Capitolo V

La posizioni degli imputati Russo, Zuliani e Sinigaglia.

1. Russo Giorgio.

Il tenente colonnello dell'AM Russo Giorgio nel 1980 rivestiva l'incarico di Capo Ufficio Operazioni presso la RIV (Regione Informazione al Volo) di Roma - Ciampino. Nel 1985 congedatosi dall'Aeronautica Militare viene assunto dalla società CISET S.p.A. di Roma, che fornisce la manutenzione, tra l'altro, degli apparati del CRAV di Ciampino. Egli pertanto ha sempre lavorato presso il citato CRAV; da ultimo in qualità di funzionario della società CISET.

L'imputazione a suo carico - egli è stato interrogato solo il 24.09.92, mentre è stato escusso in qualità di teste il 18.03, il 23.07 e il 10.10.91 - è stata formulata nella requisitoria dei PM come addebito del delitto di cui agli artt.323, 61 n.2 e 479 c.p. per avere falsamente attestato, in una rappresentazione grafica dei dati ricavabili dalle registrazioni dei radar di Fiumicino-Ciampino redatta il giorno dopo la perdita dell'aereo, una situazione di fatto diversa da quella rilevata, in particolare non riportando i plots -17 e -12, al fine di impedire che la perdita del DC9 potesse essere messa in relazione con la presenza di altri aerei e dopo che era stata acquisita una informazione circa la presenza di forze aeronavali statunitensi.

L'ufficiale risulta nell'ambito dell'inchiesta una figura di primo piano se si considera che, in qualità di esperto del traffico aereo, ha proceduto alla redazione del primo plotting manuale il giorno successivo all'incidente. E' lui a ricevere e custodire, nella cassaforte del proprio ufficio la mattina del 28 giugno, dal capo sala maggiore Massari Porfirio i nastri TBT, mentre i nastri radar furono da lui stesso prelevati dagli elaboratori per redigere il plottaggio. Tutto questo materiale sarà poi consegnato al colonnello Fiorito De Falco, capo del 2° Reparto dell'ITAV, il 21 luglio 80 e da quest'ultimo il giorno seguente all'AG in ottemperanza al decreto di sequestro del 16 luglio 80. Nei giorni immediatamente successivi all'incidente, un operatore dell'ACC di Ciampino, Mancini Francesco, deceduto, provvide a trascrivere le conversazioni dei nastri TBT della sala dalle 18.30Z alle 20.00Z. Tra queste risultano alcune trascrizioni delle conversazioni telefoniche, rinvenute e consultate dall'AG solo nell'ottobre 96 a seguito del sequestro di tutta la documentazione in possesso della Commissione Luzzatti, relative al collegamento tra Ciampino e il CRAM di Siracusa in un periodo di tempo compreso tra le 19.28Z e le 19.42Z. Dette conversazioni non sono presenti tra le conversazioni registrate sui nastri TBT consegnate alla magistratura nel luglio 80. Ragion per cui si deve presumere che egli conservasse altre registrazioni, di cui mai s'è riferito e che ovviamente non sono state mai consegnate. Non si dimentichi che i registratori a Ciampino erano otto, e solo di tre sono state consegnate le registrazioni.

La prima dichiarazione del Russo in merito all'incidente del DC9 Itavia, viene resa il 14 aprile 89, dinnanzi alla Commissione Pisano. In quell'occasione riferisce una circostanza di sommo rilievo: "rimasi meravigliato dal fatto di rilevare molti echi primari per circa due minuti e mezzo dopo la scomparsa del segnale SSR", ma sul contenuto di questa significativa testimonianza la "Pisano" non ha ritenuto di soffermarsi, non attribuendo all'interrogativo suscitato dal Russo alcuna considerazione. Mentre in effetti quell'affermazione proveniva da un esperto del radar, che sin dal primo momento non sa spiegarsi una così lunga permanenza di echi primari. Né tanto meno i vari collegi che si sono succeduti l'hanno tenuta in conto, chè altrimenti il Russo avrebbe dovuto dar conto di quella sua meraviglia in specie a confronto del comportamento che asserisce di aver tenuto al riguardo della riduzione del relativo nastro.

Il 28 giugno 80, l'indomani dell'incidente, il colonnello Russo infatti realizzò il plottaggio tramite un apposito programma di stampa con l'aiuto di un collaboratore, il capitano Bruno Martino. La redazione dell'elaborato per individuare la traiettoria del DC9 Itavia venne predisposta sulla base dei dati riportati dal sistema di calcolo e l'incarico pervenne dall'ITAV al Direttore della RIV di Ciampino, colonnello Guido Guidi. Lo stesso giorno si reca dal Capo del 2° Reparto dell'ITAV, colonnello Fiorito De Falco e gli pone in visione il plottaggio redatto. Alla domanda del Fiorito se dal plottaggio era rilevabile qualche elemento che potesse far pensare ad una collisione, il Russo rispondeva negativamente, ma ovviamente - almeno nessuno dei due ne ha parlato - non riferisce di quella sua meraviglia, nata sicuramente sin dalla prima visione del plottaggio.

Sia dal Russo che dal Martino vennero formulate le seguenti ipotesi sull'incidente: la rottura in volo e l'interruzione istantanea dell'energia elettrica; tutte e due dedotte dalla disintegrazione della struttura dovuta a un grave cedimento strutturale o all'esplosione di un ordigno a bordo. Non pensarono assolutamente all'ipotesi del missile, in quanto non erano presenti in prossimità dell'aereo altri plots collegati. Se avessero visto un'altra traccia, avrebbero ipotizzato una collisione o eventualmente il lancio di un missile (v. esame Russo Giorgio, GI 10.10.91).

I plottaggi vennero redatti in due esemplari: il primo in ordine di tempo quello elaborato il 28.06.80 e il secondo, più particolareggiato, qualche giorno dopo; entrambi furono consegnati al colonnello Guidi. Una copia venne consegnata anche alla Commissione Luzzatti. Con un membro di questa Commissione ebbe pure uno scambio di valutazioni, cioè con l'ing. Bosman. Con costui, parlò delle teorie d'interpretazione dei dati rappresentati sul plotting ed in particolare riferì all'ingegnere la differenza di posizione dei singoli plots rispetto alla traiettoria presunta del DC9. In ordine a tale circostanza testualmente riferiva: "l'ingegnere ipotizzava infatti che potesse esserci un altro aereo con rotta parallela a quella del DC9 lungo la parte che si vedeva nel grafico" (v. esame Russo Giorgio, GI 10.10.91). Ma qui si guarda bene dal dire le ragione in base alle quali al Bosman esprimeva quella ipotesi.

Oltre le due cartine sopracitate ricorda di aver redatto un'analisi in occasione delle visite del collegio peritale Blasi a Ciampino e consegnata al Comandante Dentesano, perito del collegio - ma tale persona non risulta di aver mai fatto parte di tale collegio. Il documento in questione era tecnicamente superato, in quanto basato su plotting eseguiti sul canale di estrazione del radar primario Marconi.

A contestazione del fatto che nella cartina si rilevano plots ad ovest della traiettoria del DC9, correlabili con altri ad est ed in particolare con i plots -17 e -12, il Russo, in un primo momento risponde: "quei due plots non erano presenti nel mio plottaggio", mentre in un secondo momento, riferisce: "sul tabulato da me esaminato dovevano esserci anche i plots -17 e -12, ma essi al tempo non sono stati presi in considerazione, per i motivi detti in precedenza circa l'obiettivo da raggiungere e cioè l'individuazione del punto di caduta dell'aeromobile". Gli si contesta di conseguenza che i relitti dell'aereo al tempo del plottaggio erano stati già individuati, mentre da più risultanze già appariva il sospetto della collisione con altro aereo; e che quindi fosse improbabile che l'attività fosse stata richiesta al fine di individuare il punto di caduta dell'aeromobile. Il Russo risponde: "Non ricordo che lo scopo dell'incarico affidatomi fosse stato espletato nella ricerca delle cause dell'incidente. Ovviamente l'ipotesi della collisione era stata tenuta da me presente". Viene subito contestato da questo Ufficio che attraverso una analisi di poco più approfondita, cioè estesa ai quadranti prossimi a quelli della rotta del DC9 sarebbero immediatamente emersi i plots laterali, il Russo risponde: "Come già affermato in precedenza, l'analisi è stata condotta in una regione di spazio ritenuta sufficiente al tracciamento della rotta dell'Itavia" (v. esame Russo Giorgio, GI 10.10.91). Tale qualificazione appare ovviamente inaccettabile, perché l'indomani del disastro non era più assolutamente necessario individuare la rotta, bensì in tutti gli ambienti interessati ci si adoperava per accertare le cause dell'incidente.

Il capitano Martino, in servizio la sera del 27 giugno 80 in sala operativa con funzioni di supervisore tecnico del sistema, non ricorda di aver sentito in sala operativa voci di traffico americano nella zona dell'incidente né di aver visto colleghi chiamare l'ambasciata americana. Ricorda perfettamente di aver collaborato con il maggiore Russo nella stesura dei plots radar. E' a conoscenza che il plottaggio doveva essere inviato all'ITAV e ritiene che lo scopo di quella riduzione fosse l'individuazione di battute mancanti o di altro SSR, cioè di un altro aereo in quanto si avanzava sia l'ipotesi di una eventuale collisione che quella di avaria. Ha affermato che il -17 e il -12, anche se solo primari, qualora fossero stati sul tabulato analizzato sarebbero stati sicuramente visti e quindi riferiti al Russo che stilava materialmente il plotting. Aggiunge che se detti dati non sono stati messi nella presentazione grafica, ciò è avvenuto per decisione del Russo, poiché quei primari da lui stimati non rilevanti per l'analisi. Presa visione del plotting lo riconosce come quello che fu redatto il 28 giugno 80 e non sa spiegarsi perché il -17 e il -12 non vi sono rappresentati (v. esame Martino Bruno, GI 14.04.94). A distanza di quattro giorni, cioè il 18 aprile 94, il Martino viene nuovamente sentito e in tale atto, presa visione dei tabulati immediatamente nota il -12 e il -17 come primari e dichiara che quei plots di sicuro li ha letti al Russo, ma non furono presi in considerazione perché distanti dall'aereo, dato che la finalità di quel lavoro era di tracciare la traiettoria del DC9 e analizzare dopo l'impatto l'andamento dei primari. E' anche vero però, ammette, che questo suo secondo esame era stato preceduto da uno scambio di informazioni avuto con il Russo la sera del 14 aprile, dopo la prima testimonianza, e che il giorno successivo entrambi hanno nuovamente parlato sui due plots in questione convenendo che da soli i plots erano difficili da correlare (v. esame Martino Bruno, GI 18.04.94). Questa testimonianza è perciò rimasta sicuramente influenzata dai discorsi del vecchio superiore. Non solo: essa appare in netto contrasto con la precedente che appariva più che verosimile. Il Russo è perciò sconfessato persino da colui con il quale aveva redatto il plottaggio.

A seguito della lettura al Russo delle dichiarazioni rese dall'ing. Bosman (v. esame GI 08.10.91), nella parte relativa alla rappresentazione grafica degli echi, egli risponde: "Non mi pare che vi sia contraddizione sostanziale tra le dichiarazioni di Bosman e quelle da me rese. D'altra parte la cartina era a disposizione di tutti. Io l'ho vista anche in occasione di una riunione presso il CRAV a Ciampino, cui erano presenti membri di una Commissione, tra cui certo ammiraglio Pizzarelli. La cartina che mi fu mostrata era una copia del plottaggio 1/1.000.000 da me redatta". La commissione a cui fa riferimento è la cosiddetta Pratis, nominata dal Presidente del Consiglio dei Ministri il 9.12.88. Gli vengono poi esibite le due cartine sequestrate in data 08.10.91 all'ingegner Bosman, e così dichiara: "Riconosco che entrambe sono copie dei lucidi originali. Quella grande, 1/100.000 è copia eliografica - fatta da noi - dell'originale. Devo però aggiungere che il tracciato attribuibile a me è quello compreso tra le radiali 160 e 170 del radar Marconi. Escludo che sia di mio pugno quanto si trova all'esterno di tale zona. Non so chi abbia aggiunto i cerchietti indicati con i numeri -11 e -12". L'Ufficio fa notare, e contesta al Russo che il punto 2 del plottaggio non appare compatibile con i plots rilevabili al termine della traiettoria del DC9, e tale incompatibilità avrebbe dovuto indurlo a considerare la presenza di altri aeromobili, ma egli dà una risposta del tutto semplicistica specie se si tiene in considerazione la sua specializzazione: "poiché si trattava di un solo segnale e alla stessa distanza degli altri primari, lo interpretammo come un errore particolarmente grande nella misura in azimuth" (v. esame Russo Giorgio, GI 10.10.91).

Successivamente, nel corso dell'interrogatorio del 24.09.92, sulla stessa contestazione fornisce la medesima risposta. Nel prosieguo dell'atto, viene disposta la comparazione delle cartine con quelle sequestrate all'ing. Bosman l'8.10.91; in merito così dichiara: "lo sviluppo è stato questo qui, chiaramente fino alle ultime, ecco, fino a questa radiale che è stata tra l'altro segnata con i trasferibili; poi non abbiamo segnato nient'altro, quindi questi qui sono, chiaramente anche queste linee, sono chiaramente state aggiunte in epoca successiva insomma. E' anche evidente il diverso modo di tracciare i dati. Però sono state aggiunte e mi pare evidente, sono state aggiunte delle radiali e dei cerchietti aggiunti da loro, insomma adesso questa mi sembra una cosa incontestabile, diciamo incontestabile". Sempre nel prosieguo dell'interrogatorio, l'imputato si giustifica, continuando a ribadire che non ha riportato altri dati sul grafico, perché lo scopo principale del tracciamento era quello di determinare al meglio il punto di caduta dell'aeromobile. Richiestogli se avesse discusso dei risultati acquisiti fino a quel momento sulle possibili cause dell'incidente con la persona che gli aveva affidato l'incarico, risponde: "...non riesco a ricordare se ne abbiamo parlato immediatamente, che cosa abbiamo detto, perché è evidente che di questo argomento se n'è parlato a lungo, non riesco a ricordare con chi...". Si continua contestandogli nuovamente che in realtà il punto di caduta nel momento in cui il Russo ricevette l'incarico di redigere il plottaggio era già noto, e così risponde: "a me questo non risulta; io ripeto, non mi risulta che fosse già noto. Comunque poteva aver senso lo stesso visto e considerato che ammesso, dato il vento che c'era e il tempo che era passato forse non era del tutto, ripeto, io sto dicendo delle cose per ipotesi insomma. Anche, ammesso che fosse, avessero trovato già, cosa che io non sapevo, dei resti galleggianti, non è detto che quello sia esattamente stato il punto di caduta." (v. interrogatorio Russo Giorgio, GI 24.09.92).

A seguito della lettura della telefonata delle ore 20.31Z del 27.06.80, tra il capitano Trombetta dell'RSC di Ciampino e il tenente Smelzo dell'RCC di Martina Franca, in cui l'ufficiale di Ciampino riferisce che in zona c'era una portaerei e che si stava accertando tramite il capo controllore dell'ACC questa presenza chiamando l'ambasciata, l'imputato afferma: "Io non posso dare una risposta precisa, perché non so di chi si sta parlando. Non si capisce di quale portaerei, se fosse una portaerei e di quale Paese si parli". Il Russo esclude di essere stato a conoscenza di intenso traffico militare nella zona (v. esame Russo Giorgio, GI 23.07.91). Si ricordi che nel corso dell'audizione resa alla Pisano il 14 aprile 89 il Russo si era già tirato fuori, dichiarando di non essere stato a conoscenza di velivoli stranieri presenti nella zona dell'incidente.

Nell'interrogatorio del 24.09.92, gli viene contestato che i responsabili della sala operativa dell'ACC e dell'ITAV avevano ipotizzato la sera dell'incidente non solo la collisione ma anche che l'aereo fosse esploso nel corso di una esercitazione aero-navale americana; egli però si scrolla di dosso immediatamente anche il sospetto che gli avessero parlato, quando gli fu dato l'incarico di leggere i dati radar, di questa ipotesi. Risponde: "No assolutamente, guardi io su questo escludo proprio in maniera netta, che mi fosse data informazione della presenza di altri aeromobili perché se così fosse stato, ripeto, avremmo ma... probabilmente fatto una ricerca più dettagliata, più approfondita su questo argomento. Anche a livello di tipo esclusivamente professionale, anche senza cioè avere un incarico preciso come periti. Questa informazione non mi è stata assolutamente data per quello che io ricordo, e ripeto, mentre ricordo invece questa fretta, questa cosa di lavorare in maniera abbastanza sollecita per determinare il punto di caduta, ecco questo eh! Sono le due cose nette che io ricordo a questo proposito. Come dicevo prima, è chiaro che abbiamo dato una occhiata abbastanza seria al tutto per vedere se poteva essere, e questo l'ho già detto a suo tempo, è evidente, se ci poteva essere stata una collisione in volo; ma per esserci una collisione in volo, io parlo da radarista e da tecnico di queste cose, eh! Occorre che ci sia una traiettoria di un altro aeromobile presente, è cosa che per me non esiste".

Gli si fa rilevare quindi che la traiettoria di un altro aeromobile era stata identificata da Lund, il tecnico americano, immediatamente dopo aver letto il tabulato e lo stesso plottaggio, e ciò non a distanza di tempo, ma la prima domenica successiva al 27 giugno. Il Russo risponde che la sua opinione in proposito è che i dati non collimano. Gli si fa presente che le persone che vedono questi plottaggi ed hanno esperienza di radar, hanno sempre affermato la possibilità, che quei tre plots potessero essere la rappresentazione di un'altra traccia aerea. Continua con la sua negativa: "no, non solo non me lo sono mai prospettato, ma confermo quanto io dico come mia opinione personale; per due punti passano infinite traiettorie". Gli viene dato atto che la sua ipotesi non è accettabile, in particolare se si considerano tre punti. Risponde : "non lo so".

Addirittura, nel prosieguo dell'interrogatorio, negherà la sua competenza: "su questo, io poi non sono, guardi non voglio essere considerato un esperto di queste cose, non ho mai fatto parte di uffici di sicurezza specializzati in cose di questo genere. Per noi era il primo incidente di questo tipo che si verificava e quindi è stata una cosa diciamo completamente nuova. Io parlo della mia esperienza di controllore e la esperienza di conoscenza relativa ai sistemi radar che chiaramente non è mia".

Il Russo non è credibile quando afferma, sia nell'esame del 10.10.91 che nell'interrogatorio del 24.09.92, di avere egli redatto quel plottaggio la mattina del 28 giugno 80 solo al fine di individuare il punto esatto di caduta del DC9 e non quello, invece, di individuare tracce eventuali di altri aerei, considerando il fatto che già la mattina del 28 giugno il punto di caduta del velivolo era già noto. Ad affermare il contrario è anche il suo collaboratore, capitano Martino, che addebita solo a lui la mancanza di trascrizione di quei due plots, -17 e -12, da lui sicuramente letti e riferiti ad esso Russo.

Non è credibile quando non sa dare spiegazioni sulla presenza di tre plots anomali che quanto meno sul piano delle probabilità erano correlabili con la presenza di altro aereo. E si contraddice lì ove egli stesso ammette, nell'esame del 10.10.91, di aver avuto un colloquio con l'ing. Bosman - componente della Commissione Luzzatti - che gli prospettava che quei plots potevano essere correlati ad altro aereo che si trovava lungo la rotta del DC9.

Non è credibile quando afferma di non essere venuto a conoscenza dell'eventuale traffico americano la sera dell'incidente anche perché ad incaricarlo di produrre il plottaggio fu proprio il Direttore della RIV, colonnello Guidi Guido, che aveva avanzato questa ipotesi con il colonnello Fiorito De Falco nella nota telefonata delle ore 20.23Z. E' quindi inverosimile che venga richiesto da quel colonnello un plotting per individuare il punto di caduta del DC9, come già detto ormai noto, e non, invece, per individuare la presenza di altri aerei nelle vicinanze del DC9 Itavia. In proposito si deve ricordare il documento dattiloscritto a firma di Giorgio Russo, datato 25.02.92, custodito, unitamente ad altra documentazione, presso l'ufficio del Capo di Stato Maggiore e consegnato in data 1° febbraio 95 dal generale Pillinini Adelchi a quest'Ufficio. Il documento è contraddistinto dal nr.C-38 ed è conservato tra la documentazione relativa all'incidente del DC9 Itavia. Si ricorda che in quel periodo, febbraio 92, il Capo di Stato Maggiore era il generale Nardini Stelio. Il foglio non reca alcuna intestazione né risultano apposte sigle di persone, né allegati. Questo il suo testo: "si allega inoltre, per un uso più generale, una copia della rappresentazione a mezzo Plotter Selenia della situazione voli del 2.06.82 nell'intervallo orario 17.10-17.30Z, durante una esercitazione aero-navale NATO sul Tirreno, così come rilevata dal radar Marconi di Fiumicino (canale 1). Tale mappa può essere di qualche interesse per i seguenti motivi: 1. è evidente la quantità di voli presenti in un'area relativamente vasta e interessanti le aerovie; 2. gli aeromobili delle portaerei americane usano quasi sempre il transponder SSR e sono pertanto visibili sugli schermi radar dei controllori come tracce presentate con simbolo, codice numerico SSR e, quando presente quota; 3. sono visibili con notevole continuità (elevato numero di plot in sequenza) anche aeromobili senza SSR visti cioè dal solo radar primario; 4. sono visibili aeromobili a bassissima quota (300 piedi!); 5. Nelle traiettorie dei voli (ad esempio per il volo Alitalia AZ132 che si inserisce sull'A13 dopo un tratto parallelo all'A1) è rilevabile il notevole errore angolare fra il radar primario e l'SSR: i plots primari (+) o combinati (*) risultano su un allineamento palesemente diverso da quello dei plot SSR (x); 6. Anche per i plots primari (combinati), sulle traiettorie radiali rispetto al radar, l'errore azimutale è elevato". IL Russo non ha mai parlato di questo documento nel corso dei vari esami testimoniali né tantomeno nel corso dell'interrogatorio del 24.09.92. Il documento, come già detto datato 25.02.92, è stato preparato dopo che il Russo ha ricevuto la comunicazione giudiziaria del 30.12.91 e sette mesi prima dell'interrogatorio. Questa valutazione compiuta nel giugno 82 mette in chiaro che il Russo ricavò i dati di un'esercitazione di velivoli americani nella stessa zona dell'incidente, aerovia Ambra 13, per confrontarli, probabilmente, con il plotting da lui ricavato il giorno dopo l'incidente. Pertanto non sono assolutamente conformi a verità le sue affermazioni di non esser mai venuto a conoscenza della presenza di traffico americano la sera dell'incidente, perché l'unica spiegazione che si può dare alla redazione dei dati nel 1982 era quella di mostrare come emergesse nel plotting la presenza di velivoli americani in esercitazione sulla stessa aerovia ove era accaduto il disastro del DC 9.

Come già detto il Russo fu il custode dei nastri radar e TBT fino alla data del 21 luglio 80. E' di rilievo anche la dichiarazione resa dal colonnello Fiorito nell'esame testimoniale del 16.10.90 in cui afferma che vennero effettuate le copie dei nastri sia radar che TBT. Pertanto la persona che ha consegnato i nastri per la copia a cui poi sono stati nuovamente restituiti non può essere che il Capo Ufficio Operazioni, cioè il Russo, che li custodiva. Questo materiale riprodotto non è stato mai consegnato né trovato nel corso dei vari sequestri ed acquisizioni eseguiti presso lo Stato Maggiore e ai Comandi periferici. Né egli ne ha mai parlato, così come non ha mai parlato delle altre registrazioni, quelle effettuate sui cinque restanti registratori, la cui esistenza, come si è detto, è stata scoperta solo nel 96.

Altro documento che non è stato reperito è il "LOG" del turno notturno del 27 giugno 80, atto importante per l'inchiesta. La singolarità sta nel fatto che tutti gli altri "LOG" dei giorni del mese di giugno e luglio 80 sono stati trovati (v. sequestro del 30.10.91 e 26.11.91). In questo documento erano riportati i nominativi del personale in servizio in sala operativa nonché le annotazioni degli eventi di maggior rilievo, verificatisi durante il turno. In esso quindi dovevano essere trascritti il contatto telefonico con l'ambasciata americana in Roma, gli avvisi alla scala gerarchica, la presenza del traffico americano nella zona dell'incidente. Si ricordi che per addivenire all'identificazione del personale in servizio in sala operativa è stato necessario escutere tutto il personale in servizio nel giugno 80 all'ACC di Ciampino, circa 350 persone sulla base degli elenchi dei viveri di conforto che venivano distribuiti al personale. Per giungere infine all'identificazione di una parte del personale e non dell'intero turno della sera del 27 giugno 80. Questo documento, come da prassi, si conservava unitamente ai nastri e veniva utilizzato dall'Ufficio inchieste dell'ITAV per l'escussione dei controllori in servizio nel caso si verificavano incidenti o mancate collisioni. E' da ritenere pertanto che anche il LOG del turno notturno del 27 giugno 80 sia stato conservato e custodito dal Capo Ufficio Operazioni della RIV, cioè il tenente colonnello Giorgio Russo.

I fatti ascritti, in conclusione, sono pienamente provati. Ma quello sussunto sotto l'art.323 c.p. non è più preveduto dalla legge come reato, mentre quello sotto l'art.479 c.p. è prescritto. Per queste ragioni deve dichiararsi non doversi procedere a carico del Russo.

2. Zuliani Roberto.

Lo Zuliani è imputato del delitto di cui agli artt.81, cpv, 61 nr.2, e 361 c.p. perchè, al fine di commettere i reati di cui ai capi H e I dell'epigrafe, ometteva di redigere verbale, e di riferirne all'AG, delle dichiarazioni rese da Sinigaglia Guglielmo, Oldrini Francesca e Pinna Antonangelo, concernenti sia le reali cause dell'aggressione dal primo patita e in relazione alla quale i predetti erano stati sentiti, sia presunte responsabilità di terzi nell'abbattimento del DC9 Itavia, nella morte del capitano Puppo, nell'omicidio di Giuseppe Ferro, nel delitto di cui all'art.336 c.p. in danno del brig. Colongo, nell'esplosione di un colpo di arma di fuoco contro il Sinigaglia. (capo G). Nonché del delitto di cui agli artt.48 e 479 c.p., perchè, nel far trasmettere da un sottordinato alla Stazione dei CC. competente per territorio gli atti relativi all'aggressione patita da Sinigaglia Guglielmo e in particolare il verbale di denuncia sporta dal Sinigaglia, nel quale si attestava falsamente che l'aggressione era avvenuta a scopo di rapina, da parte di persone per la cui identificazione quegli non era in grado di fornire elementi, ometteva di riferire che il Sinigaglia aveva asserito di essere stato percosso a causa della sua conoscenza di fatti concernenti il disastro aviatorio di Ustica e del suo tentativo di procurarsi documentazione relativa al coinvolgimento di uno Stato estero, e così faceva falsamente attestare che si trattava di denuncia per rapina e non di aggressione non motivata da lucro (capo H).

E quindi dello stesso delitto, perché predisponeva per la trasmissione al GI di Roma, titolare del procedimento contro ignoti imputati di strage un rapporto a firma del Comandante del Reparto maggiore Umberto Massolo, relativo alle dichiarazioni di Sinigaglia Guglielmo, nel quale si attestava falsamente: 1) che il Sinigaglia "aveva espresso il desiderio di parlare urgentemente con un ufficiale per riferire fatti di particolare gravità", tacendosi invece che questi aveva reso le dichiarazioni a seguito del pestaggio al quale era stato sottoposto, fatto per il quale lo stesso Zuliani procedeva; 2) che il Sinigaglia "sosteneva di essere stato picchiato da cinque persone", omettendo di riferire che lo stesso era stato sottoposto a visita medica presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale Fatebenefratelli, come risultante anche da referto medico, non ancora trasmesso formalmente dall'ospedale predetto, ma già noto allo Zuliani; 3) che "dovrebbe essere a conoscenza di tutta la vicenda un altro giornalista di Panorama, Antonangelo Pinna", omettendo di riferire che questi aveva in realtà soccorso il Sinigaglia dopo l'aggressione ed era stato interrogato (senza che venisse redatto verbale), unitamente a Francesca Oldrini; 4) che dagli accertamenti svolti presso il luogo di residenza del Sinigaglia era risultato che questi era soggetto di pessima condotta morale e civile, dedito alla consumazione di truffa e millantatore, e che si era spacciato per tenente dell'Arma e medico, omettendo di riferire sia l'episodio delle minacce asseritamente patita dal Comandante della Stazione dei Carabinieri di San Pellegrino che il contenuto delle informazioni ricevute dal S.I.S.MI, organismo al quale Zuliani si era immediatamente rivolto; nonché per aver omesso informazioni essenziali, quali quelle concernenti gli asseriti omicidi di Ferro e Puppo, il ruolo asseritamente svolto dal Sinigaglia in attività di destabilizzazione concernenti la Libia, nonché che il Sinigaglia aveva affermato di essere stato colpito da un proiettile (capo I).

Zuliani Roberto, tenente dei Carabinieri, nel maggio 89 prestava servizio presso il Nucleo Operativo di Milano.

L'ufficiale "entra" nell'indagine il 27 maggio 89 quando con un rapporto da lui redatto ma a firma dal Comandante del Reparto Operativo, maggiore Umberto Massolo, indirizzato al Tribunale di Roma, dott. Santacroce (!), riferiva sui fatti sopra specificati.

Lo Zuliani, escusso da questo GI in data 10.09.90 in merito all'aggressione subita dal Sinigaglia, e su quanto riferito con rapporto trasmesso dal Reparto Operativo di Milano anche a questo GI, ha dichiarato che la sera del 22 maggio 89, mentre era in servizio come ufficiale di reperibilità presso il Nucleo Operativo dei Carabinieri di Milano, fu chiamato a casa perché una persona voleva conferire urgentemente con un ufficiale. Raggiunse l'ufficio verso le ore 04.00 ove ad attenderlo vi era un individuo che sembrava in stato confusionario ed emanava odore di alcool. Questi era stato appena medicato presso un pronto soccorso, in quanto - come aveva detto - era stato aggredito. Aveva anche riferito di essere amico del capitano Puppo dell'Arma, con il quale aveva fatto diverse operazioni di servizio. Il capitano Puppo era poi deceduto in un incidente d'auto. Aveva anche aggiunto di essere in possesso di notizie di grande importanza sul caso Ustica e che avrebbe riferito solo se avesse avuto assicurazioni di protezione.

L'individuo che disse di chiamarsi Sinigaglia dopo aver avuto generiche assicurazioni , iniziò a raccontare di essere venuto a conoscenza di un'operazione denominata "Eagles run to run", nella quale francesi, americani, italiani e forse tedeschi, avrebbero dovuto trasportare una forza da sbarco in Libia per un'operazione di destabilizzazione del governo di Gheddafi. Il Sinigaglia aveva appreso queste notizie in qualità di appartenente ai Servizi Segreti della Legione Straniera.

Costui aveva il naso fratturato ed asseriva di essere stato colpito alla spalla da un proiettile di arma da fuoco. Esso Zuliani gli aveva chiesto di mostrargli la ferita, che non risultava dal referto in suo possesso, ma sulla spalla non apparve alcuna lesione. Quella sera stessa sporse denuncia per lesioni, nella quale asseriva di essere stato aggredito per rapina, mentre a lui rivelò di essere stato aggredito perché un alto ufficiale dei servizi segreti francesi aveva trasmesso ai giornalisti Cantore e Tonelli documenti su Ustica, dai quali risultava che l'aereo era stato abbattuto nel corso delle operazioni suddette. L'ufficiale francese si era convinto che egli aveva sottratto il dossier e che il documento era ancora in suo possesso e di una giornalista, tale Francesca Oldrini. Il giorno successivo convocò nel suo ufficio Pinna ed Oldrini che gli riferirono che anche a loro il Sinigaglia aveva raccontato simili storie. Inoltre, Pinna gli disse di aver ricevuto una telefonata dal Sinigaglia che gli chiedeva aiuto, ma di non essere uscito di casa, vista la tarda ora. (v. esame Zuliani Roberto, GI 10.09.90)

Nel successivo interrogatorio Zuliani afferma che Pinna ed Oldrini si erano recati da lui, due giorni dopo averlo contattato telefonicamente. I giornalisti gli avevano riferito che il Sinigaglia dal 28 marzo precedente li stava portando in giro per mezza Europa alla ricerca di notizie su Ustica e di un dossier che però non erano mai riusciti ad acquisire.

L'Ufficio contestava che l'AG di Milano non era stata informata delle dichiarazioni rese dal Sinigaglia sulle reali motivazioni dell'aggressione, così come l'AG romana non era stata informata, a seguito del rapporto dell'entità delle lesioni, sull'esistenza di un referto medico. Contestava inoltre che nel rapporto non si faceva alcun riferimento nè alla vicenda del capitano Puppo, nè a quella dell'esplosione di colpo d'arma da fuoco. In merito l'imputato dichiarava che per quanto concerneva la vicenda del Puppo, il Sinigaglia aveva dichiarato che questi era morto per un incidente stradale, ma che riteneva che fosse stato ucciso perchè era coinvolto in molte indagini e perciò qualcuno volle fargliela pagare. Poichè egli era al corrente che il capitano era morto per un incidente stradale, non diede peso alle dichiarazioni del Sinigaglia. Aveva sentito parlare di Puppo, perchè era stato per diversi anni al N.O. di Milano e alcuni sottufficiali che erano stati alle sue dipendenze avevano lavorato con lui dall'ottobre 88.

In merito alle lesioni di arma da fuoco, una volta constatato che non vi erano lesioni obiettive, non ritenne di farne menzione.

Per ciò che concerneva la separazione dei rapporti, e l'omessa trasmissione del referto da allegare al rapporto inviato dall'AG romana, dichiarava che il referto era pervenuto alla legione di Milano il 31.05.89, e quindi dopo che egli aveva inviato il rapporto al GI di Roma; mentre la denuncia di rapina era stata trasmessa alla Stazione di Milano competente per territorio.

Non aveva redatto un verbale delle dichiarazioni del Sinigaglia, nè fatto cenno nella denuncia per la rapina, perchè aveva stimato le dichiarazioni del Sinigaglia confidenziali. Aveva parlato al telefono al Giudice romano, il quale aveva ordinato di trasmettergli un breve rapporto. Il giorno successivo aveva avvisato il capitano Castaldi del Centro S.I.S.MI di Milano, riferendogli anche il contenuto delle dichiarazioni di Sinigaglia, e informalmente gli aveva dato una copia del rapporto inviato al Giudice.

Sempre nello stesso interrogatorio, in merito alle diverse versioni fornite, dichiarava: "Mi riporto al rapporto del 27.05.89 dove è scritto chiaramente che il Sinigaglia era stato picchiato da cinque persone tutte appartenenti ai servizi segreti francesi, circostanza inserita nel rapporto ma non nella denuncia, perché, come ho detto, Sinigaglia altrimenti si sarebbe rifiutato di firmarla".

Di seguito, in merito allo stesso argomento, l'imputato ricordava che il Sinigaglia gli aveva riferito di essere stato colpito da un'esplosione da arma da fuoco, qualche tempo prima, mentre si trovava in Francia alla ricerca del dossier con i giornalisti.

Quindi dichiarava che il contatto con il personale del S.I.S.MI, capitano Castaldi, era avvenuto tramite un sottufficiale alle sue dipendenze. Pinna ed Oldrini non gli avevano mai parlato di sottufficiali dell'Arma ai quali si sarebbero rivolti per verificare l'attendibilità del Sinigaglia. Solo successivamente, consultando i suoi appunti, aveva rilevato che nel colloquio con i giornalisti si era parlato di un brigadiere, tal Colongo, di San Pellegrino, che a dire di Pinna e Oldrini conosceva la storia raccontata dal Sinigaglia. Non ricordava però se avesse parlato o meno con il brigadiere.

In merito agli appunti, (contenuti nel fascicolo nr.0187640 del N.O. di Milano acquisito agli atti) in particolare lì ove è riportato: "28/03/89" riferiva: "la data è palesemente errata - l'appunto è di mio pugno - 28/05/89 - Anzi ricordo meglio, è la data in cui Sinigaglia ha telefonato per la prima volta a Pinna. Enzo Mastrorilli è un giornalista del Corriere della Sera, ma non so per quali ragioni Pinna e Oldrini ne avevano dato il nominativo. Piazza Falterona... è il luogo ove Sinigaglia è stato ritrovato dalla pattuglia". (v. interrogatorio Zuliani Roberto, GI 09.07.91).

Il giornalista Pinna Antonangelo, escusso in data 10.09.90, dichiarava di essere stato chiamato nel maggio 89 per telefono dal Sinigaglia in piena notte, fra le tre e le quattro, costui gli aveva narrato di essere stato aggredito da più persone e di essere stato fatto segno a colpi da arma da fuoco. Pinna lo aveva raggiunto nei pressi di piazzale Brescia, trovandolo con il naso spaccato e la testa ferita; lo aveva preso in macchina per condurlo al pronto soccorso del Fatebenefratelli; durante il tragitto aveva incontrato una pattuglia dei Carabinieri, cui consegnava il Sinigaglia. L'indomani mattina alle sei, Sinigaglia lo richiamò a casa e si diedero appuntamento davanti la caserma dei Carabinieri di via Moscova; lì prelevò il Sinigaglia e lo condusse alla stazione. Durante il tragitto, il Sinigaglia gli riferì di aver narrato la storia di Ustica al tenente Zuliani. Successivamente, Zuliani gli disse di aver interrogato il Sinigaglia e gli confermò che quest'ultimo presentava un foro di proiettile alla spalla. (v. esame Pinna Antonangelo, GI 10.09.90)

La Oldrini Francesca, dal canto suo, dichiarava di aver ricevuto una telefonata dal Sinigaglia presso la sua abitazione, la notte tra il 21 e 22 maggio all'una. Nel corso della conversazione l'uomo le aveva riferito che lo avevano massacrato e che stava morendo in una cabina telefonica. La Oldrini lo invitò a chiamare immediatamente Pinna. L'indomani, ella unitamente al Pinna, si era recato presso l'ufficio del tenente Zuliani e commentando l'accaduto aveva sentito parlare i due di una ferita di arma da fuoco alla spalla sinistra, facendo riferimento al calibro 22 ed alla parola "Magnum". (v. esame Oldrini Francesca, GI 10.09.90)

Su tali imputazioni, a parte le discolpe dell'imputato ha svolto argomentazioni meritevoli di considerazione la sua difesa. In primo luogo sulla omissione del fatto che il Sinigaglia dopo il pestaggio subito, fosse stato sottoposto a visita medica per ferita probabilmente originata da arma da fuoco. In vero di tale circostanza lo Zuliani non era stato mai informato. Lo stesso è avvenuto al riguardo dell'"interrogatorio" del giornalista Antonangelo Pinna. In effetti un'escussione formale non è mai avvenuta, non esiste alcun verbale, il Pinna non ha deposto in tal senso. Quanto ai rapporti con il S.I.S.MI, Zuliani non li nega, ma essi ebbero ad oggetto fatti pervenuti alla conoscenza dell'ufficiale in epoca successiva alla redazione del rapporto. Anche al riguardo delle cause dell'aggressione subita dal Sinigaglia, nel rapporto chiaramente si indica che essa trovava motivo nella sottrazione da parte del Sinigaglia stesso di documentazione inerente la strage di Ustica. Infine pure sull'esistenza di due distinti rapporti - uno all'AG di Milano, l'altro a questo GI - a contenuto difforme, non può dirsi che tal fatto di per sè provi il doloso occultamento della verità. Tanto più che quei due rapporti furono redatti da due soggetti diversi. E comunque l'imputato ha tempestivamente informato quest'Ufficio sulla vicenda riferita dal Sinigaglia e, di più, ha spontaneamente consegnato, all'atto del suo esame testimoniale, il fascicolo personale dello stesso Sinigaglia.

Non v'è assolutamente prova di dolo nelle omissioni addebitate all'imputato, che di sicuro devono essere attribuite solo alla sua breve esperienza di servizio all'epoca dei fatti, e dovevano essere più incisivamente controllate dal suo superiore diretto.

Per effetto del dettato del capoverso 152 c.p.p. del '30 deve darsi prevalenza alla formula di proscioglimento pieno rispetto al non doversi procedere per estinzione dei reati ascritti, richiesta dal PM.

3. Sinigaglia Guglielmo.

Di Sinigaglia s'è a lungo parlato nella parte generale, delle sue storie fantastiche e dei procedimenti per calunnia che ne sono derivati. Di questo personaggio, che di sicuro conosce alcune verità negli affari del DC9 e del MiG23, che di sicuro è stato "mandato" in questa inchiesta perché la inquinasse più di quanto già non lo fosse, si dovrebbe discernere lo scarso grano dal soffocante loglio. A prescindere dal valore di questa cernita che comunque sarebbe minimo o nullo, perché con la commistione di vero e falso Sinigaglia e i suoi committenti hanno raggiunto gli effetti che si proponevano. Già appartenente alla Legione Straniera francese da cui aveva disertato nel 1983, ha riferito che, nel corso dell'operazione congiunta, come s'è già detto, tra forze aeronavali italiane, americane, francesi ed inglesi, finalizzata alla destabilizzazione del regime del colonnello Gheddafi, venne causato per errore l'abbattimento del DC9 italiano.

La missione a cui il legionario disse di aver partecipato in qualità di coordinatore a bordo di un velivolo inglese per la sorveglianza radar "Nimrod" aveva, tra l'altro, come obiettivo l'abbattimento di un velivolo libico con a bordo un importante personaggio del Paese nord-africano da parte di un MiG della stessa nazionalità pilotato da un oppositore del regime; nella circostanza era stata anche valutata l'ipotesi secondo la quale, in caso di mancata intercettazione da parte del cennato MiG, sarebbero dovuti intervenire dei caccia decollati dalla portaerei francese Foch. Il MiG incaricato dell'intercettazione venne, però, a sua volta intercettato e colpito da uno YAK 36 decollato dalla Kiev; nell'occasione venne colpito il DC9 dell'Itavia. Nel corso del rientro verso l'aeroporto di Decimomannu l'aereo Nimrod ricevette un messaggio in lingua francese che riferiva di un abbattimento di un velivolo civile. Nel corso dei molteplici esami Sinigaglia più volte ha modificato le sue versioni, come lì ove fa menzione della partecipazione di altri due velivoli Nimrod in volo contemporaneamente, su uno dei quali esso era imbarcato - uno con compiti di controllo della portaerei russa Kiev, orbitante a largo delle coste greche e l'altro in volo al largo del golfo della Sirte - come lì ove aggiunge che il velivolo civile, dopo l'abbattimento, non si inabissò immediatamente ma rimase, galleggiando, sulla superficie del mare; e sul luogo dell'incidente furono inviati alcuni aliscafi "Sparviero", probabilmente con il compito di imbracare il velivolo per facilitarne il galleggiamento; come lì ove asserisce che successivamente, verso le 23.30, il comando operativo interforze diede l'ordine di far inabissare, mediante l'applicazione di cariche "morbide di Dynagel", il velivolo per eliminare testimoni scomodi.

Le indagini su queste dichiarazioni portarono ad accertare che la massima parte di esse era priva di fondamento, che egli aveva sì militato nella Legione Straniera, ma la sua ferma si era protratta solo dal 5.11.75 all'8.08.76, data in cui aveva disertato dal IV Reggimento di stanza a Castelnaudary; atto per cui era stato sottoposto a procedimento penale militare in Francia.

Dalla consultazione degli annuali militari dell'epoca si rileva che nel 1980 i velivoli Nimrod attrezzati per la sorveglianza aerea, anche se in fase di progettazione, non erano ancora operativi. Discorso analogo anche per gli aliscafi "Sparviero", che ad esclusione del prototipo sperimentale entrato in servizio nel 74, saranno impiegati operativamente solo nel periodo compreso tra l'81 e l'82.

Inoltre in quei giorni nel Mediterraneo non era presente, come si rileva dalla consultazione dei resoconti giornalieri del SIOS-MM, la portaerei russa Kiev; mentre la sera dell'incidente la portaerei Foch, unitamente all'altra portaerei francese Clemenceau, era ancorata nel porto di Tolone, come si rileva dalla risposta data dalle autorità francesi rogate.

Anche il ben noto "Dossier" che il Sinigaglia più volte ha citato e promesso di consegnare alla stampa, e che avrebbe permesso di acquisire nuove conoscenze sulla vicenda, confermando le dichiarazioni dell'imputato attestandone la sua partecipazione alla missione, non fu mai, nonostante le sue promesse ricevuto né dall'AG né dalla stampa.

Ma se non hanno trovato conferme le circostanze di rilievo esposte, appare inquietante come il Sinigaglia, accanto a tali e tanti elementi palesemente falsi, abbia riferito anche di fatti relativi all'omicidio di Giuseppe Ferro ricollegabile all'attività anti-libica da questi svolta, ed all'incidente occorso al capitano dei CC. Giovanbattista Puppo ucciso, a dire del legionario, in quanto stava occupandosi delle indagini inerenti il caso Ustica.

Gli accertamenti espletati sul delitto Ferro hanno confermato che il medesimo, ucciso nel palazzo ove aveva sede Radio Mazara International, emittente presso cui l'ex legionario aveva effettivamente lavorato, era realmente in contatto con Sinigaglia e con Patrì; quest'ultimo pesantemente coinvolto in attività commerciali con Paesi arabi, come si desume anche da attività informativa acquisita da questo Ufficio concernente proprio i rapporti con i libici.

Va inoltre segnalato che anche se il Ferro non era proprietario di un motopeschereccio, mezzo con cui avrebbe attuato il traffico di armi con la Libia, era stato socio di maggioranza della "Conserviera Sud" S.r.l., il cui oggetto sociale era "l'industria, il commercio, l'importazione e l'esportazione di prodotti ittici".

Con riferimento al decesso del capitano dei Carabinieri, di cui è cenno nelle deposizioni del Sinigaglia, è stato accertato che effettivamente il Puppo perse la vita in un singolare incidente stradale e che l'ufficiale aveva fatto domanda per accedere al S.I.S.DE e che tale domanda era stata rigettata. A proporne l'assunzione era stato Rossi Pietro, direttore nel 78 del Centro S.I.S.DE di Milano, il cui nominativo è risultato essere annotato su fogli manoscritti sequestrati allo Zuliani.

In conclusione si deve affermare, sulla scorta delle osservazioni del PM, che il delitto di falsa testimonianza essendo stato commesso entro il novembre del 90 è prescritto. Che quello di calunnia - non avendo l'imputato mai indicato quali responsabili delle attività belliche soggetti identificati o identificabili, giacchè a parte generiche indicazioni di Stati e di Forze armate, egli non ha mai specificati quali mezzi organi o persone fossero coinvolti - (a parte l'indicazione di Falco Accame, riferita ai giornalisti Pinna e Oldrini, ma non in sede di esame testimoniale) va qualificato perciò come simulazione di reato commessa in concorso formale del delitto di falsa testimonianza, e quindi come questo prescritta.

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