzione sia sull'esemplare di Bari che sul protocollo. La testimonianza di Antonicelli ha trovato conforto sia nella minuta che nel protocollo, nei quali non é stata riscontrata alcuna correzione sul cambio dell'oggetto.

Altra falsità di Masci si rileva laddove riferisce che, dopo circa una ventina di giorni dalla ricezione della lettera, parlò con Notarnicola, riferendo quanto riferitogli da Antonicelli. Sulla missiva del 30 luglio si legge effettivamente l'annotazione di pugno di Masci datata 25 agosto: "Parlato. Atti mettendo copia all.5 in pratica DC9", apposta immediatamente sotto quella di Notarnicola. Proprio il riferimento a questo allegato dà ulteriore conferma che la richiesta dei tracciamenti radar del MiG rispondeva ad una richiesta formulata nel quadro di accertamenti sul DC9 Itavia. Infatti con l'allegato 5 si informava la 1( Divisione che nel tardo pomeriggio del 29 luglio anche la Guardia di Finanza aveva acquisito copia della carta dei ritrovamenti dei relitti del DC9 Itavia.

Masci dunque afferma di aver parlato con Notarnicola ma ciò non poteva risultare possibile in quanto quest'ultimo a quella data si trovava in licenza e l'ufficio era retto dal colonnello Lombardo. Pertanto sembra legittimo ipotizzare che Masci avesse opportunamente atteso l'assenza del Direttore della Divisione per mettere a posto la pratica. Per quanto su esposto, pertanto, non possono essere accettate le affermazioni riprese nella memoria del difensore di Masci dell'11.12.96, laddove si ribadisce che "All'epoca dei fatti ed a tutt'oggi riferisce che non é venuto a conoscenza di elementi o notizie che ponessero in connessione i due episodi".

Vi sono poi due singolari circostanze in cui Masci risulta avere avuto un ruolo che lascia molti dubbi sul suo operato. La prima è la stesura di un appunto per le Superiori Autorità datato 31 luglio 81, in cui la data di caduta del velivolo libico viene indicata nel 14 luglio 80 ed il velivolo in un MiG 25 e non 23. A rendere ancora più singolare l'"errore" é il fatto che la data risulta apposta in un momento successivo alla redazione del documento stesso, e pertanto dovrebbe essere stata apposta dopo una opportuna verifica degli atti del Servizio o sulla base della conoscenza di chi, come Masci, si trovava sul posto ove risulta essere caduto il velivolo libico. Masci giustifica la divergenza con la data ufficiale sostenendo che si sia trattato di un errore del dattilografo. Il Direttore della sezione dalla quale dipendeva Masci, all'epoca della redazione del documento, il colonnello Genovese, ha dichiarato invece che proprio Masci gli confermò che la caduta dell'aereo si era verificata il 14 luglio. Anzi precisava di aver sempre ritenuto che il velivolo libico era caduto il 14 luglio e non il 18 luglio.

La seconda é relativa alla redazione di un altro appunto, questa volta steso dal colonnello Genovese con la collaborazione di Masci. In questo appunto datato 5 ottobre 81 si legge "che in atti si rilevano tracce di plottaggi di aerei "sconosciuti" rilevati nello spazio aereo nazionale in occasione dell'incidente DC9 Itavia su Ustica (si chiarisce che le tracce rilevate non avevano nulla a che vedere con l'incidente)". Il colonnello Genovese riferisce che tali precisazioni sono state rilevate da documenti agli atti della Divisione visionati insieme a Masci. Ricorda inoltre che dai tracciati radar che gli furono mostrati dal Masci e da altri ufficiali della sezione si rilevavano le tracce di più aerei di cui non si conosceva la provenienza. Aggiunge che il commento, in quell'occasione, fu che il SIOS, che aveva quei tracciati, a suo tempo non aveva comunicato la presenza di questi aerei sconosciuti. Genovese precisa, infine, che i tracciati che vide si riferivano al giorno in cui cadde il DC9 Itavia (v. esame Genovese Felice, GI 11.10.96).

Non può essere accettata la supposizione di Masci che ritiene che le tracce di aerei sconosciuti si riferiscano alla vicenda del MiG libico. Il riferimento al DC9 é abbastanza esplicito nell'appunto del 10 ottobre 1981. Nemmeno può ipotizzarsi un riferimento all'analisi fatta dallo stesso Masci con l'aiuto informale del SIOS/A, che poi trasfuse nell'appunto del 6 agosto 1980. Difatti è lo stesso Masci ad accorgersi dell'errore a seguito del confronto dei dati con quelli della analisi ufficiale nel frattempo giunta dal SIOS/A. A contestazione di tutto ciò Masci si limita ad affermare: "Io ho riferito quello che é a mia conoscenza. Altro non so dire" (v. interrogatorio Masci Claudio, GI 11.10.96).

Questa la situazione probatoria a carico del Masci, che ha indotto il PM ad imputarlo del delitto di falsa testimonianza, specificato come all'epigrafe sotto AN, e ne impone - tenuta presente la nuova normativa sulle prove - il rinvio a giudizio.

La difesa di Masci ha depositato - dopo le richieste del Pubblico Ministero - una lunga e articolata memoria con la quale si tenta di dimostrare l'estraneità dell'imputato dai fatti ascrittigli. Il documento esordisce, dopo aver premessi che Masci è innocente, affermando che da un lato "bisogna stare alle carte processuali e non fare congetture", dall'altro che il MiG libico è caduto il 18 luglio - e pertanto nessuna relazione può aver con l'incidente del DC9 dell'Itavia - così come dimostrerebbe una consulenza giurata disposta dalla difesa sulle fotografie del cadavere del pilota del MiG libico. Deve esser rilevato che le argomentazioni che hanno portato alla emissione di comunicazione giudiziaria da parte dell'Ufficio nei confronti di Masci sono state elaborate solo dopo e soltanto sulla base sia delle carte processuali che delle testimonianza, così come sono state già sopra descritte.

La difesa di Masci - dopo aver rilevato che la polizia giudiziaria non è riuscita a confermare la presenza di Masci nel campeggio Torrenova di Cirò Marina - ha prodotto alcune fotografie riproducenti la sua famiglia asseritamente scattate in quel periodo, dalle quali - va subito osservato - non si rileva la presenza di Masci ma soltanto quella dei componenti la sua famiglia. Va anche detto che la presenza fortuita di Masci in Calabria non è stata mai messa in dubbio (si vedano le testimonianze dei colleghi della 1a Divisione, il modulo di richieste di licenza dal 3 luglio in poi, l'assenza del suo nome nel registro di entrata e uscita della Divisione di quel periodo come l'assenza di sue sigle di presa visione o di annotazioni sui documenti che vanno dal 3 al 23 luglio 80), bensì il fatto che gli accertamenti espletati sul posto di caduta del MiG libico siano effettivamente avvenuti dopo il 18 luglio. Anzi si ha ragione di ritenere che siano stati compiuti prima di questa data. E proprio su questo importante punto - come si è già rilevato - si ritengono attendibili le dichiarazioni di Conforti. Proprio su Conforti la difesa produce una serie di argomentazioni tentando di screditare la sua testimonianza. Si afferma che non risulta veritiero che il nome di Conforti sia mai stato fatto dagli altri ufficiali della 1a Divisione chiamati a deporre in quanto il primo a citarlo è stato il colonnello Genovese nella testimonianza resa al GI l'11.10.96. Ma la difesa non ha però rilevato che nessuno degli ufficiali della 3a Sezione della 1a Divisione in servizio nel luglio 80, compreso Masci, aveva fatto riferimento fino a quel momento al colonnello Conforti. Quest'Ufficio ha appreso dell'esistenza in forza alla 3a Sezione del capitano Conforti solo dalla testimonianza di Genovese che, tra l'altro nel luglio dell'80 non era ancora in forza a quella sezione. Pertanto questa prima valutazione va respinta per i motivi che si sono già detti sopra.

La difesa continua elencando circostanze per le quali riteneva il teste Conforti non attendibile. La prima, del fatto che non era possibile trasferire la telefonata dalla stanza di Conforti ad altri uffici, richiamando a tal proposito la testimonianza di Polletta. Sul punto ci si riporta alle valutazioni già espresse sopra. La seconda: le ferie di Lombardo, dal 30 giugno al 13 luglio, ed il fatto che questi comunque aveva l'ufficio al secondo piano e non al quarto piano sede della 3a Sezione, sezione dalla quale non era possibile trasferire le telefonate. Anche su questo punto si richiamano le valutazioni già espresse, dalle quali si rileva che Lombardo non era ancora in pianta stabile al secondo piano e che pertanto faceva la spola tra il quarto e il secondo piano, e che dalla segreteria della 1a Divisione - e soltanto da questo Ufficio - era possibile commutare le telefonate al secondo piano.

Il terzo punto concerne la presenza di Conforti in ufficio nei giorni precedenti la partenza avvenuta il 15 luglio per le cure termali ad Acireale. Secondo la difesa il giorno 13 luglio cadeva di domenica ed il turno H24 di Conforti aveva inizio dalle 09.00 della mattina della domenica e terminava alle ore 8.30 del lunedì successivo. Come consuetudine all'ufficiale che aveva espletato tale servizio spettava la giornata di riposo per cui di solito "si va a casa, non si rimane in ufficio". Poichè dal registro delle missioni il Conforti risulta partito alle ore 07.00 del 15 luglio, la difesa conclude che il Conforti non avrebbe potuto ricevere alcuna telefonata dal Masci. Anche questa ricostruzione non può essere accettata. Basti dire - e di ciò l'attenta analisi della difesa se ne è ben guardata dal rilevare questa circostanza - che il colonnello Lombardo è presente in ufficio non dal 14 luglio ma dal 13 luglio (v. registro ingresso autovetture).

La difesa di Masci ha peraltro prodotto una perizia giurata dei medici Marcelli e Signoracci sulla morte del pilota rinvenuto il 18 luglio. I due concludono che "dalle foto esaminate risalta la presenza di rigidità cadaverica, come pure l'assenza di fenomeni trasformativi; tali rilievi coincidono con l'ipotesi di un decesso avvenuto verosimilmente il 18.07.80 (data del rilievo fotografico); dagli stessi rilievi, altresì, si può escludere ogni altra ipotesi relativa al decesso del soggetto ivi rappresentato che si possa far risalire ad oltre tre-quattro giorni antecedenti la data del rilievo fotografico stesso". Le conclusioni di questa perizia non possono essere accettate. A tal fine si rimanda alla parte dedicata alle conclusioni alle quali sono giunti professori Dina e Giusti.

La difesa tenta poi di sminuire l'annotazione apposta da Alloro sull'appunto del 29 luglio 80 "Masci sa tutto", cercando di dimostrare che proprio Alloro era colui che aveva trattato la pratica fino al 29 luglio 80 e che pertanto tale annotazione non avrebbe molto senso. Anche questo rilievo non può essere accettato, giacchè l'annotazione è stata apposta al tempo dei fatti e proprio nel documento che attesta l'attivismo di quella Divisione. Deve essere detto che se Masci nulla sapeva su quella vicenda, perchè non ha apposto un'eventuale ulteriore annotazione per attestare, invece, l'inesattezza della annotazione di Alloro?

Relativamente all'appunto della 1a Divisione del 5 ottobre 81 in cui viene dedicata l'esistenza di tracce di plottaggi di aerei sconosciuti rilevati nello spazio aereo nazionale in occasione dell'incidente di Ustica, la difesa precisa che i tracciati radar cui si fa riferimento in quell'appunto sono quelli pervenuti dal SIOS/AM con foglio nr.1752 del 14 agosto 80. In particolare, il riferimento agli aerei sconosciuti nasceva dal fatto che non tutte le tracce erano state identificate con il tipo di velivolo corrispondente, tant'è che per alcuni di essi al posto del tipo di velivolo, il SIOS aveva posto delle lineette. Con ciò la difesa ha inteso sostenere che il riferimento agli aerei sconosciuti era stato rilevato proprio da questo documento. Tale tesi però non può essere accettata, in quanto le tracce cui fa riferimento la difesa in vero non risultano sconosciute, poichè dalle carte del SIOS/A trasmesse al S.I.S.MI si rileva soltanto l'assenza del tipo di velivolo ma non quella al modo A civile. In pratica sono identificabili tramite il tabulato dei voli civili ed in effetti sono voli dell'aviazione civile. La difesa allega alla memoria un atto della missiva del SIOS relativo agli avvistamenti di Marsala. Le tracce numero 4, 6 e 7 rispettivamente AG265, AG262 e AJ453 risultano attribuite - pertanto non possono essere considerate sconosciute - rispettivamente all'ATI Napoli-Palermo, all'Air Malta in volo da Londra a Malta ed infine all'AZ881. Probabilmente all'atto della analisi dei tracciati il CRAM di Marsala non aveva a disposizione i relativi piani di volo. Pertanto le tracce di velivoli sconosciuti cui si fa riferimento nella nota del 5 ottobre 81 non possono riferirsi alle tracce di cui sopra, in quanto esse non erano affatto sconosciute.

La difesa di Masci tenta anche di dimostrare che non vi era relazione tra le due urgenti acquisizioni a Martina Franca dei dati di plottaggi sia del DC9 che del MiG, affermando, tra l'altro, che l'urgenza del SIOS per l'acquisizione dei dati del 18 luglio poteva esser stata determinata dalle pressioni per la restituzione del MiG ai libici, e dalla necessità di risposte alle richieste dei Servizi collegati. Anche questa ricostruzione non può essere accettata per i motivi già esposti.

Relativamente alle conversazioni di Masci con Antonicelli sulla missiva inviata da Bari il 30 luglio con allegati i tracciamenti radar del MiG libico, la difesa obietta che nella conversazione Masci fece osservare ad Antonicelli la diversità di orario dei dati di plottaggio rispetto all'oggetto della lettera che invece riportava l'evento del DC9 Itavia. Anche questa deduzione non può essere accettata in quanto dall'annotazione cancellata e ricostruita in parte ben si rileva che Masci chiese sì notizia delle differenze di orario, ma tra quelli rilevati dagli allegati rispetto a quelli citati nella missiva. Soltanto dopo viene cancellata questa parte e sostituita con quella relativa all'oggetto. Pertanto Masci quando esaminava le carte era ben consapevole che trattavasi di plottaggi del MiG e non del DC9, anche perchè, in ogni foglio del plottaggio era indicata la data del 18 luglio 80.

La difesa rileva quindi, a proposito della conversazione tra Antonicelli e Masci come una domanda, posta a Curci nel corso dell'interrogatorio del 4.12.96, sia stata posta "ad arte, con il proposito di indurre auspicate reazioni". Deve essere preliminarmente detto che la domanda cui ci si riferisce non è stata posta così come s'è interpretato. L'annotazione posta nel foglio del 30 luglio del Centro CS di Bari è relativa ad una telefonata fatta da Masci ad Antonicelli e l'accordo di cui si fa menzione nella domanda posta a Curci effettivamente non risulta menzionato nell'annotazione di Masci. Deve essere tuttavia rilevato che è implicito che tale accordo debba essere stato oggetto della telefonata, anche se non viene citato nell'annotazione di Masci. A riprova vale la cancellatura dell'oggetto della missiva con un tratto di penna e la sostituzione con la dicitura a penna "Aereo libico" al posto di "DC9 Itavia". Correzione che invece - lo si ribadisce - non risulta apposta nella minuta del Centro CS di Bari. Che l'oggetto della telefonata fosse stata la discordanza tra l'oggetto e gli allegati lo si rileva, tra l'altro, dalla direttiva di Notarnicola "Chiedere v.b. se l'oggetto non sia sbagliato. Questo è l'aereo libico - p.p.". Pertanto chiamare Antonicelli e non correggere l'oggetto della missiva, non avrebbe avuto alcun senso.

Proprio in relazione a questa missiva va dato atto che su istanza della difesa di Masci è stata richiesta e trasmessa dal S.I.S.MI la distinta della corrispondenza trasmessa dal Centro CS di Bari alla 1a Divisione con il corriere del 31 luglio 80. Dall'esame della distinta è stato possibile accertare, pertanto, che la missiva in questione risulta giunta alla Direzione del S.I.S.MI il 31 luglio 80 e non insieme al corriere speciale del 29 luglio precedente. Ciò comunque nulla toglie o aggiunge alla ricostruzione di quei giorni in merito all'attivismo della 1a Divisione sull'evento di cui è processo.

La difesa tenta anche di dimostrare che il modulo di ricevuta dei tracciamenti radar trasmessi con questa missiva non è stato occultato al fine di nascondere l'identità del funzionario che li ricevette, giacchè sarebbe stato firmato da Masci, così come dichiarato nel corso della testimonianza del 23.03.93. Anche questa affermazione non può essere accettata, perchè qualora Masci lo avesse effettivamente dichiarato non si sarebbero fatte le considerazioni relative all'ipotesi di occultamento o soppressione di copia della ricevuta. Masci nella citata dichiarazione afferma soltanto di aver visto il modulo di ricevuta - ma si trattava della parte che rimaneva all'ufficio - e di aver firmato la lettera di restituzione nella parte del modulo di ricevuta che doveva ritornare al mittente, tant'è che afferma di non sapere se copia di questa ricevuta fosse stata conservata agli atti del Servizio. Pertanto se la difesa oggi è in grado di affermare che è stato esso Masci a firmare il modulo di ricevuta e non solo la lettera di restituzione, di ciò se ne dovrà tener conto.

Anche riguardo il disconoscimento della propria firma da parte del generale Notarnicola apposta sull'appunto del 29 luglio 80, la difesa vuol dimostrare l'inconsistenza di tale assunto. A tale scopo ha rilevato una serie di circostanze in cui il documento risulta essere stato visionato e allegato ad altre visioni per il Direttore del Servizio. Anche questo assunto ha poco valore e non può essere accettato. Innanzi tutto va rilevato che la perizia disposta dall'Ufficio ha dato conferma ai dubbi di Notarnicola sulla genuinità della propria firma. Inoltre, Notarnicola - come peraltro rileva la difesa di Masci - non ha mai disconosciuto i contenuti dell'appunto, salvo l'ultimo paragrafo - e su questo l'ufficiale appare poco credibile - ma ha soltanto ipotizzato che con molta probabilità si sia voluto eliminare un'annotazione di Santovito, ritenuta a posteriori, compromettente. E poi vi è da considerare che è proprio Masci che annota sulla prima pagina dell'appunto che il documento era stato visto dal Direttore del Servizio. Annotazione che non spettava di certo a Masci, bensì alla segreteria del Direttore del Servizio o a quello del Direttore della Divisione.

La difesa sostiene che il generale Angeli doveva essere a conoscenza dei reali motivi per i quali erano stati acquisiti i tracciamenti radar. A riprova di ciò richiama, sia le dichiarazioni di Curci che indica in Angeli il suo interlocutore, sia le annotazioni di quest'ultimo apposte su entrambi i documenti ricevuti da Bari, che notificavano la presa visione da parte di Notarnicola dei documenti. Tale assunto non può essere accettato in quanto Angeli in quei giorni era in affiancamento e non aveva nessun titolo per richiedere eventuali delucidazioni o disporre accertamenti. Infine dopo aver ricostruito "il castello accusatorio su cui si fonda l'ipotesi di correlazione fra il rinvenimento del MiG23 libico e la caduta del DC9", richiamando le annotazioni sul progetto Notarnicola-Tascio, l'annotazione di Tascio sul brogliaccio alla data del 28 luglio sulle voci sparse ad alto livello, l'annotazione nell'agenda di Santovito sui dubbi del Ministro dei Trasporti sul DC9 e le affermazioni di Santovito nella riunione del 21 luglio allo SMD, la difesa conclude che tali evidenze "si materializzano minimo tre gradini più su rispetto alla posizione di collaboratore, quale era Masci all'epoca". Anche questa considerazione non può essere accettata, in quanto in fatto un qualsiasi progetto anche se disposto ad alti livelli abbisogna comunque di livelli inferiori che ne applichino ne conducano e curino l'attuazione.

7. Massari Porfirio.

Nell'80 era capo sala operativa presso l'aeroporto di Ciampino con il grado di maggiore dell'AM. Escusso in data 18.03.91 riferiva che la sera del 27.06.80 alla RIV (Regione Informazioni Volo) era in servizio il turno completo, che vi erano in Sala 16 o 17 settori, e che alle 21.00 locali, all'ora cioè dell'incidente, erano quasi tutti aperti.

Il DC9 Itavia era stato seguito dal TSR (Terminale Sud Roma), sino al limite della portata radar. Intorno alle ore 22.30, su disposizione del Direttore della RIV, colonnello Guidi, aveva provveduto a sigillare tutte le comunicazioni radio e telefoniche. Per quanto concerneva i nastri radar, non era contemplato un suo intervento nelle disposizioni di servizio, e pertanto su di essi non prese iniziative; erano stati da lui sigillati e messi in cassaforte; successivamente erano stati consegnati l'indomani mattina, sempre da lui personalmente, alla segreteria operativa, di cui probabilmente era responsabile il colonnello Russo. Tra il personale di turno quella sera ricordava il capitano Grasselli Mario, supervisore operativo, il tenente La Torre ed il tenente Corvari, entrambi controllori del traffico aereo. Era stato avvisato dal tenente Corvari che l'aereo non aveva più il contatto radio. Il capitano Grasselli, all'epoca con la qualifica di supervisore operativo in sala, si era recato al settore Sud, aveva effettuato una "Blind Trasmission" (trasmissione alla cieca), dalla quale non aveva ricevuto risposta. Successivamente aveva contattato un Air Malta, che era in volo nell'area, perché facesse da ponte, ma anche questo tentativo non sortì effetto. Anche dal CRAM di Marsala aveva avuto risposta negativa. Eguale risposta gli era stata data da Licola e Poggio Ballone, anche se di quest'ultimo sito non era del tutto sicuro.

Successivamente aveva avvisato la compagnia aerea e i suoi superiori, provvedendo anche a sigillare le comunicazioni TBT e telefoniche. Al momento della scomparsa dell'aereo si trovava nel suo ufficio, che era adiacente alla sala operativa. Nella sala operativa si stimò che l'aereo fosse ammarato; non furono avanzate altre ipotesi.

Escusso in data 23.07.91 riferiva che negli anni 88-89 era stato ascoltato dallo SMA, da un gruppo di ufficiali (9 o 10), tra cui alcuni generali di cui uno di Squadra Aerea. Gli erano state rivolte alcune domande su chi fosse il Capo servizio quella notte al Centro di Ciampino, quali Enti avesse avvisato, e le decisioni che aveva preso. Non ricordava se le risposte da lui fornite erano state messe per iscritto. Specificava di non aver firmato nulla. Escludeva poi che qualcuno dei suoi dipendenti gli avesse riferito, dopo la scomparsa del DC9 Itavia, della presenza di traffico militare statunitense nella zona del disastro. In merito alla telefonata tra Smelzo e Berardi delle ore 20.25 del 27.06.80 riferiva che poteva essere stato uno qualunque degli ufficiali dell'ACC, perché non vi si menzionava specificamente il capo sala.. In merito alla telefonata tra Trombetta e persona non identificata delle ore 20.31 del 27.06.80 riferiva che con Trombetta - quello del Soccorso - egli non aveva mai parlato. Anzi non credeva che lo stesso quella notte fosse in servizio.

Escusso in data 23.01.92, sulla presenza di traffico militare americano in zona, dichiarava che non gli era stato riferito di un traffico di tal genere. Asseriva che Corvari e La Torre avrebbero dovuto saperlo meglio di lui, perché essi stavano agli schermi radar e quindi avrebbero potuto vedere un tale traffico. Sui contatti con l'Ambasciata americana negava di averne mai avuto per telefono, e comunque di non parlare bene l'inglese. Specificava che alle ore 22.30 di quella sera, egli era al di fuori di tutti gli eventi ; e che una volta espletato il proprio servizio non si era più interessato di quello che stava facendo Martina Franca. Nella telefonata delle ore 20.39 delle conversazioni TBT di Ciampino, riconosceva sia la voce di colui che parlava con l'Ambasciata americana, in quella del maggiore Chiarotti, sia quella del colonnello Guidi.

Da tale atteggiamento scaturiva a suo carico l'indizio del delitto p. e p. dall'art.372 c.p. . Sui fatti era ampiamente interrogato nell'atto del 23 gennaio 92; la contestazione è stata quindi precisata nei seguenti termini: "delitto p. e p. dall'art.372 c.p. perché sentito come teste il 18 marzo 91 e il 23 luglio 91 falsamente affermava di non aver mai sentito parlare la notte tra il 27 e il 28 giugno 80 presso l'ACC di Ciampino di traffico militare americano e tantomeno con l'Ambasciata americana.

A suo carico stanno le chiarissime evidenze delle registrazioni telefoniche e delle dichiarazioni di altri testi, così come si è ricostruito nella parte generale, in ispecie nella parte dedicata al sito di Ciampino. Totalmente inaccettabili le sue negative, addirittura di non essere il capo controllore, perchè il suo incarico era formalmente di capo sala.

Deve però rilevarsi che egli è deceduto in data 28.02.93 e che quindi il reato attribuitogli è estinto per morte del reo.

8. Notarnicola Pasquale.

La condotta processuale di Notarnicola, al tempo dei fatti Direttore della 1a Divisione - Contro Spionaggio del S.I.S.MI, nonostante il contributo che avrebbe fornito in altre inchieste giudiziarie, in questa non è stata affatto lineare. Anzi, nella ricostruzione di alcuni eventi verificatisi all'interno del S.I.S.MI dopo i fatti di cui é processo, s'è mostrato palesemente reticente. Nella sua veste di Direttore della 1a Divisione ha avuto un ruolo di rilievo sia nella vicenda relativa al DC9 Itavia che in quella del MiG libico.

S'è già provveduto a ricostruire le attività svolte dal Servizio negli ultimi giorni di luglio dell'80, e pertanto si rimanda al relativo capitolo. Ma Notarnicola ha sempre negato di avere avuto rapporti con il generale Tascio in merito alla vicenda del velivolo libico; anzi arriva addirittura a dichiarare che "con Tascio non vi era una intesa spiccata e lo stesso si rivolgeva direttamente al generale Santovito" (v. esame Notarnicola Pasquale, GI 22.11.94).

Sono state accertate, invece:

- l'esistenza di un non meglio specificato piano Notarnicola-Tascio relativo proprio alla vicenda del MiG libico. Le indicazioni di questo "piano" si rilevano in una nota manoscritta in calce ad un appunto datato 23 luglio 80, relativo all'autopsia sul cadavere del pilota del MiG libico, appunto rinvenuto allo Stato Maggiore del S.I.S.MI, e mai esibito prima del 95, nella sua intierezza cioè completo dell'annotazione manoscritta. In questa annotazione di pugno del colonnello D'Eliseo, Capo della Segreteria del Direttore del S.I.S.MI, si legge "Sì per SIOS/A progetto Notarnicola/Tascio ore 19.00 del 23.7.80";

- una comunicazione tra Notarnicola e Tascio, concernente i due eventi, intercorsa la mattina del 28 luglio 80. Conversazione questa, dalla quale con molta probabilità prenderà avvio l'attivismo di fine luglio. La conversazione tra Notarnicola e Tascio é stata rilevata proprio da un brogliaccio relativo all'anno 80 sequestrato al secondo. Vi si legge una annotazione di pugno di Tascio del seguente tenore:

"NOT 28 11.00

un suo ufficiale qui

Sparsa la voce ad alti livelli

DC9 PONZA, tracce registrate

un uff/le si é mosso subito e testimonia

10.30-11.00 il velivolo volava sulla spiaggia

la posizione era tale da dover manovrare".

Il contatto tra i due ufficiali precede e sarà propedeutico agli eventi dell'indomani. E cioè la missione che il tenente colonnello Alloro, ufficiale della 3a sezione della 1a Divisione, svolgerà - su incarico di Notarnicola - presso il SIOS/A il 29 luglio 80, cioé il giorno successivo alla annotazione del generale Tascio, nel corso della quale consegnerà un appunto sul MiG libico concernente le notizie apprese in Calabria dal capitano Masci.

A contestazione di queste evidenze che inducono a ritenere, invece, che con Tascio i rapporti non fossero così come ha tentato di far intendere, il generale Notarnicola ha continuato a negare la natura dei reali contatti, escludendo "che vi sia stato un progetto a sua conoscenza con Tascio per questa vicenda" (v. esame Notarnicola Pasquale, GI 22.11.94).

In relazione alla annotazione rinvenuta al generale Tascio, ha escluso rapporti telefonici con costui sul MiG libico, ammettendo soltanto di non poter escludere invece di averlo chiamato per preannunciargli l'invio di suoi ufficiali presso il SIOS/A. Esclude, però, di aver mai parlato con Tascio di tracce registrate su Ponza relative alla vicenda del DC9. Tascio, dal canto suo, ha dovuto ammettere queste circostanze, anche se solo sotto forma di interpretazione del suo scritto.

Riguardo alla identità dell'ufficiale che in quella circostanza si recò da Tascio, essa é rimasta ignota. Solo Alloro, come già rilevato in altra parte, afferma che costui potrebbe identificarsi nel colonnello Cornacchia, che dal canto suo ha escluso, invece, sia di conoscere Tascio che di essersi recato presso il SIOS/A.

Infine anche sulla missione di Alloro al SIOS/A, Notarnicola ha dichiarato di non saper nulla sull'invio al generale Tascio dell'appunto concernente le notizie acquisite in Calabria dal capitano Masci. Notizie che asserisce peraltro di non conoscere. In netto contrasto con l'annotazione apposta proprio da Notarnicola in calce proprio all'appunto del 28 luglio in cui si legge "Qualora V.E. approvi, informerò il SIOS/A".

Come é stato rilevato in altra parte, la 1a Divisione del S.I.S.MI il 29 e il 30 luglio 80 acquisì attraverso il Centro CS di Bari, i tracciamenti radar relativi sia al DC9 che al MiG libico. E' stato oramai accertato che l'attivismo del S.I.S.MI é stato sicuramente determinato dalle voci che si erano diffuse ad "alto livello", cioè al livello ministeriale o meglio di Ministro, nel quale si discuteva di una probabile correlazione tra la caduta del MiG23 e le tracce registrate su Ponza relative all'evento del DC9. Così come era stato prudentemente annotato dal Capo del SIOS/A sotto la data del 28 luglio 80.

L'attivismo di quei giorni emergerà nell'appunto della 1( Divisione del S.I.S.MI del 29 luglio 80, di cui Notarnicola ha disconosciuto la propria sottoscrizione. A conforto di ciò la perizia disposta dall'Ufficio ha concluso che la firma su quell'appunto del 29 luglio 80 "é certamente falsa".

Notarnicola non ha negato di conoscere l'appunto, né che potesse essere diverso da quello a lui sottoposto al tempo dei fatti. Ha però tenuto a precisare di non riconoscere come propria la parte finale dell'appunto ( laddove si fa riserva di trasmettere la documentazione che era stata richiesta al Centro CS di Bari, e sarebbe arrivata alle ore 17.00 del 29 luglio ( in quanto egli mai avrebbe trasmesso al Direttore del Servizio un appunto nel quale si riservava l'esame di documenti non ancora in possesso del Servizio. Afferma che era sua abitudine prima completare le analisi e poi dare il resoconto delle sue riflessioni (v. esame Notarnicola Pasquale, GI 03.01.91).

Sulle motivazioni della soppressione della sua firma con la sostituzione di altra, apocrifa, Notarnicola dichiara di non conoscerne la ragione, supponendo però "che su quel documento ci fosse un'annotazione del Direttore del Servizio, che negli anni successivi, all'atto dell'inoltro dei documenti alla Magistratura o alla Commissione Stragi, qualcuno avesse ritenuto opportuno eliminare. D'altra parte nessuno poteva utilizzare la mia firma anche in caso di mia assenza temporanea, perché chi inoltrava l'appunto al direttore, anche al livello più basso, avrebbe dovuto firmare in proprio, premettendo "per il direttore della divisione t.a." (ovvero temporaneamente assente)" (v. esame Notarnicola Pasquale, GI 24.03.93).

Nulla riferisce sulle ragioni che mossero il Servizio a fine luglio nella acquisizione dei dati radar di Martina Franca. Egli osserva che l'attivismo potrebbe essere partito dal Direttore del Servizio. Non ricorda di aver dato disposizioni in tal senso. Ciò in contrasto, invece, sia con quanto annotato da Tascio nel brogliaccio dell'80, sia con la trasmissione a quest'ultimo delle informazioni raccolte da Masci in Calabria, che con molta probabilità sono all'origine stessa dell'attivismo.

Va però osservato che i dubbi sull'appunto del 29 luglio 80 Notarnicola li aveva già sollevati in occasione della visione dei documenti che gli erano stati mostrati presso la Direzione del S.I.S.MI, dal colonnello Lombardo, in vista della audizione in Commissione stragi. In particolare, sull'appunto del 29 luglio 80, in un taccuino sequestratogli nel corso della perquisizione così scrive:

- la grafia della firma apposta in calce differisce in maniera appariscente da quella propria riconosciuta , invece, nel successivo appunto del 6 agosto;

- alcuni degli argomenti trattati nell'appunto in questione sono noti. Tuttavia rispetto alla memoria dell'epoca, differiscono parzialmente dal contesto in cui furono rappresentati, o discussi, o indirizzati;

- alcune azioni, memorizzate nell'appunto, sono assolutamente contrarie alla logica di agire personale e soprattutto di Uff. di S.M.;

- manca accenno all'iniziale "vicenda Affatigato".

In conclusione, le citate anomalie inducono a dubitare che siano state intraprese iniziative non rese note al responsabile della Divisione.

Rimangono pertanto più dubbi sull'effettivo ruolo di Notarnicola nell'attivismo di fine luglio. Egli si trovava in difficoltà ed in contrasto, da una parte, con il Direttore del Servizio, Santovito, del quale non condivideva alcune scelte funzionali, dall'altra, con il suo Vice Direttore, Lombardo, che oltre a gestire come direttore della 3a sezione tutta la vicenda, tendeva a scavalcarlo, non mettendolo al corrente delle circostanze più importanti degli eventi di cui é processo.

La reticenza di Notarnicola si rileva anche in un'altra circostanza: gli accertamenti svolti da Masci in Calabria. Notarnicola nega di aver saputo che Masci si trovasse in licenza proprio in Calabria e che al suo rientro avesse predisposto una relazione su quanto appreso sul luogo di caduta del MiG libico (v. esame Notarnicola Pasquale, GI 03.01.91).

E' stato accertato, invece, che l'appunto del 28 luglio 80, redatto da Masci, é stato siglato dallo stesso Notarnicola. Pertanto la sua affermazione é da ritenere falsa. Tra l'altro, come si é già rilevato sopra, nell'appunto del 28 luglio 80, diretto al Direttore del Servizio, Notarnicola di proprio pugno scriverà "Qualora V.E. approvi, informerò il SIOS-A". E in effetti l'appunto verrà consegnato informalmente dal tenente colonnello Alloro al SIOS-A. Pertanto Notarnicola ben sapeva quali erano state le attività svolte da Masci in Calabria.

Notarnicola nega, comunque, di aver dato incarico ad Alloro di recarsi al SIOS/A. Alloro invece lo conferma.

Dubbi rimangono anche sulla conoscenza o meno da parte di Notarnicola della acquisizione attraverso il Centro CS di Bari dei tracciamenti radar relativi al MiG libico. Egli infatti nega di essere stato messo al corrente anche di tale acquisizione. Ma ciò contrasta con l'annotazione apposta di suo pugno sulla nota di trasmissione del Centro CS di Bari del 30 luglio 80 "Chiedere v.b. se l'oggetto non sia sbagliato. p.p.". Pertanto Notarnicola vede ed é a conoscenza del fatto che erano stati richiesti anche i dati radaristici del MiG libico. Tantoché annota la difformità del contenuto di tali dati con l'oggetto della missiva che invece si riferiva al DC9 Itavia. Sarà Masci a telefonare al Centro CS di Bari. Sulla controversa vicenda comunque si rimanda a quanto già rilevato nel capitolo relativo all'attivismo. Qui basti dire che Masci parlerà con il Capo Centro CS di Bari, Antonicelli, il 31 luglio 80, così come si rileva da una nota di Masci sull'originale della missiva del Centro CS di Bari, sovrapposta ad altra cancellata. L'esito del colloquio non viene riferito a Notarnicola, bensì a Lombardo, così come emerge da altra annotazione di Masci datata 25 agosto 80. Non é chiaro il motivo per il quale Masci non abbia riferito a Notarnicola e abbia invece atteso che questi si recasse in licenza e la Divisione fosse così retta da Lombardo.

Notarnicola ha affermato che i motivi per cui la 1a Divisione s'interessò della vicenda di Ustica sono stati la telefonata anonima concernente la presenza di Affatigato sull'aereo e la notizia che sull'aereo avrebbe dovuto viaggiare il giudice Tricomi. Egli afferma di averne parlato con Santovito, il quale gli disse che le notizie erano state messe in circolazione dalla società Itavia che aveva interesse a coprire le reali cause del disastro.

Dall'esame della documentazione del S.I.S.MI, non si rileva nessuna seria attività di indagine dopo l'evento in direzione della falsa presenza di Affatigato sull'aereo. Il S.I.S.MI non ha fatto altro che raccogliere le notizie stampa. Dal fascicolo dedicato al DC9 Itavia nulla si rileva in proposito, se non la missiva del Raggruppamento Centri CS datata 2 luglio 80, in cui viene supposto che la falsa notizia su Affatigato sarebbe stata diramata da ambienti vicini all'onorevole Bisaglia. Pertanto la 1a Divisione del S.I.S.MI non si attivò assolutamente sulla falsa rivendicazione.

L'altra vicenda narrata da Notarnicola di notevole interesse é l'acquisizione della notizia relativa alla mancata presenza del giudice Tricomi a bordo dell'aereo. Notizia che Notarnicola ha dichiarato di avere appreso dopo la smentita della presenza di Affatigato e prima della caduta del MiG libico. La vicenda é stata già ricostruita nel capitolo dedicato ai servizi e all'opera di inquinamento e sviamento delle indagini. Qui si deve soltanto ribadire che Notarnicola colloca la vicenda nel periodo immediatamente successivo all'evento, mentre Mannucci Benincasa la colloca molto più tardi, tra l'autunno e l'inverno del 1980 in un primo momento, e poi la sposta nella primavera del 1981. La prima versione è confermata dalle dichiarazioni del giudice Tricomi che pone il discorso con Mannucci Benincasa in un periodo di tempo successivo alle feste natalizie dell'80. Sta di fatto, comunque, che la notizia giungerà alla 1( Divisione, soltanto il 23 luglio 81, con nota del 18 luglio 81, e soltanto dopo che Notarnicola aveva lasciato l'incarico di Direttore di Divisione, sostituito da Lombardo, e dopo che la notizia era stata anticipata dalla stampa in un articolo della rivista "Critica Sociale" a firma Andrea Pamparana, con il quale Mannucci con il nome di copertura "Manfredi" era in contatto. E che quindi anche in questo caso la versione di Notarnicola non è credibile.

Questa situazione probatoria a carico del Notarnicola determinava il PM ad esercitare l'azione penale a suo carico per il delitto di cui all'art.372 c.p. specificato sub AO dell'epigrafe, tale situazione affatto incrinata anzi rafforzata dall'istruttoria, ne impone, secondo la nuova disciplina sul valore delle prove, il rinvio a giudizio.

A termine dell'inchiesta la difesa del generale Notarnicola ha presentato memoria difensiva in cui tenta di dimostrare l'estraneità dell'ufficiale dalle vicende, per le quali è coinvolto in questo procedimento. La difesa in relazione all'annotazione progetto "Tascio-Notarnicola" afferma che nel periodo del rinvenimento del relitto del MiG libico Notarnicola si trovava negli Stati Uniti per prendere contatto con un generale dell'Est, che era fuggito in Occidente e che solo al suo rientro, tra il 22 e il 23 luglio, aveva preso conoscenza del rinvenimento del MiG. E che comunque non vi sarebbe in atti alcuna prova o indizio della partecipazione dell'imputato a quel progetto". Questo però non toglie che il progetto esistesse da prima della sua partenza, giacchè quel velivolo era caduto diverso tempo prima del suo rinvenimento ufficiale; nè d'altra parte nulla escludeva che esso potesse essere concepito anche nell'immediatezza del suo rientro. Con questa memoria invero, nulla di nuovo si aggiunge alla ricostruzione dei fatti; nè tanto meno si aggiungono elementi nuovi sui contatti intercorsi con il generale Tascio, nè sulle ipotesi di connessione tra il DC9 e il MiG libico. La formula di conclusione sulla sua imputazione perciò permane.

9. Piccioni Adriano.

Piccioni Adriano, con il grado di maggiore, fino alla data del 31 luglio 80 ha prestato servizio presso il 2° Reparto dello SMA 4° Ufficio Addetti Aeronautici, con funzioni di Capo della 1a Sezione Addetti Aeronautici Esteri; da detta data ha assunto l'incarico di Capo Ufficio in sostituzione del colonnello Bonazzoli.

Nei suoi confronti è stata formulata l'imputazione di falsa testimonianza, perché deponendo in data 18.09.91 affermava, contrariamente al vero, che né egli personalmente né il 4° Ufficio del SIOS si erano interessati alla vicenda della caduta del DC9 nei giorni immediatamente successivi all'evento, con l'aggravante di aver agito, essendo Ufficiale dell'AM, come pubblico ufficiale.

In effetti nel corso dell'atto dettagliatamente dichiarava che l'ufficio di cui faceva parte non si era assolutamente interessato dell'evento giacché si trattava di aeromobile nazionale civile. L'ufficio era l'interfaccia degli addetti militari stranieri. Non ricordava se era in servizio quel giorno, ma riteneva probabile di esserlo stato giacchè usualmente prendeva le ferie a luglio. Riferiva che i contatti dello SMA con l'Ambasciata degli Stati Uniti erano diretti verso l'Ufficio dell'addetto aeronautico. Non ricordava se nei giorni successivi, la sua sezione avesse avuto contatti con l'Ambasciata degli Stati Uniti, ma sicuramente escludeva di averne avuti di persona. Aveva provveduto alla ricerca della documentazione nei carteggi esistenti in ufficio, ma non aveva rinvenuto traccia di documenti, relativi a contatti con l'Ambasciata.

Elementi di prova più che sufficienti per attribuire al Piccioni il delitto contestato derivano dalle dichiarazioni del già noto Coe sui contatti tenuti nei giorni immediatamente successivi al disastro tra l'Ambasciata americana ed il 4° Ufficio del SIOS. Il Coe espressamente riferisce il nome del Piccioni, come di una delle persone con cui ebbe rapporti in quel periodo e proprio su quel disastro.

Infatti il Coe - Addetto aggiunto, lo si è già scritto, all'Ambasciata statunitense di Roma, il cui nominativo è entrato nell'inchiesta perché menzionato dapprima nel libro di Gatti "Rimanga tra noi" e successivamente, perchè intervistato dal giornalista della RAI De Angelis Massimo - sentito su rogatoria il 10.03.92 riferiva che in quel periodo come Addetti aggiunti erano in servizio oltre lui, Mc Bride e Mc Donnel, perché gli altri erano fuori sede a causa della visita in Italia del Presidente degli Stati Uniti. Avevano ricevuto una telefonata da una Autorità italiana che li informò dell'incidente. Non ricordava chi avesse ricevuto la telefonata. L'Ambasciatore aveva organizzato un gruppo di lavoro per la ricerca di notizie utili sul caso, informazioni che poi fornirono all'AM. Il secondo Reparto era il corrispondente abituale dell'Ambasciata in questi casi, in particolare i suoi 2° e 4° Ufficio. Tra le persone con cui erano stati in contatto ricordava i capitani Piccioni e Coltelli.

Lo stesso Piccioni ammetteva nell'interrogatorio del 22.09.92 di avere, all'epoca dei fatti, prestato servizio in qualità di Capo Sezione al 4° Ufficio SIOS, l'ufficio cioè competente per i rapporti con gli Addetti militari delle ambasciate.

Altro elemento da valutare è il contenuto della telefonata tra esso Piccioni e Coe del 23.09.92 alle ore 1.10, in cui riferisce all'ufficiale americano di essere stato interrogato dal Giudice Istruttore e di aver parlato della telefonata che egli gli aveva fatto in data 18 gennaio. Di aver riferito anche quello che Coe gli aveva detto sull'intervista rilasciata da quest'ultimo all'Espresso o a Panorama e che quanto aveva detto era stato distorto e manipolato. Inoltre di aver dichiarato al Giudice che con Coe egli "non aveva parlato mai di Ustica". Gli aveva quindi chiesto di confermare questa circostanza. Coe aveva risposto che quella era la verità e lo confermava. Cosicchè Piccioni alla fine della conversazione aveva esclamato "meno male qui si sta scatenando l'ira di Dio".

E' dunque del tutto implausibile la sua totale negazione, sia di personali contatti diretti con "gli interfaccia americani", sia di una attività comunque svolta dall'Ufficio, di cui egli era responsabile, con gli Americani, per accertare le cause del disastro di Ustica.

Deve comunque dichiararsi, essendo stato il delitto commesso nel settembre 91 e quindi sotto il vigore della pregressa normativa sul delitto di falsa testimonianza (allora punibile, anche tenendo conto dell'aggravante, con pena edittale massima di quattro anni di reclusione) ed essendo l'ultimo atto interruttivo della prescrizione, cioè l'interrogatorio dell'imputato, stato compiuto da oltre cinque anni (22 settembre 92) il reato ascritto al Piccioni è estinto per intervenuta prescrizione.

10. Pugliese Francesco.

All'epoca dell'incidente del DC9 Itavia è vice capo di Gabinetto del Ministero della Difesa, con il grado di generale di Brigata Aerea. Ricopre detto incarico dal 1° novembre 79 sino al 30 ottobre 84. Ministro della Difesa, nel giugno 1980 è l'on.le Lelio Lagorio. Capo di Gabinetto è l'ammiraglio di Squadra Paolo Mainini, sostituito il 1° luglio 1980 dal generale di Squadra Aerea Mario De Paolis, che resterà in carica fino al 30 giugno 80, già Comandante della 2( Regione Aerea di Roma. Dopo l'incarico di vice capo di Gabinetto ricopre sino al 15.01.87 quello di vice comandante della 3( Regione Aerea di Bari; quindi successivamente quello di Ispettore delle Telecomunicazioni e Assistenza al Volo sino al 1° agosto 91. Il 5 agosto seguente viene nominato Direttore Generale dell'Aviazione Civile.

Il Pugliese è indiziato del delitto p. e p. dagli artt.81 cpv, 372 c.p. perché deponendo quale teste dinanzi a questo GI nelle date dell'11 e 19 novembre 93 nel corso di queste deposizioni e nel contenuto di altre stragiudiziali, affermava falsamente di non essersi mai occupato della vicenda di Ustica nel periodo in cui ricopriva l'incarico di vice capo di Gabinetto presso il Ministero della Difesa.

Il noto Vanno Alessandro, nell'esame testimoniale del 6.04.92, conferma le accuse nei confronti del generale Pugliese, di aver occultato alcuni nastri o bobine relative alla vicenda "Ustica" nella cassaforte del suo ufficio presso il Ministero della Difesa. Questo il passo della deposizione: "...quando Pugliese rientrò aveva in mano questi nastri. Posando i nastri sullo scrittoio, anzi un paio di questi nastri, che apparivano pesanti e ingombranti gli caddero sulla scrivania - esclamò: Questa maledizione di Ustica! O una frase simile comunque con la parola Ustica. Aggiunse poi: Qui dentro c'è l'equivalente di un colpo di Stato...". Il generale ha negato ogni addebito e ha ribadito di non aver mai parlato della vicenda "Ustica" con il Vanno. Non ha mai ricevuto bobine o altre registrazioni concernenti Ustica dal Ministro o da altri. Ha escluso di aver maneggiato bobine di registrazione in altre occasioni e tanto meno alla presenza del Vanno. Ha escluso che costui si fosse recato il giorno 02.10.92 presso il suo ufficio a "Civilavia" e che il motivo della visita fossero le vicende di Ustica e del MiG23.

In conseguenza del suo incarico al Gabinetto della Difesa risulta essere stato l'interlocutore dello SMA, sugli affari del DC9 Itavia e del MiG libico. Sempre in tale veste è il destinatario di varia corrispondenza relativa a questi incidenti. Ma egli esclude di aver visionato i vari atti indirizzati alla sua attenzione, asserendo che non risulta alcuna sua sigla sui vari documenti esibiti. In merito alla relazione trasmessa il 9 agosto 80 dal 2° Reparto, a firma del colonnello Bomprezzi Bruno, in quel periodo reggente del SIOS, relazione sul sopralluogo effettuato a Boccadifalco il 4 luglio 80, in cui la missiva di accompagnamento reca la dizione "al Gabinetto Sig. Ministro della Difesa (attenzione generale B.A. Francesco Pugliese)", in sede di interrogatorio dichiara: "...io non ho mai visto questo documento. Non ne riscontro sigle... trattandosi del 9 agosto forse ero in licenza. Io non ho mai visto questo documento. Non so qui neanche chi abbia decretato atti... non vedo neanche la sigla del generale De Paolis...". Alla contestazione della circostanza che la missiva era posta alla sua attenzione, dichiara: "...sì, però alla mia attenzione non è arrivato. E' singolare, ha una sua logica anche questo fatto... è una scorrettezza in ambito militare e rasenta la sanzione disciplinare perché c'è una gerarchia da rispettare. In ambito militare credo di poter affermare che questa è una eccezione...". (v. interrogatorio Pugliese Francesco, GI 15.11.96).

Il 21 novembre 96, nel corso di un'acquisizione documentale presso il 3° Reparto vengono rinvenute alcune missive, datate 21 luglio 80, dell'ufficio cerimoniale del Ministero degli Affari Esteri indirizzate al Gabinetto della Difesa all'attenzione del generale Pugliese nonché gli originali di due appunti recanti le decretazioni del generale Melillo e del generale Tascio in relazione all'appunto dell'ispezione a Boccadifalco del 4 luglio. Mentre nella decretazione del generale Melillo, 10 luglio, si legge che l'appunto deve essere trasformato in relazione dal 2° Reparto e trasmesso al Capo di Gabinetto e al S.I.S.MI, il generale Tascio scrive: "16.7.80: 3° Ufficio prego elaborare sintesi per SISMI e generale Pugliese Gabinetto del Ministro". Contestatogli che la relazione trasmessa il 9 agosto era diretta alla sua attenzione, perché così disposto dal generale Tascio, Pugliese ha dichiarato: "...questo può avere una logica come quella dell'appunto di Bomprezzi, che poi mi pare di capire che fa seguito a questa nota e quindi forse Bomprezzi l'ha messo alla mia attenzione a seguito di questa nota del generale Tascio. Può avere solo questa spiegazione, perché il generale De Paolis era subentrato da pochi giorni, allora essendo io lì dall'inizio del 1980, potevo costituire il punto di riferimento più certo nei contatti che la Forza Armata voleva avere con il Gabinetto del Ministro...". (v. interrogatorio Pugliese Francesco, GI 22.11.96). Ha comunque escluso di aver avuto contatti con il generale Tascio in merito all'invio della relazione alla sua attenzione.

Contestatogli che risultano in quel periodo altre lettere indirizzate alla sua attenzione, riguardanti la vicenda del MiG libico, provenienti dall'Ufficio cerimoniale del Ministero degli Esteri, il Pugliese ha giustificato questa dizione posta nelle missive, dichiarando: "...Presumo che abbia telefonato, preso contatti con il Gabinetto, la segreteria, e dice chi è lì dentro dell'Aeronautica che può seguire le vicende, e l'avrà messo alla mia attenzione...".

Sempre nel corso di questo interrogatorio, non sa spiegare i motivi per cui le missive, indirizzate al Gabinetto della Difesa, siano state trovate agli atti del 3° Reparto dello Stato Maggiore e dichiara altresì: "...anche se qui c'è scritto alla cortese attenzione del generale Pugliese evidentemente era solo un modo di indirizzare perché io questi documenti non li ho visti, non li ho istruiti e non so poi se questo documento in qualche modo ha avuto un seguito..." (v. interrogatorio citato). Il Pugliese non è assolutamente credibile in queste negative, cioè quando afferma di non aver visto o istruito le missive che addirittura venivano trasmesse in quel periodo alla sua attenzione, tentando banali giustificazioni per avvalorare la sua tesi iniziale cioè di non essersi mai interessato alla vicenda di "Ustica".

Il Pugliese citato nel noto appunto sequestrato al colonnello Argiolas nel settembre 95, che reca: " 1/7 Avv. Pugliese - Nardini ---> Melillo/Tascio Riservatezza ----Giunchi" in un primo momento viene associato a quello dell'imputato; né nel corso dei vari esami testimoniali e interrogatori si riusciva ad accertare alcunchè di diverso. Solo con la consegna dell'agenda in originale, da parte del colonnello Argiolas nel corso dell'interrogatorio del 07.12.95, apparirà il significato dell'appunto. Infatti in essa sotto la data del 1° luglio si legge: "Avv. Pugliese - richiesta di colloquio (domani) probabilmente richiederà anche onorario (800) interpellato Nardini che metterà al corrente Melillo. Contatto con Tascio che ritiene dovrà tenere riservata tutta la faccenda. Affronterà discorso con SCSM e probabilmente colloquio sarà a tale livello con la presenza di De Luca". Tale annotazione è confermata da altra analoga rinvenuta nell'agenda-brogliaccio del 1980, sequestrata al generale Melillo nel settembre 95. In essa in data del 7 luglio è scritto di interpellare l'avvocato Pugliese difensore del sergente maggiore Terrano per l'incidente aereo del 72 a Punta Raisi. Ne discende attraverso queste annotazioni, nonché le dichiarazioni rese nel corso dell'interrogatorio del 07.12.95 dal colonnello Argiolas, che il Pugliese citato nell'appunto è certamente l'avvocato Pugliese e non il nostro.

Quanto all'appunto S.I.S.MI indirizzato anche al Ministro della Difesa, datato 31 luglio 81, nel quale viene indicato il giorno 14 luglio 80 come data di caduta del MiG Libico, il Pugliese afferma di non essersi affatto accorto di siffatto appunto, pur certamente posto all'attenzione del Gabinetto del Ministro; anche se deve ammettere che "...devo dire sinceramente che per la materia trattata, se dovevano essere rimessi ad un vice capo Gabinetto, probabilmente sarei stato io il più indicato, trattandosi di materia aeronautica, che comunque non trovava una collocazione nell'ambito dei rispettivi uffici. A volte, se non altro, per conoscenza: essendo un ufficiale generale dell'Aeronautica, la conoscenza di queste tematiche, probabilmente, poteva essere ritenuta anche opportuna..." (v. interrogatorio Pugliese Francesco, GI 07.12.95).

L'affermazione del Pugliese, formulata subito dopo le frasi sopra riportate, "però devo proprio rilevare, dichiarare che appunti del Direttore del SISMI io non ne ho mai visti" non si palesa credibile avuto riguardo al fatto che la sua attenzione su tale appunto non poteva non essere richiamata, stante lo stretto collegamento col precedente costituito dalla nota del Ministero degli Esteri del 21 luglio 80 attinente alla richiesta di sopralluogo da parte di tecnici libici per la vicenda del MiG libico; nota che viene espressamente indirizzata alla cortese attenzione del generale Pugliese. Va osservato altresì che lo stesso Pugliese ben rammentava la data di caduta del MiG libico.

Il Pugliese non è credibile neanche quando afferma di non ricordare nulla dell'attività concernente il rinvenimento dei nastri di registrazione a Borgo Piave l'11 novembre 88. Deve ricordarsi che occorse un anno per accertare l'effettiva provenienza di quei nastri e che comunque alla fine degli accertamenti, l'8 novembre 89, non si giunse a certezze. Il Pugliese segue l'attività in prima persona: infatti è lui che corregge e suggerisce le lettere che, poi a firma del Comandante della Brigata generale Carlo Podrini, vengono indirizzate all'ITAV, di cui egli stesso è il responsabile. E' sempre lui che il 18 novembre 88 riferisce di persona al Sottocapo di Stato maggiore generale Meloni del rinvenimento dei nastri e ordina al Podrini di portare il materiale rinvenuto, che è anche cartaceo, all'ITAV. Al proposito si riporta la dichiarazione del generale Meloni, esame GI 29.01.97: "per quanto concerne il rinvenimento di un nastro magnetico a Borgo Piave, ricordo perfettamente che questo improvviso ritrovamento, stante l'aria di sospetto che già gravava sulla Forza Armata, suscitò in me una reazione molto dura; della cosa interessai immediatamente sia il generale Pugliese che il generale Bellucci del 6° Reparto. Ricordo altresì di aver richiesto una relazione scritta sull'accaduto...". E' sempre il Pugliese che il 29 novembre 88 invia al Sottocapo una missiva nella quale afferma che i nastri di registrazione rinvenuti sono le copie degli originali effettuate a Borgo Piave nel novembre 80 in occasione della visita del PM dr. Santacroce. Nel febbraio 89 presiede una riunione a Borgo Piave a cui partecipa anche la Commissione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, cosiddetta Pratis, circostanza questa che viene ricordata solo in parte dal Pugliese. In quell'occasione vengono consegnate alla Commissione Pratis le riduzioni dati dei nastri rinvenuti e si accerta che i nastri non sono le copie di quelli del 27 giugno 80. La riduzione dati era stata effettuata il 26 gennaio 89. Il 3 maggio 89 comunica al Sottocapo la nuova versione dei fatti rispetto alla missiva del 29.11.88. Di tutto questo il Pugliese nulla ricorda.

Il Pugliese non è credibile nelle risposte alla contestazione di aver autorizzato il maggiore Di Natale a visionare i nastri conservati presso il punto di controllo NATO di Borgo Piave nel settembre 89. Di lì a qualche giorno il Di Natale sarebbe stato nominato perito di parte imputata. A tal proposito nel corso dell'interrogatorio del 15.11.96, dichiara: "...può avermela soltanto suggerita o il generale Parenti o il colonnello Gaudio che erano capi dei due reparti interessati, perché io il Di Natale non lo conoscevo ... io il fatto che svolgesse un ruolo di parte non ne ero a conoscenza ... siccome posso escludere in maniera categorica che fosse una mia iniziativa quella, per cui deve avere a monte per forza una richiesta ... mi sarà sicuramente stata indicata dallo stesso 6° reparto o dai miei collaboratori... io escludo di essere stato sollecitato in qualche modo dall'esterno con altri intenti a consentire che il Di Natale accedesse a questi documenti. Evidentemente la richiesta è stata formulata da un'autorità che può essere stata il Capo di Stato Maggiore, il Sottocapo, il Capo del 6° reparto". La affermazione di non conoscere il Di Natale non è credibile, giacchè era stato proprio questo ufficiale ad aver illustrato alla Commissione Pratis nel febbraio 89, nel corso della riunione presieduta dal Pugliese, tutti gli aspetti concernenti la Difesa Aerea.

Tra il mese di ottobre 89 e il mese di gennaio 91, l'ITAV, come si è scritto, predispone su disposizione dello Stato Maggiore vari elaborati riguardanti l'identificazione delle tracce avvistate dai siti di Licola, Marsala, Poggio Ballone, Potenza Picena e Capo Mele la sera del 27 giugno 80. E' stato accertato che gli elaborati predisposti sono stati riveduti e corretti sempre dall'ITAV dopo il primo inoltro allo Stato Maggiore. Le correzioni sono state apportate proprio su tracce poi rilevatesi d'interesse all'indagine. Per citarne alcune: nel primo elaborato dell'ottobre 1989 sulle tracce avvistate da Licola e Marsala, la traccia LK477 viene descritta come appartenente al DC9 Itavia, mentre era già emerso sin dalla notte del 28 giugno 80 che detta traccia era inesistente al sito d'origine, cioè Potenza Picena; negli elaborati del 90-91 la traccia LE157 assegnata al DC9 Itavia la sera del 27 giugno 80 e seguita dai Centri Radar di Potenza Picena e Poggio Ballone, non viene mai associata al DC9 Itavia. Richiesto al generale Pugliese chi disponesse le varie correzioni degli elaborati e quale ruolo avesse avuto in detti lavori, emblematica è la sua risposta nel corso dell'interrogatorio del 22.11.96: "Lo ripeto perché a questo riguardo voglio essere chiarissimo ed esplicito. Io non ho suggerito mai in nessuna circostanza modifiche tecniche e, alla luce di quanto lei mi ha mostrato adesso, escludo nella maniera più categorica, assoluta, di aver avuto dall'esterno, di mia iniziativa, suggerimenti tali da apportare modifiche al primo documento. A questo punto credo che dopo quello che ho detto, sì mi rendo già conto da questa che la modifica non era quella che avevo visto solo inizialmente e aggiungere la sigla. Ci sono modifiche che indubbiamente richiedono una spiegazione, perché possono quantomeno distrarre l'attenzione da una traccia che si identificava in un modo più preciso nella prima versione. Però qui bisogna chiedere al colonnello Gaudio, che ha siglato come Capo Reparto e si è avvalso dei suoi collaboratori, per quale motivo ha apportato queste modifiche. Non credo che il colonnello Gaudio possa dire "le ha suggerite il generale Pugliese, ispettore dell'ITAV", perché io non ho mai fornito indicazioni di questo genere, né ero in grado di entrare, mi dispiace forse anche in questa circostanza un po' di avere mostrato la mia scarsa conoscenza tecnica su vicende anche di identificazione, però è la realtà. Io ho vissuto la mia esperienza aeronautica come pilota e non ho dimestichezza con i sistemi di identificazione".

Il Pugliese anche in questa occasione non è credibile, perché, come riscontrato nel corso del sequestro del 19.02.96 presso l'ITAV, è stato proprio lui, su input dello Stato Maggiore a far predisporre i primi elaborati per fasce di orari che di volta in volta variavano (18.30Z-19.00Z; 18.00Z-19.30Z) per singole tracce e poi per tutte le tracce registrate nella fascia d'orario d'interesse.

Il Pugliese non è credibile neppure quando dichiara di non ricordare gli appunti inviati il 21 e 28 novembre 90 tramite i suoi ufficiali (colonnello Gaudio, tenente colonnello Petroni) all'attenzione del generale Blandini Carlo, responsabile dell'ufficio Relazioni Esterne dello Stato Maggiore, rinvenuti per la prima volta nel corso del sequestro del febbraio 96, aventi per oggetto "considerazioni su tracce con valori di velocità superiori agli 800 nodi riportate nei tabulati THR di Poggio Ballone e Potenza Picena nel periodo 18.28Z-19.28Z del 27.06.80". Questa la sua risposta nel corso dell'interrogatorio del 22.11.96: "io ho detto che non ricordo, ma devo dire che escludo io di aver in qualche modo, cioè io non sono stato mai informato di un invio di questo documento al generale Blandini e per quale motivo. Non ricordo neanche di aver visto o siglato o essere stato informato di questo studio particolare".

In data 5 gennaio 90 riceve dalla Brigata di Borgo Piave una copia del nastro di esercitazione Synadex SPS5904 e la trasmette al Sottocapo di Stato Maggiore Generale Lorenzo Giordo. L'Autorità Giudiziaria ed il collegio peritale Blasi responsabili della custodia del nastro non vengono messi a conoscenza né dell'invio né dei suoi motivi.

Il 2 luglio 90, alle ore 13.00, il Nucleo di Polizia Giudiziaria dei Carabinieri di Roma, notifica al Capo della Segreteria Generale dell'ITAV, colonnello Di Bitetto Nicolangelo, il decreto di sequestro emesso in data 30 giugno 90 concernente la THR e i nastri di Poggio Ballone del 27 giugno 80. L'ufficiale AM dichiara che consegnerà immediatamente il provvedimento al generale Pugliese. Il 4 luglio, il Pugliese consegna alla Polizia Giudiziaria fotocopie della THR di Poggio Ballone pervenute all'ITAV dallo Stato Maggiore nel giugno 90 per effettuare rappresentazioni grafiche delle tracce, e per quanto concerne il nastro di registrazione dichiara che "non ne è in possesso, né risulta che gli sia mai stato inviato, comunque non è in grado di fornire utili indicazioni circa il luogo ove il nastro è attualmente depositato". La dichiarazione del generale Pugliese, nel verbale di sequestro redatto dal Nucleo di Polizia Giudiziaria dei CC. di Roma il 4 luglio 90, non corrisponde assolutamente al vero, perchè si omette di comunicare all'AG che l'ITAV il 21 luglio 80 aveva ricevuto la documentazione di Poggio Ballone dall'aeroporto di Trapani Birgi e che la stessa non era stata più rintracciata nell'archivio. Infatti a seguito del sequestro delle agende personali, nell'ottobre 95, del colonnello Fiorito De Falco Nicola, nel 1980 Capo del 2° Reparto dell'ITAV, sotto la data del 2 e 3 luglio 90 si legge: "2 luglio Pugliese per questione Poggio Ballone (ITAV con colonnello Gaudio e tenente colonnello Pascarella) a suo tempo quando mi si presentarono due ufficiali di PG con la richiesta di consegna del materiale incivolo I-Tigi non si faceva menzione di Poggio Ballone che tra l'altro non aveva rilevanza in quanto la sua portata era inferiore di almeno 100km al luogo dell'incivolo. Se come risulta la Track History fu mandata a Trapani Birgi e da lì all'ITAV due sono le cose: o l'ho consegnata o è in archivio". Questa annotazione del Fiorito De Falco indica che lo stesso venne, quanto meno, contattato telefonicamente dall'ITAV o dal generale Pugliese o su input di quest'ultimo da altro ufficiale superiore; ipotesi questa però poco credibile, in quanto il Fiorito in servizio al S.I.S.MI ricopriva una carica di rilievo e il grado di generale. Questo contatto aveva come scopo la ricerca e il recupero della documentazione di Poggio Ballone, in quanto agli atti dell'ITAV risultava la lettera di trasmissione del Comando Aeroporto di Trapani Birgi del 21 luglio 80, dalla quale si evinceva la consegna del materiale di Poggio Ballone all'ITAV, materiale in seguito mai più trasmesso ad alcuno. Il Pugliese nel corso dell'interrogatorio del 21.01.97 è stato categorico nell'affermare di non aver mai avuto rapporti con il Fiorito al riguardo della vicenda di Ustica. Ha però aggiunto che siccome erano legati da amicizia non poteva escludere che in qualche circostanza avessero parlato della vicenda, ma in termini assolutamente generici. Esclude in modo certo di aver mai parlato con Fiorito della vicenda dei nastri di Poggio Ballone.

Il 3 luglio 90 Fiorito annota nella sua agenda: "Telefonato generale Pugliese: sta per consegnare la documentazione richiesta da AG su Poggio Ballone specificando che la TH del radar è quella ricevuta da SMA in quanto l'altra non si trova ne era una delle 5 copie uguali, probabilmente in archivio morto. Esistono comunque i nastri originali di Poggio Ballone da cui sono state tratte le copie. A mia memoria ho dato tutto il materiale disponibile e/o ricevuto". Anche da questa annotazione si evince che effettivamente tra Pugliese e Fiorito vi fu un contatto telefonico, in quanto quello trascritto dal Fiorito poi corrisponde alla dichiarazione resa, in parte, dal Pugliese alla polizia giudiziaria il 4 luglio 90.

Il 15 ottobre 90, Fiorito De Falco annota nella sua agenda di aver fatto una visita a Pugliese per "rinfrescarmi la memoria sulla questione Ustica". Il 17 ottobre annota sempre nella sua agenda di aver telefonato a Pugliese per riferirgli di essere stato convocato il 16 ottobre per la testimonianza su Ustica e di non aver nulla di particolare da dichiarare.

Nonostante tutte queste precise annotazioni del Fiorito, scritte palesemente in tempo non sospetto, il Pugliese nel corso dell'interrogatorio del 21.01.97 nega qualsiasi incontro o contatto telefonico con il Fiorito per la vicenda Ustica.

Quanto alla perquisizione effettuata nei suoi confronti l'8 luglio 95, il Pugliese, si presenta spontaneamente il 25 successivo per ribadire la sua totale estraneità alla vicenda di Ustica ed in particolare ai fatti relativi ad un suo presunto possesso di nastri radar dell'evento. Preso altresì atto che nella perquisizione, erano state rinvenute agende ma non quelle relative agli anni dal 79 in poi, asserisce che probabilmente erano sfuggite alla ricerca. Non crede di aver distrutto le agende di quel periodo. Prende visione dell'album che reca fotografie di una sua visita alla base di Perdasdefogu, ma non ricorda la data dell'evento. Dichiara che potrebbe collocarsi nel periodo in cui era ispettore generale all'ITAV, tra il gennaio 87 ed il maggio 91. In merito agli appunti sequestrati presso la sua abitazione con grafia del Vanno riferisce che spesso trova nella cassetta della posta ritagli di giornale e appunti che ritiene provengano dallo stesso. Non ricorda di una conversazione telefonica avuta con il colonnello Pentericci Giorgio, nell'80 Comandante dell'aeroporto di Trapani-Birgi, relativa al materiale inviato dal medesimo all'ITAV il 21 luglio 80. Queste le sue parole: "non ho memoria di una conversazione telefonica che io avrei avuto con il colonnello Pentericci, relativa al materiale inviato dal medesimo all'ITAV nel 1980".

L'episodio gli ritorna alla memoria anche con particolari nel corso dell'interrogatorio del 07.12.95, nel quale afferma di aver contattato telefonicamente, in epoca imprecisata, presso la sua abitazione il colonnello Pentericci Giorgio, firmatario della lettera del 21 luglio 80 del comando aeroporto di Trapani Birgi, chiedendogli in cosa consistessero le registrazioni di Poggio Ballone inviate all'ITAV, cioè se si trattava di nastri o THR.

Il colonnello Pentericci Giorgio, a sua volta nel corso dell'esame testimoniale del 7 luglio 95, ha dichiarato: "nel 91 venni contattato dal generale Pugliese il quale mi disse che aveva trovato la mia lettera di trasmissione del materiale all'ITAV, ma che la documentazione non si trovava; io gli confermai di aver trasmesso il materiale ma non potevo dire dove si trovasse". Si ricorda che la lettera in questione, cioè quella del 21 luglio, è stata trasmessa all'AG solo nel mese di luglio 95, in copia e sequestrata in originale nel mese di febbraio 96 all'ITAV.

Anche da questa dichiarazione emerge l'interessamento dell'ITAV e di Pugliese a ricercare, nel 91, nei propri archivi la documentazione di Poggio Ballone, di cui tra l'altro tutti sembrano non ricordare la natura cioè se cartacea o nastri di registrazione.

In considerazione dei fatti sopra esposti e del giudizio che se ne è dato, secondo i nuovi criteri sulla prova, deve ritenersi che siano stati acquisiti elementi più che sufficienti per rinviare a giudizio l'imputato per il delitto contestatogli come in epigrafe, delitto che essendo stato commesso nel 93 cade sotto il regime della novella dell'8 giugno 92, n.306 e conseguentemente è assoggettato al termine di prescrizione decennale.

Quanto alle memorie difensive dell'imputato, deve in primo luogo rigettarsi l'argomentazione secondo cui l'imputazione non sarebbe mai stata contestata nelle forme proprie dell'ordine o mandato, sicchè solo dopo le requisitorie il Pugliese apprenderebbe il fatto addebitatogli. In effetti il prevenuto ha avuto contezza sin nei minimi particolari di fatti e circostanze che gli vengono poste a carico, e su di esse è stato più che sufficientemente interrogato. Tali modalità di contestazione sono più che idonee alla difesa e per incontroversa giurisprudenza equiparate alla formale contestazione in provvedimento.

Di seguito la difesa assume che Pugliese non si è mai occupato della vicenda di Ustica in qualità di Vice Capo di Gabinetto; così come non ha mai trattato questo affare durante l'incarico di ispettore dell'ITAV.

In effetti si deve immediatamente ribadire che appare inesatta l'affermazione secondo cui il Pugliese si sarebbe totalmente mantenuto estraneo all'evento durante il suo incarico al Gabinetto della Difesa. Egli il 7 luglio prende visione, apponendovi la propria sigla, dell'appunto redatto dall'ammiraglio Torrisi il 4 luglio 80 per il Ministro della Difesa. Il 29 dicembre 80, in relazione alla ricezione della più che nota lettera dello SMA datata 20 dicembre 80 a firma del Sottocapo Ferri, scrive di proprio pugno: "gli elementi forniti dallo SMA hanno il valore di precisazioni in merito al noto incidente del DC9 precipitato ad Ustica. Per quanto attiene alla richiesta della relazione della Commissione d'inchiesta, si è del parere di avanzarne formale istanza al Ministero dei Trasporti". Sempre sotto la data del 29, a fianco il Capo di Gabinetto De Paolis appone la sua sigla e scrive "va bene". Il 12 febbraio 81 Pugliese appone la sua sigla e scrive di suo pugno: "Tiboni. Ti prego di confermarmi fatto di avere già inviato copia della relazione allo SMA"; la relazione a cui fa riferimento Pugliese è quella della Commissione Luzzatti del 5.12.80. Il 27 agosto 82, il Capo di Gabinetto De Paolis, su un foglietto appone la sua sigla e di proprio pugno scrive: "Pugliese / ti hanno da e che punto siamo con questa faccenda?", sul biglietto è apposta anche la sigla di Pugliese senza data, che quindi ne prende comunque atto. De Paolis scrive questa nota sulla scorta di un comunicato ANSA del 27 agosto in cui si riportava che Luzzatti aveva affermato che ancora nessuno era in grado di poter dire con ragionevole certezza se il DC9 fosse stato distrutto da una esplosione interna o esterna. Il 15 settembre 82 Pugliese su un foglietto appone al sua sigla e scrive di proprio pugno: "Parlato con avv. Freni per una missione congiunta e fare il punto della situazione. (i risultati dell'inchiesta AM sono stati inviati ai Trasporti e viceversa?)"; questa considerazione nasceva da alcuni comunicati ANSA del 14 settembre sulla trasmissione della BBC, messa in onda anche dalla RAI, dal titolo "Assassinio nel cielo" nonché dalle dichiarazioni del generale Mangani sulla trasmissione. Come ben si può vedere il coinvolgimento di Pugliese nella vicenda del DC9 Itavia v'è stato ed è documentalmente provato.

La difesa sottolinea l'estraneità del Pugliese alla vicenda del DC9, per il fatto che costui avesse dichiarato di non aver mai preso visione del documento datato 9 agosto 80, indirizzato alla sua attenzione dal SIOS dell'AM. Produce, per avvalorare questa tesi della mancata visione dell'appunto, documentazione da cui risulta che dal 6 al 19 agosto 80 egli era stato in ferie con la famiglia presso il Distaccamento AM di Terminillo (RI). La difesa sostiene poi che quanto rappresentato nell'appunto trasmesso il 9 agosto non avesse avuto più alcun seguito, giacchè superato dall'appunto del 4 luglio 80, dell'ammiraglio Torrisi, sul quale peraltro era stato decretato "atti" proprio dal Ministro. Ma v'è innanzitutto da rilevare la strana collocazione, nell'archivio del Gabinetto della Difesa, dell'appunto inviato il 9 agosto dal SIOS. Risulta infatti che esso è giunto il 14 agosto 80 - timbro di arrivo e numero di archiviazione - ma non vi risulta apposto alcun visto dei vari responsabili del Gabinetto, se non la scritta "atti"; al momento dell'acquisizione - 25.09.96 - il documento si trovava inserito tra la documentazione relativa all'anno 84 e non a quella riferita all'80. Questa circostanza induce a presumere, come già detto, che il documento non sia stato preso in visione da nessun altro responsabile dell'ufficio di gabinetto, proprio perché non vi è alcuna sigla ma sia stato lasciato alla visione di Pugliese, rientrato dalle ferie soltanto cinque giorni dopo, proprio perché indirizzato alla sua attenzione; la sua collocazione negli atti dell'84 può spiegarsi con il fatto che Pugliese abbia sempre tenuto presso di sé il documento, nel suo ufficio, e soltanto quando nell'ottobre 84 ha lasciato l'incarico di Vice Capo di Gabinetto, ha consegnato l'atto per l'archiviazione, che così è stato riposto tra la documentazione dell'84 e non tra quella dell'80. Si deve altresì dire che l'appunto trasmesso il 9 agosto, ritardo di trasmissione che nessuno degli imputati dello Stato Maggiore Aeronautica ha saputo spiegare, in particolare Tascio che aveva decretato il 16 luglio 80 la trasmissione specifica al Pugliese, è di contenuti diversi da quell'appunto redatto il 4 luglio da Torrisi per il Ministro. Infatti Torrisi cita come fonti di notizie il Comandante della Capitaneria di Porto di Palermo, Piantanida, ed elabora un appunto generico che deve avere altri approfondimenti; l'appunto Bomprezzi - Argiolas è molto più dettagliato e mette in evidenza il ritrovamento di alcuni reperti di non sicura provenienza, su cui perciò gli accertamenti dovevano essere approfonditi e portati alla conoscenza del Ministro.

Le responsabilità di Pugliese, ben precisate dal PM, in relazione ai rapporti avuti con Fiorito De Falco nel luglio 90 sono chiare ma la difesa stima che l'annotazione di Fiorito nella sua agenda sotto la data del 3 luglio 90 possa avere una duplice spiegazione: Pugliese proprio per la sua limitata conoscenza della vicenda, ha commesso un grossolano errore o, più probabilmente, Fiorito non ha ben compreso quanto comunicatogli da Pugliese. Quest'Ufficio ribadisce che le annotazioni di Fiorito sono chiare ed inequivocabili, così come le conferme al riguardo rese dallo stesso Fiorito nei vari interrogatori; che proprio Pugliese non afferma il vero all'atto della redazione del verbale di sequestro il 4 luglio del Nucleo di PG dei Carabinieri di Roma, allorquando si limita a consegnare le fotocopie della THR di Poggio Ballone, ricevute dallo SMA, e non riferisce che la documentazione di quel centro radar, pur essendo stata trasmessa all'ITAV nel luglio 80 dall'aeroporto di Trapani Birgi, non era stata rinvenuta in archivio, nonostante in quei giorni ne avesse disposto controlli e verifiche anche attraverso il ricordo di Fiorito destinatario della documentazione nel 1980.

Ma le responsabilità a carico di Pugliese vanno ben oltre quelle analizzate dalla difesa, giacchè molteplici e controversi sono gli argomenti sui quali Pugliese deve ancora dare risposta. Egli avrebbe dovuto spiegare la strana vicenda del rinvenimento dei nastri di registrazione a Borgo Piave l'11 novembre 88; nastri di cui il generale in un primo momento, a pochi giorni di distanza dal rinvenimento, il 29 novembre afferma trattarsi della copia dei nastri di Marsala effettuati nel 1980 all'atto della visita peritale del PM a Borgo Piave. E di cui a distanza di qualche mese - maggio 89 - afferma trattarsi di nastri di non identificabile provenienza. Per escludere nel novembre 89 che siano i nastri di Marsala copiati nel 1980, senza però indicarne alcuna provenienza. Pugliese avrebbe dovuto spiegare le ragioni per cui gli elaborati delle tracce di Poggio Ballone, Potenza Picena e Capo Mele erano stati riveduti e corretti dopo che i relativi lavori erano stati ultimati, proprio al riguardo di alcune tracce relative al coinvolgimento di velivoli sul percorso del DC9 Itavia. Avrebbe dovuto spiegare l'invio di autorevoli esperti del suo Ispettorato allo Stato Maggiore, il colonnello Gaudio e il maggiore Petroni, nel novembre 90, con la relazione scritta e la spiegazione di tracce di velivoli con velocità superiore a 800 nodi; documenti rinvenuti solo nel 96 e mai portati a conoscenza di quest'Ufficio dall'Aeronautica; tracce estratte dalla consultazione delle THR di Poggio Ballone, Potenza Picena e dal DA1 di Capo Mele, i cui elaborati già ultimati vengono poi riveduti, corretti e inviati allo SMA a firma proprio di Pugliese, evitando però di inserire negli elaborati le spiegazioni analitiche fornite nella citata relazione, ma riportando solo generiche descrizioni delle tracce.

Molti perciò sono gli interrogativi, e di non poco conto cui il generale Pugliese avrebbe dovuto, e deve, rispondere.

11. Trombetta Antonio.

Il capitano Trombetta Antonio, nell'80 era il Comandante del Sottocentro e Coordinamento Soccorso dell'Aeroporto di Ciampino. E' stato indiziato per i delitti p. e p. dagli arrt.372, 61, n.9, c.p. perché deponendo come teste dinanzi a questo GI in data 24.07.91 rese dichiarazioni reticenti in ordine alle telefonate effettuate all'ambasciata americana la sera del 27.06.80, con l'aggravante di avere agito quale pubblico ufficiale.

Emerge evidente dagli atti l'atteggiamento reticente del Trombetta, che dopo avere addirittura sostenuto, nella prima deposizione del 20.06.91 di non essere stato presente in sala operativa la sera del 27.06.80 al momento in cui dal sito erano partite le telefonate in cui appare interlocutore e di aver raggiunto il posto di lavoro solo intorno alle 22.45 locali, nella successiva deposizione del 24.07.91, dopo aver preso atto della sua presenza al Sottocentro di Soccorso di Ciampino in orario precedente, negava però di essere stato presente alla telefonata delle ore 20.22 tra il maresciallo Bruschina e Martina Franca ed asseriva di non ricordare chi fosse l'ufficiale dell'ACC che aveva portato nella sala del Sotto Soccorso la notizia della presenza di traffico americano nella zona del sinistro, e di escludere che il capo controllore di Ciampino avesse telefonato dal suo ufficio all'Ambasciata americana.

Deve essere tuttavia rilevato che, anche a prescindere della oramai intervenuta prescrizione, in ordine all'imputazione ascritta al Trombetta appare operante la causa di non punibilità prevista dall'art.376 c.p., avendo l'imputato dinanzi questo GI in data 14.01.92 e 15.01.92 sostanzialmente superato l'iniziale atteggiamento di reticenza, indicando nel Massari Porfirio l'ufficiale che aveva portato al Sottocentro di Soccorso la notizia sulla presenza di traffico americano e che poi aveva effettuato da detto ufficio la telefonata all'ambasciata americana.

Infatti in tali interrogatori ha ricordato quasi tutto; in particolare sia la telefonata delle ore 20.31 del 27.06.80, in cui riconosce come suo interlocutore il capitano Smelzo di Martina Franca, e sia il nome del militare che gli aveva dato la notizia della visione sul radar dell'ultimo punto di contatto, cioè il maresciallo Bozicevich.

Ha ricordato la telefonata delle ore 06.59 del 28.06.80, gruppo 3 delle registrazioni di Martina Franca, in cui riconosce gli interlocutori, ovvero Santamaria e Lippolis. Sull'affermazione "Adesso guarda l'unico modo per poterlo fare è chiamare l'Ambasciata e lo sta facendo il capo controllore", ha riferito che mentre parlava con Bozicevich vicino al tabellone sulla parete all'interno della sala, aveva notato Bruschina e Massari a colloquio tra loro; poi Bruschina gli aveva riferito dell'intenso traffico americano e che ne aveva parlato con Massari. Aveva di conseguenza ordinato a Bruschina di avvisare subito l'RCC di Martina Franca.

Ha ricordato la telefonata delle ore 20.39 e delle ore 20.41 "pizza" VI canale 27, cassetta VI/9 lato B, delle registrazioni di Ciampino. Ha preso atto che la telefonata all'ambasciata americana fu fatta all'interno del suo ufficio e che il numero telefonico era segnato sull'appunto sequestrato presso di lui; ma non ha ricordato chi gli avesse procurato quel numero, pur ammettendo che probabilmente era stato il capo controllore quando aveva raggiunto il suo ufficio. Aveva proposto a Smelzo di mettersi in contatto con Bagnoli. Sulla telefonata delle 22.06 tra Marzulli, Smelzo e Trombetta, al riguardo di una traccia trasmessa da Licola inerente l'identificazione del DC9 al momento della caduta, ha riferito di aver ricevuto la notizia, ma di non aver discusso la questione, non ricordando altri particolari oltre quelli presenti nella trascrizione della telefonata.

Deve di conseguenza essere prosciolto per la causa di non punibilità sopra richiamata.

12. Bomprezzi Bruno.

Il colonnello Bomprezzi Bruno rivestiva nell'80 l'incarico di capo del 2° Ufficio del 2° Reparto SIOS. Nell'agosto di quell'anno, essendo l'ufficiale più elevato in grado del Reparto, assunse anche l'incarico di vice capo Reparto, essendo il generale Tascio in licenza per la durata dell'intero mese.

Il comportamento processuale del Bomprezzi si caratterizza, - è questo un rilievo delle requisitorie del PM, che si condivide - sin dalla prima formale deposizione, per atteggiamenti comuni a quelli già manifestati da altri esponenti dell'AM ed in particolare del SIOS e cioè con la negatoria assoluta di un qualsiasi interessamento, personale e dell'Ufficio, nella vicenda del DC9, ammettendo solo un intervento limitato all'episodio della caduta del MiG libico. Qui di seguito alcune frasi significative delle sue deposizioni testimoniali:

"Deposizione GI 5 novembre 90: per quanto concerne la caduta del DC9 di Ustica non mi sono interessato direttamente.

Deposizione GI 11 marzo 91: presi parte alla missione di Boccadifalco in quanto interessato in generale al rinvenimento di relitti di un qualche interesse aeronautico.

Deposizione GI 22 giugno 92: non vi era alcuna relazione né nella richiesta né nella mia attività... con Ustica.

Deposizione GI 10 maggio 95: la caduta del DC9 è passata nel nostro Reparto completamente sotto silenzio: cioè era stato ritenuto un incidente di velivolo civile determinato da cause ordinarie".

Deve essere immediatamente evidenziata la contrarietà al vero di siffatte affermazioni, reiterate nel tempo dal Bomprezzi, sulla base delle seguenti considerazioni. E' documentalmente provato che già il 4 luglio 80 il Bomprezzi, assieme al tenente colonnello Argiolas del 3° Reparto, si reca all'aeroporto militare di Boccadifalco a visionare reperti non già per mero generico interesse aeronautico sebbene per controllare quanto meno un seggiolino rinvenuto, che si ipotizzava potesse appartenere ad un F104, e che quindi potesse suffragare l'ipotesi circolante nell'ambiente dell'AM d'una collisione tra il DC9 ed un aereo militare americano.

Il Bomprezzi non può ovviamente negare tale missione ma in sede di interrogatorio quale indagato di reato, (G.I. 06.10.95) esclude come causale quella della verifica dell'eventuale collisione, e tende a ricondurla al rinvenimento di un casco, non però da pilota, ma da manovratore da portaerei; missione affidatagli non dal suo superiore diretto generale Tascio, ma addirittura dal Sottocapo di SM generale Ferri, e senza comunque collegamento con la vicenda del DC9. In realtà la missione a cui si riferisce il Bomprezzi non è quella del 04.07.80 bensì quella del 12 agosto successivo, che gli fu effettivamente conferita dal Ferri. Altra singolarità di questa missione è che non risulta emesso alcun certificato di viaggio per il personale impegnato nella stessa; il che di certo sta a significare il carattere di riservatezza della missione.

La relazione relativa all'ispezione a Boccadifalco viene redatta dal tenente colonnello Argiolas il 9 luglio 80 e posta in visione al Capo del 3° Reparto il 10 luglio e al sottocapo di Stato Maggiore l'11 luglio successivo. Viene decretato, dal generale Melillo, che l'appunto deve essere inviato al S.I.S.MI e al capo Gabinetto del Ministro a cura del 2° Reparto, che deve trasformarlo in relazione e corredarlo di fotografie. Il 16 luglio successivo, il generale Tascio dispone, al suo 3° Ufficio, di elaborare una sintesi della relazione per il generale Pugliese al Gabinetto del Ministro e per il S.I.S.MI. La documentazione verrà inviata solo a distanza di ventiquattro giorni dopo, il 9 agosto, con lettera di accompagnamento a firma del colonnello Bomprezzi, in quel periodo vice capo reparto. In quella inviata al Gabinetto della Difesa viene specificato "all'attenzione del generale Pugliese". Sia nell'appunto redatto dall'ufficiale del 3° Reparto che nella relazione trasmessa dal 2° Reparto non viene dichiarato il vero scopo della visita a Boccadifalco, cioè la ricerca del seggiolino eiettabile di un F104, ma si parla solo di un generico controllo dei reperti accantonati.

Il Bomprezzi, successivamente assieme al colonnello del 3° Reparto Sidoti, partecipa ad altra missione all'aeroporto di Boccadifalco, quella del 12.08.80, dopo il rinvenimento il 10.08.80 sulla spiaggia di Trabia d'un casco da pilota che risultò poi essere di manovratore di portaerei. Sentito in merito il 22.06.92 il Bomprezzi, come già ricordato, esclude ogni collegamento di tale missione sia con la vicenda di Ustica che con quella del MiG23, ma nulla sa replicare alle contestazioni mossegli nel corso della suindicata deposizione; qui di seguito uno stralcio significativo della predetta deposizione: "A contestazione dell'implausibilità che il Sottocapo dello Stato Maggiore inviasse il reggente del SIOS di persona a Palermo per visionare un casco, peraltro di un Paese alleato, il teste risponde: "Il generale Ferri forse non conosceva la nazionalità del casco. Ogni volta che si ha un ritrovamento in mare di oggetti connessi o correlati con attività aerea, si chiede relazione o si va a vedere.

Adr: non andava necessariamente il capo del SIOS.

Ad PM r: Non ricordo casi in cui è andato il capo del SIOS. Il fatto che sia andato io può essere stato determinato dall'incarico che ricoprivo ordinariamente e cioè le situazioni e mezzi dei Paesi d'interesse."

In realtà la rilevanza del rinvenimento di quel reperto sotto il profilo di un possibile collegamento con la vicenda di Ustica è comprovata non soltanto dal fatto che il Sottocapo di Stato Maggiore invii sul posto il reggente del SIOS, ma anche dallo stesso atteggiamento contorto tenuto dall'AM nella successiva gestione della vicenda; da un lato infatti lo scopo effettivo della missione viene occultato negli atti ufficiali, sì che il colonnello Sidoti ha avuto buon gioco a lungo a negare di aver partecipato a tale missione fino a quando cioè non gli è stato mostrato l'appunto nr.220/12080 relativo al volo di un PD 808, che registra un suo viaggio da Ciampino a Palermo Punta - Raisi insieme ad altro ufficiale, e d'altro lato il reperto viene mandato alla Marina per non meglio identificati accertamenti tramite SIOS, per poi confluire inopinatamente tra i reperti del MiG libico.

Per effetto delle suesposte risultanze istruttorie non può quindi che contestarsi la sussistenza di una condotta reticente da parte del Bomprezzi nei termini contestatigli.

Quanto poi all'indizio del reato di favoreggiamento personale deve esser ricordato come dalla più volte citata conversazione tra il Lippolis e il colonnello Barale emergesse un riferimento da parte del Lippolis alla presenza, nell'aeroporto di Boccadifalco, ai primi di luglio 80, tra i reperti recuperati, di un casco da pilota con scritto all'esterno John Drake, casco che sarebbe stato preso in considerazione dalla Commissione d'inchiesta in funzione d'una possibile collisione tra il DC9 di Ustica e un aereo USA. Il casco di cui parla il Lippolis non risulta comunque essere stato mai oggetto di un formale sequestro.

Indubbiamente ove fosse ritenuta certamente riscontrata la presenza del cennato casco tra i reperti concentrati a Boccadifalco, non potrebbe sostenersi plausibilmente da parte del Bomprezzi che egli non l'abbia visto e valutato; e costituisce altresì elemento ulteriormente indiziante la sospetta "confusione" che il Bomprezzi fa nell'interrogatorio del 06.10.95 tra la missione del 4 luglio 80 e quella del 12 agosto dello stesso anno, che gli consente di affermare, contro l'evidenza dell'appunto sequestrato ad Argiolas, che riferì al Ferri e non al Tascio degli esiti della missione, e che il casco rinvenuto era quello di un manovratore di ponte di portaerei e quindi non ricollegabile con la caduta del DC9.

Va però preso atto che non v'è obiettivo e sicuro riscontro, al di là delle dichiarazioni del Lippolis, in ordine alla presenza tra i reperti concentrati a Boccadifalco del casco da pilota dal Lippolis medesimo descritto; tale incertezza impedisce di provare - così conclude il PM e così si ritiene - la materialità della condotta di favoreggiamento di cui il Bomprezzi è stato indiziato.

In relazione alla vicenda dell'incidente del MiG23 libico, il Bomprezzi non è credibile quando afferma di essersi sì recato presso il 32° CRAM di Otranto il 30 luglio 80 al fine di supervisionare una esercitazione di Difesa Aerea organizzata ad hoc per verificare i punti deboli del sistema radar nella parte meridionale della Penisola, e poi non ricorda se l'esercitazione venne registrata su nastro e se da esso venne estrapolata una riduzione dati. Così come quando esclude di aver preso in consegna quel giorno, dal 32° CRAM di Otranto, il nastro di registrazione del 18 luglio 80 relativo all'incidente del MiG libico; e non ricorda se detto nastro fu poi consegnato a Borgo Piave per la successiva riduzione dati, nè ricorda la restituzione del nastro al 32° CRAM di Otranto. Tutto questo invece è provato documentalmente con atti a sua firma, e solo all'esibizione di tali atti ha ammesso di aver compiuto quelle attività.

In effetti non v'è traccia documentale presso la Brigata Tecnica Addestrativa di Borgo Piave della riduzione dati effettuata tra il 31 luglio (data di consegna del nastro a Borgo Piave) e il 6 agosto 80 (data di riconsegna del nastro da Borgo Piave al 2° Reparto). Ma detta riduzione dati viene rinvenuta nel settembre 88 dal 2° Reparto nel proprio archivio, e però egli non sa indicarne la provenienza. Senza dimenticare che, sempre in quel periodo, il 32° CRAM di Otranto scrive che il nastro di registrazione si trova ancora presso la Brigata Tecnica Addestrativa di Borgo Piave dal 30 luglio 80, quando invece è provato documentalmente che il nastro di registrazione è stato riconsegnato al citato CRAM il 19 agosto 80 dal corriere della 3( Regione Aerea di Bari; documentazione e materiale di cui però non viene mai trovata alcuna traccia nel sito di Otranto.

Ulteriori prove dello stato di confusione - così diffuso da apparire voluto e preordinato - in cui si trovano i documenti e gli oggetti attinenti ai fatti per cui si procede. Situazione che ha agevolato le reticenze dei personaggi coinvolti e favorito gli ostacoli all'inchiesta.

Comunque, a conclusione della posizione Bomprezzi deve dirsi che egli va rinviato a giudizio per il delitto ex art.372 c.p., così come contestatogli - giacchè come per tutti coloro che in questo procedimento vengono rinviati a giudizio, la suesposta situazione probatoria induce a stimare che, in esito all'istruttoria dibattimentale, conseguirà condanna dell'imputato - mentre non deve essere promossa azione penale a suo carico per il delitto ex art.378 c.p., di cui era indiziato.

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