Capitolo IV

Le posizioni degli imputati in servizio presso
il 22° CRAM di Licola.

1. Abbate Gerardo.

Abbate Gerardo era capo controllore della Difesa Aerea presso la sala operativa di Licola; il suo compito era di coordinamento della attività di sala ed in particolare di controllo del "Display-board", schermo sul quale, come s'è detto, gli addetti al tracciamento in una sala radar a sistema fonetico-manuale segnano con speciali gessi le tracce avvistate sugli schermi radar da altri operatori.

La figura del capo controllore della sala operativa di Licola avrebbe dovuto essere il punto cardine per l'accertamento della verità. Infatti fu quella sala operativa a trasmettere i plottaggi delle tracce avvistate lungo l'aerovia Ambra 13, dal momento dell'ultimo contatto radio del DC9 e successivamente fino alle ore 01.30Z, al comando superiore e cioè la sala operativa del SOC di Martina Franca. Ma la vicenda della identificazione dell'ufficiale capo controllore è stata molto travagliata. A risposta della prima richiesta di quest'Ufficio, nell'ottobre 86, veniva comunicato senza alcun dubbio, il 9 novembre 86, che il capo controllore la sera del 27 giugno 80 era stato il capitano Piergallini Pierluigi, deceduto l'8 dicembre 85. A distanza di due anni nell'agosto 88, come già detto, il comandante del CRAM, il tenente colonnello Orabona, modificava la sua tesi su quanto aveva sostenuto nel 1986 sul personale in turno con la funzione di capo controllore nella sala operativa. Asseriva infatti che tale compito poteva essere stato svolto o dal capitano Piergallini o dal capitano Abbate. V'è da dire in proposito che non sono mai stati rinvenuti né gli ordini di servizio del personale in turno la sera dell'incidente né i nastri TBT e i registri di sala di quel CRAM, per cui la ricostruzione dell'organigramma del personale in servizio in sala, la sera dell'incidente, poteva derivare solo dalla memoria dei presenti o di altri. Proprio in quel periodo, nel luglio 88, a Martina Franca erano stati ritrovati cinque nastri TBT relativi alla sera dell'incidente, che furono immediatamente ascoltati e trascritti dalle 18.00Z alle 20.00Z dal personale di Martina Franca. Quest'Ufficio verrà in possesso però di questo materiale solo nel novembre 90, a differenza dello Stato Maggiore che riceve immantinente tutta la documentazione cartacea e qualche mese dopo, nell'aprile 89, anche i nastri. In uno di questi nastri v'era la registrazione del collegamento tra la sala operativa del SOC e la postazione del capo controllore di Licola, successivamente identificato come nastro D - canale 14.

Nel marzo 89 lo Stato Maggiore per soddisfare una richiesta della Commissione Pratis che aveva deciso l'audizione del capo controllore di Licola, incarica la 3ª Regione Aerea di svolgere accertamenti per l'identificazione certa del capo controllore. Il Comando Regione, che era in possesso delle trascrizioni dei nastri TBT ricevute nel luglio 88 dal ROC di Martina Franca, verificava che nella conversazione delle ore 18.15Z l'operatore di Licola, successivamente identificato per il sergente De Masi, comunicava all'operatore di Martina Franca, successivamente identificato per il maresciallo Attanasi, che il capo controllore di quella sera era il capitano Abbate. Ma non poche sono state le difficoltà incontrate dalla 3ª Regione Aerea di Bari per indurre il capitano Abbate ad ammettere che era lui in servizio quella sera e non il Piergallini. E' vero anche che l'Aeronautica questa vicenda l'ha tenuta ben nascosta. Infatti solo tra il novembre 95 e l'aprile 96, nel corso di un sequestro con la costante presenza della polizia giudiziaria, quest'Ufficio è venuto a conoscenza della presenza di un nastro registrato dal Comando Regione di Bari in cui si interpellava, telefonicamente, Abbate presso la sua sede di servizio di Bagnoli. Il colonnello Giannandrea del Comando Regione, nella conversazione telefonica registrata il 4 aprile 89, chiedeva ad Abbate se fosse in servizio la sera del 27 giugno e quest'ultimo dopo alcuni tentennamenti riferiva di essere stato in servizio in quanto il ricordo era stato a lui sollecitato dall'altro personale in turno, cioè Di Micco, Acampora, Sarnataro, Albini e Rocco. E' stato altresì accertato che se la risposta di Abbate fosse stata negativa, il Comando Regione avrebbe convocato il capo controllore di Martina Franca, maggiore Patroni Griffi, per sottoporre a confronto i due ufficiali. Quest'ultimo atto non fu compiuto per la risposta positiva di Abbate.

L'accertamento sulla sua presenza in sala operativa durante la notte del 27.06.80 ha costituito oggetto di approfondite indagini; i dubbi sulla sua effettiva presenza scaturiscono da una serie di circostanze, tra cui si annoverano le sue difficoltà nel ricordare le fasi salienti di quella sera, nonostante che dal tenore delle conversazioni telefoniche intercorse tra gli operatori del sito di Licola e quelli di Martina Franca e Marsala, appaia uno stato di effettivo allarme e di concitazione generale.

Non si riconosce in nessuna delle conversazioni telefoniche ascoltate; non riconosce come propria la grafia riportata, alla data del 27.06.80, sul registro di protocollo concernente l'invio del plottaggio dell'AG266 al 3° ROC di Martina Franca. Tale plottaggio viene confermato dall'Abbate anche in relazione al contenuto della telefonata delle 19.42Z - canale 14 - nella quale l'interlocutore di Licola avverte "lo stiamo plottando...". Non ricorda del plottaggio di un'altra traccia, la Lima Kilo 477, che a sua volta venne inviata via telescrivente a Martina Franca. Plottaggio che emerge dalla telefonata delle ore 20.11Z, in cui il maresciallo Di Micco avverte il capitano Patroni Griffi che "...grosso modo in quella zona c'erano due traffici. Noi vi manderemo per telescrivente le battute di tutti e due i traffici...".

Abbate, nel prendere atto che nessuna delle tracce riportate nel messaggio inviato da Martina Franca allo SMA/COP ed al COSMA di Monte Cavo corrisponde a quelle emerse nel corso delle conversazioni telefoniche intrattenute dagli operatori di Licola con altri siti, non riesce a fornire alcuna spiegazione plausibile in merito. Non ricorda della telefonata pervenuta da parte di un "colonnello dello Stato Maggiore", né di essere stato informato al riguardo. Non risulta aver interloquito quale capo controllore con gli omologhi delle sale operative di Marsala e Martina Franca; mentre ne appare interlocutore, in queste comunicazioni, il maresciallo Di Micco, il quale anche a seguito di più domande non ha ricordato se il capitano Abbate fosse presente quella sera in sala operativa. (v. interrogatorio Di Micco Antonio, GI 20.12.95).

D'altra parte come non ricordare il comportamento che assume davanti a questo GI nel corso del primo esame testimoniale del giugno 89, quando alla contestazione della sua mancata presentazione, anche spontanea, davanti all'AG, Abbate risponde che a fornire le notizie sul DC9 doveva essere il Capo Ufficio Operazioni di Licola, cioè il capitano De Angelis. Una risposta provocatoria e senza alcuna logica se si tien conto che in sala operativa il responsabile delle operazioni e delle presenze era devoluta proprio a lui Abbate e non al De Angelis, il quale peraltro il giorno dell'incidente si trovava in licenza.

Di più Gambardella ha ricordato di aver iniziato il servizio "Bravo" alle ore 02.00, unitamente a Calvanese, Genovese, Papa e De Masi e di aver notato nella cabina del capo controllore il maresciallo Di Micco. Tale circostanza è stata precisata anche da Genovese. Così come Papa ha dichiarato che alle ore 02.00 del 28.06.80 aveva notato l'assenza del capo-controllore.

Infatti nonostante la sua presenza in turno emerga dalla conversazione telefonica delle ore 18.15Z (nastro D-canale 14-Martina Franca), essa è stata dapprima messa in dubbio dallo stesso ufficiale, poi dal tenente colonnello Orabona - già comandante del 22° CRAM - che nel 1988 in risposta ad un provvedimento di acquisizione degli ordini di servizio del 27.06.80, scrive: "per quanto riguarda il capo controllore, si identifica presumibilmente in uno dei sottonotati ufficiali: tenente colonnello Abbate Gerardo; capitano Piergallini P. Luigi - deceduto". (v. nota allegata ad acquisizione del 18.08.88).

Dalla risposta del comandante Orabona emergono i primi dubbi sulla reale presenza del capitano Abbate; dagli accertamenti esperiti dal CRAM emerge che "presumibilmente" uno dei due ufficiali indicati si trovasse in servizio. Ciò denota una incertezza che affonda le sue radici nella mancanza di qualsiasi ricordo, da parte dell'Abbate, dei fatti accaduti la notte del 27.06.80 presso il sito radar; circostanza che il comandante Orabona commentava riferendo che il medesimo gli aveva dichiarato di non ricordare la sua presenza in sala quella sera e gli aveva indicato invece il capitano Piergallini (v. esame Orabona Modestino, GI 18.01.96). In effetti Abbate dichiarava che quella sera non si presentò alcun motivo di allarme; nel caso fossero comparse tracce che per velocità o per altezza avessero potuto suscitare sospetti, senza dubbio ne sarebbe stata ordinata l'intercettazione per il riconoscimento (v. esame Abbate Gerardo, GI 03.06.89).

Abbate nei successivi interrogatori non ha fornito particolari di quel turno in sala operativa; le sue dichiarazioni riguardano prevalentemente la posizione occupata e le competenze previste per il suo ruolo, ma nulla egli rammenta sulle attività specifiche che vennero svolte durante la notte del 27.06.80, facendo così emergere notevoli perplessità in ordine alla sua presenza in sala. Quando nell'ascolto delle conversazioni telefoniche gli viene fatto notare che la sua voce non appare e che egli non risponde al telefono neppure dietro esplicita richiesta del capo controllore del 3° SOC capitano Patroni Griffi (nella telefonata delle 20.07Z-canale 14-nastro D-Martina Franca), dichiara che abitualmente delegava Di Micco, "il suo alter ego", a parlare di traffico aereo con il SOC e con altri enti, mentre egli sedeva al posto del Di Micco (v. interrogatorio Abbate Gerardo, GI 21.12.95). Gli viene quindi fatto notare che la composizione del turno "Bravo", del 27.06.80, così come comunicata all'AG è incompleta, essendo stati omessi i nominativi di alcuni operatori. In proposito da un lato dichiara di non essere stato interpellato al momento della ricostruzione del turno, dall'altro sostiene di non aver fatto menzione della possibile presenza in sala operativa di altri operatori nei precedenti interrogatori considerandoli irrilevanti, dal momento che costoro avevano collaborato per un tempo ininfluente. (v. interrogatorio Abbate Gerardo, GI 21.12.95).

Dall'analisi di queste dichiarazioni, si rileva che Abbate ha sempre cercato di evitare le domande relative alla sua presenza in sala operativa, fornendo risposte generiche ed evasive, e cadendo in molteplici contraddizioni, così da far ritenere che non sia mai stato presente durante tutto il turno in sala. In effetti, le risposte fornite da Abbate nel corso dei vari interrogatori non sono assolutamente credibili, anzi appaiono esser state predisposte "a tavolino". Abbate si preoccupa soltanto che non sia smascherata la sua assenza dalla sala operativa la sera dell'incidente. I suoi complici nel sostegno di questa tesi sono i marescialli Di Micco e Acampora, che asseriscono che egli fosse presente in sala, ma non hanno mai fornito valide e plausibili spiegazioni al fatto che il responsabile della sala, pur richiesto dai superiori gerarchici nei momenti più concitati della sera del 27 giugno 80, non avesse mai risposto al telefono ed invece fossero proprio loro a sostituirlo.

In definitiva si può affermare che Abbate è stato costretto a mentire, perché egli è stato sempre ben consapevole che la sera del 27 giugno 80 pur essendo il capo controllore della sala operativa, di fatto aveva abbandonato il suo posto di servizio. Appare altresì evidente come Abbate, nel 1989, sull'evidenza della conversazione telefonica registrata a Martina Franca alle ore 18.15Z non può più dire il contrario né continuare, con la complicità del comandante del sito, Orabona, ad affermare che quella sera in servizio vi fosse il defunto Piergallini, anche perché il CRAM non aveva rinvenuto ordini di servizio, registri di sala o altri documenti del 27 giugno 80. Abbate, quindi, se si fosse scoperta la sua assenza, sarebbe andato incontro a sanzioni previste dal codice penale militare di pace, e a sanzioni disciplinari che avrebbero avuto ripercussioni anche sulla sua carriera di ufficiale superiore dell'Aeronautica, per cui ha ammesso di essere stato in servizio costruendo le sue dichiarazioni dopo aver attinto le notizie dagli altri imputati e mai ovviamente da un suo ricordo diretto di quanto quella sera verificatosi in sala operativa.

Dall'analisi degli atti, delle conversazioni telefoniche, degli esami testimoniali e degli interrogatori emergono rilevanti elementi a carico dell'imputato, ma per i motivi esposti nella parte in diritto nei suoi confronti deve dichiararsi non doversi procedere perchè il reato estinto per prescrizione in ordine al delitto di cui al capo P, in esso assorbito quello di cui al capo Q, e per non aver commesso il fatto in ordine al delitto di cui al capo R.

2. Acampora Tommaso.

Il maresciallo Acampora Tommaso la sera del 27.06.80 si trovava in servizio presso la sala operativa del 22° CRAM di Licola con la funzione di assistente al Master Controller; non aveva funzioni operative, ma coadiuvava il capo controllore che in quel turno doveva essere il capitano Abbate Gerardo. Per il ruolo ricoperto in sala Acampora avrebbe dovuto fungere da raccordo tra il capo controllore e gli Enti che entravano in contatto telefonico con il 22° CRAM, ma la "assenza" dell'Abbate lo elevava, insieme al Di Micco, ad interlocutore esclusivo in quasi tutte le comunicazioni.

Numerose sono le conversazioni telefoniche che lo vedono protagonista, conversazioni importanti nelle quali verranno comunicati dati del traffico aereo, con particolare riferimento a quelli generati da quel sito radar, intorno ai quali ruoterà l'inchiesta e sui quali permangono tuttora interrogativi e perplessità. Ma nonostante abbia gestito attività poste in essere dal sito e sia stato referente per altri siti, l'imputato non ha fornito elementi utili all'inchiesta.

Al medesimo sono stati esibiti i registri di protocollo sequestrati presso l'Ufficio Operazioni di Licola, relativamente al 27.06.80; gli è stato chiesto di fornire spiegazioni su alcune scritturazioni probabilmente in parte abrase e se riconoscesse come propria la grafia riportata sui registri. Anche a queste domande ed alle conseguenti contestazioni non ha saputo fornire una risposta plausibile, né ha riconosciuto come propria la grafia riportata sulle pagine dei citati registri.

Acampora, edotto delle discordanze esistenti tra le tracce inviate con i plottaggi dell'11.07.80, il telex trasmesso durante la notte al SOC (che non è stato rinvenuto ma del quale si rileva l'esistenza dell'esame del telex inviato il giorno successivo dal SOC al COP e COSMA) e le tracce comunicate durante le conversazioni telefoniche, non riesce a dare, ancora una volta, alcuna spiegazione limitandosi a dire: "...come plottaggio più o meno ci troviamo. Con gli orari no..." (v. interrogatorio Acampora Tommaso, GI 21.12.95).

Relativamente alla differenza di orari e all'inesistenza della traccia LK477 nei tabulati del sito radar di Potenza Picena che avrebbe originato quella traccia, che, come è noto, è riportata soltanto dal 22° CRAM di Licola, Acampora ipotizza un errore del trascrittore nel riportare il Track Number (v. interrogatorio Acampora Tommaso, GI 26.09.96). Preso atto che la traccia LK477 non esiste in alcuno dei tabulati di Poggio Ballone, Potenza Picena e Marsala e che dal DA1 di Licola non risultano tracce che si correlano con il DC9, l'imputato osserva che il DC9 fu visto e inizializzato, ma non sa cosa sia stato scritto sul DA1 e che cosa sia stato inviato all'Autorità Giudiziaria, in quanto il trascrittore era un aviere. Specifica soltanto che il controllore e il suo assistente non controllano quanto viene trascritto sul DA1, ma solo quello che appare sulla tabella (v. interrogatorio Acampora Tommaso, GI 10.02.97).

Non appare credibile che un sottufficiale esperto quale Acampora non riesca a fornire un contributo alle numerose contestazioni, attestandosi dietro una serie di non ricordo e non so. Appare chiaro che egli tenti, com'è successo più volte, di scaricare sugli avieri di leva ogni responsabilità senza neppure minimamente considerare che tra i suoi compiti vi era anche quello di accertare la conformità delle trascrizioni.

Si ravvisa quindi, dall'analisi degli elementi esposti, un comportamento palesemente reticente posto in essere al fine di allontanare dal proprio ruolo quegli ineludibili interrogativi cui l'Ufficio lo ha sottoposto. La reticenza del sottufficiale appare tanto più grave se rapportata alla rilevanza dell'interrogativo concernente l'anomalia delle operazioni di individuazione e tracciamento della LK477 effettuata dal radar di Licola

Ma per i motivi indicati nella parte in diritto nei suoi confronti si deve dichiarare non doversi procedere perchè il reato estinto per prescrizione in ordine al delitto di cui al capo P, in esso assorbito quello di cui al capo Q, e per non aver commesso il fatto in ordine al delitto di cui al capo R.

3. Albini Lucio.

Il maresciallo Albini Lucio ha una sua specifica collocazione nell'ambito degli imputati del sito radar di Licola; la sua presenza in sala operativa infatti emerge, oltre che dal turno di servizio, dalle dichiarazioni dello stesso imputato. Controllore di sala operativa aveva, nel turno del 27.06.80, funzioni di identificatore cioè egli era l'operatore che non vedeva materialmente sugli schermi radar la traccia di un velivolo, ma che sulla base dei piani di volo pervenuti alla sala "correlava" la traccia comunicata dall'operatore addetto al PPI, il lettore, al velivolo che corrispondeva ai dati delle strips. (v. interrogatorio Albini Lucio, GI 18.12.95).

Nelle operazioni compiute durante la notte egli ha dichiarato di aver identificato la traccia del DC9 Itavia attraverso un controllo del piano di volo che era giunto presso il sito, ma poi non ha fornito alcun chiarimento in ordine alle identificazioni di traffici aerei di quella notte. Nonostante tutte le contestazioni e le evidenze, non offre alcun elemento utile o comunque significativo al fine di consentire di far luce sulle operazioni svoltesi in sala operativa quella sera, comprese quelle poste in essere da lui stesso. Si chiudeva infatti dietro una serie di non ricordo, cui fa unica eccezione l'ammissione di ricordare quanto detto per telefono sull'AG266 e cioè che quella traccia potesse essere il DC9. (v. interrogatorio Albini Lucio, GI 18.12.95).

Considerati la riluttanza dell'imputato a ricostruire i fatti ed il suo vuoto mnemonico, quest'ultima affermazione di associazione dell'AG266 al DC9 appare singolare e desta non poche perplessità. Alla richiesta di fornire spiegazioni sulla traccia del DC9 afferma che essa scomparve dallo schermo, così come avviene nella normalità dei casi allorché il velivolo esce dalla portata radar. Egli infatti non ebbe alcun sospetto, perché la scomparsa non avvenne in un punto di copertura radar. Solo dopo questo evento, il sito venne avvertito dal 3° Centro Operativo di Settore (SOC) che vi erano problemi per la traccia del DC9; ma poiché la telefonata non era stata da lui ricevuta nè conosciuta, non ha saputo, anche in questa circostanza, fornire spiegazioni plausibili.(v. esame Albini Lucio, GI 14.11.86).

Albini ha precisato di non conoscere attraverso quali modalità il SOC fosse venuto a conoscenza della scomparsa del DC9, precisando che in concomitanza con l'attraversamento da parte del DC9 della zona visualizzata sul radar, non comparve alcuna traccia non identificata e non fu attuata alcuna procedura di identificazione di velivoli sconosciuti (v. esame Albini Lucio, GI 14.11.86).

Relativamente alla annotazione della traccia sul registro/brogliaccio DA1, ha affermato che essa iniziava nel momento in cui in cuffia veniva segnalata una traccia dall'operatore allo schermo radar. Successivamente questa traccia veniva seguita e i dati relativi riportati sul registro, con l'identificazione del velivolo, quota, velocità e tipo in caso di aerei civili e di quelli militari il cui piano di volo era noto (v. esame Albini Lucio, GI 14.11.86).

Per quanto concerne la compilazione del registro DA1, Albini ha riferito che nei periodi di intenso traffico oltre a raddoppiare il numero di avieri addetti al PPI veniva aggiunto anche un secondo registro. In merito alle modalità di identificazione della traccia AG266 di cui si parla nella conversazione delle ore 19.47Z-bobina II Marsala-canale 13 -tra Marsala e Licola, traccia che dal tenore della telefonata sembra essere associata al DC9 Itavia, Albini non rammenta come fosse stata identificata tale traccia; successivamente ricorda di averlo fatto sulla base del piano di volo, ma non ha cognizione del punto esatto dell'avvistamento; può solo presumere che si trattasse dell'aerovia Ambra 14 (v. interrogatorio Albini Lucio, GI 18.12.95).

Relativamente alla rotta del DC9 asseriva che il velivolo passava per Ponza e poi prendeva l'Ambra 13, scendendo giù in allontanamento. Dal momento che i velivoli identificati "amici" non venivano seguiti sino al termine della portata, osserva che la traccia del DC9 venne "lasciata", non essendo una traccia di interesse ed anche perchè essa sarebbe stata "acquisita" dal radar di Marsala (v. interrogatorio Albini Lucio, GI 18.12.95).

La correlazione effettuata dalla sala operativa durante la notte, tra la traccia AG266 e il DC9 Itavia, non viene rammentata dall'Albini, nonostante egli stesso abbia un preciso ricordo sia dell'identificazione del DC9 che della sua correlazione ad una traccia in discesa attraverso un controllo del piano di volo. Successivamente, in riferimento a quanto emerge dalla già citata telefonata delle ore 19.47Z, Albini asserisce "...e allora sicuramente era lei, però io non mi ricordo che l'abbiamo identificata con questo numero progressivo...". (v. interrogatorio Albini Lucio, GI 18.12.95).

A contestazione delle differenze esistenti tra i dati comunicati durante la notte per telefono a Martina Franca e quelli trasmessi l'11.07.80 a vari Enti, in particolare che tra i plottaggi trasmessi non era presente quello del DC9 Itavia che pure risulta dalle conversazioni telefoniche, l'imputato riferiva: "...Non è stata una mancanza mia perché io ... non mi hanno chiesto niente, non sono andati a vedere ...hanno preso i dati li hanno portati in ufficio, poi li avranno battuti a macchina e saranno sfuggiti ... se l'aviere ... dico l'aviere che compilava il brogliaccio, non ha scritto il DC9, cioè non li ho estrapolati io, cioè non era mia mansione ... estrapolare questi dati... . A me non hanno chiesto niente ...la mattina alle 8 siamo smontati ed è rimasto tutto all'ufficio operazioni ...". (v. interrogatorio Albini Lucio, GI 18.12.95).

Ammette le singolarità che emergono dal plottaggio dell'11.07.80 inviato da Licola a vari Enti, ma dichiara, a proposito del suo mancato intervento nella copiatura dei plottaggi dal DA1, all'origine secondo Albini di tante inesattezze, "... non mi hanno chiamato ... perché non c'era, secondo me, nessuna anomalia..." (v. interrogatorio Albini Lucio, GI 18.12.95).

Vengono rilevate ulteriori discrepanze tra i plottaggi che Licola ha inviato durante la notte del 27 al 3° SOC, dai quali emerge che la traccia con Nato Track Number AG266, data su Ponza, secondo quanto emerge dalle conversazioni telefoniche, alle ore 18.50, viene invece riportata su Ponza alle ore 19.04 e che nello stesso plottaggio la traccia del DC9 Itavia viene associata non alla AG266 ma alla LK477. L'imputato non rammenta nulla sia della divergenza di orari che della discussione che la notte del 27.06.80 ha interessato i siti di Martina Franca e Licola sulla traccia LK477 e la sua reale esistenza.

Il quadro che emerge dalle risultanze testimoniali e documentali specificatamente radaristiche pone in risalto la falsità e l'approssimazione delle dichiarazioni rese dall'imputato in ordine alle effettive operazioni di identificazione svolte la sera del 27.06.80. Infatti il maresciallo Albini, quale identificatore, aveva il delicato compito, soprattutto nella situazione cruciale determinatasi quella sera, di correlare le tracce ai velivoli; ma proprio di questa sua determinante funzione e delle operazioni svolte non fornisce che vaghe informazioni, precludendo all'inchiesta la possibilità di fare chiarezza sulla ricostruzione degli avvistamenti registrati dal radar di Licola.

Valgono però, al riguardo della sua posizione processuale i motivi specificati su queste imputazioni nella parte in diritto, cioè anche nei confronti di questo imputato si deve dichiarare non doversi procedere perchè il reato estinto per prescrizione in ordine al delitto di cui al capo P, in esso assorbito quello di cui al capo Q, e per non aver commesso il fatto in ordine al delitto di cui al capo R.

4. De Crescenzo Mario.

Il tenente colonnello De Crescenzo Mario assume il comando del 22° CRAM di Licola nel 1982, succedendo al tenente colonnello Mandes Aurelio. Viene imputato nel 1989 per la distruzione della minuta dello stralcio dei tracciati radar e del modello DA1, evento realizzatosi, secondo quanto emerge dal registro di protocollo in uso all'Ufficio Comando del 22° CRAM, in data 13.09.84, nel periodo cioè in cui egli era Comandante del sito radar di Licola. La distruzione della documentazione viene però dal De Crescenzo anticipata a data precedente al 28.10.82, giorno in cui subentrò nel comando del 22° CRAM; infatti a suo dire all'atto del passaggio delle consegne non ricevette alcuna specifica disposizione dal suo predecessore in merito a tale documento, e ne dedusse quindi che fosse già stato distrutto.

Sulla modalità di distruzione del modello DA1 dichiara che essa veniva compiuta senza alcun preventivo assenso del comandante, precisando altresì che durante il periodo del suo comando non ricevette alcuna richiesta della Magistratura in merito all'incidente occorso al DC9 Itavia (v. Commissione Pisano 14.04.1989). Riferisce inoltre che non gli venne mai comunicato che detto materiale era stato sottoposto a sequestro; osserva infine che in sua presenza non è mai avvenuta la soppressione o distruzione di quella documentazione (memoria difensiva De Crescenzo Mario, 18.09.89).

In interrogatorio ribadisce di non esser mai stato al corrente di provvedimenti dell'Autorità Giudiziaria relativi alla conservazione dei registri; né del fatto che questa documentazione non fosse stata inviata alla Magistratura. Dichiara inoltre di non aver rinvenuto alcun documento relativo alla vicenda di Ustica nella cassaforte ricevuta in consegna all'assunzione del suo incarico a Licola (v. interrogatorio De Crescenzo Mario, GI 06.10.89).

Relativamente alla distruzione della documentazione riguardante gli avvistamenti avvenuti tra le ore 18.00 e le ore 21.00 del 27.06.80, De Crescenzo precisa che la stessa risulta da un registro di protocollo probabilmente dell'Ufficio Comando, nel quale vi era riportata anche la sigla di colui che procedette alla distruzione; in merito osserva di aver visto tale registro, ma di non essere stato in grado di identificare detta sigla.

Il De Crescenzo, come detto, assunse il comando del CRAM di Licola solo il 28.10.82 e si procede nei suoi confronti esclusivamente sulla base della presunzione che il DA1 dovesse essere stato soppresso unitamente all'originale della nota in data 11.07.80. Si evidenzia, che non essendo emersi elementi a suo carico, è stato richiesto dal PM il suo proscioglimento. In effetti si è accertato attraverso l'interpretazione della sigla che le minute erano state distrutte dall'imputato Tessitore Pietro e che la soppressione del modello DA1 è stata compiuta in epoca prossima all'agosto 88, quando cioè il De Crescenzo non prestava più servizio a Licola.

Si deve pertanto dichiarare nei suoi confronti non doversi procedere in ordine ai delitti sub S) e T) per non aver commesso il fatto.

5. Di Micco Antonio.

Il maresciallo Di Micco Antonio aveva la funzione di guida-caccia o Fighter Allocator all'interno della sala operativa del sito radar di Licola. Il guida-caccia rappresenta una figura di rilievo in caso di attività di intercettazione, ma residuale rispetto alla normale attività di controllo del traffico aereo. Ciò nonostante, la notte del 27.06.80 l'attività svolta dall'imputato assume rilevanza in relazione alle decisioni prese e alle comunicazioni che lo pongono quale referente con altri siti; attività queste, che normalmente sarebbero spettate al capo controllore, ma che in quelle particolari circostanze ricaddero in capo al Di Micco a causa della "assenza" del capo controllore capitano Abbate.

Il Di Micco è presente in molte conversazioni con il sito di Martina Franca, dà disposizioni, detta plottaggi, probabilmente firma telex di notevole importanza, comunicando dati intorno ai quali l'inchiesta dibatterà a lungo; egli non solo supplisce all'assenza di Abbate, ma si erge a protagonista delle vicende e discrepanze generate dalla sala operativa del 22° CRAM.

Un dato certo e inequivocabile sono le frasi che Di Micco pronuncia nelle conversazioni delle 19.32Z e 19.36Z allorquando afferma, all'operatore di Martina Franca, che la traccia AG266 seguita dal radar di Licola era stata individuata alle 18.50Z sul punto Papa Lima 0050 nei pressi di Ponza e persa ad un minuto dalle 19.00Z sul punto Ambra 13 Bravo, ovvero punto Condor. Gli orari ed il plottaggio di questa traccia, così come pronunciati da Di Micco vengono confermati nelle successive telefonate che intercorrono tra il SOC di Licola ed in particolare tra lo stesso Di Micco e il capo controllore del SOC, maggiore Patroni Griffi. Ebbene questi dati non vengono poi comunicati a distanza di 24 ore, la notte del 28 giugno, dal SOC allo Stato Maggiore con il noto telex SOC/A/215/NC, ma addirittura verranno completamente modificati, nello stralcio tratto dal DA1, che il CRAM di Licola l'11 luglio 80 invia a Trapani Birgi per la consegna all'AG di Palermo e ad altri Comandi dell'AM. La modifica dei dati è nettamente sostanziale. Infatti nel documento citato l'avvistamento della traccia viene riportato alle ore 19.04Z e perso alle 19.13Z.

Si deve altresì sottolineare che non è il solo Di Micco a pronunciare gli orari 18.50Z e 19.00Z, ma anche il maresciallo Sarnataro, che comunica questi dati, alle 19.47Z, anche al sito di Marsala, che ne aveva fatto richiesta e così vengono riportati sul registro del guida caccia di questo sito.

Su tale traccia si concentrano gli accertamenti di Martina Franca, tant'è che ad ore 19.41Z è ancora Di Micco la persona a cui Martina Franca richiede la trasmissione via telescrivente del plottaggio; e subito dopo egli conferma l'invio del plottaggio.

Lo scambio di informazioni su quella traccia coinvolge poco dopo il sito di Marsala (ore 19.47Z tra Abate e De Masi ore 19.49Z tra Sarnataro ed un operatore di Marsala) e di Ciampino (ore 19.55Z tra Cordovani e Di Micco). Alle ore 20.07Z (nastro D-canale 14-Martina Franca) Di Micco si sostituisce al capo controllore Abbate nel colloquio con Patroni Griffi. Affiorano i primi dubbi sulla coincidenza della traccia AG266 con il DC9 Itavia, dubbi che saranno manifestati nel momento in cui vengono richiesti ulteriori dati su altri velivoli, anzi su "...due traffici..." menzionati dal Di Micco nella conversazione con Patroni Griffi ad ore 20.11Z. In proposito l'imputato ha dichiarato di non ricordare quali fossero questi due traffici (v. interrogatorio Di Micco Antonio, GI 24.01.92).

V'è da dire che egli sin dal primo esame testimoniale, nel novembre 86, come nei successivi interrogatori nell'89, nel 92, nel 95 e 96 ha sempre tenuto un atteggiamento reticente. Negli ultimi interrogatori - quelli del 95 e 96 - è subentrato nel comportamento dell'imputato un atteggiamento di arroganza e di sfida. Egli prende atto delle numerose contestazioni che a mano a mano emergevano dalle conversazioni telefoniche registrate a Martina Franca nonché da documenti sequestrati a Licola e allo Stato Maggiore, ma le sue risposte cambiano, passano cioè dai non ricordo a complete chiusure, in quanto non riesce a dare alcuna spiegazione.

Nonostante egli neghi in più occasioni di aver partecipato alla stesura e redazione dei plottaggi inviati l'11.07.80 dal 22° CRAM a vari Enti, senz'altro ebbe parte attiva nella comunicazione dei dati radar che portarono alla compilazione del telex inviato durante la notte a Martina Franca. In proposito Patroni Griffi richiedeva se le battute erano state ricevute direttamente o in cross-tell; Acampora rispondeva che erano state copiate dal DA1 e Patroni Griffi spiegava che la richiesta nasceva dal fatto che la prima traccia "fa un salto da canguro che è impossibile crederci". Relativamente alle differenze di orario che emergono riguardo ai plottaggi comunicati via cavo e quelli trasmessi con telex l'11.07.80 della medesima traccia AG266, l'imputato, pur riconoscendo la differenza di posizione attribuita alla traccia, non ha fornito alcuna spiegazione (v. interrogatorio Di Micco Antonio, GI 10.02.97).

Appare quindi evidente come i dati riportati nella missiva dell'11 luglio siano stati artatamente modificati, in quanto è inverosimile l'attribuzione di errori nella lettura dei dati da parte degli operatori di Licola, registrati nelle conversazioni telefoniche sia di Martina Franca che di Marsala. E' sempre Di Micco a segnalare al SOC la presenza di due traffici vicino a Ponza al momento dell'ultimo contatto radio del DC9 Itavia. E' sempre lo stesso sottufficiale a dire al SOC che i plottaggi di questi due traffici si trovano nello stesso messaggio e sono l'AG266 e la LK477. C'è da dire che mentre i dati dell'AG266 l'11 luglio 80 furono modificati, quelli della LK477 rimasero invariati e non associati a nessun tipo d'aereo da quel CRAM. E' vero anche che sin dalla notte dell'incidente, fu accertato, dal SOC e non da Licola, che la traccia LK477 era inesistente, cioè non era stata mai originata dal sito d'origine, in questo caso, Potenza Picena. Tutta questa attività è stata contestata al Di Micco, il quale ha preso soltanto atto, senza darne cioè plausibili spiegazioni.

Come è certa anche tutta quell'attività di coordinamento tra il SOC e Licola che viene predisposta proprio dal Di Micco e non invece, come previsto dal regolamento, dall'ufficiale capo controllore, il capitano Abbate. E' Di Micco che parla con il "colonnello dello Stato Maggiore"; che dispone l'invio di tutti i plottaggi, attraverso telescrivente come richiesto dal SOC; che richiesto telefonicamente il capitano Abbate dal diretto superiore operativo, Patroni Griffi, subentra prepotentemente nella conversazione telefonica senza giustificare l'assenza o il mancato intervento dell'ufficiale; che controlla il traffico aereo dopo l'incidente fornendo assistenza ai mezzi del soccorso. In quest'ultimo caso vi sono due conversazioni telefoniche che non hanno trovato risposte esaurienti ed esattamente: 1. quella delle 20.27Z in cui Di Micco afferma di controllare un traffico su Ponza intorno ai 5000 piedi; traffico che visti i rapporti di volo dei velivoli del soccorso di Ciampino non può essere stato generato da uno di essi; 2. quella delle ore 22.22Z, nella quale l'operatore di Licola potrebbe essere Acampora e in cui si afferma che il plottaggio della traccia AJ421 è un aereo militare, cioè un C141. La singolarità di questa conversazione consiste nel fatto che il numero di traccia - AJ421 - è quello attribuito dal sito di origine, Marsala, al DC9 Itavia alle 18.53Z, un NTN che non compare più nella THR di Marsala per tutta la notte e viene attribuito ad altro velivolo solo alle ore 06.40Z del 28 giugno. Anche questa singolare circostanza è stata contestata a Di Micco, il quale come al solito non ha saputo, o voluto, dare alcun chiarimento.

Anche Di Micco perciò si è trincerato dietro una serie di non ricordo e non so, dimostrando un comportamento di totale chiusura nei confronti dell'esigenza di ricostruire l'attività svolta la sera del 27.06.80. La falsità delle sue dichiarazioni appare manifesta lì ove non fornisce alcuna specifica indicazione sia sulle operazioni di tracciamento che sulla effettiva presenza ed attività dei militari in sala ad iniziare dal capo controllore Abbate. E tale volontà di "occultare" la presenza in sala operativa di altri operatori del turno permane nell'imputato sino al 95; operatori che, se non fosse stato operato il sequestro del 14.12.95, non sarebbero mai stati individuati. Si ha ragione di ritenere che questo comportamento fosse teso ad evitare una eccessiva attenzione alla composizione del turno allo scopo di "tutelare" la versione fornita dal capo controllore capitano Abbate, e ad impedire la comprensione di quanto effettivamente avvenuto e "visto" in quella sala.

Queste le evidenze a carico del Di Micco, ma per i motivi indicati nella parte in diritto, nei suoi confronti deve dichiararsi non doversi procedere perchè il reato estinto per prescrizione in ordine al delitto di cui al capo P, in esso assorbito quello di cui al capo Q, e per non aver commesso il fatto in ordine al delitto di cui al capo R.

6. Mandes Aurelio.

Il tenente colonnello Mandes Aurelio, all'epoca Comandante del 22° CRAM, ometteva di consegnare il modello DA1, contenente il plottaggio relativo al giorno del disastro, sottoposto a sequestro dall'AG il 16.07.80 e faceva pervenire a quest'ultima solamente cinque fogli dattiloscritti estratti dal documento.

L'imputato si è dichiarato estraneo agli eventi che condussero alla distruzione del DA1 ed ha asserito di non aver avuto alcuna notizia dell'ordine di sequestro emesso dall'Autorità Giudiziaria, sottolineando che personalmente non gli era stato notificato alcun provvedimento. Faceva notare che se un provvedimento del genere fosse stato notificato in sua assenza, quale Comandante del sito, ne sarebbe comunque venuto a conoscenza. Il Mandes ha specificato che neanche al maggiore Carchio (vice comandante) ed al capitano De Angelis (comandante Ufficio Operazioni) fu notificato alcun provvedimento; ad essi pervenne da parte dei "Superiori gerarchici", una normale richiesta di trasmettere i plottaggi, priva di riferimenti al sequestro stesso; secondo l'imputato, non venne attribuita a tale richiesta l'attenzione che essa avrebbe meritato e per tale motivo non ne fu informato.

Mandes prosegue sulla stessa linea affermando che dei cinque fogli riguardanti i plottaggi, firmati dal capitano De Angelis con il timbro del maggiore Carchio, era venuto a conoscenza solo in sede di Commissione Stragi, ove aveva appreso anche della lettera di trasmissione dell'11.07.80 inviata dallo stesso De Angelis. A proposito della prassi sulla conservazione del DA1 ha osservato che normalmente il registro una volta esaurito, veniva consegnato dalla sala operativa ad un archivio-deposito ed ivi custodito per almeno un anno; era compito del sottufficiale incaricato del servizio archivistico provvedere alla distruzione dei registri trascorso il periodo minimo di custodia e in assenza di ulteriori specifiche autorizzazioni. In realtà proprio Mandes durante il suo comando non si peritò di conservare il DA1 per un periodo più lungo di quello previsto (v. interrogatorio Mandes Aurelio, GI 05.02.90).

Ha dichiarato di non essere stato mai interpellato in merito all'incidente durante il periodo di comando a Licola e di essere a conoscenza che le battute del radar erano state inviate all'ITAV; ha comunque sottolineato che nessuna situazione anomala era in atto quella sera nel sito. Non ha fornito alcun chiarimento in ordine alla distruzione del DA1 (v. audizione Mandes Aurelio, Commissione Pisano 17.04.89).

L'imputato, pur non ricordando se il DA1 fosse stato distrutto, ha supposto che il documento fosse stato, come da prassi, allegato alla minuta dei plottaggi inviati l'11.07.80 all'ITAV e semmai contestualmente distrutto insieme con le minute stesse. Nonostante la incontestabile responsabilità che gli derivava dall'incarico di comando del Centro Radar proprio nel periodo in cui si verificò l'incidente occorso al DC9 Itavia, non ha il minimo ricordo dell'importante documento DA1 originato dal sito.

In realtà l'Ufficio ha accertato che quel documento venne conservato nella cassaforte dell'Ufficio Operazioni quantomeno fino al 1982. Pertanto il documento è inconfutabilmente rimasto nella piena disponibilità del comando del Centro Radar di Licola. Non solo: appare strano che di questo documento non si faccia menzione neppure nel passaggio delle consegne al nuovo comandante De Crescenzo. Infatti quest'ultimo nel corso delle dichiarazioni rese ha sempre escluso di aver avuto cognizione del modello DA1 della sera del 27.06.80.

Si deve però rilevare che la consegna del solo estratto dei plottaggi da parte del Comando del CRAM invece del modello DA1 avvenne l'11 luglio 80, quando cioè egli era assente dal servizio per essere andato in licenza il giorno successivo al disastro ed essere ritornato in sede a metà luglio. Non è emersa, peraltro, alcuna prova che la omissione ascritta possa ricondursi a ordini da lui impartiti.

Di conseguenza nei suoi confronti deve dichiararsi non doversi procedere in ordine al delitto sub U per non aver commesso il fatto.

7. Rocco Gerardo.

Rocco Gerardo la sera del 27 giugno 80 era in servizio presso la sala operativa del 22° CRAM di Licola con mansioni di inizializzatore, di addetto cioè alla "lettura" dei dati che comparivano sul PPI.

Emerge nelle dichiarazioni rese a questo Ufficio la volontà dell'imputato di "occultare" la presenza in sala operativa di altri operatori del turno, quelli cioè che, se non fosse stato operato il sequestro del 14 dicembre 95, non sarebbero mai stati individuati. Come già s'è detto si ha motivo di ritenere che tale comportamento fosse teso ad impedire che si accertasse la situazione di emergenza, che aveva imposto la chiamata del turno b; e ad evitare altresì una eccessiva attenzione alla composizione del turno allo scopo di "tutelare" il capo controllore, il capitano Abbate, la cui presenza è ricordata o comunque mai messa in dubbio dagli altri imputati, ma non ricordata dagli operatori individuati ed escussi successivamente.

La sera dell'incidente, Rocco ribadiva di aver "inizializzato" la traccia del DC9 Itavia e di averla dettata all'aviere che aveva il compito di trascriverla, cioè di riportare esattamente quanto gli veniva detto sul DA1. Non controllò se quanto riportato dall'aviere corrispondesse alle sue indicazioni, nè notò anomalie sulla traccia che venne identificata come il volo del DC9 Itavia. Affermava poi che, una volta rilevata la traccia del velivolo, era entrato in funzione l'identificatore posto al suo fianco, che seguì la traccia sullo schermo fino a quando, per due battute consecutive del radar, non fu più vista e venne considerata persa; egli però non si allarmò perchè gli aerei civili in quella zona normalmente cominciavano la discesa ed inoltre quella era la zona in cui si verificava il cono d'ombra del Monte Epomeo. Sulla elevata velocità della traccia AG266, come emerge dall'esame dai plottaggi inviati l'11 luglio 80 dal sito radar di Licola a vari enti, Rocco osservava di non aver mai compiuto un rilevamento di 1200 nodi di velocità per quella traccia; la stima della velocità veniva eseguita una sola volta al momento dell'apparire della stessa e non era più ripetuta nei rilevamenti successivi allorché la traccia appariva anche in quadranti diversi; non era in condizione di effettuare continue stime della velocità, perché il suo compito era quello di seguire altre tracce. (v. interrogatorio Rocco Gerardo, GI 28.09.89).

Sulle differenze tra i dati che emergevano dalle conversazioni telefoniche e quelli comunicati via telex o tramite missiva, affermava di non aver trascritto personalmente le tracce sul modello DA1 e di non essere stato mai chiamato a "leggere" i dati del plottaggio (v. interrogatorio Rocco Gerardo, GI 22.03.95).

Invece dall'esame della conversazione delle ore 19.26Z intercorsa proprio tra Rocco ed un operatore di Martina Franca, si rileva come il sottufficiale venne coinvolto personalmente nella raccolta delle notizie relative al DC9. Infatti, emerse che il 3° SOC di Martina Franca richiedeva a Licola se il NIMA avesse comunicato il piano di volo del velivolo con nominativo India Hotel 870. Nella circostanza il Rocco riferiva che il NIMA era già stato contattato, ma non disponeva del cennato piano (v. interrogatorio Rocco Gerardo, GI 20.12.95).

In merito alle differenze di orari e posizioni concernenti la traccia AG266 , Rocco asseriva che l'unico velivolo che aveva visto a quell'ora e su quella rotta era l'AG266 cioè il Bologna - Palermo, escludendo di averne visti altri. Sulla presenza del velivolo identificato come LK477, che appariva dal telex inviato il 28 giugno 1980 dal 3° SOC al COP e al COSMA, il sottufficiale non sapeva dare alcuna spiegazione significativa, ribadendo di aver visto solo il velivolo DC9 (v. interrogatorio Rocco Gerardo, GI 20.12.95).

Questi elementi di fatto indicano chiaramente la volontà di sottrarsi agli interrogativi sulle attività da lui svolte nelle fasi cruciali di quella sera, minimizzando il proprio ruolo e precludendo all'inchiesta informazioni preziose.

Valgono però al riguardo delle imputazioni contestategli le considerazioni di cui ai motivi nella parte in diritto; si deve cioè dichiarare non doversi procedere nei suoi confronti perchè il reato estinto per prescrizione in ordine al delitto di cui al capo P, in esso assorbito quello di cui al capo Q, e per non aver commesso il fatto in ordine al delitto di cui al capo R.

8. Sarnataro Gennaro.

Il maresciallo scelto Sarnataro Gennaro la sera del disastro era in servizio presso il Centro radar di Licola con le mansioni di assistente al capo controllore; la sua funzione era di supporto all'attività dell'ufficiale responsabile della sala operativa, compresa la ricezione e trasmissione di messaggi. In proposito deve rammentarsi ancora una volta la "assenza" del capo controllore, accertata tramite sia la ricostruzione delle attività poste in essere quella sera, dedotte dalle conversazioni telefoniche tra quel sito, il CRAM di Marsala ed il SOC di Martina Franca, sia le dichiarazioni dei componenti della sala operativa di Licola in servizio quella sera. Questa "assenza" della funzione di coordinamento e controllo, proprio nella fase di emergenza, comportò di certo per le attività svolte dai collaboratori, e pertanto anche dal Sarnataro, l'onere della diretta responsabilità di tutte le iniziative in quel frangente.

L'imputato però non solo minimizza, ma nega addirittura che vi fosse stata attività per identificare tracce significative non note. Infatti dichiara: "Non accadde nulla di particolare fino a che dal SOC non ci giunse la richiesta di chiamare sulla frequenza di guardia un aereo civile di cui si erano perdute le tracce... non ci fu intervento per identificazione di tracce significative non note ..." (v. esame Sarnataro Gennaro, GI 14.11.86).

A smentire tale ultima affermazione sta una annotazione che emerge dal registro della sala operativa di Licola, in cui, nella parte relativa al 27.06.80 compare la trasmissione al 3° SOC di Martina Franca di un telex avente ad oggetto "Plottaggio AG266", annotazione redatta dall'imputato. Come noto, tale annotazione assume importanza soprattutto con riferimento alle divergenze che emergono tra la telefonata delle 23.05 intercorsa tra Acampora di Licola e un operatore del SOC di Martina Franca e il telex inviato dal 3° SOC al COP e al COSMA il giorno 28.06.80; infatti nella telefonata viene fatto riferimento a due tracce, AG266 e LK477; nel telex invece la traccia AG266 scompare e la LK477, che non trova alcuna indicazione nel citato registro, viene associata al DC9 Itavia. Sarnataro dichiara che l'unica traccia che trasmise al 3° SOC fu l'AG266 cioè la traccia del DC9.

Affermazione smentita dalla conversazione delle ore 20.11 intercorsa tra il capitano Patroni Griffi di Martina Franca ed il maresciallo Di Micco di Licola, durante la quale vengono menzionati due traffici, presumibilmente due tracce che, si assicura, saranno di lì a poco inviate per telescrivente. In relazione a tale contestazione Sarnataro dichiara che dopo essere stato inviato il plottaggio dell'AG266 ne fu inviato un altro contenente due tracce; (v. interrogatorio Sarnataro Gennaro, GI 06.02.96). Non è stata chiarita la ragione della mancata annotazione sul registro del secondo messaggio che, secondo Sarnataro, sarebbe stato inviato al 3° SOC durante la notte; l'invio dei citati messaggi a Martina Franca dovrebbe essere collocato intorno alle ore 02.00, orario in cui ricevette il cambio. Afferma poi di non avere cognizione delle difficoltà emerse durante la notte sulla identificazione della traccia del DC9 Itavia in AG266, ribadendo che per il suo sito quella sigla alfanumerica rappresentava il DC9. (v. interrogatorio Sarnataro Gennaro, GI 06.02.96).

Sarnataro in un primo momento non riesce a comprendere le ragioni che avevano indotto gli operatori del 3° SOC a non accettare la traccia AG266 come DC9 Itavia; soltanto dopo aver appreso in sede di interrogatorio che nei plottaggi inviati l'11.07.80 dal 22° CRAM a vari enti compare l'AG266 in orario successivo alla scomparsa del DC9 Itavia, si spiega l'esclusione, ma non sa dare alcuna spiegazione della differenza di orario della traccia, nelle conversazioni telefoniche e nei plottaggi.

Egli poi nulla sa spiegare, in ordine alla richiesta pervenuta al suo sito, sulla presenza di traffico militare americano nonchè sulla individuazione, quella sera, di plottaggi caratterizzati da velocità proprie di aerei militari.

Anche le sue affermazioni sulla presenza in sala del De Masi, richiamato con urgenza sebbene facesse parte del turno successivo, sono in contraddizione con la sua deposizione testimoniale, atteso che da detta presenza scaturisce concreto indizio della diffusione immediata di uno stato di agitazione all'interno della sala operativa. (v. interrogatorio Sarnataro Gennaro, GI 19.12.95).

Palese quindi la reiterata condotta di reticenza; nei confronti però di questo imputato valgono al riguardo delle imputazioni contestategli i motivi di proscioglimento specificati nella parte in diritto, e pertanto si deve dichiarare non doversi procedere perchè il reato estinto per prescrizione in ordine al delitto di cui al capo P, in esso assorbito quello di cui al capo Q, e per non aver commesso il fatto in ordine al delitto di cui al capo R.

9. Tessitore Pietro.

Il maresciallo Tessitore Pietro non aveva alcuna funzione operativa presso il sito radar di Licola, ma svolgeva attività di ufficio ed osservava il cosiddetto "orario aeroportuale", smontando dal servizio nel primo pomeriggio. Era addetto presso la segreteria dell'Ufficio Operazioni del sito e si occupava dell'archivio generale; è stato interrogato in relazione al DA1 ed alla sua conservazione. Ha riferito che il brogliaccio-registro del DA1 veniva custodito in un edificio distante alcune centinaia di metri dall'ufficio Operazioni. (v. interrogatorio Tessitore Pietro, GI 05.02.90).

L'edificio cui fa riferimento Tessitore era denominato "Ufficio Statistica", e ad esso era addetto il maresciallo Tagliafierro Domenico; in quell'edificio veniva custodita, oltre al materiale di scarto di vario genere, anche documentazione di carattere generale in attesa della distruzione. Si deve ricordare che oltre al DA1 il sito aveva ovviamente prodotto anche altri documenti, dei quali tuttavia non è stata rinvenuta traccia, se non nei registri di protocollo; come quelli che riguardavano l'invio di dati di tracce, che nella notte e nei giorni successivi erano stati richiesti da Enti superiori; la minuta riguardante i plottaggi inviati l'11.07.80 avente ad oggetto "Plottaggi zona Tirreno" - rinvenuta poi presso gli altri Enti in indirizzo, tra cui l'ITAV 2° Reparto; la nota avente ad oggetto "Incivolo 27.06.80" - inviata soltanto all'ITAV Roma-Eur e mai rinvenuta; i telex inviati durante la notte del 27.06.80. Di molti documenti risulta la distruzione, mentre di altri non è stato possibile rinvenire alcuna traccia, neppure della reale trasmissione agli enti destinatari. Questa situazione è stata con ogni probabilità causata da una mancata responsabilizzazione del personale da parte degli ufficiali superiori sulla custodia di documentazione comunque riferibile all'incidente occorso al DC9 Itavia; atti peraltro già richiesti dalla Procura di Palermo in data 05.07.80, il cui relativo provvedimento appare essere stato conosciuto dal 22° CRAM soltanto in data 08.08.88.

All'imputato viene mostrato il registro di protocollo relativo agli anni dal 77 all'80 in uso presso l'Ufficio Comando del 22° CRAM, sul quale appaiono delle annotazioni "Distrutto" seguite dalla sua sigla. Tali distruzioni riguardavano documenti di diversa natura, che avvenivano su iniziativa di Tessitore in adempimento alle disposizioni all'epoca vigenti. Egli aveva provveduto materialmente alla distruzione dei documenti indicati in corrispondenza delle sue annotazioni. Precisava che si trattava di copia di corrispondenza intercorsa con gli enti nel registro indicati; che non si trattava certamente del registro DA1, ma di copie di stralci dal modello DA1; che tale distruzione era avvenuta su sua iniziativa in adempimento alle disposizioni all'epoca vigenti che non richiedevano specifiche autorizzazioni.

Relativamente alla distruzione di documenti che per l'oggetto erano chiaramente riconducibili all'incidente occorso al DC9 Itavia, Tessitore dichiara che non gli era sfuggito che l'oggetto della documentazione concerneva il disastro del DC9, ma dal momento che non aveva mai ricevuto notizie di provvedimenti di sequestro, aveva stimato di poter procedere alla distruzione. (v. interrogatorio Tessitore Pietro, GI 05.02.90).

In relazione alle richieste di plottaggi avanzate da Enti superiori, dichiara che era prassi normale che in caso di incidente aereo venisse redatto un plottaggio che poi veniva inviato per telescrivente; successivamente le richieste di tali dati passavano alla segreteria dell'Ufficio Operazioni che verificava i dati direttamente dal modello DA1. Presso la segreteria non veniva controllato tutto il brogliaccio, ma soltanto lo stralcio dei dati di interesse inoltrati dall'Ufficio Statistica; infatti l'addetto a tale ufficio era in grado di stralciare i plottaggi dal DA1. I dati richiesti dalla segreteria potevano essere forniti dalla stessa sala operativa qualora il modello DA1 si trovasse ancora in quegli uffici. (v. interrogatorio Tessitore Pietro, GI 22.03.95)

Deve però osservarsi che in esito ad ulteriori accertamenti - vedi in particolare la deposizione di Napolitano Carlo in data 18.01.96, in seguito alla quale per la soppressione del modello DA1 si procede a carico di altri indagati col nuovo rito - tale modello fu distrutto in contesto temporale diverso e successivo a quello indicato sui registri di protocollo del 12.09.84.

Di conseguenza, limitatamente all'accusa di soppressione del modello DA1, deve dichiararsi non doversi procedere a carico dell'imputato in oggetto, per non aver commesso il fatto.

Per quanto concerne invece l'accusa attinente la distruzione delle minute dei tracciati radar, si deve rilevare che pur essendo pacifico che trattavasi di copie, da un lato esse dovevano essere comunque conservate per effetto del provvedimento di sequestro emesso dall'AG e che d'altro lato gli originali alla data del 12.09.84 non erano ancora pervenuti all'AG, essendo stati, dopo la consegna all'ITAV nel luglio 80, direttamente consegnati alla Commissione Luzzatti.

D'altra parte - si concorda con le osservazioni del PM - il fatto che nei registri sia stata annotata la distruzione sembra confermare l'atteggiamento psicologico, eludente il dolo, dedotto dal Tessitore. Permane quindi il dubbio sulla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato. Di conseguenza deve dichiararsi per tale parte della condotta non doversi procedere nei confronti del Tessitore, perchè il fatto non costituisce reato.

Al termine dell'istruzione la difesa del maresciallo Tessitore Pietro ha richiesto il suo proscioglimento per insussistenza del fatto. In effetti se si considera, come s'è detto, che egli non ha proceduto alla distruzione del modello DA1, contenente le tracce registrate la sera dell'incidente nella sala operativa di Licola, bensì solo a quella del foglio, con relativi allegati, datato 11 luglio 80, sul quale era stato riportato soltanto uno stralcio delle tracce avvistate da quel Centro radar dalle ore 18.00Z alle ore 21.15Z, foglio già acquisito agli atti dal 22 luglio 80, per effetto del sequestro presso l'ITAV, ben si può stimare che la condotta addebitatagli non sussista.

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