Capitolo XCIX

Consulenza tecnica Pent e Vadacchino "Sulla presenza
di un velivolo nascosto in prossimità del DC9" 01.08.98.

Come s'è detto, successivamente al deposito della requisitoria i consulenti di parte civile hanno presentato nell'agosto 98 due relazioni, la prima delle quali dal titolo "Sulla presenza di un velivolo nascosto in prossimità del DC9 Itavia".

In essa si premette che la presenza di un aereo che accompagna la rotta del DC9 Itavia è uno degli argomenti più controversi in relazione all'interpretazione dei dati ottenuti dai radar civili. Tesi già ipotizzata dai periti di quella parte sin dalla prima consulenza del maggio 92, successivamente argomentata con valutazioni di alcuni aspetti dei rilevamenti radar nelle consulenze del novembre 94 e dell'ottobre 95; tesi cui si sono associati i periti d'Ufficio nella perizia radaristica del giugno 97 e nelle risposte ai quesiti aggiuntivi, conferiti nel luglio 97, depositate nel dicembre 97, con valutazioni sostanzialmente concordanti con quelle dei consulenti di parte civile; ma a cui si sono opposti sia i periti d'Ufficio nella perizia del luglio 94 che i periti di parti imputate nella relazione sulla perizia radaristica redatta da Di Marco con data dicembre 97 e i commenti alle risposte ai quesiti aggiuntivi di Dalle Mese ed altri redatto da Giubbolini in data sempre dicembre 97.

Pent e Vadacchino rammentano gli elementi principali che supportano le ipotesi della presenza del velivolo accanto al DC9:

"- la presenza di plots primari che affiancano la traccia del DC9 Itavia alle ore18.40.27, 18.40.32 e 18.40.37; - le anomalie nella parte finale della traiettoria del DC9 osservata dal radar Marconi (rilevamenti combinati) rispetto alla traiettoria osservata dal radar Selenia (rilevamenti di solo SSR); - i rilevamenti radar immediatamente successivi al momento dell'incidente".

Il loro documento valuta le principali critiche di Di Marco e Giubbolini, in particolare alla presenza dei tre plots primari sopra specificati.

La rilevanza di tali plots, continuano i consulenti, dipende dal fatto che essi non derivano dallo sdoppiamento di un plots combinato associato al DC9 (come osservato in due battute radar precedenti), ma si verificano in presenza di altri plots combinati associati al DC9, e pertanto non sono attribuibili direttamente al DC9 stesso.

Considerazione che deve condividersi, alla pari della seguente, formulata sulla base di affermazione dei periti d'Ufficio su cui concorda anche Giubbolini, e cioè che i tre plots in questione sono da considerare rappresentativi della traccia di un bersaglio reale, a meno che non si dimostri l'esistenza di fattori particolari che possano dar luogo ad ipotesi alternative.

Si rammenti a tal proposito che il fattore particolare evidenziato da Di Marco è l'allungamento dell'eco ricevuto dal DC9 per effetto dell'elevato livello del segnale e del meccanismo di "splitting" operato dall'estrattore associato al radar Marconi; mentre quello evidenziato da Giubbolini è l'esistenza di cammini multipli dovuti a riflessioni sul terreno.

Quanto al primo fattore i consulenti di parte civile osservano che le argomentazioni del Di Marco non tengono conto:

"- del fatto che la decisione sulla presenza o meno di un bersaglio è presa sulla base del risultato dell'applicazione dell'algoritmo "moving window" operante su più echi radar successivi, e non sulla semplice osservazione del superamento di una soglia da parte del segnale ricevuto;

- del fatto che, pertanto, anche le caratteristiche di direttività dell'antenna sul piano azimutale hanno una qualche rilevanza nella determinazione del fenomeno".

I punti essenziali del ragionamento di Di Marco si possono così riassumere:

"1. L'impulso dal radar, riflesso dal bersaglio e presente quindi all'ingresso del ricevitore è di tipo rettangolare con una certa durata ( indipendente dall'ampiezza del segnale ricevuto.

2. La presenza di un filtro all'interno del ricevitore determina una deformazione dell'impulso che, dopo il filtraggio, si presenta "allungato" rispetto alla durata iniziale pari a (.

3. Poichè la rivelazione di un bersaglio è basata sul superamento, da parte del segnale ricevuto, di una soglia di decisione b, la durata dell'impulso che interessa ai fini del rilevamento è pari al tempo durante il quale l'impulso deformato supera tale soglia. Tale tempo, a causa della deformazione operata dal filtro, non è più costante, ma dipende dall'ampiezza del segnale ricevuto.

4. Se, quindi, l'ampiezza del segnale ricevuto è sufficientemente grande, la durata dell'impulso deformato (definita nel modo precedentemente indicato) può essere superiore al tempo di mascheramento introdotto dall'estrattore (azione di "blanking") equivalente, in distanza, a circa 1NM".

Pent e Vadacchino ne concludono che il ragionamento di Di Marco è qualitativamente corretto, ma deve essere completato con valutazione quantitative. Essi pertanto assumono dalla perizia Misiti dati sulla durata ( dell'impulso rettangolare trasmesso dal radar, la larghezza di banda B del filtro di ricezione e la durata T del "blanking". Sulla base di tali ipotesi e mediante una serie di formule e un diagramma dell'impulso filtrato, arrivano a determinare la condizione che deve essere soddisfatta per il verificarsi del fenomeno dello splitting, riportata in una ben precisa formula.

"La condizione riguarda unicamente il rapporto fra la sezione equivalente radar del velivolo nelle condizioni dell'ipotetico "splitting" e la sezione equivalente presentata a grande distanza (nel caso specifico quando il velivolo è visto di prua).

L'andamento della sezione equivalente radar di un velivolo al variare dell'angolo di vista è stato oggetto di numerosi studi e sperimentazioni; una sintesi di tali studi è riportata nel volume "M. Skolnik: Radar Handbook", nel quale si trovano anche vari esempi e diagrammi. In nessun caso il rapporto fra il valore minimo e massimo delle sezioni equivalenti radar supera il valore di 40dB , di ben 9 ordini di grandezza inferiore al valore richiesto".

Se ne deduce che: "La condizione necessaria per il verificarsi del fenomeno dello "splitting" per effetto dell'allungamento dell'impulso ricevuto secondo il meccanismo ipotizzato dal Di Marco non può essere soddisfatta. Su questo punto si può concludere che l'analisi del Di Marco è qualitativamente accettabile, ma quantitativamente improponibile".

Quanto alle riflessioni sul terreno e il "multipath", trattati da Giubbolini, i consulenti di parte civile analizzano il fenomeno sia dal punto di vista qualitativo (riflessione bistatica e monostatica) sia dal punto di vista quantitativo (aspetti geometrici). Quindi al fine di procedere ad una valutazione quantitativa del livello del segnale ricevuto per effetto delle riflessione, costruiscono un modello di riflessione metallica ed un secondo di diffusione. Poi per completare gli elementi necessari ad un giudizio obbiettivo sull'eventuale meccanismo di generazione dei plots osservati per mezzo di riflessione e diffusione, i consulenti di propongono di valutare, quanto meno approssimativamente gli eventuali elementi riflettenti, e localizzano le zone dei riflettori lungo la valle dell'Aniene, circa 10km oltre Tivoli, in direzione radiale rispetto a Fiumicino, approssimativamente nei territori dei comuni di S.Polo dei Cavalieri, Vicovaro e Castel Madama.

Queste le conclusioni:

"1. Le zone nelle quali dovrebbero essere collocati gli elementi riflettenti (modello di riflessione metallica) o che dovrebbero dare contributo per diffusione (modello diffusivo) sono concentrate nella valle dell'Aniene, ad una altitudine (di fondo valle) compresa fra 250 e 300m (il comune di Vicovaro si trova a 308m s.l.m.). Tuttavia fra il radar di Fiumicino e tale zona si interpongono rilievi più elevati (il punto saliente è il Monte Lecinone, con un'altitudine di 612m) che rendono impossibile il cammino diretto fra il radar e tali zone, operando una sorta di "mascheramento" elettromagnetico. In altre parole, la propagazione fra radar e centro di riflessione o diffusione non è diretta ma per diffrazione sui bordi di tali rilievi; questo fenomeno introduce attenuazione molto significativa che rende praticamente impossibile il verificarsi delle circostanze supposte.

2. Le dimensioni minime necessarie perché un riflettore metallico possa essere all'origine dei fenomeni osservati, appaiono relativamente contenute (un centinaio di metri quadrati), per cui si può ipotizzare la presenza sul territorio di una qualche struttura (capannone, ecc.) con le caratteristiche richieste. Tuttavia bisogna ricordare che le valutazioni eseguite fanno riferimento a un modello ideale di riflettore, perfettamente piano e correttamente orientato; piccoli scostamenti da tali condizioni ideali (in particolare in relazione alla planarità) possono introdurre fattori correttivi non trascurabili, per cui, nel tradurre i risultati in termini di realtà concreta, i limiti trovati vanno aumentati di almeno un ordine di grandezza.

3. Le tre zone nelle quali dovrebbero essere collocati i riflettori sono solo parzialmente sovrapponentisi, in particolare quelle relative al 1° e al 3° eco sono completamente disgiunte. Questo significa, facendo riferimento al modello con riflessione metallica che i riflettori che danno origine agli echi in questione sono più di uno; questo richiederebbe la presenza, nelle aree indicate, di più riflettori di dimensioni adeguate, perfettamente piani e perfettamente orientati in modo da attivare il meccanismo della riflessione. Il verificarsi di tali circostanze, a prescindere da qualunque altra considerazione, è da considerarsi come evento a bassa probabilità, se pure non impossibile.

4. Per quanto riguarda il modello diffusivo, va osservato che le zone individuate precedentemente sono approssimativamente rettangoli di circa 2.3x1.9km, con superficie proiettata al suolo avente un'area di circa 4,5(106m2; per ricavare una stima del valore della superficie "vista" dal radar, essendo il radar posto approssimativamente all'orizzonte ed essendo la direzione di massima pendenza di quella parte del territorio approssimativamente coincidente con una radiale rispetto al radar, basta moltiplicare l'area proiettata al suolo per la pendenza media del territorio stesso. Una stima molto approssimativa di tale pendenza porta al valore di circa 4%, per cui l'area "vista" dal radar risulta essere stimabile in 0.18(106m2, pari a meno del 20% dell'area minima richiesta; pertanto il modello diffusivo non può essere preso come base di spiegazione del fenomeno osservato.

Tali considerazioni portano alla logica conclusione che, sulla base degli elementi che si possono ricavare dall'analisi dei soli rilevamenti del DC9, i plots paralleli che compaiono a lato della traccia del DC9 non possono essere interpretati come risultati di riflessioni o di cammini multipli.

I consulenti si occupano poi dell'argomento sia di Giubbolini che di Di Marco, secondo cui i plots paralleli al DC9 non possono essere attribuiti ad un secondo velivolo, perché altro volo, l'A1141 presenta, dopo circa 40 minuti, un fenomeno analogo, e cioè la presenza di 4 plots primari in prossimità della traiettoria, a 19.27.02, 19.27.07, 19.27.14 e 19.27.19.

Questa la risposta a tale tesi. "Gli argomenti sostenuti dai due periti si possono così riassumere: se due velivoli che compiono traiettorie simili danno luogo a fenomeni simili a distanza di tempo nella stessa zona, allora questi fenomeni sono da attribuirsi a caratteristiche dei siti sorvolati, piuttosto che a caratteristiche dei velivoli stessi.

Il ragionamento potrebbe anche essere preso in considerazione se potesse essere interpretato nel senso che il fenomeno viene osservato per tutti i voli che transitano in quella particolare zona. Sfortunatamente i periti in questione, dimostrando scarsa onestà intellettuale, hanno "dimenticato" il particolare che sulla stessa zona sono transitati altri 6 voli (per la precisione A5346, A0444, A0227, A1142, A0445 e A0446) che non hanno manifestato alcun fenomeno particolare.

Va osservato in particolare che le traiettorie dei voli A0444 e A0445 sono assai più "vicine" a quella del DC9 (almeno quando si osservano i plots primari) di quanto non lo sia quella del volo A1141, e pertanto sarebbero in condizioni altrettanto "favorevoli" al verificarsi di fenomeni di riflessione o di "multipath"."

Procedono poi a raffigurare il volo A1141 con sezioni a quote 0, 300m., 600m., 900m., e 1200m.. Si vede così che la situazione è del tutto analoga a quella osservata per il volo A1136, con la sola differenza che le zone interessate, trovandosi spostate più a Ovest, rispetto a quelle individuate per il DC9, non risultano più mascherate dal monte Lecinone.

Peraltro le zone d'interesse individuate per il volo A1136 e quelle per il volo A1141 sono quasi completamente disgiunte. La sovrapposizione riguarda unicamente il quarto dei 4 plots primari osservati intorno al volo A1141.

"Riteniamo pertanto non corretto affermare che il fenomeno osservato induce a ritenere "che esistessero condizioni territoriali particolari, legate all'orografia del terreno, che provocassero multipath..." come scrive Giubbolini; va rilevato che le condizioni orografiche vanno osservate non già "in corrispondenza degli echi sdoppiati" come indicato nella memoria Giubbolini, ma in corrispondenza della zona del terreno che può dar origine al multipath, la quale, come è stato visto in precedenza, non si trova in corrispondenza degli echi sdoppiati, ma a oltre 5km di distanza.

Zone diverse possono avere caratteristiche diverse, e pertanto l'associazione delle due sequenze di plots primari ad un unico fenomeno appare quanto meno arbitraria, e appare ancor più arbitraria se si ricorda che nella stessa zona sono transitati almeno altri due voli (A0444 e A0445) per i quali non si sono manifestati analoghi fenomeni".

Si è proceduto infine al confronto con altri voli - A0226, A1130, A1135, A1137, A2000a, A2000b, A5341, A5355 - traendo da questo esame la conclusione che nessuna delle sequenze di plots primari osservate in vicinanza di tracce di velivoli composti di plots combinati è interpretabile come dovuta ad effetti come lo "splitting" o fenomeni come il "multipath". Le sequenze osservate sono riconducibili a:

- velivoli reali (A0226, A1137, A2000a, A2000b e presumibilmente A1130);

- interazione con velivoli reali (A5341, A5355);

- lobi laterali (A1135).

"Anche le considerazioni" - proseguono i consulenti - "sull'orografia dei luoghi sorvolati dai due aerei in questione (A1136 e A1141) appaiono fuorvianti: le colline e i monti alle spalle (rispetto a Fiumicino) di Tivoli non sono le uniche formazioni collinose che troviamo nei dintorni dell'aeroporto; basti pensare ai Colli Albani a ESE, ai Monti Prenestini a E, ai Monti Sabatini a N, eppure su nessuna di queste formazioni collinari o montagnose sono stati osservati plots primari riconducibili a riflessioni o a multipath.

Si verifica cioè una situazione ben diversa rispetto all'interpretazione dei plots primari PR5, PR6, ecc: in quel caso il fenomeno della generazione di plots primari per effetto dei lobi laterali di antenna è stato ampiamente verificato in molti casi diversi dal volo del DC9 che hanno consentito di costruire un modello di studio sostanzialmente validato dalle osservazioni; pertanto l'esistenza di questo fenomeno trova una conferma in una serie di test effettuati su tracce al di fuori di ogni sospetto.

Per quanto riguarda invece il fenomeno dello "splitting" nessuna conferma viene dall'analisi esaustiva dell'insieme dei dati disponibili. Pertanto ricorrere, per la spiegazione delle tracce primarie in questione, a un meccanismo non confermato appare pretestuoso e non corretto tecnicamente".

Le argomentazioni di questa relazione appaiono convincenti, penetranti e più dettagliate di tutti i precedenti documenti, né appaiono motivi per non assumerle a fondamento della ricostruzione dei fatti.

D'interesse anche le deduzioni sul volo A1141. "Una delle conclusioni che possono apparire sorprendenti alla luce di quanto esposto precedentemente è che non solo i plots primari che affiancano il volo A1136 debbono essere attribuiti a un bersaglio reale, ma lo devono essere anche quelli che affiancano il volo A1141..." "... già l'analisi Picardi aveva posto in evidenza la presenza di almeno altri 3 plots (A, F e G) interpretabili come echi di bersagli reali. Il fatto che anche i plots C, D, E, venendo a cadere l'interpretazione in termini di "splitting", siano da interpretare come bersagli reali è perfettamente congruente e fornisce anche un quadro logicamente più soddisfacente di quanto non lo sia quello che si evince considerando i plots C, D ed E come "falsi plots": che senso avrebbe la presenza di tre plots "fantasma" accanto a tre plots verosimilmente reali, che con essi correlano?

La menzione della relazione Picardi non è certamente casuale, ma tiene conto del fatto che a tale relazione fanno certamente riferimento i periti Giubbolini e Di Marco nel corso delle loro argomentazioni: come altrimenti spiegare il fatto che sia il Giubbolini sia il Di Marco parlino di tre plots doppi, ecc., quando anche da un semplice esame visivo della figura precedente è evidente che i plots "simili" al caso A1136 sono quattro? E' evidente che implicitamente accettano la classificazione Picardi (che attribuisce al quarto plot in questione la qualifica di UFO), ma dimenticano (o forse volutamente ignorano) la presenza nell'intorno della traiettoria A1141 di altri plots (e in particolare del quarto) in qualche misura associabili a bersagli reali.

Chiaramente, la presenza di un velivolo in prossimità del volo A1141 configura uno scenario lievemente diverso da quello fin qui preso in considerazione.

Finora si è sempre ipotizzato che il velivolo "nascosto" utilizzasse il DC9 come schermo per transitare verso Sud senza essere visibile all'osservazione radar. Se tuttavia tale operazione di trasferimento avesse dovuto interessare più velivoli, sarebbe stato ragionevole evitare di raggruppare tutti i velivoli nell'ombra di un unico aereo di mascheramento, e quindi utilizzare aerei di mascheramento diversi per ciascuno degli aerei da trasferire.

Il volo caratterizzato dalla sigla A1141 ha in effetti caratteristiche "buone" da questo punto di vista: infatti si trattava di un volo proveniente dall'Aja e diretto a Mombasa, con rotta Ambra 14, Teano, Sorrento, Green 8, Caraffa, Rosso2, in grado di attraversare tutto lo spazio aereo italiano e quindi capace di fornire copertura fino ai margini dell'area osservata dalla difesa aerea, molto più di quanto non fosse in grado il volo A1136 (che avrebbe terminato il volo a Palermo)".

Queste argomentazioni potrebbero essere congruenti con l'ipotesi già formulata in altra parte di questo provvedimento, di trasferimenti sul Tirreno quella sera di più velivoli.

A chiusura della relazione i consulenti scrivono le conclusioni sui rilevamenti delle 18.40.27, 18.40.32 e 18.40.37. "...essi sono da considerare rappresentativi della traccia di un bersaglio reale, a meno che non si dimostri l'esistenza di fattori particolari che possano dar luogo ad ipotesi alternative. Riassumiamo qui gli elementi emersi nell'analisi di possibili ipotesi alternative:

1. Per quanto riguarda l'allungamento dell'eco conseguente ad un livello elevato del segnale ricevuto, è stato dimostrato nel par.2.1 che tale ipotesi è sì qualitativamente accettabile ma quantitativamente improponibile. Ciò è inoltre confermato dal fatto che altri aerei si sono trovati in condizioni del tutto simili al DC9, senza produrre tali effetti (v.par.2.3)

2. Per quanto riguarda l'ipotesi di riflessioni sul terreno e/o multipath, si è dimostrato nel par.2.2.4 che il modello diffusivo non è applicabile in quanto non in grado di produrre un segnale ricevuto sufficiente per la rivelazione.

3. Per quanto riguarda il modello con riflessione metallica, le valutazioni contenute nel par.2.2.3 indicano che esso potrebbe essere idealmente sorgente di echi spuri quali sono stati osservati; tuttavia la successiva analisi relativa alla localizzazione di tali ipotetici riflettori (par.2.2.5) mostra che sarebbe stata necessaria la presenza di più riflettori nelle posizioni opportune e che tali riflettori avrebbero dovuto trovarsi in zone non illuminabili dal radar in quanto mascherate da formazioni collinose o montuose che si frappongono fra il radar e tali zone.

4. Il confronto con il volo A1141 mostra anzitutto che l'interpretazione data dai periti di parte imputata, che accomuna i plots primari che compaiono accanto a tale volo e quelli accanto al DC9 come risultati di effetti dell'orografia delle zone sorvolate, appare impropria, in quanto è stato dimostrato che le zone sul terreno eventualmente all'origine dei fenomeni osservati nei due casi sono differenti (par.2.3).

5. Inoltre un'analisi più completa del volo A1141 mostra che accanto a tale volo, oltre ai tre plots primari considerati dai periti di parte imputata, sono presenti altri tre plots che già la perizia Misiti aveva classificato come attribuibili a bersagli reali (par.2.5); pertanto l'ipotesi che accanto al volo A1141 sia presente un altro velivolo appare rafforzata, e, per la similitudine fra i due voli più volte invocata, tale ipotesi viene rafforzata anche per quanto riguarda il DC9.

6. Le valutazioni eseguite sull'intero insieme di registrazioni disponibili mostrano (par.2.4) che nessuna delle sequenze di plots primari osservate in vicinanza di tracce di velivoli composte di plots combinati è interpretabile come dovuta ad effetti come lo "splitting" o fenomeni come il "multipath" che sono stati invocati dai periti di parte imputata come "fattori particolari" in grado di fornire giustificazioni alternative.

7. Va infine osservato che nella stessa zona sono transitati altri voli (v.par.2.3) che, pur trovandosi in condizioni del tutto simili a quelle in cui si è trovato il DC9, non hanno dato luogo a fenomeni simili a quelli osservati sul DC9 stesso.

Dunque, per tutti i motivi sopra esposti, non sussiste l'esistenza di "fattori particolari" che possano fornire spiegazioni alternative, e pertanto i plots in questione devono considerarsi appartenenti ad una traccia reale".

Oltre questi plots primari, affermano i consulenti, costituiscono elementi a prova della presenza di un velivolo nascosto: i plots primari generati dal DC9 per effetto di lobi laterali di antenna, le fluttuazioni azimutali nella parte terminale della traiettoria, i plots osservati dopo l'incidente.

Del primo fenomeno già s'è detto nell'esame del precedente documento di parte civile là ove si afferma che il DC9 si comporta, "come se presentasse una sezione equivalente radar maggiore di quella tipica di un aereo delle sue dimensioni, ma paragonabile a quella di aerei di dimensioni maggiori"; e se ne fa conseguire che tale incremento di sezione equivalente radar può esser dovuto unicamente alla presenza di un altro velivolo, che con la sua presenza aumenta l'intensità dell'eco radar ricevuto.

Del secondo, le fluttuazioni azimutali nella parte terminale della traiettoria, già analizzate in precedenti documenti di quella parte, si ricorda che:

- era stato messo in evidenza uno scostamento fra risposte di solo SSR e risposte combinate piuttosto elevato, riconosciuto anche nella perizia Misiti come superiore a quanto atteso per effetto della polarizzazione dovuta all'integratore presente nel solo radar Marconi; a causa di questo scostamento l'analisi di congruenza aveva messo in evidenza l'esistenza di due possibili tracciati, uno dei quali coincidente con il tracciato prodotto dal radar Selenia, l'altro significativamente distanziato.

- questo fatto è stato confermato dal fatto che, nel procedimento adottato per allineare le risposte del radar con i ritrovamenti in mare, è stato necessario scartare alcuni plots del radar Marconi eccessivamente "lontani" per effetto di tale scostamento allo scopo di ottenere una buona coincidenza fra dati radar e dati dei ritrovamenti.

- era infine stato messo in evidenza che gli scostamenti azimutali osservati erano caratterizzati oltre che da un elevato valore anche da una regolarità che mal si concilia con la natura casuale che di norma viene attribuita a tali scostamenti; l'analisi spettrale della sequenza ricevuta infatti ha mostrato uno spettro diverso da tutti quelli osservati per altri voli in condizioni simili a quella del DC9.

Queste anomalie sono perfettamente giustificate dalla presenza di un altro velivolo nella scia del DC9 che altera in senso azimutale le risposte ricevute dal radar primario (dalle quali dipende la coordinata azimutale del rilevamento combinato Marconi) mentre non influisce sulle risposte ricevute dal radar secondario (che costituiscono la maggioranza dei rilevamenti Selenia nella parte terminale)".

Quanto al terzo, i plots dopo l'incidente, anche da essi si desumono elementi a favore della presenza di un velivolo nella scia del DC9. Infatti "- tali rilevamenti, corretti per tener conto dei vari fenomeni di mascheramento, portano ad ipotesi di traiettorie perfettamente congruenti con le osservazioni radar immediatamente precedenti l'incidente; - il meccanismo di "mascheramento" sembra preferibile a quello di "cattura" per collegare correttamente i rilevamenti prima dell'incidente a quelli successivi".

Infine le conclusioni generali, che chiaramente discendono dalle argomentazioni esposte e su cui allo stato non si può non concordare, giacchè lo studio appare il più approfondito ed evoluto rispetto a tutti i precedenti documenti radaristici.

"Gli argomenti ricordati nei paragrafi precedenti hanno evidentemente differenti capacità probatorie: se al primo di essi (plot primari delle 18.40.27, 18.40.32 e 18.40.37) non si può non riconoscere la qualifica di "prova certa", esso tuttavia non garantisce che un velivolo, presente presso il DC9 venti minuti prima dell'incidente lo sia ancora al momento in cui l'incidente stesso si è verificato. Un'altra prova "forte" della presenza di un velivolo nascosto è fornita dall'interpretazione dei rilevamenti radar dopo l'incidente: senza tale velivolo alcuni dei plots osservati rimangono senza spiegazione (se non quella del "falso allarme", che tuttavia non è stata presa in considerazione nemmeno dai più fieri detrattori della teoria della presenza del velivolo aggiuntivo).

Gli altri elementi, che di per sè non sarebbero forse sufficienti a sostenere la tesi del velivolo nascosto, forniscono invece, se considerati nel complesso delle osservazioni discusse in questo studio, forti elementi a supporto della tesi.

In conclusione, le anomalie osservate durante e dopo la traiettoria del DC9 sono ampiamente sufficienti a far riconoscere che il volo del DC9 non si presenta con caratteri di "normalità", e che l'unica ipotesi in grado di spiegare congiuntamente e compiutamente tutte le anomalie osservate è che nella scia del DC9 sia effettivamente presente un altro velivolo".

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