Capitolo I

Le posizioni dello SMA Bartolucci.

1. Premessa.

Prima di esaminare le singole posizioni dei quattro imputati dello Stato Maggiore Bartolucci, in carica all'epoca dei fatti, e cioè oltre costui Ferri, Tascio e Melillo, è necessario precisare le considerazioni comuni alle imputazioni ascritte a questi ufficiali che al momento del disastro del DC9 Itavia costituivano la parte più rilevante del vertice dello Stato Maggiore dell'Aeronautica ed erano accomunati dai rispettivi ruoli ed incarichi in una compenetrazione massima di attività rispetto all'evento. Già tra fine 91 e primi 92 nell'affrontare il tema delle responsabilità penali a carico di costoro, si ritenne di contestar loro unitariamente il reato di attentato contro gli organi costituzionali nella previsione del codice penale militare di pace.

La motivazione della contestazione trovava fondamento su una situazione probatoria secondo cui gli imputati di quello Stato Maggiore erano a conoscenza degli eventi accaduti fin nei minimi dettagli e sin dall'immediatezza del loro verificarsi; e, pur in presenza di fatti oggettivi che sicuramente avrebbero obbligato a riferire al livello politico, che avrebbe così potuto agire di conseguenza, si sostituivano alle istituzioni competenti, impedendo "l'esercizio" delle attribuzioni e prerogative di queste ultime. Infatti sia i due capi Reparto sia il Sottocapo che il Capo di Stato Maggiore furono allertati della segnalata presenza di traffico militare, non necessariamente solo americano, sia in concomitanza del sinistro che in orari antecedenti e susseguenti la scomparsa del DC9; del diffondersi, sin da pochi minuti dopo la scomparsa del DC9, di uno stato di tensione sia nei siti della Difesa Aerea che nelle postazioni del Traffico Aereo; delle ipotesi sulle cause del disastro; delle ricerche e delle investigazioni poste in essere non solo da organi dipendenti, ma anche da altri Paesi. Come di quando realmente era precipitato il MiG23, delle cause e modalità della caduta, e delle iniziative seguite ad essa. Fatti questi tutti comprovati come già s'è scritto in questa motivazione.

Occorre qui ricordare che i siti di Difesa Aerea come quello di Traffico Aereo di Ciampino supposero immediatamente la possibilità, oltre che di una collisione, anche di una esplosione di carattere esterno al velivolo. Tale situazione patologica emerge non soltanto dalle telefonate registrate la sera del 27 giugno 80 - sequestrate già nel 1980 quelle relative ai siti di Ciampino, Palermo e Marsala, e solo nel novembre del 90 quelle relative al 3° ROC di Martina Franca - ma anche dalla scomparsa di numerosissimi documenti, dalle significative alterazioni e soppressioni di parti di registri e di registrazioni che avrebbero potuto provare momenti qualificanti di quella notte e dei tempi a seguire. In particolare si deve sottolineare la carenza in tutti i siti dell'Aeronautica Militare a vario titolo interessati all'incidente, ivi compreso l'ACC di Ciampino - che all'epoca, pur interessandosi di traffico aereo civile, dipendeva ancora dall'Aeronautica Militare - di documentazione fondamentale ai fini della ricostruzione dell'evento e in taluni casi anche di manipolazione della documentazione superstite. Nonché dalle dichiarazioni, a dir il vero rarissime, di collaborazione di un numero limitatissimo di militari. A fronte del muro di silenzio della quasi totalità di quelli interrogati ed esaminati su ogni vicenda anche lontanamente o minimamente collegata ai fatti. Così come il controllo continuo sull'inchiesta, nelle più disparate forme, dalla nomina a consulenti di parte di ufficiali AM all'avvicinamento dei periti d'ufficio, all'acquisizione di atti, all'attivismo per il sostegno a determinate soluzioni; controllo che raggiunse il suo apice al tempo del generale Nardini. Condotte e fatti questi - dalle immense lacune documentali alle totali cadute di memoria, agli interessamenti pesanti, sin dalle prime ore degli eventi, nelle evoluzioni delle indagini - che sono prova dell'ininterrotto coinvolgimento in tentativi di indirizzare il cammino degli inquirenti su strade diverse da quelle che avessero potuto comportare responsabilità della Forza Armata; e ciò a partire dallo Stato Maggiore Bartolucci, attraverso anche altri centri d'interesse, sino al termine dell'istruzione, ed oltre. Con la esclusione degli Stati Maggiori del tempo di Pillinini e Arpino, che hanno mostrato più segni di collaborazione all'inchiesta e comunque non più di ostacoli ad essa.

E a conferma la difesa degli imputati del delitto ex art.289 c.p. e 77 c.p.m.p. che si mostra come una costante negazione di aver appreso notizie, non dell'incidente in se stesso, ma di tutto lo stato di allarme determinatosi nella notte, dei dubbi degli uffici operativi, della segnalata presenza di intenso traffico militare americano, delle incerte interpretazioni sui tracciati radar di Ciampino, di cui l'Aeronautica ebbe cura di fare copia prima che gli stessi venissero sigillati, dei contatti con l'ambasciata americana e di ogni altra circostanza, come di quelle relative all'evento di Castelsilano. E' rimasto però accertato attraverso molteplici elementi di prova sia che lo Stato Maggiore venne informato tempestivamente e costantemente, sia che i singoli imputati sono stati direttamente coinvolti nella ricerca delle informazioni e nell'assunzione delle conseguenti decisioni.

In primo luogo l'organizzazione dello Stato Maggiore era tale da consentire immediati contatti e per più canali dagli uffici operativi ai vertici, su ogni evento di interesse, come non poteva non essere anche la caduta di un aereo civile, ed in particolare su tutti gli sviluppi della situazione relativa a quell'incidente che lo stesso Capo di Stato Maggiore Bartolucci definisce "sui generis" (v. interrogatorio Bartolucci Lamberto, GI 26.05.92).

1.1. I percorsi delle informazioni.

Più sono i percorsi che le notizie dalla periferia dovevano seguire verso il centro e il suo più alto livello, e che sono stati sicuramente seguiti come si vedrà a seguire.

L'intervenuta consapevolezza da parte del Capo di Stato Maggiore di circostanze relative al contesto in cui si era verificato il disastro del DC9 Itavia può esser meglio compresa per effetto della rappresentazione, in forma concisa ma esaustiva, dei flussi di notizie e informazioni che sin nell'immediatezza degli incidenti dalla base, ovvero dagli organi periferici, raggiunsero i livelli decisionali della Forza Armata sia sul disastro del DC9 che sulla caduta del MiG23 libico. In tal senso è stato modificato il capo d'imputazione sub A con l'integrazione riportata in epigrafe con la seguente aggiunta "nonché l'emergenza di circostanze di fatto non conciliabili con la collocazione della caduta del MiG libico sulla Sila nelle ore mattutine del 18 luglio 1980". Integrazione rituale, perché i fatti e gli elementi di prova a suo sostegno sono stati contestati agli imputati nei relativi interrogatori.

La sera del disastro l'Aeronautica Militare fu costretta ad affrontare e gestire, a tutti i livelli, una situazione di estrema concitazione dovuta alla sequela di notizie che di momento in momento manteneva l'aggiornamento sulla scomparsa del DC9 Itavia. Dal complesso dell'attività istruttoria svolta si è avuto modo di cogliere lo stato di apprensione di quelle ore immediatamente successive al disastro e di apprendere anche le varie ipotesi concernenti la caduta dell'aeromobile, che subito dopo erano circolate tra quei siti della Difesa Aerea, la sala operativa del SOC e l'RCC di Martina Franca, i centri Radar di Marsala, Licola e Siracusa, e del traffico aereo, l'ACC e l'RSC di Ciampino.

Infatti l'individuazione e la ricostruzione delle scale informative di collegamento tra lo Stato Maggiore ed i Reparti periferici permettono di valutare il grado e il tempo della cognizione che ebbero nella vicenda le figure più rappresentative ed importanti della Forza Armata; canali attraverso i quali i vertici dello Stato Maggiore potevano essere in ogni momento allertati; e lo furono effettivamente, a partire dalla notte del 27 giugno 80. La prima via gerarchica - come è emerso dall'istruttoria, contestato agli imputati e fatto proprio anche dal PM - è quella che doveva pervenire allo Stato Maggiore dall'ACC di Ciampino, secondo questa catena di comando: capo sala dell'ACC, maggiore Massari Porfirio; responsabile della RIV, tenente colonnello Guidi Guido; capo 2° Reparto ITAV - competente per il traffico aereo - colonnello Fiorito De Falco Nicola; Ispettore generale di questo Ispettorato, generale di divisione Fazzino Cesare; Sottocapo di Stato Maggiore, generale di squadra Ferri Luigi.

Il generale Fazzino nella deposizione alla Commissione Stragi del 23 novembre 89 affermò addirittura di aver appreso dell'incidente di Ustica la mattina del 28 giugno 80 dalla radio, così come il colonnello Fiorito De Falco sentito da questo GI il 16 ottobre 90 ha affermato, anch'egli, di aver avuto rapporto su quanto verificatosi la notte precedente presso l'ACC di Ciampino solo la mattina del 28 giugno 80. Dichiarazioni completamente annullate dalla trascrizione, tra le altre, della significativa telefonata delle ore 20.23Z tra il colonnello Fiorito De Falco e il tenente colonnello Guidi, nel corso della quale si dà atto, come più volte s'è visto, della segnalata presenza di traffico americano nella zona del sinistro, di presunte esercitazioni americane, di aerei che razzolano, e il Fiorito De Falco assicura Guidi di aver avvisato il generale Fazzino.

Il Capo dell'ITAV, già sentito da questo GI il 10 ottobre 91, aveva recisamente negato di essere stato avvisato la sera del 27 giugno 80, e solo nel corso della successiva deposizione del 31 gennaio 92 a fronte della lettura della trascrizione della telefonata ammette la possibilità di essere stato avvisato la sera stessa del 27 giugno 80, pur trincerandosi dietro degli assolutamente incredibili non ricordo. Il tenente colonnello Guidi sentito una prima volta l'8 ottobre 91 nega di essere stato avvisato della presenza di traffico americano; affermazione che ribadisce nella successiva deposizione del 31 gennaio 92; a sua volta il Fiorito De Falco, sentito anch'egli il 31 gennaio 92, inizialmente nega di essere stato reso edotto della presenza di traffico americano. Entrambi gli ufficiali, però, nel corso della deposizione resa il 31 gennaio 92, una volta preso atto del contenuto della telefonata che li vede interlocutori, devono ammettere di aver parlato degli argomenti allarmanti in detta telefonata contenuti. Per effetto di tali ammissioni e della lettura della conversazione appare pertanto non credibile che siffatte notizie non siano pervenute al generale Fazzino e da questi comunicate al Ferri - si noti comunque che il Fazzino, nella deposizione del 10 ottobre 91, ammette di aver sentito parlare, sia pur solo il 28 giugno 80, dai suoi collaboratori del problema sorto la notte precedente circa la presenza di una portaerei nel mar Tirreno.

Fu proprio il capo della sala operativa dell'ACC di Ciampino, il maggiore Massari Porfirio, a diramare la notizia dell'intenso traffico americano nella zona dell'incidente intorno alle 20.00Z fino a raggiungere la sala operativa e il centro del soccorso di Martina Franca. L'ufficiale riporta questa notizia al personale in servizio all'RSC di Ciampino, che operava in una stanza attigua alla sala operativa dell'ACC. Uno dei due sottufficiali di servizio all'RSC, il maresciallo Bruschina Roberto riferisce - alle ore 20.25Z orario registrato a Ciampino - al collega Marzulli Pietro dell'RCC di Martina Franca - a Martina Franca il registratore riporta le ore 20.22Z - dell'intenso traffico americano nella zona dell'incidente e dell'eventuale presenza di una portaerei. Immediatamente i due ufficiali responsabili dell'RCC e del SOC di Martina Franca, il tenente Smelzo Giovanni e il capitano Patroni Griffi Vito, iniziano una verifica di quanto riferito, richiedendo notizie al COP, ai centri radar della Difesa Aerea dipendenti, al Comando NATO di Bagnoli, a Sigonella, alla sede di West Star.

Mentre le risposte date a Patroni Griffi dai centri radar e da West Star sono tutte negative, sicuramente degna di nota è invece quella conversazione telefonica di cui sopra s'è detto, tra il tenente Smelzo e il maresciallo Berardi, registrata alle ore 20.22Z nella perizia Ibba-Paoloni, alle ore 20.25Z nella perizia Franco-Franco-Benedetti. La conversazione è incisa sui nastri di Martina Franca, che sono stati sequestrati solo nel novembre del 90, quando invece l'Aeronautica ne aveva disposto la loro conservazione sin dalla mattina del 28 giugno 80 - per ordine del comandante del SOC colonnello Arati Giancarlo -, ritrovati e riascoltati nel luglio 88 presso la sede del SOC, e della cui esistenza mai è stato riferito a quest'Ufficio sino all'atto del sequestro.

Il capo sala, maggiore Massari, provvede alla sigillatura dei nastri di registrazione TBT alle 20.45Z, impedendo così di acquisire le successive telefonate, quelle certamente di maggiore interesse, giacchè specialmente quelle di continuazione dei colloqui con l'ambasciata americana avrebbero provato l'evoluzione delle ipotesi.

Il successivo 22 luglio 80 vengono consegnati da Fiorito De Falco soltanto tre degli otto nastri negli otto apparati di registrazione in funzione in quella ACC. E che vi fossero comunicazioni di rilievo nei momenti immediatamente successivi all'incidente - avvenute su altre linee le cui registrazioni non sono mai state trasmesse - tra l'ACC e il Centro Radar di Siracusa risulta da documentazione rinvenuta negli atti della Commissione Luzzatti, sequestrati presso il Ministero dei Trasporti nell'ottobre 96, in cui appaiono trascrizioni effettuate dal personale dell'ufficio inchieste della RIV di Ciampino, che non risultano sui nastri TBT consegnati a quest'Ufficio. E' stato altresì accertato che dei nastri di registrazione TBT e dati radar ne venne estratta copia (v. esame Fiorito De Falco Nicola, GI 16.10.90) che non è stata mai consegnata.

Una seconda via gerarchica partiva dalla sala operativa dello Stato Maggiore o COP. Il Centro Operativo di Pace era un organo inserito nel 3° Reparto ma serviva l'intero Stato Maggiore. Vi veniva effettuato un servizio continuativo, a rotazione, da parte di ufficiali di tutti i Reparti, i quali, nello svolgimento di quel servizio, dovevano osservare apposite norme di funzionamento. In tempo di pace il Centro provvedeva a tenere aggiornate le situazioni operative e logistiche dell'Aeronautica ed effettuava coordinamenti con organi esterni alla Forza Armata, per soccorso aereo a traumatizzati in imminente pericolo di vita; trasporto aereo di ammalati per trapianto di organi all'estero; trasporto aereo VIP - autorità politiche - e impiego di velivoli militari antincendio. Appare del tutto impossibile che il COP, informati subito i vertici dello SMA della scomparsa del DC9 seguendo la scala gerarchica - sottufficiale di servizio, maresciallo Berardi; ufficiale di servizio, tenente colonnello Giangrande; capo Ufficio Operazioni 3° Reparto SMA, colonnello Arpino; Capo del 3° Reparto, generale Melillo - (v. esame Arpino Mario, GI 22.07.91), non abbia poi seguito il medesimo, obbligatorio, iter per segnalare le successive notizie pervenute sempre al COP.

Tra le telefonate che hanno come interlocutore il maresciallo Berardi in ordine alla segnalata presenza del traffico americano particolarmente significativa quella, già più volte considerata, delle ore 20.22Z tra il Soccorso di Martina Franca (tenente Smelzo) e il COP (sottufficiale di servizio maresciallo Berardi). Va anzitutto ricordato come siffatta telefonata, per il suo orario (20.22Z) si collochi in un momento cruciale delle comunicazioni telefoniche di quella notte; non a caso è dello stesso identico orario la telefonata, molto più breve ma di contenuto sostanzialmente identico, tra il maresciallo Bruschina del Sotto Soccorso di Ciampino e il maresciallo Marzulli del Soccorso di Martina Franca, ed è di appena un minuto dopo (20.23Z) la lunga telefonata tra il Guidi e il Fiorito De Falco che parte dall'ACC di Ciampino. Non solo: all'inizio della prima telefonata (come evidenziato dal trascrittore) si avverte chiaramente una voce nell'ambiente che lentamente, come dettando, trasmette ad altri la comunicazione fatta da Ciampino a Martina Franca della presenza del traffico americano; e, sempre nel corso di essa da un lato si percepisce che il Berardi viene a sua volta chiamato al telefono proprio da Ciampino e dall'altro che a Martina Franca mentre parla il tenente Smelzo, il maresciallo Marzulli risponde al telefono a una telefonata interna, si suppone del generale Mangani.

In questa conversazione si ha la conferma che il COP era già stato avvisato e che era tempestato di chiamate - Berardi esclama: "un attimo che chiamano da 700 posti". Segue una sorta di dialogo tra sordi, giacchè mentre Smelzo tenta di comunicare l'ultimo punto noto, l'altro richiede più volte chi abbia detto che l'aereo è caduto, preoccupandosi dell'enorme numero di telefonate che sarebbe costretto a fare, se fosse risultato certo che era caduto. Smelzo, sulla base della notizia del traffico militare americano, chiede se il COP sa di presenze di portaerei. Ma Berardi ribatte più volte, interrompendo anche il discorso del suo interlocutore, affermando che una notizia del genere dovrebbe essere a conoscenza di Martina Franca. Alla fine Smelzo spazientito, come si evince dal tenore della telefonata, conclude bruscamente la conversazione e riferisce che egli ha informato dei fatti lo Stato Maggiore come da circolare. Questa importante comunicazione, come altre che avvengono quella notte e di cui v'è la prova attraverso le conversazioni telefoniche registrate, non viene trascritta sul registro dell'ufficiale di servizio al COP né viene immediatamente fatta salire ai vertici dello Stato Maggiore, come emerge dagli interrogatori ed esami testimoniali nonché dal registro del COP. Il capo del 3° Reparto, Melillo, ha sempre escluso di essere stato portato a conoscenza di tale notizia. Nella sua memoria difensiva censura il comportamento sia di Berardi che di Giangrande, sottolineando che quella notizia vera o falsa, comunque meritava certamente grande attenzione e conseguentemente due iniziative dovevano essere prese: informare immediatamente il colonnello Arpino per avere istruzioni sia sull'ulteriore disseminazione della notizia alle autorità superiori, sia per l'approfondimento dell'informazione ricevuta provvedendo se necessario ad interpellare anche l'Addetto militare statunitense; informare poi appena possibile il Giangrande. La circostanza che la notizia sia stata riferita oralmente allo stesso Melillo dal personale del COP è comunque verosimile, anche se non appare trascritta sul registro. Invero è dimostrabile come il registro sia stato compilato in un secondo momento e non nell'immediatezza della ricezione delle notizie, in particolare attraverso il fatto che già alle 21.30 locali, cioè appena mezz'ora dopo la scomparsa del velivolo, Giangrande annoti su di esso il numero esatto dei passeggeri, distinto in 64 adulti, 11 bambini e 2 lattanti. Questa circostanza mette in evidenza come la notizia del traffico americano, anche se non riportata sul registro, possa essere stata comunicata per le vie brevi sia nel corso della notte che la mattina successiva dal personale del COP a Melillo, tant'è vero che sin dalla mattina del 28 giugno il Capo di Stato Maggiore incarica il Capo del 3° Reparto di effettuare verifiche delle ipotesi di una collisione tra il DC9 ed altro velivolo.

In realtà per effetto degli altri atti istruttori esperiti, il ruolo svolto dal COP la notte tra il 27 e il 28 giugno 80 conduce a conclusioni diverse da quelle sostenute dal generale Melillo. Appare anzitutto non casuale il mancato rinvenimento del brogliaccio del sottufficiale di servizio al COP - documento però non ufficiale e di cui sia la tenuta che la conservazione non erano obbligatorie - avuto riguardo al rilievo che su di esso venivano registrate sotto forma di appunti tutte le telefonate ricevute e trasmesse quella notte dal sottufficiale di servizio, che, per quanto si è visto, non furono certo poche; ma ancor più eloquente è il contegno tenuto in sede di istruttoria da coloro che ebbero parte nella vicenda. Il Berardi sentito da questo GI in date 15 luglio e 17 luglio 91, dapprima dubita di essere stato presente quella sera in sala operativa, poi, a lettura della trascrizione della telefonata suindicata dubita di essere lui quel "Berardi", e solo dopo l'ascolto della telefonata deve riconoscere la sua voce e deve ammettere che contestualmente alla ricezione della notizia sul traffico americano da parte di Martina Franca egli la riceve anche da Ciampino.

Sicchè avuto riguardo alle seguenti circostanze di fatto: 1) per sua stessa ammissione l'ufficiale di servizio tenente colonnello Giangrande lavorava quasi a suo contatto fisico; 2) il COP, già "in allerta" per la scomparsa del DC9, riceve contemporaneamente da due Uffici diversi la notizia di presenza di traffico americano; 3) sempre per ammissione dello stesso Berardi (v. esame GI 17.07.91) non era insolito che in quella zona si trovasse traffico americano al punto tale che già più volte erano state sollevate proteste; si deve affermare che costui appare contraddittorio lì ove afferma da un lato che se gli fosse stato comunicato qualcosa di grave sicuramente lo avrebbe riferito all'ufficiale di servizio, e dall'altro di non ricordare se riferì al tenente colonnello Giangrande il contenuto della telefonata sopra indicata.

Ma ancor più emblematico è il contegno processuale dell'ufficiale di servizio di turno quella notte, il tenente colonnello Giangrande. Sentito una prima volta dalla Commissione Stragi l'11 aprile 91, nega addirittura di essere stato di servizio la notte tra il 27 e il 28 giugno 80; solo di fronte alla produzione documentale esibitagli in quella sede, deve prendere atto della sua presenza al COP la sera della caduta del DC9, ricordando di aver avvisato il generale Melillo della scomparsa del DC9 intorno alle 09.30 di sera. Sentito poi da questo Ufficio il 22 luglio 91 da una parte afferma che il sottufficiale di servizio, ove avesse saputo di presenza di traffico militare straniero sul luogo dell'incidente, avrebbe dovuto comunicarglielo e dall'altra nega che qualsiasi comunicazione in merito gli sia stata fatta dal sottufficiale di servizio (che, come già rilevato, lavorava con lui nella stessa Sala).

Parimenti il Giangrande non sa giustificare il fatto che nel suo registro dell'ufficiale di servizio al COP - documento ufficiale e di cui egli esibisce la copia del foglio relativo ai giorni 27-28 giugno 80, dinanzi alla Commissione Stragi il 14 gennaio 91 - in una notte come quella rechi annotate tra le ore 19.00 locali e le ore 07.30 locali dell'indomani appena quattro telefonate, delle quali solo la prima, quella delle 21.30 locali, si riferisce al DC9. Non solo: il Giangrande nella già citata deposizione alla Commissione Stragi parla di numerosi contatti intervenuti quella notte con la sala operativa del COSMA, mentre nel suddetto brogliaccio l'unico contatto annotato con il COSMA risulta quello delle 21.30 locali.

Né va dimenticata la telefonata che un ufficiale dello Stato Maggiore - che deve ritenersi in via logica l'ufficiale di servizio e cioè quello al COP - poco prima delle 21.20Z effettua al CRAM di Licola per avere notizie più dettagliate (telefonata della cui esistenza si dà contezza nella conversazione tra Licola e Martina Franca delle 21.20Z). Siffatta telefonata dal COP a Licola avrebbe di certo dovuto essere annotata nel registro dell'ufficiale di servizio.

In realtà dall'esame del testo di questo registro emerge la netta impressione di una redazione delle "scarne" annotazioni seguenti alle ore 19.00 locali in un unico successivo contesto; significativa in particolare la correzione dell'orario dell'annotazione delle 21.30 locali concernente la comunicazione della scomparsa del DC9 da parte del COSMA, dato che appare inizialmente vergato con l'orario 21.00 poi corretto in 21.30: indizio rilevante di redazione successiva dell'appunto, giacchè alle ore 21.00 locali il COSMA non poteva certo sapere che il DC9 era già scomparso.

Va inoltre ricordato come nella più volte citata telefonata delle ore 20.23Z tra Guidi e Fiorito De Falco si dà come certa la comunicazione degli sviluppi della vicenda allo SMA tramite il COP, e che altresì il Giangrande la mattina dopo doveva comunque fare rapporto su quanto avvenuto nella notte al capo del 2° Ufficio Operazioni del 3° Reparto SMA, colonnello Arpino. (v. esame Arpino Mario, GI 22.07.91)

Altro percorso delle informative quello che parte dal Centro Operativo dello Stato Maggiore, il cosiddetto COSMA, ubicato a Montecavo nella sede dell'ex 2° ROC. Malgrado la sostanziale carenza di documentazione in precedenza evidenziata è certo che tale articolazione operò attivamente quella notte; dall'unico telex rinvenuto emerge infatti che fu il COSMA a dare per primo al COP la notizia della caduta del DC9. Tutto il personale in servizio all'epoca in sala operativa, identificato ed escusso, dichiara di non ricordare di essere stato in servizio ed anche se individuato dalla presenza del nominativo nella conversazione telefonica, ribadisce di non ricordare nulla dell'incidente.

Si è sopra osservato che il tenente colonnello Giangrande nella deposizione alla Commissione Stragi dell'11 aprile 91 dà atto di numerosi contatti intervenuti quella notte con la sala operativa del COSMA, anche se essi non risultano annotati, come si è visto, sul suo brogliaccio. Traccia però dell'attività del COSMA è presente nelle telefonate registrate dal sito di Martina Franca - su una bobina sequestrata solo nel novembre 95 nel corso di esecuzione di decreto con la costante presenza della PG presso il 3° ROC e mai consegnata prima all'AG - ; tra le altre telefonate quella delle 19.04Z tra Martina Franca e il COSMA in merito alla situazione di Decimomannu a quella delle 22.04Z tra Martina Franca e Montevenda, nella quale si dà atto di altra telefonata, non registrata, pervenuta a Martina Franca dal COSMA relativa anch'essa alla posizione di Decimomannu.

Di qui la dimostrazione che quel personale in servizio quella sera nella sala operativa del COSMA raccogliesse le notizie sul DC9 Itavia dai vari Enti della Difesa Aerea e le trasferisse allo Stato Maggiore, più esattamente al COP, ove peraltro risulta una minima traccia sul relativo registro, e non, come hanno dichiarato i vari testi escussi, che il COSMA si fosse interessato solo marginalmente alla vicenda.

Quarto tramite di collegamento con lo SMA era lo Stato Maggiore della 3ª Regione Aerea di stanza a Bari, immediatamente sovraordinata, dal punto di vista gerarchico, al 3° ROC SOC di Martina Franca.

Da un lato si deve ricordare che l'allora Comandante di Martina Franca generale Mangani - che nella notte rivela eccezionale attivismo e intensa partecipazione non solo alle operazioni di soccorso, ma anche alla ricerca del traffico militare e alle ipotesi di collisione ed esplosione - di sicuro allertò i suoi superiori della Regione Aerea e che costoro debbano essersi messi in contatto con lo SMA, come avvertì, "bypassando" la scala gerarchica, direttamente il generale Melillo. D'altro lato vanno ricordate le prime deposizioni al GI dell'allora Comandante della 3ª Regione Aerea generale Piccio (GI Venezia 25.11.88 e GI Roma 27.02.91 parzialmente modificate nella deposizione al GI di Roma del 12.10.91); in particolare nella prima deposizione il Piccio afferma di aver saputo lo stesso giorno dal Mangani della caduta dell'aereo, di aver accertato che nulla risultava in ordine all'aereo dalle postazioni di Marsala e Licola, e di avere egli stesso avvisato per telefono il comandante del 3° Reparto dello SMA, che peraltro sarebbe già stato a sua volta avvertito direttamente dal generale Mangani.

L'ufficiale di servizio alla Regione, capitano Arcangeli Ezio, ricorda che dopo aver appreso la notizia effettuò altre due chiamate al ROC di Martina Franca per avere informazioni più precise e di aver riferito immediatamente alla scala gerarchica della Regione che comprendeva il Capo dell'Ufficio operazioni, colonnello Salvi Vinicio, il capo di Stato Maggiore, colonnello Boemio Roberto e il vice comandante, generale Amaldi Franco. Sul registro che compilava l'ufficiale di servizio non risulta però - e questo appare singolare - alcun inoltro della notizia alla scala gerarchica. Risulta invece una lamentela da parte del maresciallo Marzulli dell'RCC, che riferisce di aver chiamato più volte nel corso della notte proprio il detto ufficiale di servizio, ma che nessuno ha mai risposto alle sue chiamate, circostanza questa che viene riportata anche sul registro dell'RCC. Il vice comandante generale Amaldi riferisce addirittura di aver appreso la notizia dai giornali; il Capo di Stato Maggiore colonnello Boemio di essere stato informato la mattina successiva dall'ufficiale di servizio, non rammentando di aver avuto un colloquio né di aver mai parlato di ipotesi. Di contro il generale Mangani ribadisce di aver notiziato i suoi superiori sia la sera che la mattina successiva, riferendo anche che si escludeva, in esito ad accertamenti, la collisione.

La versione di Mangani di certo appare più credibile, e perciò dovrebbero esser pervenute allo SMA le dovute informative.

Di questa Regione Aerea articolazione sottordinata il 3° ROC/SOC, come s'è detto, e di conseguenza la sala operativa del 3° SOC di Martina Franca, che era l'organo competente per il coordinamento e la raccolta di tutte le informazioni e dati radaristici dai siti della Difesa Aerea dipendenti. Da essa quindi quale organo del 3° ROC/SOC partiva perciò un'altra scala gerarchica in direzione, attraverso la 3ª RA, dello SMA.

Il capo controllore, capitano Patroni Griffi, ( è bene ripercorrere brevemente le vicende di questo SOC - dimostra sin dalla ricezione della prima notizia, dal Centro radar di Marsala alle 19.13Z, di non essere in grado di gestire il coordinamento tra i centri radar dipendenti. Infatti dopo aver presa per buona la risposta data dal sito di Marsala, di non aver visto e seguito la traccia del DC9, perché impegnato nell'esercitazione Synadex, circostanza assolutamente non corrispondente al vero, prende in considerazione gli avvistamenti effettuati dal centro radar di Licola, che si ricordi in quel periodo operava in fonetico manuale. Ma Patroni Griffi nel corso della serata e della notte non riuscirà mai a parlare con il capo controllore di Licola, il noto capitano Abbate, che pur richiesto personalmente non verrà mai all'apparecchio. L'interlocutore di Patroni Griffi sarà per tutta la notte il maresciallo Di Micco. Circostanza questa che induce a fondatamente presumere che Abbate non fosse presente in sala operativa. Si ricordi d'altronde che il suo nominativo fu nascosto dall'AM nella prima richiesta del novembre 86, cui si dette risposta fornendo il nominativo del tenente Piergallini, già deceduto nel 1985. Nell'agosto 88 il suo nome fu associato a quello del Piergallini come capo controllore di quella sera, e solo nell'aprile 89, dopo il rinvenimento dei nastri TBT di Martina Franca nel luglio 88, ove appariva il suo nominativo quale capo controllore di Licola presente in sala operativa quella sera, Abbate ammise, ad un ufficiale della 3ª Regione Aerea che lo interpellò telefonicamente, di essere stato in servizio. Patroni Griffi riceve da Licola i plottaggi delle tracce avvistate intorno alle 19.00Z e dopo averli esaminati considera la traccia AG266, avvistata alle 18.50Z su Ponza e persa alle 19.00Z sul punto Ambra 13 Bravo cosiddetto "condor", come quella del DC9 Itavia. Questa stima viene però abbandonata da Patroni Griffi alle 23.05Z, allorquando riferisce al maresciallo Acampora di Licola che dal plottaggio redatto la stessa presenta "un salto da canguro", indicativo di una velocità supersonica e gli comunica che sta valutando la traccia LK477 come quella appartenente al DC9, avvistata da Licola alle 18.55Z su Ponza e persa alle 19.00Z al largo dell'isola di Ustica. Da quel momento Patroni Griffi interpella il capo controllore del sito di Jacotenente, capitano Metta Sabino, e gli richiede di accertare presso il sito di Potenza Picena, sito originatore di tracce con il nominativo LK, il plottaggio della traccia LK477. Dopo quasi due ore di accertamenti gli viene comunicato che la traccia LK477 è inesistente e che al DC9 Itavia era stata assegnato il nominativo LE157. Alle tre di notte, cioè dopo che Patroni Griffi aveva ricevuto la conferma dell'inesistenza della traccia LK477 la situazione avrebbe dovuto essere sicuramente di nuovo vagliata e approfondita e non trascurata come invece fece quel capo controllore che si limitò ad imprecare "questo è il regalo del Nadge". Di tutto questo "travaglio" deve essere stato di sicuro riferito superiormente. La sera del 28 giugno il SOC trasmette al COP e al COSMA oltre ai plottaggi di Marsala e Ferrara anche quelli di Licola, in cui la traccia AG266 non viene menzionata, mentre l'altra la LK477 viene correlata, con il termine condizionale "potrebbe", come quella che identifica il DC9 Itavia. Appare già in funzione un meccanismo di inquinamento delle situazioni e dei dati. Non risulta alcuna traccia documentale presso il 3° ROC dell'invio del messaggio e della documentazione analizzata che ha prodotto il telex inviato la sera del 28 giugno 80.

Il generale Mangani Romolo, comandante del 3° ROC nel 1980, nell'ottobre 89 ha dichiarato, nel corso di esame testimoniale, di aver inviato allo Stato Maggiore la sera del 28 giugno il telex in disamina dopo aver elaborato i dati di Marsala, Licola e Ferrara. Fu proprio in quella circostanza che per la prima volta l'Ufficio viene in possesso della copia del telex fino a quella data mai esibito o menzionato in missive dall'AM. Il ruolo di Mangani la sera dell'incidente è stato di rilievo. Il generale quella sera ha numerosi contatti telefonici con il tenente Smelzo, ufficiale dell'RCC, ed è proprio lui a richiedere la posizione della portaerei Saratoga nonché nuovamente informazioni agli Enti americani in Italia, nonostante gli fosse stato riferito da Smelzo che gli accertamenti avevano sortito esito negativo. La sua richiesta è chiara, vuole conoscere se vi sia stato uno scontro con qualche "pollaccione". Con questa terminologia Mangani intende un pilota che può aver commesso errori in buona fede e cagionato una collisione e quindi presuppone che si sia verificato un evento di tal genere (v. esame Mangani Romolo, GI 26.07.91). Mangani ricorda di aver avuto contatti quella notte o la mattina successiva con il comandante o il vice della 3ª Regione Aerea di Bari, con il COP e di aver parlato la mattina successiva con il Capo di Stato Maggiore, generale Bartolucci; quest'ultimo nega di essere stato informato, mentre sul registro del COP non risulta alcuna annotazione riferita al generale Mangani.

Infine non può essere sottaciuto il ruolo del 2° Reparto SIOS che - secondo quanto affermato dall'allora colonnello Arpino nella già citata deposizione del 22.07.91, dal generale Tascio nell'interrogatorio al GI del 29.05.92 e dal generale Ferri alla Commissione Stragi il 27 ottobre 89 - aveva personale dislocato in tutti i siti dell'AM nonché una sua sala situazioni e un suo sottufficiale di servizio, presente h.24, che di sicuro non sono rimasti tutti e ovunque inoperosi. In particolare è emerso, com'è noto, che il SIOS invece si attivò sia per i contatti con l'ambasciata degli Stati Uniti sia nei rapporti con il S.I.S.MI gestiti direttamente dal suo capo reparto generale Tascio, che invece ha sempre negato il rapporto con l'ambasciata USA. Sull'attività del SIOS è stato ampiamente dimostrato che esso si interessò al disastro del DC9 ed alle relative vicende che ne seguirono. Un interesse tanto inquietante e nascosto per anni ad ogni richiesta, da imporre sulla base di molteplici evidenze emerse nel corso dell'istruttoria, nuovi e più incisivi accertamenti anche sulla vicenda del MiG libico, la cui caduta, risalente ufficialmente al 18 luglio 80, è risultata di certo essere avvenuta in periodo antecedente a quel giorno.

In tale prospettiva emerge significativamente la figura del generale Tascio - di cui meglio si dirà nella parte relativa alla sua posizione personale - non disgiunta da quelle altrettanto importanti degli altri imputati, vertice SMA e Melillo, che dovevano essere a conoscenza di tutti i fatti gestiti dal SIOS/A. Non deve dimenticarsi al riguardo che gran parte delle iniziative sulla vicenda del DC9 fu intrapresa congiuntamente dal SIOS/A e dal 3° Reparto, e congiuntamente eseguita da ufficiali dei due Reparti.

La mattina del 28 giugno il capo del 3° Reparto si recò nell'ufficio del capo di Stato Maggiore per informarlo sui fatti. A tal riguardo, Melillo ricorda così quella circostanza: "il Capo di Stato Maggiore mi disse vorrei saperne di più ... quindi d'iniziativa ... decisi di svolgere quella che ho sempre chiamato una verifica e non una indagine..." (v. interrogatorio Melillo Corrado, GI 28.05.92). Accertamenti che secondo quanto riferito da Melillo dovevano essere completati entro la data del 2 luglio.

Nasce quindi una serie di iniziative volte ad ottemperare la richiesta del capo della Forza Armata, cioè accertare in primo luogo le cause del disastro - che quindi non fu trattato come un ordinario incidente civile, anche per quanto già emerso in quella precedente notte -, di certo accertare eventuali responsabilità all'interno della Forza Armata, seguire le evoluzioni di ogni altra inchiesta, e conseguentemente, con ogni probabilità come si desume da quanto emerso nel corso di questa istruzione, cancellare qualsiasi traccia che consentisse di risalire a "colpe" e di provare attività diverse da quelle ufficiali, come quelle intraprese con gli Americani. Tutto questo muove, e non può essere altrimenti, dallo stesso SMA.

Accanto alle evidenze istruttorie emergenti dall'interno dell'Arma, che depongono per una immediata e completa informazione dei vertici e reparti dello SMA su tutte le circostanze inerenti l'evento del 27 giugno 80, è opportuno collocare ulteriori elementi acquisiti all'esterno della organizzazione della Forza Armata.

Altre evidenze infatti dimostrano che le Autorità americane, in particolare l'ambasciata di Roma, quella sera del 27 giugno 80 si allertarono per avviare, proprio per l'indomani stesso, la costituzione di un gruppo di lavoro o Working Group. Gli americani non nascondono la loro preoccupazione e temono che uno dei loro velivoli o appartenenti alla NATO possa essere rimasto coinvolto nel disastro.

Della costituzione e sulla attività di detto gruppo di lavoro, come è stato già scritto, si è venuti a conoscenza solo nell'estate del 91 in occasione della pubblicazione da parte di un giornalista corrispondente dagli Stati Uniti d'America - Claudio Gatti - del libro "Rimanga tra noi". Si è così ricostruito che quella sera è stato uno degli assistenti degli addetti militari a rispondere alle continue chiamate dell'ACC di Ciampino; cioè Richard Coe, assistente dell'Addetto per l'aeronautica, che conferma in sede testimoniale i fatti.

In seguito alle diverse richieste di esibizione e di sequestro formulate nei confronti delle Amministrazioni interessate, è emerso, come già si è scritto, un quadro su quei contatti e corrispondenze con l'ambasciata USA assolutamente sconcertante. Infatti, non si è potuta rintracciare presso i competenti uffici dello SMA ed in particolare presso il 2° Reparto, e presso le altre articolazioni istituzionali, come il Ministero della Difesa e quello degli Affari Esteri, alcuna traccia documentale che testimoni lo svolgimento delle attività indicate da fonte americana.

Notevoli invece sono anche situazioni che testimoniano l'attivismo dei reparti operazioni ed informazioni dello SMA. Situazioni che si pongono in diretto collegamento logico ed operativo con quelle segnalazioni di attività volativa nell'area dell'incidente, che pure le articolazioni della Difesa Aerea ed i reparti avevano ricevuto.

E soprattutto il 2°e il 3° Reparto saranno successivamente interessati a vari episodi sui quali i vertici della Forza Armata ritennero evidentemente di indagare con la massima rapidità non disgiunta da un assoluto riserbo - che si è risolto in assoluta segretezza ( che caratterizzerà ognuna delle missioni svolte, e da una decisa scelta di celare ovviamente anche le finalità delle stesse.

La missione svolta da Argiolas e Bomprezzi il 4.07.80 presso l'hangar dell'aeroporto di Boccadifalco è ufficialmente finalizzata alla visione dei reperti del DC9 Itavia, ma i reali motivi di essa sono di altra natura; vanno ricercati nell'interesse da parte dello SMA di accertare se tra quei reperti vi fossero anche parti afferenti aeromobili americani, tenuto conto delle insistenti voci di stampa che circolavano sull'ipotesi di collisione. Desta quindi perplessità ciò che emerge al riguardo nel corso degli interrogatori; infatti né Melillo né Tascio si assumono la paternità della missione, benchè il personale incaricato appartenesse al 2° e 3° Reparto. E' comunque da rilevare che l'ordine della missione era pervenuto dallo stesso Stato Maggiore nella persona dello stesso Sottocapo Generale Ferri. Diversi gli aspetti che denotano la assoluta segretezza della missione, tra cui si deve segnalare che nei confronti dei due ufficiali non risultano essere stati emessi i relativi certificati di viaggio. Il 9 luglio 80 Argiolas redasse una relazione sugli esiti della missione, che venne controfirmata il giorno successivo da Melillo. Il documento, posto all'attenzione del Sottocapo di Stato Maggiore, fu accompagnato da una nota manoscritta che ne suggeriva l'invio, previa modifica, al S.I.S.MI ed al Gabinetto del Ministro. Su tale relazione, rinvenuta tra gli atti dello SMA solo nel 93, già s'è scritto nelle parti relative al 2° e 3° Reparto. I due ufficiali in prima battuta nulla ricordavano, anzi Bomprezzi collegava questa missione a quella del 12 agosto successivo, espletata con il colonnello Sidoti. In seguito entrambi gli ufficiali hanno confermato il sopralluogo a Boccadifalco, specificando che ad attenderli a Palermo avevano trovato il comandante del 31° Sottonucleo del SIOS di Catania, capitano Andrea Pace, che escusso asseriva di aver accompagnato i due ufficiali dello SMA in quell'aeroporto, ma addirittura per visionare i reperti del DC9 ammarato davanti a Punta Raisi nel 78.

Delle reali finalità della missione si è venuti a conoscenza solo dopo aver sequestrato, nel settembre 95 nell'abitazione di Argiolas a Livorno il noto foglio su cui aveva annotato appunti in vista del suo esame testimoniale; e dopo aver acquisito la sua agenda il 7 dicembre 95, agenda che custodiva nella sua casa di Cagliari, e da cui emerse il vero scopo della missione e cioè quello di verificare l'attendibilità di notizie di possibile collisione con il velivolo americano - trovato segg. eie di F104 Bomprezzi". Questi veri motivi della missione dimostrano che ancora a distanza di giorni dalla caduta del DC9, nello SMA persistevano le ipotesi di presenza di altri aerei in quel cielo e nell'intorno temporale del disastro, che avessero cioè interferito con il volo dell'aeromobile civile. Argiolas alla fine ammette che era stato loro detto, in occasione di quella missione, della possibilità che fosse stato rinvenuto un seggiolino da velivolo da caccia, e che, nel corso di essa, fotografarono dei salvagenti di origine statunitense. Non può perciò affermarsi che lo SMA non seguisse l'evoluzione della questione e quindi nulla sapesse delle novità e delle ipotesi ancora in piedi.

Il 12 agosto successivo il colonnello Sidoti ed il tenente colonnello Bomprezzi, si recarono, su disposizione del Sottocapo di SM, presso l'aeroporto di Boccadifalco per esaminare un presunto casco di volo rinvenuto in località Isola delle Femmine. Al termine della missione il colonnello Bomprezzi curò la redazione di un appunto per il Sottocapo di S.M. al fine di informarlo del relativo esito. L'oggetto - secondo quanto riportato nell'appunto datato 19.08.80 - era risultato un casco protettivo ed antirumore di produzione americana, in dotazione al personale USA operante a bordo di unità da combattimento che imbarcano mezzi aerei. A tal proposito Bomprezzi, nel corso dell'interrogatorio, ha ricordato l'episodio, confermando di aver avuto espresso incarico dal Sottocapo di SM, generale Ferri, il quale gli disse testualmente: "sembra che ci sia il nome", aggiungendo probabilmente che quel nome era "Drake" (v. interrogatorio Bomprezzi Bruno, GI 22.06.92).

In quel periodo lo Stato Maggiore quindi è molto attento alle segnalazioni di rinvenimenti di materiale di provenienza americana, rilevati nella zona e in prossimità del luogo di precipitazione dell'aeromobile. Tant'è vero che il generale Ferri, che aveva ricevuto la segnalazione dalla 3ª Regione Aerea, affida il 12 agosto 80 la verifica non al comando periferico dell'AM competente, ma addirittura ai due massimi responsabili a livello di Stato Maggiore, Sidoti e Bomprezzi, competenti per incidenti di volo e conoscitori di materiale aeronautico. Questa vicenda non è stata mai connessa dall'AM con l'incidente del DC9. E' altresì singolare la circostanza che Bomprezzi nella relazione che predispone il 19 agosto per il Sottocapo indichi in oggetto "rinvenimento materiale d'interesse" e poi nel corpo della relazione descrive il reperto in modo alquanto semplicistico. Inspiegate restano le ragioni per le quali tale reperto sia finito tra quelli del MiG23 libico, quando nella relazione in disamina Bomprezzi asseriva che il casco antirumore era stato riconsegnato alla Capitaneria di Porto di Palermo.

Ma agli atti del procedimento stanno le dichiarazioni del tenente colonnello Lippolis, responsabile al tempo del RCC del 3° ROC di Martina Franca, - dinanzi a questo GI ed alle varie Commissioni d'inchiesta - teste che non s'è mai mostrato inattendibile, di aver visionato intorno al mese di luglio dell'80, presso l'hangar dell'aeroporto di Palermo/Boccadifalco, un casco da pilota conservato insieme ai rottami e relitti attribuiti all'incidente del DC9 Itavia. Casco che, secondo quanto ricordato dal teste, era di colore bianco, in fibra, con una parte interna spugnosa, una visiera ed un cordone per l'auricolare, e all'esterno riportava la scritta "John Drake".

Al riguardo le autorità americane, interpellate a mezzo rogatoria, hanno riferito costantemente in maniera evasiva o comunque tesa a ridimensionare quanto accertato dallo stesso Lippolis - il quale ha dichiarato che di sua iniziativa, dopo il suo rientro dalla missione a Palermo, aveva contattato telefonicamente l'Air-South di Bagnoli, ottenendo la conferma dell'esistenza di un pilota di nome John Drake che, decollato da un mezzo navale, aveva dovuto abbandonare il velivolo e lanciarsi in mare. Un incidente che le autorità NATO collocavano probabilmente in un periodo "di qualche tempo" precedente all'incidente di Ustica. Senza perciò precisare né luogo né giorno, non ausiliando così la ricerca della verità e prestando, con tutta probabilità inconsapevolmente, sostegno a chi in ogni modo la avversa.

Riguardo agli episodi sopra accennati occorre a questo punto precisare alcuni aspetti di rilievo. In primo luogo, è innegabile il forte interesse dimostrato dallo SMA, i cui vertici - il Capo di Stato Maggiore e, più direttamente, il Sottocapo - sono certamente a perfetta conoscenza di circostanze che agli atti dell'inchiesta sono pervenute in via incidentale e, nel caso sopra richiamato, solo attraverso le dichiarazioni del tenente colonnello Lippolis. Vale a tal riguardo sottolineare quanto dichiarato da Bomprezzi, che ha in effetti ricordato il riferimento citato dal Sottocapo di Stato Maggiore sul nome apposto sul casco, prima che lo stesso ufficiale del 2° Reparto avesse intrapreso la missione del 12 agosto a Boccadifalco (v. interrogatorio Bomprezzi Bruno, GI 22.06.92).

In secondo luogo, occorre rilevare che su questo casco, tra l'altro mai più rintracciato ed individuato dal solo Lippolis, l'AM non si è mai espressa ufficialmente. Ma, contrariamente a quanto indicato nell'appunto informativo del 19 agosto, Bomprezzi, nel prosieguo dell'interrogatorio, associerà questa missione ed il casco antirumore al nome di quel pilota, dando la netta sensazione che egli possiede una cognizione tutt'altro che marginale in ordine al casco di volo cui fa riferimento il Lippolis.

La singolarità delle dichiarazioni rese da Bomprezzi appare ancor più evidente se si considera il fatto che l'ufficiale, dopo aver preso atto nel corso dell'interrogatorio delle dichiarazioni di Lippolis in merito al casco con la scritta John Drake, persiste nell'associare il casco da lui visionato il 12 agosto a Boccadifalco al nominativo citato ricordando di aver effettuato solo due viaggi di cui uno connesso alla visione del casco.

A dir poco singolari sono inoltre le modalità di esecuzione del decreto emesso il 5 luglio 80 dalla Procura della Repubblica di Palermo. Lo Stato Maggiore ed in particolare Ferri e Melillo hanno sempre affermato di non esser venuti a conoscenza del provvedimento nell'immediatezza, ma solo dopo che era stato emesso il decreto di sequestro del 16 luglio a firma del PM di Roma, notificato all'ITAV il 21 luglio.

L'AM ha inoltre affermato che il nulla osta per l'asserito "segreto militare", segnalato dal Comando Gruppo Carabinieri di Palermo al PM Guarino il 12 luglio 80, che aveva sospeso l'esecuzione del provvedimento, scaturiva da una disposizione impartita dalla 3ª Regione Aerea di Bari, a cui il decreto era stato inoltrato via telex il 7 luglio 80 dai Carabinieri di Palermo. Tutto questo non emerge dalla documentazione sequestrata né dalle dichiarazioni dei testimoni. Si riscontra invece il contrario. Lo Stato Maggiore aveva ricevuto il telex con la trascrizione del decreto dalla 3ª Regione Aerea l'11 luglio 80; aveva coordinato e conosceva della concentrazione del materiale a Trapani Birgi - v. annotazione brogliaccio Fiorito del 15 luglio che parla con il colonnello Brindisi del 3° Reparto -; aveva ricevuto ed esaminato i plottaggi della Difesa Aerea e solo in seguito aveva disposto lo sblocco e la consegna del materiale custodito a Trapani in quanto senza dati classificati - v. annotazione brogliaccio Fiorito del 17 luglio in merito alle disposizioni impartite dall'Ispettore generale Fazzino dopo un colloquio avuto con il generale Ferri -; la documentazione non doveva essere consegnata se non perveniva il parere favorevole del Gabinetto della Difesa che era stato interessato dallo Stato Maggiore - v. annotazione brogliaccio Fiorito del 19 luglio colloquio con il colonnello Brindisi. Un ulteriore caso di attivazione è costituito da un'iniziativa dello Stato Maggiore prima ancora della notificazione, via telex, del decreto di Palermo; iniziativa per una raccolta a largo raggio comprensiva anche dei siti operanti nell'ambito del 1° ROC di tutta la documentazione attinente la sera del disastro. Infatti i siti di Poggio Ballone, Potenza Picena e Capo Mele, già la mattina del 10 luglio avevano predisposto ed inviato i dati al 1° ROC, ancor prima che il telex venisse diramato dalla 3ª Regione Aerea di Bari, ore 13.35 locali del 10 luglio, ai vari comandi dell'AM competenti. Altresì in una nota autografa dell'11 luglio il comandante della 1ª Regione Aerea di Milano, generale Mura, dà disposizione al colonnello Olivetti, capo Ufficio Operazioni della 1ª Regione, sul telex pervenuto dalla 3ª Regione, di raccogliere tutta la documentazione ed inviarla a Trapani. L'appunto autografo recita testualmente: "Colonnello Olivetti, quando tutto pronto, il ROC lavora da ieri (10 luglio) mandare tutto a Trapani". Peraltro risultano spedite dal 1° ROC solo riduzioni dati di Poggio Ballone e Potenza Picena all'ITAV l'11 luglio 80, ove non sono mai pervenute. A Trapani nulla è risultato. Tante e tali evenienze non appaiono assolutamente casuali; a tal punto non lo sembrano da dar corpo ad un iniziale convincimento dell'esistenza di un preciso progetto di indirizzo delle indagini, basate tra l'altro su tempestivi sviamenti e distruzioni di prove.

Ci si deve chiedere conseguentemente come mai dopo una iniziale attivazione non sia stata data esecuzione in via integrale al decreto di sequestro Guarino, che riguardava 10 dei 12 Centri Radar operanti nel territorio nazionale e comunque operanti anche dopo l'emanazione del pur più limitato decreto del PM di Roma, che riguardava invece i Centri Radar di Licola e Marsala. Lo Stato Maggiore il 26 agosto 80 riferisce al Gabinetto della Difesa, sul parere del nulla osta alla consegna della documentazione sollecitato dal PM Guarino il 4 agosto, che il materiale era stato già consegnato al PM di Roma il 22 luglio. La stessa risposta verrà fornita dall'ITAV il 9 settembre successivo ai Carabinieri di Palermo che nel frattempo - il 28 agosto - avevano ricevuto da Guarino esplicita richiesta di procedere all'esecuzione; CC. di Palermo che restituiscono ineseguito il decreto del 5 luglio alla Procura di Palermo.

Subito dopo l'incidente l'ITAV partecipa attraverso il suo esperto di traffico aereo, maggiore Mosti - che all'epoca prestava servizio nell'Ufficio inchieste dell'Ispettorato - all'intensa attività svolta nelle prime settimane dopo il sinistro dalla Commissione Luzzatti, costituita dal Ministero dei Trasporti. Sin dal giorno successivo all'evento emergeva tra gli esperti radaristici dell'Aeronautica la consapevolezza dai dati radar di Ciampino, della presenza di plots interpretabili come tracce di un secondo aereo, interferente con il DC9. E così si presunse immediatamente, sulla base di questo elemento di fatto, che l'aereo potesse essere stato abbattuto da un missile.

Per altro verso, sulla base di documentazione rinvenuta agli atti della Commissione Luzzatti, emerge chiaramente il livello di diffusione delle suddette ipotesi, che si formulavano all'interno della Commissione stessa (con l'apporto dell'esperto radaristico, il maggiore Mosti) sino al punto da interessare lo stesso RAI ed il suo responsabile generale Rana, che non a caso, già entro la prima decade di luglio 80 è in grado di riferire al Ministro dei Trasporti Formica che quale come possibile causa di caduta del DC9 è ventilata quella del missile. Anche di queste circostanze ed ipotesi appare impossibile che nulla fosse a conoscenza dello SMA e di altri che avrebbero dovuto conoscerle.

Ed infatti si è accertato che già il 3 luglio gli esperti dell'Aeronautica avevano individuato anomalie nei tracciati radar e ne avevano informalmente dato notizia ai membri della Commissione Luzzatti, i quali a loro volta ne avevano informato Rana. (v. appunto manoscritto del 3 luglio 80 recante orario 13.17, rinvenuto agli atti della Commissione Luzzatti).

Il maggiore Mosti ha dichiarato di aver ricevuto uno o due giorni dopo l'inizio dei lavori della Commissione, cioè dal 28 giugno, il tracciato del volo DC9 Itavia. Ha precisato che si trattava di un disegno su un foglio di carta grande e consisteva in una successione di punti, che rappresentavano le varie posizioni nel tempo dell'aeromobile. Il tracciato gli fu consegnato dal tenente colonnello Giorgio Russo capo Ufficio Operazioni della RIV. Di questo tracciato fu portato subito a conoscenza il Presidente Luzzatti, che venne a visionarlo a Ciampino nel corso di un'illustrazione compiuta proprio dal citato Russo. Luzzatti ricorda di essere entrato in possesso dei tracciati nei giorni immediatamente successivi all'inizio dei lavori della Commissione. Il maggiore Mosti afferma di non ricordare quali commenti facesse il Russo e che comunque la sua ipotesi era quella del cedimento strutturale, che però tramonterà a seguito delle analisi giunte dagli Stati Uniti. Afferma anche di avere appreso delle valutazioni espresse dai tecnici statunitensi Pontecorvo e Lund, ma asserisce di non aver informato lo Stato Maggiore, pur essendo egli rappresentante dell'Aeronautica Militare nella Commissione. Tale Mosti però in più punti non appare credibile.

In effetti non appaiono accettabili le sue dichiarazioni, rese nell'intento più che probabile di non danneggiare il colonnello Russo, lì ove afferma di non ricordare i commenti di costui, allorchè questi ebbe a portare alla Luzzatti il tracciato in questione a soli uno o due giorni dall'inizio dei lavori. Il Sottocapo, generale Ferri, esclude di aver visionato il plottaggio o che qualcuno possa avergliene parlato; e con il Capo del 3° Reparto, generale Melillo, trova addirittura imbarazzante commentare tale circostanza, perché "è ben noto che nei primi giorni successivi all'incidente le registrazioni radar non erano ancora sotto sequestro e, pertanto, gli esperti dell'Aeronautica non furono in grado di visionarle". I cosiddetti esperti sono il personale del 5° Ufficio del 3° Reparto dello Stato Maggiore ove il plottaggio giunse e fu custodito. Questo documento non è stato mai rinvenuto né consegnato dallo Stato Maggiore, neanche dietro specifica richiesta di quest'Ufficio.

Appare evidente che alla fine della cosiddetta verifica, disposta dal Capo di Stato Maggiore la mattina del 28 giugno e conclusasi il 2 luglio 80, i dati ufficiali del traffico aereo e della difesa aerea erano inattendibili. Ciò è dimostrato dal plotting sempre "ufficiale" redatto dal Russo ma palesemente monco, ragion per cui non v'era alcuna certezza che nelle vicinanze del DC9 Itavia, non vi fossero altri velivoli; dai dati trasmessi via telex dal 3° ROC/SOC di Martina Franca la notte del 28 giugno, ove i dati del sito di Licola e Marsala, inerenti la traccia del DC9 Itavia, venivano indicati con il termine condizionale "potrebbe"; addirittura veniva riportata una traccia inesistente, LK477, come quella del DC9 Itavia; veniva omessa la comunicazione della traccia AG266 che era stata individuata e segnalata dal Centro Radar di Licola, sia al SOC che al Centro Radar di Marsala, come quella appartenente al DC9 Itavia. Carenze tutte che non potevano sfuggire agli occhi attenti degli esperti dello SMA, i quali pertanto avranno richiesto ed avuto le versioni reali e non quelle "ufficiali".

Sulla vicenda dei messaggi originati da Cincusnaveur - perché di due messaggi si tratta e non di uno, quello relativo alla contestazione nel mandato di comparizione delle ore 16.27Z e l'altro delle ore 14.14Z - la tesi sostenuta dai responsabili dello Stato Maggiore di quel periodo non può essere accettata. Viene infatti da quella sede affermato che la documentazione in disamina era pervenuta allo Stato Maggiore il 3 luglio, data d'origine dei messaggi, o al massimo qualche giorno dopo, mentre emerge, anche da riscontri documentali (brogliaccio Melillo), che era pervenuta tra il 18 e il 20 dicembre 80. Contraddittorie sono anche le modalità di ricezione; il responsabile del 3° Reparto afferma che erano pervenuti attraverso il 2° Reparto; che invece esclude, attraverso il suo Capo Reparto, di aver compiuto ogni tipo d'attività in merito a quei documenti con gli addetti americani presso l'ambasciata di Roma. A sua volta il Capo di Stato Maggiore afferma che essi giunsero direttamente presso gli uffici di viale dell'Università tramite lo Stato Maggiore della Difesa. Non è di conforto a questa tesi che alcuna traccia documentale si rinvenga della ricezione di questi messaggi, sia presso il Ministero della Difesa che presso lo Stato Maggiore; tant'è che il 9 gennaio 92 quest'ultimo affermerà che l'originale del messaggio delle 16.27Z non esiste poiché lo SMA non appare tra gli Enti destinatari. Le singolarità di detto telex, posto tra l'altro alla base del capo di imputazione per il generale Melillo, vengono ravvisate nella omissione degli enti destinatari del messaggio nella copia conforme, nel riferimento a precedente corrispondenza in merito e nella "famosa" data manoscritta "3/12/80". Deve essere immediatamente puntualizzato che quest'ultima si rinviene soltanto nella minuta della copia conforme allegata alla nota del 20.12.80 agli atti del 2° Reparto e non anche nelle copie inviate allo Stato Maggiore Difesa e a quest'Ufficio; Melillo riferirà che tale data era stata sicuramente ed erroneamente inserita da un imprecisato collaboratore del suo Reparto. Per quanto concerne invece le ulteriori "depurazioni", può risultare di interesse quella relativa a precedente corrispondenza. Infatti se si tiene conto che il telex della 6ª Flotta è stato trasmesso alle ore 14.14Z dello stesso 3 luglio, questo poteva apparire tra i riferimenti del successivo telex - quello "incriminato" delle 16.27 - e che per non far emergere una intensa attività informativa tra vari Enti USA in Europa, sia stato volutamente omesso detto riferimento. Una descrizione analitica e dettagliata dell'intera vicenda è riportata sia nel capitolo del 3° Reparto che nella scheda del generale Melillo.

Infine lo SMA di nuovo, ed ovviamente tramite il SIOS, si attiva particolarmente alla fine di luglio 80 contestualmente ad improvviso ed analogo interesse manifestato per la vicenda del DC9 dal S.I.S.MI. Infatti il 28 luglio dell'80 il generale Tascio, responsabile del SIOS, riporta nella sua agenda quella annotazione più volte commentata: "Notarnicola 28 11.00, un suo uff.le qui - sparsa la voce ad alti livelli - DC9 Ponza, tracce registrate - Un uff.le si è mosso subito e testimonierà - 10.30 - 11.00 il velivolo volava sulla spiaggia - la posizione era tale da dover richiedere manovre".

Il generale Tascio, pur in un contesto di generale opacità della memoria in ordine al significato di detto appunto, puntualizza che la annotazione "voce ad alti livelli" si riferiva ad una voce che circolava a livello Ministero ovvero Ministro della Difesa, e deve anche ammettere, dinanzi alla contestazione del rinvenimento presso il SIOS d'una copia di un appunto del S.I.S.MI sul MiG libico del 28 luglio 80 recante la sua annotazione manoscritta "da tenente colonnello Alloro 1ª Divisione (consegnata in data 29 luglio 1980)", che effettivamente aveva ricevuto un ufficiale del S.I.S.MI inviato da Notarnicola per consegnargli il cennato appunto. (v. interrogatorio Tascio Zeno, GI 18.03.97).

Lo stesso 29 luglio 1980 la 1ª Divisione S.I.S.MI redige un appunto per il Direttore del Servizio a firma apparente del colonnello Notarnicola, nel quale vengono menzionate le ipotesi di collisione, apparse sulla stampa, come possibili cause di caduta del DC9 e tra l'altro si dà atto che il Capo Reparto del SIOS direttamente interessato, aveva acconsentito a ricercare presso il 3° ROC di Martina Franca copie di registrazioni radar dalle quali potessero evidenziarsi indizi di collisione.

Perciò, a prescindere da quanto più dettagliatamente si dirà nella parte relativa alle posizioni degli imputati Tascio, Notarnicola, Alloro ed altri ufficiali del S.I.S.MI, non può non sottolinearsi in questa sede che, come s'è detto in precedenti capitoli, alla fine di luglio 80 sia il S.I.S.MI che il SIOS prestano particolare attenzione alla zona di Ponza che è quella in cui il DC9 transita a brevissima distanza di tempo prima della caduta e sulla quale, come si è osservato in precedenza, alcuni controllori di volo di Ciampino avevano individuato presenza di traffico militare proprio in orario antecedente la caduta dell'aereo, stabilendo altresì un possibile collegamento tra la caduta del DC9 e quella del MiG libico (il riferimento dell'aereo che volava sulla spiaggia tratto dall'appunto S.I.S.MI del 28 luglio 80 sopra indicato, relativo al MiG libico).

Però quel che più è singolare è che detto comune interessamento non nasce a fine luglio 80, ma trova una sua origine già nella riunione presso il Capo di Stato Maggiore della Difesa il 21 luglio 80 (il cui contenuto è annotato nell'agenda del generale Melillo), nel corso della quale il Direttore del S.I.S.MI Santovito, presente il generale Tascio, fa un chiaro accostamento tra il DC9 e il MiG libico; nonché nell'appunto acquisito presso lo Stato Maggiore del S.I.S.MI, annotato alle ore 19.00 del 23 luglio 80 dal colonnello D'Eliseo, Capo dell'Ufficio del Direttore del S.I.S.MI in cui si legge testualmente: "sì per SIOS per progetto Notarnicola-Tascio"; ed ancor prima nel contatto SIOS-S.I.S.MI che si crea subito dopo il rinvenimento del MiG libico.

Si può in definitiva affermare che lo SMA nel suo vertice e nei due suoi Reparti immediatamente operativi sugli eventi in oggetto del presente processo, fosse pienamente a conoscenza dei fatti, delle circostanze anche minime ad essi relative e fosse via via aggiornato in tempo quasi reale dell'evoluzione delle conoscenze su di essi.

Il 18 settembre 80 nella zona di mare del basso Tirreno nei pressi di Acquedolci (ME) viene ritrovato il relitto di un aereo bersaglio, evento cui la stampa dà ampio risalto associando il relitto all'incidente del DC9 Itavia. Lo Stato Maggiore, il 20 settembre - sabato -, come per il reperto del 12 agosto, attraverso il 2° Reparto dispone una immediata ispezione dell'oggetto ritrovato e l'invio di personale del citato Reparto. Ma quello stesso giorno la Procura di Palermo, alle ore 12.00, notificava il sequestro di quel reperto a mezzo telex al Comando Carabinieri di Acquedolci, dove il reperto era custodito, e ne disponeva l'immediato trasporto all'Aeroporto di Boccadifalco, ove già si trovavano gli altri reperti del DC9 Itavia. Lo Stato Maggiore, venuto a conoscenza di questa iniziativa dell'AG e non avendo più il tempo materiale per la visione dell'oggetto recuperato a mezzo di personale da Roma, disponeva che personale competente del 41° Stormo e del 31° Sottonucleo SIOS di Catania Sigonella, si portasse con urgenza presso quel Comando Arma per la verifica del reperto. Tant'è vero che fu inviato sul posto, sempre in considerazione dell'urgenza e della delicatezza della situazione, il tenente colonnello Vignola, esperto di reperti aeronautici, che proprio quel giorno avrebbe dovuto partecipare ad una cerimonia di nozze. Il sottufficiale del SIOS e l'ufficiale anzidetto partirono da Catania alle ore 14.00 e giunsero sul posto intorno alle 16.00 dove esaminarono il relitto ed effettuarono foto di esso. Della visione del reperto e delle successive ricerche su di esso lo Stato Maggiore non riferirà all'AG fino alla data del 23 dicembre 80.

Nell'ottobre 80 ha inizio una serie di rapporti tra lo SMA e la Procura di Roma divenuta esclusiva titolare dell'inchiesta. Il magistrato sollecitato dai periti di ufficio ad acquisire i nastri di registrazione di Marsala, non consegnati il 22 luglio da Fiorito De Falco, perché a detta, all'epoca, non potevano essere "estrapolati" dal calcolatore, il 2 ottobre notifica telefonicamente allo Stato Maggiore che avrebbe raggiunto personalmente Marsala per prelevare i nastri di registrazione. Lo Stato Maggiore attraverso il Capo del 4° Ufficio del 3° Reparto, colonnello Sidoti Francesco, impartisce disposizioni al Centro Radar di Marsala, ordinando che i nastri devono essere consegnati al magistrato a condizione, da inserire nel documento di consegna, di osservanza delle norme disciplinatrici del segreto militare. Lo stesso giorno hanno però luogo più contatti telefonici tra l'ITAV e il 3° ROC e tra lo Stato Maggiore e l'ITAV, contatti in cui emerge una chiara preoccupazione per il sopralluogo del magistrato al Centro Radar di Marsala. Questi colloqui telefonici vengono riportati nel brogliaccio di Fiorito; da queste annotazioni emerge che costui dapprima parla con il Vice Comandante del 3° ROC, colonnello Pacini Fulvio, indicandogli di non frapporre ostacoli alla visita del magistrato, e successivamente un colloquio tra detto Fiorito e il colonnello Sidoti, nel quale il primo afferma di aver usato quella formula ambigua, nel verbale di sequestro del 22 luglio 80, cioè che i nastri non si potevano "togliere dall'elaboratore", per dar tempo allo Stato Maggiore di "pensarci". Appare evidente la preoccupazione dello Stato Maggiore che il magistrato potesse rilevare la falsità riportata nel verbale di sequestro anzidetto. Per ovviare alla situazione viene posta in essere una messinscena, che solo a seguito di una attenta lettura degli atti, di dichiarazioni dei periti d'ufficio dell'80, Cantoro, La Franca e Magazzù, nonché di dichiarazioni testimoniali, nel 97 è stata scoperta, accertando che i nastri di registrazione erano stati consegnati nella zona logistica "Stagnone" del Centro Radar di Marsala e non nella zona operativa "Timpone", distante circa 13km, come invece riportato nel verbale di consegna del 3 ottobre 80, in modo che sia il magistrato che i periti d'ufficio non potessero accedere, e prenderne visione, delle apparecchiature e quindi non accorgersi che i nastri potessero essere "estrapolati" in qualsiasi momento e senza alcun impedimento o difficoltà.

Il successivo 15 ottobre altro contatto tra SMA e magistrato inquirente. Questo Ufficio richiede allo Stato Maggiore di decifrare i nastri sequestrati presso il Centro Tecnico Addestrativo di Borgo Piave. Lo Stato Maggiore, il 17 ottobre, concede la massima disponibilità al magistrato precisando che egli dovrà tener conto delle norme che disciplinano il segreto militare, senza specificare altro. Di contro invece impartisce disposizioni chiare ed inequivocabili al Centro di Borgo Piave, e cioè che le informazioni sui dati radar potessero essere fornite solo, se esplicitamente richieste, al magistrato e in separata sede, cioè non in presenza degli altri membri della Commissione d'inchiesta. Così accade che l'11 novembre 80 vengano consegnati al magistrato dal personale di Borgo Piave i tabulati di THR estrapolati dai nastri di registrazione tagliati nelle parti relative alle coordinate "x e y", di talchè nessun perito radaristico sarebbe stato in grado di interpretare i dati riportati su quei tabulati. Alla fine di quella riunione peritale il magistrato richiedeva ulteriori tabulati e grafici che il Centro di Borgo Piave trasmetteva il successivo 17 novembre. Anche questi tabulati erano privi dei dati di cui sopra e nella lettera di trasmissione emerge la stranissima nota con la quale il comandante del Centro generale Gullotta, ricorda al PM che i due nastri di registrazione usati per la decifrazione erano stati riconsegnati alla fine della riunione dell'11 novembre. Appare invero chiaro che il Centro di Borgo Piave per estrarre i tabulati THR consegnati il 17 novembre dovesse avere i nastri di registrazione o la copia degli stessi; di conseguenza non si comprende perché il Gullotta, pur rammentando al magistrato la riconsegna degli originali l'11 novembre, non restituisca anche le copie dalle quali erano stati estratti i tabulati del 17 novembre. A tal proposito deve supporsi che le copie dei nastri originali non furono effettuate nella riunione peritale dell'11 novembre - in effetti non v'è traccia nel relativo verbale di tale operazione - ma che fossero state realizzate in precedenza, cioè ancor prima che il magistrato li prelevasse a Marsala il 3 ottobre, e che la riunione peritale dell'11 novembre fosse servita per legalizzarne l'esistenza. Infatti quando il capitano Di Natale Salvatore, l'ufficiale di Borgo Piave che curò la riduzione dei dati dai nastri di registrazione, dirà in Commissione Stragi nel 1989 di aver chiesto al magistrato di effettuare una copia del nastro, preciserà anche che la copia non riguardava l'intera durata del nastro ma soltanto un periodo di esso. Ebbene in base ai dati copiati non sarebbe stato possibile realizzare i tabulati successivamente consegnati il 17 novembre.

Il 16 dicembre 80 lo Stato Maggiore comunica al PM la disponibilità di velivolo G222 per il trasporto dei reperti da Boccadifalco a Ciampino e di qui ai laboratori dell'Aeronautica ubicati in Roma. Nel frattempo il 26.11.80, il PM di Palermo aveva disposto che il perito d'ufficio, prof. Giulio Cantoro dovesse assistere alle operazioni di carico dei reperti con la relativa elencazione, notificando questo provvedimento al comandante dell'aeroporto di Boccadifalco. Invece il perito non venne avvisato da alcuno e il 23 dicembre 80 il comandante di Boccadifalco, tenente colonnello Furci Rocco, consegna al comandante del velivolo G222 i reperti, redigendo un verbale con elencazione generica dei reperti, trasmesso l'indomani al sostituto di Palermo. Il 30 dicembre i reperti vengono consegnati ai laboratori e viene redatto, dal comando aeroporto di Ciampino, un nuovo elenco molto più dettagliato e quindi differente da quello stilato a Boccadifalco il 23 dicembre. Dei reperti avrebbe dovuto far parte anche il noto relitto di Acquedolci, custodito a Boccadifalco dal 22 settembre 80; ma esso invece per una singolare circostanza non venne caricato assieme agli altri reperti e fu ritrovato, casualmente, a Boccadifalco, solo otto anni dopo, cioè nel novembre 88, a seguito di specifiche richieste di quest'Ufficio. Di conseguenza ci si domanda se tutti i reperti presenti nell'hangar di Boccadifalco furono effettivamente trasportati a Roma, dal momento che, non esistendo alcun elenco redatto dai periti d'ufficio, è possibile che altri reperti, al pari di quello di Acquedolci, non furono caricati nel velivolo G222 la sera del 23 dicembre 80. Questa preoccupazione viene avvalorata anche dal perito d'ufficio prof. Cantoro, nelle dichiarazioni rilasciate il 20 gennaio 97.

Lo Stato Maggiore dell'AM, rispettivamente il 20 e 23 dicembre 80, trasmette allo Stato Maggiore Difesa e al PM una missiva dal medesimo analogo contenuto, ove vengono precisate alcune vicende che la stampa e i media in genere avevano posto in evidenza criticando l'operato dell'AM. Le vicende come descritte nella missiva non solo non apportano chiarezza ma sono addirittura fuorvianti, tant'è vero che daranno luogo a più questioni nel corso dell'istruttoria e per una di esse, la sostituzione del nastro di registrazione quella sera del 27 giugno 80 nel sito di Marsala, la verità emergerà soltanto nel settembre del 1986 nel noto intervento del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, on.le Amato, alla Camera dei Deputati.

Al riguardo dell'evento di Castelsilano devono essere ricordate non solo le risultanze che hanno indotto a ritenere la caduta del MiG libico in data anteriore al 18.07.80, ma anche quelle che hanno dimostrato come lo SMA avesse effettuato sin nell'immediatezza dei fatti collegamenti tra la caduta del MiG e quella del DC9.

In primo luogo occorre ricordare che sin dai primi giorni successivi al rinvenimento del MiG fu sollevato il problema di come detto aereo avesse potuto "bucare" i radar della difesa aerea italiana, proprio in un giorno, il 18.07.80 in cui era in corso la nota Natinad. Sul punto il SIOS, prima con appunto del 05.09.80 e poi con nota del 19.09.80, aveva formulato risposte interlocutorie nel senso che non poteva escludersi che una traccia rilevata dal 32° CRAM di Otranto alle ore 09.12Z del 18.07.80 a 53NM da Crotone potesse attribuirsi al MiG, anche se essa era stata qualificata dall'operatore come friendly, cioè amica, e non zombie, come sarebbe stato logico trattandosi di velivolo non alleato, cioè non NATO, anzi addirittura di un Paese "d'interesse" o potenzialmente ostile. Ma un primo dato emergente dall'istruttoria che incrina fortemente la verità ufficiale accreditata sulla vicenda del MiG è costituito dalle conclusioni della perizia tecnica. Infatti i periti Casarosa, Dalle Mese e Held dimostrano che le conclusioni della Commissione mista italo-libica basate sulla versione ufficiale fornita dai libici non sono assolutamente sostenibili; conclusione ribadita nel supplemento di perizia depositato dai periti in risposta ai rilievi redatti sulla questione dall'imputato Melillo. In particolare i periti concludono nel senso che il MiG23, tenuto conto del supposto carburante imbarcato e delle supposte caratteristiche, della missione effettuata - quota, velocità, uso dell'A/B, manovre, ed altro - non avesse la sufficiente autonomia per coprire la tratta Benina - Castelsilano, e che le caratteristiche della traiettoria di volo di quell'aeromobile poco prima dell'impatto ipotizzate dalla Commissione italo-libica - velivolo proveniente dal Sud, pilota in stato di incoscienza, motore spento - non corrispondessero in alcun punto a quanto osservato dal teste Piccolo - velivolo proveniente da Nord, manovra per evitare il costone, rumore del motore normale.

I periti escludono altresì ogni congruenza tra la traiettoria del MiG23 abbracciata nella relazione della Commissione italo-libica con la traccia del radar di Otranto LJ054, che si è ritenuto di poter attribuire al MiG - traccia quest'ultima che appare piuttosto compatibile con quella di altro velivolo, diverso dal MiG23, osservato da un teste oculare in prossimità di Capo Rizzuto, come emergerebbe dall'appunto S.I.S.MI 28 luglio 80 su cui si tornerà più diffusamente infra. Sempre i periti, in sede di supplemento di perizia, chiariscono anche come, sulla base dei dati tecnici in loro possesso, non sia comunque possibile addivenire a una risposta certa in ordine all'effettiva data di caduta del MiG; con ciò solo già inficiando, sulla base di soli dati peritali, e prescindendo quindi da tutte le altre risultanze che sono state illustrate, la versione ufficiale sul giorno della caduta del MiG medesimo.

In effetti anche altre sono le risultanze istruttorie che pongono in evidenza, nel loro reciproco coordinamento, dubbi sull'attendibilità della versione ufficiale relativa alla data della caduta del MiG libico. Ma su di esse diffusamente s'è detto nel capitolo dedicato a questo episodio, cui deve rinviarsi.

In esito si deve affermare che anche in questa vicenda la conoscenza dello SMA, specialmente ad opera del Capo del 2° Reparto, è stata immediata e completa. E per quanto concerne il mancato riversamento di essa - con tutte le questioni anche sulla sua improbabilità di fronte alle negative dei militari e dei politici - già s'è detto nelle pagine sul MiG23.

Come s'era scritto ad inizio di questo commento, diverse sono state le scale gerarchiche o comunque che le informazioni hanno percorso, così raggiungendo sin dall'immediatezza dei fatti e nel corso della evoluzione dell'indagine il vertice dello SMA e di quei suoi Reparti di maggior peso in sede informativa ed operativa.

1.2. Le carenze documentali.

Altro capitolo che dimostra la presenza di precise disposizioni - perché a tutela delle colpe di ambienti AM non potessero apparire fortunate intuizioni o casuali accidenti - tutte le soppressioni di documentazioni. In questo campo i documenti scomparsi sono innumerevoli; in ogni sito mancano quelli di maggior rilievo, quelli che comunque si dovevano conservare perché afferivano comunque, a prescindere dalla sua gravità e dai sospetti che si dovevano generare immediatamente in chiunque fosse stato in buona fede, ad un incidente di volo; e in quelli che sono stati conservati mancano, perché distrutte, proprio quelle parti che concernono i fatti in oggetto. Non solo: non sono stati trovati i supporti magnetici delle tante registrazioni radar, che pur sarebbero state necessarie alla ricostruzione del cielo di quella sera. Di più: non sono stati trovati quei documenti cartacei e magnetici che pure erano stati isolati e concentrati per la consegna all'AG. Anche questa vastissima distruzione o sparizione non può essere casuale, ma frutto di disposizioni di chi conosceva i fatti e il valore di quella documentazione.

E' sufficiente a questo punto - dal momento che sui singoli episodi s'è già scritto in quelle parti dedicate alle articolazioni dell'AM - elencare le distruzioni e le omissioni di maggior peso, dalla rete dei siti sino agli uffici centrali e allo SMA.

Il 15° CRAM di Capo Mele inviò al 1°ROC/SOC di Monte Venda il modello DA1 del 27 giugno 80 nella parte tra le 18.00Z e le 21.15Z. Della nota di accompagnamento di tale modello, trasmessa in quattro copie, non è stata rinvenuta traccia sul registro di protocollo del sito.

Presso l'11° CRAM di Poggio Renatico (che "battè" per primo il DC9 dopo il decollo da Bologna) fino al 95 nulla era mai emerso e neppure in occasione del sopralluogo del 20.11.95 era stato possibile acquisire alcunchè. Ma pochi giorni dopo questo sopralluogo quel Comando stranamente rinvenne e trasmise tutti i registri del sito relativi al giorno dell'incidente. E così è emerso che alla data del 27 giugno 80 il registro del capo controllore (capitano Ardolino) è strappato nella parte antecedente le annotazioni successive all'orario 19.40Z. E' certo uno strappo che presenta singolare analogia a quello riscontrabile sul registro di sala operativa di Marsala. Non solo; come per quello anche in questo caso non si riesce a determinare quando è stata compiuta questa operazione di soppressione.

Alla data del 28 giugno 80, ad ore 11.10Z sul registro del MIO l'effettuazione di una riduzione di dati espressamente finalizzata alla ricerca della traccia del DC9, che tuttavia non è stata mai rinvenuta e della quale inoltre non emerge alcuna trasmissione su alcun registro di protocollo.

Il 14° CRAM di Potenza Picena, come s'è desunto dal contenuto delle telefonate registrate tra i siti dell'AM, fu attivato dal capo sala del 31° CRAM di Jacotenente nel corso della notte tra il 27 e 28 giugno 80. Quella sera il Centro ha prodotto la riduzione dati di ricostruzione del percorso del DC9; dati che, nel corso della notte, furono inviati al CRAM di Jacotenente e, successivamente, da quest'ultimo al Comando 3° ROC di Martina Franca. Circostanza quest'ultima di cui l'AG ha avuto cognizione solo in tempi recenti dell'inchiesta e peraltro sempre negata dall'AM.

Inoltre anche qui s'è dovuta rilevare la mancanza di documenti utili per l'inchiesta; infatti presso il CRAM di Potenza Picena non sono stati rinvenuti i registri di sala operativa né vi è traccia dell'invio della riduzione dati al CRAM di Jacotenente. In particolare, le THR relative a questo sito furono sequestrate solo nel 90, a seguito di specifico provvedimento dell'AG eseguito presso il 1° ROC. E solamente nel 96, questa stessa AG è venuta a conoscenza che presso lo Stato Maggiore vi era sin dall'88, un'altra copia delle THR.

Al 21° CRAM di Poggio Ballone mancano proprio i nastri delle registrazioni radar nonché delle telefonate TBT. In particolare è risultato che già in data 13.07.80 le registrazioni radar erano state trasportate in aereo da Grosseto a Trapani e che pochi giorni dopo erano proseguite per l'ITAV, ove, peraltro, non sono state mai rinvenute. Nelle quattro copie di riduzione dati relative ai plottaggi acquisiti da questo Ufficio (una delle quali, quella rinvenuta allo SMA, parzialmente diversa) si individua una lacuna tra le ore 18.31Z e18.33Z.

Inoltre undici allegati - copie delle undici cartine di plottaggi di tracce - relativi a documentazione del sito furono trasmessi all'ITAV da Poggio Ballone il 14.07.80 e dall'ITAV formalmente ricevuti in data 15.07.80, ma non risultano inoltrati, in quel torno di tempo, dall'ITAV all'AG insieme al materiale degli altri siti. Ad ogni modo, copia di queste undici cartine è stata trasmessa solo nell'88 a quest'Ufficio. E comunque gli originali contenuti nel plico inviato a Trapani il 13.07.80 non sono mai stati rinvenuti.

Per quanto concerne l'ACC di Ciampino non furono consegnati all'AG i nastri relativi a tutta una serie di comunicazioni tra Ciampino ed i vari siti della Difesa Aerea. Infatti l'Aerea Control Center romano disponeva di otto registratori, ma furono consegnate le registrazioni di soli tre di essi, omettendo le registrazioni delle comunicazioni con i siti della DA, di certo di maggior interesse.

In questo ambito occorre altresì porre in evidenza che i nastri vennero sigillati a Ciampino proprio alle ore 20.45Z, quando cioè era in atto la ricerca da parte di Ciampino del contatto con gli Americani; le registrazioni pervenute quindi a questo Ufficio si interrompono proprio in un momento di grande rilievo per le indagini; registrazioni che se invece fossero proseguite, sarebbero state di eccezionale importanza per l'inchiesta.

Deve essere anche rilevato come non sia mai stato rinvenuto il registro delle presenze della sala operativa, mentre sono state rinvenute soltanto le copie dei fogli di tale registro, fatta eccezione proprio per la copia del giorno 27.06.80; il cd. "Log" della cui scomparsa è con ogni probabilità responsabile Massari, il capo sala del turno serale di quel 27 giugno. Già s'è detto come si è pervenuti alla individuazione delle persone presenti quella sera in sala operativa a distanza di dieci anni attraverso una sorta di lista delle razioni di caffè e biscotti consumati dai militari impiegati nei turni di notte, lista da tutti dimenticata e quindi da nessuno distrutta.

Così come non è mai stato rinvenuto il primo "plotting" manuale eseguito dal capo Ufficio Operazioni della RIV di Ciampino, tenente colonnello Russo, l'indomani del disastro. Di tale plotting si riuscirà ad acquisire solo la copia in possesso del tecnico Bosman - uno dei membri della Commissione Luzzatti - rintracciata presso la sua abitazione.

Sul Centro Tecnico Addestrativo di Borgo Piave, già s'è detto nelle pagine precedenti. Questo centro, che deteneva la conoscenza e i mezzi per la interpretazione dei dati radaristici, e la cui collaborazione sarebbe stata essenziale al progresso dell'inchiesta, al contrario s'è distinto per chiusure omissioni e risposte parziali e devianti, come s'è più volte indicato in più parti di questa motivazione.

Al 31° CRAM di Jacotenente non sono mai stati rinvenuti i registri di sala operativa. Inoltre è stata distrutta, in data 01.02.88 la minuta del plottaggio LJ054 del 18.07.80 asseritamente attribuito al MiG libico, trasmesso da quel radar a Martina Franca; plottaggio che, peraltro, il Centro di Martina Franca non risulta aver mai ricevuto.

Anche al 22° CRAM di Licola, solo molti anni dopo i primi parziali elenchi - nel novembre 86 ed agosto 88 vengono dati solo cinque nominativi - si è potuto individuare con completezza il personale presente la notte del 27 giugno 80 in sala operativa. Infatti solo nel dicembre 95 verranno scoperte le dichiarazioni rilasciate sin dall'86 al comandante del sito di De Masi Mario, Genovese Giambattista, Gambardella Giovanni, Papa Alessandro e Calvanese Antonio, i quali affermavano di essere stati in turno la notte tra quel 27 e il successivo 28 giugno 80.

In questo sito non è stato rinvenuto alcun registro di sala operativa; non è stato rinvenuto il telex relativo al plottaggio AG266, nonostante non ne risulti la sua distruzione nel registro di protocollo in uso al personale di sala operativa per la trasmissione di messaggi urgenti fuori dagli orari di ufficio; sul registro di protocollo e su quello degli invii telex appaiono abrasioni, modifiche e aggiunte a matita. L'11 luglio successivo al disastro fu consegnato all'AG un estratto del DA1 contenente 26 tracce, tra le quali non viene specificata quella del DC9, pur riportando la LK477 che la sera del 27 giugno era stata comunicata a Martina Franca come quella del DC9.

Le minute dello stralcio dei tracciati radar furono distrutte in data 13 settembre 1984, come si riscontra nei registri di protocollo; mentre in epoca antecedente e prossima all'agosto del 88 sarebbe stato distrutto il plottaggio dei dati estratti dal DA1 nonché la lettera di trasmissione del medesimo plottaggio al 3° ROC, secondo le dichiarazioni del vice-comandante all'epoca tenente colonnello Carlo Napolitano. Le comunicazioni TBT - oggetto di sequestro sia da parte del PM di Palermo che dal PM di Roma - non furono mai consegnate all'AG; eppure della loro esistenza si dava contezza nella nota di trasmissione dei plottaggi da Licola all'ITAV dell'11 luglio 80.

Sono così andate perdute le comunicazioni di questo sito con lo Stato Maggiore, con Poggio Ballone, Siracusa ed altri centri, e non appare tra l'altro affatto attendibile l'affermazione contenuta nella succitata nota dell'11 luglio 80, secondo la quale l'ascolto delle telefonate aveva dato esito negativo, se si considera l'attività posta in essere da Licola come emerge in telefonate registrate da altri siti. La carenza fin qui sottolineata è tanto più grave se si tien conto della posizione del radar di Licola rispetto alla rotta del velivolo precipitato e al luogo del disastro.

Presso il 3° ROC/SOC di Martina Franca è stato rinvenuto solo il registro del Rescue Control Center; tutti gli altri registri di sala non sono stati rinvenuti. Solo nel novembre 90 vengono sequestrati quattro nastri di registrazione di comunicazioni telefoniche del 3° ROC/SOC. Di questi, tre vengono rinvenuti a Martina Franca; il quarto presso lo SMA, che al momento del sequestro non sa dare spiegazione del possesso. Solo nel gennaio 91 riferirà che il nastro si trovava presso lo Stato Maggiore, perché richiesto dalla Commissione Pisano; questo nastro conteneva le comunicazioni tra il SOC e i siti di Difesa Aerea, e in particolare quello di Licola.

Non è stato mai rinvenuto il telex del 28 giugno con il quale il 3° SOC comunicò al COP ed al COSMA una serie di plottaggi, tra i quali uno avvistato in prima battuta alle ore 19.04 e privo del numero di traccia. Del telex trasmesso non risulta alcun riferimento nei relativi registri di protocollo.

Nel 95 e quindi solo recentemente, questo Ufficio ha potuto acquisire, in sequestro eseguito con la costante presenza di PG, un quinto nastro concernente le comunicazioni a partire dalle 00.00Z del 28 giugno 80. La relativa trascrizione ha consentito di far luce su situazioni e circostanze di quella sera che mai erano emerse prima attraverso gli interrogatori e gli atti ufficiali trasmessi dall'AM, quali la trasmissione del plottaggio della LE157 da Potenza Picena a Martina Franca, tramite Jacotenente, e la inesistenza della traccia LK477 sui tabulati THR di Potenza Picena.

Anche i registri dell'IC e del MIO, gli unici rinvenuti, del 35° CRAM di Marsala, presentano irregolarità. In quello dell'IC appare strappato il foglio immediatamente precedente quello su cui vengono riportate le annotazioni della sera del 27 giugno 80 e la firma del tenente Muti appare diversa dalle altre apposte dal medesimo in quello stesso registro; mentre nel registro del MIO l'annotazione relativa nella notte tra il 27 e il 28 giugno 80, alla sostituzione del nastro per la Synadex, avvenuta alle 19.00 circa, risulta scritta alla fine dell'esercitazione sotto forma di postilla dopo le 19.25. Mancano i registri del capo controllore e del TPO. Registri la cui conservazione sarebbe stata obbligatoria, indipendentemente dal sequestro dell'AG, trattandosi di documenti concernenti un incidente aereo. Come il CRAM aveva sempre fatto in occasione di altri incidenti avvenuti sia nel 79 che nell'82.

L'aeroporto di Trapani Birgi, in data 10 luglio 80, fu incaricato a mezzo telex della 3ª Regione Aerea, di raccogliere la documentazione proveniente dai siti radar di Marsala, Licola, Poggio Ballone e di tutti quegli altri siti che comunque avevano operato sul Tirreno, così come richiesto dall'AG di Palermo con decreto emesso in data 05.07.80. Il telex disponeva altresì che la documentazione raccolta venisse consegnata ad ufficiale dei Carabinieri di Palermo. Sui registri di protocollo dell'aeroporto di Trapani non risulta registrata in arrivo o in partenza alcuna documentazione connessa alla richiesta del 10 luglio 80 o comunque relativa all'incidente del DC9 Itavia.

Per quanto attiene il 34° CRAM di Siracusa si deve immediatamente porre in evidenza l'assoluta carenza di elementi documentali: nessuna traccia di registrazioni telefoniche del sito, nessuna traccia di plottaggi (all'epoca Siracusa operava in fonetico manuale) nessun registro o altro documento, tranne un foglio acquisito solo per effetto di decreto di esibizione del luglio 94, dal quale si è risaliti alle persone di turno la notte del 27.06.80.

Tale documentazione, v'è da rilevare, sarebbe stata di somma utilità per riempire il vuoto di registrazioni radar che, come noto, si determinò nel CRAM di Marsala a partire dalle 19.04Z.

Non si spiega poi la mancanza dei nastri relativi alle telefonate richiesti nel 90 avuto riguardo al fatto che certamente telefonate intercorsero tra Siracusa ed altri siti - come in effetti emerge da documentazione custodita dalla Commissione Luzzatti e rinvenuta soltanto nel 96 - e che dette telefonate, in particolare tra Siracusa e Ciampino furono ascoltate dall'ufficio inchieste della RIV e quindi ritenute di interesse - non è casuale la telefonata delle ore 19.42Z che documenta la presenza di traffico militare sulla G8, segnalata dall'operatore di Ciampino e non vista da quello di Siracusa.

V'è inoltre da segnalare la comprovata distruzione dei modelli CC1 e CC2, sui cui stampati erano riportate le trasmissioni dei messaggi annotate dagli operatori telex del relativo Centro comunicazioni. L'acquisizione di questi modelli avrebbe certamente dato prova dell'esistenza di un messaggio (Gelrep), mai rinvenuto, trasmesso da questo sito a quello di Martina Franca, dal quale sarebbe dovuto risultare che il radar di Siracusa era in effetti in manutenzione dalle ore 12.00 alle ore 19.00 del 27 giugno 80.

Ma non soltanto i siti periferici palesano evidenti lacune e manipolazioni documentali; anche gli uffici cosiddetti centrali, quelli che costituiscono la struttura dello Stato Maggiore della Forza Armata non sono affatto rimasti estranei a queste carenze.

Presso lo SMA non è stato rinvenuto il brogliaccio di servizio del sottufficiale di turno, Berardi - che pure, sulla base delle telefonate, risulta essere stato piuttosto attivo quella notte. Peraltro, in relazione a questo brogliaccio l'AM solo nel 91 ha fornito una precisazione riguardo alla conservazione di questo documento, chiarendo, in sintesi, che il brogliaccio non era un documento formale previsto ma semplicemente un quaderno registro dove venivano annotati, a volte, per memoria degli stessi sottufficiali alcune comunicazioni, ricevute o trasmesse senza una precisa sequenza metodologica.

Anche presso la sala operativa del Centro Operativo Stato Maggiore Aeronautica, che sicuramente era attiva la notte del 27.06.80, nulla è stato rinvenuto eccetto un telex (emerso solo nel 95 in una acquisizione presso lo SMA) con il quale il COSMA notiziava il Centro Operativo di Pace della scomparsa del DC9.

Parimenti nulla è stato rinvenuto presso il SIOS, benchè esistesse un turno sia dell'ufficiale che del sottufficiale di servizio; e tanto meno nulla è stato rinvenuto in ordine ai contatti svoltisi i giorni successivi tra l'ambasciata americana ed il 2° Reparto dello SMA di cui all'epoca era responsabile il generale Tascio.

Presso lo SMA si deve annotare il mancato rinvenimento del 1° "plotting" manuale del DC9, redatto dal colonnello Russo la mattina del 28 giugno 80; e con esso i plottaggi di Siracusa, Licola e Marsala.

Pure presso l'ITAV si registrano notevoli lacune e carenze documentali. In particolare, il giorno 11.07.80 il Comando del 1° SOC trasmette all'ITAV le Track History di Poggio Ballone e Potenza Picena, ma l'invio di tale documentazione non risulta sui registri di protocollo dell'ente destinatario; così come alla data del 15 luglio 80 appare protocollata soltanto la documentazione cartacea proveniente dal Centro di Poggio Ballone; mentre non è emersa alcuna traccia della documentazione pervenuta lo stesso giorno dai siti di Licola e Marsala. In ogni caso, tale documentazione non verrà mai consegnata all'AG, che l'aveva formalmente richiesta.

Indicazioni riguardo alla vicenda di Ustica provengono, come già s'è detto nella parte dedicata all'ITAV, dal diario storico dell'Ispettorato ove, nella parte relativa al mese di luglio 80, appare la seguente annotazione: "pag.34 - riservatissimo - incivolo Itavia del 27.6.80. (Riservato) Su richiesta della Procura di Palermo questo Reparto ha provveduto a rilevare tutte le registrazioni del tracciamento radar sulla direttrice Latina Ponza Palermo, relative al DC9 Itavia (I-TIGI) inabissatosi il 27 giugno 80 nel mare di Ustica. Le predette registrazioni e relative riduzioni grafiche effettuate dai siti DA di P. Ballone, Licola e Marsala nonché le comunicazione TBT esistenti sono state consegnate al 2° Reparto TA per il successivo inoltro alla Commissione d'inchiesta". Ma in effetti non è stata mai rinvenuta, né presso l'ITAV né in altri Reparti della Forza Armata, la documentazione del Centro Radar di Poggio Ballone trasmessa a quell'Ispettorato dall'Aeroporto di Trapani Birgi il 21.07.80.

1.3. Il muro delle testimonianze.

La teoria di coloro che mentono e comunque oppongono una netta chiusura, a connotazione di omertà, alle ricerche dell'inchiesta appare tanto estesa quasi quanto il numero di coloro che a qualsiasi titolo sono stati sentiti. Nell'AM come in altri ambienti, civili e militari; ufficiali, anche e soprattutto generali, sottufficiali e persino avieri cioè militari di leva; e altrove dai capi di gabinetto romani agli agricoltori calabresi. E' a tal punto compatto e solido questo fronte che è impossibile stimare che si sia costituito occasionalmente, senza o al di fuori cioè di un preciso disegno. Una volontà cioè formatasi immediatamente dopo i fatti, di celare gli eventi e le loro modalità, di mantenere il segreto in un ambito ristrettissimo, di distogliere ogni ricerca che si fosse mossa verso la scoperta della realtà e quindi di controllare gli indirizzi della inchiesta per impedirne qualsiasi risultato positivo. E' più semplice affermare che tutti coloro che sono stati chiamati a riferire hanno opposto sostanziali silenzi, adducendo difetti di memoria o riferendo incredibili ricordi, quando non tentando di sviare il corso dell'inchiesta. Le eccezioni, le brecce in questo muro sono state limitatissime, quasi da contare sulla punta delle dita, anche se sono stati di forte efficacia e sono rimaste sempre confermate da obbiettivi riscontri.

Una volontà che deve essersi determinata nella immediatezza dei fatti ed espressa in precise disposizioni, di quella specie che non lascia tracce scritte, e che può assumere anche delle forme semplici, come a volte è stato riferito, quale il ricordare, sotto forma d'ordine o d'invito che tutto quello che s'era visto o sentito era segreto, riservato e comunque non doveva essere riferito a chicchessia; e poi si è mantenuta negli anni anche senza rinnovazioni esplicite di parole d'ordine, per effetto di un tanto diffuso quanto malinteso spirito di corpo e d'onore e di tutela di versioni ufficiali; specialmente di ambienti dell'AM che per anni - solo da ultimo il capo di SMA del 98 lo ha riconosciuto - non ha voluto ammettere qualsiasi scenario di penetrazione nel Tirreno, di alleati come di ostili, e quindi di mancanze della Forza nel suo primario dovere, quello cioè della Difesa Aerea del territorio e degli spazi circostanti d'interesse e d'influenza.

Una volontà che non poteva derivare se non da chi era a conoscenza della realtà e si trovava nella più alta sede della Forza Armata e quindi poteva irradiarsi nei quadri per disposizioni tacite o esplicite, e sino alla base per ordini espliciti come quello ai VAM di Grosseto o per una imitazione quasi istintiva delle scelte di chiusura.

Basterà ricordare i tanti che poi diverranno imputati dei CRAM di Marsala e di Licola, gli ancor più numerosi, che assumeranno la qualità di indiziati di falsa testimonianza e favoreggiamento, degli innumerevoli testi che si nasconderanno dietro la caduta della memoria. Quelli in particolare che si elencheranno qui di seguito per la abnormità dei loro comportamenti dinnanzi ai quesiti dell'istruzione.

E' un fenomeno così esteso da non poter assolutamente derivare da coincidenze o casi fortuiti e contro il quale non s'è potuto assolutamente opporre alcuno strumento di contrasto, giacchè in questo procedimento condotto secondo il codice del '30 non si sono potuti applicare i mezzi contro la falsa testimonianza già previsti perché abrogati, né quelli generati nel nuovo rito perché non estensibili. Un procedimento nel quale cioè non v'era alcuna arma di reazione contro un fenomeno manifestatosi in forma così diffusa, e devastante della ricerca della verità, da apparire una costante irrisione dell'inchiesta e degli inquirenti.

Questo atteggiamento di chiusura ed impermeabilità verso l'esterno non s'è andato esaurendo, ma anzi si è accentuato al riguardo della vicenda del MiG libico rinvenuto sulla Sila il 18 luglio 80.

Fazzino Cesare, generale di S.A. Ispettore generale dell'ITAV, che palesemente mente allorchè dinnanzi alla Commissione Stragi dichiara di aver appreso la notizia dell'incidente del DC9 dal giornale radio delle 6.30 dell'indomani. Dichiarazioni confermate anche dinnanzi all'AG, cui specifica di non essere stato informato la sera del disastro perché l'ITAV non era inserito in una linea operativa. Dichiarazioni in pieno contrasto con le risultanze emerse dalla più volte ricordata telefonata delle ore 20.33Z tra il tenente colonnello Guidi ed il colonnello Fiorito De Falco, che riferirà, nel corso della conversazione, di aver già informato il generale Fazzino. E su tali dichiarazioni non v'è alcun motivo di dubbio, sia perché rese in circostanze in cui non sussisteva alcun motivo di falsare la realtà, sia perché, indipendentemente dall'esistenza o meno di una "linea operativa", esisteva comunque una linea informativa da cui discendeva l'obbligo di riferire da parte del Direttore della RIV all'Ispettore generale, in particolare su un incidente così grave che sin dai primi momenti non si presentava come un "ordinario" incidente civile.

D'altronde il coinvolgimento del generale Fazzino nelle attività successive al disastro emerge ancora; agli atti dell'inchiesta appare infatti che, prevî contatti con il sottocapo di Stato Maggiore, egli si occupò della consegna dei reperti concentrati a Trapani Birgi per aderire alla richiesta di sequestro del materiale avanzata dall'AG di Palermo.

Pugliese Francesco generale di S.A., dal 1979 al 1984 Vice capo di Gabinetto presso il Ministero della Difesa, il quale ha rivestito un ruolo di primo piano sia nella vicenda della caduta del DC9 Itavia che in quella del MiG23 libico. Egli infatti, al pari del capo di Gabinetto il generale De Paolis Mario, era il punto di riferimento e di collegamento tra lo Stato Maggiore dell'Aeronautica e il Ministero della Difesa. Nonostante l'individuazione di documenti che attestano uno specifico interessamento nelle vicende in questione, egli afferma di non essersi mai interessato ad esse, giungendo a disconoscere anche le evidenze documentali che lo concernevano o addirittura ad asserire che anche la documentazione inviata alla sua cortese attenzione, non riportando alcuna sua sigla, non sarebbe mai stata da lui presa in visione. Nel periodo 87-91, ricopre l'incarico di Ispettore generale dell'ITAV e durante il suo periodo di comando si verificarono presso questo Ispettorato accadimenti di notevole rilievo per l'inchiesta del DC9 Itavia, su cui l'istruttoria purtroppo non è riuscita a far la dovuta chiarezza grazie anche alla sua palese reticenza.

Si rammenta l'episodio del rinvenimento delle copie dei nastri di registrazione del sito di Marsala e di alcuni tabulati THR e cartine riproducenti plottaggi nel novembre 88, presso la Brigata Tecnica Addestrativa di Borgo Piave, copie di nastri che in un primo momento - nel novembre 88 - identifica come le copie dei nastri effettuate nel novembre 80 nel corso della riunione peritale del PM Santacroce a Borgo Piave, e tabulati di cui invece non è in grado di indicare la provenienza. Poi nel maggio 89, così scrive Pugliese allo Stato Maggiore, i nastri vengono invece considerati non copie del 1980 relativi all'incidente del DC9 Itavia, ma connessi ad altre vicende senza specificare quali. Ma sia i nastri che la documentazione cartacea erano conservati in un plico chiuso con la scritta "Ustica - Capitano Di Natale non toccare". Nell'ottobre 89 i tabulati THR, considerati di dubbia provenienza con le lettere del novembre 88 e maggio 89, vengono utilizzati dall'ITAV per la descrizione delle tracce di Marsala ed inseriti in un elaborato inviato poi alla Commissione Stragi. Nel gennaio 90 Pugliese trasmette allo Stato Maggiore la copia del nastro dell'esercitazione Synadex SPS 5904, che era stata effettuata a Borgo Piave nel dicembre 89 per interpretare dati richiesti dal collegio peritale. Per questa trasmissione da Borgo Piave all'ITAV e quindi allo Stato Maggiore non ci fu richiesta - si starebbe per dire, ovviamente - al collegio peritale Blasi o all'AG procedente. L'utilità e lo scopo della custodia di una copia del nastro allo SMA sono rimasti inspiegati.

E' Pugliese che nel luglio 90 riceve la notifica del decreto di sequestro della THR e dei nastri di Poggio Ballone. Egli disponeva ricerche durate due giorni e si avvaleva anche della collaborazione dell'ufficiale che all'epoca aveva trattato la questione - l'allora colonnello Fiorito De Falco - e, pur essendo a conoscenza che detto materiale risultava esser pervenuto all'ITAV nel luglio 80, dichiarava nel verbale di sequestro al nucleo della polizia giudiziaria Carabinieri di Roma che non ve n'era traccia negli archivi dell'ITAV, consegnando fotocopie di una THR pervenuta dallo Stato Maggiore nel giugno 90.

E' Pugliese che firma nel settembre e nel novembre 90 due elaborati richiesti dallo Stato Maggiore per l'interpretazione delle tracce sui tabulati THR di Poggio Ballone, Potenza Picena e sul DA1 di Capo Mele, destinati alla Commissione Stragi. Detti elaborati vengono "rivisti" tra il dicembre 90 e il gennaio 91 dall'ITAV e corretti in alcune parti fondamentali in modo da non far apparire a persone in grado di interpretare dati aeronautici evidenti anomalie. In particolare s'è cercato di mascherare la presenza di velivoli militari. Comunque in nessuno degli elaborati viene descritta la traccia del DC9 Itavia seguita dai Centri radar di Potenza Picena, Poggio Ballone e Capo Mele, ma soltanto quella avvistata dal Centro Radar di Marsala.

E' Pugliese che nell'ottobre 90 riceve da Fiorito De Falco le sue confidenze dopo l'interrogatorio reso a quest'Ufficio il 16 ottobre 90. E' Pugliese che sempre nell'ottobre del 90 in merito alla consegna del nastro di Poggio Ballone, contatta personalmente il Comandante dell'aeroporto di Trapani Birgi nel 1980 - colonnello Pentericci - chiedendogli quale documentazione era stata inviata all'ITAV con la lettera del 21 luglio 80; anche in questa circostanza gli accertamenti non verranno portati a conoscenza di quest'Ufficio.

Nonostante queste evidenze egli ha sempre ribadito di non essersi mai interessato alla vicenda di Ustica.

Giordo Lorenzo, generale di S.A., che quale sottocapo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare nel 1989, ha formulato le due richieste estremamente riduttive all'ITAV a seguito del provvedimento dell'AG che richiedeva allo SMA di esibire tutta la documentazione relativa agli incidenti del DC9 Itavia e del MiG23 libico. Chiamato a deporre, a contestazione della qualità delle risposte, assolutamente non esaurienti, dello SMA - tra l'altro, interpretando in via restrittiva il provvedimento di questo GI, esibiva solo carteggio afferente il 2° Reparto e non l'intero complesso documentale appartenente allo SMA - ha opposto delle giustificazioni a dir poco risibili, non degne del grado e delle responsabilità di cui era investito, affermando addirittura non esser sua abitudine effettuare verifiche sui documenti e che non esisteva alcun organo dello SMA in grado di valutare gli elaborati dell'ITAV.

Meloni Luciano, generale di S.A., all'epoca Sottocapo di SMA, il quale, contrariamente a quanto emerso dagli atti istruttori, non ha mai ricordato di aver conferito nel 1988, proprio in qualità di Sottocapo, specifico incarico al colonnello Pollice di presiedere l'omonima Commissione, cui era stato commesso di esaminare e valutare tutta la documentazione di interesse per la vicenda Ustica in possesso dell'AM. Relazione che, lo si ricordi, lo Stato Maggiore non ha mai citato né segnalato all'AG, che ne è entrata in possesso solo nel settembre del 96.

Bomprezzi Bruno, colonnello, all'epoca capo del 2° Ufficio del 2° Reparto SMA, il quale ha assunto lo stesso atteggiamento di assoluta negazione già manifestato da altri e nelle sue prime deposizioni ha escluso di aver effettuato missioni a Boccadifalco, dichiarando addirittura di non essersi mai interessato né alla caduta del DC9 Itavia né all'incivolo del MiG23 libico. Soltanto di fronte alle annotazioni sequestrate al tenente colonnello Argiolas - confermate dall'ufficiale - che riportano della missione congiunta, compiuta il 04.07.80 da lui e da Bomprezzi, questi è stato costretto ad ammettere di essersi recato a Boccadifalco; pur continuando ad escludere di essersi interessato alla caduta del DC9. Ha tentato poi di accomunare la missione del 4 luglio con quella del 12 agosto 1980, quando si recò nuovamente a Boccadifalco con il colonnello Sidoti; questa volta non per visionare i reperti del DC9 Itavia bensì un casco da pilota, rinvenuto sulla spiaggia di Trabia, che probabilmente apparteneva ad un manovratore di portaerei.

Berardi Antonio, maresciallo in servizio al COP, che quella sera del 27.06.80 ha coadiuvato il tenente colonnello Giangrande presso detto Centro, e dopo aver ascoltato la registrazione della telefonata ove compare inequivocabilmente quale interlocutore del tenente Smelzo, quasi annulla qualsiasi ricordo di quelle ore, arrivando ad affermare che quella notte non accadde nulla di strano e di aver memoria del fatto solo per averne parlato con la moglie. Ammonito nel corso dell'esame testimoniale al punto da indurre una sospensione dell'attività istruttoria, alla ripresa non muta atteggiamento e continua con la serie di "non ricordo" e addirittura su lettura della telefonata di cui è cenno, afferma con fare insolente e provocatorio: "Chi gliel'ha detto che sono io che parlo?". Ammette solo alla fine di un estenuante esame, di essere l'interlocutore di Smelzo, esclusivamente perché posto dinanzi all'impossibilità di negare l'evidenza.

Sidoti Francesco, colonnello, capo del 4° Ufficio Sicurezza al Volo del 3° Reparto, che ha sempre escluso in modo categorico di essersi interessato della vicenda del DC9 Itavia. Egli invece è stato, essendo l'ufficio da lui diretto quello che ha raccolto ed archiviato tutta la documentazione proveniente dai Comandi periferici dell'AM allo Stato Maggiore, uno dei principali conoscitori dell'incidente del DC9 ed in parte anche del MiG23 libico. Emblematica è la sua risposta fornita nell'esame del dicembre 96, allorquando dapprima esclude il suo interessamento alla vicenda e, dopo che gli è mostrata e contestata una serie di atti ed appunti a sua firma, risponde con malcelata oltracotanza di non ricordare. E' lui che predispone la nota lettera del 20 dicembre 80, che poi verrà inviata allo Stato Maggiore della Difesa con allegato, per copia conforme, il messaggio di Cincusnaveur, privo degli indirizzi e della data. In questa lettera, si ricordi, viene affermato, tra l'altro, che lo Stato Maggiore è in possesso dei dati radar del sito di Siracusa, documentazione quest'ultima che non è stata mai trovata né consegnata dall'Aeronautica Militare all'AG.

Grasselli Mario, capitano, supervisore operativo dell'ACC di Ciampino la sera dell'incidente, nell'organigramma il nr.2 della sala operativa dopo il capo sala maggiore Massari. Non ricorda fatti e circostanze importanti come ad esempio la voce che circolava in sala dell'intenso traffico americano nella zona dell'incidente e dei tentativi di telefonate tra la sala operativa e l'ambasciata americana. Non ricorda se già quella sera venne effettuato un plotting del DC9 Itavia - mentre alcuni testi estranei alla sala operativa che quella notte si portarono all'interno di essa, cioè Lucioli e Chiappelli affermano di aver visionato un plotting già la notte; e questo contrariamente a quanto ha sempre dichiarato l'Aeronautica, secondo cui il primo plotting fu redatto la mattina del 28 giugno 80 dal capo Ufficio Operazioni tenente colonnello Russo Giorgio. E' lui che parla con i siti della Difesa Aerea ed in particolare con Marsala; e anche qui nulla ricorda. E' lui che parla con il capo controllore del COSMA di Monte Cavo - che dalla conversazione sembra conoscere bene, ma che non si è mai riusciti ad identificare - e che egli non riconosce. E' lui che non ricorda, oltre ai nominativi già noti all'inchiesta, alcun altro nome di quelli che costituivano il turno la sera dell'incidente. Cadute di memorie, tutte queste, fuor di ogni credibilità.

Trombetta Antonio, capitano, all'epoca del Rescue Sub-Center di Ciampino, che viene avvisato della scomparsa del DC9 presso la sua abitazione. Raggiunge la sala operativa del RSC, come noto ubicata in una sala attigua a quella dell'ACC, verso le 20.25Z circa, come si riscontra anche dalle conversazioni telefoniche che egli effettua in quei momenti con l'RCC di Martina Franca. Nei primi interrogatori ha escluso di essere venuto a conoscenza della notizia del traffico militare americano nella zona dell'incidente; successivamente ha ammesso di aver captato la comunicazione del maresciallo Bruschina a Martina Franca. Dalle conversazioni telefoniche che l'ufficiale effettua quella notte, con il personale del RCC di Martina Franca, emerge chiaramente che è a conoscenza degli accertamenti svolti sulla presenza o meno del traffico militare americano. E' lui che non consegna allo Stato Maggiore sia nel 1980 che nel 1989 - all'epoca dell'inchiesta Pisano - i registri e gli appunti che egli stesso aveva redatto la sera dell'incidente e che verranno rinvenuti il 20.06.91 nel suo ufficio nel corso di una perquisizione domiciliare.

Bozicevich Massimiliano, maresciallo, la sera del 27.06.80 di turno alla sala operativa di Ciampino per le comunicazioni telefoniche, il quale ammette a malapena di ricordare di aver udito Bruschina parlare di un intenso traffico e di un'esercitazione comunicata dal controllo. Per il resto, pur richiesto su varie ed importanti circostanze non ricorda o non "ce la fa" a ricordare più nulla: le telefonate all'ambasciata americana, gli interlocutori nelle conversazioni telefoniche e perfino l'identità del capo controllore per la sera del 27.06.80. Infine ammette di aver ricevuto da qualcuno dell'Area Control Center il numero telefonico dell'ambasciata, ma si confonde sull'identità e sulla presenza degli stessi operatori di sala. Non riesce o non vuole collocare in un contesto quella notizia di traffico intenso in aerovia. Appare uscito di senno e non appare impossibile, se si considerano il peso delle sue conoscenze e quello delle pressioni che potrebbero essere su di lui stati esercitati.

Russo Giorgio, tenente colonnello capo Ufficio Operazioni della RIV di Ciampino, che ha sempre affermato di non essersi mai portato in sala la notte dell'incidente e di essere stato lui a prelevare i nastri di registrazione per la redazione del plotting come di averlo redatto la mattina del 28 giugno 80, mentre, come già detto, alcuni testi affermano di averlo visto la notte stessa dell'incidente. Ha sempre sostenuto che lo scopo del plotting era quello dell'individuazione del velivolo, e ciò in netto contrasto con le sue stesse dichiarazioni, poiché la mattina del 28 giugno il velivolo era stato già individuato dai mezzi di soccorso. Non ha mai saputo fornire valide spiegazioni sulla mancata riproduzione dei plots -17 e -12. E' lui il responsabile ed il custode dei nastri di registrazione e TBT dell'ACC di Ciampino ed ha sempre sostenuto di non aver mai estrapolato copia degli stessi, prima della loro consegna all'AG il 22 luglio 80; mentre sostiene il contrario il capo del 2° Reparto dell'ITAV, colonnello Fiorito De Falco. Mente apertamente e le sue menzogne hanno determinato danni gravissimi all'inchiesta.

In quella stessa data vengono consegnati dal citato Fiorito all'AG solo tre degli otto nastri di registrazione TBT di Ciampino utilizzati la sera dell'incidente. Tra questi nastri ve n'erano alcuni sicuramente di rilievo per l'inchiesta, quali quelli relativi ai collegamenti tra l'ACC di Ciampino e i siti della Difesa Aerea. Ma solo nell'ottobre 96, tra gli atti della Commissione Luzzatti, è stata rinvenuta copia dello stralcio delle comunicazioni tra Ciampino e Siracusa nei momenti immediatamente dopo l'incidente. La consegna di tali nastri avrebbe altresì consentito di conoscere il contenuto della conversazione tra il tenente Del Zoppo di Marsala e l'operatore di Ciampino - avvenuta pressappoco tra le ore 20.30Z-21.00Z - sulla richiesta del codice SIF 3 del DC9 Itavia, dato indispensabile per l'ufficiale di Marsala al fine dell'individuazione del velivolo sulla THR redatta quella sera stessa al Centro Radar di Marsala, THR sempre negata dai componenti della sala operativa del 35° CRAM.

Capitani Mario, maresciallo, controllore al traffico aereo la sera dell'incidente del DC9 Itavia in servizio presso l'aeroporto dell'Aeronautica Militare di Grosseto. Capitani oltre a non ricordare se fosse in servizio la sera del disastro di Ustica, in alcune occasioni è riuscito a negare persino l'evidenza, costringendo questo GI ad avvalersi dell'assistenza di membri del collegio fonico per l'ascolto della nota conversazione nella torre del predetto aeroporto, casualmente registrata a Ciampino. In effetti, è stato necessario fargli ascoltare alcuni passaggi delle registrazioni per ben sette volte; ma malgrado l'evidenza dei contenuti e l'attribuzione delle voci, ha tutto negato e non ha voluto dare alcuna spiegazione ai significati delle frasi.

Giagnorio Matteo, maresciallo, controllore di avvicinamento presso l'Aeroporto di cui sopra ed interlocutore nella predetta conversazione, pur escusso più volte a lungo ha dichiarato di non ricordare se il 27.06.80 fosse in servizio. Soltanto a seguito di contestazione sul suo nomignolo "Nino", registrato nella conversazione, ha ammesso che la sera del disastro di Ustica si era fermato in torre per far compagnia ai colleghi, ma non ha voluto dare anche lui alcuna spiegazione ai contenuti della conversazione, dimostrando una chiusura totale.

Lauretani Antonio, sergente maggiore, la sera del 27.06.80 in servizio quale TPO presso il Radar di Poggio Ballone, il quale ha riconosciuto quel turno di servizio soltanto nell'ottobre 95, quando gli è stato contestato che il suo nominativo in quella data era inserito nel registro del TPO, dopo aver anche lui a lungo "non ricordato". Pur essendo un tecnico altamente qualificato - era stato proposto dall'AM nella rosa degli esperti che si sarebbe potuto nominare nella perizia radaristica - si è rivelato completamente "chiuso" anche per l'accertamento della ordinaria operatività di un TPO, e sulla circostanza specifica della riduzione dati non ha espresso alcun ricordo.

De Giuseppe Antonio, maresciallo che la sera del 27.06.80 era in servizio quale guida-caccia presso il radar di Poggio Ballone, pur essendo un controllore intercettazioni altamente qualificato, ha dichiarato di non aver percepito nulla di strano nel turno in sala operativa. La pagina del registro IC, che egli avrebbe dovuto compilare per le operazioni compiute in sala, risulta in bianco cioè priva di qualsiasi annotazione relativa alle attività svolte.

Cosmi Carlo Giuseppe, capo controllore di sala operativa al radar di Potenza Picena. Costui solo a seguito della consultazione di documentazione riguardante le presenze presso il sito ha ammesso di essere stato in servizio la sera del 27 giugno 80. Non ha però memoria di riduzioni dati prodotte nel corso di quella notte, come non ricorda alcunchè sulle riduzioni dati richieste dal Centro di Martina Franca a Potenza Picena, nemmeno di fronte alla riduzione dati ed alla contestazione delle note telefonate tra Martina Franca e Jacotenente.

Cespa Piero, tenente colonnello, Comandante del 35° CRAM di Marsala dal 1975 all'8.08.80, la sera dell'incidente si trovava in licenza, ed era stato sostituito dal capitano Salmè che lo avvertì telefonicamente dell'accaduto il 28.06.80. Diede disposizioni per conservare i nastri radar e terra-bordo. Al rientro in servizio, nella seconda metà di luglio, nominò custode dei nastri l'allora capo Ufficio Operazioni capitano Del Zoppo Andrea. I nastri furono conservati nella cassaforte dell'Ufficio Operazioni, ma egli nulla ricorda circa la relativa riduzione dati ed in merito alla concentrazione del materiale a Trapani Birgi non è stato in grado di precisare il periodo in cui avvenne, né ha ricordato se fosse in servizio o meno.

Montinaro Pasquale, maggiore, comandante del 35° CRAM di Marsala dall'8.08.80 al 1983, il quale ha affermato che la consegna dei nastri 99 e 100 è avvenuta nella zona logistica "Stagnone" ma il verbale di consegna attesta un diverso luogo (zona operativa "Timpone"). Sugli orari di inizio e fine registrazione dei nastri 99 e 100 e sulla riduzione dati non ha saputo riferire alcunchè. Di fatto risulta assente all'atto dei contatti preliminari alla consegna dei nastri.

Ballini Adulio, capitano e capo controllore della sala operativa del 35° CRAM di Marsala la sera del 27.06.80. E' colui che resosi conto dell'incidente si mobilita e mobilita la sala operativa per una serie di operazioni che fanno chiaramente rilevare lo stato di allerta del sito. Invece in atti egli ha sempre affermato, unitamente agli altri operatori di Marsala, che la sera del 27.06.80 non vi fu alcuna situazione di emergenza. E non ha saputo dare alcuna spiegazione della sua attività alla console.

Corsaro Aldo, capitano, capo controllore e guida-caccia di sala operativa del radar di Siracusa, in servizio presso la sala la sera del 27.06.80, come risulta dalla conversazioni telefoniche, intercorse con i siti di Marsala, Martina Franca e Ciampino, da cui si è riusciti a determinare con certezza l'effettiva presenza del personale in sala operativa (in contrasto con altro documento acquisito nel 93 da cui risulta una situazione solo parziale). L'ufficiale in un primo tempo non ha ricordato se il 27.06.80 fosse in servizio e nemmeno se il radar quella sera fosse in manutenzione. Persino dopo l'ascolto delle telefonate ha riferito di non riconoscere nessuno tra gli interlocutori.

De Lazzari Remo, sergente maggiore TPO di sala operativa del radar di Siracusa, in servizio presso la sala la sera del 27.06.80, come risulta dalle conversazioni telefoniche, intercorse con i siti di Marsala, Martina Franca e Ciampino. Anche lui in un primo tempo non ha ricordato se quella sera fosse in servizio e se il radar fosse in manutenzione. A seguito dell'ascolto delle telefonate ha insistito nell'affermare di non ricordare se la sera del 27.06.80 stesse in sala; in un primo tempo ha riferito di non conoscere nessuno tra gli interlocutori e, solo successivamente nell'ascolto delle telefonate delle 18.13 e delle 18.15, ha riconosciuto in entrambi i casi la voce del sergente Arena.

Arena Giuseppe, sergente, assistente al capo controllore nella sala operativa del radar di Siracusa, era in servizio la sera del 27.06.80, come risulta dalle conversazioni telefoniche. Anche dopo l'ascolto delle telefonate non ha ricordato alcunchè; ha ammesso solo di riconoscere la propria voce nella telefonata con Marsala delle ore 19.00.

Orabona Modestino, tenente colonnello, nell'88 comandante del 22° CRAM di Licola, il quale in occasione della richiesta su "gli ordini di servizio nominativi del personale addetto agli impianti radar" nei giorni 27 giugno e 18 luglio 80, aveva comunicato un elenco del personale in servizio la sera del 27 giugno, la cui parzialità ed incompletezza si sono rivelate solo a partire dal 95 a seguito di analoga e reiterata richiesta di questo Ufficio.

De Paolis Mario, generale di Squadra Aerea, capo di Gabinetto del Ministero della Difesa dal 1° luglio 80 all'84, il punto di collegamento tra Gabinetto SMD e SMA sia sull'incidente del MiG libico che per quello del DC9 Itavia. E' entrato a pieno titolo nell'inchiesta a seguito del rinvenimento di documentazione, nel settembre 1996, presso il Ministero della Difesa. Sono stati trovati alcuni suoi appunti manoscritti dove si legge testualmente, in relazione all'incidente del MiG: "documenti molto interessanti: una specie di testamento dichiarazione" Nonostante la dovizia di riferimenti contestatigli però nulla ricorda pur a fronte di circostanze e documenti oggettivi.

Il colonnello Gaudio Francesco è un ufficiale che ha seguito la vicenda del DC9 Itavia per quasi un decennio, analizzando la relativa documentazione e redigendo appunti. Nulla ricorda, nonostante la sua memoria sia stata sempre "rinfrescata" per gli incarichi che ha ricoperto dal 1980 al 1983 al 2° Reparto SIOS, dal 1984 al 1987 quale capo Ufficio Sicurezza al Volo del 3° Reparto, ufficio che custodiva tutta la documentazione dell'incidente, e dall'88 al 91 quale capo del 1° Reparto dell'ITAV, presso di cui sotto la sua responsabilità furono redatti gli elaborati della descrizione delle tracce avvistate dai siti di Licola, Marsala, Poggio Ballone, Potenza Picena e Capo Mele. Ed anche per l'incidente del MiG libico, avendo nell'ottobre 88 presieduto una Commissione che analizzò tutta la documentazione relativa all'incidente e redasse di conseguenza dettagliata relazione. Nonostante tutta questa attività Gaudio non solo non ricorda ma si mostra totalmente reticente su argomenti relativi alla predisposizione di elaborati per lo Stato Maggiore negli anni 89, 90 e 91.

Il tenente colonnello Patroni Griffi Vito, capo controllore della sala operativa del 3° SOC di Martina Franca la sera dell'incidente, ha reso nel tempo dichiarazioni contraddittorie ed ha cercato di giustificare tutte le sue azioni di quella notte, in contrasto con le comunicazioni telefoniche e i documenti agli atti. Patroni Griffi è l'unico a conoscere la verità sui plottaggi delle tracce AG266 e AJ421 trasmesse da Licola quella notte al SOC, la prima alle 19.41Z e la seconda alle 22.22Z. L'importanza - lo si è scritto più volte - di queste due tracce è senza pari per l'inchiesta. Infatti la traccia AG266, come emerge inconfutabilmente dalle conversazioni telefoniche e sul registro dell'IC di Marsala, fu avvistata da Licola alle 18.50Z intorno a Ponza, persa alle 19.00Z sul punto Ambra 13 Bravo ed attribuita al DC9 Itavia. Ebbene questi dati "scompariranno" sin dal 28 giugno dai plottaggi trasmessi allo Stato Maggiore dal 3° SOC; mentre l'11 luglio 80 i dati di questa traccia saranno indicati da Licola in ore 19.04Z come primo avvistamento e in ore 19.13Z come ultimo avvistamento. Sul plottaggio della traccia AJ421, in cui si parla nella conversazione delle 22.22Z, è lo stesso Patroni Griffi a chiedere al suo interlocutore cosa stia trasmettendo in quanto egli aveva notato dei "baffoni". Si ricordi che questo numero di traccia è quello attribuito da Marsala al DC9 Itavia alle ore 18.53Z e che non comparirà più sulla THR del sito fino alle ore 06.30Z del 28 giugno. Sin dal primo esame testimoniale Patroni Griffi ha sempre sostenuto che quella era una conversazione intrattenuta con Marsala e che egli seguiva la traccia "grezza" sulla console della sala operativa del SOC.

Nel 96 allorchè fu accertato con sicurezza che quella comunicazione telefonica era intercorsa tra la sala operativa del SOC e la postazione del capo controllore di Licola, Patroni Griffi modifica le sue precedenti dichiarazioni e tenta di giustificarsi asserendo che quel traffico non lo aveva osservato alla console bensì sul display board, essendo Licola un sito fonetico - manuale. Patroni Griffi la notte dell'incidente accerta che la traccia LK477 - secondo lui probabilmente appartenente al DC9 Itavia dopo che aveva escluso la traccia AG266 - era inesistente presso il sito d'origine di Potenza Picena, ed esclama imprecando "questo è il regalo del Nadge". Ebbene questa traccia sin dal 28 giugno e per anni, fino al 92, viene considerata quella del DC9 Itavia.

Il colonnello Fiorito De Falco Nicola, Capo del 2° Reparto - Traffico Aereo dell'ITAV nel 1980, è stato l'ufficiale che ha seguito, sin dalla notte del 27 giugno 80, tutte le fasi dell'incidente del DC9 sia come prima notizia e ipotesi di incidente dovuta a collisione o esplosione o cedimento strutturale. Nel periodo immediatamente successivo, affiancato da altro ufficiale della Difesa Aerea dell'ITAV, ha seguito attraverso disposizioni via telex e comunicazioni telefoniche con il 3° Reparto dello Stato Maggiore da lui personalmente effettuate l'iter del decreto di sequestro emesso dall'AG di Palermo il 5 luglio 80; ha consegnato personalmente il materiale richiesto dal PM Dr: Santacroce, affermando nel relativo verbale di esecuzione del sequestro del 22 luglio, che i nastri non potevano essere consegnati perché inseriti in modo permanente nell'elaboratore. Fiorito De Falco che la sera del 21 precedente aveva ricevuto un plico proveniente da Trapani Birgi con il materiale dei centri radar di Licola, Marsala e Poggio Ballone; materiale di quest'ultimo centro che non sarà mai più rinvenuto. Sempre nel luglio 80, così come risulta nel diario storico, Fiorito ha ricevuto dall'ufficiale della Difesa Aerea dell'ITAV le registrazioni di dati e le comunicazioni TBT di Licola, Marsala e Poggio Ballone. Anche di questa documentazione, riferita in particolar modo alle comunicazioni TBT dei tre siti e alle registrazioni di Poggio Ballone, non s'è mai più trovata traccia. Fiorito nonostante le evidenze documentali ha sempre escluso ogni sua partecipazione ai fatti contestati. Fiorito non sa dare plausibili spiegazioni in merito alle note manoscritte del 2 ottobre 80, relative al colloquio con il colonnello Pacini del 3° ROC e il colonnello Sidoti del 3° Reparto dello Stato Maggiore. Alcune sue note manoscritte del luglio 90 nella sua agenda personale, quando egli è già in servizio al S.I.S.MI, in merito alla ricerca del materiale di Poggio Ballone richiesto da quest'Ufficio all'ITAV, hanno consentito di accertare elementi fortemente contraddittori tra quanto egli afferma e quanto invece dichiara il generale Pugliese. Fiorito esclude di essersi "rinfrescata la memoria" all'ITAV prima dell'esame testimoniale reso il 16 ottobre 90, come esclude di averne riferito gli esiti a Pugliese. Tutto ciò invece risulta chiaramente scritto nella sua agenda personale sotto le date del 15 e 16 ottobre 90.

Il colonnello Pongiluppi Dante, capo Ufficio Operazioni del CRAM di Poggio Ballone nel 1980 e ufficiale addetto presso il 1° Reparto dell'ITAV nel periodo 88-91, al pari del colonnello Gaudio, ha ricoperto incarichi di comando, presso i quali ha attivamente seguito la vicenda del DC9 Itavia. Egli ricorda alcune vicende del 1980 con riferimenti e dettagli chiari ma su altre vicende appare del tutto reticente. Tra l'89 e il 91, durante il periodo trascorso all'ITAV, fa parte di quel team che realizza vari elaborati con la descrizione delle tracce dei siti di Licola, Marsala, Poggio Ballone, Potenza Picena e Capo Mele per lo Stato Maggiore, e partecipa in modo attivo a riunioni con il collegio peritale Blasi; ma nonostante questa attività sia documentata e sia riferita ad un periodo di tempo non lontano all'esame testimoniale, egli non ricorda. E' singolare altresì la circostanza che Pongiluppi nel 90 esamini la copia della THR di Poggio Ballone, quella da lui predisposta nel luglio 80, e non segnali la mancanza di dati di registrazione, come non segnali la ripetizione di dati con lo stesso orario sulla THR. Così come è singolare che le note undici cartine con i plottaggi predisposti ed esaminati da lui nel luglio 80 non contengano il plottaggio del DC9 Itavia.

Atteggiamenti analoghi caratterizzati da comportamenti reticenti e preclusivi verso l'attività istruttoria, hanno tenuto numerosi appartenenti ad altri Enti militari. Nel S.I.S.MI, i generali D'Ambrosio e Mei, il colonnelli Pipitone, la dottoressa Pollastri, il colonnello Notarnicola, il tenente colonnello Alloro, i capitani Masci e Curci ed il maresciallo Muratori. Nei carabinieri, il colonnello Livi, i tenenti colonnelli Valentini e Del Monaco, il capitano Inzolia, i tenenti Santoliquido e Zuliani, i marescialli Raimondi, Cariati e Lo Giacco, il carabiniere Carioti. Nella Guardia di Finanza i marescialli Argiolas, Mura e Rizzo. Ma su queste posizioni in altri capitoli.

1.4. Gli interessamenti all'inchiesta.

Quell'interesse che aveva mosso le iniziative dell'immediatezza e che permase nello Stato Maggiore Bartolucci, si trasmise in alcuni ambienti delle Forze Armate anche in tempi successivi. E di esso si hanno manifestazioni in tutti gli anni 80 e di certo anche in quelli 90, quanto meno sino ai comandi Pillinini ed Arpino - anche se tramite alcuni consulenti di parte si conserva il legame tra gli imputati di quel primo Stato Maggiore e alcuni ufficiali ancora in servizio, che potevano disporre delle conoscenze e di mezzi della Forza Armata. Le evidenze più manifeste che si sono scoperte sono qui di seguito riportate.

Nel corso dell'inchiesta lo Stato Maggiore dell'Aeronautica ha costantemente dato mostra di non avere particolari e diretti interessi alla vicenda del DC9 Itavia. Mentre in realtà più Stati Maggiori succedutisi nel tempo hanno posto in essere comportamenti di chiaro interessamento e non rare volte di inequivocabile interferenza. Emblematica la nota conversazione telefonica risalente al marzo del 1989 (la cui registrazione è stata acquisita agli atti dell'istruttoria), tra il sottocapo di Stato Maggiore, generale Meloni e l'ingegnere Massimo Blasi, coordinatore dell'omonimo collegio peritale. Nella quale si colgono, oltre alla deferenza del coordinatore nei confronti del suo interlocutore, giustificazioni ed assicurazioni sulla condotta di altro membro del collegio peritale, a seguito evidentemente di contestazioni del generale, con conseguente scarico di responsabilità su consulenti di parte civile collegati a giornalisti.

Appare quindi impressionante l'interferenza sulle attività del collegio Blasi, disturbato ed inquinato dagli interventi di imputati e consulenti di parte dell'AM, la cui azione proseguirà con più evidenza nei confronti del successivo collegio peritale, il cd. Misiti, al punto da costringere questo GI ad emettere un provvedimento di revoca di due membri di questo collegio.

La relazione finale della cosiddetta Commissione Pollice (coeva alla Pratis) - generata sicuramente dalla volontà di indagare in proprio e valutare così i risultati altrui, precipuamente quelli dei collegi dell'Ufficio - inoltrata al generale Meloni sin dal 15.12.88, non è mai stata rinvenuta agli atti del 3° Reparto da cui il generale Pollice dipendeva. Lo SMA non ne aveva mai riferito, né ovviamente ne aveva trasmesso copia. Solo, e quasi occasionalmente, questa AG ne è venuta a conoscenza a distanza di anni, l'11.09.96 nel corso dell'esame testimoniale di Meloni che ha esibito e consegnato la predetta relazione.

La cosiddetta commissione Pisano costituisce di per sé testimonianza eloquente di queste interferenze. Vale la pena di ricordare che nella lettera di incarico, il Ministro annota una particolare raccomandazione: l'inchiesta dovrà essere svolta "in connessione alle conclusioni cui è pervenuta la consulenza tecnica d'ufficio disposta dall'Autorità Giudiziaria penale circa le cause dell'incidente al DC9 Itavia". Il Ministro della Difesa aveva anche impartito direttive all'atto della costituzione, affinchè il lavoro della Commissione venisse svolto con approfondimento, obiettività e correttezza massime; e, quanto meno oralmente, aveva segnalato la necessità di non interferire con l'istruttoria penale in corso e con l'inchiesta avviata contestualmente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - cd. Commissione Pratis. La Commissione cui il Ministro si riferisce è la "Blasi" che, in data 16.03.89, formalmente aveva consegnato le proprie conclusioni a questo Ufficio.

In effetti le conclusioni cui era pervenuto il collegio peritale ponevano seri dubbi sull'operato e sulle conseguenti responsabilità dell'Aeronautica Militare in relazione alle circostanze connesse all'incidente del DC9 Itavia, tanto da attribuirlo ad esplosione esterna e più precisamente ad un missile aria-aria. In dette conclusioni il collegio peritale si spingeva oltre, affermando anche la presenza di un velivolo da caccia nelle vicinanze del DC9; presenza suffragata da documentazione relativa al controllo del traffico aereo di Ciampino. La relazione Pisano, proprio per contrastare quei risultati della Blasi e oltrepassando i limiti dell'oggetto affidatole dal Ministro, si pronunziava anche sul merito della causa del disastro, ovviamente in senso opposto a quello della perizia Blasi.

La relazione fu trasmessa anche a questo Ufficio, e seppure a distanza di tempo emersero tutte le carenze, gli stravolgimenti di fatti, le omissioni di cui era affetta. Le critiche sono quelle che, sulla base dell'istruttoria compiuta, vengono compiutamente elencate dal PM nelle richieste del 21.12.91, e che devono essere condivise. A tale atto perciò si rinvia.

Anche le precisazioni da parte del generale Pisano sulla correttezza che la Commissione avrebbe tenuto nell'interpretare il mandato del Ministro della Difesa (v. interrogatorio Pisano Franco, GI 05.06.92) non appaiono fondate. In realtà, nel tentativo di legittimare in ogni caso l'operato dell'Aeronautica, la Commissione supera i limiti del mandato conferitole e redige un capitolo dedicato a considerazioni aggiuntive ove troverà posto anche la relazione del generale Santucci, che con le sue dichiarazioni dà una versione non veritiera sul lavoro svolto dal National Transport Safety Board americano in seguito alla missione del generale Rana, allora Presidente del Registro Aeronautico Italiano.

La relazione Pisano è chiamata a misurarsi con altri e numerosi "episodi critici" che ancora adesso sono motivo di dubbio e di seria perplessità in ordine al corretto operato dell'Aeronautica Militare. Come il mancato ritrovamento del DA1 del 22° CRAM di Licola e l'attività relativa alla esercitazione Synadex presso il sito di Marsala nonché le false attestazioni dei militari impiegati in quella sala operativa la sera del 27.06.80. Per quanto concerne l'attività del SIOS presso i siti di Marsala e Licola in relazione al disastro di Ustica è stato più volte contestato al generale Pisano l'aver omesso nella relazione un espresso riferimento al reparto informazioni, attese le diverse tracce dell'attività di appartenenti a quell'articolazione.

Altro episodio che è opportuno riferire è quello inerente la redazione dei plottaggi del DC9 Itavia da parte già nominata del colonnello Giorgio Russo, capo Ufficio Operazioni della RIV di Ciampino, il quale sentito dalla Commissione Pisano, rilascia importanti dichiarazioni sulla rilevazione radar di molti echi primari seguenti la scomparsa del segnale; ma sui contenuti di questa significativa testimonianza la commissione ha ritenuto di non soffermarsi, attribuendo agli interrogativi suscitati dal Russo scarsa considerazione.

Quanto alla vicenda del mancato ritrovamento del DA1 di Licola, essa ha costituito motivo di interesse per il GI fin dai primi anni dell'inchiesta. Il giorno stesso il DA1 potrebbe essere stato compilato unitamente alla copia integrale ed ordinata. Copia che, con tutto l'altro materiale cui si riferiva la richiesta di sequestro, affluì a Trapani Birgi. Il DA1 invece sarebbe rimasto a Licola ancora per un certo numero di anni. Sulla ricerca dell'importante documento sia l'attività della commissione che i risultati cui essa pervenne sono tutt'altro che confortanti. Infatti il Capo di Stato Maggiore riesce a mala pena a dar conto di aver debolmente ricercato il documento, pur esprimendo grande rammarico per non essere venuto a capo della questione (audizione Pisano, Commissione Stragi 12.10.89).

Eloquente anche l'episodio della falsità dell'ordine di servizio relativo al personale presente presso il radar di Marsala per lo svolgimento dell'esercitazione Synadex, con la falsa attestazione di militari (sergente Gioia e maresciallo Spera) che in realtà non parteciparono all'esercitazione. Il fatto venne denunciato all'AG solo in seguito alla stesura della relazione, ben nove anni dopo la data dell'incidente. Ulteriormente rimarchevole che le ricerche sul personale, il cui esito intervenne come si è visto solo nell'89, fossero già in corso dall'ottobre 86.

Non c'è dubbio che i vari Stati Maggiori dell'AM succedutisi nel tempo, quanto meno sino al tempo di Pillinini, hanno in diversa misura contribuito a sostenere - ovviamente non sempre in mala fede - la causa della Forza Armata nella vicenda Ustica.

In relazione a questo particolare aspetto, corre l'obbligo di soffermarsi su una delle figure che hanno fortemente determinato e condizionato le decisioni dell'Aeronautica Militare sulla nota vicenda: il generale Stelio Nardini, che il 16 aprile 90 assume la carica di Capo di Stato Maggiore, mantenendola fino al 24 marzo 93, data in cui gli succederà il generale Adelchi Pillinini. Dal momento in cui il generale Nardini assume l'incarico di Capo di Stato Maggiore si registra un più attento e forte interesse sulla vicenda e sullo svolgimento delle indagini e delle perizie. In tal senso occorre ricordare le numerose annotazioni del generale Nardini (tra le più significative quelle riportate sulle sue agende) riferite ai consulenti di parti nonché agli stessi periti d'ufficio, sulle quali il teste, in sede di escussione, ha sempre riferito evasivamente, sostenendo che le stesse fossero relative a contatti avuti in esito a notizie apprese sugli organi di stampa.

In seno alla Forza Armata, Nardini viene considerato alla stregua di un condottiero "ideale" capace di saggiare gli "umori" del personale, che da più tempo auspicava una veemente reazione agli attacchi provenienti dalle diverse sedi ed istituzioni. Un interesse, quello di Nardini, che talvolta diventa quasi diretto e personale. Vale la pena di accennare che nel marzo del 1989 - Nardini all'epoca rivestiva l'incarico di Consigliere Militare del Presidente della Repubblica - richiede per le vie brevi al comandante del Gruppo dei Carabinieri di Catanzaro la sentenza di archiviazione relativa all'incidente del MiG libico in Sila. Una richiesta, è bene precisarlo, solo informale, che in realtà poteva essere avanzata dalla Forza Armata attraverso i normali canali e la cui data, stranamente, coincide proprio con il deposito della prima perizia Blasi (16.03.89).

Nonostante l'incarico presso la Presidenza della Repubblica, il generale continua a seguire con interesse le riunioni presso lo SMA in cui veniva trattato l'argomento di Ustica. Ciò si rileva nel resoconto sommario della riunione del Consiglio dei Generali di S.A. dell'1.07.88, alla quale, oltre al generale Nardini, presenziano i generali Fazzino, Zauli, Tascio, Meloni e Pisano. Nel corso della riunione, indetta per redigere il punto sulle problematiche connesse all'incidente del DC9, si stabilisce una precisa linea di azione tendente a fornire puntuali e documentate risposte all'AG in modo da tutelare la Forza Armata.

Durante il suo comando egli segue tutti gli sviluppi dell'inchiesta, in particolare facendosi riferire continuamente dai consulenti di parte imputata, ufficiali suoi subordinati, e tentando di conoscere le strade che stanno intraprendendo i periti d'ufficio. Durante questa gestione lo SMA appare particolarmente indulgente con gli imputati, a tal punto che i rapporti vengono mantenuti con disinvoltura. Gli imputati possono frequentare gli ambienti di Palazzo dell'Aeronautica; mantenere relazioni con colleghi e sottordinati; prender visione di documenti. Soltanto nel 93, con l'incarico di Capo di Stato Maggiore al generale Adelchi Pillinini, si verifica un cambiamento di tendenza nei vertici dell'AM e si interrompe il rapporto tra i vertici e gli imputati delle Forze Armate. La sua collaborazione si manifesta anche nel corso della deposizione dinanzi a questo GI nel febbraio del 95. In quella occasione, il generale, oltre a fornire chiarimenti sulla nota vicenda di Ustica, non esita ad esibire anche documentazione che era stata lasciata nel suo ufficio dal suo predecessore Nardini.

Nel giugno del 90, lo Stato Maggiore Aeronautica richiese all'ITAV di elaborare un documento da inviare alla Commissione Stragi che contenesse la descrizione e la rappresentazione grafica delle tracce registrate dai siti di Poggio Ballone e Potenza Picena. Pertanto, l'ITAV per soddisfare la richiesta dello SMA, realizzò un primo elaborato in data 11.09.90 e circa tre mesi dopo, il 17 dicembre dello stesso anno, ne produsse un secondo allo scopo di correggere tutti gli errori riscontrati nella revisione del primo elaborato. Entrambi i documenti furono inviati alla Commissione Stragi rispettivamente, il 17 settembre ed il 19 dicembre 90.

Soltanto nel febbraio 96, a seguito del sequestro documentale operato presso gli Uffici dell'ITAV sono emersi elementi preziosi per l'inchiesta. Infatti, tra la documentazione di varia natura, sono stati rinvenuti i due noti appunti che riportano le "considerazioni sui velivoli con velocità superiore a 800 nodi" e quello sulle possibili "deficienze" del sistema radar che sono stati consegnati al generale Blandini il 21 ed il 28.11.90. Detti appunti sono stati compilati in uno spazio temporale compreso tra la redazione del primo ed il secondo elaborato ITAV; entrambi gli appunti avevano lo scopo preciso di chiarire tutte quelle discrepanze che comparivano nei tracciati radar. In effetti, il contenuto dell'appunto del 21.11.90 fornisce chiarimenti in ordine alle anomalie evidenziatesi dalla lettura delle THR di Marsala e Poggio Ballone ove emergono differenze, anche di un certo rilievo, su posizioni, prue, velocità e quote di diversi aeromobili.

Ma nel primo elaborato presentato dall'ITAV non viene effettuata l'analisi delle tracce con valori di velocità superiori a 800 nodi: una dimenticanza non trascurabile che impedisce di attribuire alcune tracce a velivoli militari. Tale ultima circostanza non sfugge ad un'attenta analisi dello SMA, e l'ITAV fornisce al generale Blandini un altro appunto, datato 28.11.90, ove vengono espresse considerazioni proprio su quelle tracce. Considerazioni che però non trovano collocazione negli elaborati consegnati alla Commissione Stragi - le sole considerazioni espresse riguardano principalmente l'omissione degli IFF. Ma proprio il tentativo di operare una correzione dei dati riportati nel primo elaborato si rivelerà maldestro, evidenziando una diversa e sostanziale differenza tra i due elaborati, il cui contenuto lascia spazio a molti interrogativi ai quali l'ITAV non ha mai fornito plausibili risposte.

Come ben si vede quell'interesse che determinò sin dall'inizio dei fatti un intervento pesante del vertice dello SMA continua negli anni. L'inversione di tendenza si manifesta solo con Pillinini e perdura con determinate scelte di Arpino. Interesse che di certo non sopravvive allo Stato Maggiore Bartolucci per semplice forza d'inerzia, ma in virtù di precise determinazioni e sorretto dai legami di colleganza e da quel malinteso spirito di corpo di cui già s'è detto.

1.5. I grandi sviamenti e depistaggi.

Questa inchiesta, come tante altre sulle stragi che hanno afflitto la storia della nostra Repubblica, se non più delle altre per gli interessi nazionali e internazionali che ne sono coinvolti e per essere durata nella sola fase dell'istruzione quasi un ventennio, è stata afflitta da tentativi, più o meno riusciti, di inquinamenti e sviamenti di ogni genere. La disinformazione e l'intossicazione non hanno mai avuto interruzioni, e a volte sono state devastanti. Solo nell'ambito dell'ipotesi di abbattimento per missile o comunque su di un agguato di carattere bellico o forse terroristico da parte di Stati od organizzazioni a danno di Stati o privati, sono state formulate da depistatori, generalmente di professione e solo eccezionalmente da persone in buona fede, decine di piste in cui più Stati, dagli Stati Uniti ad Israele e dalla Francia all'Iraq, alla Libia ed altri, hanno rivestito più disperati ruoli, di aggressori, di vittime, di occasionali presenti sulla scena e inversamente, in più formazioni di alleanza, ostilità o semplice neutralità. L'elencazione è nelle pagine della motivazione.

Ma qui deve porsi una tanto essenziale quanto lapalissiana distinzione tra i depistaggi; quelli di provenienza e iniziativa individuale, a volte anche di individui non sani di mente - che sovente si sono espressi in forma anonima, e i cui scritti hanno letteralmente occupato più fascicoli degli atti - e quelli di chiara derivazione da organizzazioni od entità similari, che a volte s'è presunto avessero raccordi con centri anche nelle istituzioni, tanto si sono mostrati conoscitori dall'interno e così sapientemente hanno mostrato di dosare vero con falso da raggiungere risultati di non poco periodo. E qui tornano alla mente Sinigaglia, Demarcus, quelli della camorra. E proprio in questi depistaggi devono individuarsi quelli che potrebbero aver avuto origine od appoggi in ambienti vicini agli imputati, ambienti che di certo hanno pilotato non solo l'immane numero di reticenze e false testimonianze, ma anche vere e proprie operazioni di disinformazione o di messaggistica tra partiti avversi, come potrebbero apparire le versioni di Del Re.

Di esse s'è detto e s'è detto in particolare degli agganci con gli ambienti militari, in particolare con il 2° Reparto dello SMA. Certo non v'è prova diretta di disposizioni e pilotaggi da parte degli imputati, ma più indizi inducono a ritenere che essi si mossero in questa direzione.

1.6. Le "riscossioni" in carriera.

Di certo se non prova diretta delle condotte ascritte, elementi da tener comunque presenti ai fini di valutazione generale dei fatti sono quelli relativi alle "brillanti" carriere e ai trasferimenti "proficui" della quasi totalità dei coinvolti.

Bartolucci nell'83 diviene Capo di Stato Maggiore della Difesa; Tascio dapprima Segretario Generale dello stesso Stato Maggiore della Difesa, poi Ispettore generale dell'ITAV, quindi Ispettore Generale dell'Ispettorato Logistico; Melillo dapprima Sottocapo di SMD, quindi allo Shape di Bruxelles. Fiorito De Falco capo del 2° Reparto dell'ITAV e poi del 6° Reparto; quindi nell'87 al S.I.S.MI ove arriva sino alla carica di vice Direttore del S.I.S.MI. Pugliese resta al Gabinetto come vice-capo sino all'84; tra l'84 e l'87 è vice-comandante della 3ª Regione aerea; dall'87 all'agosto 91 Ispettore Generale dell'ITAV; da quell'agosto Direttore Generale dell'Aviazione Civile; Ferracuti, dapprima Addetto militare a Washington, poi Sottocapo di SMA.

Oltre Fiorito De Falco altri vengono trasferiti al S.I.S.MI, tra cui quel colonnello Livi della Legione di Catanzaro, che dalla Calabria raggiunge la direzione della 1ª Divisione. Così come diversi degli ufficiali dei siti radar vanno chi a Glons in Belgio, chi a Geilenkirchen, come Ballini, Lauretani e Pongiluppi, che in seguito avrà il comando del FOB.

Di contro il progresso dell'inchiesta ha bloccato più speranze di carriera; tra le altre quelle di Tascio, Melillo, Fiorito De Falco e Ferracuti.

1.7. L'omesso rapporto al livello politico.

Come si è scritto, tutti gli imputati del delitto ex art.289, c.p. e 77, c.p.m.p., hanno negato di esser venuti a conoscenza tempestivamente delle informazioni e notizie concernenti le ricerche e le ipotesi sulle cause della caduta del DC9, sui dati esplosivistici e radaristici, così come hanno negato di essere stati a conoscenza di una realtà diversa da quella ufficialmente propalata sulla caduta del MiG libico. E in tal modo ovviamente hanno negato l'essenza della contestazione e cioè di non aver riferito queste cognizioni al livello politico.

In effetti tutto il livello politico, cioè il Gabinetto all'epoca in carica nelle persona del Presidente del Consiglio e dei Ministri a maggiore competenza sui fatti, ha negato di essere stato messo a conoscenza della reale evoluzione dei fatti e delle effettive cognizioni del vertice della FA e del Servizio militare, e quindi ha affermato di avere ignorato la verità. Da cui, una volta provato che quel vertice era in possesso di quelle informazioni, se ne doveva necessariamente desumere che le conoscenze in questione fossero rimaste nell'ambito militare e che quindi anche le conseguenti decisioni fossero state prese a quel livello.

In vero le decisioni prese dai militari sono state di una tale rilevanza e gravità che appare impossibile che lo siano state senza l'avallo di un livello superiore. Celare i rapporti con gli Americani, le ricerche sulle ipotesi, le evidenze radaristiche ( conoscibili e di certo conosciute sin dalle prime ore successive al disastro (, le evidenze sull'esplosivo, le indagini su ogni relitto recuperato in mare, la data di caduta del MiG, la messinscena del conseguente 18 luglio, non appare credibile. Il livello militare deve averne discusso con un livello superiore nazionale, straniero o internazionale, e deve averne ricevuto il consenso. Anche il prendere tempo con i Libici e così favorire gli Americani per lo studio della macchina di produzione sovietica, come ammesso anche dal generale Arpino in Commissione Stragi, la restituzione del MiG e della salma del pilota alla Libia e l'accettazione della tesi dei Nordafricani, come ammesso dal Ministro Lagorio, anche se negato ma senza prove dal suo collega Colombo, non possono assolutamente stimarsi decisioni esclusivamente militari. Così come il progetto Notarnicola-Tascio e la chiusura totale sulla scienza radaristica. Così come la chiusura sui dati di maggior rilievo di altri Stati, e la scelta dei Paesi - sì agli Stati Uniti, a Israele, Germania e Gran Bretagna; no alla Francia - per l'esame dei reperti del MiG, appaiono scelte di carattere decisamente politico. Se solo si considera la costituzione e la non breve durata del Working Group presso l'ambasciata americana, non se ne può non dedurre che anche il livello diplomatico e quindi politico americano fossero a conoscenza della problematiche sul disastro. E quindi appare del tutto anomalo che i militari italiani siano riusciti a tener tutto nel proprio ambito. Di certo un livello più alto di quello militare in Italia, poteva essere raggiunto dall'omologo statunitense. E gli stessi canali si sarebbero attivati anche se nella decisione di posdatare la caduta del MiG la decisione fosse stata incredibilmente presa dai soli militari.

E se così è stato, nulla spiega la negativa degli imputati, se non un ferreo senso di malintesa fedeltà a un qualche livello superiore, politico interno o militare e politico esterno; imputati che a rigore di legge e di senso dello Stato avrebbero dovuto ammettere la conoscenza, e parlare di quel livello cui avevano riferito, e ne avevano ricevuto disposizioni ed avalli. Ma essi hanno negato in radice, anche l'evidenza della conoscenza.

Sul piano probatorio però nulla v'è di positivo o concreto in tal senso. Le deduzioni di cui sopra restano solo delle ragionevoli ipotesi. Gli unici che avrebbero potuto riferire in tal senso o sono morti o sono imputati militari. Quindi nulla può venirne in ausilio dell'inchiesta.

Solo un'ultima considerazione: se si collegano Ustica e Bologna, come molti hanno tentato, sotto qualsiasi specie di connessione, di moventi, e finalità, di azione e reazione, di doppio segnale (il primo non inteso, il secondo più forte e chiaro) e si accetta quindi la definizione delle due stragi come messaggi da Stati od organizzazioni al Governo italiano, appare strano anche che tale messaggistica, indipendentemente dai "rapporti" dei vertici dell'AM, non sia stata da alcuno compresa - il che suonerebbe come offesa all'intelligenza dei nostri politici ( o se compresa, mai resa di pubblico dominio.

2. Bartolucci Lamberto.

Il generale Lamberto Bartolucci era, all'epoca dei fatti, il capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare ed ha ricoperto questa carica fino al 13 ottobre 83, per poi assumere l'incarico di capo di Stato Maggiore della Difesa, come s'è scritto, fino al 9 gennaio 86.

In merito alla vicenda di Ustica verrà sentito una prima volta da questa AG in data 21 novembre 86, in qualità di teste. Dopo circa tre anni, l'11 ottobre 89, viene chiamato a testimoniare dinanzi alla Commissione Stragi. In data 27 novembre 90 è sentito nuovamente in qualità di teste dinanzi a questo GI e, dopo la notifica del capo di accusa il 19 maggio 92, viene interrogato in qualità di imputato il 26 maggio ed il 2 giugno successivi. In effetti il 15 maggio 92 fu emesso mandato di comparizione nei confronti del generale Bartolucci per il delitto di attentato agli organi costituzionali in concorso, con il suo sotto capo Ferri e i capi del 2° Reparto Tascio, e del 3° Reparto Melillo. Come già ampiamente illustrato nella premessa relativa agli imputati dello Stato Maggiore, l'art.77 c.p.m.p. in relazione all'art.289 c.p. sanziona penalmente ogni fatto diretto ad impedire ad organi costituzionali, anche temporaneamente, l'esercizio delle loro attribuzioni e prerogative.

Nell'esame testimoniale del 21.11.86, si richiede, come già s'è detto, al generale Bartolucci di fornire delucidazioni in ordine ad alcune circostanze di rilievo, tra le quali: la comunicazione dell'incidente da parte del COP (Centro Operativo di Pace dello SMA); l'attività della Difesa Aerea e l'assenza di tracce significative prossime al DC9 Itavia; lo svolgimento dell'esercitazione simulata denominata "Synadex". Le risposte rese dal teste sono generiche e superficiali, tese evidentemente ad evitare quelle problematiche più gravi che per anni l'inchiesta ha dovuto affrontare.

Si dovrà attendere l'audizione dell'ottobre 89 dinnanzi alla Commissione Stragi per cogliere l'evidente gravità ed il senso delle responsabilità in cui era incorso il generale Bartolucci per effetto del suo incarico di massimo rappresentante della Forza Armata. L'atteggiamento assunto dall'audito nel corso dell'atto in esito ai quesiti posti dalla Commissione suscita evidente perplessità tra gli stessi membri dell'organo parlamentare. Chiamato in quella sede a fornire chiarimenti su gran parte delle circostanze più dubbie, il Bartolucci dichiara continuamente la sua estraneità ai fatti, mostrandosi come ultimo referente di una gerarchia militare piramidale la cui funzione era di fatto meramente di contatto con il livello politico. Anche in questa sede le risposte sono generiche e non circostanziate, denotando nel personaggio un intento di prendere le distanze dalle disposizioni che vennero impartite dallo SMA in merito alla vicenda. Bartolucci tende a marginalizzare il proprio ruolo; lascia intendere che le decisioni prese nell'ambito di fatti operativi di rilievo erano state adottate a livelli sottostanti dal Sottocapo di Stato Maggiore ovvero dai Capi Reparto. Egli vuole pertanto apparire come il terminale di una serie di situazioni evolutesi nel tempo le quali, una volta acquisite le dovute cognizioni, venivano portate a conoscenza delle autorità politiche di Governo.

In quella sede molteplici gli argomenti sui quali il generale è chiamato a rispondere: il funzionamento della catena operativa; la questione radaristica e gli avvistamenti del 27 giugno 80; l'attività volativa USA; i rapporti S.I.S.MI/SIOS; l'ipotesi del missile; la trasposizione su carta dei dati radar ed altri ancora che comunque costituiscono sviluppi di quegli argomenti cardine. Le risposte fornite dal teste sono però, per più versi, appena sufficienti a tracciare un quadro informativo concernente aspetti di carattere generale. Analogamente le risposte fornite su argomenti di specifico rilievo, nella maggior parte dei casi non sono esaurienti ed il teste frequentemente non esita ad esprimere riserve alla Commissione per far fronte alle domande formulate. Si avverte sin dalle prime battute dell'audizione un atteggiamento di evidente chiusura, che non sfugge alla Commissione, tanto da suscitare indignazione e richiesta di ammonizione per reticenza.

Nell'esame testimoniale del 26.07.91 dinnanzi a questo GI, il generale Mangani riferisce in ordine al contenuto della conversazione telefonica delle ore 21.40Z del 27.06.80 intercorsa tra lui ed il tenente Smelzo: "Il comandante che interloquisce nella conversazione con Smelzo sono sicuramente io ... ritengo di aver riferito a qualcuno quanto era successo nella notte del 27 giugno 80. Dovrei aver riferito a Bari e a Roma. ...A Roma capo di Stato Maggiore era il generale Bartolucci e il suo vice Ferri. Se ho parlato con lo Stato Maggiore, ho parlato con uno di questi due. Non ho ricordo se ho parlato con lo Stato Maggiore, ma sono sicuro di sì ... i rapporti sono stati orali, per telefono. Ritengo di aver parlato sia la sera stessa che l'indomani mattina ... . La mattina successiva ritengo di aver sentito personalmente Bartolucci, al quale ho confermato quanto presumibilmente avevo già detto al COP". Ed ancora ulteriori riferimenti al Capo di Stato Maggiore nell'esame testimoniale del 14.01.92: "...Io sono in rapporti con Bartolucci da diversi anni. Gli ho riferito di sicuro in modo molto informale. Gli ho riferito l'indomani mattina, almeno così ricordo. Come prassi il capo di Stato Maggiore va in ufficio anche di sabato e quindi ritengo di averlo contattato in ufficio".

Ma sul punto, Bartolucci nega di essere stato informato: "Questa ipotesi - nde: dell'esplosione - sicuramente non è stata riferita né a me né allo Stato Maggiore, quando parlo di Stato Maggiore parlo del generale Ferri, nell'immediatezza; può darsi che ne abbiamo parlato successivamente, ma sono passati molti anni... . Comunque escludo, non lo ricordo, ma escludo che Mangani mi abbia potuto dire una cosa del genere nell'immediatezza" (v. interrogatorio Bartolucci Lamberto, GI 02.06.92).

E qui occorre fare una breve considerazione riguardo al rapporto Mangani-Bartolucci. Non appare plausibile che un comandante di un reparto sul quale grava, suo malgrado, la responsabilità di acquisire nel dettaglio quante più informazioni possibili sull'accaduto, non abbia poi travasato le sue cognizioni - corredate anche da ipotesi verosimilmente possibili in un quadro di concitazione ed allarme generale, quali per l'appunto quelle del generale Mangani - ai vertici dello Stato Maggiore. La stessa considerazione è valida per tutti quegli Enti (ROC, Marsala, Ciampino e ITAV) che in qualsiasi maniera avevano acquisito conoscenze più specifiche sulla vicenda e sui quali gravava doverosamente l'obbligo di far rifluire verso l'alto tutte le notizie utili alle determinazioni dei vertici dell'Arma.

E quindi di certo l'ipotesi dell'esplosione, anche esterna, venne prospettata e quindi seriamente valutata e non considerata una mera voce di corridoio o scambio di opinione, come contrariamente vorrebbe far credere Bartolucci. Se così fosse, mal si attaglierebbero le dichiarazioni rese al riguardo dai testi americani Coe e Mc Bride i quali non esclusero, in prima istanza, anche l'ipotesi del missile quale causa di abbattimento del DC9 Itavia.

Nel corso dell'interrogatorio del 26.05.92 l'imputato prende atto delle testimonianze rese da Lippolis e da Mangani e, nell'affrontare l'argomento della presenza di traffico americano, pone delle riserve sull'esistenza del problema. In tal senso, il passaggio che segue appare eloquente: "Ripeto, queste osservazioni che sono state fatte nei primissimi momenti, qualcuna anche, forse esagerata, visto questo traffico americano che assolutamente non ho capito da chi possa essere, non ho capito proprio leggendo le carte da chi possa essere stato innescato; ma comunque molto giustamente hanno fatto ad appurare, a fare e noi abbiamo continuato chiedendo, quindi tutto giusto".

La telefonata delle ore 20.23Z intercorsa tra il colonnello Fiorito de Falco ed il tenente colonnello Guido Guidi è quindi propedeutica a tutta una serie di iniziative che nel contempo verranno avviate dall'ACC di Ciampino e che di riflesso coinvolgono i siti radar di Martina Franca, Licola, Marsala, ed il COP. Una frenetica attività che comprende anche i tentativi di contatto telefonico verso l'ambasciata USA al fine di verificare l'attività volativa e navale del grande alleato nella zona ed al momento dell'incidente. Le evidenze di ciò, rinvenibili, tra l'altro, nel contenuto delle registrazioni telefoniche tra siti, sono state sempre oggetto di contestazione agli imputati dello Stato Maggiore.

In effetti nel corso degli interrogatori disposti nei confronti dello "staff" dello Stato Maggiore, si è ritenuto di affrontare in prima analisi la questione del flusso di informazioni acquisito dagli imputati nell'immediatezza dell'incidente al fine di delineare il più compiutamente possibile il quadro delle iniziative e delle decisioni adottate dalle superiori gerarchie dell'AM.

Il generale Bartolucci è stato sentito in merito dalla Commissione Stragi nel corso della predetta ed ha riferito che la notizia lo raggiunse presso la sua abitazione tra le ore 21.30-21.45 "...mi sembra direttamente dall'ufficiale di servizio al COP o da un ufficiale che a sua volta era stato informato dallo stesso COP"; si premurò di chiedere agli enti preposti se risultavano velivoli italiani in volo "...nella preoccupazione di una collisione in volo poiché si trattava di una zona molto chiacchierata". Analoghi accertamenti vennero fatti nell'immediatezza presso l'Afsouth di Bagnoli "...per quanto riguarda velivoli della 6a flotta, che, quando sono in alto mare fuori dalle acque internazionali, vanno dove vogliono...". Bartolucci riferisce che le risposte non tardarono ad arrivare e tutti gli enti interessati esclusero la presenza di attività volativa italiana ed americana nella zona ed al momento dell'incidente. L'accertamento venne svolto sulla scorta delle registrazioni dei radar di Ciampino, Marsala e Licola. Per quanto concerne poi le ipotesi che circolavano negli ambienti dell'AM, Bartolucci colloca quella del missile nel mese di dicembre dell'80 in considerazione degli insistenti riferimenti avanzati in merito dalla stampa. Un'ipotesi che, secondo Bartolucci, era "...da noi considerata non perseguibile, perché non avevamo visto velivoli intorno all'aereo caduto ... tuttavia questa sensibilizzazione sull'ipotesi del missile non c'è mai stata e nessuno si è mai sentito preoccupato"(v. audizione Bartolucci Lamberto, Commissione Stragi 11.10.89).

In sede di interrogatorio del 26.05.92 in questa sede il generale Bartolucci conferma nella sostanza quanto già riferito in sede di audizione presso la Commissione Stragi, non aggiungendo, benché sollecitato nel ricordo, precisazioni. Non ricorda se fu il colonnello Giangrande, ufficiale di servizio al COP, ad avvertirlo. Esclude che nell'immediatezza o comunque la sera del disastro possa essere stato contattato dal COSMA, dal ROC o dall'ITAV. Quando venne chiamato il soccorso era già stato avviato. Aggiunge che quella notte non parlò con Ferri né con Melillo, ma tutto venne rinviato alla mattina seguente.

Nel corso dell'interrogatorio più volte s'è chiesto all'imputato se quella sera o la mattina dopo venne informato della presenza di aerei americani nella zona ed al momento dell'incidente e sulle ipotesi che circolavano sulla caduta del velivolo. Bartolucci ribadisce di essere stato portato a conoscenza dell'esito degli accertamenti svolti sia in ambito AM che presso gli americani sull'attività volativa di quella sera, esito che escludeva qualsiasi coinvolgimento nel disastro aereo.

Dalle dichiarazioni rilasciate da Bartolucci nell'ambito della Commissione Pisano, si evince che detta informazione è stata appresa nella medesima serata proprio a seguito di specifica richiesta che comprendeva anche quella di "sapere eventuale attività aerea alleata, con particolare riferimento a quella USA" (v. dichiarazione Bartolucci Lamberto, Commissione Pisano 26.04.89).

Dopo aver ascoltato la telefonata intercorsa tra il tenente colonnello Guidi ed il colonnello Fiorito de Falco, l'imputato non sembra particolarmente turbato o perplesso, limitandosi a dichiarare di non essere mai stato informato sulle considerazioni e le ipotesi espresse nel corso della conversazione tra i due ufficiali: "...sì, hanno risposto negativamente - nde: con riferimento agli americani - e quello che poi abbiamo saputo è la sintesi degli eventi quando ci sono state dette la mattina, queste proprio non... mai sentite io personalmente, credo che neanche il sottocapo; non so se a livello Stato Maggiore abbiano sentito, ma credo di no".

Posto dinanzi alle evidenze emerse dalle conversazioni telefoniche, gli imputati dello Stato Maggiore hanno tutti concordemente negato quelle circostanze. Una negazione che dura da anni e sulla quale l'Aeronautica Militare ha da sempre preso le distanze, sostenendo che tali notizie, con particolare riferimento a quella concernente il traffico aereo militare americano, sicuramente vennero verificate senza però ottenere alcun riscontro positivo dagli enti della Difesa Aerea e del traffico civile.

Nel prosieguo Bartolucci continua a sostenere che tutta la linea gerarchica era stata doverosamente avvertita ed ognuno, per la parte di competenza, aveva impartito le conseguenti disposizioni. In realtà, le dichiarazioni rese da questo imputato presentano - alla luce delle molteplici evidenze e riscontri, in parte sopra accennati, e meglio descritti nei capitoli di pertinenza - rilevanti incongruenze.

Il generale Bartolucci non ricorda che la Commissione Luzzatti, costituita dal Ministero dei Trasporti, dopo aver esaminato i dati radar di Ciampino, aveva ipotizzato l'esistenza di un oggetto non identificato che aveva attraversato la zona dell'incidente ad alta velocità: un elemento importante, già a conoscenza della stessa al punto tale da far sorgere, in quegli stessi ambienti, il forte sospetto che il velivolo DC9 Itavia potesse essere stato abbattuto da un missile. Tutto ciò è tra l'altro ampiamente dimostrato dagli atti della Commissione Luzzatti (di primaria importanza la figura del maggiore Mosti, componente della Commissione su indicazione dell'Aeronautica Militare) ove, sin dal 3 luglio dell'80, emerge inequivocabilmente il livello di diffusione di tale ipotesi.

Ma Bartolucci nega di essere stato nei giorni successivi all'incidente, informato sulle diverse interpretazioni dei dati radar che potevano lasciare aperta la possibile presenza di un altro velivolo accanto al DC9 Itavia (v. interrogatorio Bartolucci Lamberto, GI 26.05.92). E, in altro passo dell'interrogatorio testualmente afferma: "Dice, dalla rappresentazione grafica redatta per ordine del colonnello Guidi furono soppressi i dati radar dai quali potesse emergere la presenza di un secondo aereo benché tale circostanza non potesse non essere valutata. Ripeto, tale rappresentazione non fu portata a mia diretta conoscenza. Ritengo neanche a diretta conoscenza dello Stato Maggiore Aeronautica ritengo. Ripeto, se i compilatori di questo tracciato avessero visto nella compilazione delle tracce, seppur lontanamente, sospette, lo avrebbero immediatamente riferito e avrebbero svolto altre azioni; questo ne sono certo" (v. interrogatorio Bartolucci Lamberto, GI 26.05.92).

Una convinzione che si sgretola per effetto delle evidenze emerse dall'attività istruttoria svolta in particolare presso il sito della difesa aerea di Marsala e l'ACC di Ciampino.

Bartolucci quindi nega di aver preso visione della trasposizione grafica dei dati radar di Ciampino che tanto ha fatto discutere in relazione ad una situazione di fatto diversa da quella rilevata, in particolare non riportando i plots -17 e -12. Il materiale esecutore della rappresentazione è stato, come si sa, il colonnello Giorgio Russo che all'epoca rivestiva l'incarico di capo Ufficio Operazioni della RIV il quale, già nell'esame testimoniale del 10.10.91, riferirà che sul tabulato da lui esaminato "dovevano esserci anche i plots -17 e -12, ma essi al tempo non sono stati presi in considerazione, per i motivi detti in precedenza circa l'obiettivo da raggiungere e cioè l'individuazione del punto di caduta dell'aeromobile".

In realtà il punto del disastro era già noto la notte stessa; inoltre sarà lo stesso Russo ad affermare che Bosman - membro della Commissione Luzzatti - nel prendere visione della trasposizione, ipotizzò che poteva esserci un altro aereo con rotta parallela a quella del DC9 nella parte che si vedeva nel grafico. Una dichiarazione importante che riguarda considerazioni espresse, se non nell'immediatezza, alcuni giorni dopo il disastro e che evidentemente non possono essere sfuggite allo stesso vertice dello Stato Maggiore, probabilmente più preoccupato a controllare ogni elemento di turbativa che potesse adombrare sospetti sull'operato della Forza Armata.

Al riguardo non può farsi a meno di rilevare una circostanza di cui è cenno nel verbale nr.24 del 5 maggio 89 redatto dalla Commissione Interministeriale - istituita dalla Presidenza del Consiglio - la "cd. Commissione Pratis", in occasione dell'audizione del generale Bartolucci. Nel verbale, che riassume sinteticamente l'esito dell'audizione, si accenna anche "all'ipotesi che fosse stato un missile ad abbattere il DC9" e testualmente il redattore del verbale scrive che "il generale ricorda che fu inviato il generale Rana, Presidente del Registro Aeronautico negli Stati Uniti con la registrazione di Fiumicino per meglio indagare sulla verosimiglianza di detta ipotesi".

Il verbale pone quindi in evidenza uno degli aspetti più dibattuti nel corso dell'inchiesta e contestato a Bartolucci. In effetti il generale, contrariamente a quanto da lui sempre sostenuto, ha quindi un ricordo della missione del generale Rana negli Stati Uniti (al punto di essere ricevuto dalla Commissione interministeriale), ove il Presidente del Registro Aeronautico Italiano si recò per acquisire l'autorevole parere della Federal Aviation Agency sui nastri di Ciampino, associandola all'ipotesi di abbattimento del DC9 tramite un missile.

Rispetto alla cennata evidenza, non va, tra l'altro, sottaciuto il fatto che in data 11.10.89 - appena quattro mesi dopo l'audizione dinanzi alla Commissione Pratis - Bartolucci così riferisce in merito alla Commissione Stragi: "Non ho idea di come, quando, perché e chi ha dato a Rana queste "pizze", assolutamente non ho idea; non solo, aggiungo che sono venuto a conoscenza di questo fatto solo di recente quando il generale Santucci ha denunciato il fatto. Il generale Rana non ne aveva mai accennato, eppure veniva spesso da noi".

Una dichiarazione certamente contraddittoria, atteso che il generale Rana non aveva mai fatto mistero sugli esiti della sua missione negli Stati Uniti. Tant'è che sull'argomento si esprimerà anche l'on.le Lagorio nel corso dell'istruttoria, dinanzi a questo GI: "Ho già riferito al magistrato e alla Commissione di inchiesta, alla Commissione Parlamentare che il Ministro Formica, allora Ministro dei Trasporti, incrociandoci in un'aula del Senato dove andavamo, penso sia lui che io a riferire alle Camere su questo incidente, mi disse: guarda che forse dovremmo mettere in conto anche l'ipotesi di un missile. Io gli domandai: tu hai dei riscontri? No, dice, è una voce" ... "successivamente ho saputo, in conseguenza delle, insomma del grande clamore che poi è venuto intorno a tutto il caso Ustica ... che queste, questo convincimento in, questo sospetto in Formica era venuto da un colloquio con il generale Rana che era, che era ... Presidente del RAI." (v. esame Lagorio Lelio, GI 16.01.92).

Il generale Bartolucci asserisce poi addirittura di ignorare la costituzione del Working Group e addirittura sembra minimizzarne la portata e quindi gli effetti nel rapporto con la Forza Armata: "Non ero a conoscenza che si fosse costituito questa specie di piccolo comitato..." (v. interrogatorio Bartolucci Lamberto, GI 26.05.92). Confermando così anche lui la scelta di negare, come i gradi inferiori, l'esistenza di questo gruppo di lavoro che era stato a lungo in contatto continuo con il 2° Reparto del suo SMA.

Questa all'origine e la verità sul telex di Cincusnaveur. Bartolucci tenta di dare spiegazioni riguardo all'origine del telex ritenendo che il documento costituisca la risposta delle Autorità americane ad una specifica richiesta avanzata dal generale Ferri a Comairsouth. Ma sul documento, persistono pesanti dubbi, considerato che lo stesso imputato non riesce a chiarire alcuni tra i più evidenti interrogativi: da chi è stato originato e formato il telex; la mancata indicazione degli Enti destinatari (vi è riferimento alla sola ambasciata americana); la assoluta mancanza dell'originale del telex, oltre all'assenza di qualsiasi traccia e riferimento documentale che, tra l'altro, dia contezza sulle modalità di arrivo del telex allo SMA. Al riguardo risponde: "o dall'ambasciata, o questo messaggio è arrivato dall'ambasciata americana e l'ambasciata americana l'ha mandato allo Stato Maggiore Difesa e a noi, o da Comairsouth che ce l'hanno mandato direttamente, ma non so dirle proprio assolutamente (v. interrogatorio Bartolucci Lamberto, GI 02.06.92).

Appare del tutto inconcepibile che il capo di Stato Maggiore non sappia dire la provenienza di uno dei documenti più importanti pervenuti all'AM nel periodo del suo incarico.

Ma l'altra stranezza risiede nelle modalità con le quali è stato informato del fatto l'allora ministro della Difesa, l'on.le Lagorio. Tenuto conto della valenza della notizia in sé, motivi di opportunità avrebbero consigliato la predisposizione di un appunto informativo da parte dello Stato Maggiore; ma Bartolucci non ricorda nemmeno se sia stato redatto. Egli stesso avrebbe provveduto verbalmente a riferire l'esito della verifica americana direttamente al capo del Dicastero: "No, non c'era un appunto scritto, io l'ho riferito a voce, poi non so se è stato fatto un appunto scritto". Si deve peraltro rilevare che sulla questione Bartolucci mostra una certa insicurezza, atteso che, nel prosieguo delle domande, successivamente così riferisce: "Non so rispondere, non mi ricordo, perché se l'hanno chiesto - nde: da parte del Gabinetto - l'hanno chiesto al Capo Reparto, quindi...". (v. interrogatorio Bartolucci Lamberto, GI 02.06.92).

Nella fattispecie, l'aspetto più sconcertante da porre in risalto è la continua e persistente impossibilità da parte dell'AM - così come delle parti che con essa interloquivano - di fornire all'AG, che ne aveva fatto richiesta, tutta la documentazione che comprovasse il complesso dei rapporti intrattenuti con gli Americani e con le Autorità politiche di allora, Gabinetto del ministro e Ministero della Difesa. E Bartolucci negli interrogatori del 26.05 e 02.06.92 non sa dare spiegazioni plausibili. In effetti non sa spiegare come mai non sia rimasta traccia documentale, neanche sotto forma di appunto, dei contatti avuti dallo SMA subito dopo l'incidente, sia con gli Americani ed i siti della Difesa Aerea, sia con il Gabinetto del ministro.

Quindi Bartolucci non fornisce dettagli significativi sulle modalità dei rapporti intercorsi con gli Americani né sa fornire una risposta riguardo all'assenza di qualsiasi atto su questi rapporti con le autorità politiche, che, a suo dire, sarebbero state informate non solo verbalmente ma anche tramite informative scritte. Vale il caso di riportare in stralcio quello che Bartolucci riferisce nell'interrogatorio del 26.05.92 dopo le continue contestazioni in ordine al mancato rinvenimento di "files" documentali: "C'è un fatto da considerare, che l'interesse dell'Aeronautica, in questa circostanza, trattandosi di un incidente di velivolo civile, era rivolto semplicemente, ma doverosamente, a vedere se eravamo cointeressati o meno. Una volta che questo fatto è decaduto, ed è caduto abbastanza presto malgrado che le comunicazioni americane siano arrivate dopo, dopo non c'è stato più un interessamento specifico operativo dell'Aeronautica se non per i fatti che ci avevano chiesti". Una dichiarazione quasi pilatesca, che certamente suscita perplessità per i termini con cui si riferisce e si minimizza sull'intera questione. Nel prosieguo dell'interrogatorio, sullo stesso tema, riferisce nel seguente modo: "Non so dare la risposta". Nè sa spiegarsi perché alcuni Ufficiali del SIOS, sullo stesso tema abbiano escluso di aver avuto contatti telefonici con gli Americani sull'intera questione della sciagura, adducendo a motivo che l'incidente non era di loro competenza in quanto trattavasi di velivolo civile, e cioè dando risposte in tutto analoghe alla sua. (v. interrogatori Piccioni Adriano, GI 22.09.92 e Coltelli Claudio, GI 22.09.92).

Ed ancora, Bartolucci non esita a tirarsi fuori dalle evidenti e pesanti responsabilità del suo incarico chiamando in causa anche l'attività intrapresa dal Capo del 3° Reparto, Melillo cioè, il quale, a sua detta, oltre il Sottocapo, interloquiva con il Gabinetto del ministro per aggiornarlo ed informarlo sulla situazione. (v. interrogatori Bartolucci Lamberto, GI 26.05.92 e 02.06.92).

Ciò che impressiona è, ad ogni modo, il continuo atteggiamento di disinteresse che Bartolucci sembra aver mantenuto una volta appresa la notizia del disastro. In realtà le evidenze emerse agli atti del processo pongono in risalto l'incongruenza dell'apparente disinteresse ed asetticità sull'evento che Bartolucci vuol dare ad intendere nel corso dei suoi interrogatori. Un atteggiamento che comunque mal si concilia con l'incarico di Capo di Stato Maggiore, e che si pone in aperta contraddizione rispetto alle affermazioni del generale Melillo. Costui infatti dichiara che fu proprio Bartolucci ad ordinargli un'inchiesta interna allo SMA tesa evidentemente ad accertare la presenza di aerei italiani ed americani la notte del disastro (v. interrogatorio Melillo Corrado, GI 28.02.92). E sul punto Bartolucci arriverà ad affermare che l'inchiesta potrebbe essere stata avviata a sua insaputa dal 3° Reparto. E tutto ciò è ancora più singolare, se si considera che, per sua stessa ammissione, era consuetudine dello Stato Maggiore effettuare ogni mattina un "briefing" tra tutti i Capi Reparto; ma Bartolucci nega di aver partecipato quella mattina al briefing che ovviamente era proprio dedicato alla vicenda del DC9.

V'è da ricordare che vi sono evidenze in senso contrario come le dichiarazioni di Ferri e Melillo. E' certo comunque che Bartolucci diede ordine quel giorno a Melillo di compiere un'inchiesta sul fatto, da concludere entro il 2 luglio successivo. Mentre secondo Bartolucci non venne presa alcuna particolare iniziativa in ambito Forza armata ove si è sempre sostenuto che non era compito dell'Aeronautica Militare proporre o suggerire iniziative volte a confortare le inchieste condotte sia in sede ministeriale dalla cd. "Commissione Luzzatti", sia dall'AG.

Ma lo stesso Bartolucci, nei vari esami ed interrogatori, riferirà sempre che - in relazione alla verifica dell'attività volativa di quella sera - erano stati interpellati i siti della Difesa Aerea di Marsala e Licola: tutti con esito negativo. Una dichiarazione dimostratasi fin da subito criticabile per diversi motivi cui vale la pena di accennare seppur sinteticamente.

In primo luogo l'inchiesta ha purtroppo riscontrato la completa inattendibilità e pertanto la falsità dei dati estrapolati dal DA1 di Licola, documento quest'ultimo mai esibito dall'AM e non rinvenuto, oltre ovviamente ad una serie di circostanze che minano seriamente la credibilità di quel sito sotto il profilo operativo. Analoghe considerazioni valgono per il sito della Difesa Aerea di Marsala i cui registri di sala operativa e di sala computer presentano macroscopiche irregolarità, senza escludere tutte le altre difficoltà incontrate nel corso dell'istruttoria su quel CRAM.

Al riguardo della caduta del MiG in agro di Castelsilano dal brogliaccio sequestrato a Melillo si rileva la sintesi degli interventi attribuiti a Bartolucci nella nota riunione del 21 luglio "Bart.®Radar dislocati a protezione di aeree e di rotta di provenienza. A BBQ il radar non vede. Alle coperture teoriche vi sono quelli reali, ostacoli e rifrazioni etc. e sono molto lontani". "Bart. ®con estrema difficoltà abbiamo recuperato la salma".

Come si evince già da queste sintetiche annotazioni, Bartolucci esprime proprie valutazioni in ordine alle problematiche di maggior rilievo: in primo luogo si rileva l'esigenza, comune a tutti i presenti, di capire come il velivolo possa essere penetrato nello spazio aereo italiano mettendo pertanto in evidenza le carenze e le inadeguatezze dell'apparato di difesa aerea; in secondo luogo, la necessità di offrire alle Autorità di Governo un quadro il più esauriente possibile sulla dinamica dell'incidente che, in effetti, avrebbe potuto sollevare interrogativi e non ingiustificati timori fra l'opinione pubblica.

In tale ottica, gli interventi dei presenti sono finalizzati al confezionamento di una plausibile "verità" che non lasci trapelare alcun nesso di collegamento tra la sciagura di Ustica e quella di Castelsilano. Indicativo, in tal senso, è l'intervento del generale Santovito così come sintetizzato da Melillo: "Santovito - se dicono del DC9? Quello era in quota e la copertura è totale". Dopo questo intervento seguirà subito quello di Bartolucci il quale appare rassicurare gli stessi presenti turbati da questo e da altri interrogativi: "Bart.- sono in corso progr. Per potenziare e (inc.) soprattutto in quella zona per migliorare le capacità di avvistamento alle basse quote."

E' ancora Bartolucci ad essere citato in una delle annotazioni riportate da Melillo nel corso della riunione tenutasi il 22 luglio 80, alle ore 10.15, presso il capo di Gabinetto della Difesa. In quella riunione Bartolucci non è presente, ma Melillo, in relazione all'argomento delle risposte da fornire alle Autorità libiche, annoterà: "Parlarne Capo di S.M.". E' evidente che la questione relativa ai contatti con le Autorità libiche è prioritaria, in considerazione delle aspettative cui tendono non solo questi ultimi (connesse ad una sollecita definizione della vicenda in tempi brevi) ma anche la stessa AM interessata ad esaminare la tecnologia del velivolo e stranamente alla salma del pilota per la relativa autopsia.

I giorni che seguirono la scoperta del MiG23 libico sono quindi anch'essi densi di avvenimenti e di episodi mai chiariti. Occorre infatti rilevare che proprio in quel periodo risulta un'intensa attività volativa dell'84° Gruppo SAR (Search and Rescue) di Brindisi che stranamente riguarda località prossime al luogo di caduta del velivolo libico. In tal senso è sufficiente osservare le registrazioni effettuate sul registro dei voli del predetto Gruppo SAR nel mese di luglio 80. Risulta di particolare interesse il volo effettuato da Gioia del Colle a Jacotenente dal generale Bartolucci unitamente ad uno staff di tutto rispetto, composto dai generali Piccio e Mangani, dal colonnello Tonini e dal maresciallo Di Chio. Riguardo a tale attività, questo GI ha escusso il capo equipaggio, nonché comandante del SAR dell'Aeroporto di Brindisi, tenente colonnello Verrenti Pietro che, pur ricordando di aver trasportato presso il sito di Jacotenente il generale Bartolucci ed i suoi collaboratori il 9 luglio 80, non ha rilasciato affermazioni che potessero ricostruire i motivi di quella missione. (v. esame Verrenti Pietro, GI 17.01.96)

Inoltre, riguardo il medesimo volo, questo Ufficio ha citato anche il sottufficiale specialista, maresciallo Di Chio che in merito ha ricordato che "...in quella occasione vi era una festa o una specie di cerimonia, che non so precisare giacché io restai all'elicottero". (v. esame Di Chio Giacomo, GI 24.01.96)

E' opportuno ricordare che il sito di Jacotenente ha destato una particolare attenzione da parte di questo GI in quanto era sede del 31° Centro Radar dell'Aeronautica Militare. Il Centro, sotto il profilo funzionale dipendeva dal 3° ROC/SOC di Martina Franca e sotto quello gerarchico, dalla 3ª Regione Aerea. Il radar di Jacotenente era collegato con i radar dell'AM del 3° ROC/SOC di Martina Franca, Potenza Picena, Pescara, Licola, Marsala ed Otranto. Il sito è stato interessato all'inchiesta di Ustica sia per la caduta del DC9 Itavia che per il MiG23 libico. Riguardo l'incivolo del DC9, agli atti di questo Ufficio, vi è traccia di registrazioni telefoniche intercorse tra il CRAM di Jacotenente ed i siti di Marsala e Martina Franca in merito al passaggio di una traccia. Invece, per quanto riguarda la caduta del velivolo libico a Castelsilano, il sito è stato interessato sia per l'errata identificazione "friendly" e non "x-ray" della traccia LJ054 da Sud verso Nord che scompariva sulla Sila, che per l'eventuale effettuazione di riduzione dati e trasposizione su cartina della traccia del velivolo libico. Pertanto, la presenza di un nutrito gruppo di ufficiali dell'Aeronautica Militare, compreso il vertice della Forza Armata proprio presso il radar di Jacotenente pochi giorni prima della data convenzionale di rinvenimento del MiG libico, non contribuisce certamente a dissipare i sospetti sull'incerta attività svolta dalla Forza Armata in relazione alla caduta del velivolo straniero.

Inoltre, merita una particolare osservazione anche l'attività volativa svolta il giorno 03.07.80 dal comandante dell'aeroporto di Brindisi, tenente colonnello Verrenti Pietro e dal capitano Supicich Renato che a bordo di un AB204 partirono da Gioia del Colle per Montescuro, trasportando anche in questa occasione alti ufficiali dell'AM come il generale Amaldi, il colonnello Boemio, il tenente colonnello Giuliani ed il maresciallo Di Chio.

Nell'ambito dell'attività del 31° Gruppo va sottolineata l'attività di volo del capitano Supicich che proprio nel luglio dell'80 effettuò ben tre voli su Montescuro compresa la cennata missione del giorno tre, mentre le registrazioni di volo dell'ufficiale annoverano un solo volo verso quella località calabra per tutto il periodo precedente e successivo al mese di luglio 80, a partire dal 1956 e fino al 1996. (v. informativa G.di F. 19.04.96).

A fronte di questa situazione documentale si richiama l'attenzione sulle dichiarazioni rilasciate da Supicich (v. esame Supicich Renato, GI 17.01.96) che invece nella prima escussione testimoniale afferma di essersi recato quasi ogni anno con l'elicottero a Montescuro spesso per attività addestrative. In una successiva testimonianza il pilota si corregge affermando di essersi sbagliato nel riferire che si recava a Montescuro ogni anno con l'elicottero poiché in effetti raggiungeva la località silana, per il previsto addestramento, con la propria autovettura e famiglia al seguito. (v. esame Supicich Renato, GI 17.05.96)

Pertanto la discordanza tra le registrazioni di volo e la prima versione testimoniale poteva far emergere una palese discrasia tra le effettive attività volative e le relative registrazioni burocratiche e dunque far ritenere che, per quanto obbligatorie, le registrazioni di volo nella prassi molto spesso non collimino con i voli realmente svolti.

Ma la successiva e "provvida" ritrattazione - perché di tale circostanza si tratta, in quanto vi è una sostanziale differenza tra l'affermazione di aver volato ogni anno su Montescuro ed il dichiarare di essersi recato in quella località in auto con famiglia - non determina una ulteriore valutazione su tale, non lieve, problematica.

Tutta un'attività, quella fin qui premessa, che sottende l'informazione e la più completa cognizione al vertice dello Stato Maggiore Aeronautica.

La difesa del generale Bartolucci, in relazione alle contestazioni sul contenuto delle telefonate la sera del disastro presso i centri del Traffico Aereo e della Difesa Aerea si è basata principalmente sul fatto che non v'è alcuna comunicazione direttamente o indirettamente ad esso riferita e comunque non risulta documentazione che provi il trasferimento delle notizie direttamente all'imputato. Ma ciò non toglie che Bartolucci sia venuto a conoscenza dei fatti contestati. Questa cognizione è chiaramente dimostrata dai successivi accertamenti, richiesti sin dall'indomani mattina, il 28 giugno, proprio da Bartolucci. L'imputato esclude di aver dato disposizioni al generale Melillo, la mattina del 28 giugno, di espletare accertamenti presso i siti della Difesa Aerea e del Traffico Aereo, ma che in quella occasione si trattò di una iniziativa del 3° Reparto, ricadente nella sua competenza. Melillo al contrario, lo si ricordi, ha escluso che si trattasse di una inchiesta, ma soltanto una semplice verifica, delegatagli però proprio da Bartolucci.

Bartolucci sostiene, sempre nella memoria difensiva, che nella richiesta concernente i dati della Difesa Aerea v'erano anche quelli di Ferrara, poiché il velivolo DC9 Itavia era partito da Bologna e quindi quel sito era stato il primo di Difesa Aerea a seguire e controllare il volo. V'è da dire che i dati riferiti al sito di Ferrara meglio conosciuto come 11° CRAM di Poggio Renatico, non erano stati inseriti nel telex di Martina Franca al fine di ricostruire il percorso del DC9 Itavia, come sostiene l'imputato, ma solo perché nell'arco della notte era stato accertato dal capo controllore del SOC di Martina Franca, capitano Patroni Griffi, l'inesistenza della traccia LK477 - attribuita al DC9 - presso il sito originatore di Potenza Picena e quindi era stato inviato il plottaggio della vera traccia del DC9 Itavia, cioè la LE157, desunta dalla riduzione dati effettuata a Ferrara e riportata anche nel telex del 28 giugno. Tra l'altro i dati riportati nel telex da Martina Franca erano inattendibili e fuorvianti - LK477 correlata al DC9 inesistente, altro velivolo senza alcuna identificazione nello stesso periodo del volo del DC9 - dati di cui attenti esperti di Difesa Aerea, quali erano sia Bartolucci che gli altri suoi stretti collaboratori dello Stato Maggiore, nel caso specifico Melillo, dovevano rendersi conto, e quindi dispone accertamenti e approfondimenti. Chi meglio di questi personaggi dello Stato Maggiore poteva riferire sia al Governo che alla Magistratura sui dati della Difesa Aerea; anche perché nella commissione Luzzatti, l'unico appartenente alla Forza Armata - il maggiore Mosti - era un esperto di traffico aereo e non di difesa aerea? Si deve altresì sottolineare, quanto alla traccia LK477, di cui il SOC di Martina Franca aveva accertato l'inesistenza sin dalla notte dell'incidente, che essa è stata indicata dall'Aeronautica sino all'ottobre 1989 come quella del DC9 Itavia.

In relazione alla contestazione del PM sul ruolo avuto dal maggiore Mosti, Bartolucci rigetta l'affermazione secondo cui egli e lo SMA abbiano avuti contatti con gli esperti americani Lund e Pontecorvo; ed afferma che Mosti non rappresentava l'AM e non fece rapporti e nè riferì mai alla Forza Armata le tesi in discussione presso la Luzzatti. Questa affermazione appare insostenibile se solo si considera che la nomina di Mosti, avvenuta il 28 giugno, fu voluta proprio dallo SMA, con messaggio a firma di Melillo. Anche se non sono stati rinvenuti appunti che mostrino contatti diretti con gli imputati - contatti che non si potevano verificare, dato il netto distacco gerarchico; Mosti appena al primo grado di ufficiale superiore, maggiore, mentre gli imputati tutti generali - è presumibile un rapporto per via gerarchica. Quest'Ufficio ritiene perciò plausibile l'accusa e cioè che le notizie Mosti comunque le ha trasferite ai suoi superiori gerarchici, all'ITAV, e che qui siano state versate allo Stato Maggiore.

Sul messaggio Cincusnaveur Bartolucci afferma che ebbe contatti non con gli USA tramite ambasciata, ma con il Comando delle Forze Aeree del Sud Europa di Bagnoli, nella persona del generale Bagatti, e che la riposta a tali richieste è poi pervenuta attraverso il messaggio Cincusnaveuer. Melillo al contrario afferma che il messaggio è pervenuto dall'ambasciata USA in Roma attraverso l'interessamento del 2° Reparto SIOS. Tascio esclude ogni intervento del suo Reparto in merito all'inoltro di questo messaggio. Appare evidente la contraddizione in cui cade l'imputato. La disamina del messaggio Cincusnaveur è già meglio descritta nella premessa relativa alle memorie difensive dei quattro imputati dello Stato Maggiore.

Altro episodio, in cui v'è contrasto tra gli imputati, riguarda il plotting di Ciampino. Bartolucci esclude che ne abbia preso visione e addirittura che sia pervenuto allo SMA. Melillo sostiene che il plotting è stato visionato dal suo 5° Ufficio, e che quindi è pervenuto allo SMA, ma di non averlo portato in visione ai suoi superiori; presume che a mostrarlo a Bartolucci sia stato il responsabile dell'ITAV generale Fazzino. Quest'ultimo, però, ha sempre escluso una condotta del genere.

In relazione alle contestazione sulle carenze e manipolazioni documentali, Bartolucci afferma di aver dato ordini, dopo l'incidente, di mettere a disposizione della magistratura e della Commissione Luzzatti tutto quanto veniva richiesto. Esclude, precisando che non v'è alcuna prova, di aver dato disposizioni per manipolare o distruggere documenti o nastri telefonici e radar. Sottolinea che non può essere dichiarato responsabile di inosservanza a richieste della Magistratura formulate dopo molti anni dall'evento, dopo che egli e gli altri imputati avevano lasciato gli incarichi allo Stato Maggiore; ritiene che se le richieste fossero pervenute tempestivamente, sarebbero state esaudite. V'è da dire che le responsabilità dello Stato Maggiore Bartolucci nel ritardare, nel limitare e nell'omettere la consegna della documentazione richiesta dalla magistratura e dalla Commissione Luzzatti e ampiamente dimostrata. La disamina di questi comportamenti è meglio riferita nella premessa relativa alle memorie difensive presentate dagli imputati.

Bartolucci esclude anche di essere stato avvisato da Mangani dell'ipotesi dell'esplosione interna la mattina del 28 giugno, ma di esserne venuto a conoscenza molto tempo dopo, una non specificando l'esatto periodo, durante un evento conviviale. Appare evidente come l'imputato non possa fare a meno di ammettere che quella notizia sia venuta a sua conoscenza, ma, non essendovi prove documentali, colloca questo episodio in altro periodo, indicando da un lato un ricordo preciso, dall'altro dando risposta evasiva, sottraendosi in questo modo alla contestazione di sue responsabilità per mancata comunicazione alle autorità di Governo prima del 10 luglio 80 (relazione di Lagorio al Senato).

Bartolucci definisce la vicenda relativa al sopralluogo a Boccadifalco di Bomprezzi e Argiolas del 4 luglio 80 come "una prassi assolutamente normale" e nella sua memoria difensiva impegna solo quattro righe. E' inaccettabile una giustificazione in tal senso, perché il vero scopo di questa missione, scoperto solo nel 95 con il sequestro degli appunti e dell'agenda di Argiolas, appare diverso. Dall'esito della missione non fu riferito ad alcuno, nemmeno allo Stato Maggiore Difesa né a quest'Ufficio nelle lettere del 20 e 23 dicembre 80. La missione di quel personale non risulta indicata in nessun certificato di viaggio di quel periodo; alcuni reperti, visionati il 4 luglio 80 e indicati nella relazione dopo il sopralluogo, non sono stati più rinvenuti.

Bartolucci, come per la missione del 4 luglio, ridimensiona le contestazioni relative al sopralluogo a Boccadifalco di Sidoti e Bomprezzi il 12 agosto 80, definendo anch'essa come una missione di routine e non, come evidenziato dal PM, di eccezionale solerzia. E' inaccettabile la tesi difensiva, perché lo scopo di Ferri era di accertare attraverso i due maggiori esperti dello Stato Maggiore, il colonnello Bomprezzi - tra l'altro in quel periodo reggente ad interim del 2° Reparto ed esperto di reperti aeronautici -, e il colonnello Sidoti - capo del 4° Ufficio Sicurezza al Volo del 3° Reparto che gestiva e curava tutte le indagini su incidenti aerei e anch'esso al pari del suo collega esperto di reperti aeronautici - la vera natura del reperto aeronautico segnalato dalla 3a Regione Aerea di Bari e rinvenuto in una località prossima all'incidente del DC9 Itavia, nel basso Tirreno. Le missioni di routine non erano affidate ai capi Ufficio ma ad ufficiali subalterni; in questa occasione quindi vi è stata una disposizione ben precisa di Ferri determinata dall'importanza dell'accertamento; a prescindere dai risultati poi conseguiti.

L'imputato sostiene poi che non sono stati inseriti elementi falsi e fuorvianti nella lettera predisposta il 20 dicembre 80 per lo Stato Maggiore Difesa a firma di Ferri. Si è invece accertato che nella lettera erano riportate notizie di tal genere - cambio del nastro a Marsala per dimostrazione al personale, mentre nella realtà il cambio fu effettuato per l'esercitazione Synadex ; esistenza di dati radar del sito di Siracusa dei quali non è stata mai trovata alcuna traccia documentale né allo Stato Maggiore né presso i centri periferici competenti; parziali notizie sull'aero-bersaglio rinvenuto ad Acquedolci (ME) il 20 settembre 80; completa omissione del plotting di Ciampino.

Bartolucci esclude quindi che il Direttore del S.I.S.MI, generale Santovito, nel corso della riunione allo Stato Maggiore Difesa, il 21 luglio 80, avesse fatto un accostamento tra DC9 e MiG libico. Questa contestazione traeva origine, come s'è visto dagli appunti scritti nell'agenda brogliaccio dal generale Melillo proprio sotto quel 21 luglio 80, in cui vengono riportati in breve gli interventi dei partecipanti alla riunione, tra i quali appunto v'erano sia Bartolucci che Santovito. La veridicità di questi appunti non è stata messa mai in discussione da alcuno, tanto meno dall'autore.

In relazione al punto concernente riferita l'inchiesta condotta dal 3° Reparto che incluse fra le indagini l'interrogatorio ai controllori di Ciampino, sulla base dell'appunto del tenente colonnello Argiolas, v'è da dire che effettivamente, sulla scorta di quanto scritto nell'appunto citato, quel personale fu sentito dalla Commissione Luzzatti e non dallo Stato Maggiore.

Bartolucci sostiene infine di non aver predisposto documenti per il Ministro della Difesa per la riunione del CIIS del 19 dicembre 80. Su questa vicenda non sono stati trovati documenti che possano confermare quest'attività. Il PM ha argomentato che la dichiarazione di Lagorio il 19 dicembre 80 al CIIS discendesse da attività del generale Melillo, perché costui proprio in quel periodo, tra il 17 dicembre e 18 dicembre, come risulta nella sua agenda brogliaccio sequestrata nel settembre 95, aveva predisposto una bozza di lettera, che poi viene riportata ufficialmente solo il 20 dicembre 80. Ma è anche vero che l'intervento di Lagorio, il 19 dicembre, è così breve che difficilmente si può ricollegare ad appunto od informativa dello Stato Maggiore.

La quasi totalità delle discolpe, in conclusione appare inaccettabile. Resta perciò a carico dell'imputato, anche per quando detta nella premessa comune a tutti i generali del suo Stato Maggiore, la condotta contestatagli; condotta che sarà definita come motivata nella parte in diritto. Conseguentemente per l'imputazione ascrittagli Bartolucci deve, apparendo gli elementi di prova raccolti sufficienti a determinare, all'esito dell'istruttoria dibattimentale, la sua condanna, essere rinviato a giudizio.

3. Ferri Franco.

Il generale di Squadra Aerea Ferri Franco, in congedo per limiti d'età dal 9 luglio 83, nel 1980 rivestiva l'incarico di sottocapo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare.

L'imputazione a suo carico - egli è stato escusso in qualità di teste il 16.11.84 e il 21.02.91, interrogato come imputato il 27.05. e 24.06.92 - è stata sin dal 21.12.91 quella comune a Bartolucci e quindi a Tascio e Melillo, e cioè l'addebito del delitto di cui agli artt.81 cpv., 110, 289 del c.p. e 77 del c.p. militare di pace come già specificato.

Il generale Ferri ha sempre sostenuto di non ricordare se venne avvisato la sera stessa dell'incidente o l'indomani mattina e chi fosse stato a riferirgli: se il capo Ufficio Operazioni, Arpino, il capo del 3° Reparto, Melillo, o il personale in servizio al COP. Così come non ricorda della riunione dei Capi Reparto dello Stato Maggiore, la mattina del 28 giugno 80 a cui egli partecipò, riunione che ebbe per oggetto proprio la caduta del DC9.(v. interrogatorio Ferri Franco, GI 27.05.92).

Il Ferri nega di essere stato mai reso edotto dello stato di allarme determinatosi nell'ambito dell'AM dopo la scomparsa del DC9 ed in particolare della segnalazione di traffico americano e dei contatti intercorsi con l'ambasciata americana. Dopo aver ascoltato la registrazione della telefonata intercorsa alle ore 20.23Z del 27.06.80 tra il colonnello Fiorito De Falco e il tenente colonnello Guido Guidi, così riferisce nell'interrogatorio: "di questa telefonata io sono assolutamente all'oscuro, nessuno a livello superiore ha riportato queste ipotesi o queste opinioni o questi dubbi o queste possibilità intraviste tra il Fiorito e il Guidi" (v. interrogatorio Ferri Franco, GI 27.05.92). Afferma che nessuno gli ha mai riportato la notizia di traffico o esercitazione di velivoli americani la sera dell'incidente. Ammette di aver dato disposizione, la mattina del 28 giugno, al generale Melillo di interpellare i Comandi NATO sulla presenza di aerei americani nonché di conoscere le risultanze dei Centri radar della Difesa Aerea nazionale. L'interpello di chiedere notizie ai Comandi NATO viene così spiegato dal Ferri: "chiedemmo ugualmente ai Comandi NATO in quanto poteva essere coinvolta la 6ª Flotta che, essendo a status nazionale e quindi non era assegnata prevalentemente alla NATO, aveva maggiore libertà" (v. interrogatorio Ferri Franco, GI 27.05.92). E' singolare il fatto che il generale Ferri non sappia spiegare, asserendo di non esserne a conoscenza, l'attivismo dell'ufficio dell'Addetto militare dell'ambasciata americana già a partire dal mattino del sabato 28 giugno 80. Nell'atto in cui gli viene contestata questa sua ignoranza, nel corso dell'interrogatorio del 27 maggio 92, è lui invece che si pone e pone delle domande per conoscere chi diede l'input all'ambasciata ed una volta appreso che l'Addetto militare dell'epoca, colonnello Biankino, era deceduto e non era stato mai sentito in merito all'incidente del DC9 Itavia, afferma di non aver mai parlato con l'ambasciata americana. Ammette solo che l'unico suo contatto per avere notizie dagli "Americani" sulla presenza di velivoli la sera del 27 giugno 1980 fu quello di sollecitare personalmente, nei giorni immediatamente dopo l'incidente, il generale di Divisone Aerea Franco Bagatti - vice comandante di AIRSOUTH - presso la sede NATO di Bagnoli. Si ricordi che il generale Bagatti il 7 luglio 80 viene nominato vice comandante della 2ª Regione Aerea. Ferri ha sempre affermato di essere venuto a conoscenza della risposta negativa degli americani, sulla presenza di velivoli la sera dell'incidente, il 3 luglio 80 attraverso il messaggio originato da Cincusnaveur, e, sempre in pari data, di aver preso visione del messaggio in questione. Le dichiarazioni del Ferri non sono accettabili. Infatti mentre da un lato dichiara quanto già descritto, dall'altro non conosce né sa spiegare come sia pervenuta la fotocopia, perché di fotocopia si tratta, giacchè lo SMA non è inserito tra i destinatari del messaggio di Cincusnaveur. E' inverosimile che il sottocapo di Stato Maggiore ne affermi l'esistenza e la presa visione, e poi non sia in grado di fornire spiegazioni sulla ricezione di un documento di siffatta importanza. Sono altresì contraddittorie le dichiarazioni dei capi del 2° e 3° Reparto, cioè Tascio e Melillo - si ricordi che gli stessi dipendevano direttamente da Ferri - poiché il primo afferma di non aver mai richiesto ufficialmente né ricevuto per le vie brevi la copia del messaggio in argomento dagli "Americani", in questo caso l'Addetto militare USA a Roma, e quindi di non aver mai consegnato il documento al 3° Reparto; mentre il secondo afferma di averne ricevuto la copia dal 2° Reparto. Il generale Melillo altresì è colui che ha predisposto nel dicembre 80 la oramai più che nota copia conforme del messaggio, depurata da indirizzi, mese ed anno, allegata poi alle note del 20 e 23 dicembre 80 indirizzate allo Stato Maggiore Difesa con missiva a firma del generale Ferri e al PM di Roma con missiva a firma del generale Tascio. Anche in questo caso il Ferri si assume la responsabilità dell'inoltro della copia conforme in disamina senza indirizzi e gruppo data orario, ma non è in grado di dare spiegazioni in merito, perché a suo parere era più importante il contenuto del messaggio che indicava la non presenza di velivoli americani nella zona dell'incidente che il resto. Questa vicenda, così come si è potuto accertare, è alquanto singolare, ma un dato è certo: sia il Ferri che i due capi reparto, Melillo e Tascio, hanno fornito dichiarazioni palesemente reticenti per nascondere fatti e circostanze emersi, precipuamente dalle dichiarazioni rese dagli addetti dell'epoca presso l'ambasciata americana in Roma.

Il generale Ferri ha dichiarato di aver visionato i dati trasmessi dal 3° ROC di Martina Franca riproducenti il traffico aereo nella zona dell'incidente, la mattina del 29 giugno, relativi ai siti della Difesa Aerea di Ferrara, Licola e Marsala. Ha precisato che gli furono portati e spiegati nel loro contenuto da Melillo. Questi gli assicurò che non vi erano elementi perché si effettuassero ulteriori approfondimenti. Orbene questo documento, come quello di Cincusnaveur, non risulta mai essere stato protocollato in arrivo allo Stato Maggiore, cioè al COP o al 3° Reparto cui appunto era indirizzato. Altresì è stato accertato, nel gennaio 96, che il messaggio in origine, cioè al 3° ROC, non risulta essere stato mai formato. Infatti il protocollo è inesistente e la numerazione in esso riportata, SOC/A/0215, non corrisponde al periodo di inoltro, cioè il giugno 1980 che invece era SOC/A/1671. Non è stata trovata la copia del messaggio né ovviamente risulta la sua distruzione, in quanto come già detto, non è stato mai originato attraverso un protocollo al 3° ROC. Lo Stato Maggiore aveva messo in circolazione il messaggio, trasmettendone fotocopia alla Commissione Stragi ed allo Stato Maggiore Difesa dal 1988. Quest'Ufficio ne viene in possesso, della fotocopia, attraverso il generale Mangani, Comandante del 3° ROC nel 1980, che lo esibisce all'atto del suo esame testimoniale nel giugno 89. Solo nel luglio 95, dopo che erano state effettuate esplicite richieste allo Stato Maggiore per la consegna del documento in originale, casualmente veniva rinvenuta, tra varia documentazione, in una cartella del 2° Ufficio del 3° Reparto, il messaggio originale pervenuto per telescrivente la sera del 28 giugno 80. Il documento in questione comunque non risultava né protocollato al 3° Reparto né registrato sul brogliaccio dell'ufficiale di servizio al COP, il quale aveva l'obbligo di annotare tutti i messaggi provenienti da altri Comandi ed in particolar modo questo, anche perché era specificatamente indirizzato al COP. Il messaggio conteneva le battute con orari e posizione del DC9 Itavia seguito dall'11° CRAM di Ferrara dalle 18.25Z alle 18.46Z e quelli registrati dai siti di Licola e Marsala, nonché quelli del volo Tripoli - Roma sempre riferiti all'avvistamento di Licola e Marsala. Il termine condizionale "potrebbe" è chiaramente specificato nel messaggio nei dati relativi al plottaggio di Licola e Marsala. Pertanto il generale Ferri, che come già detto ha dichiarato di aver preso visione del messaggio, doveva quanto meno nutrire qualche perplessità sulla correttezza dei dati forniti e quindi richiedere ulteriori accertamenti. In effetti si doveva sicuramente approfondire il plottaggio relativo al velivolo "senza identificazione", così viene indicato nel messaggio, che aveva la stessa rotta del DC9 Itavia avvistato dal sito di Licola alle 19.04Z e non dal sito di Marsala. Si ricordi che il numero di traccia attribuito da Licola al DC9 nel messaggio, cioè LK477, è risultato inesistente. Questa certezza si aveva sin dalla notte del 27 giugno 80 ed era stata comunicata al capo controllore del 3° ROC.

Il generale Ferri nega di aver mai visto il plottaggio redatto dal tenente colonnello Russo Giorgio dell'ACC di Ciampino la mattina del 28 giugno 80 (v. interrogatorio Ferri Franco, GI 27.05.92). E' stato invece accertato che il plottaggio fu portato in visione allo Stato Maggiore. Il Ferri nella dichiarazione del 26 aprile 89, alla Commissione Pisano, in merito riferisce: "non sono apparsi attendibili, nel senso che non sono risultati corrispondenti a tracce reali, i plots riportati dal radar Marconi del traffico aereo. Tali plots potrebbero invece corrispondere ad echi anomali od a parti del velivolo incidentato". Pertanto egli mente quando afferma di non aver visto i dati radar di Ciampino o addirittura che nessuno dei capi reparto gliene abbia mai parlato. Sullo specifico argomento nell'interrogatorio del maggio 92 dichiara che i dati radar di Ciampino con la presenza di plots anomali li ha letti sul giornale nel dicembre 80 prima che venisse predisposta la nota lettera del 20 dicembre a sua firma. Contestatogli il fatto che comunque il plottaggio di Ciampino lo Stato Maggiore poteva acquisirlo in qualunque momento perché esisteva copia del nastro (v. le dichiarazioni di Fiorito De Falco, esame GI 16.10.90), il Ferri rispondeva di non essere a conoscenza della esistenza di questa copia e di apprendere per la prima volta, cioè in sede d'interrogatorio, questa notizia. Contestata la circostanza di non aver preso in considerazione i dati di Ciampino, il Ferri dichiara che furono considerati soddisfacenti i dati della Difesa Aerea anche perché sia i centri radar che il 3° ROC avevano sempre confermato di non aver visto nulla di anomalo intorno al DC9 Itavia (v. interrogatorio Ferri Franco, GI 27.05.92). Si ricordi che la documentazione della Difesa Aerea preparata la mattina del 28 giugno 80 dal 3° ROC e dal 35° CRAM di Marsala per lo Stato Maggiore non è stata mai rinvenuta né ne risulta alcuna traccia sui registri di protocollo di quei Comandi AM. Infatti oltre al già menzionato messaggio del ROC, la mattina del 28 giugno 80 fu inviata dal Centro Radar di Marsala una dettagliata relazione per il Ministro della Difesa, mai rinvenuta, la quale ovviamente doveva pervenire al Dicastero attraverso lo Stato Maggiore (v. esame Ballini Adulio, PM Marsala 17.11.80). Ad altra contestazione sul fatto che lo Stato Maggiore avesse comunicato al Ministro della Difesa, Lagorio, che i dati di Ciampino non erano stati interpretati perché non erano nella sua disponibilità (v. esame Lagorio Lelio, GI 10.10.97), Ferri risponde di non essersi mai lamentato della mancanza dei dati di Ciampino con il Ministro e che in quel periodo non lo aveva mai visto nè sentito (v. interrogatorio Ferri Franco, GI 27.05.92).

In relazione alla missione all'aeroporto di Palermo Boccadifalco di Bomprezzi e Argiolas il 4 luglio 80, il Ferri ha dichiarato che l'incarico fu disposto da lui per accertare se vi fossero relitti da associare ad eventuali velivoli non italiani. Ricorda che i predetti gli riferirono che molti reperti si trovavano già custoditi all'interno di casse e in merito precisa che fu redatto un rapporto inviato oltre allo Stato Maggiore anche al S.I.S.MI (v. interrogatorio Ferri Franco, GI 24.06.92). Innanzitutto si deve dire che questa missione non trova riscontro in emissioni di certificati di viaggio in data 4 luglio 80 nè successivamente. Come scrive Argiolas, nella sua relazione il 9 luglio 80, la missione era "assolutamente riservata" con lo scopo di verificare se tutti i materiali recuperati appartenevano al DC9 Itavia. Quanto riportato sia nella relazione di Argiolas che nelle dichiarazioni rese dal generale Ferri non è veritiero. E ciò sulla scorta delle annotazioni riportate nell'agenda del colonnello Argiolas (v. sequestro del 7.12.95) dove sotto la data del 3 luglio 80 così è scritto: "Melillo - devo andare domani a Punta Raisi con ufficiale SIOS per verificare attendibilità notizie di possibile collisione con velivolo americano (trovato seggiolino eiettabile di F 4 - Bomprezzi)". Questa annotazione mette ancora una volta in evidenza la totale chiusura del generale Ferri, il quale nega che gli sia stata mai riportata la notizia di traffico americano la sera dell'incidente. E ciò quando egli stesso ordina una missione per verificare la collisione con un velivolo americano. E di questa missione nulla emerge sia nella relazione di Argiolas, vistata da Ferri l'11 luglio 80, sia nella relazione predisposta dal 2° Reparto SIOS ed inviata il 9 agosto al S.I.S.MI e al Gabinetto del Ministro all'attenzione del generale Pugliese.

Lo Stato Maggiore in quel periodo è molto attento alle segnalazioni di ritrovamenti di materiale di provenienza americana, rinvenuto o segnalato nella zona e in prossimità dell'incidente. Tant'è vero che proprio il 12 agosto 80, il generale Ferri, ordina al reggente del SIOS in quel periodo, colonnello Bomprezzi - il generale Tascio si trovava in ferie per tutto il mese di agosto - e al Capo del 4° Ufficio Sicurezza al Volo del 3° Reparto, colonnello Sidoti, cioè i due massimi responsabili a livello di Stato Maggiore in materia di incidenti di volo e conoscitori di materiale aeronautico, di raggiungere la Sicilia per l'esame di un casco di volo rinvenuto nelle acque in prossimità della località Isola delle Femmine (PA). Questa vicenda non è stata mai collegata dallo Stato Maggiore con l'incidente del DC9 Itavia. Altresì è a dir poco strana la circostanza che il Bomprezzi nel predisporre la relazione per il generale Ferri, il 19.08.80, indichi in oggetto "rinvenimento materiale di interesse" e poi nel corpo della relazione descrive il reperto in modo alquanto semplicistico, come un casco protettivo ed antirumore in dotazione al personale USA, smarrito o abbandonato in data non remota. Misteriosa rimane anche la circostanza di come poi il casco sia finito tra i reperti del MiG23 libico. Sia Sidoti che Bomprezzi hanno dichiarato di non ricordare tale missione facendo parziali ammissioni solo di fronte all'evidenza documentale, certificati di viaggio e relazione. Ferri a sua volta nulla ricorda dell'episodio che pure per la qualità degli ufficiali inviati a Palermo per visionare un singolo reperto si inserisce in quella intensa quanto informale attività di ricerca svolta dallo Stato Maggiore per verificare un coinvolgimento di velivoli americani. Il Ferri, spontaneamente, nell'interrogatorio del 24.06.92, dopo aver preso visione della relazione di Bomprezzi del 19 agosto 80, dichiara che in quel periodo v'era molto allarmismo e venivano segnalati molti rinvenimenti per i quali v'era necessità di interventi al fine di identificare la natura dei relitti rinvenuti. Dichiarazione questa del generale Ferri verosimile ma non credibile, perché proprio in quel periodo furono rinvenuti altri reperti aeronautici nella zona dell'incidente che furono consegnati ed esaminati dal personale del 41° Stormo di Catania e mai da ufficiali dello Stato Maggiore. Di questi reperti, che non sono stati mai consegnati all'AG, di cui però sono rimaste le foto, è stato accertato nel novembre 1988 che tra l'84 e l'85 sono stati dispersi nell'immondizia da personale del 41° Stormo.

In relazione al relitto del radio - bersaglio di Acquedolci, Ferri ha dichiarato di aver dato incarico a Costarmaereo di accertarne la provenienza; dalla ricerca era risultato che l'ultimo di questi radio - bersagli era stato usato molti mesi prima del disastro di Ustica (v. interrogatorio Ferri Franco, GI 24.06.92). Anche questa vicenda presenta alcuni lati alquanto singolari. Il 20 settembre 80 la stampa nazionale riporta la notizia di un ritrovamento di un radio-bersaglio nella zona del messinese e lo pone in collegamento con l'incidente del DC9 Itavia. Il generale Tascio ordina un immediato sopralluogo al colonnello Bomprezzi, il quale a sua volta scrive di proprio pugno, sotto la decretazione di Tascio, di aver provveduto inviando sul posto personale del Nucleo SIOS di Catania. Gli incaricati, un maresciallo dei CC. del SIOS di Catania e un ufficiale AM conoscitore di reperti aeronautici del 41° Stormo, alle ore 16.00 del 20 settembre raggiungono il Comando Stazione Carabinieri di Acquedolci (ME), esaminano e fotografano il reperto, inviando poi una dettagliata relazione al 2° Reparto SIOS. La singolarità consiste nel fatto che il reperto dalle ore 12.00 del 20 settembre era stato posto sotto sequestro dal PM dr. Guarino ed era stata data disposizione al Comando Arma di Acquedolci, che lo deteneva in custodia, di trasportarlo presso l'aeroporto di Boccadifalco. Operazione effettuata la mattina del 22 settembre 80. Pertanto, il personale dell'AM non avrebbe potuto visionare il reperto se non dietro autorizzazione del Magistrato, ma dell'effettuata visione la Procura di Palermo non verrà mai a conoscenza, né dai Carabinieri di Acquedolci né tantomeno dall'Aeronautica. C'è da dire però che il generale Ferri viene a conoscenza dell'evolversi dei fatti solo il 1° ottobre 80, allorquando il generale Tascio gli trasmette un dettagliato appunto con allegata la documentazione fotografica e la relazione del personale del 41° Stormo. Nell'appunto si legge che il reperto è stato esaminato prima del suo sequestro da parte della Magistratura. Tra il mese di settembre e ottobre 80 viene condotta dal SIOS un'intensa attività di indagine per addivenire all'esatta natura del radio bersaglio sulla base delle fotografie scattate il 20 settembre 80, nonostante su suggerimento di Tascio si sia cercata la strada per visionare nuovamente il reperto in forma riservata, cioè all'insaputa del Magistrato. Il 28 ottobre 80 il SIOS prepara un appunto per Ferri e Bartolucci secondo cui, sulla base di quanto riferito anche dalla ditta Meteor, il radio-bersaglio non poteva essere messo in relazione all'incidente del DC9 Itavia, perché le date di lancio erano notevolmente anteriori al giugno 80. Questa notizia lo SMA la segnala allo Stato Maggiore Difesa il 20 dicembre con la missiva a firma di Ferri e per la prima volta al PM dr. Santacroce, il 23 dicembre 80 con la nota a firma del generale Tascio. In entrambe le missive, il cui contenuto è identico, vi sono alcune imprecisioni: viene indicato come luogo di ritrovamento del relitto la provincia, cioè Messina - si ricordi che nello stesso periodo furono trovati altri relitti in questa provincia - senza specificare che il relitto era stato rinvenuto nel comune di Acquedolci a circa 130 km dal capoluogo nel basso Mar Tirreno; è errato anche l'anno del primo lancio dei radio-bersagli indicati come 1979, mentre è il 1978; viene specificato che due dei dieci radio-bersagli erano "coccardati", ma non si indica di quali si tratti; la Meteor aveva comunicato che solo i primi due erano "coccardati" ed erano stati lanciati il 7 e 8 giugno 1978; di contro è da evidenziare quanto riporta nella sua relazione, l'ufficiale del 41° Stormo di Catania, che visionò il reperto presso il Comando Stazione CC. di Acquedolci il 20 settembre 80. "Si ritiene di poter escludere che il relitto sia stato in mare per molto tempo anche perché non presenta tracce di corrosione o flora marina". Appare chiaro che lo Stato Maggiore si sia preoccupato per il ritrovamento del relitto in questione ed abbia volutamente omesso le date di lancio del 1978, anche se viene precisato, nelle due missive, che la vernice usata per detti radio-bersagli è molto resistente agli agenti atmosferici ed alla salsedine, e non abbia per nulla menzionato quanto invece riporta l'ufficiale del 41° Stormo nella sua relazione. C'è da dire ancora su questo reperto del perché sia stato inserito tra i relitti del DC9 Itavia il 23 dicembre 80, allorquando furono trasportati, con un velivolo G 222 della 46ª Aerobrigata di Pisa, da Palermo Boccadifalco a Ciampino per essere esaminati dai laboratori dell'Aeronautica militare. Il PM di Palermo il 26.11.80 aveva disposto che il trasporto dei reperti e il loro inventario dovesse essere curato dal perito d'ufficio prof. Giulio Cantoro notiziando di questa disposizione anche il comandante dell'aeroporto, tenente colonnello Rocco Furci, il quale invece consegnò i reperti senza la presenza del perito. Così riferisce il prof. Cantoro nell'esame del 20.01.97: "mi risulta che il 23.12.80 alle ore 17.00, a mia insaputa, i reperti siano partiti da Boccadifalco per Ciampino. Non essendo stato avvisato non ero presente al carico e quindi non so se tutti i reperti siano stati caricati". Altra singolarità consiste nel fatto che il giorno dopo la consegna, il 24 dicembre, Furci trasmette al PM di Palermo un elenco del materiale consegnato. Il 6 gennaio 81 l'elenco con la descrizione dei reperti consegnati ai laboratori AM e al PM di Roma dal comando aeroporto di Ciampino è diverso da quello redatto il 23 dicembre 80 a Palermo. Il reperto fu rinvenuto, casualmente, otto anni dopo, esattamente il 25 novembre 88 all'interno del posto fisso Carabinieri dell'aeroporto di Boccadifalco, dopo richiesta specifica di quest'Ufficio. Si ricordi altresì che qualche giorno prima del suo ritrovamento il comandante dell'aeroporto aveva escluso la presenza di questo relitto in quella sede. Come ben si può notare nei fatti sopra riportati non v'è stato alcun coordinamento tra i Comandi periferici e lo Stato Maggiore dell'Aeronautica, anzi s'è generato un tale stato di confusione che sino alla data della chiusura dell'istruttoria essa non s'era sufficientemente chiarita.

Ferri esclude di aver avuto qualsiasi tipo di rapporto con il personale del S.I.S.MI. Esclude di essere venuto a conoscenza nell'agosto 80 che il S.I.S.MI avesse richiesto, al 2° Reparto, l'interpretazione dei dati radar acquisiti il 29 luglio 80 presso il 3° ROC. Contestatogli che il 2° Reparto aveva l'obbligo di avvisare di questa attività lo Stato Maggiore, Ferri così risponde: "io di questo non ne sapevo niente, l'ho saputo adesso". Appare inverosimile che il sottocapo di Stato Maggiore non fosse a conoscenza di quella intensa attività che il Servizio segreto militare tra la fine del mese di luglio ed i primi del mese di agosto 80 ha avuto sia con il 2° Reparto che con il 3° ROC di Martina Franca sull'incidente del DC9 Itavia; anche perché in concomitanza il S.I.S.MI chiedeva notizie pure sull'altro incidente, cioè quello del MiG23 libico. La versione di Ferri anche su tale vicenda appare inaccettabile.

In relazione ai decreti emessi dai PM di Palermo e Roma il 5 e 16 luglio 80 il generale Ferri così riferisce: "quello che io ricordo, è che all'inizio fu incaricata la Magistratura di Palermo, che ai primi di luglio fece un ordine di sequestro dei dati radar, che pervenne al Comando della 3ª Regione Aerea, ove si ritenne si dovesse informare il Gabinetto del Ministro della Difesa. Il giudice Guarino fece tale ulteriore richiesta circa un mese dopo; nel frattempo subentrò, verso la metà di luglio, credo, un ordine di sequestro del giudice Santacroce che inviò all'ITAV. Siccome si riscontrarono questi due ordini di sequestro in contemporanea, io parlai con il giudice Santacroce e feci consegnare a lui tutto il materiale ad eccezione dei nastri di Marsala che furono acquisiti solo il 3 ottobre successivo". Ferri riferisce altresì che l'obiezione sul segreto, cioè della necessità del nulla osta del Gabinetto del Ministro per la consegna del materiale, fu sollevata immediatamente dalla 3ª Regione Aerea e non dallo Stato Maggiore. Sulla mancata consegna e sequestro dei nastri di Marsala nell'immediatezza il generale Ferri precisa che venne fatto presente da Fiorito nel verbale di sequestro del 22 luglio 80 che i nastri erano a disposizione della Magistratura a Marsala e il ritardo, nel sequestro, se v'è stato, è da addebitare all'AG e non all'Aeronautica.

Anche queste dichiarazioni di Ferri, in parte, sono sconfessate da elementi di prova acquisiti nel corso dell'istruttoria. L'imputato ha sempre sostenuto di non essere mai intervenuto sul decreto del PM di Palermo e che l'opposizione alla consegna della documentazione, con la pretesa del nulla osta del Gabinetto della Difesa, fu iniziativa esplicita della 3ª Regione Aerea di Bari e non dello Stato Maggiore. Si può invece affermare che non è stata rinvenuta alcuna documentazione comprovante l'emanazione di questa disposizione da parte della 3ª Regione; il comandante, il vice e il capo Ufficio Operazioni della 3ª Regione, quest'ultimo in particolar modo perché ha seguito in prima persona il decreto, escludono di aver mai richiesto il nulla osta per la consegna della documentazione all'AG. Di contro è stato accertato, con il sequestro della documentazione al colonnello Fiorito De Falco nell'ottobre 95, che fu proprio lo Stato Maggiore ad ordinare di non consegnare nulla se non vi fosse stata l'autorizzazione del Gabinetto della Difesa (annotazione quaderno-brogliaccio Fiorito del 19 luglio 80 - conversazione tra il colonnello Fiorito e il colonnello Brindisi del 3° Reparto) e che due giorni prima, cioè il 17 luglio, in un colloquio tra Ferri e l'Ispettore dell'ITAV, Fazzino, era stato deciso, invece, che i tracciati radar della Difesa Aerea si potessero consegnare poiché non presentavano questioni classificate (v. annotazione quaderno brogliaccio Fiorito del 17 luglio 80). Si ricordi che alla data del 19 luglio 80 il decreto di sequestro emesso dal PM di Roma il 16 precedente non era stato ancora notificato all'ITAV, notifica che avverrà la mattina del 21 luglio a cura di personale del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Roma.

Come già detto Ferri ha dichiarato di aver coordinato, una volta venuto a conoscenza del secondo decreto, le modalità di consegna della documentazione. Egli precisa tra l'altro che non furono consegnati i nastri di Marsala perché contenevano dati riservati e tale informazione fu portata a conoscenza del Magistrato, come dichiarato a verbale da Fiorito. In realtà Fiorito ha dichiarato tutt'altra cosa, e cioè che i nastri non potevano essere consegnati perché non erano estraibili dal calcolatore (dichiarazioni rese nel verbale di sequestro del 22 luglio 80 da Fiorito). Né l'ITAV e né lo Stato Maggiore notifica o impartisce disposizioni al 35° CRAM di Marsala sul sequestro dei nastri. La loro conservazione avviene solo per iniziativa del comandante del CRAM, tenente colonnello Cespa Piero, proprio il 21 luglio 80 (v. esame Cespa Piero, GI 23.04.96) cioè il giorno della notifica del decreto di sequestro all'ITAV.

Che nella vicenda dei nastri di Marsala vi sia stata una palese reticenza sia di Ferri che di altri imputati e testi escussi, lo dimostra l'annotazione del 2 ottobre 80, sul quaderno brogliaccio di Fiorito, in cui il predetto scrive quanto comunica al colonnello Sidoti, capo dell'Ufficio Sicurezza al Volo del 3° Reparto dello SMA, proprio il giorno prima che il PM di questo processo si recasse personalmente a Marsala per ritirare i nastri. Così scrive: "Sidoti. Spiegato che quando, per ordine di Stataereo (colonnello Brindisi) ho consegnato il materiale richiesto a Magistratura, ho trovato una formula ambigua per dare tempo all'AM di pensarci su, con la quale facevo capire che la pizza del CRAM di Marsala non poteva essere tolta dall'elaboratore perché ne fa parte integrante".

Ferri, che come già detto, ha coordinato la consegna del materiale a seguito dei due decreti, non ha dato però spiegazione sulle seguenti questioni: 1. il decreto del PM di Palermo rispetto a quello di Roma era limitato alla fascia oraria tra le 20.00 e le 23.15; viene consegnato al PM di Roma quindi documentazione ristretta in una fascia oraria e non nell'intero periodo; 2. mentre la casualità ha voluto che i nastri di Marsala venissero conservati e non reimpiegati per disposizione del comandante del CRAM, il DA1 del CRAM di Licola, dove era registrato l'intero periodo del traffico aereo avvistato e non quello limitato fino alle 23.15, non venne mai messo da parte per iniziativa del comandante del CRAM né furono impartite disposizioni specifiche dallo Stato Maggiore; 3. fu disposta la consegna solo del materiale dei siti di Licola e Marsala poiché il provvedimento del 16 luglio si riferiva alla zona compresa tra Latina- Ponza- Palermo, mentre dovevasi notare che in questa area "vedevano" anche i radar di Poggio Ballone e Siracusa; il materiale ad essi relativo pur nella disponibilità dell'AM, in particolar modo la documentazione di Poggio Ballone, che non verrà mai più ritrovata, non viene però consegnato.

Ferri altresì non ha spiegato per quale ragione ha considerato il decreto di Palermo superato dopo la emissione di quello del PM di Roma. Ferri è a conoscenza della missiva del 4 agosto 80 del sostituto procuratore indirizzata al Gabinetto della Difesa, alla 3ª Regione e al comando aeroporto di Trapani Birgi; il sostituto di Palermo scrive chiaramente nella sua nota che prosegue nell'esecuzione del suo decreto su espressa verbale delega del PM di Roma; nonostante ciò quando la Procura. di Palermo incarica i Carabinieri dello stesso capoluogo, il 28 agosto 80, di proseguire nella esecuzione del decreto emesso dall'Ufficio, non si procede oltre, perchè l'ITAV, attraverso lo Stato Maggiore, aveva fatto presente che la documentazione era stata già consegnata alla Procura di Roma il 22 luglio 80. In realtà lo Stato Maggiore ben sapeva che la documentazione da consegnare a Palermo, THR, nastri di registrazione e DA1, era pronta da più di un mese, esattamente dal 10 luglio 80; documentazione poi rinvenuta casualmente nel giugno 88 presso il 1° ROC di Monte Venda. Però attraverso l'ITAV, come già detto, dà una risposta non corretta, pregiudicando così in modo evidente l'accertamento della verità, in quanto quella documentazione avrebbe fornito sicuramente elementi più concreti sulla situazione del traffico aereo di quella sera sia ai periti d'ufficio che alla Commissione Luzzatti. E' sufficiente ricordare che dalla THR di Potenza Picena si sarebbe potuto stabilire, senza ombra di dubbio, già dall'80 che la traccia LK477 attribuita al DC9 Itavia dal sito di Licola e dallo Stato Maggiore, era inesistente sui tabulati. Invece fino al 92 la detta traccia è stata sempre prospettata come quella del DC9 Itavia.

In relazione alla richiesta di decifrazione dei nastri di Marsala presso il Centro Tecnico Addestrativo di Borgo Piave da parte del PM dr. Santacroce, nell'ottobre 80, vi sono gravi responsabilità a carico dello Stato Maggiore che ha impedito sia ai periti d'ufficio che a quelli della Commissione Ministeriale la loro interpretazione in quanto furono "tagliate" dai tabulati della THR le coordinate "y" e "x", cosicchè diveniva impossibile conoscere la reale traiettoria di un velivolo. Il 15 ottobre 80 il 3° Reparto in coordinamento con il 2° Reparto predisponeva un appunto per il sottocapo in cui si assumeva che il nastro non contenesse notizie coperte da segreto militare, mentre dovevano essere considerate segrete tutte le informazioni di carattere tecnico (nominativo, coordinate geografiche ed altro). Il generale Melillo scriveva altresì di proprio pugno, in calce all'appunto, che erano state date "disposizioni" a Borgo Piave, all'ITAV ed al Magistrato Santacroce. Il generale Ferri vista l'appunto il 21 ottobre e decreta "OK. D'accordo. Non frapporre ostacoli". Nel frattempo il 17 ottobre il generale Melillo inviava un telex a sua firma al sostituto romano al quale riferiva che le notizie coperte da segreto militare dovevano essere trattate secondo la legge in vigore, precisando che erano state date disposizioni a Borgo Piave. Il 18 ottobre Melillo inoltrava un telex a sua firma riportante la dicitura "d'ordine" che sta a significare per ordine del capo o del sottocapo di Stato Maggiore, sia all'ITAV che a Borgo Piave e impartiva chiaramente le disposizioni a cui dovevano attenersi. Dopo aver indicato che il Magistrato era stato messo a conoscenza delle notizie coperte da segreto militare, disponeva che le notizie cosiddette segrete, sopra indicate, dovevano essere fornite se esplicitamente richieste dal Magistrato, in separata sede, cioè non in presenza di altri membri della Commissione d'inchiesta. Questa postilla non era stata comunicata al Magistrato nel telex del giorno prima né è riportata nell'appunto predisposto il 15 ottobre 80. L'11 novembre 80 il Magistrato si reca a Borgo Piave e procede alla decifrazione dei nastri di Marsala. Il personale AM incaricato, senza nulla riferire al Magistrato, taglia le coordinate (x-y) dal tabulato THR unendo le parti mancanti con nastro adesivo. Il Magistrato, altresì, alla fine della riunione peritale richiede ulteriori copie della THR che verranno consegnate il 17 novembre 80. Anche queste copie hanno i "tagli" di cui sopra e sono unite da nastro adesivo. Di conseguenza la THR, sia da parte dei periti che dalla Commissione Luzzatti, era inutilizzabile.

Il generale Melillo nella sua memoria del 30 aprile 98 scarica la colpa al personale di Borgo Piave, il quale deve dire se si trattò di una sua iniziativa o ricevette ordini e, in tal caso da chi. Ma appare chiaro che gli unici ordini, in tal senso, quel personale li ha ricevuti con il telex del 18 ottobre a firma, "d'ordine", del generale Melillo. Sempre nella citata memoria Melillo riferisce che lui dava disposizioni e ordini solo ai suoi dipendenti del 3° Reparto o, come in questo caso, per espressa delega di un suo superiore, il quale altri non poteva essere che il Sottocapo di Stato Maggiore, o ad altri Comandi ed Enti dell'Aeronautica.

In relazione alla lettera del 20 dicembre 80, preparata dal 3° Reparto, che Ferri firma in assenza del capo di Stato Maggiore, indirizzata allo Stato Maggiore Difesa, emerge la soppressione o distruzione di materiale documentale e la comunicazione di false notizie. I punti a) ed e) del secondo paragrafo sono stati già sopra trattati e riguardano il noto messaggio di Cincusnaveur e il radio-bersaglio di Acquedolci. La soppressione o distruzione di documenti si evince al punto b). In esso viene riportato che lo Stato Maggiore sulla base della documentazione fornita dai Centri radar di Licola, Marsala e Siracusa afferma che non risultavano tracce sconosciute in prossimità della zona dell'incidente. La documentazione relativa al Centro Radar di Siracusa non è stata mai trovata né allo Stato Maggiore né presso il sito. La falsa notizia è riportata al punto c). L'argomento è relativo al Centro Radar di Marsala e così viene scritto: "E' invece vero che detta registrazione è interrotta momentaneamente quattro minuti dopo l'incidente (interruzione registrazione effettuata da un operatore per dimostrare la procedura di cambio del nastro)". Lo Stato Maggiore era ben a conoscenza che il cambio del nastro fu effettuato solo ed unicamente perché si doveva effettuare la cosiddetta esercitazione Synadex. Si ricordi che la vera tesi verrà pronunciata dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, on. Amato, solo il 30 settembre 86 in un discorso alla Camera dei Deputati. Se poi si considera il fatto che questa notizia viene riportata anche al PM il 23 dicembre 80, il quale però era a conoscenza dell'esercitazione, si può ben dire che in tal maniera si sia generata solo confusione e non abbia avuto luogo quella collaborazione, che ha sempre sostenuto l'Aeronautica.

Una altra vicenda, connessa per certi aspetti all'incidente del DC9 Itavia, che ha generato omissioni ed ostacoli nell'accertamento della verità è la near collision del 15 maggio 82. Il generale Ferri viene nominato Presidente di una Commissione d'inchiesta, formata dai più autorevoli rappresentanti dello Stato Maggiore, per accertare la gravità dell'accusa denunciata, di mancata collisione nella zona compresa tra Ponza e Ustica con un oggetto non identificato, dal comandante Salvatore Murabito al suo arrivo a Palermo - Punta Raisi con il volo AZ 1122 nella tratta Milano - Palermo. Il 17 maggio 82 il maggiore Montinaro Pasquale, comandante del 35° CRAM di Marsala, trasmette a mezzo di corriere, all'attenzione del sottocapo di Stato Maggiore, il nastro di registrazione nr.88 e il nastro TBT nr.71, come era stato disposto per le vie brevi dallo stesso Stato Maggiore. Agli atti di Marsala rimangono sia il registro dei piani di volo che il registro del capo controllore, entrambi sigillati con nastro adesivo. I registri del capo controllore e dei piani di volo, acquisiti il 6 ottobre 97 presso il CRAM di Marsala, risultavano ancora sigillati e chiusi a mezzo di nastro adesivo e firmati dal tenente Del Zoppo. Aperto il registro del capo controllore, nella parte di esso relativa al 15 maggio 82, alla voce "note" si legge: "in cassaforte nastro nr.88. Dal nastro registrazione dati inerente mancata collisione tra Missile U e DC9 Milano - Palermo. Prendere anche il nastro TBT e metterlo in cassaforte. P.V. NOTAM e situazione aeroporti". E' stato accertato altresì che i due nastri non risultano essere stati mai restituiti al CRAM di Marsala.

La Commissione d'inchiesta, presieduta da Ferri, nel frattempo effettua, nel maggio 82, la riduzione dati del nastro di registrazione di Marsala presso la Brigata Tecnica di Borgo Piave. A questo punto la "storia di questo nastro" si mescola con quella dei nastri del 27.06.80. Infatti nel novembre 88 quando vengono rinvenuti due nastri di registrazione presso la Brigata Tecnica di Borgo Piave contenuti all'interno di una custodia con la scritta "Ustica capitano Di Natale" gli stessi vengono riconosciuti come le copie degli originali, effettuati l'11 novembre 80 in occasione della visita del PM Santacroce, e solo in un secondo momento, cioè nel gennaio 89, ottenuta la riduzione dati del nastro nr.712, numero assegnato da Borgo Piave, si accertava che lo stesso conteneva dati del 15.05.82 e non del 27.06.80. Il nastro nr.712 non è l'originale di Marsala, ma solo una copia dello stesso che contiene dati relativi a quel giorno per un periodo limitato tra le ore 09.00Z e le ore 10.30Z circa. Altra situazione anomala concerne il grafico consegnato il 19 giugno 82 dall'AM alla AG, tramite il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza. Il documento che doveva contenere i dati relativi alla near collision del 15 maggio 82 contiene invece il tracciato del 27 giugno 80. L'atto è allegato al nr.695 del fascicolo generici. In conclusione, dalle risultanze cui è pervenuta la Commissione Ferri, emerge inequivocabilmente che l'attività militare connessa e non, con l'esercitazione Distant Drum il 15 maggio 82, non ha avuto alcun impatto con l'evento nei termini nei quali è stato denunciato. In particolare si esclude che le detonazioni e le vibrazioni presumibilmente avvertite a bordo del volo AZ1122 potessero essere attribuite a cause esterne all'aeromobile stesso.

Ci si domanda se la Commissione d'inchiesta, avendo letto il registro del capo controllore, sarebbe giunta a questa conclusione; ci si domanda perché non venne sentito il personale di sala operante quel giorno a Marsala; che fine hanno fatto il nastro di registrazione e quello TBT trasmesso dal sito allo Stato Maggiore; perché lo Stato Maggiore non ha mai saputo spiegare la provenienza dei dati riportati sul nastro nr.712 rinvenuto nel novembre 88 e portato a conoscenza della Commissione Pratis e della Commissione Stragi come la copia del nastro di registrazione effettuata dal sostituto romano l'11.11.80, mentre in realtà ben conosceva la sua esatta provenienza. Sicuramente la Commissione ha paragonato gli elementi della near collision con quelli avvenuti la sera del 27 giugno 80; tant'è vero che nella "confusione" documentale, lo Stato Maggiore, non si accorge che invece di consegnare il grafico riproducente il percorso del volo del 15 maggio 82 consegna quello del DC9 Itavia del 27 giugno 80; così come, presso Borgo Piave, la copia del nastro del 15 maggio 82 viene conservata insieme alle copie del nastro del 27 giugno 80, queste ultime mai più trovate.

Non tutto l'insieme di queste condotte può essere stimato esclusivamente colposo.

Il generale Ferri anche in relazione all'incidente del MiG23 libico ha reso dichiarazioni non veritiere. Infatti egli dichiara di aver appreso la notizia attraverso un messaggio dei Carabinieri nella tarda mattinata o nel primo pomeriggio. Di conseguenza fu deciso di inviare sul posto il generale Tascio che partì immediatamente con un velivolo dell'Aeronautica e non con un velivolo della CAI. Tascio ritornò qualche giorno dopo, due o tre giorni, portando con sé del materiale (v. esame Ferri Franco, GI 21.02.91). E' stato accertato invece che proprio il 18 luglio, nel primo pomeriggio, era in corso una riunione dei capi reparto, presieduta dal sottocapo di Stato Maggiore, cioè esso generale Ferri, e nel corso della quale giunse la notizia dell'incidente. Appresa la notizia vi furono vari contatti telefonici tra lo Stato Maggiore e la 3ª Regione Aerea di Bari. Il generale Tascio partì dopo qualche ora con un velivolo non dell'Aeronautica e ritornò al Reparto l'indomani sera cioè il 19 luglio, con materiale di rilevante interesse, che solo nel 97 è venuto alla luce sulla base delle dichiarazioni rese dal colonnello Enrico Milani, interprete di lingua araba del S.I.S.MI. (v. esami Milani Enrico, GI Venezia 29.01. e 26.02.97, GI Roma 02.12.97). Circostanza questa che il Ferri deve conoscere, anche perché egli stesso afferma sia nel corso dell'esame testimoniale del 21.02.91 che dell'interrogatorio del 27.05.92 che Tascio portò con sé del materiale, tra cui anche la scatola nera del velivolo. Su altri argomenti inerenti la vicenda che gli vengono contestati nulla ricorda, afferma, o non gli è stato mai riferito dal 2° Reparto.

La difesa di Ferri in primo luogo rileva come l'imputato non sia mai venuto a conoscenza delle varie conversazioni telefoniche intercorse nei siti della DA e del TA, non solo la notte dell'incidente, ma anche nei giorni immediatamente successivi e fino alla data del suo congedo nel luglio 83. Ne sarebbe venuto a conoscenza soltanto nel corso degli interrogatori. E' sì vero che non esiste materiale documentale che direttamente confermi la partecipazione delle notizie al Ferri come è vero che non vi sono testimonianze che depongono in tal senso - ben si sa però quale sia stato il tasso di reticenza e falsità in questo processo - ma è altresì verosimile come già s'è dimostrato, che Ferri sia venuto a conoscenza di queste notizie nel corso di riunioni con i suoi Capi Reparto proprio per l'effetto a salire delle informative nella scala gerarchica. Si ricordi che la presenza di traffico americano nella zona dell'incidente viene notificata, come da circolare, ufficialmente al COP dal tenente Smelzo al maresciallo Berardi nella conversazione delle ore 20.25Z, e di qui la notizia doveva necessariamente salire.

La difesa effettua una disamina dei fatti riportati in requisitoria ed al punto 4) della sua memoria afferma: "la notizia dell'asserita presenza di traffico militare nella zona dell'incidente non proviene - come vuol far credere il PM - da molteplici canali informativi, ma da una sola fonte pervenuta all'ACC di Ciampino che non risulta registrata su nessun canale". La difesa continua su questa strada e asserisce che la fonte, probabilmente, è il sito della difesa aerea di Marsala in un colloquio non registrato con l'ACC di Ciampino, nel quale si riferiva della esercitazione e che diversi aerei americani "razzolavano" in zona. Ebbene il sito di Marsala, presso cui l'interlocutore è il sergente maggiore Loi, interpellato dal supervisore di Ciampino capitano Grasselli alle ore 20.16Z (orario di Ciampino; a Marsala la stessa conversazione è registrata alle ore 20.18Z), si parla solo che il DC9 non era stato seguito sul radar, perché, come Loi afferma: "stavamo facendo un'esercitazione". Non si parla del tipo di esercitazione né di traffico aereo americano né di "razzolare". Appare anche chiaro che Grasselli non abbia potuto fraintendere il significato di "fare un'esercitazione" con quello di "controllare e seguire un'esercitazione al radar". Infatti, Guidi nella conversazione con Fiorito delle ore 20.23Z, prima di pronunciare la frase "vedono razzolare diverso, diversi aeroplani... americani", riferito al sito di Marsala, riferisce a Fiorito: "dice che non stavano guardando, perché ci hanno l'esercitazione". Appare evidente che, se da un lato poteva fraintendersi il significato di esercitazione tra un controllore del TA ed altro della DA, dall'altro è anche evidente che se Marsala non guarda in reale non può affermare di aver visto aerei americani. Ragion per cui quella notizia Ciampino sicuramente non può averla appresa da Marsala, come emerge chiaramente nella conversazione Grasselli-Loi, ma dai suoi stessi operatori di sala o da altre fonti come affermano i PM nella requisitoria. Fonte che non è stato possibile individuare per la mancanza e l'omessa consegna di tutti i nastri di registrazione delle conversazioni telefoniche di Ciampino. Infatti com'è già noto, sono stati consegnati all'AG, il 22 luglio 80, solo tre degli otto nastri in funzione quella sera nella sala operativa dell'ACC di Ciampino. Sulla consegna dei nastri la difesa tiene a sottolineare, al punto 7D in relazione anche alle conversazioni tra Ciampino e Siracusa, che non risultano sui nastri sequestrati, ma nelle trascrizioni rinvenute tra la documentazione Luzzatti che i nastri furono consegnati alla commissione Luzzatti e che quindi responsabile fu quest'ultima dell'eventuale smarrimento. Di conseguenza alcuna responsabilità ricade sullo Stato Maggiore e su Ferri. Tutti gli otto i nastri dovevano essere consegnati il 22 luglio 80; invece, in quell'occasione ne furono consegnati dall'ITAV soltanto tre senza alcuna spiegazione del motivo della mancata consegna dei restanti. Il materiale sequestrato dalla Guardia di Finanza fu consegnato alla Commissione Luzzatti, il 24 luglio 80, come disposto dal PM. Resta perciò che la responsabilità della mancata consegna di tutti i nastri è dello Stato Maggiore.

La difesa, in relazione alla parziale consegna della documentazione richiesta dal PM di Palermo il 5 luglio e successivamente dal PM di Roma il 16 luglio, tiene a sottolineare che a causa l'intervenuta modificazione della competenza tra Palermo e Roma il materiale, oggetto della comune richiesta, fu inviato al PM di Roma. V'è da dire che la documentazione richiesta da Palermo era limitata al periodo 20.00-23.15 locali e più ampia nella competenza territoriale come già s'è visto, mentre il provvedimento del PM di Roma era illimitato nell'orario e più ristretto nella estensione territoriale. L'AM, per la determinazione del materiale da consegnare s'avvale del criterio più restrittivo sul tempo di Palermo, e di quello più restrittivo sulla estensione di Roma.

La difesa minimizza quindi l'incarico che Ferri assegna nell'agosto 80 di esaminare il noto casco rinvenuto in località di Trabia (PA). Si deve ricordare che Ferri non assegna l'incarico a due ufficiali qualsiasi dello Stato Maggiore, ma ai due più esperti e competenti in materia, con il grado di colonnello, e cioè il capo ufficio sicurezza al volo del 3° reparto, Sidoti, e il capo del SIOS ad interim, Bomprezzi. Pertanto non può darsi torto al PM, allorchè sottolinea l'eccezionale solerzia di Ferri a prender conoscenza di un reperto che poteva ricollegarsi comunque con l'incidente del DC9, e certo non era uno dei comuni e numerosi reperti che venivano recuperati in quel periodo.

La difesa erra quando definisce il tenente colonnello Lippolis Guglielmo, come un incompetente in materia e un semplice pilota del soccorso aereo; desumendone che la sua opinione sul disastro, a suo dire una esplosione interna, fosse da considerare del tutto irrilevante. L'ufficiale in questione era invece dotato di particolare competenza sugli incidenti di volo, non era un pilota di elicottero che aveva casualmente partecipato ai soccorsi, bensì il Direttore dell'RCC di Martina Franca, che aveva coordinato e diretto i mezzi del soccorso la notte dell'incidente.

Non esisterebbero prove su quanto dichiarato dal Ministro Lagorio, afferma Ferri attraverso la sua difesa, e cioè che la versione dei militari sarebbe stata quella di non aver avuto a disposizione tutti gli elementi di rilevazione perché acquisiti dall'AG; così come non sarebbe esistita alcuna prova che Ferri avesse esaminato i dati di Ciampino. In tal senso si deve dire che Melillo afferma che i dati di Ciampino sono giunti allo Stato Maggiore il 28 o il 30 giugno e sono stati visionati dal suo 5° Ufficio, competente in materia; di conseguenza i risultati sono stati comunicati ai superiori, in questo caso il sottocapo e il capo di Stato Maggiore. La difesa sottolinea altresì che i nastri erano stati consegnati alla commissione Luzzatti sin dal luglio 80. In tal senso si deve riconoscere che effettivamente quei nastri erano stati consegnati alla citata commissione, ma il 24 luglio 80, dopo il sequestro della Guardia di Finanza all'ITAV il giorno 22 precedente. Così come si deve porre in evidenza che prima di questa consegna ne era stata già fatta la copia integrale a Ciampino, anzi prima della sigillatura, nei giorni successivi all'incidente, come dichiarato da Fiorito de Falco il 16 ottobre 90. Copie che non sono state mai rinvenute.

Da ultimo nella memoria si afferma che le notizie riportate nella lettera del 20 dicembre 80 non sono false e fuorvianti, perché lo scopo era quello di sensibilizzare il Ministro sul fuorviante - questo sì ( interessamento della stampa. La difesa non esprime alcuna valutazione sul contenuto di questa missiva, ma solo che le notizie in essa riportate erano le stesse informazioni comunicate al Ministro il 10 luglio 80. Al contrario è stato accertato - lo si è già scritto ( che nella lettera sono state riportate notizie non corrispondenti al vero e in grado di deviare il corso delle indagini - lo si ripete: - cambio del nastro a Marsala per dimostrazione al personale, mentre nella realtà il cambio era stato effettuato per iniziare l'esercitazione Synadex -; dati radar del sito di Siracusa - non è stata mai trovata alcuna traccia documentale né allo Stato Maggiore né presso i centri periferici competenti -; parziali notizie sull'aereo bersaglio rinvenuto ad Acquedolci (ME) il 20 settembre 80, completa omissione del plotting di Ciampino.

Per le stesse ragioni che per Bartolucci, Ferri deve essere rinviato a giudizio secondo imputazione.

4. Melillo Corrado.

Il generale di Squadra Aerea Corrado Melillo, in congedo dal 92, il 20 giugno 80, allorchè rivestiva il grado di generale di Brigata Aerea, assumeva, succedendo al pari grado Stelio Nardini il comando del 3° Reparto Piani e Operazioni dello Stato Maggiore Aeronautica.

L'imputazione a suo carico - egli è stato interrogato il 28.05.92, 18.10.95, 09.01.97 e 24.02.97 - è quella comune al vertice dello SMA ex artt.81 cpv., 110, 289 c.p.p. e 77 c.p.m..

Al generale Melillo vengono inoltre imputati i delitti di cui agli artt.478, 61 n.2, 323 e 378 c.p. per aver soppresso, nella traduzione di un telex in lingua inglese - della quale si attestava la conformità all'originale, che non veniva allegato - sia la data che il riferimento numerico al giorno e a date di corrispondenza precedente, così attestandone falsamente il contenuto al fine di favorire quanti avevano omesso di riferire alle Autorità politiche e giudiziarie che nella notte tra il 27 e 28 giugno 80 era stata avviata la ricerca di forze aeronavali statunitensi (che si presumevano coinvolte nel disastro di Ustica) e che a tale scopo sin dalla sera stessa erano state interessate le Autorità statunitensi.

Interrogato più volte e autore di numerose e articolate memorie, afferma di essere stato attivato nell'immediatezza dell'evento e di aver posto in essere azioni di conseguenza sin dalla mattina del 28 giugno, sollecitato dal Capo di Stato Maggiore Bartolucci, nonché di aver concluso ogni attività di indagine su le probabili cause dell'incidente nell'ambito di brevissimo tempo e comunque entro il 2 luglio.

Egli viene a conoscenza della scomparsa del DC9 Itavia avvisato presso la sua abitazione di rientro dall'ufficio, da personale del COP che nonostante ogni ricerca non è mai stato identificato. Ad una prima comunicazione ne era seguita una seconda che lo informava della caduta del velivolo civile. Di entrambe rimane sconosciuto l'interlocutore ed esse esistono, allo stato degli atti, soltanto nella memoria dell'imputato, poiché nel registro del COP non si rinviene traccia di comunicazioni al Capo Reparto fino al mattino, alle ore 07.30, del 28 giugno 80. La circostanza riferita dal colonnello Arpino - all'epoca capo del 2° Ufficio Operazioni del 3° Reparto - cioè una sua telefonata a Melillo per informarlo dell'accaduto, è stata da questi esclusa; così come ha escluso di aver informato i suoi superiori gerarchici Ferri e Bartolucci.

Dalla lettura di tutte le registrazioni telefoniche sequestrate presso i vari siti radar ed altri enti dell'Aeronautica, emerge, come s'è scritto, che alti ufficiali responsabili delle operazioni del soccorso e del traffico aereo avevano avanzato già durante la notte l'ipotesi di una collisione in volo con velivoli americani, tanto da richiedere notizie all'ambasciata USA in Roma. La preoccupazione per una collisione esisteva perché, secondo Melillo, questa costituiva l'unica responsabilità imputabile all'Aeronautica, alla quale, fino al settembre dell'80, era spettato il controllo del traffico aereo. Circostanza confermata da Bartolucci nell'audizione in Commissione Pisano del 26.04.89, allorché costui dichiara che allo scopo di poter escludere dalle possibili cause dell'incidente la collisione in volo, aveva subito richiesto notizie sulla presenza, nella zona e nell'ora dell'incidente, di velivoli militari italiani e di eventuale attività volativa di altre forze militari "con particolare riferimento a quella USA".

Nel corso della riunione informativa la mattina del 28 giugno tra i Capi Reparto a cui partecipò anche il Sottocapo di Stato Maggiore, Melillo illustrò ai presenti quanto era accaduto durante la notte e le notizie sino a quel momento raccolte sulla caduta del velivolo Itavia; emerse fin da quei primi momenti che l'ipotesi della collisione era quella che doveva essere verificata. Quanto illustrato nella riunione venne rappresentato al capo di Stato Maggiore Bartolucci che richiese maggiori notizie. Quel "vorrei saperne di più" pronunciato da Bartolucci, stimolò Melillo a promuovere una verifica presso tutti gli enti del Traffico e della Difesa aerea interessati dalla rotta del velivolo e presso enti militari stranieri. Di tali attività tuttavia non rimarrebbe alcuna traccia dal momento che si trattava di richieste quasi esclusivamente telefoniche. Le uniche tracce agli atti sono costituite dal noto telex di Cincusnaveur e dall'altro del 3° ROC. Del primo nessuno tra gli imputati e testi è stato in grado di indicare modalità e tempi di ricezione presso lo Stato Maggiore. L'altro documento invece, che rivela che delle notizie erano state richieste o comunque ricevute, indicativo di una verifica, documento non classificato, protocollato o catalogato sia dall'ente originatore che da quello ricevente, è il telex proveniente dal 3° ROC contenente le tracce registrate dai siti di Licola, Marsala e Ferrara in orario prossimo alla scomparsa del DC9 Itavia. Documento esibito per la prima volta in copia, 24.06.89 nel corso dell'esame testimoniale dal generale Mangani, nell'80 Comandante del 3° ROC, ed acquisito in originale il 10 luglio 95, rinvenuto tra documentazione del 2° Ufficio del 3° Reparto, nel corso di un provvedimento emesso in ordine alla vicenda del MiG libico.

Melillo pone la conclusione di tali attività di indagine nei primi giorni di luglio, perché secondo lui tutto doveva essere stato chiarito e verificato prima che il Ministro della Difesa rispondesse in Parlamento alle interpellanze. Di questa inchiesta condotta dal 3° Reparto non rimane alcuna traccia documentale, né appunti o relazioni per il Sottocapo o Capo di Stato Maggiore, che comunque avevano richiesto od accettato tali attività. Nella memoria difensiva Melillo ammette di aver condotto una inchiesta, anche se ne sminuisce l'importanza definendola come una attività da concludere in tempi brevi, i cui risultati non potevano che essere sommari e comunque tali da non esser completi o definitivi, perché le indagini sulle cause della caduta del DC9 Itavia competevano alla Magistratura e al Ministero dei Trasporti. Dell'indagine, che venne conclusa nel volgere di pochi giorni, non è praticamente rimasta alcuna traccia negli archivi. Anche se sono stati rinvenuti casualmente alcuni atti che saranno di seguito analizzati e di cui ovviamente non v'è traccia sul protocollo del Reparto né in documenti realizzati successivamente. Questa situazione appare invero in netto contrasto con la "pignoleria" della quale veniva tacciato Melillo né può essere giustificata da una particolare carenza di personale, cui egli fa riferimento, verificatasi in quel periodo per la "fuoriuscita" di numerosi piloti dall'AM.

Prima di affrontare in modo analitico gli altri fatti contestati nel mandato di comparizione al generale Melillo, si deve rilevare che il 3° Reparto dello Stato Maggiore, da lui diretto, era l'interlocutore ufficiale ed esclusivo per i Comandi Periferici, l'Ufficio dal quale attingere notizie e ricevere disposizioni in merito all'incidente del DC9 Itavia. In quel Reparto erano incardinati, nel 1980, il 4° Ufficio - Sicurezza Volo - e il 5° Ufficio - Telecomunicazioni ed Assistenza al Volo, solo successivamente divenuti Reparti autonomi. Il 4° Ufficio era diretto dal colonnello Francesco Sidoti, competente ad investigare per gli incidenti di volo, l'ufficiale che ha vagliato di volta in volta e raccolto in archivio tutta la documentazione proveniente dagli enti periferici della Forza Armata; il 5° Ufficio invece, diretto dal colonnello Carlo Sabbatini, si occupò della analisi dei tracciati radar di Ciampino e di quelli provenienti dagli altri siti della Difesa Aerea ed era l'interlocutore dello Stato Maggiore con l'ITAV. Da questi ufficiali non è stato possibile ottenere alcuna informazione sulle attività svolte e i dati ricevuti, perché il Sidoti, nonostante fosse il diretto interlocutore del Capo Reparto, come appare anche dalle decretazioni apposte nei documenti acquisiti presso il 3° Reparto che riguardano l'incidente occorso al DC9, esclude di essersi - in modo assolutamente incredibile - interessato alla vicenda di Ustica; mentre Sabbatini è deceduto nell'84 prima di essere mai stato sentito. Una stretta relazione tra le vicende relative alle indagini sul DC9 Itavia e l'attività del colonnello Sidoti si evince anche dal fatto che il tenente colonnello Argiolas Giampaolo, il quale come noto fu protagonista di un sopralluogo a Palermo Boccadifalco per visionare i relitti del velivolo Itavia, era alle dirette dipendenze del Sidoti appartenendo a quel 4° Ufficio. Soltanto nel 95 con il sequestro dell'agenda personale di Argiolas, si è potuto accertare che era stata celata la vera ragione della missione dei due ufficiali dello SMA, il 4 luglio 80 - a Boccadifalco era presente anche il colonnello Bomprezzi del SIOS. Lo scopo di essa era infatti quello di verificare la presenza tra i relitti del DC9 di un seggiolino eiettabile di un velivolo militare o di altri relitti attribuibili ad un velivolo americano, circostanza che avrebbe confermato una collisione con il velivolo Itavia. E se questa vera finalità della missione fosse stata rivelata, sarebbero apparse anche le ipotesi che quello Stato Maggiore stava vagliando sulle cause della sciagura.

Il generale Melillo nella sua ultima memoria difensiva del 30 aprile 98 indica, ovviamente dal suo punto di vista e sulla base dei documenti esibiti o letti nel corso dei vari interrogatori dal maggio 92 al febbraio 97, le sue giustificazioni al riguardo dei capi di imputazione contestatigli. Questo atto raccoglie anche documentazione, resagli nota nel corso dell'istruttoria nonché le analisi che lo stesso imputato ha sviluppato, a partire dal 92, in altre memorie difensive. Nella raccolta dei documenti che egli allega alla memoria difensiva emergono contraddizioni rilevanti con l'analisi degli avvenimenti citati nello stesso documento, per cui mentre da un lato egli tenta di giustificare le sue azioni, dall'altro emerge l'esatto contrario. Dalla lettura di questa memoria si evince una palese confusione nell'esposizione dei fatti; errori dovuti, secondo il giudizio di quest'Ufficio, al fatto che l'imputato ha ricostruito le vicende non sul ricordo della propria memoria, ma sulla base di ipotesi e congetture formulate oggi anche attraverso l'esibizione di documenti dell'epoca. Questa sua condotta mette ancor più in evidenza che egli non ha dichiarato nel corso dei vari interrogatori quanto effettivamente a sua conoscenza sull'intera vicenda, ma ha basato le sue risposte, sia negli interrogatori che nella memoria difensiva, sugli elementi contestati, quelli emersi nell'inchiesta, dai quali Melillo ha potuto trarre varie ipotesi, alcune delle quali del tutto inverosimili. Il generale Melillo nella memoria difensiva dà giustificazioni sul suo operato personale e si chiama fuori da ogni attività del Reparto e dei suoi dipendenti, addossando le responsabilità ad ogni singolo ufficiale e sottufficiale, e non tenendo così conto che tutto quello che avveniva nel suo Reparto era sotto il suo controllo, giacchè fino a prova contraria, come egli stesso tra l'altro afferma nella memoria difensiva, era lui il capo che dava ordini e disposizioni al personale direttamente subordinato.

Tra il 95 e il 96 nel corso di perquisizioni domiciliari sono stati rinvenuti documenti di rilievo, quali i brogliacci di Capi Reparto, tra cui anche quello di Melillo, da cui emerge una verità diversa da quella dichiarata nei vari verbali di interrogatorio. Su episodi cardine Melillo non argomenta nella sua memoria difensiva, anche perché essi non lasciano spazio a giustificazioni. Tra di essi è sufficiente ricordare il sopralluogo "segreto" a Boccadifalco del 4 luglio del tenente colonnello Argiolas; i contatti avuti dal colonnello Brindisi con Fiorito De Falco il 15 e 19 luglio per la documentazione da consegnare all'AG di Palermo e giacente a Trapani Birgi; i contatti avuti tra il colonnello Sidoti con Fiorito De Falco il 2 ottobre 80.

Sull'attività del 3° Reparto nei giorni successivi al disastro di Ustica, meritano particolare attenzione il telex proveniente da Martina Franca, il plottaggio proveniente da Ciampino e le notizie pervenute dai Comandi NATO formalizzate, secondo la tesi sostenuta dall'Aeronautica, nel noto telex di Cincusnaveur.

Melillo afferma che i dati giunti durante la notte al 3° ROC riguardavano anche il radar di Siracusa (oltre a quelli di Licola e Marsala); il giorno successivo quegli stessi dati erano pervenuti allo Stato Maggiore e la loro analisi non fu effettuata da personale dello SMA bensì da quello dell'ITAV. Dagli atti in possesso dell'inchiesta emerge invece il contrario, cioè che i documenti vennero esaminati da personale dello SMA, anche perché il messaggio SOC/A/0215/NC proveniente dal 3° ROC non era indirizzato all'ITAV. Anche il generale Ferri smentisce sia le dichiarazioni che le giustificazioni fornite da Melillo nella memoria, in quanto i dati della Difesa Aerea che egli cita non sono riferiti al sito radar di Siracusa bensì a quello di Ferrara e Ferri ebbe immediata consapevolezza che quei dati fossero del sito emiliano per il fatto che il velivolo era partito da Bologna. Con l'indicazione del sito di Siracusa, Melillo vuol rappresentare una giustificazione a quanto riportato poi nella lettera del 20.12.80, laddove viene detto che "l'analisi del tracciamento radar effettuato dall'AM sulla base della documentazione fornita dai Centri Radar di Licola, Siracusa e Marsala, non conferma la presenza di tracce sconosciute in prossimità della zona dell'incidente". Non sono mai stati trovati documenti che attestino il reale invio dei dati di Siracusa; anzi nella memoria difensiva del 94, Melillo afferma che fu "il 3° ROC a riportare che le analisi radar erano state fatte sui radar di Licola, Siracusa e Marsala. La notizia era corretta per quanto riguarda i tre radar efficienti, ma se quello di Siracusa mancava ciò non poteva essere noto allo Stato Maggiore". In realtà si deve nuovamente rammentare che nel noto messaggio del 28 giugno proveniente dal 3° ROC non figuravano i dati di Siracusa bensì quelli di Ferrara. E a questo punto deve essere anche sottolineato che l'unica trasmissione dati effettuata da Siracusa riguardava l'incidente occorso al MiG libico e non il DC9 Itavia; e quindi, se, come si afferma nella missiva del 20 e 23.12.80, quei dati relativi al DC9 erano stati trasmessi, essi sono allora stati distrutti o comunque mai consegnati a quest'Ufficio nonostante le specifiche richieste di acquisizione.

Altra delle contestazioni mosse all'imputato concerne la mancata comunicazione di notizie che gli erano state o almeno avrebbero dovuto essergli riferite durante la notte o il mattino successivo; notizie che, per la loro gravità avrebbero dovuto essere vagliate personalmente da lui o dai suoi superiori. Si fa riferimento alla conversazione telefonica delle ore 20.25Z intercorsa tra il 3° ROC di Martina Franca e il COP e cioè tra il maresciallo Berardi e il tenente Smelzo. Melillo ha sempre escluso di aver ricevuto tale notizia, confortato probabilmente anche dalla assoluta mancanza di prove documentali. Si è invece indotti a ritenere il contrario dalla semplice considerazione che le successive azioni poste in essere dallo Stato Maggiore sono al contrario indirizzate verso una verifica di probabile collisione anche con velivoli americani. Nella memoria difensiva Melillo censura il comportamento sia del maresciallo Berardi che dell'ufficiale di servizio al COP, tenente colonnello Giangrande. Sottolinea il fatto che il Berardi, ricevuta la notizia, vera o falsa, doveva in primo luogo informare immediatamente il colonnello Arpino per avere istruzioni sia sull'ulteriore disseminazione alle autorità superiori, sia per l'approfondimento dell'informazione ricevuta provvedendo se necessario ad interpellare anche l'Addetto militare statunitense; doveva in secondo luogo informare appena possibile il tenente colonnello Giangrande. Insiste Melillo - e così anche lui rileva la diffusa "omertà" - che si dovevano porre al Berardi queste domande, invitandolo fermamente a dire la verità e ricordare ciò che nella realtà fece e non fece, senza nascondersi dietro al muro del "non ricordo" - e il generale s'accorge solo di uno dei mille reticenti. Melillo nella memoria afferma altresì che l'ufficiale al COP, cioè Giangrande, al momento della telefonata era assente e quindi censura il comportamento anche dell'ufficiale in quanto le sue risposte, in sede di audizione dinanzi alla Commissione Stragi l'11 aprile 91, furono oltremodo evasive e contraddittorie, quasi che egli, pur di servizio al COP, avesse passato altrove gran parte del tempo del servizio. Continuando nella memoria e afferma che il modo di operare del Berardi, prima censurato, non era del tutto errato, perché quel sottufficiale, secondo Melillo, sentiva la responsabilità di dover diramare, secondo procedura, quella notizia agli alti livelli, compreso quello del Gabinetto del Ministro della Difesa ed era perciò comprensibile come volesse essere certo di quel che poi avrebbe dovuto diffondere.

La sua tesi, cioè di non esser mai stato portato a conoscenza della conversazione telefonica in questione, è secondo lui corroborata dal fatto che la notizia non risulta trascritta sul registro compilato dall'ufficiale del COP, unico documento ufficiale e dal fatto che la stessa non gli è stata mai riferita da alcuno dei suoi subordinati. Tale discolpa non può essere accettata perché sia Giangrande che altro personale ad esso Melillo subordinato gli ha riportato la notizia oralmente ed egli in tal senso ha riferito al Sottocapo ed al Capo di Stato Maggiore nella mattinata del 28 giugno, cosicché ne derivarono tutte quelle verifiche che propendevano per una collisione tra il DC9 ed altro velivolo. Sul fatto che la notizia non sia trascritta nel registro dell'ufficiale di servizio al COP si deve dire che il registro risulta, a prima vista, compilato in un secondo momento cioè non nell'immediatezza del ricevimento della stessa, per cui quella notizia pur essendo stata riportata su altri fogli al momento della ricezione, non è stata poi trascritta, in bella copia, sul registro. Basti notare che alle ore 21.30 locali quando viene trascritta sul registro la notizia della scomparsa del DC9 Itavia, Giangrande, annota con precisione anche il numero degli adulti 64, dei bambini 11 e dei lattanti 2, dati questi che il Giangrande ha assemblato dopo nel corso della notte e che non erano stati comunicati di certo alle 21.30. Anche questa circostanza mette in evidenza come la notizia della conversazione telefonica, pur non essendo stata riportata sul registro, possa essere stata comunicata per le vie brevi sia nel corso della notte che la mattina successiva a Melillo o ai suoi più stretti collaboratori.

Sull'omesso riferimento al Ministro della Difesa, on.le Lagorio, dei contenuti del plottaggio di Ciampino, Melillo a differenza di Ferri, il quale esclude di aver visionato il plottaggio o che qualcuno possa avergliene parlato, trova addirittura imbarazzante commentare tale circostanza, perché "è ben noto che nei primi giorni successivi all'incidente le registrazioni radar ... non erano ancora sotto sequestro ... e, pertanto, gli esperti dell'Aeronautica furono in grado di visionarle", mettendo tuttavia in evidenza, senza ulteriori precisazioni, che l'esame fu effettuato da personale "estraneo" allo Stato Maggiore. In realtà l'estraneità cennata da Melillo è relativa poiché si tratterebbe di personale dell'Aeronautica, presumibilmente dell'ITAV; tuttavia quell'Ispettorato non risulta aver mai analizzato i dati di Ciampino prodotti dal Russo, mentre al contrario, questi potevano essere valutati dal 5° Ufficio del 3° Reparto che disponeva di personale competente e che molto probabilmente effettuò tali analisi, in quanto non risulta agli atti alcun interessamento dell'ITAV oltre all'incontro tra Russo e Fiorito De Falco la mattina del 28 giugno 80. Quanto riportato da Melillo nella prima parte della memoria del 30 aprile viene contraddetto nella parte relativa agli allegati che egli cita a supporto delle sue tesi; si sottolinea peraltro, come già detto, che detti allegati non sono altro che memorie difensive presentate in tempi antecedenti agli ultimi interrogatori nei quali l'imputato ha avuto una completa cognizione dei capi del mandato di comparizione e dei documenti sui quali trovavano supporto. In particolare nella vicenda dati radar Ciampino asserisce nella memoria che tali plottaggi furono visionati da personale "estraneo" allo Stato Maggiore, mentre negli allegati riferisce che l'esame di quei dati non venne effettuato in ambito SMA per la mancata conoscenza di dati tecnici e per mancanza di tempo, precisando che comunque quel plottaggio giunse dalla RIV di Ciampino allo Stato Maggiore e precisamente al 5° Ufficio del 3° Reparto. Per tali ragioni appare poco credibile che il plottaggio non sia stato esaminato dagli esperti di quel Reparto e che Melillo si sia basato sulle sole analisi del Russo. Mentre in altra parte degli allegati riferisce ancora che il plotting del radar di Ciampino giunse per le vie brevi al 5° Ufficio e "fu certamente" esaminato dal personale dello Stato Maggiore.

Melillo precisa che l'informazione relativa all'assenza di velivoli sconosciuti nella zona dell'incidente venne fornita dopo un confronto dei dati di Ciampino, che secondo lui consistevano in di risultati preliminari ottenuti a "vista" dal Russo, con quelli pervenuti dal 3° ROC riguardanti i radar della Difesa Aerea, con il rapporto quotidiano Sovmedron concernente la situazione navale nel Mediterraneo, con le informazioni ricevute per le vie brevi dai Comandi di Regione Aerea e con il messaggio di Cincusnaveur. In realtà non viene fatto cenno alla circostanza che nel telex SOC/A/0215/NC, che riporta i dati della Difesa, la traccia del DC9 Itavia viene indicata come "probabile" LK477, traccia che come noto fin dalle prime battute era risultata essere inesistente o per dirla come il capitano Patroni Griffi, capo controllore del SOC di Martina Franca, era "un regalo del NADGE" (v. conversazione telefonica 01.10Z del 28.06.80 capitolo 3° ROC). Sicuramente se una analisi era stata effettuata, non poteva non evidenziare il termine condizionale usato dal personale del 3° ROC nell'identificare la traccia del DC9, così come non poteva passare inosservata la traccia senza identificazione riportata nel telex che aveva la stessa rotta del DC9, è quindi che, anche nel personale più distratto, doveva suscitare perplessità.

Sulla vicenda dei messaggi originati da Cincusnaveur e dalla 6ª Flotta il 3 luglio 80, sia dagli interrogatori resi che dalle analisi che ha prodotto con la memoria difensiva, Melillo non è attendibile. La tesi sostenuta da Melillo sulla ricezione dei messaggi nel mese di luglio - si ricordi che quest'Ufficio fino al 1991 era a conoscenza solo del messaggio delle ore 16.27Z di Cincusnaveur; e solo di seguito nel corso dell'istruttoria si è appurata l'esistenza di altro messaggio delle ore 14.14Z della 6ª Flotta - sembra aver origine dalla necessità di scagionarsi dalla accusa di aver volutamente omesso la data nella copia conforme nel messaggio delle ore 16.27Z per non fare apparire che effettivamente i telex giunsero nel mese di dicembre 80 richiesti allo scopo di aver un documento sul quale poggiare la nota missiva del 20 e 23.12.80; e per dimostrare inoltre che le notizie fornite al Ministero della Difesa il 4 luglio 80 erano fondate su documenti e non su notizie de relato.

Sulla reale data di ricezione dei messaggi presso il 3° Reparto dello SMA numerose sono le contraddizioni, che di seguito si riportano, rese dall'imputato sia negli interrogatori che nella memoria difensiva. Non esistono prove documentali che attestino la data di ricezione dei due telex e al riguardo del telex delle ore 16.27Z, lo Stato Maggiore, in data 9 gennaio 92 afferma che l'originale del messaggio non esiste poiché lo SMA non appare tra gli Enti destinatari. Dall'esame del documento si evidenzia l'orario di compilazione del messaggio, ore 16.27Z, mentre quello di trasmissione dello stesso, che come noto era indirizzato tra l'altro anche all'ambasciata USA in Roma e non a istituzioni dello Stato Italiano, è delle ore 16.43Z cioè le 18.43 locali, orario di invio da Londra. Considerati i tempi di ricezione presso gli uffici dell'ambasciata in Roma, si ipotizza che verso le ore 19.00 locali si siano esaurite a Roma le formalità di ricezione, completate le quali il messaggio doveva essere fotocopiato e consegnato allo SMA. Si ricordi che il giorno 4 luglio costituisce una festività per gli Stati Uniti celebrata in tutti gli uffici americani, quindi se il messaggio non era stato recapitato presso lo SMA il giorno 3, considerato che il giorno 5 era un sabato, con ogni probabilità detto documento sarebbe pervenuto il giorno 7 luglio presso gli uffici dello SMA. A tal proposito, come risulta nei certificati di viaggio emessi dallo Stato Maggiore nel luglio 80, il Melillo il giorno 4 luglio si trovava presso la Scuola di Guerra dell'AM di Firenze per una conferenza, mentre dal 7 al 9 luglio si trovava a Londra per partecipare ad una riunione sui "Tornado." Rimane ancora il forte dubbio su quale Reparto dello SMA sia venuto per primo in possesso del documento, mentre lascia perplessi l'"impegno" profuso dagli interessati per provare che il telex fosse giunto effettivamente il giorno 3 luglio, quando da questa semplice analisi appare verosimile sia giunto - nella sua materialità in quanto il contenuto poteva essere stato comunicato telefonicamente - soltanto il giorno dopo - ma abbiamo visto che il generale Melillo era a Firenze - o la settimana successiva dopo il rientro da Londra.

Nella memoria difensiva viene detto che il generale Bagatti, rappresentante italiano presso la NATO di Bagnoli, gli anticipò il contenuto del messaggio di Cincusnaveur già il 2 luglio, confermato poi dal comunicato stampa riportato sui quotidiani il 4 luglio. Melillo non esclude perciò che la conoscenza dei suddetti elementi abbia spinto lo Stato Maggiore a chiedere all'ambasciata USA la copia integrale del comunicato stampa per avere una conferma formale, ma ritiene che l'Addetto militare USA abbia fatto pervenire i messaggi allo Stato Maggiore in anticipo rispetto al comunicato stampa, proprio perché qualcuno aveva chiesto informazioni. Esclude che sia stato lui stesso a richiedere queste informazioni o personale del suo Reparto ed afferma che per ragioni di competenza doveva essere stato il 2° Reparto a richiedere quelle notizie. Un'altra ipotesi è quella che fino al giorno 18 dicembre 80 nessun messaggio fosse in possesso dello SMA, ma questo avesse ricevuto soltanto notizie via telefono, informazioni riprese anche da comunicati stampa emessi dallo SPI, Servizio Pubblica Informazione del Ministero Difesa. Si ricordi che il comunicato dello SPI non è mai stato rinvenuto mentre l'Ansa del giorno 3 luglio 80 alle ore 12.28 riporta un comunicato dell'ambasciata USA in Roma "Nessuna nave e nessun aereo americani sono stati impegnati negli ultimi tempi nella zona dov'è avvenuto l'incidente del DC9 dell'Itavia. Lo ha dichiarato stamani un portavoce dell'ambasciata degli USA a Roma, il quale ha precisato di aver ricevuto tali assicurazioni dai comandi militari americani che operano in Italia in sede Nato".

Nella memoria difensiva, ammette di aver confuso nel corso dell'interrogatorio del 24.02.97 il telex proveniente dalla 6a Flotta diretto a Cincusnaveur con quello emesso da quest'ultimo ente diretto all'ambasciata USA di Roma. E' anche vero che dai documenti allegati alla memoria emerge il contrario di quanto afferma, poiché appare che i due telex sono stati ricevuti entrambi nel mese di luglio trasmessi dal 2° Reparto. Melillo nella memoria difensiva non esclude che i due messaggi siano giunti tramite un altro canale e cioè lo Stato Maggiore Difesa. Quest'ultima ipotesi avanzata da Melillo però contrasta nettamente con quanto poi viene riferito il 20 dicembre allo Stato Maggiore Difesa, allegando la copia conforme del messaggio. Il giorno 18 dicembre 80, nelle more della preparazione della missiva del 20.12.80, Melillo richiede a Biankino il telex riguardante la 6a Flotta, così è scritto nel suo brogliaccio: "colonnello Biankino ha ricevuto dalla 6a Flotta in cui dice che in zona non velivoli né navi né ha perso velivoli. 31414/Z luglio 80 dalla 6a Flotta a Cincusnaveur Londra info ambasciata USA a Roma - Chiesto a Biankino ---> manderà il messaggio questa sera o domani. Richiamare" e congiuntamente gli viene trasmesso anche l'altro, cioè quello delle 16.27Z.Ci si chiede per quale ragione, pur essendo in possesso del documento delle 16.27Z nel quale viene fatto riferimento all'attività della 6a Flotta, Biankino o Melillo debbano inviare o richiedere uno specifico documento su quel Comando Militare in prossimità della redazione della nota del 20 dicembre, quando già dal 17 dicembre, come emerge nel brogliaccio di Melillo, la struttura della lettera era stata redatta. In mancanza di risposte precise da parte di Melillo e di riscontri che non si possono avere in quanto Biankino è deceduto, si ipotizzano varie possibilità: a) Melillo il 18 dicembre potrebbe non aver avuto alcun telegramma di Cincusnaveur o della 6a Flotta; questa ipotesi che appare la più probabile, è avvalorata dalla circostanza che nel brogliaccio sotto la data del 17 dicembre scrive "Autorità NATO" e non "Cincusnaveur"; quindi egli non conosce chi è l'ente originatore, e dovendo preparare una lettera ufficiale per il Ministero della Difesa che Ferri come Sottocapo avrebbe firmato, doveva sostenere le notizie, con documentazione certa, e perciò richiede a Biankino informazioni che questi dapprima fornisce telefonicamente, poi inviando il messaggio del 3 luglio, originato dalla 6a Flotta delle ore 14.14Z ed anche quello originato da Cincusnaveur alle ore 16.27Z; b) Melillo è in possesso del messaggio delle 16.27Z di Cincusnaveur dove viene fatto riferimento anche alla 6a Flotta quindi volendo avere certezza di quanto riportato, richiede a Biankino notizie sull'attività della 6a Flotta; l'Addetto militare americano dapprima gli comunica verbalmente il contenuto, poi invia copia del messaggio; c) nonostante Melillo abbia giustificato il contatto diretto con Biankino con una amicizia di vecchia data, non si comprende perché non si sia rivolto al 2° Reparto che era deputato ai contatti ufficiali con gli Addetti militari stranieri e che poteva già essere in possesso della nota delle 16.27Z, come peraltro in un primo momento dichiarato da Melillo. Singolare è altresì l'affermazione di Melillo nella memoria difensiva, secondo la quale il messaggio di Cincusnaveur giunse allo Stato Maggiore tramite l'Addetto militare statunitense Coe e non tramite Biankino.

La data manoscritta sulla copia conforme, secondo Melillo, apposta da un suo collaboratore che ha erroneamente inteso la data telegrafica del messaggio come 3 dicembre e non 3 luglio è presente soltanto sul foglio allegato alla missiva inviata al 2° Reparto il 20 dicembre e rinvenuta presso quel Reparto in originale. Questa circostanza è ancora un'altra conferma che il telex Melillo l'ha ricevuto a dicembre, tra il 18 e il 20, e non a luglio 80. Infatti il sedicente collaboratore che cita Melillo ha apposto la data proprio perché il messaggio era pervenuto nel mese di dicembre e non leggendo chiaramente il gruppo data orario - tra l'altro nella copia conforme si riporta solo il giorno 3 e non il mese e l'anno - ha scritto a mano la data 3.12.80. In questa ingarbugliata vicenda della data manoscritta è singolare quello che avviene il 23 dicembre 80, quando il 2° Reparto invia la missiva, identica a quella trasmessa allo Stato Maggiore Difesa il 20 dicembre con allegata la copia del messaggio di Cincusnaveur, al PM dr. Santacroce. In questa copia del messaggio non appare la data manoscritta, circostanza che induce ad ipotizzare che la data è stata celata all'atto della fotocopiatura oppure che sia stata scritta in epoca successiva. Quest'ultima ipotesi, se vera, mette ancora una volta in evidenza la palese reticenza di Melillo, poiché la copia del messaggio dal 20 dicembre 80 è sempre rimasta agli atti del 2° Reparto.

Nell'agenda sequestrata ad Argiolas risulta che il 3 luglio 80 Melillo venne informato che i controllori della RIV di Ciampino dovevano essere messi a disposizione della Commissione DC9 per essere interrogati. Dall'annotazione non si evince chiaramente di quale Commissione si tratti, se di quella ministeriale presieduta da Luzzatti oppure una appositamente costituita dall'AM, né se si recò a Ciampino il giorno stesso o nei giorni successivi. In proposito nella requisitoria del PM viene ipotizzato che potesse trattarsi di una commissione costituita dallo Stato Maggiore, poiché la Luzzatti, unica commissione fino a quel momento costituita, si recò effettivamente il 3 luglio a Ciampino, ma non interrogò alcun controllore in quanto ottenne le dichiarazioni del capo sala di Ciampino soltanto il 14 agosto successivo. Agli atti dello Stato Maggiore ed in particolare del 3° Reparto non si rinviene traccia del passaggio di tale Commissione in quell'aeroporto.

Gli episodi annotati e riferiti da Argiolas non vengono giudicati di particolare interesse da Melillo che, relativamente al sopralluogo di Boccadifalco, lo definisce "insignificante"; contestatogli direttamente il contenuto dell'agenda di Argiolas, Melillo si rifugia in un "non ricordo". Sulla questione, come noto, si aprì una polemica tra Argiolas e Melillo dovuta al rifiuto di quest'ultimo di firmare la relazione del sopralluogo perché, come riportato dall'Argiolas, il Capo Reparto non avrebbe esaminato né firmato "perché a lui interessa solo ciò che lui ordina di fare". Singolarmente, mentre oppone delle critiche all'operato dell'AG circa la mancata approvazione di un contributo alle indagini da parte di personale tecnico dell'AM, non evidenzia in nessuna memoria il sopralluogo a Boccadifalco effettuato il 4 luglio dai due noti ufficiali dello SMA, il cui vero scopo, verificare la presenza tra i relitti del DC9 di rottami appartenenti ad un velivolo americano, sarà accertato, come s'è detto, soltanto nel 95 con il sequestro dell'agenda del colonnello Argiolas. Di questo episodio l'Aeronautica non riferirà mai ufficialmente all'AG ma solo al S.I.S.MI e al Gabinetto della Difesa. Deve essere sottolineato che questa attività di notevole importanza in termini di "preoccupazione" circa una eventuale collisione con un velivolo americano, venne ipotizzata nei giorni immediatamente successivi all'incidente non tanto dalla stampa, ma direttamente dal Sottocapo di Stato Maggiore Ferri; il quale, diede ordine certamente ai Capi Reparto, Melillo e Tascio, e non anche o non solo agli ufficiali Argiolas e Bomprezzi, di effettuare questa verifica, che aveva caratteristiche di assoluta segretezza, senza richiedere nessun nulla osta al Magistrato né portare a conoscenza di questa o altra AG dell'esperimento e dell'esito di tale accertamento. Melillo che ha dato ampio spazio nelle sue memorie difensive delle "mancanze" dell'AG e scritto pagine di "giustificazioni" sull'attività dell'AM, non ha mai fatto cenno a tale sopralluogo né agli scopi per soddisfare i quali fu disposto.

In relazione all'appunto sequestrato al colonnello Argiolas "1/7 Avv. Pugliese - Nardini --> Melillo/Tascio Riservatezza ---- Giunchi" (appunto sequestrato il 27.09.95), nel quale, lo ricordiamo, erano inseriti altri appunti sul sopralluogo a Boccadifalco e Ciampino, mentre Argiolas non ha saputo fornire un compiuto significato a tale annotazione, inducendo gli inquirenti a ritenere un possibile coinvolgimento dei citati personaggi nella vicenda di Ustica, solo acquisendo l'intera agenda nel corso del successivo interrogatorio del 7.12.95, si è potuto appurare che detta nota riguardava la vicenda dell'incidente aereo accaduto a Palermo nel 72. Infatti Pugliese era l'avvocato difensore del SM Terrano imputato in quel processo e non il vice Capo di Gabinetto della Difesa generale Francesco Pugliese, come ad un primo esame era apparso. Tale equivoco può essere chiarito anche con la lettura del brogliaccio di Melillo, ove alla stessa data compare una annotazione riferita a quel sottufficiale e al suo difensore. Per quanto riguarda gli altri nominativi presenti nella nota possono essere giustificati, tenendo presente che Nardini e Giunchi sono stati effettivi al 3° Reparto fino al giugno 80, mentre Tascio, effettivo al 2° Reparto, riteneva dover tener riservata l'intera vicenda fino a quando non avrebbe avuto un colloquio con il Sottocapo.

Melillo nega di aver avuto conoscenza del telex della 3a Regione Aerea concernente il decreto di acquisizione del PM di Palermo e le disposizioni relative alla consegna del materiale all'AG, o comunque di averne avuto notizia solo a titolo informativo. Il telex si ricordi era indirizzato, tra l'altro, anche al 3° Reparto. Tale tesi non può essere accolta, perché proprio in quel periodo un suo diretto collaboratore, il colonnello Brindisi Agostino del 5° Ufficio, in relazione al decreto in questione diede suggerimenti a Fiorito De Falco dell'ITAV sia sulla concentrazione della documentazione a Trapani che sulle modalità di consegna dei nastri radar. Tutto ciò si evince dalle annotazioni sul brogliaccio di Fiorito De Falco nei giorni 15, 17 e 19 luglio 80. Nell'annotazione del 15 luglio, emerge che il colonnello Brindisi conosce e segue l'evolversi della documentazione richiesta dall'AG di Palermo, al punto da consigliare al Fiorito De Falco dell'ITAV di contattare il colonnello Salvi della 3a Regione Aerea per avere conferma che i plottaggi di Licola dell'11 luglio erano stati depositati a Trapani nonostante la nota fosse indirizzata ai Carabinieri di Palermo e non al Comando Aeroporto di Trapani. Nell'annotazione del 17 luglio emerge invece che il generale Ferri aveva espresso, al generale ispettore Fazzino, parere favorevole alla consegna dei tracciati radar della Difesa Aerea in quanto non presentavano questioni classificate. Questa annotazione dimostra che lo Stato Maggiore ha visionato i dati radar della Difesa Aerea e l'unico ufficio competente ad effettuarlo era proprio il 5° Ufficio del 3° Reparto.

L'interrogativo che si pone è di quale documentazione della Difesa Aerea si tratti. Infatti sino alla data del 17 luglio 80 l'unica documentazione relativa a plottaggi di Difesa Aerea, di cui tra l'altro non risulta alcuna ufficialità sui registri di protocollo, è il messaggio del 28 giugno prodotto dal 3° ROC, mentre poi quelli di Licola e Marsala giungono, in copia, al 3° Reparto solo il 26 agosto 80 dall'ITAV a seguito del parere richiesto da Legidife sulla sollecitazione promossa dal PM di Palermo il 4 agosto 80. Presso lo Stato Maggiore e più precisamente presso il 3° Reparto non è stata trovata traccia dell'arrivo di detta documentazione. Due giorni dopo il 19 luglio, così scrive Fiorito nel suo brogliaccio: "SMA (Brindisi) conferma che attraverso il Gabinetto Ministro Difesa è stata chiesta autorizzazione a fornire tracciamenti radar a Commissione inchiesta IH870. Sino a quando tale autorizzazione non sarà pervenuta non bisogna consegnare tale documentazione, preparata la lettera ed il telex di trasmissione documentazione in attesa di conoscere...". (agenda Fiorito De Falco Nicola, sequestrata il 6.10.95). Il colonnello Brindisi, pur non ricordando la circostanza, ha supposto che l'ITAV avesse richiesto le istruzioni da seguire per la consegna del materiale all'AG oppure si fosse trattato di una vera e propria iniziativa del Sottocapo, che, essendo a conoscenza della consegna del materiale, aveva richiesto al Gabinetto il relativo nulla osta. In entrambi i casi, il Brindisi, afferma che comunque ha ricevuto disposizioni sulle procedure da seguire da Ferri o da Melillo. (v. esame Brindisi Agostino, GI 02.07.91).

Nella memoria difensiva non viene fatto alcun cenno di tali attività; vi si legge infatti che egli ebbe conoscenza soltanto del decreto del PM di Roma nel mese di agosto 80, quando l'ITAV inviò copia della documentazione relativa al sequestro effettuato della Guardia di Finanza. Melillo, a pag. 24 della memoria, polemizza sulla scelta degli "esperti" da parte del sostituto di Palermo, sottolineando il tempo occorso per emettere l'ordinanza di sequestro delle registrazioni radar, "ben 8 giorni", e quello occorso ai Carabinieri di Palermo per dare esecuzione a tale ordinanza, "10 giorni dopo il disastro". Fa altresì riferimento all'"incomprensibile" seguito che ebbe l'ordinanza di sequestro, con prospettazione del segreto militare e rimozione dello stesso avviato soltanto il 4 agosto successivo. Melillo dimentica tuttavia che il PM Guarino prosegue l'indagine su espressa delega del collega di Roma Santacroce, come scrive nella missiva del 4 agosto al Gabinetto della Difesa, di cui Melillo viene a conoscenza il 16 agosto 80, quando la lettera perviene al 3° Reparto trasmessa da Legidife per il parere dello Stato Maggiore. Non trova riscontro agli atti la circostanza che i Carabinieri di Palermo, nell'esecuzione dell'ordinanza, si siano recati presso il sito radar di Marsala e che il Comandante del CRAM avesse fornito "precise indicazioni" sulla procedura da seguire per aggirare l'ostacolo del segreto militare relativo ai nastri di registrazione. Risulta invece che i Carabinieri avessero inviato via telex l'ordinanza di sequestro presso la 3a Regione Aerea e che quest'ultima avesse disposto la concentrazione della documentazione proveniente da vari siti radar della Difesa Aerea presso l'aeroporto di Trapani Birgi senza tuttavia opporre alcun tipo di segreto.

In realtà appare evidente, scorrendo le pagg.26-28 della memoria, che Melillo sostiene delle tesi che non rispecchiano quanto invece è stato accertato nel corso dell'istruttoria. Egli infatti cita che già intorno al 10 luglio 80 le bobine di Marsala e Poggio Ballone si trovavano a Trapani Birgi. Su quelle relative al sito di Marsala precisa che venne fatto presente al Magistrato di Roma e non più a quello di Palermo, che erano disponibili presso il CRAM di Marsala per la loro decodificazione, mentre per quelle di Poggio Ballone immagina, così scrive nella memoria a pag.28, che, non essendo state più richieste, restarono a Trapani, finché non furono recuperate dal sito di appartenenza.

Il 19 luglio 80 a seguito di una interrogazione parlamentare dell'on.le Cicciomessere del 30 giugno 80, con la quale si chiedeva di sapere se nel giorno e nel momento dell'incidente erano in volo velivoli militari, il documento di risposta ebbe una stesura travagliata. Melillo ha rammentato che una prima volta venne respinto perché incompleto giacchè faceva riferimento ai soli velivoli militari AM e non ai velivoli militari in genere. Nella nota manoscritta, sempre del giorno 19 luglio, l'imputato scrive "mi risulta che USA ha comunicato ufficialmente che tutti i suoi velivoli sono rientrati. Cosa altre Nazioni? Chiedere 5° Reparto e coordinare con lui. Fare attenzione!!!" (v. cavalluccio interrogazione parlamentare on.le. Cicciomessere 30.06.80 - acq. 21.11.96). Sempre in relazione alla citata interrogazione il tenente colonnello Argiolas così scrive in una nota interna a sua firma il 28 luglio 80: "Il generale Ripamonti, interpellato direttamente dallo scrivente a seguito delle note della S.V. sulla lettera diretta a Legidife, ha confermato di essere stato escluso da qualsiasi tipo di informazione ufficiale da parte di Difesa Gabinetto e, pertanto, non in grado di trasmetterle ad altri. L'unica variante che si può apportare alla risposta stessa, di conseguenza è quella di scrivere che non risulta che alcun velivolo militare sia rimasto coinvolto nell'incidente di volo in argomento. Difesa Gabinetto - SPI non ha avuto alcuna comunicazione ufficiale sull'argomento da parte NATO o di altri Paesi. Il comunicato di Afsouth non è stato esteso a Ministero Difesa Italia" (v. acquisizione, 21.11.96). Come si può notare, queste annotazioni confermano che il generale Melillo non aveva ricevuto alcun messaggio da parte di Cincusnaveur e che le sue conoscenze derivano da notizie ricevute per le vie brevi da rappresentanti italiani in servizio presso organismi NATO; così come viene confermato dal Servizio Pubblica Informazione del Ministero della Difesa che non aveva ricevuto nessuna comunicazione ufficiale da parte della NATO. La risposta ufficiale alla interrogazione parlamentare del 30 luglio 80 fu quella suggerita da Argiolas previo concerto con il 5° Reparto e cioè "che alcun velivolo militare sia rimasto coinvolto nell'incidente di volo in argomento" senza alcun'altra precisazione in ordine alla nazionalità dei velivoli cui si faceva riferimento.

In quel periodo l'AM era particolarmente interessata, come s'è scritto, ai relitti recuperati o segnalati in mare nel basso Tirreno o in prossimità dell'area di caduta del DC9 Itavia, ma soltanto in una occasione lo Stato Maggiore impiega due alti ufficiali per visionare un reperto ripescato in mare successivamente all'incidente. Il 12 agosto 80 su diretta disposizione del Sottocapo Ferri, i colonnelli Sidoti e Bomprezzi si recarono a Boccadifalco per esaminare un casco anti-rumore recuperato in prossimità di Isola delle Femmine (PA) qualche giorno prima; nella relazione detti ufficiali non danno particolare rilievo al rinvenimento, trattandosi non di un casco di volo appartenente a pilota, bensì di un caschetto anti-rumore in dotazione al personale imbarcato su portaerei americane. Episodio questo che lo Stato Maggiore non ha mai collegato alla caduta del DC9 né a quella del MiG libico; ma al quale tuttavia ha dato una certa importanza vista la qualità degli ufficiali incaricati del sopralluogo. Contraddizione che emerge anche dalla relazione preparata da Bomprezzi che in oggetto parla di rinvenimento di materiale di interesse, mentre poi nel corpo della nota giudica di scarso valore il materiale visionato. Come si può notare, dall'interesse dello Stato Maggiore, subito dopo aver ricevuto la segnalazione della 3ª Regione Aerea del rinvenimento di un casco di volo si era generata forte preoccupazione; ciò dimostra che la tesi della collisione tra il DC9 Itavia con un velivolo era ancora quella in cui credeva lo Stato Maggiore, al punto tale di ordinare la missione per esaminare il reperto non ad ufficiali dei comandi periferici competenti per territorio - come era stato fatto per altri reperti aeronautici, sicuramente non ritenuti d'interesse, rinvenuti in quel periodo nella zona d'interesse - bensì a due tra i più qualificati ufficiali dello Stato Maggiore, esperti in incidenti d'aerei e conoscitori di materiale aeronautico sia italiano che straniero. Come già detto sopra, questa vicenda non è stata mai collegata dall'AM con i due incidenti di volo occorsi in quel periodo né tanto meno fu mai riferita allo Stato Maggiore della Difesa o all'Autorità Giudiziaria. Singolare ed inspiegabile è la circostanza, come già s'è scritto, che questo reperto, casco antirumore, a distanza di anni viene trovato tra i reperti del MiG23 libico, quando invece già dall'80 risultava restituito e consegnato dall'Aeronautica al SIOS della Marina Militare.

Tra la fine del mese di agosto ed i primi giorni del mese di ottobre 80, il 3° Reparto attraverso il colonnello Sidoti ha numerosi contatti con il colonnello Fiorito De Falco dell'ITAV, per l'esecuzione della richiesta del sostituto di Palermo, per le richieste di accesso del perito La Franca ai siti di Poggio Ballone e Licola, per le richieste concernenti i nastri di Marsala nonché per l'accesso del sostituto di Roma presso il sito radar di Marsala. Di tali questioni, che sono documentate nel brogliaccio sequestrato a Fiorito De Falco, Melillo dichiara di essere all'oscuro, trattandosi di contatti diretti con Sidoti - che come già s'è notato assurdamente asserisce di non ricordare nulla. Su tali attività nulla è riportato nelle sue memorie difensive.

Per quanto riguarda il sequestro dei nastri radar presso il 35° CRAM di Marsala, Melillo ha dichiarato di non averne avuto notizia e che non intercorsero contatti con altri uffici per la consegna di quel materiale. Per l'episodio dell'accesso di Santacroce al sito radar di Marsala Melillo nella sua memoria afferma che il Magistrato si presentò a Marsala dopo che la sua visita era stata preannunciata non dallo Stato Maggiore bensì da altri Comandi non meglio precisati. Inoltre il giorno stesso del sequestro, il 3 ottobre, il comandante del sito di Marsala contattò l'Ufficio Sicurezza Volo del 3° Reparto per aver disposizioni su come comportarsi, poiché il PM non era in possesso di alcun autorizzazione del Ministro al sequestro. Agli atti risulta una nota datata 2 ottobre redatta dal colonnello Sidoti - sempre colui che non sa nè ricorda nulla - siglata da Melillo il 3 seguente, dalla quale emerge che il giorno successivo il PM romano si sarebbe recato a Marsala per ritirare i nastri di registrazione radar e che erano state fornite opportune disposizioni al Comandante del CRAM. Melillo nella sua memoria mostra di non conoscere esattamente le modalità di sequestro dei nastri di Marsala, ponendo l'accento sulla disponibilità della Forza Armata a consegnare i nastri, disponibilità che con l'intervento diretto del 3° Reparto presso gli enti competenti avrebbe permesso, secondo lui, al Magistrato di avere quel giorno stesso le bobine. La discussione tra Fiorito De Falco e Sidoti del 2 ottobre era incentrata sull'autorizzazione all'accesso del PM presso il sito di Marsala e sulla dichiarazione definita "ambigua" dallo stesso Fiorito rilasciata nel verbale di sequestro del 22 luglio al momento della consegna della documentazione alla Guardia di Finanza, incaricata per l'esecuzione del provvedimento romano. La cosiddetta definizione ambigua è quella ove si afferma che i nastri di Marsala non furono consegnati il 22 luglio 80, poiché non potevano essere prelevati dall'elaboratore costituendone parte integrante. Naturalmente questa affermazione non corrispondeva al vero. Fiorito il 2 ottobre spiega a Sidoti che, dopo aver ricevuto l'ordine da parte del colonnello Brindisi di consegnare il materiale, rilascia questa dichiarazione alla polizia giudiziaria, poi trasmessa all'AG di Roma, per dare tempo all'Aeronautica "di pensarci su". Quest'annotazione non lascia dubbi sul suo significato letterale; quella dichiarazione era stata rilasciata ad hoc da Fiorito affinché lo Stato Maggiore potesse procrastinare la sua decisione. A questa interrogativo l'Ufficio non ha mai avuto risposta né da Melillo, il quale non tratta questa vicenda, come già detto, neanche nelle sue memorie difensive, né da altri imputati e testi.

Il 2° Reparto trasmette il 26 settembre 80 al 3° Reparto la documentazione fotografica relativa al reperto rinvenuto ad Acquedolci, località non citata nella nota ma indicata genericamente come Messina. Non risultano particolari accertamenti in merito da parte del 3° Reparto; tuttavia nel brogliaccio sequestrato a Melillo, in relazione alla nota del 20 dicembre 80, compare una annotazione dalla quale emerge che egli è a conoscenza dei risultati degli accertamenti condotti dal 2° Reparto.

Il 15 ottobre 80 viene emesso un appunto a firma del colonnello Sidoti - l'uomo senza memoria - diretto al Sottocapo, nel quale si comunica che il dott. Santacroce ha richiesto di poter decifrare i nastri sequestrati presso il CTADA (Centro Tecnico Addestrativo Difesa Aerea) di Borgo Piave. In calce alla nota vi è un appunto manoscritto da Melillo, nel quale viene scritto che "Sono state date "disposizioni" a Borgo Piave, ITAV ed al magistrato Santacroce, che conduce l'indagine sull'incidente del DC". Anche qui viene usata una terminologia illuminante; infatti le disposizioni prevedevano che le informazioni sui dati radar potessero essere fornite solo, se esplicitamente richieste, al Magistrato e in separata sede, non in presenza degli altri membri della Commissione d'inchiesta. In effetti a quel sostituto, che si recò a Borgo Piave l'11.11.80, furono consegnati dei tabulati privi delle coordinate x e y in rispetto del segreto militare, dati senza i quali detti elaborati erano inutilizzabili. Nella memoria difensiva del 30.04.98, il generale Melillo asserisce di aver formulato delle disposizioni in senso lato, potendo dare disposizioni soltanto al personale del suo Reparto e non all'ITAV e a Borgo Piave, diretti da ufficiali più elevati in grado o di anzianità superiore alla sua; alle contestazioni rivoltegli in data 24.02.97, relative ad una "non credibilità" di disposizioni limitate ad una raccomandazione generica di cortesia e di tutela del segreto, ribatte che per lui era doveroso ricordare non il segreto, ma lo stato di documentazione sequestrata cui erano sottoposte le bobine che non autorizzava la divulgazione dei dati contenuti, limitando "al solo giudice Santacroce la presenza alle operazioni di decodificazione". Inoltre riguardo alla decodificazione, della quale questo GI sottolineava l'incompletezza, precisa "che si trattò dell'operato di un comando periferico che non aveva alcuna relazione di dipendenza né gerarchica, né funzionale, con il 3° Reparto". Quanto poi alla consegna dei tabulati privi delle coordinate x e y, ne demanda la responsabilità all'operatore di Borgo Piave che effettuò gli elaborati, Di Natale, "il quale potrebbe illustrare come fece la decodificazione ... perché essa fu parziale e se si trattò di una sua iniziativa o ricevette ordini e, in questo caso, da chi...". Con il telex del 7 novembre 80 firmato "d'ordine" di Melillo, questi conferma di attenersi alle disposizioni date nel telex del 17 ottobre, e cioè che i dati dovevano essere consultati in separata sede dal Magistrato senza la presenza dei periti, nonché forniti solo se esplicitamente richiesti. Pertanto la parziale consegna della documentazione THR da parte di Borgo Piave alla Magistratura non fu dovuta ad una iniziativa del personale di quel Centro, come Melillo invece indica nella sua memoria difensiva nell'intento di discolparsi da questa contestazione, ma dalle disposizioni inequivocabili che egli stesso firma il 17 ottobre e ribadisce il 7 novembre 80 al Centro di Borgo Piave.

Il 16 dicembre 80 Melillo comunica al PM Santacroce - quest'ultimo aveva avanzato specifica richiesta nel mese di novembre - la disponibilità al trasporto dei reperti a titolo oneroso dall'aeroporto di Boccadifalco a Ciampino, operazione che avviene il 23 dicembre 80 con velivolo G222 della 46a Aerobrigata di Pisa. Anche questa vicenda presenta alcune singolarità per la mancanza di coordinamento tra l'organo centrale che era lo Stato Maggiore e quindi anche il 3° Reparto e quello periferico che erano gli aeroporti di Boccadifalco e Ciampino. Infatti v'era stata una disposizione del PM Guarino di Palermo il 26.11.80, notificata al comandante dell'aeroporto di Boccadifalco, con la quale si ordinava che il perito d'ufficio prof. Giulio Cantoro dovesse assistere alle operazioni di carico dei reperti con relativa elencazione. Invece il perito non venne avvisato da alcuno e il 23 dicembre 80 il comandante di Boccadifalco, tenente colonnello Rocco Furci, consegna al comandante del velivolo G222 i reperti redigendo un verbale con elencazione generica, che trasmette l'indomani al PM Guarino, ma che non consegna al comandante del velivolo. Pertanto una volta giunti a Ciampino questi reperti vengono custoditi per sei giorni in un hangar ed il 30 dicembre consegnati ai laboratori AM di via Tuscolana accompagnati da un elenco predisposto dal comando dell'aeroporto di Ciampino, molto più dettagliato e quindi differente da quello redatto a Boccadifalco il 23 dicembre. Dei reperti doveva far parte anche il relitto di Acquedolci, su cui l'Aeronautica aveva condotto una dettagliata serie di accertamenti e del quale aveva dato ampio risalto nella lettera del 20 dicembre 80, ma che per una "singolare circostanza" non venne caricato insieme agli altri reperti e fu ritrovato a Boccadifalco, casualmente, solo 8 anni dopo, cioè nel novembre 88 a seguito di specifiche richieste di quest'Ufficio. Ci si domanda se tutti i reperti presenti nell'hangar di Boccadifalco furono caricati nel velivolo, poiché non esistendo alcun elenco redatto dai periti, come non venne prelevato il reperto di Acquedolci è possibile che altri reperti anche di piccole dimensioni non siano stati consegnati. Questa preoccupazione è stata sollevata anche dal perito prof. Cantoro nelle dichiarazioni rese il 20 gennaio 97 a questo GI; infatti egli dichiara: "mi risulta che il 23.12.80 alle ore 17.00, a mia insaputa, i reperti siano partiti da Boccadifalco per Ciampino. Non essendo stato avvisato non ero presente al carico e quindi non so se tutti i reperti siano stati caricati".

Secondo Melillo la nota del 20 dicembre venne realizzata per rispondere alle affermazioni rese alla stampa dal Presidente dell'Itavia avv. Davanzali. "La lettera del 20 dicembre fatta in funzione della stampa in effervescenza e venne dato l'ordine il giorno 18 ... lo stesso giorno 18 c'è una riga che vuol dire che è finito questo argomento ... poi qualcuno mi chiama, per caso Biankino ... immagino che lui abbia chiamato perché avevamo rapporti e dice "guarda che io ho il messaggio", che noi già avevamo, ma probabilmente o l'avevamo come messaggio o l'avevamo come notizia trascritta con i dati" (v. interrogatorio Melillo Corrado, GI 24.02.97). La missiva venne preparata dal 4° Ufficio Sicurezza al Volo e sottoposta alla visione di Melillo prima e del Sottocapo di SMA poi, che quindi la firma; nella lettera vengono trattati i punti sui quali si concentrano maggiormente le illazioni della stampa nei confronti dell'Aeronautica. Vengono infatti fornite notizie circa l'analisi dei tracciati radar dei siti di Licola, Marsala e Siracusa, confermando l'assenza di qualsiasi traccia sconosciuta in prossimità del DC9 Itavia, e riferendo inoltre che "tutte le tracce rilevate dai radar erano identificate e tutti i velivoli a cui si riferivano concludevano il volo senza inconvenienti". Da quanto riportato nella nota sembrerebbe che lo SMA fosse in possesso dei tracciati radar del 34° CRAM di Siracusa, circostanza mai confermata ed anzi smentita, quando l'AG richiede espressamente quei dati nel novembre 89. Si deve ricordare infine che nel corso dell'inchiesta è emerso che "ufficialmente" i dati radar di cui era in possesso lo SMA erano quelli di Licola, Marsala, Poggio Ballone, Potenza Picena e Capo Mele, ma non quelli di Siracusa. Inoltre la risposta che le tracce rilevate in prossimità del DC9 erano tutte identificate, non corrisponde a verità poiché fin dal 28 giugno il 3° Reparto dello SMA era in possesso del telex inviato dal 3° ROC di Martina Franca, nel quale veniva fatto riferimento alla traccia senza identificazione proveniente da area free plot con direzione Sud nonché alla nota traccia LK477 correlata al DC9 fino al 90, di cui ben si conosceva l'inesistenza sin dalla notte del 27.06.80. Anche l'affermazione sulle "tracce radar rilevate dal Centro di Marsala ... detta registrazione è interrotta momentaneamente quattro minuti dopo l'incidente (interruzione registrazione effettuata da un operatore per dimostrare la procedura di cambio del nastro)", non corrisponde assolutamente a quanto accaduto realmente, giacchè presso il 35° CRAM di Marsala non era in corso nessuna dimostrazione, e lo SMA ne era a conoscenza anche in virtù del "Pro-memoria" datato 15.11.80 a firma di Del Zoppo, in cui sono spiegate al maggiore Montinaro le ragioni del "buco" di registrazione, e cioè che "come normalmente avviene, il MIO ricevuto l'ordine dal capo controllore di iniziare le operazioni per lo svolgimento della Synadex, ha rimosso il nastro 99 e lo ha sostituito con il nastro n.100".

Relativamente al relitto rinvenuto in località Acquedolci, fino al 20 dicembre 80 l'Aeronautica non farà alcun riferimento ad esso, nonostante l'interesse dimostrato; solo in quella missiva sarà data una generica indicazione del luogo di rinvenimento, citando, come s'è detto, soltanto la provincia di Messina, mentre in effetti il luogo del ritrovamento dista ben 130km dal capoluogo e si trova nel basso Tirreno. Nella lettera viene poi compiuto un errore sulla data dei lanci, indicando il biennio 1979-1980, mentre essi avvennero nel periodo tra il 1978 e il 1980; non viene precisato che gli unici due bersagli coccardati erano stati lanciati nel 78 e non erano soggetti all'autodistruzione, a differenza dei restanti otto che tra l'altro non recavano alcuna coccarda. Nonostante risulti che "ufficialmente" l'AM avesse preso visione del relitto solo quando fu esaminato dal tenente colonnello Vignola, che in merito redasse una relazione, non compare mai nella nota quanto descritto dal Vignola e cioè che si dovesse escludere che il relitto potesse essere rimasto in mare per molto tempo, giacchè non presentava tracce di corrosione o flora marina. Quanto verrà affermato in seguito non tiene conto delle dichiarazioni di Vignola, il solo ad aver visto il reperto; tutte le analisi verranno invece sviluppate solo sulle fotografie scattate il 20 settembre dallo stesso ufficiale ed allegate alla sua relazione. Pertanto la risposta che Melillo appronta il 20 dicembre è generica, basata su riscontri fotografici che non vengono menzionati nella lettera, e in essa non viene riportato quanto riscontrato il 20 settembre dal tenente colonnello Vignola.

La disamina del plottaggio redatto alla RIV di Ciampino dal Russo viene trattata nella lettera in modo marginale al punto che chi legge la missiva sicuramente non ne interpreta il reale significato. Viene detto al punto 2, paragrafo d) che nella zona dell'incidente in quel momento vi era un vento di circa 100 nodi proveniente da Ovest per cui i resti del DC9 sono stati trasportati verso Est. Viene messo in risalto che quindi era opinabile l'affermazione che questo spostamento fosse avvenuto a causa dell'impatto con un missile, considerato che la traccia radar del DC9, alla scala dello schermo radar, corrisponde ad una macchia delle dimensioni di 200-500 metri e di conseguenza un eventuale urto sarebbe stato impercettibile sugli schermi radar e difficilmente rilevabile. In questo paragrafo Melillo ha messo in evidenza non l'analisi del plottaggio che di certo lasciava parecchi dubbi d'interpretazione e ne avrebbe ingenerato altri, che avrebbero dovuto essere approfonditi da esperti radaristi, ma giustifica la presenza di relitti ad Est solo ed unicamente con i fattori meteorologici sopra menzionati. Pure lo stesso Russo che aveva redatto il plottaggio, nella sua prima dichiarazione resa proprio alla Commissione Pisano il 14 aprile 89, afferma che restò meravigliato di riscontrare molti echi primari per circa due minuti e mezzo dopo la caduta, pensando ad una eventuale esplosione e notò anche che questi echi si spostavano verso Est, senza mai mettere in relazione che tutto questo era dovuto al vento. Questo per dimostrare che Russo, che non era certo l'ultimo degli esperti di traffico aereo quando ha redatto il plottaggio, unitamente al capitano Bruno Martino sempre della RIV di Ciampino, ha considerato anche le condizioni atmosferiche. Quindi la tesi sostenuta dallo Stato Maggiore con la missiva preparata da Melillo e comunicata sia al Ministero della Difesa il 20 dicembre che al PM dr. Santacroce il 23 dicembre era fuorviante.

In relazione a quella parte del capo d'imputazione ove si contesta l'omissione di relazione alle autorità politiche, certamente non competeva al generale di Brigata Aerea Melillo, nelle vesti di Capo del 3° Reparto, riferire direttamente. Non v'è dubbio però che egli non possa essere escluso dalle precise responsabilità del livello di vertice della Forza Armata. E' lui che, su incarico del Capo di Stato Maggiore, il 28 giugno inizia l'inchiesta interna con la quale il 2 luglio 80 si conclude per l'inesistenza elementi contraddittori sui dati forniti sia dai siti della Difesa Aerea che dalla RIV di Ciampino. Come già detto quei dati erano inattendibili e comunque dovevano essere approfonditi. Melillo il 20 dicembre 80 predispone la lettera, poi firmata dal Sottocapo Ferri, per lo Stato Maggiore Difesa, in cui si affermano fatti non corrispondenti al vero. L'analisi di questi dati viene poi trasmessa con appunto dal Ministero della Difesa al Presidente del Consiglio all'epoca on.le Forlani, in cui si afferma, come già scritto, che i dati forniti dai siti di Licola, Marsala e Siracusa non presentavano tracce sconosciute; che nel sito di Marsala la registrazione era stata interrotta da parte dell'operatore per dimostrare la procedura di cambio del nastro; appunto in cui altresì non si parla dei dati della RIV di Ciampino, che non sono chiaramente specificati ma solamente intuibili da persone esperte, nel paragrafo d) della lettera.

Si ricordi infatti che i dati del sito di Siracusa non sono stati mai rinvenuti né risulta traccia documentale della loro reale esistenza; mentre sulla vera e propria "menzogna" del cambio del nastro a fini di dimostrazione nel sito di Marsala, la verità verrà riferita solo il 30 settembre 86 dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio on.le Amato nel noto discorso alla Camera dei Deputati, in cui si afferma per la prima volta che quel cambio di nastro fu eseguito per compiere l'esercitazione Synadex.

In relazione all'incidente del MiG libico scarso è il carteggio rinvenuto presso il 3° Reparto, anche perché l'indagine e gli accertamenti sin dalla sera del 18 luglio furono coordinati dal generale Tascio, Capo del 2° Reparto.

Il 18 luglio 80 durante una riunione dei Capi Reparto tenuta dal Sottocapo di Stato Maggiore, generale Ferri, pervenne la notizia della caduta di un velivolo del "Patto di Varsavia" in Calabria, sulla Sila; Melillo ricorda che la notizia fu comunicata ai presenti dal generale Ferri, il quale aggiunse che il pilota era deceduto. Il Capo del 2° Reparto, Tascio, presente anch'esso alla riunione venne incaricato di accertare le notizie e coordinare le attività; e per tale ragione abbandonò la riunione. A questo punto mentre Melillo sostiene che la riunione fu interrotta, Ferri non ha memoria di una simile interruzione, ma solo della notizia dell'accaduto pervenuta a mezzo telex inviato dai Carabinieri.

A Melillo vengono contestate le annotazioni che compaiono sul suo brogliaccio, dove si legge: "aereo caduto 11,05; Tascio - probabile libico; SIOS - ha il punto di impatto - cartina procurarla; MiG 17 - MiG23 - F1; non hanno autonomia - quanta?; volava pianissimo, poi è caduto - pezzi in pochi metri che dicono bassa velocità; incendio domato, ma sembra non dovuto a benzina (cherosene) no fumo nero; pilota intatto - documenti addosso; casco russo - velivolo volava basso donna lo ha visto, da dove veniva?; radar erano efficienti o in manutenzione? Hanno visto niente?; possibile autopilota?; veniva da sud di Crotone; Calzari sembrano italiani; cadavere seppellire subito puzza - sarà riesumato; esame attacco alare; tra un paio d'ore sapremo cos'è; carta con golfo di Bengasi; piani a lunga scadenza copre buchi e ECCM. Ma non aumento copertura, cioè migliore a bassa quota (bassissima)".

Sul punto "Tascio - probabile libico", Melillo non sa dare una risposta esauriente; asserisce però che la frase poteva anche significare che Tascio, e quindi il suo Reparto, erano quelli che si sarebbero interessati dell'affare; ma che fosse un velivolo libico e da dove provenisse ha riconosciuto che durante la riunione non erano a conoscenza di questi dati; e quindi non sa dare spiegazione all'annotazione in quell'orario. A meno che nella riunione già si fosse a conoscenza, da parte di tutti i partecipi, della verità e cioè che quel velivolo era caduto in data precedente e si conoscessero già da più giorni particolari sia sulla macchina che sul pilota; e che quella riunione si tenesse solo per accreditare la versione ufficiale e determinare le circostanze da propalare alla pubblica opinione.

Contestato di seguito all'imputato come facesse ad avere delle informazioni particolari sulla dinamica dell'incidente e sui dati del pilota libico già durante la riunione del 18 luglio, - come ben risulta dall'annotazione "documenti addosso" - dal momento che sul posto a quell'ora ancora non era disceso nessuno e che il pilota venne recuperato soltanto nel tardo pomeriggio, Melillo afferma che probabilmente anche a riunione terminata egli aveva continuato a trascrivere le notizie via via che venivano aggiornate. Ma su questa spiegazione tuttavia si contraddice, poiché nel corso dell'interrogatorio del 9 gennaio 97 aveva riferito che le annotazioni venivano scritte velocemente nel corso della riunione. In merito all'ufficiale che comunicava nel corso della riunione le notizie annotate, afferma di non ricordare facendo solo riferimento ad una generica catena di comando. Riguardo a chi specificamente avesse divulgato la notizia della caduta del MiG23 libico ai generali riuniti, l'imputato ricorda soltanto che si trattava sicuramente di un ufficiale che non partecipava alla riunione.

Sull'annotazione "non ha autonomia", secondo Melillo lo Stato Maggiore conosceva le caratteristiche, il motore, le autonomie, la potenza di tutti i velivoli del Patto di Varsavia. Sul perché facesse specifico riferimento all'autonomia del MiG23, asserisce che così scrisse perché era venuto a conoscenza del fatto che quel velivolo era caduto senza carburante.

Sull'annotazione "cadavere sarà riesumato" Melillo sa solo rispondere che si trattava di notizie che pervenivano a getto continuo e come tali venivano annotate; aggiunge comunque che, essendo il generale Brancaleoni, comandante del 36° Stormo di Gioia del Colle, giunto sul posto, era costui che informava la 3a Regione Aerea, che a sua volta girava le notizie allo Stato Maggiore. Ma in ogni caso non si riesce a comprendere come già da quel pomeriggio circolasse, non si sa per iniziativa di chi, la decisione di riesumare quel cadavere.

Anche sul punto "veniva da Sud Crotone - calzari - possibile autopilota" contestato a Melillo come si potesse sapere già tra le sei e le sette di sera, di un possibile autopilota su quel velivolo, continua ad asserire che si trattava di ipotesi, ribadendo che egli si limitava a raccogliere le informazioni così come giungevano nella riunione. Ma non sa fornire alcuna plausibile spiegazione sugli orari in cui annotava le notizie. Annotazioni alcuna delle quali sembrano essere scritte in tempo reale, altre in tempi diversi come di sicuro quando viene annotato: "esame attacco alare - tra un paio d'ore sapremo cos'è - cadavere seppellire subito, puzza -". Chiestogli se fu il medico condotto di Castelsilano, dr. Scalise, a dare la notizia che il cadavere emanava cattivo odore, risponde affermativamente e aggiunge che probabilmente fu proprio il medico a dire di seppellire subito il cadavere. Ma anche in questo caso assolutamente non si comprende come possa esser sicuro che quel medico fu la fonte di tale notizia. Per quanto concerne l'orario di apprendimento di essa, Melillo asserisce che poteva essere accaduto intorno alle 20.00, poiché in quell'ora era stato rimosso il cadavere. Contestatogli che la notizia poteva risalire a molte ore prima, cioè dalle 13.00 in poi quando le prime persone arrivarono sul posto, l'imputato esclude questa possibilità, perché, dice, il velivolo era caduto intorno alle 11.00 e quando Scalise esaminò il cadavere, molte ore dopo, aveva riferito esso non maleodorava per la decomposizione bensì per la lacerazione degli intestini.

In relazione all'annotazione "cadavere seppellire subito - puzza", l'imputato nega che la decisione sulla sepoltura il cadavere fosse stata presa da qualcuno dello Stato Maggiore sul posto o nel corso della riunione, poiché solo la Magistratura poteva deciderlo, e ad essa ricollega l'annotazione "sarà riesumato". Ma è ben emerso in più parti di questo provvedimento come lo Stato Maggiore e i militari AM in loco abbiano guidato e controllato ogni operazione del caso, e non solo il 18 luglio, ma anche nei giorni a seguire, mentre la Magistratura quel giorno nella località dell'incidente era rappresentata soltanto da un vice-pretore onorario e nel tempo successivo sino alla archiviazione del caso ha compiuto come attività istruttoria solo l'autopsia del cadavere del pilota, peraltro richiesta dal Gabinetto del Ministero della Difesa.

Per quanto concerne le parole "documenti addosso", Melillo riferisce di non essere stato mai a conoscenza di quali documenti si trattasse nonché di aver annotato la notizia solo perché riferita in quella sede. Sul punto il generale ha ricordato anche che il tenente colonnello Cecconello, il pilota che aveva trasportato il generale Tascio nella zona della caduta del MiG, aveva notato alcune carte riproducenti il golfo di Bengasi, che, a dire dell'imputato, non erano state più successivamente ritrovate.

In relazione all'annotazione "no fumo nero" Melillo risponde che anche questo particolare era stato riportato sulla base di testimonianze rese da persone accorse sul posto.

In merito alle annotazioni "MiG 17-MiG23-F1" si trattava secondo l'imputato delle ipotesi emerse nel corso sempre della riunione del 18 luglio. Aggiunge altresì che la notizia e l'orario di caduta del MiG erano stati comunicati dai Carabinieri. In vero le ipotesi formulate sembrano essere in contraddizione con l'annotazione sull'autonomia, che presuppone l'esatta conoscenza del tipo di macchina. In conclusione molte sono le contraddizioni che emergono tra lo scritto di quel brogliaccio, le spiegazioni fornite dall'imputato, e la realtà dei fatti, e le discolpe non reggono nemmeno al minimo dei vagli. E ben si può dire che quelle annotazioni troverebbero più facile interpretazione, se si ammettesse che quel velivolo era caduto in altra data e che tale fatto fosse a conoscenza di quegli ufficiali generali partecipi a quella riunione.

Il 21 luglio 80 si svolse, come s'è detto, una riunione presso lo Stato Maggiore della Difesa, alla quale parteciparono, secondo quanto si evince dal brogliaccio scritto da Melillo, il Capo di Gabinetto generale De Paolis, il Capo di Stato Maggiore della Difesa ammiraglio Torrisi, il Capo di Stato Maggiore dell'AM Bartolucci, il Sottocapo dell'AM Ferri, il Direttore del S.I.S.MI generale Santovito, il Capo del 2° Reparto SMA Tascio e lo stesso Melillo. Nel suo documento sono riportati i temi della riunione e i vari interventi dei partecipanti. Non risulta annotato alcun intervento di Melillo. Su questi appunti Melillo nel corso dell'interrogatorio avanza solo ipotesi e dichiara di non sapere se effettivamente il generale Tascio si attivò negli incarichi concordati nel corso della riunione e a lui affidati; in particolare su quello riferito all'intervento dell'ammiraglio Torrisi, il quale aveva proposto di mandare un carro frigorifero in Calabria e trasferire a Roma la salma del pilota, che in un secondo tempo sarebbe stata data ai libici. Questa operazione avrebbe dovuto essere coordinata da Tascio.

A Melillo è stata ascritta anche quella risultanza da un documento proveniente dal S.I.S.MI - tramite il Gabinetto della Difesa - datato 31 luglio 81 allo Stato Maggiore, secondo cui la data dell'incidente del MiG libico sarebbe stata il 14 luglio 80. A tale contestazione semplicemente dichiara - e di certo non convince - di aver letto il documento, ma di non aver notato l'errore, benché avesse decretato di condividere i contenuti del S.I.S.MI.

Nella memoria difensiva del 30 aprile 98 Melillo accenna soltanto giustificazioni relative alla missiva del 31 luglio 81, in cui puntualizzava che la sua decretazione era stata letta e mal interpretata, ma non parla minimamente di quanto scritto nel suo brogliaccio il 18 e 21 luglio 80. Nella decretazione infatti risulta che Melillo ha scritto "... se condivisi i contenuti provvederemo a dare una risposta al Gabinetto su quella falsariga". Quel "se" viene interpretato da Melillo nel senso che egli non aveva affatto condiviso l'appunto del S.I.S.MI, ed aveva regolarmente richiesto di valutarlo congiuntamente con il 2° Reparto. Melillo pone in evidenza che quel documento non riporta alcuna sua sigla, né il numero di protocollo e la data, mentre riporta la sigla del colonnello Arpino, in quel periodo divenuto Capo del 1° Ufficio; ragion per cui invita a chiedere a quest'ultimo i chiarimenti sulla data del 14 luglio 80, essendo stato all'epoca Arpino il Capo dell'ufficio compilatore del documento nonché l'unico ad aver messo una firma sulla minuta. Anche in questo caso Melillo, come già evidenziato per altre vicende legate al DC9 Itavia, mette in risalto la sua estraneità su responsabilità specifiche che investono il suo Reparto. Ma nonostante non possa non ammettere di aver preso visione della documentazione in disamina, e che su di essa vi sia una sua decretazione, nella memoria difensiva pone in risalto le responsabilità di suoi subordinati solo perché non appare una sua firma nel documento finale preparato dal Capo del 1° Ufficio, e rigettando in effetti su costui, l'allora colonnello Arpino, la paternità del documento stesso.

Nella memoria difensiva presentata il 16 aprile 97 Melillo analizza le risposte fornite negli interrogatori del 9 gennaio e 24 febbraio 97 relative alle annotazioni riportate il 18 e 21 luglio 80. Egli stesso ammette di aver fornito risposte incerte. Aggiunge quindi che nel corso dell'interrogatorio del 9 gennaio il contenuto delle sue risposte era stato equivocato, poiché rileggendo il "brogliaccio" si era accorto che alcune frasi erano state collocate dal medesimo scritte non nel corso della riunione pomeridiana ma dopo le ore 20.00 indicando tra l'altro, che tutte quelle notizie provenivano da fonti competenti e non da informazioni raccolte da Autorità locali giunte sul luogo dell'incidente.

Mentre non può fare a meno di ammettere che l'annotazione "Aereo caduto 11.05" è stata da lui scritta nel corso della riunione e non successivamente, giustificando la differenza di orari con il rapporto dell'ufficiale del COP tenente colonnello Sciandra, che riportava quale orario di caduta le ore 14.20 locali, con la circostanza che le prime notizie sono sempre confuse e contraddittorie; dice invece che il resto dell'annotazione del 18 luglio venne redatta dopo le ore 20.00, orario in cui fu rimosso il cadavere del pilota libico. Sul punto permangono numerosi dubbi; ci si chiede infatti per quale ragione dovesse trattarsi del momento immediatamente successivo alla rimozione del cadavere e soprattutto quale ufficiale fosse presente sul luogo che potesse riferire in tempo reale a Melillo; come noto infatti non è stato pienamente appurato se il generale Tascio fosse giunto sul luogo di caduta del MiG nell'orario in cui Melillo sostiene di aver ricevuto le notizie di cui al brogliaccio mentre gli altri ufficiali dell'AM presenti sul posto, i colonnelli Brancaleoni e Ferracuti, non disponevano di un contatto diretto con lo Stato Maggiore ed il generale Melillo. E Melillo nella memoria del 16 aprile fa riferimento a "qualcuno" che gli ha fornito tutti gli elementi di conoscenza in suo possesso; tuttavia è certo che le notizie sarebbero dovute pervenire tramite il COP, l'Ufficio Sicurezza al Volo, la 3ª Regione Aerea e il generale Tascio, ma non risulta alcuna conferma dei contatti con Melillo, né dagli atti dei menzionati uffici, né dalle dichiarazioni testimoniali degli ufficiali responsabili.

Nel corso della perquisizione del settembre 95 vennero sequestrati al generale Melillo vari block notes recanti alcune annotazioni redatte dallo stesso aventi ad oggetto alcuni periti d'ufficio, in particolare i proff. Castellani e Picardi. In sede di interrogatorio a precisa contestazione Melillo ha smentito ogni contatto diretto con tali periti, riferendo che le annotazioni riguardavano notizie ricevute dai consulenti di parte, anche se dal tenore delle annotazioni appare un rapporto personale con detti periti.

Nella memoria difensiva, in particolare nella nota manoscritta del 9 marzo 93, dove riferisce di aver ricevuto "sottobanco" copia dei risultati delle analisi radar dal prof. Picardi, egli stesso ammette che si tratta di una dizione infelice non rispondente alla realtà trattandosi di documento ufficialmente distribuito. Tale giustificazione può essere accettata nel caso specifico, ma non esclude che tra Melillo e i periti d'ufficio vi possano essere stati contatti diretti.

La difesa di Melillo esordisce sulla nota vicenda del messaggio Cincusnaveur. Nella disamina delle questioni in vero non tiene in considerazione tutti gli aspetti della vicenda, ma si limita solo ad alcuni.

Come è noto, il messaggio è pervenuto agli atti di quest'Ufficio, per copia conforme - fotocopia dell'originale della copia -, con la nota del 23 dicembre 80 a firma del generale Tascio. Sia nel messaggio che nella lettera di trasmissione non viene indicato il periodo - mese e anno- in cui il documento è stato originato né il tempo in cui esso è stato trasmesso o ricevuto dall'Aeronautica. Della copia conforme, predisposta dal 3° Reparto e firmata da Melillo, si desumeva soltanto il gruppo data orario - 031627/Z -, il mittente ovvero detto Cincusnaveur e uno dei destinatari cioè l'ambasciata USA a Roma, mentre venivano omessi gli altri destinatari, che comunque erano enti e comandi militari americani.

Dato certo e incontrovertibile è che il 3 luglio 80 Cincusnaveur, dopo aver ricevuto le notizie dalla 6a Flotta con telex delle ore 14.14Z, origina alle ore 16.27Z un documento in cui si attesta che nella zona dell'incidente, il 27 giugno 80, non v'era presenza di navi né aerei americani. Il documento viene trasmesso da Londra alle 16.43Z del 3 luglio ai vari comandi ed enti americani distaccati in Europa; non v'è, in indirizzo, alcun ente o comando militare italiano.

Lo SMA, a specifica richiesta di quest'Ufficio, riferisce in data 9 gennaio 92 che presso di esso non esiste l'originale del messaggio in questione, perché lo SMA non appare tra gli enti destinatari, precisando che dagli atti non è emersa alcuna documentazione che indichi attraverso quali canali ed a seguito di quali richieste il 3° Reparto fosse venuto in possesso della copia del telex in argomento.

Melillo ha affermato che il messaggio è pervenuto allo Stato Maggiore quello stesso 3 luglio 80. In particolare precisa che non è stato lui né personale del suo Reparto a richiedere il documento; per ragioni di competenza avrebbe dovuto essere il 2° Reparto. Tascio, invece, esclude di aver ricevuto il documento nel luglio 80, ma solo la sua copia conforme nel dicembre 80, trasmessa dal Sottocapo al 2° Reparto.

Altro dato incontrovertibile è quello del rinvenimento agli atti del 3° Reparto delle copie di entrambi i messaggi originati quel 3 luglio; quello da Cincusnaveur alle ore 16.27Z e l'altro della 6a Flotta alle ore 14.14Z. Non risultano, però, annotazioni dell'arrivo dei documenti sui registri di protocollo né dello Stato Maggiore né dei Reparti competenti, cioè il 2° e il 3°. Così come non risultano annotazioni o appunti che attestino la ricezione dei due telex. Anche in questo caso Melillo ha dichiarato che entrambi i messaggi erano stati da lui ricevuti il 3 luglio 80. Come s'è detto in altri capitoli, già s'è dimostrato come lo Stato Maggiore non sia venuto in possesso del telex delle ore 16.27Z il 3 luglio, né nei giorni immediatamente successivi, né tanto meno ha ricevuto il 3 luglio l'altro telex delle ore 14.14Z della 6a Flotta. Questo secondo messaggio è stato richiesto esplicitamente da Melillo all'addetto Biankino il 18 dicembre 80, così come risulta provato nell'annotazione scritta nell'agenda di Melillo, sequestrata nel corso della perquisizione domiciliare del settembre 95.

Le false asserzioni di Melillo, l'affermare cioè di aver ricevuto il telex da Cincusnaveur il 3 luglio e non dopo quella data, possono essere correlate con la circostanza che proprio il 10 luglio 80 il Ministro della Difesa, Lagorio, riferisce alla Commissione Difesa del Senato che non vi erano né aerei né navi della NATO nella zona e al momento dell'incidente. In realtà quelle notizie lo Stato Maggiore le aveva ricevute dal generale Bagatti, rappresentante italiano presso la NATO di Bagnoli; ma esse concernevano le attività di velivoli della NATO schierati nel territorio nazionale, e non si riferivano assolutamente a velivoli e navi della 6a Flotta, né ad altri mezzi statunitensi. Melillo, altresì, ha dichiarato che il contenuto del messaggio di Cincusnaveur era stato riportato anche da un comunicato stampa dallo SPI - Servizio Pubblica Informazione del Ministero Difesa. A prescindere dal fatto che non è stato rinvenuto alcun comunicato stampa rilasciato dallo SPI sulle circostanze in questione nel luglio 80, risulta invece il comunicato dello SPI su questa notizia diramato il 16 aprile 82; anche perché il Ministero della Difesa prima del 20 dicembre 80 non aveva mai ricevuto il telex di Cincusnaveur. Questa conferma si ha anche dall'appunto del tenente colonnello Argiolas - in una sua nota manoscritta del 28 luglio 80 sollecitata da Melillo per rispondere ad interrogazione parlamentare - in cui si afferma che lo SPI non aveva ricevuto alcuna comunicazione ufficiale sull'argomento da parte della NATO o di altri Paesi. Risulta invece un comunicato dell'ambasciata USA riportato dall'Ansa il 3 luglio 80 alle ore 12.28 locali, cioè alcune ore prima che la stessa ambasciata ricevesse i messaggi della 6a Flotta ad ore 16.14 locali, e di Cincusnaveur ore 18.43 locali; comunicato nel quale si sostiene che navi e aerei americani non erano stati presenti nell'ultimo periodo del mese di giugno nella zona dove era avvenuto l'incidente, così come era stato assicurato dai comandi militari americani che operavano in Italia in sede NATO. Appare quindi evidente come le notizie riportate nei due telex in questione non siano mai state riportate dai media, ma il riferimento della stampa nei quotidiani del 3 e 4 luglio scaturiva da notizie generiche diffuse dall'ambasciata USA e relativi ai comandi NATO operanti in Italia.

Il 17 dicembre 80 Melillo prepara in bozza nella sua agenda la minuta di una lettera per rispondere alle varie accuse lanciate dalla stampa nei confronti dell'Aeronautica. Tra l'altro annota "come dichiarato da Autorità NATO nessun velivolo NATO era coinvolto con l'incidente". Il 20 dicembre 80, quando predispone la lettera ufficiale che poi firma il Sottocapo - generale Ferri - , scrive Cincusnaveur e non Autorità NATO. Appare evidente che Melillo il 17 dicembre non conosca chi è l'ente originatore del telex del 3 luglio 80 e, dovendo preparare una lettera ufficiale per il Ministero della Difesa, e sostenere le notizie con documentazione certa, richiede a Biankino, il 18 dicembre 80, informazioni che questi dapprima fornisce telefonicamente e poi con l'invio dei messaggi sia della 6a Flotta che di Cincusnaveur. Melillo, non ha spiegato perché alle lettere del 20 e del 23 dicembre 80 siano state allegate le copie conformi del messaggio di Cincusnaveur, predisposte e firmate dallo stesso Melillo, mancanti, come già detto, di dati importanti mentre una di esse, quella inviata al 2° Reparto, addirittura con la data manoscritta del 3.12.80 come data di origine del messaggio e non quella reale del 3.07.80. Né è mai stato spiegato, in questo proveniente da Tascio, perché la data manoscritta non appare nella fotocopia inviata dal 2° Reparto al PM Santacroce il 23.12.80, mentre è presente nella copia consegnata dal generale Tascio nel corso dell'esame testimoniale del 24.10.89 a questo GI.

Anche la vicenda delle date manoscritte sul telex di Cincusnaveur dall'Aeronautica è alquanto singolare, se non risibile, giacché sia lo Stato Maggiore che i diretti interessati, ovvero gli imputati Bartolucci, Ferri, Tascio e Melillo hanno fornito più versioni contraddittorie tra loro. Innanzitutto si deve dire che la data manoscritta 3.12.80 appare nella minuta conservata agli atti del 2° Reparto. L'assenza della data nella copia inviata a quest'Ufficio il 23 dicembre 80, dal SIOS, ha due possibili spiegazioni: 1. è stata volutamente nascosta nella fotocopiatura del documento inviato all'AG; 2. non vi era nella copia originale inviata dallo Stato Maggiore al 2° Reparto il 20 dicembre 80, ma è stata apposta da quest'ultimo Reparto dopo la trasmissione al PM. C'è però da ricordare che Melillo attribuisce l'apposizione della data ad un suo distratto collaboratore, mentre Tascio esclude che sia stato il suo Reparto a scrivere quella data. Come si può ben vedere ognuno respinge colpe e di fatto si compie un vero e proprio vicendevole scarico di responsabilità, nel quale nessuno però riesce a dare una versione plausibile. E' stato invece riscontrato che nella copia conforme, originale, custodita agli atti del 3° Reparto v'è apposta a matita la data del 3 luglio 80 - vedasi acquisizione nr.140 del luglio 91. V'è da rilevare che lo Stato Maggiore nella trattazione di questo materiale documentale, riferito al documento di Cincusnaveur, ha ingenerato solo confusione ed ha condotto ricerche con notevole superficialità. Infatti nel luglio 91, come già s'è detto, quest'Ufficio richiedeva allo Stato Maggiore la documentazione relativa alla presenza di mezzi aeronavali statunitensi; a risposta veniva consegnata documentazione generica, senza specificare la natura degli atti, tra cui era compresa la copia conforme, originale, del telex di Cincusnaveur predisposta da Melillo il 20 dicembre 80 con la scritta a matita 3.07.80. Nell'ottobre 91venivano richieste le copie originali delle lettere datate 20 e 23 dicembre 80 con relativi allegati; a risposta si consegnavano in effetti gli originali. In quello del 2° Reparto era allegata la copia conforme con la scritta 3.12.80; in quella del 3° Reparto era allegata la copia originale del telex di Cincusnaveur nella sua interezza e non quindi la copia conforme che era stata già consegnata il 12 luglio 91 e di cui non si faceva menzione nella trasmissione della documentazione. Nel gennaio 92 quest'Ufficio chiedeva allo Stato Maggiore l'originale del telex di Cincusnaveur e, come già detto, lo Stato Maggiore forniva la risposta del 9 gennaio 92. Precisava altresì che gli unici presunti originali erano stati trasmessi nell'ottobre 91; anche in questa circostanza non s'è fatto riferimento al documento inviato nel luglio 91 con la data scritta a matita. Questa confusione documentale ha determinato la mancata individuazione e il confronto dei messaggi con le date manoscritte discordanti, e quindi la relativa contestazione agli imputati.

Nella memoria difensiva Melillo, dopo aver esaminato le varie copie conformi da lui predisposte nel dicembre 80, perviene ancora, rispetto alle altre memorie difensive presentate nel tempo, ad altra conclusione. Così scrive a pagina 134: "le copie conformi allegate alla minuta non declassificata rinvenuta presso il 3° Reparto (all.9)e soprattutto quella giunta al Gabinetto del Ministro della Difesa (all.10) sono diverse da quelle della minuta dopo la declassificazione del 1989 (all.12)e della copia interna per il 2° Reparto SIOS. Infatti le firme del generale Melillo sono diverse, anche se entrambe sembrano attribuibili allo stesso generale Melillo. Ciò può solo significare che le copie conformi alterate con la falsa data posticipata a mano sono state sostituite in seguito poiché altre probabilità appaiono estremamente ridotte e poco credibili. Si deve porre in evidenza, a questo punto, che Melillo non ha consultato l'acquisizione nr.140, ove è contenuta tra la documentazione la copia conforme originale consegnata dal 3° Reparto il 12 luglio 91, con la data scritta a matita 3.07.80, prima al Gruppo di Lavoro Ustica dello SMA e successivamente a quest'Ufficio. Melillo sostiene, nella parte relativa alla sintesi della sua memoria difensiva, pagina V, la notevole importanza del messaggio di Cincusnaveur del 3 luglio 80 al fine della "verifica" disposta dal Capo di Stato Maggiore Bartolucci, poiché esso escludeva categoricamente attività aeronavali della 6a Flotta USA nell'area di Ustica, ove era sovente che le portaerei effettuassero esercitazioni aeree in acque internazionali senza richiesta di autorizzazioni alle autorità italiane. Nel contempo precisa che non conosce le modalità con cui la copia del messaggio giunse al 3° Reparto e presume una iniziativa dell'Addetto aeronautico statunitense oppure di una richiesta informale allo stesso Addetto da parte del SIOS.

La disamina di Melillo sulle copie conformi del messaggio Cincusnaveur, da lui firmate e fatte predisporre nel dicembre 80, mette in evidenza ulteriori interrogativi che non devono essere ricercati altrove, ma devono essere chiariti, una volta per tutte, da Melillo. Infatti, non per ripetersi, ma occorre per l'ennesima volta ricordare quante sono le copie conformi originali sequestrate e consegnate a quest'Ufficio dai vari Enti originatori e destinatari. Sono stati rinvenuti gli originali del messaggio per copia conforme: al 3° Reparto, consegnato a quest'Ufficio il 12 luglio 91 ed inserito nell'acquisizione nr.140; al 2° Reparto, consegnato a quest'Ufficio il 15 ottobre 91 ed inserito nell'acquisizione 196 - 1° Volume -. In nessun altro Ente destinatario è stata rinvenuta copia conforme originale. Infatti: presso lo Stato Maggiore Difesa s'è rinvenuto solo la fotocopia sia della lettera del 20 dicembre che dell'allegato messaggio, consegnato tra l'altro nel dicembre 88 dallo Stato Maggiore dell'Aeronautica, acquisizione nr.141 - 2° Volume -; presso il Gabinetto della Difesa risulta la fotocopia del messaggio, quindi non l'originale, mentre la lettera del 20 dicembre , anch'essa in fotocopia, riporta però il timbro con la dicitura "riservato" in originale; agli atti di questo procedimento risulta essere stata trasmessa il 23 dicembre 80 la fotocopia del messaggio per copia conforme.

Melillo deve anche chiarire dove ha rinvenuto la copia della lettera del 20 dicembre 80 con relativa declassifica e allegata copia del messaggio con la data scritta a mano 3.12.80, inserita nella sua memoria difensiva come allegato 12. L'imputato al riguardo precisa che quella è la copia del 3° Reparto dopo la declassifica nel novembre 89. Ebbene la copia originale del 3° Reparto con relativa declassifica è diversa da quella prodotta da Melillo proprio nella parte relativa alla declassifica - diversa grafia -; alla stessa non è allegata la copia conforme bensì l'originale del messaggio Cincusnaveur, così come risulta nell'acquisizione 205 del 16.10.91. V'è da considerare altresì che l'originale della copia conforme consegnata dal 3° Reparto il 12 luglio 91, acquisizione nr.140, presenta la data scritta a matita 3.07.80 ed è differente dalle fotocopie prodotte da Melillo - timbri del Reparto e firma, inserite nella memoria difensiva come allegati 9 e 12. Si deve evidenziare anche che le copie inserite negli allegati 9 e 10 della memoria difensiva, sono uguali sia nel timbro che nella firma, ma l'originale di esse però non è stato mai consegnato né rinvenuto.

Invero in questa vicenda sono tali e tante le discordanze da non poter essere attribuite solo a negligenze di sedicente personale che collaborava con Melillo o Tascio. Queste discordanze devono invece esser definite vere e proprie omissioni e reticenze, da porre a responsabilità degli imputati di quello Stato Maggiore.

Melillo nella sua memoria difensiva tiene a sottolineare che, alla richiesta informale di Bartolucci di avere notizie sull'incidente riguardo alla possibilità di una collisione, altrettanto informalmente effettuò una verifica e non un'inchiesta per fornire risposte pronte di prima impressione al superiore. Evidenzia anche come la richiesta di notizie da parte di un superiore molto spesso non comporti la stesura di documenti, ma solo un rapporto a voce. Precisa ancora che la verifica determinò la raccolta di notizie diversificate e perciò avrebbe potuto richiedere la produzione di una documentazione, ma le profonde conoscenze di Bartolucci e del Capo di Gabinetto, De Paolis, e non ultima una situazione gravemente deficitaria di ufficiali del 3° Reparto, suggerirono le vie brevi. Su questo punto deve porsi in risalto la contraddizione tra quanto afferma Bartolucci nella sua memoria difensiva e Melillo. Infatti Bartolucci esclude qualsiasi incarico sia formale che informale a Melillo; anzi aggiunge che la verifica rientrava nei suoi compiti a chiarire il caso ed a controllare che le operazioni di ricerca e soccorso si svolgessero nel migliore dei modi.

Melillo afferma poi e sottolinea che il plotting di Ciampino giunse in visione allo SMA senza i due plots -17 e -12. Questo significa che comunque Melillo ha preso visione del plotting, ma si deve ricordare che questo documento non è stato mai trovato presso lo Stato Maggiore o più precisamente al 3° Reparto. Melillo è poco credibile quando afferma di questo suo ben preciso ricordo del plotting, anche perché egli afferma nella sua memoria che a visionarlo fu il personale del suo 5° Ufficio e non lui direttamente; per cui quei dati potevano essere inseriti nel plotting, ma questo non gli venne riferito da parte dei suoi subalterni. Melillo altresì nella sua memoria ritiene possibile che quel plotting sia stato portato in visione al Capo ed al Sottocapo da parte dell'Ispettore generale Fazzino. Come ben si può notare Melillo mentre da un lato non può fare altro che ammettere di aver ricevuto il plotting di Ciampino, per discolparsi dall'altro lato deve sostenere la possibilità della visione del plotting da parte di Bartolucci e Ferri, supponendo una circostanza difficilmente plausibile, e cioè che fosse stato portato in visione allo Stato Maggiore dall'Ispettore Fazzino. Considerato che Fazzino ha sempre escluso questa circostanza, che esso Melillo sostiene di non averlo mai portato in visione ai predetti Bartolucci e Ferri, con tale tesi si vuole avvalorare così la impostazione difensiva di questi ultimi che non lo hanno mai visto. Probabilmente essi non hanno mai visionato il plotting, ma sia Bartolucci che Ferri non sono credibili quando affermano, nelle proprie memorie, che lo SMA non ha avuto mai conoscenza del documento in questione; e perciò ci si domanda perché Melillo riferisca il contrario, cioè che il plotting sia stato ricevuto dallo SMA e visionato dal suo 5° Ufficio, competente a livello di Stato Maggiore ad interpretare i dati del traffico aereo.

Melillo, in relazione ai dati della Difesa Aerea, richiesti il giorno dopo l'incidente al ROC di Martina Franca, sostiene che fu richiesta solo la parte che interessava l'intorno del punto dell'incidente; intorno, da cui non risultò la presenza di velivoli estranei che avrebbero potuto collidere con il DC9. Sostiene altresì di non aver avuto l'obbligo né di sollecitare né di controllare la lettura dei dati radar della Difesa Aerea, compito che spettava al 3° ROC e, semmai, all'ITAV. Anche in questo caso la difesa di Melillo non è credibile. Infatti il telex pervenuto da Martina Franca la notte del 28 giugno al 3° Reparto riporta dati che sicuramente dovevano essere approfonditi dallo Stato Maggiore, al fine di poter quest'ultimo fornire al Ministero della Difesa dati certi e non di dubbia interpretazione. Nel telex si legge: che il DC9 potrebbe correlarsi con la traccia LK477 - avvistata dal centro radar di Licola - e con quella avente numero AJ421 avvistata dal centro radar di Marsala; sempre nei dati riferiti al centro radar di Licola viene inserita una traccia senza alcuna identificazione, perché proveniente dall'area free plot, che riportava orari riferiti al periodo dell'incidente. Questi erano dati incerti che sicuramente dovevano essere approfonditi o su cui si sarebbero dovuti chiedere chiarimenti da parte del 3° Reparto. V'è da dire, una volta per tutte, che i dati riferiti al sito di Ferrara meglio definito come 11° CRAM di Poggio Renatico, non erano stati inseriti nel telex di Martina Franca al fine di ricostruire il percorso del DC9 Itavia, come sostengono gli imputati, ma solo perché nell'arco della notte era stato accertato dal capo controllore del SOC di Martina Franca, capitano Patroni Griffi, l'inesistenza della traccia LK477 - attribuita al DC9 - presso il sito originatore di Potenza Picena e nel caso specifico era stato inviato il plottaggio della vera traccia del DC9 Itavia che era la LE157, riportata quest'ultima anche nel telex del 28 giugno. Come si può ben vedere i dati riportati nel telex da Martina Franca erano inattendibili e fuorvianti - LK477 correlata al DC9 inesistente, altro velivolo senza alcuna identificazione - dati di cui un attento esperto di Difesa Aerea, quali erano sia Bartolucci che gli altri suoi stretti collaboratori dello Stato Maggiore, nel caso specifico Melillo, doveva rendersi conto, e quindi approfondire gli accertamenti. Non c'era altri migliore di questi personaggi dello Stato Maggiore che potesse riferire sia al Governo che alla Magistratura sui dati della Difesa aerea, anche perché nella commissione Luzzatti, l'unico appartenente alla Forza Armata - il maggiore Mosti - era un esperto di Traffico aereo e non di Difesa aerea. Si deve altresì sottolineare, quanto alla traccia LK477, di cui il SOC di Martina Franca aveva accertato l'inesistenza sin dalla notte dell'incidente, che l'Aeronautica sino all'ottobre 1989 l'ha indicata come quella appartenente al DC9 Itavia.

Melillo sostiene poi che egli non ha avuto parte nelle attività connesse al sequestro delle registrazioni radar disposte dalla Magistratura. Anche se è vero che non risulta esservi stato mai un contatto diretto tra Melillo ed i magistrati, non si può non evidenziare il comportamento tenuto dai suoi diretti collaboratori del Reparto nella vicenda, a partire proprio dal colonnello Brindisi del 5° Ufficio del 3° Reparto, che riferisce a Fiorito De Falco il 19 luglio che non poteva esser consegnata alcuna documentazione dei radar della Difesa Aerea, concentrata a Trapani Birgi, senza il nulla osta del Gabinetto della Difesa. Si ricordi anche che il citato Brindisi nell'unico esame testimoniale reso, nel luglio 91, ha dichiarato che egli dava ordini solo dopo aver ricevuto le disposizioni di Melillo e in alcuni casi da Ferri; come non si può altresì non rammentare il colloquio tra il colonnello Sidoti e Fiorito de Falco il 2 ottobre 80, quando l'ufficiale del 3° Reparto rimprovera a Fiorito la frase ambigua inserita nel verbale di sequestro del 22 luglio 80, da cui scaturisce la missione del PM nel centro radar di Marsala il 3 ottobre 80 per prelevare i nastri di registrazione; così come non si possono non porre in evidenza le disposizioni impartite da Melillo nell'ottobre 80 al Centro di Borgo Piave, cioè di consegnare parti limitate dei tabulati THR ricavati dai nastri di registrazione di Marsala, eliminando le coordinate x e y, cosicché nessuno fosse in grado di interpretare i dati estrapolati l'11 e il 17 novembre 1980 in quel Centro.

Melillo sostiene altresì di non aver predisposto documenti per il Ministro della Difesa per la riunione del CIIS del 19 dicembre 80. Su questa vicenda non sono stati trovati documenti che possano confermare quest'attività. Il PM ha argomentato che la dichiarazione di Lagorio il 19 dicembre 80 al CIIS discendesse da attività del nostro, perché costui proprio in quel periodo, tra il 17 dicembre e 18 dicembre, come risulta nella sua agenda brogliaccio sequestrata nel settembre 95, aveva predisposto una bozza di lettera, che poi viene riportata ufficialmente solo il 20 dicembre 80. Ma è anche vero che l'intervento di Lagorio, il 19 dicembre, è così breve che difficilmente si può ricollegare ad appunto od informativa dello Stato Maggiore.

Melillo infine sostiene di non aver inserito elementi falsi e fuorvianti nella lettera predisposta il 20 dicembre 80 per lo Stato Maggiore Difesa a firma di Ferri. Invece è stato accertato, oltre quanto già detto per il messaggio Cincusnaveur, che nella lettera sono state riportate notizie di tal genere - cambio del nastro a Marsala per dimostrazione al personale, mentre nella realtà il cambio fu effettuato per l'esercitazione Synadex; esistenza di dati radar del sito di Siracusa - di cui non è stata mai trovata alcuna traccia documentale né allo Stato Maggiore né presso i centri periferici competenti -; parziali notizie sull'aero-bersaglio rinvenuto ad Acquedolci (ME) il 20 settembre 80; completa omissione del plotting di Ciampino.

In relazione alla contestazione del PM riferita all'inchiesta condotta dal 3° Reparto che incluse fra le indagini l'interrogatorio ai controllori di Ciampino, sulla base dell'appunto del tenente colonnello Argiolas, v'è da dire che effettivamente, sulla scorta di quanto scritto nell'appunto citato, quel personale fu sentito dalla Commissione Luzzatti e non dallo Stato Maggiore.

Con la stessa motivazione che per i suoi coimputati Melillo deve essere rinviato a giudizio per il delitto di cui al capo A dell'epigrafe; e deve essere prosciolto per non doversi procedere per il delitto di cui al capo B perchè il fatto non è previsto come reato.

5. Tascio Zeno.

Il generale Zeno Tascio all'epoca dei fatti era il Capo del 2° Reparto dello Stato Maggiore dell'Aeronautica, il Servizio informazioni operative e situazioni. Ha rivestito tale incarico dal 10 aprile 79 fino al 15 dicembre 81. Successivamente è stato Ispettore dell'Aviazione per la Marina fino al gennaio 84; ha poi assunto l'incarico di Capo Ufficio Generale del Capo di Stato Maggiore della Difesa, all'epoca il generale Lamberto Bartolucci. Dallo Stato Maggiore Difesa è poi passato nell'aprile a dirigere l'Ispettorato Telecomunicazioni ed Assistenza al Volo ITAV, che ha retto fino al dicembre 86; per quindi rivestire l'incarico di Ispettorato Generale Logistico con il quale ha terminato il servizio attivo, congedandosi nel dicembre 92.

A suo carico stanno le stesse imputazioni che contro Bartolucci e gli altri di quello Stato Maggiore. Ma oltre stanno quelle ex art.323, 255, 490 e 351 c.p.. Quanto all'imputazione dei delitti ex artt.323 c.p. essa è stata attribuita, perché - dopo avere omesso di riferire alle Autorità politiche e giudiziarie le informazioni concernenti la ricerca di mezzi aeronavali statunitensi a partire dal 27 giugno 80 e l'ipotesi di un'esplosione coinvolgente il velivolo, abusando del proprio ufficio, e al fine di impedire che potessero emergere a qualsiasi titolo eventuali responsabilità commissive od omissive dell'Aeronautica Militate o di Forze Armate di Paesi alleati - forniva al magistrato inquirente una informativa, quella datata 23 dicembre 80 (contenente anche copia conforme di un telex al quale era stata soppressa la data), nella quale non si faceva cenno a tale attività. Quanto all'imputazione dei delitti ex artt.255, 476, 490 e 351 c.p. esse gli vengono attribuite perché, al fine di occultare la perpetrazione del delitto tradimento nella forma di attentato contro gli organi costituzionale, sopprimeva od occultava gli atti concernenti i rapporti intercorsi rea il SIOS e gli Addetti militari statunitensi in epoca prossima al 23 dicembre 80.

L'imputato s'è mostrato assolutamente chiuso nel corso degli interrogatori, sia sulle questioni concernenti la vicenda del DC9 Itavia che in quelle relative alla caduta del MiG23 libico; rigettando le accuse e rispondendo specie alle contestazioni di documenti o di suoi scritti con degli immotivati "non ricordo", o asserendo allorchè dava risposta ad alcune domande che egli vi riusciva non con l'ausilio di memoria diretta dei fatti, ma soltanto "ora per allora", riferendosi cioè a quanto da lui conosciuto nel tempo sulle inchieste. Le risposte più accurate apparivano chiaramente originate da una attenta lettura degli atti processuali depositati e di quelli realizzati nel corso dei lavori della Commissione Stragi.

La posizione del generale Tascio viene in evidenza nel corso dell'inchiesta per le attività svolte dal 2° Reparto, ufficio della "intelligence" della Forza Armata, che seppur non interessato alle vicende di soccorso e ricerca nell'immediatezza del fatto, viene coinvolto sin dalla mattina del 28 giugno 80 in indagini di iniziativa e di collaborazione con gli Addetti aeronautici presso l'ambasciata USA in Roma e, dal mese di luglio, anche con il S.I.S.MI. E' Tascio che manda i suoi uomini a verificare la natura di reperti aeronautici, prima della visione e dell'esame sia del Magistrato inquirente che dei periti d'Ufficio; è Tascio che esprime il parere sul contenuto del segreto militare dei nastri di registrazione di Marsala e su quali dati possano essere acquisiti dall'AG; è Tascio che propone al Sottocapo, all'epoca il generale Ferri, di trasmettere le precisazioni della Forza Armata, già inviate il 20 dicembre allo Stato Maggiore Difesa, anche al PM di Roma, allorquando una campagna stampa attacca l'Aeronautica per scarsa collaborazione all'accertamento della verità. E' proprio Tascio che il 22 dicembre ha un colloquio prima telefonico e poi personale con l'inquirente; anche se su quest'ultimo punto non s'è mai fatta piena luce, giacchè da un appunto scritto appare essere stato il colonnello Gaudio ( ma comunque questi avrebbe parlato in nome e per conto del suo capo ( e non Tascio a conferire con il procuratore. Dall'incontro emerge che il PM avrebbe accettato solo risposte ufficiali, cosicché l'indomani Tascio trasmette la stessa nota, inviata il 20 dicembre allo Stato Maggiore Difesa a firma del generale Ferri, con allegata la copia conforme del messaggio Cincusnaveur predisposta dal 3° Reparto priva della data manoscritta 3.12.80. Quest'ultimo dato significativo si evidenzia in quanto l'unica copia ad avere la data in disamina è proprio il documento conservato agli atti del 2° Reparto, da cui fu estratta la fotocopia allegata alla nota inviata al PM Santacroce, che come già detto. non reca però la data manoscritta.

Il generale Tascio è stato assente, dopo il 27 giugno 80, dal suo ufficio per missioni, di cui v'è traccia documentale, dal 7 al 10 luglio per servizio a Baghdad; dal 18 al 19 e il 22 luglio a Caccuri e Castelsilano (CZ) luogo di caduta del MiG23 libico. In licenza ordinaria dal 1° al 31 agosto presso la località di Nocera Tirinese (CZ). Durante il suo periodo di assenza è stato sostituito al comando del Reparto nel mese di luglio dal colonnello Borzacchini e nel mese di agosto dal colonnello Bomprezzi. Ma è stato accertato che in quel Reparto non tutte le missioni venivano registrate, come è provato da quella del 4 luglio di Bomprezzi, Argiolas e Zecchini a Boccadifalco. Sulla questione il tenente colonnello Di Ruzza Mario, capo della sezione amministrativa del 2° Reparto nel 1980, ha precisato che il mancato rinvenimento dei fogli di viaggio non significava che la missione non fosse stata effettuata, in quanto esisteva un registro per i cosiddetti fondi riservati, che erano impiegati su ordine scritto del capo Reparto, cioè Tascio; ordini nei quali non si menzionava, per ragioni d'opportunità, lo scopo delle missioni (v. esame Di Ruzza Mario, GI 14.06.96 e 25.03.97). Questo registro veniva distrutto con cadenza annuale, ed in vero l'esemplare dell'80 non è stato mai consegnato dall'AM né rinvenuto su specifica richiesta di quest'Ufficio. Da qui la presunzione che varie missioni possano essere state compiute sugli incidenti del DC9 Itavia e del MiG23 libico, delle quali non si è mai venuti a conoscenza, perché non formalizzate in documentazione, come invece avvenne per quella del 4 luglio 80 a Boccadifalco. Si deve ricordare altresì che Tascio fino al 4 marzo 97 aveva sempre sostenuto di aver trascorso l'intero periodo di licenza, dal 1° al 31 agosto nella località calabrese già detta, senza mai menzionare di essere rientrato nella capitale per i funerali di un parente, nel periodo compreso tra il 9 e 10 agosto. Si è venuti a conoscenza di questo viaggio attraverso un sequestro documentale dei certificati di viaggio presso lo Stato Maggiore, tra i quali risulta la richiesta avanzata del generale Tascio l'11 agosto 80, di beneficiare dello sconto per l'acquisto di un biglietto aereo, per servizio, sulla tratta Roma-Lamezia Terme per il medesimo giorno.

Il vero ruolo del generale Tascio nelle vicende a giudizio sin dal mattino successivo alla caduta del DC9, viene portato alla luce dalle incisive audizioni condotte dalla Commissione Stragi nei confronti del generale il 26 luglio, il 19 e il 31 ottobre 89. Contrariamente all'inchiesta dell'Aeronautica di quello stesso anno, voluta dal Ministro della Difesa, Zanone e condotta dalla Commissione Pisano tra il 17 marzo e il 5 maggio in cui non sono assolutamente prese in considerazione le attività del 2° Reparto nel 1980 , anche se nella relazione finale si trattano argomenti che comunque il SIOS aveva trattato in proprio o in collaborazione con altri Reparti dello Stato Maggiore. E nella quale Tascio non viene mai interrogato, a differenza dei generali Bartolucci, Ferri e Melillo, ai quali la Commissione chiese comunque chiarimenti. Nella relazione finale Pisano si affrontano più argomenti quali l'operato della polizia giudiziaria nell'esecuzione del provvedimento della Procura di Palermo, il rinvenimento dell'aereo bersaglio di Acquedolci (ME), il segreto militare sui nastri di registrazione di Marsala che investivano direttamente responsabilità del SIOS o comunque rientranti nella sua sfera di attribuzioni; di conseguenza la Commissione "Pisano" avrebbe dovuto necessariamente fare riferimento al suo responsabile cioè al generale Tascio. E' questa una delle carenze più gravi di quella Commissione. Per quanto concerne più da presso la nota inchiesta del Working Group presso l'ambasciata americana, che ebbe nell'AM relazioni esclusive e continuative con il 2° Reparto, Tascio mostra addirittura di non averne alcuna conoscenza . Nega persino di conoscere il capo della stazione CIA di Roma Clarridge (v. interrogatorio Tascio Zeno, GI 29.05.92). Negazione che confermerà anche nel 97 di fronte a precisa contestazione dell'annotazione, che compare in data 14 luglio nell'agenda 80 dell'Americano così come negherà ogni dichiarazione che lo concerne rilasciata dal Clarridge (v. interrogatorio Tascio Zeno, GI 04.03.97).

Il 4 luglio 80, come s'è detto, il colonnello Bomprezzi, il maresciallo Zecchini - del 2° Reparto - e il tenente Colonnello Argiolas - del 3° Reparto Ufficio Sicurezza al Volo- effettuarono un sopralluogo all'aeroporto di Boccadifalco per accertare se tra i reperti vi fosse materiale aeronautico estraneo al DC9 Itavia, in particolare, un seggiolino eiettabile di un F4 o di un velivolo americano. Nell'agenda del 1980 di Tascio viene riportato in data 4 luglio: "Bomprezzi-Argiolas. Tutte balle su velivoli militari: seggiolino=DC9 giubbotto=da marinai ++ ship - radio portatile per piloti=apparati radiosonda meteo - polistirolo - contenitori per boe sonore a niente a che vedere - rottami chiaramente del velivolo seggiolino del pilota frantumato".

Sul punto l'imputato ha fornito diverse e contrastanti versioni. Nell'esame testimoniale del 24.10.89 riferiva che il sopralluogo era stato effettuato in esito ad una sua disposizione originata dalla richiesta "di non so quale superiore". A dir il vero di superiori nella scala gerarchica Tascio ne aveva ben pochi, e cioè solo il Sottocapo e il Capo SMA; era quindi difficile sostenere, quando era semplice teste, questo difetto di memoria. Nell'interrogatorio del 6 marzo 97 invece rammentava che l'ordine di effettuare il sopralluogo era stato "sicuramente" dato dal Sottocapo Ferri e "forse" su richiesta del S.I.S.MI. A tal proposito si rammenta che il generale Ferri ha sempre affermato di non aver avuto alcun contatto con il S.I.S.MI. Si deve ribadire, come gli è stato puntualmente contestato in questo interrogatorio del marzo 97, che l'unico suo superiore diretto era il Sottocapo generale Ferri, e che solo per alcune competenze egli poteva ricevere disposizioni anche direttamente dal Capo di Stato Maggiore generale Bartolucci.

L'appunto della missione del 4 luglio, si ricordi, viene redatto il 9 successivo dal tenente colonnello Argiolas; il seguente 10 è posto alla visione dei generali Melillo e Ferri. Melillo, in una sua nota manoscritta allegata all'appunto, decreta che dovrà essere il 2° Reparto, a trasmetterlo sia al S.I.S.MI che al Gabinetto della Difesa. Il 16 luglio 80 Tascio dà disposizioni al suo 3° Ufficio di modificare il contenuto dell'appunto redatto da Argiolas allo scopo di inviare una sintesi al generale Pugliese - vice Capo di Gabinetto della Difesa - e al S.I.S.MI; come avviene ma in data 9 agosto, cioè a distanza di 23 giorni. La nota non è a firma del generale Tascio, in licenza dal 1° agosto, ma del reggente interinale, colonnello Bomprezzi. Le ragioni di questo ritardo nell'inoltro del documento non sono mai state chiarite; come altresì non è stato spiegato perché l'invio della documentazione sia avvenuto nel periodo di assenza del generale Tascio. Al proposito, Tascio, come già detto, tra il 9 e il 10 agosto era rientrato a Roma; circostanza questa che potrebbe indurre a ritenere che il colonnello Bomprezzi pose in essere quell'attività proprio il 9 agosto non di propria iniziativa o per routine del Reparto, ma perché in tal senso ordinato da Tascio, che di sicuro mise piede in ufficio, per il ritiro della richiesta di riduzione del biglietto aereo, e prese visione del materiale documentale. Il lavoro effettuato quel 9 agosto riguardava: l'invio di note al Gabinetto della Difesa e al S.I.S.MI con l'appunto del sopralluogo di Boccadifalco; la restituzione del nastro di registrazione del 18 luglio 80- incidente MiG libico -, prelevato il 30 luglio seguente, al 32° CRAM di Otranto; e la richiesta per le vie brevi al 3° ROC di Martina Franca dell'interpretazione dei plottaggi giunti dal S.I.S.MI il giorno prima. Presa visione della documentazione inviata il 9 agosto e delle contestazioni mosse dall'Ufficio, non ultima la ragione dell'invio di tale nota, Tascio dopo aver asserito che né lui né Bomprezzi erano autorizzati ad inviare direttamente alcuna nota al Gabinetto della Difesa, dichiara: "francamente non me lo ricordo" (v. interrogatorio Tascio Zeno, GI 06.03.97), smentendo in realtà se stesso poiché in data 24.10.89 aveva dichiarato che del sopralluogo aveva riferito ai suoi superiori "inviando copia della relazione anche al Gabinetto del Ministero" (v. esame Tascio Zeno, GI 24.10.89).

In data 21 luglio 80 perviene al SIOS, per conoscenza, un messaggio dall'ITAV concernente la richiesta dell'invio della documentazione da Trapani e Ciampino da consegnare al PM a seguito del decreto di sequestro emesso il 16.07.80; il generale Tascio e il Reparto da lui diretto, pur venuti a sapere della questione, non pongono almeno ufficialmente, in essere alcuna attività.

Tascio nel corso della prima audizione in Commissione Stragi minimizza i rapporti con il S.I.S.MI, riferendo che "ciascuna Forza Armata può fornire al SI.S.MI competenza tecnico-operativa nel quadro delle attività assegnate" (v. audizione Tascio Zeno, Commissione Stragi 26.07.89). Questi contatti generici e limitati vengono però smentiti da una annotazione riportata nella stessa sua agenda sotto la data del 28 luglio 80, annotazione dalla quale emergono chiaramente i contatti del SIOS con il S.I.S.MI : "Notarnicola 28 1100 - un suo Uff.le qui - sparsa la voce ad alti livelli -DC9 Ponza tracce registrate - un Uff.le le si è mosso subito e testimonierà" (v. agenda Tascio, reperto 262 sequestro 08.07.95). L'alto ufficiale a proposito di questa annotazione, dichiarerà, come usuale, di non ricordare alcunchè (v. interrogatorio Tascio Zeno, GI 04.03.97); impedendo così, come d'altra parte aveva già fatto il generale Notarnicola, che si acclarasse uno dei passaggi fondamentali degli eventi e particolarmente la connessione tra il disastro di Ustica e l'incidente di Castelsilano, che viene implicitamente indicata in questa annotazione.

Va ricordato che il 29 e 30 luglio 80 il S.I.S.MI acquisisce tramite il suo Centro di Bari tracciamenti radar concernenti la caduta del DC9 Itavia e quella del MiG23 libico; documentazione rilevata direttamente dal maresciallo Maraglino Cosimo del Nucleo del S.I.S.MI di Taranto, ed inviate dal Centro CS a Roma con due distinte missive, entrambe di risposta a richieste formulate per le vie brevi. Con la missiva del 29.07.80 veniva trasmessa copia delle registrazioni dei tracciamenti radar di Marsala e di Licola in forma alfa-numerica nonché copia della mappa dei recuperi dei relitti del velivolo Itavia. Con la seconda missiva, datata 30.07.80, veniva trasmessa copia dei tracciamenti radar di Otranto, Marsala e Siracusa concernenti le registrazioni del giorno di caduta del MiG libico.

Lo stesso 29 luglio 80 il S.I.S.MI prepara un appunto interno, per il Direttore Santovito, a firma del colonnello Notarnicola- Capo della 1a Divisione - avente ad oggetto: "Disastro aereo per la caduta di un DC9 Itavia sulla rotta Bologna-Palermo", nel quale, dopo un vago riferimento ad illazione apparsa sulla stampa concernente le relative cause dell'incidente, al punto b), viene fatto riferimento al SIOS, che per mezzo del suo Capo Reparto ha: "...precisato che traccia del volo dell'aereo è stata registrata dal ROC di Martina Franca ed è stata consegnata alla Magistratura; - precisato che dalla registrazione non si rileva alcun indizio che possa suffragare un'ipotesi di collisione..."; escluso "...che nella zona del disastro fossero in volo contemporaneo altri velivoli precisando al riguardo che un altro aeromobile era transitato ... a cinque minuti di distanza dall'aereo dell'Itavia ... ad un'altezza di circa 10.000 metri superiore..."; acconsentito "a ricercare copia della registrazione ... presso il ROC di Martina Franca" (nota S.I.S.MI 04/263/3a del 29.07.80 - sequestro 08.10.91).

Successivamente perviene al SIOS una missiva del S.I.S.MI datata 8 agosto 80, nella quale viene richiesta l'interpretazione dei dati di plottaggio di Licola e Marsala; in effetti un "aiuto" da parte del SIOS appariva necessario, giacchè quel Servizio aveva confuso l'orario zulu con quello locale, alterando in questo modo tutti i movimenti dei velivoli di due ore. Questa errata interpretazione del capitano Masci - della 1aDivisione S.I.S.MI - aveva purtroppo preso corpo in un appunto per il Direttore del Servizio datato 6 agosto 80; l'errore venne emendato il 28 agosto 80, allorchè il S.I.S.MI elaborò un appunto in cui si precisava che i "dati esplicitati" in quello del 6 agosto non erano corretti, perché all'ora iniziale e finale andavano aggiunte due ore; e inoltre che l'analisi dei dati di plottaggio faceva escludere "categoricamente" l'ipotesi di possibili collisioni del DC9 con altro velivolo "ancorché non identificato".

Il 13 agosto 80 il 3° ROC trasmette al SIOS che aveva richiesto per le vie brevi la trasposizione su carta dei plottaggi al citato ROC, sei cartine riproducenti lo sviluppo delle tracce inviate in data 8 agosto. Il 14 agosto le cartine trasmesse dal 3° ROC vengono inviate dal SIOS al S.I.S.MI.

Di tutta questa attività, nonostante il copioso materiale documentale a comprova dei contatti con il Servizio, Tascio non ha rammentato alcunchè, limitandosi a prendere atto della annotazione da lui apposta sul diario il 28 luglio 80. Tuttavia da un appunto del S.I.S.MI inviato all'on.le Mazzola il 18.12.80, nota alla quale verrà apposta la data del 23.12.80 al suo rientro nella 1a Divisione, emerge che "le valutazioni del SIOS/AM avanzate in via riservata portano ad individuare nelle carenze strutturali del velivolo le cause del disastro" (v. appunto 23.12.80 - acquisizione presso la Ia Divisione S.I.S.MI 8.10.91)

In contrasto con le amnesie dell'imputato deve, sul punto, essere rammentato quale fosse il suo giudizio, quale Capo del 2° Reparto, sugli appunti elaborati dal S.I.S.MI il 29 luglio e il 6 agosto 80: "dimostrano modesta dimestichezza con terminologie chiaramente intuire il riporto e l'interpolazione da parte dell'estensore di pareri generici e non circostanziati, espressi da personale AM in circostanze certamente informali."; e specificamente sull'appunto del 6 agosto vien detto che "è costruito ... sulla scorta di un sommario esame condotto con l'ausilio di personale SIOS/AM conoscitore di dati riguardanti i plottaggi radar, ma non tecnico qualificato. L'intero documento si base su un errore di lettura degli orari degli avvistamenti ... . Sono rimasto colpito e disorientato per quanto si è accreditato, ma ancora più per la confusione che la lettura di questo documento ha potuto creare in chiunque..." (v. reperto 57- sequestro generale Tascio 08.07.95). Di tali rapporti, al di là delle forti parole di riprovazione sull'attività del S.I.S.MI e marginalmente anche di personale del Reparto da lui diretto, rimane traccia nell'agenda di Tascio dove, come s'è detto, al 28 agosto scriverà "Notarnicola 28 11.00 un suo ufficiale qui".

Le annotazioni riportate sulla sua agenda in data precedente all'8 agosto fissano in modo inequivocabile l'interessamento dell'imputato all'incidente del DC9 Itavia manifestato anche con concrete attività di indagine, contrariamente a quanto affermato nelle sue prime dichiarazioni ed audizioni, nelle quali collocava con certezza ogni attività in un periodo successivo all'8 agosto, giustificando ogni riferimento alla vicenda ad indirette notizie percepite e riferite in ambito SMA e rielaborate a livello personale dal S.I.S.MI.

E a tal punto occorre aprire una breve parentesi sui rapporti intrattenuti dall'imputato con il Direttore del Servizio, generale Santovito e con il colonnello Notarnicola. Tascio non nega di aver interloquito, sempre per motivi d'ufficio, con Santovito e non nasconde che il rapporto con Notarnicola fosse alquanto spigoloso, tanto da non esitare ad affermare che lo stesso colonnello Gaudio, suo subalterno al SIOS, aveva avuto maggiori rapporti con Notarnicola. Ed ancora sui rapporti con il S.I.S.MI: "Non molto efficiente, non era un rapporto foriero di grandi informazioni sostanziali" (v. interrogatorio Tascio Zeno, GI 18.03.97).

Nega di aver avuto con Santovito alcun rapporto dopo che costui aveva lasciato il Servizio, nonostante gli venga contestata una sua lettera, data 27.08.81, diretta a quel Direttore, dalla quale traspare un legame più stretto rispetto a quel che egli vuol far credere. Tascio giustifica quel tono asserendo che lo aveva usato solo per salutare cordialmente e ringraziare un anziano generale. Ma la sua riposta appare solo di comodo, perché pur continuando egli a sostenere di non aver incontrato Santovito in data successiva al congedo un'annotazione, apposta in data 16.09.81, sull'agenda di Santovito, sequestrata nell'ambito del processo S.I.S.MI - contestatagli - così riporta "20.30 pranzo circolo aviazione (Tascio)". E persevera nell'affermare deficienza di memoria sul fatto, tentando anche una spiegazione anodina dell'incontro, come di una cena di commiato per il generale Santovito a causa della cessazione dell'incarico del Direttore del S.I.S.MI (v. interrogatorio Tascio Zeno, GI 18.03.97).

Ma questi ed altri particolari dimostrano che i rapporti tra il S.I.S.MI ed il SIOS, pur non essendo ottimi, furono necessariamente intensi e coordinati tra loro, così come testimoniano numerose e ripetute attività, quasi frenetiche, svolte da entrambi i Servizi fin dalla seconda metà del luglio 80. Infatti non può riportarsi qui quanto è stato posto in evidenza in altro capitolo sull'attivismo, che alla fine di luglio 80 sia il S.I.S.MI che il SIOS pongono in essere, con particolare attenzione alla zona di Ponza, ove il DC9 transita a brevissima distanza di tempo dal disastro. Ed è proprio questa la zona, lo si richiama, ove i controllori di volo di Ciampino avevano individuato presenze di traffico militare in orario antecedente la caduta dell'aereo; circostanza questa che di certo indusse i due Servizi a considerare un possibile collegamento tra la caduta del DC9 Itavia e quella del MiG libico.

Pur non ripetendo quanto già detto a proposito del relitto rinvenuto in località di Acquedolci il 20 settembre 80, devono essere riportate le dichiarazioni rese al proposito dall'imputato. Nell'esame testimoniale del 24.10.89 riferisce che "a seguito di una notizia stampa" aveva disposto il sopralluogo di personale specializzato, che aveva redatto una relazione sulle verifiche effettuate. Sullo stesso argomento il 6 marzo 97, in interrogatorio, dichiara invece di aver letto "di recente" del rinvenimento del relitto, ma quando gli vengono poste domande specifiche si trincera dietro ai soliti "non ricordo".

Va comunque ribadito che l'attività di Tascio e del suo Reparto non fu di modesto rilievo. Il 20 settembre l'imputato dispose personalmente il sopralluogo di un suo ufficiale, il colonnello Bomprezzi, che però non si recherà mai ad Acquedolci a causa del tempestivo sequestro del relitto da parte dell'AG, che ne richiedeva anche il trasporto a Boccadifalco; il Bomprezzi a questo punto disporrà l'invio di personale del nucleo SIOS e del 41° Stormo di Catania, che esaminerà il reperto, effettuando anche delle fotografie e sulla base di tali informazioni redigerà l'appunto sopra citato. V'è da dire che il reale motivo che determinò Bomprezzi a delegare il personale di Catania non fu dovuto a ragioni d'ufficio, ma al fatto che il SIOS era venuto a conoscenza, non si è mai accertato da quale fonte, che il PM di Palermo aveva sottoposto a sequestro il relitto, alle ore 12.00 del 20 settembre, ordinandone ai Carabinieri di Acquedolci anche il trasporto all'aeroporto di Boccadifalco. Già s'è scritto sull'effettuazione del sopralluogo di quel personale militare, alle 16. Un ufficiale AM di Catania, il tenente colonnello Vignola, dovette allontanarsi da una cerimonia nuziale alla quale stava partecipando, a causa dell'urgenza con cui gli venne richiesto di visionare questo relitto presso la caserma dei CC. di Acquedolci, luogo ove giunse alle ore 16 di quel 20 settembre, cioè quattro ore dopo che il relitto era stato sequestrato dall'AG. L'attività del SIOS in merito al rinvenimento di tale relitto impegna per settimane personale ed uffici diversi. Fin dal ritrovamento, quel relitto suscitò l'interesse del 2° Reparto: il tenente colonnello Vignola del 41° Stormo lo esamina; il SIOS invia una relazione di quell'esame al Sottocapo di SMA, al capo del 3° Reparto e 4° Reparto nonché al S.I.S.MI tra il 23 e 27.09.80. Il 6 ottobre in una nota del 4° Reparto diretta ai capi del 2° e 3 ° Reparto nella quale vengono ancora fatte ipotesi sulla provenienza del relitto, l'imputato annota a margine: "Bisognerebbe identificare questo rottame. Vediamo se con l'aiuto del CC. si riesce a guardarlo nuovamente insieme ad un ufficiale del 4° Reparto"; ciò a chiara dimostrazione di un non secondario interesse del SIOS per quel relitto.

Tutta questa intensa attività, che aveva avuto inizio il 20 settembre e s'era conclusa il 28 ottobre 80 con una relazione finale al capo di Stato Maggiore, non venne portata a conoscenza dell'Autorità Giudiziaria fino alla data del 23 dicembre 80, con la nota inviata da Tascio al PM per controbattere alle accuse lanciate dalla stampa all'Aeronautica. Si ricordi altresì che questo reperto, custodito con quelli del DC9 a Boccadifalco, non viene "caricato" dall'Aeronautica, la sera del 23 dicembre 80, insieme agli altri relitti a bordo del G222, come disposto dal magistrato per gli esami presso i laboratori dell'AM di via Tuscolana. Si rammenti anche che questo reperto verrà rinvenuto casualmente otto anni dopo, sempre nell'aeroporto di Boccadifalco.

Sarà sempre l'imputato a fornire le direttive in merito alla decodificazione dei nastri di registrazione del radar di Marsala, operazioni che verranno effettuate l'11 novembre 80 presso il Centro Tecnico di Borgo Piave. Il generale Melillo infatti chiederà chiarimenti su quali dei dati contenuti nei nastri potessero essere forniti al magistrato. Partirà quindi da Tascio la direttiva di rivelare al solo magistrato e non anche ai periti i dati contenuti nelle registrazioni radar complete di coordinate x e y. Interrogato su tale vicenda Tascio, come per altri argomenti, non ricorda assolutamente i termini e le modalità con cui venne affrontato il coordinamento tra il 2° e il 3° Reparto su tale decodificazione dei nastri (v. interrogatorio Tascio Zeno, GI 06.03.97).

Di seguito si riporta la cronistoria di una delle tante serie di contraddizioni e reticenze che il generale Tascio ha manifestato nel corso di audizioni in Commissione Stragi, e di esami ed interrogatori a quest'Ufficio tra l'89 e il 97, in merito alla vicenda del colloquio con il sostituto titolare all'epoca dell'inchiesta, negli uffici di piazzale Clodio, il 22 settembre 80.

Nell'audizione del 19.10.89, dichiarava di essersi recato quel giorno insieme al maggiore dei CC. Gemma ad un colloquio con quel PM, nel corso del qual era emerso che il magistrato non era a conoscenza di informazioni e valutazioni fatte in ambito AM sul disastro; riferiva quindi di aver proposto al sostituto, al termine del colloquio, la trasmissione delle stesse informazioni fornite allo Stato Maggiore Difesa, in una relazione per il Sottocapo di SMA Ferri. Questo ricordo scaturiva dall'esame di un documento a sua firma con il quale informava il Sottocapo di essersi recato dal PM e che questi gli aveva espresso l'opportunità che gli argomenti trattati venissero portati ufficialmente a conoscenza dell'AG. Il documento citato da Tascio, rinvenuto ed acquisito, in originale, il 15.10.91 presso ... non reca la sua firma ma soltanto il suo timbro e quello del colonnello Gaudio, ed inoltre vi appare un'annotazione manoscritta e siglata, presumibilmente da questo ufficiale, in cui è scritto che il contenuto della nota era stato verbalmente riferito al Capo Reparto, cioè Tascio.

Nell'esame testimoniale del 24.10.89 a questo GI dichiarava di aver inviato al PM il 23 dicembre 80 "una lettera descrittiva di alcuni rilievi tendenti a dimostrare l'infondatezza di notizie che all'epoca apparivano nella stampa", senza precisare per quale ragione tali informazioni dovessero essere inviate, cioè se esistesse una richiesta del magistrato oppure si trattasse di iniziativa dello SMA. Al termine dell'esame esibiva copia del telex Cincusnaveur con data manoscritta del 3 dicembre 80.

Nell'audizione del 31 ottobre 89 la Commissione gli pone precise domande sull'incontro con il magistrato di cui alla precedente audizione, Tascio risponde che il colloquio era avvenuto per sua iniziativa e che, accompagnato dal maggiore dei CC. Gemma, suo subordinato al SIOS, si era recato presso l'ufficio dal PM per "esprimere le nostre perplessità di fronte alla campagna stampa che stavamo subendo". Conferma che al termine del colloquio il magistrato avrebbe espresso l'opportunità che le notizie riferite fossero portate a conoscenza del suo ufficio. Questa quindi sarebbe stata la ragione dell'invio della nota del 23.12.80.

In verità sulle persone che parteciparono a quel colloquio permangono numerosi dubbi. Infatti mentre nell'audizione del 19 ottobre e nella prima parte di quella del 31 il generale sostiene di essersi recato personalmente insieme al maggiore dei CC. Gemma, successivamente nella seconda parte dell'audizione del 31 ottobre ad una precisa contestazione, se cioè all'incontro si fosse recato anche il colonnello Gaudio, Tascio non è in grado di precisare in quanto, secondo l'appunto del 22 dicembre, un solo ufficiale insieme al maggiore dei CC. si sarebbe recato da Santacroce. Tascio risolve la questione affermando di aver in ogni caso parlato con il magistrato e di essere stato presente all'incontro riservandosi di "controllare con il colonnello Gaudio come si sono svolti i fatti". In effetti sciolse la riserva nel novembre 89 nella nota inviata alla Commissione Stragi, nella quale però indicava soltanto in Gaudio e Gemma le persone che conferirono con Santacroce senza evidenziare riferimenti e particolari che dimostrassero quanto asserito.

Nell'interrogatorio del 6 marzo 97 Tascio modifica la sue dichiarazioni affermando di aver solo telefonato al giudice e precisando che il mutamento della memoria si era determinato in seguito alla lettura di atti non meglio precisati. Con ogni probabilità si può presumere per effetto dell'audizione in Commissione Stragi del PM, nella quale questi dichiara di aver ricevuto la telefonata di Tascio senza precisare i nominativi delle persone che si presentarono al suo ufficio. Nel corso sempre dello stesso interrogatorio il generale precisa che la decisione della telefonata al PM era nata da una riunione con il Sottocapo Ferri, nel corso della quale si era parlato del documento inviato alla Difesa, ravvisando l'opportunità di inviarlo anche alla magistratura, ché altrimenti avrebbe acquisito quelle notizie dai giornali. Proseguendo nell'atto l'imputato si rivela più preciso sul colloquio con il magistrato che definisce essere stato soltanto telefonico, giacchè si recarono a piazzale Clodio soltanto gli ufficiali Gemma e Gaudio.

Il contenuto della lettera del 23 dicembre 80, coincide per la prima parte a quello della nota inviata tre giorni prima allo Stato Maggiore Difesa tranne per l'ultimo punto, che nella nota al PM risulta mancante; quel punto nel quale veniva suggerito di evitare la diffusione di notizie arbitrarie e fuorvianti e di divulgare, eventualmente, solo quanto riportato nella nota. Il 2° Reparto "copia" la nota inviata allo Stato Maggiore Difesa ed allega la fotocopia del noto messaggio di Cincusnaveur - copia conforme predisposta dal generale Melillo - senza la data manoscritta, documento perciò che, non avendo alcun riferimento temporale poteva esser stimato formato ed inviato in qualsiasi data. Tascio, nonostante non fosse l'estensore della lettera, invia al magistrato la missiva senza alcuna precisazione di data, non specificando cioè quando l'Aeronautica fosse venuta in possesso delle notizie da Cincusnaveur e dalle Forze Alleate.

Scorrendo l'interrogatorio del 18 marzo 97 si rileva l'assoluta volontà di Tascio di totale chiusura, di non voler far chiarezza sull'apposizione della data manoscritta sul telex di Cincusnaveur, e dare comunque risposte inaccettabili; addirittura ad una serie di domande che invece di trovar risposta si esauriscono in domande che si pone l'imputato. Emerge comunque dal tenore delle parole che egli ha letto con la massima attenzione le memorie scritte e depositate sulla questione dal Melillo, ma ciò nonostante egli alcun chiarimento apporta. Emblematica è la risposta alla domanda "nella copia che lei conserva agli atti del suo ufficio c'è la data?"; egli risponde "che data è?". Quanto sopra assume certo un diverso significato se si tiene presente che nel 1989 fu proprio Tascio ad esibire all'inquirente che lo interrogava la copia del telex con la data manoscritta 3.12.80.

Nella enorme mole di documentazione acquisita e sequestrata nel corso dell'inchiesta, emerge che lo Stato Maggiore in data 12 luglio 91 ad una richiesta concernente la presenza nella zona del disastro di mezzi aeronavali statunitensi, consegna, senza ulteriori specificazioni, documentazione relativa al luglio 80 e a gennaio/febbraio 85. La documentazione relativa al luglio 80 non è altro che la minuta originale della copia conforme al telex di Cincusnaveur e le fotocopie dei due telex originali in lingua inglese del 3 luglio 80. (acquisizione nr.140 -11.07.91). Dall'esame della documentazione ad uso interno, relativa alle ricerche esperite presso quello Stato Maggiore, emerge che detta documentazione era stata reperita presso il 3° Reparto, avendo il 2° Reparto risposto negativamente, (acquisizione nr.196 presso il 2° Reparto - 15.10.91). Tuttavia nel corso di quest'ultimo provvedimento veniva consegnata una copia originale della copia conforme del telex di Cincusnaveur che già in fotocopia era stata consegnata a questo Ufficio a seguito dell'esibizione del 15.11.89, sempre dal 2° Reparto.

La copia conforme acquisita in esito al provvedimento dell'11.0791 reca una data manoscritta a matita "3-7-80", mentre quella acquisita con decreti sia del novembre 89 che dell'ottobre 91, reca una data manoscritta a penna "3/12/80". La circostanza della data 3-7-80 non è stata mai contestata agli imputati, perché riscontrata in epoca successiva agli interrogatori, ed anche perchè nella documentazione consegnata, come già detto il 12 luglio 91, non si specificava l'esatta tipologia dell'atto ed il periodo, ma solo generica documentazione.

Su quale sia stata la condotta del generale Tascio sulla caduta del MiG23 libico s'è a lungo scritto in più parti di questa provvedimento e principalmente in quella dedicata alla ricostruzione di quell'evento. In effetti, di questa vicenda egli è il protagonista principale, cioè di certo il personaggio che - il neologismo ha preso piede e ben definisce le sue funzioni - gestisce l'evento. Egli sa prima degli altri della caduta del velivolo; conosce le cause per le quali è precipitato, e quindi da quale base fosse partito, la natura della missione per cui si trovava nei cieli italiani, le finalità e il mandato del pilota. Egli prende i contatti con i Servizi stranieri, dando ovviamente la precedenza a quelli dell'Alleato maggiore e pretermettendo i libici. Egli segue la scoperta del relitto e del cadavere, il prelievo delle parti d'interesse per l'intelligence, l'eventuale conservazione della salma. Si assicura uno stretto legame con il S.I.S.MI ed in particolare con il direttore della 1a Divisione, al punto tale da concepire un progetto sul caso, chiamato Tascio-Notarnicola. E se il fatto s'è consumato, come situazione probatoria vuole, in giorno diverso da quello della scoperta ufficiale, ha conservato il segreto e curato la messinscena; e stando le evidenze nel senso che s'è detto, le sue dichiarazioni, ed argomentazioni, non reggono. Ma a dire il vero esse non reggevano anche prima della scoperta dei tanti fatti e circostanze - e relative prove a sostegno - per effetto dei quali la versione data per anni è crollata. E non reggevano perché contraddittorie, carenti di riscontri, quindi già di per sé inaccettabili.

Nelle sue prime dichiarazioni e audizioni egli afferma di esser partito nel pomeriggio del 18 luglio per la località del luogo di caduta del velivolo e di essere rientrato a Roma dopo cinque giorni e cioè il 22 luglio. S'è accertato che è partito per la Calabria il 18 luglio ma non ha mai rivelato né s'è acclarato con quale velivolo; è partito immediatamente, lasciando la riunione presso il Sottocapo, cui stava partecipando e ove perviene ad h.15.00, come risulta dai fogli di viaggio delle missioni del mese di luglio, la notizia del rinvenimento della carcassa di un velivolo, con un'immediatezza, che se non si sapesse quanto egli sapeva, si sarebbe detta stupefacente se non assolutamente ingiustificabile. Alla riunione non era presente il capo di SMA; ma non poteva sapersi quanti gradi la notizia avesse percorso e in quanti ambienti si fosse diffusa. La notizia, almeno nella prima fase, appariva del tutto scarna. Addirittura sulle prime non si sapeva se il velivolo fosse civile o militare. E quando s'è saputo che era militare, se fosse di alleati o di stili. Purtroppo di incidenti aerei ne succedono non pochi, e a volte coinvolgono anche velivoli militari, certo più spesso di Paesi amici che avversi. Ma in nessun caso, a quanto risulta il Capo del SIOS si precipita a poche ore di distanza sulla sperduta forra di caduta della macchina. E si tenga presente che anche quando erano apparse alcune indicazioni che connotavano il velivolo come appartenente ad un'Aeronautica di Paese arabo, e che quindi mostravano una penetrazione da Sud, per diverso tempo l'aereo era stato ritenuto tunisino e quindi di un Paese amico. La celerità del trasferimento e del conseguente sopralluogo del Capo dell'intelligence d'Arma appare a questo punto una conferma delle precognizioni del generale; è rientrato l'indomani il 19, portando con sé alcune carte con caratteri arabi trovate indosso al pilota libico che furono immediatamente interpretate, presso gli uffici del SIOS, dal noto colonnello Milani del S.I.S.MI, venendo così a conoscenza, se non la si era già avuta, a mezzo di altro interprete, di quelle dichiarazione quasi a mo' di testamento di cui ha parlato Milani e scritto De Paolis.

Il 21 luglio ha partecipato alla riunione di cui s'è detto presso lo Stato Maggiore Difesa presieduta dal Capo di Gabinetto generale De Paolis e alla quale erano convenuti il Capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Torrisi, il Direttore del S.I.S.MI, generale Santovito, il Capo di Stato Maggiore AM generale Bartolucci e il Sottocapo, generale Ferri. La sintesi degli argomenti trattati in detta riunione è annotata nell'agenda-brogliaccio, del Capo del 3° Reparto, Melillo, sequestrata nel settembre 95. Ma Tascio, che, pure indipendentemente da quanto già a sua conoscenza, avrebbe dovuto essere l'interlocutore principale in quel consesso, poco interloquisce né ribatte agli interventi sia a quelli di poco senso sia a quelli che potevano e dovevano interessarlo, come quelli che formulavano ipotesi pericolose su connessioni con la caduta del DC9, espressa da Santovito. Tascio risulta essere ripartito per la Calabria il 22 luglio e aver fatto rientro la sera stessa nella Capitale.

Appare superfluo ripetere in questa sede quello che è emerso sulla vicenda del MiG23 e quanto s'è scritto in particolare sulla condotta dell'imputato. Qui sembra opportuno riportare le sue dichiarazioni a contrasto delle contestazioni, e valutarne il grado di attendibilità o meno. Già s'è detto delle evidenze che si generano dalle rivelazioni di Clarridge sino alle conferme provenienti dalle stesse annotazioni di pugno del generale.

L'atteggiamento da lui assunto di fronte a tali indubbie contestazioni è eloquente: nega categoricamente di aver mai conosciuto il responsabile della CIA di Roma Clarridge e conseguentemente di aver mai avuto con questa Agenzia statunitense un qualsiasi rapporto per la vicenda del MiG libico. Mostra quasi un senso di repulsa verso questo tipo di relazioni e pone solo a carico del S.I.S.MI i rapporti con i Servizi stranieri. Nel prendere atto delle dichiarazioni rese in sede di rogatoria internazionale da Clarridge, ha una veemente reazione di negazione ed accusa di falso l'Americano, domandandosi non si sa quanto retoricamente, se possa dolersi in una qualche sede giudiziaria contro costui. Nel prosieguo indica come fonte dell'annotazione del nome di Clarridge, ovviamente si starebbe quasi per dire, un defunto cioè l'Addetto Biankino. Al rilievo secondo cui appariva come sua caratteristica costante la meticolosa e puntuale annotazione dei nominativi di coloro con i quali aveva interloquito, quasi stupisce con la semplice o semplicistica dichiarazione: "Come faccio a ricordarlo, signor Giudice?". Continua quindi a ribadire più volte di non ricordare assolutamente questo Clarridge, asserendo di ritenere di non averlo mai chiamato per telefono e di non aver con costui mai intrattenuto rapporti, bensì di averne avuti solo con il colonnello Biankino.

Alle affermazioni di Clarridge, secondo cui egli fu invitato da Tascio, l'imputato così espressamente dichiara: "Io non potevo assolutamente convocare questo signore nel mio ufficio, perché le sue competenze, i suoi rapporti, erano con il S.I.S.MI. Il S.I.S.MI non avrebbe mai tollerato una cosa del genere".

Contestatogli nei dettagli le date che Clarridge riferisce e le motivazioni che questi pone a base delle stesse, Tascio ribadisce, soltanto e categoricamente, di non conoscere Clarridge, chiedendo - probabilmente perché è consapevole della quasi impossibilità di realizzazione dell'atto - un confronto con quest'ultimo. Aggiunge che le affermazioni di questo personaggio sono destituite di ogni fondamento con particolare riguardo a quelle che collocano l'episodio prima del 18 luglio 80 ed a quelle afferenti alla presenza di personale CIA sul luogo dell'incidente; ma così puramente e semplicemente senza addurre alcun sostegno alle sue negative.

Nel successivo interrogatorio si colgono i passaggi più inquietanti della ricerca dell'imputato di offrire una qualche plausibile giustificazione alle sue contestazioni delle dichiarazioni di Clarridge. Un tentativo infruttuoso e quasi maldestro; egli chiama in causa l'ormai defunto Biankino, il quale, in data 14 luglio proprio per averlo appreso dallo stesso Clarridge, gli aveva riferito che un pilota libico, alla guida di un MiG21, aveva disertato. Di tale notizia ovviamente non s'è avuta alcuna conferma. Ma è l'evidenza della sua annotazione sull'agenda, proprio la lettura del testo a contraddirlo, lì ove si afferma che essi vogliono vederlo, che possono - e son sempre gli Americani ovviamente - esaminare ovviamente una qualche parte della macchina, attraverso l'FTD cioè il Foreign Technological Department di Dayton Ohio, e possono provvedere alla restituzione tramite lo stesso Clarridge o l'Addetto aeronautico Biankino.

A seguito di questa semplice contestazione, Tascio dà una laconica quanto immotivata risposta: "Io non ricordo di averlo contattato e nego di averlo contattato. Lei mi dice che io l'ho scritto lì e quindi qualche cosa c'è. Ma non è che io neghi tutto questo perché abbia intenzionalmente delle motivazioni per negarlo. E' perché effettivamente io non ricordo di averlo mai fatto. D'altronde, lei mi consente, sono passati 17 anni. Che io ricordi di aver contattato un Clarridge qualsiasi ancorché il Capo Stazione della CIA, non mi sembra una cosa da rimanere impressa nella mia memoria in maniera così ferrea. A meno che io non abbia fatto quello che lei dice che ho fatto". (v. interrogatorio Tascio Zeno, GI06.03.97).

Con riguardo ai momenti che precedettero la cognizione dell'incidente, Tascio ricorda che il 18.07.80 nel corso di una riunione tenuta dal Sottocapo di Stato Maggiore, Ferri, unitamente a tutti i Capi Reparto, giunse, intorno alle ore 15.00, tramite un telegramma dei CC., la comunicazione della caduta in Sila di un velivolo di nazionalità araba. In quell'occasione Tascio venne incaricato dal Sottocapo di recarsi a Castelsilano al fine di assumere immediate informazioni sull'accaduto e verificare se il velivolo avesse potuto costituire una minaccia ostile nei confronti dell'Italia. Appena ricevette l'incarico, Tascio si recò presso la sua abitazione all'EUR per dirigersi successivamente all'aeroporto di Ciampino. Ad attenderlo c'era un velivolo della società CAI, con destinazione Lamezia Terme ove giunse verso le ore 19.00. Da lì con una vettura veloce dei CC. raggiunse Castelsilano intorno alle ore 21/21.30. La sera stessa incontrò il sindaco di quel Comune ed alcuni civili e militari che non conosceva. In particolare tra questi notò un ufficiale dei Carabinieri che, in presenza di altre persone, lo informò che il Pretore di Castelsilano, il dottor Ruggeri, aveva nello stesso pomeriggio autorizzato la rimozione della salma del pilota ed ordinato la sua sepoltura. (v. interrogatorio Tascio Zeno, GI 29.05.92).

Queste risposte sono particolarmente interessanti. Sia perché in primo luogo dimostrano che la memoria dell'imputato sugli eventi è ottima. Ne ricorda, e con precisione, persino i dettagli - addirittura il nome del Pretore. Non può perciò sostenere di non rammentare quello che è successo appena quattro giorni prima ed aveva comunque attinenza alla caduta di quel velivolo. Sia perché proprio per questa sua puntualità ci aiuta a ricostruire i tempi della sua missione, almeno quanto al 18 e al 19 luglio. Ci dice con quale velivolo ha raggiunto l'aeroporto di Lamezia. Certo in un punto, quel particolare che può giovare alle sue tesi, non convince, e cioè che alle 15.00 di quel 18 si sapesse già con una certa qual sicurezza che quell'aereo precipitato fosse libico, perché nessuno degli accorsi a quell'ora era in grado di interpretarne le insegne. A meno che non se ne sapesse già da qualche tempo prima. Per il resto le sue dichiarazioni per quelle ore dopo il suo arrivo a Caccuri coincidono con quelle dell'allora colonnello Brancaleoni.

A tal riguardo si riporta uno stralcio della dichiarazione resa da questo colonnello nel corso dell'audizione del 21.03.91 dinnanzi alla Commissione Stragi: "Insieme al generale Tascio abbiamo ascoltato le prime impressioni e testimonianze, le prime cose che avevano visto i CC., cioè un primo resoconto; abbiamo, mi sembra ascoltato anche dei testimoni, quasi sicuramente una signora, ma probabilmente anche un signore. Dopo di che il generale Tascio ha telefonato a Roma per fare un rapporto sulle prime impressioni su quanto aveva appreso in quel momento. Visto che era già tardi siamo andati a dormire all'Ostello di Montescuro". Traccia di quanto asserito dal colonnello Brancaleoni si rinviene nella nota recante la data del 19 luglio 80 sui fatti avvenuti il giorno 18 precedente e redatta dall'ufficiale di servizio al 3° Reparto dello SMA, tenente colonnello Giovanni Sciandra. Al punto 10. della relazione quest'ultimo ufficiale è riportata la seguente annotazione: "Alle ore 22.45 l'Uff.le di servizio al 2° Reparto, T.C. Bertocchini mi informa che il Gen. Tascio ha comunicato che il velivolo è libico e monomotore. Informo il Capo di S.M. ed il Col. Arpino.".

Il mattino successivo, 19 luglio, Tascio ricorda di aver effettuato un sopralluogo sul punto di caduta del MiG per individuare le cause dell'accaduto, accertato così che il velivolo era sprovvisto di armamento di caduta (bombe, missili, lanciamissili) e di serbatoi supplementari, ed armato di un cannoncino ma senza munizionamento. Dall'esame del Flight Recorder si rilevò, tra l'altro, che la registrazione iniziava a 10.000m sulla verticale di Benina e che il volo mostrava un andamento discontinuo in quota e non in direzione. Tascio riferisce che il pilota aveva con sé "una carta geografica piegata su se stessa... . Non aveva per esempio il check-list, come lo chiamiamo noi, con le emergenze del velivolo, con le procedure di messa in moto". Riguardo la nazionalità del pilota riferisce che evidentemente "lo avevano individuato da questa carta geografica ... parlava di Benina, era chiaro che era una carta geografica attinente la Libia". (v. interrogatorio Tascio Zeno, GI 04.03.97).

Quindi nel corso dell'interrogatorio del 4.03.97 la sua memoria subisce diverse battute d'arresto. Infatti continua a sostenere di essere rimasto in Calabria fino al 22 luglio senza soluzioni di continuità Con ogni probabilità per celare le vere attività da lui poste in essere, così come sono emerse tra il 95 e il 96 per effetto del sequestro del quaderno-brogliaccio del generale Melillo e delle dichiarazioni dell'interprete del S.I.S.MI colonnello Milani. In realtà, come già s'è detto, Tascio rientrò a Roma dalla Calabria nella serata di quello stesso 19 luglio. Si tratta di un passaggio importante perché Tascio, proprio il 21 luglio, prese parte alla riunione tenutasi presso l'ufficio del Capo di Stato Maggiore della Difesa, cui parteciparono anche il più alto livello dello SMA ed il Capo del S.I.S.MI, il generale Santovito. Circostanza che Tascio non ricorda assolutamente, benchè l'Ufficio gli contesti che dai registri del 31° Stormo di stanza a Brindisi, risulta, alla data del 19 luglio, un PD 808 con tratta Lamezia Terme/Ciampino; e quindi di essersi trattenuto in Roma fino al 21 luglio successivo, giorno in cui partecipò alla riunione presso il Capo di Stato Maggiore della Difesa e perciò fosse ripartito il giorno seguente per la Calabria con rientro a Roma in serata. Non solo dopo il rientro egli, come già s'è detto, riceve il colonnello Milani del S.I.S.MI, prelevato dai CC. dalla sua abitazione di Sutri e condotto alla sede del SIOS, cui consegna per la traduzione lo scritto in arabo rinvenuto indosso al pilota. Negando di esser ritornato, non deve rispondere su questo incontro ed in particolare sul contenuto di quello scritto. Tutte le prove sono contro la sua versione. E comunque Tascio di quella riunione non ricorda alcunchè. E così non deve assolutamente giustificare i suoi interventi, né gli incombenti affidatigli riguardo al caso. E ciò è sintomatico di un consolidato atteggiamento di negazione del ricordo mantenuto da Tascio nel corso dei suoi interrogatori, non dissimile - anzi più grave in considerazione dell'altezza delle sue funzioni e del grado del suo coinvolgimento nell'affare - da quello assunto dagli altri esponenti di spicco dello SMA e da tanti altri dell'AM. La riunione riveste particolare importanza, così come quelle del giorno dopo che si tennero presso il Gabinetto del Ministero della Difesa, perché in esse vennero affrontati argomenti di rilievo connessi alle problematiche che urgentemente poneva il caso. Occorre infatti ricordare che dalle sintetiche ma esaurienti annotazioni vergate dal generale Melillo sugli interventi dei partecipanti emergono interrogativi inquietanti. Primi fra tutti quelli relativi al cadavere del pilota libico cui l'AM mostra una certa attenzione.

Così emerge che Melillo attribuisce a Tascio una serie di interventi sintetizzati dalla seguenti annotazioni: "Autopsia tramite Magistratura"; "abbiamo un po' di tempo"; "Iraq: iracheni che volano su Libia". A questa si aggiungono altre annotazioni, tra cui la sintesi dell'intervento dell'ammiraglio Torrisi: "Riesumare la salma e mandarla dove c'è una cella frigorifera. Penserà a tutto Tascio" e del generale Ferri: "Poi gli diamo la salma. Mandare carro frigorifero in Calabria, penserà a tutto Tascio". E nel corso della riunione si decise anche di avanzare specifica richiesta all'AG; richiesta del Gabinetto del Ministro della Difesa con cui si chiedeva di disporre l'autopsia del cadavere del pilota finalizzata a "verificare lo stato psicofisico del pilota prima dell'incidente". Quindi, non per accertare né l'età, tanto meno per conoscere l'ora e le modalità della morte. E riguardo a queste annotazioni, che comprendeva anche l'adozione di talune iniziative che investono in particolare la salma del pilota, Tascio viene invitato a fornire spiegazioni. Egli addirittura, secondo l'agenda Melillo, a quel 21 di luglio ancora non sa dire, o mostra di non saper dire, se il pilota fosse libico o russo.

D'altra parte tutte queste incombenze di cui scrive Melillo, sono confermate dalle annotazioni dello stesso Tascio nella sua agenda. Come "autopsia tramite Magistratura" "Manca frigorifero" "Ronchi + Santovito per autopsia" "fotografo Argiolas" - non si può dare altro ordine a queste annotazioni alla fine di pag. 86 - e quindi le intere pagine al 28 luglio, le note a pagg. 94,95,96,97,98,99,100,141. Da cui ben si dimostra che il nostro è stato magna pars in tutto l'affare.

Ma sul significato di tutte queste scritture egli oppone soltanto un ulteriore difetto di memoria: "Ma io probabilmente l'ho presa. Signor Giudice, io probabilmente l'ho presa questa ed altre iniziative, solo che non lo ricordo"; scegliendo, tra posizione insostenibile e impossibile impegno a dar spiegazione dell'incontestabile, il primo corno, pur consapevole di certo che così dà ulteriori colpi alla sua vacillante credibilità. Né ricorda di aver trattato dell'autopsia con il generale Santovito, tenuto altresì conto di un'altra annotazione: "Salma, frigorifero, Santovito più altro uomo". Tascio mostra così di non saper fornire alcuna spiegazione sulle annotazioni del Melillo nella sua agenda sotto la data del 18 luglio 80 e nei giorni immediatamente successivi; sul ruolo attribuito nelle riunioni all'imputato nella "gestione" del cadavere del pilota libico; sul misterioso uso di un frigorifero e sul progettato trasporto del cadavere a Roma; sulla conoscenza che, sempre secondo detta agenda, l'imputato avrebbe avuto nei particolari della vicenda lo stesso 18 luglio 80, prima ancora di giungere sul luogo della sciagura del MiG libico. Così come di non saper dare spiegazioni alle annotazioni di suo pugno sulla propria agenda.

Suscita infatti evidenti perplessità il fatto che Melillo nel corso della riunione con i Capi Reparto, e cioè nelle prime ore del pomeriggio del 18 luglio, sia già a conoscenza dello stato di decomposizione della salma che per questo deve essere immediatamente seppellita: "Cadavere seppellire subito puzza. Sarà riesumato". Ed ancora, non si riesce a comprendere come Melillo sappia che il cadavere verrà riesumato, essendo il seppellimento e la riesumazione di stretta competenza dell'AG. E non è dato comprendere anche le seguenti annotazioni: "Tascio - probabile libico"; "Sios ® ha il punto d'impatto" le cui notizie sono, a dir poco, sin troppo tempestive ed esaurienti tanto da suscitare più di qualche dubbio. Tutte queste informazioni, è ovvio, giungono nel corso della riunione, che di certo non s'è protratta sino a notte.

Ma Tascio informa il suo Reparto dalla Calabria sul particolare, tra l'altro, che il velivolo è libico solo alle 22.45. Nè si comprende perché mai nella riunione del 21 luglio 80 presso il Gabinetto della Difesa si parlasse di un carro frigorifero col quale trasportare la salma del pilota a Roma, incombenza cui avrebbe provveduto il generale Tascio.

A seguire tutta una serie di eventi. La visita esterna della salma da parte del perito della Pretura, il pomeriggio del 18; la successiva tumulazione; l'estumulazione il tardo pomeriggio del 22; l'autopsia il 23; la successiva relazione dei periti della Procura; il ripensamento sul dies mortis; il conseguente supplemento di perizia; la immediata diffusione del contenuto essenziale di questo atto; l'altrettanta rapida decisione della missione di ufficiale medico presso i periti. Missione decisa dal SIOS, il cui Capo mai ha parlato delle ragioni che indussero alla decisione, né tanto meno di tempi di esecuzione così celeri.

Da ricordare altresì i due appunti S.I.S.MI a firma del maresciallo Italo Caruso delle ore 23.15 del 18 luglio 80 e del 19 luglio 80 che parlano di voci raccolte dai Carabinieri del luogo su "tre aerei dei quali uno abbattuto". E proprio l'appunto del 19 luglio 80, riporta che la notizia sarebbe stata ricevuta dal Caruso alle ore 22.55 del 18 luglio 80, attraverso il maggiore Ponzani della 3a Divisione S.I.S.MI.. Né il Ponzani, né il Caruso, sentiti il 1° febbraio 91 e l'11 seguente riescono però a ricordare alcunchè di detta notizia. Ma il contenuto di detti appunti trova comunque riscontro in quanto dichiarato dal capitano Smacchia dell'AM. L'ufficiale ricorda che quello stesso 18 luglio 80 un contadino del posto gli aveva riferito che il giorno prima aveva visto salire fumo dal burrone, preceduto dal passaggio di tre aeroplani e poi di altri due. (v. punto 14. della nota già citata a firma del tenente colonnello Sciandra ed esame Smacchia Mario, GI 09.05.91). Ma il mistero che avvolge questa vicenda è tanto sconcertante quanto imbarazzante; al punto che in un appunto datato 19 luglio 80 redatto dal Capo di Gabinetto De Paolis si annota testualmente la seguente frase: "si smentisce che fossero tre velivoli".

Tascio anche su tale questione nulla dice. Così come non ricorda il rapporto con Milani. Più volte nel corso dei suoi esami, audizioni ed interrogatori, Tascio ha espresso le proprie considerazioni e convincimenti in ordine alle ipotesi formulate sulla caduta del MiG23, abbracciando sostanzialmente quelle sostenute dalla Commissione italo-libica; cioè la tesi del malore, quella che era prevalsa rispetto a quelle dell'errore o della fuga del pilota anche se quest'ultima in un determinato quadro appariva per diversi aspetti la più credibile.

Tascio ricorda che il pilota non aveva con sé carte di navigazione che lasciassero presupporre un tentativo di fuga verso altri paesi; era in possesso solamente di una carta approssimativa su cui era disegnata una triangolazione a circuito chiuso su Benina, Bengasi ed altre località libiche. Secondo quanto riferito da alcuni testimoni a lui ed al capitano Santoliquido - l'ufficiale dei Carabinieri che lo aveva accompagnato sul luogo dell'incidente e con il quale aveva raccolto le prime testimonianze - l'aereo non "circuitava". Tra l'altro, interpellando i Servizi, non erano emersi elementi atti a ritenere che il pilota fosse un fuggiasco, anche se la possibilità di fuga da parte di esponenti libici poteva essere prevedibile. Si ritenne inoltre che l'aereo, tenuto conto della sua configurazione, non potesse disporre del quantitativo di carburante stimato per raggiungere le coste italiane; a causa dello spengimento del motore, l'aereo era rimasto privo di pilota automatico e così non governato aveva proseguito il volo con andamento rettilineo (v. esame Tascio Zeno, GI 15.11.90).

Tascio, in un successivo interrogatorio, affronta nuovamente l'argomento relativo alle ipotesi formulate nel periodo dell'incidente del MiG libico e ricorda che in quella occasione ne vennero avanzate tre: la defezione, il malore e l'errore del pilota. Contestualmente gli vien fatto notare che la ipotesi del malore, era quella abbracciata in conclusione dalla stessa Commissione ed avallata dal Ministro Lagorio, che però aggiunge l'avallo era stato dato per motivi di carattere politico. Tuttavia, Tascio conclude sull'argomento, affermando che al di là di quanto espresso dal Ministro della Difesa, l'ipotesi del malore era comunque quella più sostenibile rispetto alle altre. (v. interrogatorio Tascio Zeno, GI 04.03.97).

In merito alla contestazione sulla data di caduta del MiG libico, 14 luglio e non 18, data riportata nella missiva del 21 luglio 81 originata dal 2° Reparto a firma del colonnello Salvi Vinicio, Tascio risponde che, essendo stato in quel periodo in licenza, "probabilmente" non era stato portato a conoscenza del contenuto della nota. (v. interrogatorio Tascio Zeno, GI 06.03.97).

In conclusione non sa, o non vuole rispondere ad alcuna delle contestazioni, che anche per questo assumono maggior valore di incotestabilità.

Nell'agenda per l'anno 80, sequestrata al generale Tascio nel 95 vi sono innumerevoli annotazioni, manoscritte dall'ufficiale, sulle quali non s'è mai avuta alcuna risposta o spiegazione plausibile nel corso dei vari interrogatori.

In primo luogo - oltre quelle specificamente sul MiG libico - i rapporti con Addetti (anche se questi ricadevano nella sua competenza come Capo del 2° Reparto), con il Servizio militare, con iracheni e - quello più inquietante degli altri, di cui già s'è detto - con il capo della Stazione CIA a Roma.

Quanto ai rapporti con l'Addetto israeliano sono quelli sotto il nome di costui, Zeira. Qualche giorno dopo l'incidente del DC 9 Itavia, esattamente il 4 luglio, Tascio scrive un'intera pagina ( numero 72 dell'agenda) di appunti concernenti l'attività di MiG25 e 23, precisando che il 12 % dei MiG25 in Libia sono condotti da libici; briefing su Siria, Libia, Egitto e Tunisia e notizie sul conflitto Libia-Egitto. Queste annotazioni sono di certo scaturite dal colloquio con il citato Zeira. Il nominativo dell'addetto israeliano viene riportato nell'agenda anche sotto la data del 30 o 31 luglio 80 (pagina numero 99 dell'agenda), allorquando Tascio dopo aver scritto il nome di Zeira, apre una parentesi graffa e scrive: "- nastro non basta per un volo così lungo; - l'ultimo minuto non è stato registrato; - l'ultima parte era con il pilota automatico". Il riferimento di questi dati concerne senza ombra di dubbio l'incidente del MiG23 libico e appare conforme al vero che sia stato proprio Zeira a riferire quanto scritto da Tascio, dopo l'esame del nastro di bordo del velivolo libico - anche perché su parti di quel velivolo vi sono relazioni di chiara matrice israeliana e questo Paese disponeva di esemplari di MiG preda bellica a danni dei Siriani.

Nella riunione del 17 luglio con il Capo di Stato Maggiore, Tascio annota nella sua agenda (pagina numero 77), tra gli altri argomenti trattati anche "MM e IRAQ=AM e IRAQ, il 2° Reparto dovrebbe entrare nel merito per inserire elementi che possano fornire informazioni". E' ovvio che questo argomento deriva dalla missione che Tascio aveva effettuato a Baghdad dal 7 al 10 luglio, di cui non s'è mai trovata traccia nei documenti sequestrati al 2° Reparto e sulla quale tantomeno l'imputato ha mai dato risposte esaurienti.

Sul percorso della notizia dell'incidente del MiG23 libico allo Stato Maggiore e la sua successiva diffusione ai vari livelli, sono sempre emerse dichiarazioni discordanti, sia dagli imputati che dai testi. Ma su questo punto si deve porre in evidenza quanto annota di proprio pugno Tascio nella sua agenda sotto il 18 luglio. Egli infatti segna con precisione l'inizio di una riunione con il Capo di Stato Maggiore alle ore 14.30 del 18 luglio (pagina numero 82 dell'agenda) e sempre con la tale precisione registra l'ora di inizio della riunione, quello stesso 18 luglio, con il Sottocapo, che è riportata nell'agenda alle ore 15.40 (pagina nr.85 dell'agenda). Le varie testimonianze rese, indicano però come orario di ricezione della notizia allo Stato Maggiore, le ore 15.00 circa, nel corso della riunione con il Sottocapo. Questa affermazione è in netto evidente contrasto con quanto scrive Tascio nella sua agenda. Considerati anche gli argomenti trattati nelle due riunioni, appare con evidenza come la notizia del velivolo caduto in Calabria sia stata sottovalutata o del tutto trascurata, anche perché egli non annota alcunchè nella sua agenda del ritrovamento del velivolo alla data di quel 18 luglio. Si ricordi che invece il capo del 3° Reparto, cioè Melillo, proprio nel corso della riunione del 18 luglio dal Sottocapo, annota più che numerose notizie, nella sua agenda, sull'incidente che non hanno mai trovato riscontro negli atti rinvenuti e sequestrati, e che quindi di sicuro erano state date da una fonte certa, e ben a conoscenza di tutti quegli elementi. Non poteva, ufficialmente, essere Tascio, perchè egli non aveva ancora raggiunto il luogo dell'incidente in agro di Castelsilano, che, come già noto, l'imputato raggiunse solo nella tarda serata del 18 luglio 80.

Altre annotazioni d'interesse sono riportate, sotto la data del 30 luglio 80, alle pagine 96 e 97 dell'agenda, nelle quali l'imputato scrive nella prima all'interno di un cerchietto la sigla LT e poi i nominativi del maggiore Reboa e capitano Pietrantuono, ufficiali nell'80 in servizio al Centro di Borgo Piave; nella seconda "SCSM: preoccupatissimo; velivolo = prova velivolo; Otranto - Siracusa - G91Y - 1 passeggero; telefonata - IFF centro radar". Ebbene è stato accertato che proprio il 30 luglio 80, il colonnello Bomprezzi e il tenente colonnello Iodice, dipendenti di Tascio, si recarono presso il 32° Centro Radar di Otranto per assistere ad una simulazione di volo con velivoli G91Y del 32° Stormo di Brindisi. Gli ufficiali altresì, al termine della simulazione, portarono con sé a Roma il nastro di registrazione del 18 luglio 80 del sito di Otranto relativo alla fascia oraria in cui si affermava fosse caduto il MiG libico in Calabria. Questo nastro viene consegnato il 31 luglio da Bomprezzi al capitano Pietrantuono del Centro Tecnico Addestrativo di Borgo Piave per ricavarne la riduzione dati. L'inchiesta ha accertato che il comandante di quel Centro, generale Giuseppe Gullotta, non è mai venuto a conoscenza della ricezione del nastro di registrazione di Otranto né che fosse stata effettuata una riduzione dati relativa all'incivolo del MiG libico, nel Centro da lui comandato. Circostanza inquietante se si considera che, pur esistendo documenti ufficiali sulla consegna del nastro di registrazione a Borgo Piave e la restituzione dello stesso a distanza di 6 giorni - il 6 agosto 80 - al SIOS, nessuno del personale ricorda una riduzione dati e, cosa ancor più grave, l'operazione viene compiuta dal SIOS, tenendo all'oscuro il Comandante del Centro di Borgo Piave.

Deve essere anche ricordato che il capitano Pietrantuono, colui che ha preso in consegna il nastro di registrazione il 31 luglio 80, è lo stesso ufficiale che dopo 16 anni dall'incidente sia del DC9 che del MiG, ha dichiarato a questo GI - il 9 e 29 ottobre 96 - che all'indomani del 27 giugno 80 gli era stato ordinato di recarsi al CRAM di Marsala per verificare il contenuto dei nastri di registrazione. Questa disposizione era stata successivamente revocata in quanto, gli fu riferito, i nastri sarebbero stati trasmessi da Marsala al Centro di Borgo Piave da Marsala. Va anche ricordato che nel settembre 88 il 2° Reparto rinviene tra la documentazione custodita nel suo archivio la THR del nastro di Otranto, ottenuta nel luglio a Borgo Piave; su come questa THR sia pervenuta a quel Reparto non sa fornire alcuna spiegazione. Come resta inspiegabile l'affermazione secondo cui il nastro di registrazione del 18 luglio consegnato a Borgo Piave non era stato mai restituito, mentre appare restituito il 19 agosto 80.

Quanto alla frase scritta sulla preoccupazione, la grande preoccupazione del Sottocapo, lì cioè ove si legge che il generale Ferri è preoccupatissimo, questo stato d'animo non può essere attribuito al solo fatto che un velivolo militare straniero, anche se potenzialmente ostile, avesse potuto attraversare lo spazio aereo italiano senza esser intercettato dai radar della difesa, bensì anche dalla esistenza di altri elementi più concreti, che l'AM conosce e deve nascondere. Infatti l'imputato scrive anche "telefonata" e "IFF centro radar". Questo dimostra, senza possibilità di dubbi, come il SIOS non avesse effettuato solo la riduzione dati del nastro di registrazione per verificare la presenza di IFF sulla THR con il SIF 1 e 2 - velivoli militari -, ma anche l'ascolto dei nastri TBT dei Centri Radar della Difesa e quindi di necessità quelli di Jacotenente e Otranto, di cui però non s'è mai trovata alcuna traccia, né di trascrizioni né di nastri. Sicuramente in questi nastri v'erano registrate quelle comunicazioni tra il personale di Jacotenente e Otranto del 18 luglio che avrebbero consentito di accertare quella verità che invece è stata sempre nascosta dai vari testi escussi. Come era stato nascosto per anni quel provvedimento disciplinare a carico del MC, del TPO e dell'IO - rispettivamente Medico, Acito e Stellato - del sito di Jacotenente per non aver tenuto un comportamento secondo le norme nel corso del servizio espletato la mattina del 18 luglio 80 in sala operativa, senza mai motivare nello specifico le precise responsabilità ascritte. Ma se responsabilità v'erano state quella mattina sulla identificazione del velivolo libico, maggiori avrebbero dovuto essere le colpe per il personale in servizio alla sala operativa di Otranto, il cui compito era quello di controllare il traffico aereo nel Mar Ionio e trasmetterlo successivamente al sito di Jacotenente. In sintesi il sito di Otranto era "l'occhio" di Jacotenente. Di tutto questo il 2° Reparto è sicuramente venuto a conoscenza, e lo ha valutato, ma come di tante altre vicende connesse all'incidente del MiG libico, ha sempre impedito che la verità emergesse al di fuori della Forza Armata. Quella verità s'andava accertando e cagionava la massima preoccupazione del Sottocapo.

Non si può non sottolineare poi anche la singolarità di quel che avviene nel CRAM di Marsala il 21 luglio 80. Il comandante del sito, tenente colonnello Cespa, dispone la conservazione del nastro di registrazione radar del 18 luglio, ma non la custodia del nastro TBT, che secondo le norme che regolano gli incidenti aerei deve essere anch'esso custodito. Si ricordi che lo stesso 21 luglio erano stati custoditi a parte i nastri di registrazione e TBT dell'incidente del DC9 Itavia. A distanza di quindici anni, il 27 giugno 95, il sito di Marsala trasmette d'iniziativa a quest'Ufficio il nastro di registrazione conservato nel luglio 80 e si scopre che si tratta non di quello relativo al periodo dell'incidente, ma di altro relativo ad un periodo di tempo successivo a quello indicato per l'incidente. Un errore voluto se si considera che il sito di Marsala aveva estratto il 23 luglio 80 la riduzione dati - e trasmesso al ROC di Martina Franca - del nastro di registrazione relativo all'asserito orario dell'evento.

Il generale Tascio appare coinvolto anche nella cosiddetta vicenda del generale AM in pensione Guglielmetti Giorgio, amministratore unico delle società ICER e ITEC S.r.L. di Roma, deceduto nel luglio 86. Il nominativo di Tascio veniva indicato dal noto Del Re Aldo. In sede di confronto tra costui e Tascio, il 31.10.89, ognuno rimaneva sulle proprie posizioni, anche se Del Re dapprima aveva descritto una persona in tutto simile al nostro, ma poi mostra improvvise e forti, quasi inspiegabili, perplessità sul riconoscimento di Tascio quale l'ufficiale dell'AM in servizio, amico del Guglielmetti che frequentava la sede della società in via Monte Zebio. Si deve ricordare che nel corso di una perquisizione domiciliare, nell'ottobre 90, presso l'abitazione del defunto Guglielmetti venne rinvenuta varia documentazione cartacea consistente in telex su commissioni e movimenti di denaro per somme elevatissime con Paesi stranieri. In particolare v'erano contatti con Paesi medio-orientali quali l'Iran, l'Iraq, l'Arabia Saudita, il Kuwait, l'India e lo Yemen del Sud. In particolare si rinvenne un fascicolo, contenente varie ordinazioni, con la scritta "Ugo - Singapore", nel periodo compreso tra il 1982 e il 1983. Il personaggio Ugo venne individuato in tale Leonetti Ugo, avvocato, cognato dell'onorevole socialista Giacomo Mancini, il quale, pur non essendo inserito tra i soci della società amministrata da Guglielmetti, era il mittente e destinatario di movimenti di capitali all'estero per milioni di dollari USA. Telex che pervenivano e partivano dalla società ITEC. Un altro personaggio coinvolto in affari ancora non chiariti, però all'interno della società, era il ragioniere Scordino Antonio. Sul conto del vero ruolo che il generale Tascio ha avuto in queste società purtroppo non si è riusciti ad andare oltre quanto dichiarato dal Del Re. Gli atti concernenti quei movimenti di denaro comunque sono stati trasmessi alla Procura della Repubblica.

Il peso del generale nelle vicende a giudizio appare con chiara evidenza nei suoi colloqui telefonici intercettati nel periodo più "caldo" dell'inchiesta. Egli si manifesta il motore della difesa e in effetti gli argomenti trattati riguardano principalmente la preparazione degli atti per il processo; ed una serie di critiche sui più gravi passaggi delle indagini e sui periti d'Ufficio, in particolar modo sul conto del professor Casarosa. E' da sottolineare che egli, sin dal 93, è a conoscenza che le sue utenze sono sotto intercettazione; ed infatti non tratta più determinati argomenti per telefono, ma li discute negli incontri con gli altri imputati presso la Casa dell'Aviatore.

Le persone che chiama o da cui viene chiamato con una certa periodicità, sono gli imputati Zauli, Bartolucci, Ferri, Nardini. In particolare i contatti frequenti, quasi quotidiani, sono con lo Zauli, in esito ai quali riferisce al Bartolucci e Ferri. Fino al 94 mantiene contatti anche con Melillo e Pisano; dopo di che questi rapporti appaiono deteriorarsi, proprio alla fine di quell'anno, in quanto emergono forti divergenze nelle "tattiche difensive". Altro imputato con cui ha contatti è Cavatorta.

Le persone "fidate" in servizio allo SMA a cui fa capo, in particolar modo, sono il capitano Rossi Luigi Bruno ed il sergente maggiore Di Carlo Cristiano Maria. Nel 93 e 94 anche il maggiore Arduini ed il colonnello Mazza.

Mantiene ovviamente contatti anche con personale AM in servizio, come: tenente generale Guarniere Giovanni (interc.5 e 6 aprile 93 nonché 31 gennaio e 19 giugno 95 data in cui è in congedo), Direttore Generale di Costarmaereo; il colonnello Finizio Carlo (interc.15.07.93), responsabile servizio meteo presso l'ITAV; il generale Sgrosso Alberto (interc.27.10.93), Capo del 1° Reparto; il maggiore generale AM Parise Dario (interc.03.11.93); il generale Goldoni Rolando (interc.22.11.93); il generale Arpino Mario (interc.21.12.93), Sottocapo S.M.; il generale Tricarico Leonardo (interc.13.01.94), Capo 5° Reparto; il generale De Carolis Ugo (interc.17.01.94), Comandante Accademia di Pozzuoli; il generale Garribba Pasquale (interc.17.01.94); il generale Tricomi Giovanni (interc.18 gennaio e 9 febbraio 94); il generale Rossetti Antonio (interc.18.01.94), Comandante 5a ATAF; il colonnello Ruggeri Vincenzo (interc.20.01.94), ufficiale in servizio a Monaco (Germania); il colonnello Fronzoni Pietro Dante (interc.22.03.94), ufficiale in servizio alla 46a Aerobrigata di Pisa; il generale Proietti Giovanni (interc.22 e 23 gennaio 95).

I colloqui si riferivano rispettivamente: quelli con il Guarniere (interc.1993), all'esperimento da compiersi sulla toilette del DC9, e questo Guarniere gli fornisce il recapito telefonico del dr. Mengoli della BPD di Colleferro; con Arpino e Sgrosso a notizie sulla proroga dell'inchiesta; con Finizio a chiarimenti su dati meteorologici riferiti alla vicenda del MiG; con Goldoni alla consegna di copia della monografia sul missile Acrid A6; con Tricarico alla richiesta del numero telefonico di una società tedesca, già nota all'AM, per effettuare la controrelazione sul MiG23 libico; con De Carolis alla richiesta di nominativi di docenti dell'Università di Napoli, per effettuare la controrelazione sul MiG23 libico; con Rossetti, alla richiesta del nominativo di un ufficiale AM in servizio a Monaco per avere notizie su una società tedesca; con Ruggeri, a notizie relative alla società tedesca che si trova nei pressi di Monaco; con Fronzoni, sulla vicenda Marcucci e Ciancarella; con Tricomi, Parise e Proietti sulla vicenda penale e argomenti vari.

Tra le persone che contatta frequentemente, parlando della vicenda in questione, vi sono anche Giuseppe Dugnani, ex pilota Alitalia, che diviene nel 94 consulente di parte imputata, i generali AM Marchesi Marcello, Nardi Catullo, Moneta Caglio Giovanni. Tra i giornalisti vi sono Vittorio Argento del GR1 e Andra Artoni della rivista "Volare".

Altre persone con cui parla della sua vicenda penale sono: donna Carmina Valcarel vedova Fanali; la contessa Maria Fede Caproni; il giudice Vito Aliano di Rimini; Belardi Gennaro di Milano; tale Alberico della CISET di Roma; Luigi Foglietti da Todi; il generale AM De Paolis Mario, già Capo di Gabinetto del Ministero della Difesa.

Dalle conversazioni telefoniche tra gli imputati emerge che con l'avvento del generale Adelchi Pillinini, Capo di Stato Maggiore, nel marzo 93, gli stessi vengono "sfrattati" dagli uffici ancora in uso allo SMA e non possono più notizie attingere dai colleghi in servizio allo SMA. Infatti nelle telefonate intercorse con Tricarico, Rossetti e De Carolis, Tascio richiede alcune informazioni, sottolineando che le sta chiedendo a titolo personale e raccomandando che tali sue iniziative non vengano riferite al Capo di Stato Maggiore. Le riunioni tra gli imputati erano tenute presso la Casa dell'Aviatore o presso le abitazioni private degli stessi imputati.

Quanto ai rapporti che i periti di parte imputata hanno tenuto con alcuni dei periti d'Ufficio su argomenti peritali, già s'è detto altrove. Qui si deve solo sottolineare che i consulenti facevano tutti capo a Tascio, di cui peraltro quelli militari erano inferiori in grado, e da lui ricevevano direttive, se non ordini.

Il capitano Rossi è l'ufficiale AM, in servizio allo SMA, da cui Tascio attinge notizie relative alle richieste di questa AG al Gruppo di Lavoro Ustica e allo SMA in genere. Il sergente maggiore Di Carlo era invece il sottufficiale che scriveva al computer i vari studi compiuti dagli imputati, e trasmetteva al generale imputato recensioni stampa e videocassette che facevano riferimento alla vicenda di Ustica.

In data 07.04.94, l'amico Marcello Marchesi, in vacanza a Palermo, chiede al Tascio se fosse interessato ad uno studio redatto da uno studente universitario del corso di laurea in Sociologia, tal Badani Gianfranco, dal titolo "Strategia della Disinformazione", che raccoglieva articoli stampa pubblicati nel decennio 80-90, intorno anche alla vicenda di Ustica. I due si contattano telefonicamente in data 11.04.94 e si mettono d'accordo per la consegna dei relativi dischetti, a cui il Tascio appare interessato.

In data 14.04.94 viene contattata Claudia Moneta alla quale viene richiesto di accertare se effettivamente questo GI avesse fatto parte della Commissione Stragi, come consulente esterno e se avesse firmato atti. La stessa contatta "un'amica" in servizio al Senato, tale Anna Sivori, e costei conferma al Tascio che il GI aveva fatto parte della Commissione Stragi come consulente esterno fino al 1° settembre del 90.

Sul termine di tale consulenza sta in atti lettera di dimissioni indirizzata al Presidente della Commissione, al tempo il sen. Gualtieri, in data 23.07.90, il giorno stesso del conferimento dell'incarico da parte del Presidente del Tribunale, dell'istruzione per la strage in oggetto.

In conclusione più che provate le condotte ascritte al generale Tascio. Quanto a quelle sotto il capo A devono essere definite così come contestate. Quanto a quelle sub C esse non sono più previste come reato. Quanto infine al capo D i fatti, assorbita la fattispecie di soppressione e occultamento in quella di falso, risalgono a un tempo superiore al termine di prescrizione. Si ritiene di conseguenza, e su conformità delle richieste del PM, che si debba rinviare a giudizio il Tascio, per le stesse ragioni dei suoi coimputati, per il delitto sub A, di cui agli artt.81 cpv., 110, 289 c.p. e 77 c.p.m.p.; dichiarare non doversi contro di lui procedere per il delitto sub C di cui all'art.323 c.p., perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, e per i delitti sub D artt.255, 476, 490 e 351, 61 n.2, c.p., perché estinti per prescrizione.

Ma Tascio, a prescindere dalla gravità delle sue condotte, rimane un personaggio di grande statura nella folla di attori e comparse in questa inchiesta. E' il capo dell'intelligence dell'Arma cui compete la gestione dei due affari e delle connessioni tra di loro e con altri fatti e quindi l'inserimento di essi in un più generale contesto. Le attività poste in essere a tal fine mostrano intelligenza e sicurezza ed hanno retto per anni. Ma ci si era dimenticati di alcuni requisiti, vi erano crepe che a lungo andare hanno, nonostante i forti e spregiudicati impegni di rafforzarlo, sbrecciato il muro.

Egli per la sua posizione ed abilità coltiva relazioni ad alto livello. Nonostante le sue negazioni è in rapporti tali con il Capo-Stazione CIA - il cui omologo a rigore dovrebbe essere stato il Direttore del S.I.S.MI, mentre esso Tascio doveva avere rapporti con l'Addetto militare - da convocarlo ad horas nel suo ufficio e concertare con lui un'operazione complessa sul MiG e contemporaneamente il silenzio assoluto sul fatto e le conseguenze. Addirittura riesce a far comprendere al suo interlocutore che il Servizio militare deve essere bypassato.

Ha rapporti stretti, a stare ai suoi appunti nell'agenda che conserva per anni, con l'Addetto militare israeliano; al quale consegna per esami ed osservazioni alcune delle parti di maggior valore della macchina precipitata, senza timori di suscitare reazioni - come si verificherà - presso quel Paese, di campo avverso, alla cui Aeronautica appariva appartenere quel velivolo e la cui dirigenza, con cui si faceva affari, era particolarmente portata a politiche intimidatorie, di ricatto e di vendetta.

Ma ha rapporti anche con altra Potenza dell'area mediorientale, l'Iraq, che non è amato dall'intero mondo arabo o islamico, al punto tale che si trova in guerra con l'Iran. In quel periodo egli sta programmando una visita a Baghdad. Non solo, provvede ad accompagnare e ad introdurre presso i maggiori complessi industriali di produzione bellica, delegazioni militari di alti ufficiali iracheni. Attività queste che non sfuggiranno alle orecchie dei Servizi del Paese al tempo in guerra con l'Iraq e determineranno gli attentati di cui s'è parlato di matrice iraniana se non direttamente pilotati dal governo di Teheran.

Gode della stima e della fiducia - anche se appare qualche attrito con il 3° Reparto probabilmente per eccessi di disinvoltura o travalichi di competenza - dello Stato Maggiore e dei suoi vertici, che gli affidano la gestione completa dei casi e incaricano lui e il suo staff di missioni di rilievo e che potrebbero avere esiti incerti o conseguenze sgradevoli.

Dovrà aver goduto di apprezzamento anche presso alti livelli politici, chè altrimenti non sarebbe stato nominato né mantenuto in quell'incarico.

E proprio per queste ragioni i suoi comportamenti in spregio di norme penali devono essere reputati tanto più gravi quanto più provenienti da persona di non comuni capacità e sulle quali forze armate e servizi avrebbero potuto contare per le esperienze e le conoscenze.

Tascio nella memoria depositata da ultimo nel tempo di deposito degli atti per le difese, sottolinea in particolare, sulle responsabilità specifiche contestate , che le testimonianze rese in rogatoria internazionale da personale statunitense già in servizio in quell'80 all'ambasciata USA in Roma, non forniscono alcun supporto all'assunto accusatorio anzi per alcuni versi sono di sostegno alla sua posizione, come appare in alcuni passi delle dichiarazioni dei predetti, naturalmente favorevoli alla sua difesa. Viene rilevato il fatto che la sera dell'incidente gli unici contatti telefonici erano avvenuti tra l'ACC di Ciampino e l'ambasciata americana. In merito alle contraddizioni emerse tra le dichiarazioni dell'imputato e quelle del maggiore Piccioni, responsabile del IV° Ufficio del SIOS, la sua difesa ne ammette la esistenza, ma tenta di spiegarle asserendo che l'intervento del 4° Ufficio era da considerarsi di routine e comunque Piccioni non era tenuto ad avvertire Tascio; di più tra questi interventi poteva esservi, secondo la difesa anche la richiesta del 3° Reparto del telex di Cincusnaveur. Deve però ricordarsi che da un lato Piccioni ha escluso di avere avuto contatti diretti con l'ambasciata USA per il DC9 Itavia, dall'altro Melillo, Capo del 3° Reparto, nelle sue memorie afferma che la ricezione del messaggio di Cincusnaveur il 3 luglio 80 è avvenuta attraverso la mediazione del 2° Reparto con l'ambasciata USA. Ne risulta evidente che tra Tascio, Piccioni e Melillo almeno uno- ma probabilmente più di uno - ha riferito circostanze palesemente non corrispondenti al vero.

La memoria in relazione alla missione di Bomprezzi il 12 agosto 80 a Boccadifalco per l'esame di un casco, la definisce di ordinaria amministrazione, assolutamente non sintomo di eccezionale solerzia, in quanto Bomprezzi era un esperto che veniva ordinaria incaricato da Tascio per effettuare esami di materiale aeronautico bellico. Anche in questo caso v'è da dire che Bomprezzi in quel periodo era il capo ad interim del SIOS e che la missione fu effettuata con altro ufficiale superiore del 3° Reparto, il colonnello Sidoti, capo del 4° Ufficio sicurezza al volo, e quindi capo delle investigazioni sulle cause degli incidenti di volo; che guarda caso, in tutta la sua carriera espletata allo Stato Maggiore, compie quell'unica missione in collaborazione con personale del SIOS per prender visione di un reperto. Appare evidente che quell'accertamento preoccupava il Sottocapo Ferri, che aveva disposto la missione; missione che non può che definirsi di semplice routine, perchè era più logico inviare altro ufficiale o esperto sul posto e non il capo ad interim del SIOS, e il capo delle investigazioni dello Stato Maggiore per verificare un reperto, di scarso significato, come insistono sia la difesa di Tascio che le altre difese degli altri imputati.

La difesa giustifica le false dichiarazioni di Tascio dinnanzi alla Commissione Stragi il 21.10.89, cioè che il sito di Siracusa al momento dell'incidente si trovasse in manutenzione, poichè Tascio aveva letto atti dello Stato Maggiore che attestavano lo stato di manutenzione del sito fino alle 19.00Z, secondo il programma annuale di manutenzione. Sottolinea il fatto che Tascio nella lettera del 23 dicembre 80, indirizzata al PM Santacroce, aveva riferito del mancato rilevamento del mancato rilevamento di tracce da parte dei Centri Radar di Licola, Siracusa al momento del fatto. Anche in questo caso si deve dire, come risulta accertato, che Tascio non ha predisposto alcuna lettera per il PM, ma si è limitato alla copiatura del contenuto di quanto già scritto e firmato dal Sottocapo il 20 dicembre, e a riportarlo in una missiva a sua firma indirizzata al PM Santacroce il 23 dicembre. Perciò Tascio non ha fatto altro che confermare le falsità riportate nella precedente missiva. Infatti qui lo si deve ribadire in quella nota appaiono notizie mendaci e fuorvianti - cambio del nastro di Marsala per dimostrazione al personale, mentre nella realtà il cambio fu effettuato per iniziare l'esercitazione Synadex -; dati radar del sito di Siracusa - di cui non è stata mai trovata alcuna traccia documentale, nè allo Stato Maggiore nè presso i centri periferici competenti -; parziali notizie sull'aero-bersaglio rinvenuto ad Acquedolci (ME) il 20 settembre 80; completa omissione del plotting di Ciampino. D'altra parte non può non sottolinearsi la singolare alligazione , della copia conforme conforme del messaggio di Cincusnaveur, alla missiva indirizzata al PM da parte di Tascio. L'allegato non è la copia conforme originale conservata dal SIOS nel proprio archivio a firma di Melillo, ma una fotocopia che non presenta alcuna data manoscritta. Pertanto, visto che la minuta della copia conforme originale conservata dal SIOS nel proprio archivio a firma di Melillo presenta, in alto al foglio, la data manoscritta con biro di color nero 3.12.80, e considerato che la difesa di Tascio afferma che la data può essere apposta da qualcuno della segreteria del 3° Reparto, che aveva mal interpretato il gruppo data-orario del telex, e che comunque la data manoscritta non appare nella copia inviata al PM Santacroce, v'è da dire che la difesa erra e l'imputato è reticente, poichè, come già detto, trattandosi di una fotocopia del messaggio Cincusnaveur e non della copia conforme originale, la data manoscritta è stata volutamente celata per motivi che Tascio non ha mai saputo spiegare.

V'è da rilevare il grossolano errore che lì ove si afferma, in relazione alla vicenda del MiG libico, che la missione di Simini in Calabria era stata disposta nel 90, a dieci anni di distanza dal fatto, quando il generale Tascio non era più al SIOS da nove anni. Si deve ricordare che la missione dell'ufficiale medico dell'AM Simini è avvenuta dieci anni prima, il 25 luglio 80, da Roma a Crotone.

La difesa erra nuovamente quando afferma: "va inoltre recisamente escluso che conferme alla presenza di traffico militare USA siano pervenute a Ciampino dalle Basi della Difesa Aerea della Sicilia, come asserito in requisitoria a pag.482". Il PM afferma che "anche" da quelle basi poteva pervenire la notizia; infatti si ricordi che non sono stati consegnati all'AG ben 5 nastri di registrazione delle conversazioni telefoniche di Ciampino su otto, nastri sui quali appunto poteva essere registrata tale notizia. Escludere pertanto questa circostanza è inesatto.

La memoria difensiva presentata personalmente da Tascio è sulla falsa riga di quella prodotta dal suo legale, avvocato Zaganelli. Si deve rilevare che su alcuni punti vi sono altre precisazioni da parte dell'imputato. Esaminando in questa memoria di Tascio la parte relativa al ritrovamento del casco nell'agosto 80, si legge come egli affermi che, avendolo segnalato come casco da pilota al Sottocapo, quel reperimento diveniva di particolare interesse; al punto da spiegare perchè vengano mandati in Sicilia a controllare quell'oggetto due ufficiali. L'imputato precisa poi una circostanza mai emersa nell'istruttoria. Scrive nella memoria a pag.83: "l'iniziativa presa dal Ferri, quindi, tenuto conto per altro che il Tascio non si trovava all'epoca neppure in Italia, non può considerarsi come sintomatica di un'eccezionale solerzia da parte dello SMA, così come sostiene l'accusa". V'è da dire che Tascio ha sempre dichiarato che nell'agosto 80 era stato in ferie, per l'intero mese, in località calabrese, Nocera Tirinese, e non, come afferma ora egli stesso nella memoria, all'estero.

Tascio nella sua memoria afferma, a pagina 88: "che l'appunto di Torrisi ha un contenuto identico a quello redatto da Argiolas il 4 luglio 80, e cioè dall'ufficiale dell'AM che era andato a Boccadifalco a visionare i relitti ritrovati in mare nella zona dell'incidente. Questo spiega anche il perchè l'AM ad agosto, quando viene ritrovato il casco, di cui si è parlato sopra, manda due ufficiali". Anche in questa circostanza vi sono alcune inesattezza; infatti Argiolas predispone l'appunto non il 4 luglio, giorno della missione bensì il 9 luglio e lo sottopone alla visione di Melillo il 10; dopo di chè il documento viene vistato da Ferri l'11 luglio. Tascio prenderà visione dell'appunto solo il 16 luglio. Sicuramente l'appunto di Argiolas non è di contenuto identico a quello predisposto per Torrisi.

Tascio altresì evidenzia a pagina 50 e 51 della sua memoria, alcuni orari delle telefonate riferite al traffico americano. Egli quando indica come orario 20.25Z (orario di Ciampino) quello della conversazione tra Bruschina e Marzulli, non tiene conto che nelle registrazioni di Martina Franca la telefonata è registrata alle 20.20Z, per cui quando pone in rilievo che Patroni Griffi, capo controllore del SOC di Martina Franca, alle 20.24Z parla con Licola, quest'ultimo non parla nè prima nè contemporaneamente, ma dopo. Altresì alle 20.38Z Vicenza non comunica con Licola, bensì con Martina Franca. Si ricordi infatti che i nastri TBT di Licola, non sono stati mai rinvenuti, ma esistono agli atti soltanto quelli di Martina Franca.

Le argomentazioni di difesa perciò non sminuiscono, tanto meno annullano, le ragioni che hanno condotto alle conclusioni sulla posizione; che perciò si confermano: rinvio a giudizio per A, non doversi procedere per C e D della rubrica.

6. Conclusioni.

Nelle difese degli imputati dello Stato Maggiore Bartolucci vi sono delle linee comuni. In primo luogo sul contenuto delle telefonate la sera del disastro presso i centri del Traffico Aereo e della Difesa Aerea, si afferma che non v'è alcuna registrazione telefonica in cui gli stessi appaiono destinatari di notizie, così come non risultano documenti che provino il trasferimento diretto ad essi di informazioni. Questo però non toglie che gli stessi siano venuti a conoscenza dei fatti nell'ambito di poche ore come dimostrato dagli accertamenti che vengono disposti da quello SMA a partire dall'indomani del disastro e per lungo tempo.

Bartolucci, Ferri e Melillo sostengono nelle memorie difensive che nella richiesta concernente i dati della Difesa Aerea erano compresi anche quelli di Ferrara, poiché il velivolo DC9 Itavia era partito da Bologna e quindi quel sito di Difesa Aerea era stato il primo che aveva seguito e controllato il volo.

V'è da dire, una volta per tutte, che i dati riferiti al sito di Ferrara, meglio definito come 11° CRAM di Poggio Renatico, non erano stati invece inseriti nel telex di Martina Franca al fine di ricostruire il percorso del DC9 Itavia, come asseriscono gli imputati, ma esso emerge solo perché nell'arco della notte s'era accertata dal capo controllore del SOC di Martina Franca, capitano Patroni Griffi, l'inesistenza della traccia LK477 - attribuita al DC9 - presso il sito originatore di Potenza Picena, mentre nel caso specifico era stato inviato il plottaggio della vera traccia del DC9 Itavia, che era la LE157, desunta dalla riduzione dati effettuata a Ferrara e riportata anche nel telex del 28 giugno. Tra l'altro i dati riportati, lo si deve ribadire, nel telex da Martina Franca erano inattendibili e fuorvianti - LK477 correlata al DC9 inesistente, altro velivolo senza alcuna identificazione nello stesso periodo del volo del DC9 - dati che attenti esperti di Difesa Aerea, quali erano sia Bartolucci che gli altri suoi stretti collaboratori dello Stato Maggiore, nel caso specifico Melillo, avrebbero potuto immediatamente percepire e di conseguenza accertarne le ragioni. Si deve altresì sottolineare, quanto alla traccia LK477, di cui il SOC di Martina Franca aveva accertato l'inesistenza già dalla notte dell'incidente, che l'Aeronautica sino all'ottobre 89 l'ha indicata come quella del DC9 Itavia.

Quanto alle contestazioni sul ruolo avuto dal maggiore Mosti, gli imputati Bartolucci, Tascio e Melillo, nelle memorie difensive danno ciascuno la propria versione. Bartolucci, rigetta l'affermazione secondo cui egli e lo SMA avessero avuto contatti con gli esperti americani Lund e Pontecorvo; che Mosti non rappresentava l'AM e non redasse rapporti né riferì mai alla Forza Armata le tesi in discussione presso la Luzzatti. Tascio, sottolinea la circostanza che i componenti della Luzzatti non rappresentavano gli enti da cui erano stati prescelti e che ritiene le dichiarazioni di Mosti più che attendibili. Melillo afferma di non aver mai conosciuto, visto, sentito nemmeno per telefono questo Mosti. Di certo l'affermazione di Melillo appare quanto meno esagerata, se si considera il fatto che il messaggio con la nomina di Mosti, avvenuta il 28 giugno, reca proprio la sua firma. Anche se non si sono trovati appunti che ricollegano contatti diretti con gli imputati, appare logico che non vi potesse essere, dato il distacco gerarchico avere un contatto diretto; ma di sicuro per via gerarchica - deve stimarsi più che plausibile - che le notizie di Mosti trasferite ai suoi superiori gerarchici, attraverso l'ITAV, devono essere pervenute allo Stato Maggiore.

Sul messaggio Cincusnaveur gli imputati hanno sempre reso negli interrogatori e affermato nelle memorie difensive opinioni contrastanti. Bartolucci e Ferri affermano che ebbero contatti con il Comando delle Forze Aeree del Sud Europa - Bagnoli -, con il generale Bagatti, e che la riposta a tali richieste è poi pervenuta attraverso il messaggio Cincusnaveur; Melillo afferma che il messaggio è pervenuto dall'ambasciata USA in Roma attraverso l'interessamento del 2° Reparto SIOS; Tascio esclude ogni intervento del suo Reparto al riguardo del messaggio in questione. Tutti sono però concordi nell'affermare che questo documento è pervenuto allo SMA il 3 luglio 80 e comunque è stato ricevuto dal 3° Reparto. V'è da rammentare in proposito che il messaggio in questione originato da Cincusnaveur di Londra alle ore 16.27Z del 3 luglio 80 risulta essere stato messo in circuito ai destinatari, come si legge sul telex alle ore 16.43Z; orario, che considerata la differenza di fuso orario con Londra, e tra Zulu e Bravo corrisponde alle 19.43 di Roma. Pertanto nella sua materialità il documento perveniva all'ambasciata USA in Roma, presumibilmente, intorno alle ore 20.00 locali, in un orario cioè in cui oramai sia gli uffici dell'ambasciata che quelli dello Stato Maggiore non erano operativi. Considerata la circostanza che nell'80 non erano diffuse le trasmissioni via fax; tenuto in conto che nessuno dell'ambasciata lo ha recapitato allo Stato Maggiore, così come nessuno dello SMA lo ha prelevato; ricordato che il 4 luglio è la festa nazionale degli USA, per cui tutti gli enti americani fanno festa e non sono operativi, e che comunque, il documento trovato agli atti dello SMA è chiaramente una fotocopia, quindi trasmesso con plico o prelevato da qualcuno dello SMA all'ambasciata USA, si può affermare con certezza che esso non è pervenuto nell'immediatezza agli uffici dello Stato Maggiore. La prova che nel mese di luglio 80 il 3° Reparto, quindi lo SMA, non è in possesso del messaggio Cincusnaveur è data proprio da un appunto manoscritto di Melillo del 19 luglio 80 e dalla nota del suo subalterno, tenente colonnello Argiolas, il 28 luglio successivo. Melillo così scrive il 19 luglio, in un foglietto da lui manoscritto e siglato, per dare risposta ad una interrogazione parlamentare: "E' incompleto. Cicciomessere ha parlato di aerei militari e non di aerei AM. Bisogna dare chiarimenti anche per gli altri. Il 5° Reparto sa cosa si deve rispondere, mi risulta che USA ha comunicato ufficialmente che tutti i suoi velivoli sono rientrati. Cosa altre nazioni? Chiedere 5° Reparto e coordinare con lui. Fare attenzione!!!". Argiolas, il 28 luglio, in riferimento alle citate disposizioni, così scrive: "Il generale Ripamonti, ha confermato di essere stato escluso da qualsiasi tipo di informazione ufficiale da parte di Difegabinetto e, pertanto, non in grado di trasmetterle ad altri. L'unica variante che si può apportare alla risposta stessa, di conseguenza, è quella di scrivere che - non risulta che alcun velivolo militare sia rimasto coinvolto nell'incidente di volo in argomento -. Difesa Gabinetto SPI non ha avuto alcuna comunicazione ufficiale sull'argomento da parte NATO o di altri Paesi. Il comunicato di Afsouth non è stato esteso a MOD Italia". Come si può ben vedere non si parla di messaggio Cincusnaveur o di velivoli della 6a Flotta, ma del comunicato ufficiale dell'Afsouth del 3 luglio 80 che cita il non coinvolgimento di alcun velivolo NATO operante nelle basi italiane. Tra l'altro Argiolas precisa che questo comunicato non era stato esteso al Ministero della Difesa. Se Melillo il 19 luglio era in possesso del messaggio Cincusnaveur perché non citarlo? Perché Difesa Gabinetto SPI, interpellata da Argiolas il 28 luglio, afferma di non aver ricevuto la comunicazione ufficiale sull'argomento da parte della NATO o di altri Paesi, quando invece gli imputati dello Stato Maggiore sostengono di aver comunicato le notizie del messaggio Cincusnaveur al Ministero della Difesa prima del 10 luglio 80, giorno in cui Lagorio riferisce alla Commissione Giustizia del Senato?

A questo punto è più verosimile che il messaggio di Cincusnaveur Melillo lo abbia ricevuto tra il 18 e 19 dicembre 80, quando egli stesso avanza, il 18 dicembre, esplicita richiesta all'addetto Biankino per ricevere il messaggio della 6a Flotta, anch'esso originato il 3 luglio 80 alle ore 13.14Z - come risulta dalla nota manoscritta che appare sulla sua agenda, sequestrata nel settembre 95 -. Si ricordi che anche per quest'ultimo messaggio, nonostante l'evidente annotazione, Melillo sostiene di aver ricevuto il documento il 3 luglio 80.

Un altro punto che si deve ribadire concerne la copia conforme predisposta a firma di Melillo e la data manoscritta appostavi. Le copie conformi originali acquisite sono due e sono state rintracciate: la prima al 3° Reparto, consegnata dallo SMA il 12 luglio 91 - v. acquisizione nr.140 -; la seconda al 2° Reparto, consegnata dallo SMA il 15 ottobre 91 - v. acquisizione nr.196. Le copie conformi trasmesse a Difesa Gabinetto il 20 dicembre 80 e a quest'Ufficio il 23 dicembre 80, sono fotocopie e non originali. Non è stata mai rintracciata la copia conforme trasmessa allo Stato Maggiore Difesa il 20 dicembre 80. V'è da dire che la copia acquisita e consegnata nel luglio 91 quest'Ufficio l'ha individuata solo al termine dell'attività istruttoria, cioè dopo il dicembre 97, nel corso della rivisitazione di tutto il materiale sequestrato, giacché lo Stato Maggiore Aeronautica, nella consegna, non aveva esplicitamente evidenziato l'atto trasmesso, ma soltanto indicato documentazione generica relativa ad attività di volo statunitense la sera del 27 giugno 80; di conseguenza questo documento non è stato mai oggetto di contestazione agli imputati. V'è da dire anche che quando il messaggio per copia conforme fu richiesto esplicitamente da quest'Ufficio - v. decreto acquisizione del 14 ottobre 91 - il 16 ottobre lo SMA trasmette la documentazione del 3° Reparto consistente nella copia originale della lettera del 20 dicembre 80 con il messaggio di Cincusnaveur originale in allegato e non quindi la copia conforme, senza menzionare che il predetto era stato già inviato il 12 luglio 91. Orbene nella copia conforme originale del 3° Reparto risulta essere apposta, al centro del foglio in alto, una data a matita 3/7/80, mentre in quella del 2° Reparto risulta apposta la data, con biro di color nero proprio sopra il gruppo data orario, 3/12/80.

Gli imputati nelle loro memorie difensive, a sostegno del fatto che la data del 3/12/80 non appare nella copia conforme rinvenuta presso il Gabinetto della Difesa e che quindi è da ritenersi ininfluente a fini della contestazione dell'imputazione, non riferiscono però che quella copia conforme non è un originale bensì una fotocopia - v. acquisizione nr.215.

Un aspetto rilevante, che mette ancora una volta in luce la confusione documentale o per meglio dire il proposito di depistaggio, è la documentazione inserita come allegato 12 nella memoria difensiva di Melillo presentata il 22 marzo 99. L'imputato allega una copia della lettera del 20 dicembre 80, che presenta nel primo foglio, al centro in alto, la declassifica dell'atto con grafia scritta a mano e in allegato la copia conforme del messaggio con la scritta 3/12/80. Egli afferma altresì che quella è la copia rinvenuta agli atti del 3° Reparto. Ebbene l'originale della minuta reperita agli atti del 3° Reparto - v. acquisizione nr.205 - non riporta la stessa grafia di declassifica di quella allegata da Melillo nella memoria difensiva; ma ancora più singolare è la circostanza, come già detto, che l'unica copia conforme originale rinvenuta agli atti del 3° Reparto non riporta la data con la scritta 3/12/80, né è stata mai consegnata altra copia, sia essa in fotocopia, con detta data manoscritta. L'unica con la data 3/12/80, in originale è stata consegnata dal 2° Reparto e dal generale Tascio, in fotocopia, nel corso del suo esame testimoniale a quest'Ufficio il 24.10.89.

Altro episodio, in cui v'è contraddizione tra gli imputati, è il plotting di Ciampino. Sia Bartolucci che Ferri escludono di aver mai preso visione di esso e che sia pervenuto allo SMA; Melillo sostiene invece che il plotting è stato visionato dal suo 5° Ufficio, ma di non averlo portato in visione ai suoi superiori; presume che a mostrarlo ai predetti sia stato il responsabile dell'ITAV generale Fazzino; quest'ultimo, però, ha sempre escluso tal fatto.

In relazione alla contestazione di carenze e manipolazioni documentali, Bartolucci afferma di aver dato disposizioni, dopo l'incidente, di mettere a disposizione della magistratura e della commissione Luzzatti tutto quanto veniva richiesto. Esclude, precisando che non v'è alcuna prova, di aver dato disposizioni per manipolare o distruggere documenti o nastri telefonici e radar. Sottolinea che non può essere dichiarato responsabile di inosservanza a richieste della Magistratura, formulate dopo molti anni dall'evento, perché egli e gli altri imputati avevano al tempo già lasciato gli incarichi allo Stato Maggiore; ritiene comunque che se le richieste fossero pervenute tempestivamente, sarebbero state esaudite. Si deve invece affermare che le responsabilità dello Stato Maggiore Bartolucci nel ritardare, nel limitare e nell'omettere la consegna della documentazione richiesta dalla magistratura e dalla commissione Luzzatti, sono ampiamente dimostrate. I ritardi: 1. viene riferito ai Carabinieri del Gruppo di Palermo, tra l'11 e 12 luglio, delegati all'esecuzione del provvedimento emesso il 5 luglio 80, che per poter procedere al sequestro del materiale accantonato a Trapani Birgi occorreva il nulla osta dal Gabinetto della Difesa. Non esiste alcuno scritto di Comandi dell'Aeronautica che affermi questa richiesta né nel corso di questa istruttoria è stato individuato il responsabile che aveva indicato la detta disposizione; 2. Il 19 luglio 80 il colonnello Brindisi Agostino, del 5° Ufficio del 3° Reparto, ordina al pari grado Fiorito De Falco dell'ITAV di non consegnare alcuna documentazione alla commissione d'inchiesta, se non giunge il nulla osta del Gabinetto della Difesa - v. annotazione sul brogliaccio di Fiorito. Si ricordi che il 19 luglio il decreto del PM di Roma, pur emesso il 16, non era stato ancora notificato dalla Guardia di Finanza, giacchè la notifica avviene il 21, per cui il riferimento sono i DA1 della Difesa Aerea richiesti dalla Luzzatti all'ITAV l'8 luglio e la documentazione accantonata a Trapani Birgi; 3. Il 22 luglio il colonnello Fiorito non consegna i nastri di registrazione radar e TBT di Marsala, richiesti con il decreto del 16 luglio, adducendo a giustificazione che essi fossero inseriti nel calcolatore di quel centro radar. Una vera e propria menzogna. Infatti quei nastri saranno consegnati a due mesi di distanza, il 3 ottobre, allorchè il PM in persona si recherà in quel centro radar. Le limitazioni: il colonnello Fiorito consegna in relazione al decreto del 16 luglio, che non indicava alcun limite temporale, lo stralcio delle registrazioni radar di Marsala e Licola dalle 18.00Z alle 21.15Z; mentre per quelle di Marsala non vi sarà limitazione, perché successivamente si sequestra il nastro di registrazione radar. Per quanto concerne Licola non si rinverrà mai più il cosiddetto DA1, perché distrutto in data imprecisata. La mancanza di questo documento ha segnato una grave limitazione all'accertamento della verità, perché tramite esso quanto meno si sarebbero comprese le confusioni, di sicuro dolose, sulle tracce LK477 e AG266 - DC9 Itavia - AG262 - Air Malta - e AJ421 - C141 -. 3. Le omissioni: la mancata consegna dei nastri di registrazione radar e TBT di Poggio Ballone e il DA1 con registrazione TBT di Siracusa, le registrazioni TBT di Licola, tutto materiale che, sulla scorta del decreto di sequestro del 16 luglio, avrebbe dovuto esser consegnato; la mancata consegna delle registrazioni radar di tutti i Centri della Difesa Aerea operanti sul Tirreno, secondo il decreto del 5 luglio, che il PM di Palermo, dopo la sospensione della consegna per la richiesta del nulla osta, a seguito della concessione da parte del Gabinetto della Difesa, il 28 agosto, richiede nuovamente ai Carabinieri di Palermo. A quel punto l'ITAV, il 10 settembre, riferisce ai Carabinieri che la documentazione era già stata consegnata il 22 luglio al PM di Roma. Ma tale risposta è solo in parte vera, giacchè come s'è detto i due decreti non coincidevano e l'esecuzione s'è attuata secondo i dettami più ridotti.

Gli imputati ridimensionano le contestazioni sul sopralluogo a Boccadifalco di Sidoti e Bomprezzi il 12 agosto 80, definendola una missione di routine e non, come evidenziato dal PM, di eccezionale solerzia ed interesse. La tesi difensiva, non appare accettabile, perché lo scopo di Ferri era di accertare attraverso i due maggiori esperti dello Stato Maggiore, il colonnello Bomprezzi - tra l'altro in quel periodo reggente ad interim del 2° Reparto ed esperto di reperti aeronautici -, e il colonnello Sidoti - capo del 4° Ufficio sicurezza al volo del 3° Reparto che gestiva e curava tutte le indagini su incidenti aerei e anch'esso al pari del suo collega esperto di reperti aeronautici - la vera natura del reperto aeronautico segnalato dalla 3a Regione Aerea di Bari e rinvenuto in una località del basso Tirreno connessa all'incidente del DC9 Itavia. Si deve considerare che Sidoti, nel periodo in cui ha retto l'incarico di Capo Ufficio Sicurezza al Volo allo Stato Maggiore, ha compiuto quella sola missione del 12 agosto. In una missione di ordinaria amministrazione non venivano destinati capi Ufficio, ma dagli ufficiali subalterni; quindi in questa occasione vi è stata una disposizione ben precisa di Ferri dovuta alla importanza dell'accertamento; che poi il reperto si sia rilevato irrilevante, con comporta che si trattasse di una ordinaria missione.

Infine gli imputati sostengono di non aver inserito elementi falsi e fuorvianti nella lettera predisposta il 20 dicembre 80 per lo Stato Maggiore Difesa a firma di Ferri. S'è invece accertato, oltre quanto già detto per il messaggio Cincusnaveur, che nella lettera sono state riportate notizie di tal genere - cambio del nastro a Marsala per dimostrazione al personale, mentre nella realtà il cambio fu effettuato per l'esercitazione Synadex; esistenza di dati radar del sito di Siracusa - di essi non è stata mai trovata alcuna traccia documentale né allo Stato Maggiore né presso i centri periferici competenti -; parziali notizie sull'aero-bersaglio rinvenuto ad Acquedolci (ME) il 20 settembre 80; completa omissione del plotting di Ciampino.

In relazione alla contestazione sull'inchiesta condotta dal 3° Reparto, che avrebbe incluso fra le indagini l'interrogatorio ai controllori di Ciampino, sulla base dell'appunto del tenente colonnello Argiolas, si deve dire che effettivamente, sulla scorta di quanto scritto in quell'appunto, quel personale fu sentito dalla Commissione Luzzatti e non dallo Stato Maggiore.

Gli imputati Bartolucci, Ferri e Melillo sostengono altresì di non aver predisposto documenti per il Ministro della Difesa per la riunione del CIIS del 19 dicembre 80. Su questa vicenda non sono stati trovati documenti che possano confermare quest'attività. Il PM ha argomentato che la dichiarazione di Lagorio il 19 dicembre 80 al CIIS discendesse da attività del Melillo, perché costui proprio in quel periodo, tra il 17 dicembre e 18 dicembre, come risulta nella sua agenda brogliaccio sequestrata nel settembre 95, aveva predisposto una bozza di lettera, che poi viene riportata ufficialmente solo il 20 dicembre 80. Ma è anche vero che l'intervento di Lagorio, il 19 dicembre, è così breve, che difficilmente si può ricollegare ad appunto od informativa dello Stato Maggiore.

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