Capitolo IX

Perizia tecnica Blasi ed altri.
Quesiti supplementari - 26.05.90.

A seguito del deposito della relazione tecnica Blasi e per effetto del contenuto delle risposte ai quesiti, questo GI decideva di porne di nuovi allo stesso collegio ed in tal senso emetteva ordinanza in data 18.09.89 con convocazione per il 29 settembre successivo.

Questo giorno a detto collegio venivano posti i seguenti quesiti:

-Accertino i periti, sulla base degli ulteriori documenti acquisiti (relazione della Commissione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Relazione redatta dallo Stato Maggiore dell'Aeronautica nonché il documento del Ministero della Difesa prot.n.2/16245/4.11.7/90 del 4.04.89 o acquisibili agli atti, nonché di tutti quelli già in atti, dopo il deposito della perizia principale;

1. con la maggiore precisione possibile, quale sia stata la traiettoria del DC9 Itavia e dell'aereo estraneo la cui traccia è rappresentata graficamente nella figura III H-17 di pag.195 del volume I dell'elaborato peritale d'Ufficio in atti in relazione alla possibile posizione di lancio di un missile del tipo esistente al momento dell'incidente;

2. quale sia la testa di guerra che corrisponde al tipo di missile identificato compatibile con tutti i dati già raccolti e sulla base delle risultanze di cui al punto precedente;

3. se in base a quanto sopra accertato sia possibile pervenire all'accertamento della provenienza del missile stesso;

4. quanto altro ritenuto utile ai fini di giustizia.

All'inizio di questa perizia l'interesse si ravviva, lo scontro si accentua e vengono effettuate numerose nomine di consulenti di parte. In primo luogo quelle di parti imputate. L'avv. Taormina nomina nella qualità di difensore del capitano Fulvio Salmè, il tenente colonnello Maurizio Ludovisi; del tenente Muti Sebastiano, il maggiore Marcello De Scisciolo, del capitano Adulio Ballini, il colonnello Andrea Torri; del tenente Giordano Avio, il colonnello Franco Di Marco (v. nota 04.10.89). L'avv. Mazzucca nella qualità di difensore del tenente Antonio Massaro e del sergente maggiore Tozio Sossio nomina il tenente colonnello Giorgio Dell'Oro, ingegnere aeronautico e il capitano Salvatore Di Natale, esperto radar Difesa Aerea (v. nota 03.10.89).

Quindi quelli delle parti civili: l'avv. Fassari, per l'Itavia, conferma la nomina del prof. Dino Giuli, del dr. Antonio Ugolini, del comandante Renzo Dentesano e del prof. Giancarlo Umani Ronchi; l'avv. Ferrucci nomina il comandante Cesare Plantulli e l'avv. Franco Di Maria nomina il dott. Paolo Miggiano.

Come si nota le parti imputate mostrano di voler seguire, a differenza del passato, i lavori peritali, e si avvalgono in questa fase di personale esclusivamente militare e della stessa Arma alla quale appartengono. Non solo: molti degli esperti nominati hanno già collaborato a diverse indagini e ricerche ordinate dal Pubblico Ministero nella fase dell'istruzione sommaria.

In questa perizia si verifica la prima spaccatura di un collegio peritale. Spaccatura gravissima, sia perché avviene in quella che è la perizia principale, d'ordine generale in quanto con quesiti sulla causa del disastro, sia perché per più versi appaiono elementi di regresso rispetto alle prime risposte di quel collegio, sia perché afferisce a tutti i quesiti, è radicale, e appare insanabile, come sarà confermato anche dalle risposte ai quesiti a chiarimento.

Le risposte sono divise in due netti e distinti blocchi; da un lato Blasi e Cerra, dall'altro Imbimbo, Lecce e Migliaccio.

Queste le risposte dei primi periti:

Risposta al quesito n.1.

Da quanto ampiamente chiarito nelle pagine che precedono non si possono definire le traiettorie del DC9 e del velivolo estraneo. Dall'analisi sui dati radar di Fiumicino scaturisce infatti che non vi sia stato nessun velivolo estraneo nei dintorni del DC9 I-Tigi e che le due traiettorie che inequivocabilmente si individuano debbono attribuirsi la prima ai frammenti del DC9, la seconda al corpo principale dell'aereo stesso.

Risposta al quesito n.2.

Dall'analisi eseguita allo scopo e sulla base delle risultanze di cui al punto precedente è scaturito che nessuna testa di guerra per uso missilistico aria/aria è compatibile con tutti gli elementi di certezza che sono scaturiti dalle indagini.

Risposta al quesito n.3.

Sulla base di quanto accertato non è possibile pervenire all'accertamento della provenienza del missile in quanto non si sono trovate conferme della presenza dello stesso.

Risposta al quesito n.4.

E' parere degli scriventi che l'incidente occorso al DC9 I-Tigi sia attribuibile ad un'esplosione avvenuta all'interno dell'aereo per la presenza di una bomba a bordo.

Le risposte del secondo gruppo di periti sono le seguenti:

Risposta al quesito n.1.

Le traiettorie, proiettate sul piano orizzontale, del DC9 e del velivolo "estraneo" prima e dopo l'incidente sono indicate nella figura 6.2-8, con i commenti che seguono:

A) - il DC9 percorreva una rotta Nord-Sud, alla quota di 25.000 piedi, con direzione e verso ruotato nel senso orario di circa 170 gradi rispetto al Nord; la velocità era di circa 470 Nodi;

- immediatamente dopo l'incidente il DC9 si innalzava repentinamente, perdendo nel contempo velocità, e raggiungendo verosimilmente una quota compresa da un minimo di 26.000 piedi ad un massimo di 30.000 piedi, entro un tempo stimabile in circa 40 secondi;

- successivamente il DC9 iniziava una traiettoria in caduta, con lievi oscillazioni rispetto ad una traiettoria rettilinea (proiettata sul piano orizzontale) con direzione e verso Ovest-Est ed inclinazione di circa 82 gradi rispetto al Nord, nella direzione e verso del vento, scomparendo al radar (Marconi) dopo circa 175 secondi per effetto del superamento della quota minima di detezione a quella distanza dal radar stesso.

B) - Al momento dell'incidente il velivolo "estraneo" percorreva una rotta curvilinea ad ampio raggio (proiettata sul piano orizzontale) con direzione e verso Ovest-Est, incrociante quasi ortogonalmente la traiettoria del DC9.

Le prime tracce di questo velivolo si osservano almeno 90 secondi prima dell'incidente ed indicano una traiettoria iniziale di conversione da Nord verso Est (v.fig.6.2-11);

- le tracce di tale velivolo si rilevano fino a circa 100 secondi dopo l'incidente, probabilmente a causa di una rapida manovra di salita che ne determinava la scomparsa dall'area di detezione del radar Marconi;

- prima dell'incidente la velocità del suddetto velivolo, stimata sul piano orizzontale, era di circa 700 Nodi; dopo l'incidente la velocità orizzontale diminuiva rapidamente fin quasi ad annullarsi, denunciando il predetto rapido innalzamento;

- al momento dell'ultima risposta del transponder del DC9 il velivolo "estraneo" si trovava ad una distanza, nel piano orizzontale, di circa 5NM. Il lancio del missile può essere avvenuto dai 5 ai 20 secondi prima di tale momento e distanze valutabili come dalla figura 8.3-1;

- la presenza di un velivolo "estraneo", nel momento e nella zona dell'incidente, avvalora il coinvolgimento dello stesso e quindi si escludono di principio altri tipi di missili (terra-aria o mare-aria).

Risposta al quesito n.2.

Tenuto conto della traiettoria del velivolo "estraneo" (quasi ortogonale alla traiettoria tenuta dal DC9 prima dell'incidente), la testa del missile doveva essere a guida semiattiva o a guida passiva, ma di tipo avanzato. Tenuto conto della distanza stimata al momento del lancio del missile, l'ipotesi più probabile è che si tratti di un missile aria-aria a medio raggio. In relazione allo stato dei relitti recuperati del DC9 e alla mancanza di evidenti segni di scheggiatura, si ritiene possibile l'impiego di una testa di guerra del tipo "Continuous Rod".

Risposta al quesito n.3.

In base alle informazioni ufficiali ricevute e a quanto premesso ed accertato dal collegio peritale, si esclude che il missile che ha provocato l'incidente fosse di uno dei tipi in dotazione all'Aeronautica Militare Italiana all'epoca dell'incidente. Null'altro può dirsi sulla provenienza del missile stesso, non essendo emersi ulteriori rilievi, tenuto conto dell'estrema varietà dei modelli all'epoca e delle scarse notizie di dettaglio disponibili.

Risposta al quesito n.4.

Nulla è possibile aggiungere a quanto esposto in risposta ai quesiti precedenti. Si fa solo notare che esiste una sia pur debole possibilità che nell'area e al momento dell'incidente fosse coinvolto un terzo velivolo, di relativa piccola sezione radar, che percorreva la stessa rotta del DC9, ad una quota superiore od inferiore non stimabile, apparso in vista al solo radar Selenia dopo l'incidente e per qualche battuta.

Questa la premessa dell'elaborato, che attesta la spaccatura.

Nel supplemento di indagine si vedono costantemente in accordo tra loro, da un lato i periti Blasi e Cerra (BC) e dall'altro i periti Imbimbo, Lecce e Migliaccio (ILM).

 

Quindi si procede all'esame di nuova documentazione pervenuta agli atti e cioè la Relazione Pratis e quella Pisano, di cui s'è già detto. Questo esame è però compiuto solo dal gruppo Imbimbo, Lecce e Migliaccio.

Questi i commenti alla prima Relazione.

a) Sui dati radar di Ciampino:

a.1- in merito alla critica severa compiuta a quasi nove anni dall'incidente sulla relazione stilata dalla Selenia, in quanto i dati radar in assenza di transponder fornirono indicazioni imprecise, i periti ritengono che quella relazione fu redatta da esperti del settore che avevano a disposizione dettagliate informazioni sul sistema ATCAS ed avrebbero potuto facilmente a quel tempo verificarle, verifica impossibile allo stato, in particolare sulla taratura e livello di funzionamento delle apparecchiature.

a.2- ritengono poco credibile che NTSB, Itavia e Douglas non abbiano vagliato seriamente ("in maniera acritica") le informazioni ricevute dalla Selenia, e comunque non v'era alcuna prova in tal senso.

a.3- in relazione alla affermazione che i plots ricavati dai dati radar stanno solo ad indicare che i frammenti, unitamente alla restante parte dell'aereo, sono stati visibili dal radar e dispersi in un vasto spazio, non è affatto provato che si siano avuti più frammenti. La tesi che i doppi plots siano dovuti ad "echo splitting" non è più consistente dopo gli studi eseguiti - su cui si riferirà più oltre - dagli esperti; e che invece dimostrano il contrario e cioè che i doppi plots non sono dovuti a tale "echo splitting". Non è sicura - anzi vi sono serie probabilità che essi non siano casuali- la tesi che i due plots prima dell'incidente siano dovuti a falsi echi, determinatisi casualmente.

b) Sui dati radar della Difesa Aerea di Marsala e di Licola:

- la simulazione effettuata il 18.04.89 non è utile perchè il radar di Marsala non è più nelle condizioni operative e di funzionamento dell'80.

c) Sull'ispezione del relitto dell'aereo e rilievi:

- si concorda che l'arresto dei motori sia da attribuire ad una azione esplosiva "forte", che può aver provocato la rottura dei cavi di comando con conseguente esclusione del combustibile ad entrambi i motori. Azione esplosiva avvenuta quasi al centro della fusoliera nel tratto che va dalla cabina di pilotaggio all'attacco delle ali. Il tratto che va dalle ali ai motori si esclude, a parere dei periti ILM, per le mancate evidenze sui due relitti corrispondenti recuperati. Costoro alla luce delle attività svolte e delle analisi condotte nel corso di quel secondo incarico, stimano che l'ipotesi che più probabilmente giustifica l'arresto di entrambi i motori, sia la improvvisa impennata che ha certamente subìto il velivolo all'atto dell'esplosione. L'arresto dei motori a causa di una forte impennata è giustificato dall'improvviso calo di portata d'aria che può aversi in tali condizioni, il quale evento può aver comportato lo spengimento della fiamma nelle camere di combustione dei turbogetti.

d) Sui rilievi ed accertamenti relativi al ritrovamento di esplosivo nei relitti del velivolo: la circostanza che l'esplosivo contenesse sia T4 che TNT non permette più di escludere la esplosione esterna.

e) Sull'approfondimento della possibilità di attacco da parte di un "caccia": qui la Commissione comunque pervenne, anche se con qualche perplessità, alla individuazione di una possibile posizione reciproca tra l'eventuale caccia e il DC9, utile per il lancio di un missile tipo Sparrow, a guida semi-attiva radar.

f) Sulle considerazioni riassuntive di natura tecnica: il quantitativo in peso di esplosivo per abbattere un aereo civile in volo è modesto e si cita ad esempio il caso, recente per quel tempo, del 747 Pan Am, in cui il quantitativo di esplosivo fu stimato in 12kg. Nel caso in esame, il danno al velivolo, pur essendo stato tanto serio da comprometterne la integrità, non ne ha determinato il frazionamento in numerosi frammenti e la maggior parte di esso, nonostante la dispersione a seguito dell'impatto con l'acqua e delle successive traiettorie di affondamento verso fondali a 3600 metri sotto il livello del mare si è ritrovata in un'area di circa 2km di lunghezza e 0,5km di larghezza. A differenza del Pan Am, che è esploso in volo con proiezione di relitti in un'area di raggio pari al almeno 25-28km. Anche tutte le possibili interpretazioni dei dati radar non conducono al convincimento di più di due relitti principali.

Quindi ulteriori considerazioni.

1. Quella commissione afferma che con una esplosione esterna difficilmente si spiegano tracce di esplosivo incombusto all'interno del velivolo. I periti ILM fanno osservare che le tracce ritrovate sono al livello di nanogrammi, almeno per il TNT. L'esplosione interna, a giudizio della Commissione, sarebbe comprovata dalla presenza sulla parte inferiore dello sportello del bagagliaio anteriore dell'aereo di una slabbratura verso l'esterno e dal non ritrovamento della parte superiore dello stesso sportello. Il periti ILM pongono l'attenzione sul fatto che il rivestimento e la struttura interna del particolare citato non presentano segni di sovrappressione, come sarebbe stato giusto aspettarsi, se la forza esplosiva interna avesse determinato la slabbratura suddetta.

2. La stessa Commissione non sa conciliare la ipotesi della esplosione interna con la presenza sulla parte inferiore dello sportello citato di fori con andamento dall'esterno verso l'interno.

3. Si concorda con la Commissione nella considerazione che la improvvisa interruzione dell'energia elettrica dimostra che la esplosione è stata devastante e concentrata nei pressi delle prime file. Rimane ancora sostenibile la ipotesi che l'evento sia stato provocato da un frammento in grado di provocare danni nel quadro elettrico principale.

4. La Commissione dichiara conciliabile l'ipotesi della bomba interna con la presenza di T4 e TNT, in quanto non è difficile reperire in modo illecito le dette sostanze sottraendole da stabilimenti militari.

5. La tesi che alcuni frammenti della "pelle" esterna del velivolo siano penetrati nei cuscini e negli schienali per effetto della corrente d'aria ad alta velocità che si è determinata all'interno della fusoliera dopo lo "squarcio" prodotto dall'esplosione, sarebbe convincente se vi fosse una direzione decisamente preferenziale di tali frammenti, evidenza che non sembra emergere.

6. La Commissione stima che un eventuale caccia aggressore avrebbe sparato un missile del tipo Sparrow a guida semiattiva radar ad una distanza di 5,7NM, con testata "continuous rod", la cui testa di guerra, però, non è caricata con miscela di esplosivo T4 e TNT. Non viene chiarito se altri missili in dotazione a forze nazionali o Nato o di paesi terzi siano caricate con tale miscela.

7. La Commissione esprime perplessità sul significato della parola "gua", pronunciata due secondi prima dell'incidente, proprio quando la distanza tra l'eventuale aggressore ed il DC9 era di 6NM.

Al riguardo degli accertamenti relativi alle misure di sorveglianza alla partenza del velivolo, la Commissione esprime il proprio convincimento che le misure di sorveglianza all'aeroporto di Bologna fossero scarse, e tali da favorire l'azione di un qualche malintenzionato; ma dichiara anche che nessuna evidenza in tal senso era emersa.

Quanto alle informazioni non controllabili secondo le quali a bordo dovevano esserci Affatigato (terrorista) o Zanetti (intenzioni suicide) o Tricomi (GI di Firenze incaricato di indagini su traffici illeciti con la Sicilia), i periti ILM non ritengono di darvi importanza.

Quanto agli accertamenti sulle esercitazioni aereo-navali e sulle attività delle Forze Armate Italiane effettuati dalla Commissione sembrano esaurienti e tali da escludere che vi fossero esercitazioni delle Forze Italiane. Non sembra invece sufficientemente accertato che le Forze Alleate non fossero attive nello stesso momento.

Per quanto attiene alla tempestività dei soccorsi, i periti ILM condividono che essi furono tempestivamente avviati; sottolineano poi quanto emerso dalle testimonianze e cioè che il relitto, nella parte integra della fusoliera e dei piani di coda, fosse rimasto in galleggiamento o semimmersione dal momento dell'incidente e fino al mattino del 28 giugno, considerando che la macchia oleosa e i primi cadaveri sono stati avvistati alla ore 5.05Z.

Sul supposto coinvolgimento del MiG libico, la Commissione aveva ritenuto giusta la data del 18 luglio come quella di caduta sulla base delle attività di indagine svolte - inchiesta giudiziaria, relazione della Commissione mista, autopsia e testimonianze - e sul punto ILM non esprimono giudizi.

Ma sulle conclusioni, secondo cui non è possibile escludere l'ipotesi della bomba a bordo - anzi tale ipotesi viene considerata da quella Commissione più probabile, in quanto la sera del 27 giugno: 1. le condizioni di sorveglianza a Bologna erano scarse; 2. nessuna attività delle FFAA Italiane ed Alleate era in corso nella zona al momento dell'incidente; 3. i radar militari non avevano registrato alcunchè di anomalo entro un'area di 40MN da punto dell'incidente; 4. l'incidente occorso all'aereo libico non era da mettere in relazione alcuna con quella in esame - i periti ILM sono di altro avviso. La ipotesi della bomba a bordo, al di là delle considerazioni effettuate da quella Commissione, dovrebbe essere suffragata da ben altri elementi, quali, in primo luogo, una analisi dettagliata ed approfondita di tutti i relitti.

A giudizio dei periti ILM non vi sono allo stato elementi sufficienti che possano far propendere per una esplosione all'interno del velivolo e ciò sulla base di considerazioni e constatazioni, compiute nel corso delle attività peritali, sui soli rottami dell'aereo. Ovvero:

1.i tappetini collocati sotto le poltrone e recuperati nella più parte non presentano tracce di esplosione o di combustione;

2.una piccola lampadina per la illuminazione concentrata sul posto passeggeri è risultata con il bulbo in vetro integro;

3.la coibentazione all'interno del rivestimento interno della fusoliera, in ampie zone ove è messa a nudo, non presenta tracce di esplosione o di vicinanza di esplosione;

4.nessuna maschera di ossigeno è fuoriuscita dalla propria sede;

5.nessuno schienale o cuscino reca segni di combustione per vicinanze a centri di esplosione;

6.le traiettorie dei frammenti recuperati all'interno dei sedili e degli schienali, tenuto conto della densità del materiale spugnoso delle imbottiture, non sono molto estese e non sono compatibili con la vicinanza di fonti esplosive ad alta temperatura che avrebbero determinato una diversa configurazione finale di alcuni frammenti non metallici;

7.le strutture interne della cabina di pilotaggio e gli impennaggi di coda non hanno evidenziato prossimità ad una sorgente esplosiva, nè tanto meno a calore;

8.gli impennaggi di coda del velivolo sono stati ritrovati praticamente integri al loro interno e senza tracce di vicinanza a sorgenti esplosive;

9.i motori non recano danni al di fuori di quelli prodotti dall'impatto violento con l'acqua;

10.il bagagliaio principale, recuperato in buona parte, non reca all'interno tracce di esplosione o di combustione o di azioni meccaniche violente;

11.il bulbo di una lampadina dello stesso bagagliaio è rimasto integro;

12.la parte inferiore dello sportello del vano bagagli anteriore, su cui sono stati trovati due fori con andamento dall'esterno verso l'interno, prodottisi a velocità superiori a quelle dell'impatto, è stato trovata praticamente integra nella zona del rivestimento interno, privo di schiacciamenti e/o combustioni;

13.frammenti del rivestimento esterno sono stati trovati all'interno di cuscini e schienali;

14.i carrelli principali, sono stati trovati staccati ma praticamente integri e senza segni di esplosione ne' di bruciature, con i pneumatici integri;

15.il carrellino anteriore è stato trovato praticamente integro;

16.sono state rinvenute alcune macchie scure, con significative percentuali di carbonio amorfo forse frutto di combustione, su superfici esterne del velivolo nella zona latero-anteriore;

17.le prove acustiche hanno consentito di valutare come esterni i rumori registrati dal microfono in cabina collegato al voice recorder, qualche decimo di secondo prima della interruzione elettrica.

Sulla relazione dell'inchiesta dello Stato Maggiore Aeronautica i periti ILM - dopo averne così riassunto le conclusioni:

- "nessun velivolo aerotattico della F.A. era in volo e nessuna attività era in atto nei poligoni di tiro della F.A."

- "gli enti del controllo della T.A. hanno operato nel pieno rispetto delle norme e gli operatori non hanno rilevato alcuna anomalia o interferenza attorno alla traccia del DC9 Itavia". Anche se relativamente al solo centro radar di Licola "sono rilevabili errori, imprecisioni ed incompletezze che, pur se in parte certamente riconducibili alle modalità di lavoro di un sito fonetico manuale, evidenziano nel loro insieme una conduzione delle attività in certa misura non ottimale e, per certi aspetti, approssimativa"

- "tutte le operazioni di soccorso si sono svolte nel pieno rispetto delle norme e procedure"

- "non vi è stato alcun comportamento dilatorio" circa le richieste dell'AG, anche se "le numerose e diversificate richieste concernenti i nominativi del personale presente presso gli enti della D.A. ed in particolare posizioni e servizi al momento dell'incidente o in periodi che lo comprendevano, hanno avuto, in effetti, risposte imprecise ed incomplete"

- circa la discussa presenza di un aereo nelle vicinanze del DC9 I-Tigi e la correttezza di alcune indagini svolte dal generale Rana "ciò pone un serio dubbio sulla conclusione del collegio peritale coordinato dal prof. Blasi e potrebbe aprire nuovi interrogativi, rendendo, fra l'altro, indispensabile la valutazione di altre ipotesi" - espongono le nuove informazioni acquisite e cioè che:

- il centro radar di Marsala poteva rilevare un aereo del tipo DC9 nella zona dell'incidente, fino alla quota massima di 8000 piedi. Infatti a pag.18 dell'inchiesta SMA si afferma: "...Con particolare riferimento alla zona in cui è avvenuto l'incidente del DC9 Itavia, si osserva che l'integrazione delle coperture dei radar dei citati Centri (Licola e Marsala; nde) è tale che un velivolo di linea tipo DC9 può essere rilevato sul punto 39 gradi 43'N e 12 gradi 55'e fino ad una quota minima di 8000 piedi, mentre un velivolo da caccia senza sistema di identificazione sullo stesso punto è al limite della rilevabilità già a 25.000 piedi. Ciò in quanto la visuale del Centro Radar di Marsala sul punto in questione è compromessa dalla presenza del monte Erice.".

Inoltre il generale Bartolucci, all'epoca Capo di Stato Maggiore "pro-tempore" dell'AM, afferma nell'allegato F1, pag.4, della relazione SMA "...Con riferimento alla situazione della Difesa Aerea del tempo, e con particolare riferimento a quella dei Centri Radar di Licola e Marsala, ritengo che anche con le limitazioni di allora i due Centri avrebbero dovuto vedere attorno al DC9, data la quota e la distanza dello stesso, a meno di problemi di potenza per il Centro di Licola o di coni d'ombra per quanto concerne il Centro di Marsala, forse schermato da monte Erice...".

Sempre riferendosi al velivolo estraneo di cui si parla nella perizia Blasi, a pag.74 dell'inchiesta SMA si ripete che "...ad identiche conclusioni (cioè esclusione della vicinanza di un velivolo al DC9 ndr) induce l'esame dei tracciati dei Centri Radar di Licola e Marsala che, oltretutto, avrebbero dovuto avvistare con maggiore precisione la presenza di detto velivolo anche perché lo stesso sarebbe stato decisamente all'interno delle loro portate mentre sarebbe stato ai limiti di quella di Ciampino...".

In sostanza si hanno valutazioni anche se qualitative sulle portate dei radar di Licola e Marsala, valutazioni che è lecito supporre di tipo operativo, nate cioè dalla lunga pratica avutasi su questi Centri.

Nell'alleg.E4 richiamato a pag.24 della relazione SMA e riprodotto in fig.2.3-1, vengono indicati "gli avvistamenti di Marsala entro 70NM dal DC9 I-Tigi fra le 18.57Z e le 19.04Z".

Dalla figura appare che i tecnici dell'AM attribuiscono il valore di effettivo avvistamento del DC9 I-Tigi alla registrazione delle ore 18.59' 57" rintracciabile sul nastro agli atti; si confermerebbe quindi, per ragioni non esposte nella relazione e che non si è in grado quindi di valutare, l'analoga interpretazione che in proposito successivamente si esporrà.".

Quanto ad altri documenti, ILM precisano che in relazione al tipo di esplosivo impiegato nelle teste di guerra di missili aria-aria, era pervenuta agli atti del processo una comunicazione del Ministero della Difesa in data 04.04.89 con la quale si precisava che:

- la testa di guerra del missile Sparrow AIM 7 non conteneva l'esplosivo T4,

- la testa di guerra del missile Sidewinder AIM 9-B conteneva l'esplosivo T4, e che tali informazioni si fondavano sulla documentazione pervenuta dal Navy Office of Technology Transfer and Security Assistence degli Stati Uniti.

Sul riesame dei dati radar, preliminarmente l'intero collegio riferisce in sintesi le attività peritali compiute. Emerge così che dalle riduzioni dei nastri di Marsala, in particolare l'1 e il 2, "si sono ottenute molte informazioni in più di quanto ricavato nel 1985. Ciò in quanto all'epoca della prima estrazione nessuno aveva segnalato al collegio la presenza delle ulteriori informazioni contenute nei nastri e ciò, si presume, è accaduto in quanto i nastri erano "classificati" in ambito della NATO.".

Risulta altresì che il collegio si è avvalso di specialisti dell'ITAV e della BTA-DA di Borgo Piave per chiarimenti sul sistema Nadge e sulle caratteristiche dei radar della Difesa Aerea all'epoca dell'incidente. I tecnici erano stati il tenente colonnello Pongiluppi, i maggiori Bello, Crocetta e Cipriani, il capitano Fagiani.

Si apprende infine che il collegio si è avvalso di ausiliari per l'approfondimento di alcune questioni, come l'effettivo funzionamento dei radar Marconi e Selenia e come quello delle teste di guerra dei missili; così come si deciderà di ripetere le esperienze foniche su spari effettuati all'interno e all'esterno dell'aereo e di approfondire, per il tramite della Douglas, le caratteristiche aerodinamiche del DC9 I-Tigi e il comportamento del velivolo dopo l'incidente.

In dettaglio quindi venivano riportati in questa sintesi preliminare le dichiarazioni degli esperti sopra menzionati: A) Sul funzionamento del sistema Nadge; B) Sui sistemi radar di Marsala e di Licola; C) Sulle interpretazioni dei tabulati Nadge. Dichiarazioni che saranno usate in più occasioni e sul cui valore a lungo si discuterà. Ragion per cui di rilevante utilità appar riportarle integralmente.

"A) Sul funzionamento del sistema Nadge.

Dal verbale del 4.01.90, pagg.12-13-14:

"a)la data che compare sui nastri, presente sulla riduzione dei dati in esso contenuti, viene impostata dall'operatore, mediante l'uso di una apposita scheda, al caricamento del programma e comunque allo scadere della mezzanotte (GMT);"

b) le informazioni registrate dal sistema Nadge sono relative alla "simbologia generata dal computer ed associata probabilmente ad un velivolo; la cadenza di registrazione non è fissa ma viene stabilita al momento dell'inserimento della scheda che attiva lo specifico tipo di registrazione. Essa stabilisce il numero delle tracce da non registrare prima di individuare un aggiornamento/correlazione da sottoporre a registrazione. L'indice di frequenza di registrazione posto pari a 0 oppure 1 comporta la registrazione di tutti gli aggiornamenti delle tracce. L'indice pari a 2 comporta la registrazione di una traccia si e di una no nella successione temporale degli aggiornamenti delle tracce. L'indice pari a 3 comporta la registrazione di una traccia si e di due no nella successione temporale degli aggiornamenti delle tracce; e così via continuando per indici più elevati;

c) l'interrogazione di quota viene eseguita ciclicamente in maniera automatica dal computer oppure a causa di richiesta manuale dall'operatore. La misura e l'inserimento del dato nel sistema viene effettuata dall'operatore alla "consolle" del radar di quota;

d) la inizializzazione di una traccia può essere eseguita per via manuale dall'operatore alla "consolle" oppure per via automatica dal computer. Per via manuale l'operatore effettua due azioni: 1) New track; 2) Position update; le due azioni sono necessarie in aree di tracciamento manuale. In aree di tracciamento automatico è sufficiente la sola prima azione. Per via automatica, solo in aree ad inizializzazione e tracciamento automatico, nell'arco di tempo che va da 5 a 7 giri d'antenna avviene la inizializzazione di una traccia, sempre che i ritorni radar siano congruenti secondo algoritmi prefissati.".

B) Sui sistemi radar di Marsala e Licola.

Dal verbale del 4.01.90 pagg.14-15:

"a)dai diagrammi di copertura teorici dei radar di Licola e Marsala si desume che il luogo dell'incidente poteva essere coperto da entrambi i radar per un velivolo con superficie riflettente di 8 mq fino alla quota minima di 8000 piedi; invece per un velivolo con superficie riflettente di 2mq la quota minima sale a circa 25.000-26.000 piedi. Si osservi però che, considerata la vetustà delle apparecchiature in questione, si può ragionevolmente pensare ad un degrado delle prestazioni teoriche fino ad un 20% circa;

b)la possibilità di discriminare in distanza due velivoli è teoricamente di 450 metri per entrambi i radar di Licola e di Marsala;

c)la discriminazione in azimuth, riferita al luogo dell'incidente, è teoricamente di circa 3 miglia nautiche per Marsala (tale discriminazione è relativa ad un'ampiezza teorica del fascio a metà potenza di 1,3 gradi in orizzontale). Per Licola la discriminazione è di circa 3,3 miglia nautiche (riferita ad un'ampiezza del fascio a metà potenza di 2,5 gradi in orizzontale)."

Viene anche precisato che "i diagrammi di radiazione delle antenne dei due radar di Licola e Marsala presi a riferimento sono relativi a propagazione in spazio libero e comunque sono quelli a corredo dei manuali degli apparati.".

C) Sulla interpretazione dei tabulati Nadge.

Dal verbale del 5.01.90:

"Dall'esame dei tabulati Track History Recording e Console Data Recording si è verificato che dalle ore 18.18 sino alle 19.04, 16 tracce di aeromobili sono state inizializzate manualmente, che hanno il tracciamento automatico e che erano concentrate nei quadranti I, II e IV. Si è inoltre accertato che a partire dalle ore 12.11 avvengono quattro modifiche del mascheramento (più precisamente alle ore 12.20-17.20-17.53-18.36). A detta degli esperti Nadge ciò significa che gli operatori presso il sito di Marsala hanno ritenuto opportuno modificare le soglie di detezione del videoestrattore al fine di adattarsi alla modificata situazione di propagazione anomala del radar.

Ad ulteriore supporto si è fatto rilevare che tre dei quattro mascheramenti sono stati effettuati a breve tempo l'uno dall'altro, nelle ore prossime al tramonto del sole.".

Dal verbale del 23.01.90 pag.2 e 3:

"Dall'esame dei tabulati Track History Recording e Console Data Recording, emergono le seguenti informazioni:

la registrazione della traccia del DC9 I-Tigi non si è interrotta al tempo 18.58.47, bensì alle ore 19.00.326.

Le ultime due registrazioni avvenute ai tempi 18.59.574 e 19.00.326, dimostrano che la traccia non è più correlata con un ritorno radar.

Il TPO ha agganciato la traccia del DC9 alle ore 18.59.544"

Detta attività si può spiegare col fatto che vi sia stato un ritorno radar analogico, un ritorno radar digitale (plot), ovvero l'operatore può avere effettuato l'aggiornamento del sintetico ipotizzando la posizione di un plot inesistente.

La mancata evidenza di registrazioni di plots relativi al relitto/i del DC9 durante i tre minuti nel corso dei quali il radar Marconi, dopo l'incidente, ha continuato a registrare la presenza di tali oggetti è spiegata dal fatto che il sistema Nadge non registra plots come l'ATCAS, bensì tracce (simbologia sintetica).

La mancata inizializzazione di una traccia connessa al relitto/i del DC9 è legata al fatto che il sistema Nadge permette due tipi di inizializzazioni, automatica o manuale.

L'inizializzazione automatica, nel caso si presentino plots in accordo agli algoritmi di inizializzazione, avviene in un tempo corrispondente da un minimo di 5 ad un massimo di 7 giri d'antenna.

La correlazione iniziale tra il primo plot ed il secondo (consecutivi) avviene solo nel caso che il parametro velocità sia compreso tra 50 Nodi e Mach=3.

L'inizializzazione manuale viene effettuata dall'operatore o dagli operatori alla consolle di sorveglianza. L'operatore inizializza di norma in corrispondenza di un ritorno radar, quando la sua esperienza gli permette di ipotizzare la presenza di un velivolo.

Da quanto precede si può arguire che "non è stata inizializzata nessuna traccia connessa al relitto perché o l'area era ad inizializzazione automatica (ed i ritorni radar, qualora presenti, non erano in accordo con gli algoritmi di inizializzazione automatica), oppure perché l'operatore nel caso di inizializzazione manuale, non ha rilevato presenza di ritorni radar congruenti, a suo giudizio, con una traccia o perché non li ha visti o perché non presenti."

Per quanto attiene alla possibilità o meno che il DC9 fosse in vista del radar così come veniva visto dal radar Marconi di Fiumicino, si può dare risposta da un punto di vista tecnico solo "avendo i diagrammi di copertura reali del sito", da un punto di vista operativo "solo se si conoscessero le condizioni atmosferiche (propagazioni anomale) che in quell'ora ed in quel giorno vigevano nel luogo."

Dall'esame del tabulato Console Data Recording risultano numerose operazioni di mascheramento intorno ai tempi 17.20.00, 17.53.00, 18.36.00. Dette operazioni di mascheramento fanno ritenere molto probabile una situazione di propagazione anomala. Il numero delle azioni di mascheramento (elevato) fa ancora pensare che tale situazione di propagazione anomala si presentava in maniera "variegata" cioè non uniformemente distribuita nei 360°.

I plots riconosciuti come appartenenti al DC9 I-Tigi, prima dell'incidente, recavano l'informazione SIF (corrispondente a transponder in funzione) la qual cosa non aiuta a capire se negli istanti precedenti l'incidente il plot venisse visto dal radar primario.

Per effetto di tali informazioni, il collegio aggiungeva più precisazioni in rilevanti passaggi della parte radaristica su Marsala della perizia del marzo precedente.

Anche al riguardo di queste precisazioni, dal momento che esse diverranno oggetto di annose questioni, appare opportuno riportarne integralmente il testo.

Pag.150, rigo 14:

"In seguito ad informazioni successivamente acquisite è risultato che la data viene impostata dall'operatore al momento dell'inserimento del nastro nel registratore...omissis...".

Al riguardo si precisa che, come detto dagli esperti del Ministero della Difesa, la data che compare sui nastri, viene impostata dall'operatore, mediante l'uso di una apposita scheda, al caricamento del programma e comunque allo scadere della mezzanotte (GMT). Tale operazione viene sincronizzata ogni giorno tra i vari sistemi Nadge.

Pag.150, rigo 20:

"...omissis... degli operatori del centro usare ciclicamente i nastri disponibili senza effettuare cancellazioni sui vecchi.".

Al riguardo si precisa che è prassi dei CED (Centro Elaborazione Dati) riutilizzare i nastri non vergini non inficiandosi in alcun modo la nuova registrazione in quanto i nuovi dati cancellano automaticamente i dati precedentemente memorizzati.

Pag.151, rigo 17:

"...omissis...come si può osservare dalla tabella citata, gli intervalli di tempo tra un ritorno radar ed il successivo, ...omissis...sono molto variabili...omissis...".

Al riguardo sono necessarie le seguenti precisazioni:

1. A differenza di quanto avviene nel sistema ATCAS, il Nadge non registra i dati relativi ai ritorni radar (plots) bensì la simbologia che generata dal computer viene associata al plot stesso. Le posizioni delle tracce riportate nel tabulato si riferiscono di conseguenza non alla posizione degli eco radar, ma alle posizioni dei simboli associati ad essi.

2. La variabilità della frequenza di registrazione riscontrata nei tabulati è connessa alla logica del processo di registrazione usato nel sistema Nadge. Le informazioni registrate dal sistema Nadge infatti, sono relative alla simbologia generata dal computer ed associata probabilmente ad un velivolo; la cadenza di registrazione non è fissa ma viene stabilita al momento dell'inserimento della scheda che attiva lo specifico tipo di registrazione. Essa stabilisce il numero delle tracce da non registrare prima di individuare un aggiornamento/correlazione da sottoporre a registrazione. Purtroppo non sono determinabili le reali condizioni di cadenza impostate dal sito al momento dell'incidente.

Pag.161, rigo 5:

"...omissis... tale traccia viene commutata da una registrazione automatica ad una manuale, controllata dall'operatore, ...omissis..."

Va rilevato che il sistema Nadge non consente all'operatore di commutare la registrazione da automatica in manuale e viceversa, bensì solo il modo di tracciamento.

Pag.162, rigo 26:

"...omissis... del transponder e la qualità della risposta radar dal valore normale 7, scende prima a 6 e poi a 3. Questi due plots...omissis..."

Va rilevato che la qualità riportata nel tabulato non si riferisce alla qualità della risposta radar, ma indica da quanti giri d'antenna il plot associato con la traccia non è stato rilevato dal radar. La qualità può andare da 7 a 0. Il numero indica da quanti giri di antenna il plot, associato con la traccia, non è stato rilevato dal radar. Ad esempio la qualità 7 indica che la traccia è stata rilevata ovvero correlata con il plot nell'ultimo (precedente) giro d'antenna. La qualità 6 indica che la traccia non è stata correlata con nessun plot da un giro di antenna. La qualità 5 indica che la traccia non è stata correlata con nessun plot da due giri di antenna e così via fino a 0 quando la traccia non è stata correlata con plot da 7 o più giri di antenna. Per la traccia che raggiunge qualità 2 si accende alla consolle di pertinenza, automaticamente, la segnalazione luminosa di "low quality". La traccia che raggiunge qualità 0 va automaticamente in carico alla consolle del TPO ufficiale responsabile della sorveglianza. Alla consolle del TPO viene segnalato l'evento tramite la segnalazione luminosa di "last Track". Le tracce "Friendly" (codice 46) vengono automaticamente, alla qualità 0, cancellate dal sistema. Tutte le tracce comunque, a qualità 0, vengono passate a tracciamento manuale.

Pag.163, rigo 21:

"...omissis... del transponder; il codice di identificazione è 56, corrispondente all'indicazione di "personalità"; ...omissis...".

Va rilevata la non corrispondenza del codice 56 con personalità a bordo.

I codici corretti si evincono dalla tabella seguente fornita dagli esperti Nadge:

n.40: significa traccia non ancora identificata;

n.46: significa traccia amica;

n.56: significa traccia Zombie (non NATO) sulla quale non vi sono azioni tattiche (non allocata);

n.65: significa traccia con personalità (VIP) a bordo (allocata);

n.76: significa traccia Zombie (non NATO = allocata, ovvero sulla quale vi è in corso un'azione tattica);

n.64: significa traccia di un intercettore assegnato.

Pag.167, rigo 18:

"La registrazione della traccia del DC9 I-Tigi si interruppe per motivi ignoti alle ore 18.57'47" ... omissis ... che invece sono stati registrati automaticamente dai due radar civili di Roma-Fiumicino ... omissis ..."

Vengono qui fatte le seguenti serie di precisazioni:

- L'operatore non ha interrotto la registrazione della traccia del DC9 I-Tigi al tempo 18.58.47 bensì alle ore 19.00.326.

Vi sono state due registrazioni ulteriori a quella relativa al tempo 18.58.47 e precisamente avvenute ai tempi 18.59.574 e 19.00.326, che dimostrano che la registrazione è continuata ma che la traccia non è più correlata con un ritorno radar, come del resto chiaramente detto alla pag. 162 della Relazione Peritale del marzo 89.

- La mancata evidenza di registrazioni di plots relativi al relitto/i del DC9 durante i tre minuti nel corso dei quali il radar Marconi, dopo l'incidente, ha continuato a registrare la presenza di tali oggetti è spiegata dal fatto che il sistema Nadge non registra plots come l'ATCAS, bensì tracce (simbologia sintetica).

- La mancanza di tracce, cioè plots con simbologia associata, può essere motivata dalle seguenti cause: che non è stata inizializzata nessuna traccia connessa al relitto in quanto o l'area era ad inizializzazione automatica ed i ritorni radar, qualora presenti, non erano in accordo con gli algoritmi di inizializzazione automatica, ovvero perché l'operatore, nel caso di inizializzazione manuale, non ha rilevato presenza di ritorni radar congruenti, a suo giudizio, con una traccia o perché non li ha visti o perché non presenti.

- Si fa ancora osservare che il TPO ha agganciato la traccia del DC9 alle ore 18.59.544.

Detta attività si può spiegare col fatto che vi sia stato un ritorno radar analogico, un ritorno radar digitale (plot), ovvero l'operatore può avere effettuato l'aggiornamento del sintetico ipotizzando la posizione di un plot inesistente, ipotesi quest'ultima che appare improbabile.

Pag.168, rigo 14:

" ...omissis... data la maggior vicinanza al luogo dell'incidente del radar di Marsala ...omissis...".

Per quanto attiene alla possibilità o meno che il DC9 fosse in vista del radar così come veniva visto dal radar Marconi di Fiumicino, si rimanda al paragrafo inerente l'analisi della traccia del DC9 Itavia.

Pag.169, rigo 8:

"Tracce Nn.14,15,20,21,22 e 23; furono tracce effettivamente simulate?...omissis...".

L'indicazione riportata nel tabulato sotto la colonna contraddistinta da "SIM/LIVE" chiarisce inequivocabilmente che le tracce 14, 15 e 20 erano tracce reali e non simulate.

Pag.169, rigo 13:

" ...omissis... solo che la interruzione delle registrazioni non è più inspiegabile, ma determinata da interruzione delle risposte del transponder ...omissis...".

Come già precisato non v'è stata alcuna interruzione delle registrazioni ne' peraltro la registrazione era influenzata dalla interruzione delle risposte del transponder.

Errata corrige alla Tab.III.H-1 alle pagg.154-158 della R.P. del 16.03.89.

Nella numerazione delle tracce, in colonna 1 della citata Tabella, esiste errore in quanto dal n.18 di salta al n.20. Ovviamente perché ci sia congruenza con quanto riportato nel successivo testo di commento è necessario ripristinare la continuità di numerazione, quindi la traccia n.20 diventa n.19 e così via.

Errata corrige alla figura III.H-1 alla pagina 152 della R.P. del 16.03.89.

La traccia n.23, indicata in figura, deve essere corretta in n.22, come si evince dal confronto con il tabulato corretto, di cui al punto precedente.".

Su detto riesame dei dati radar si verificava la spaccatura più grave nel seno del collegio, da una parte Blasi e Cerra, dall'altra Imbimbo, Lecce e Migliaccio.

Queste le conclusioni dei primi due.

Il DC9 percorreva l'aerovia Ambra 13 con velocità e rotta come da piano di volo. L'ultima registrazione, con qualità 7 e presenza della riposta del secondario (codice SIF3 1136), è avvenuta alle ore 18.58.47. Detto tempo è, con buona approssimazione, concordante con quello dell'ultima risposta con secondario registrata dai radar civili ATCAS di Roma-Fiumicino. Successivamente sono stati compiuti, sia dall'operatore addetto al tracciamento sia dal TPO vari interventi sulla traccia del DC9, in conseguenza di una costante diminuzione della sua "qualità", come risulta dalle due successive registrazioni fatte dal sistema a 18.59.574 e 19.00.326.

L'intervento del TPO a 18.59.544 può essere stato motivato da tre possibili ragioni: ritorno radar analogico, ritorno radar digitale (plot), aggiornamento del sintetico da parte dell'operatore ipotizzando un plot inesistente. A 19.01.160, il TPO al raggiungimento del valore "0" della qualità della traccia del DC9, la spegne, comportandone l'automatico abbandono da parte del sistema radar militare e questo, a detta dell'ITAV, corrisponde alla normale procedura di lavoro degli operatori del sistema Nadge di Marsala.

Circa la possibilità di aver potuto vedere da parte di alcuni operatori sui propri display o ritorni radar analogici o plots, relativi alla fase di caduta del DC9 dopo l'incidente, così come evidenziato dal radar civile del sistema ATCAS, si può constatare che, a parte quell'unico plot o più plot che hanno determinato l'azione di aggiornamento manuale della traccia del DC9, non è dato di sapere altro, vista la mancanza di dati registrati. Nessuna altra informazione è deducibile dalle analisi effettuate.

Con riferimento al nastro 3, relativo alla esercitazione Synadex del 27.06.80 svoltasi a Marsala, i dati estratti sono in disaccordo con quelli registrati sul nastro 2. A parere degli esperti Nadge, sussistono dubbi che il nastro sia lo stesso di quello utilizzato la sera del 27.06.80, ma è stato anche precisato che "il software nel corso degli anni ha subito delle evoluzioni non facilmente documentabili "per cui è anche possibile che la causa della non corrispondenza dei dati sia attribuibile alla mancanza di idonei programmi di riduzione dati. Questa ipotesi è certamente plausibile in quanto nel corso delle attività peritali anche per i nastri 1 e 2 si sono riscontrate differenze rispetto alla riduzione dei dati effettuata nel 1985. Peraltro, si fa osservare, al riguardo, che comunque è stato accertato che l'esercitazione fu eseguita e ciò è stato confermato dalle registrazioni delle tracce contenute nei tabulati estratti dai nastri 1 e 2 di Marsala (sia nella versione estratta nell'85 che in quella dell'89) ove si può identificare con certezza se una traccia registrata è simulata o reale.

Ben diverse le conclusioni dei periti Imbimbo, Lecce, Migliaccio, che così le espongono.

Oltre alle più dettagliate ed attendibili informazioni sul funzionamento del sistema Nadge avute in virtù del coinvolgimento degli esperti dell'ITAV, sono state ricavate nuove informazioni da lettura più appropriata dei nastri radar di Marsala. Le informazioni più significative sono indubbiamente quelle scaturite dall'esame del tabulato, mai ottenuto in precedenza dal collegio, nè rilevabile da altra documentazione agli atti, relativo al Console Data Recording. In esso sono riportate tutte le operazioni effettuate dagli operatori del Centro Radar di Marsala durante il tempo a cui si riferiscono le registrazioni contenute sui nastri magnetici avuti a disposizione dall'AG.

Viceversa, in ordine al nastro 3, relativo alla esercitazione Synadex, i vari tentativi di lettura effettuati hanno dato esito negativo, nel senso che le informazioni estratte, in termini di tracce simulate, non hanno trovato corrispondenza con quelle registrate sul nastro 2. I tecnici ITAV a tale proposito sono stati dell'opinione "che molto probabilmente il nastro 3 (Synadex) non è lo stesso utilizzato la sera del 27.06.80.

Dall'analisi del tabulato del CDR, i periti sopra indicati hanno ritenuto di porre la loro attenzione sulla traccia 10-AJ421 - relativa al DC9 e sulla 6-AA450-AJ450.

A) Analisi della traccia n.10-AJ421.

Prima di analizzare in dettaglio le operazioni effettuate su questa traccia ILM si propongono di stabilire se la zona ove si verificò l'incidente fosse ad inizializzazione automatica o manuale e se fosse a tracciamento automatico o manuale. E così hanno accertato che tra 18.18 e 19.04 tutte e 16 le tracce registrate da Marsala sono state inizializzate manualmente. Il tracciamento è avvenuto in maniera automatica. Tutte, tranne la AA450, sono state inizializzate dal TPO. Pertanto ne desumono che, con molta probabilità, la zona dell'incidente, insieme a molte altre zone non determinabili dall'analisi dei tabulati, fosse un'area ad inizializzazione manuale e tracciamento automatico. Conclusione confermata anche dal numero di azioni compiute per effettuare "mascheramenti" ad ore 12.20, 17.20, 17.53 e 18.36.

Dall'analisi comparata dei tabulati CDR e THR rilevano che: a) l'ultima registrazione della traccia del DC9, con qualità 7 e risposta del trasponder, è avvenuta alle ore 18.58.47, cioè circa un minuto prima dell'ultimo punto con trasponder registrato dal sistema civile ATACS di Roma-Fiumicino. b) Alle ore 18.59.055 il TPO ha agganciato la traccia. c) Dalle ore 18.58.47 in poi la qualità della traccia è diminuita sempre, tranne quando con le azioni manuali del TPO viene riportata dalla logica del sistema ancora a 7, per poi riprendere a diminuire. Tale comportamento può essere giustificato dal fatto che, essendo la zona a tracciamento automatico, un eventuale ritorno radar (analogico o digitale - plot) non congruente con la traiettoria originale del DC9, non sarebbe stato associato alla traccia stessa. d) Da parte del tracciatore e del TPO, sono stati fatti vari interventi, in conseguenza della diminuzione della qualità e della duplice accensione della spia di "low quality", che indica decadimento della qualità a 2. e) A 18.59.544 quindi probabilmente dopo il verificarsi dell'incidente, quando cioè il velivolo non aveva più in funzione il trasponder, è stato effettuato un ulteriore aggiornamento manuale della traccia, con conseguente spostamento verso Est della posizione della traccia stessa, di circa 1.4NM. Ciò potrebbe costituire la prova che l'operatore ha visto un ritorno radar analogico. f) Alle ore 19.00.442 si è riaccesa la spia di "low quality", con conseguente "agganciamento" alle ore 19.01.133 da parte del tracciatore. Alle successive 19.01.16 il TPO si riposiziona sulla traccia e spenge la spia, con conseguente automatica cessazione della traccia.

B) Analisi della traccia n.6-AA450-AJ450.

Si tratta di una traccia di difficile interpretazione, affermano ILM. Su di essa è stata effettuata da parte del tracciatore sia del TPO una intensa attività, con circa 30 operazioni a consolle nel tempo di permanenza tra 18.39.135 e 19.01.094, nonostante fosse classificata "Friendly". Le operazioni su questa traccia si alternano con quelle sulla traccia precedente ed entrambe impegnano gli operatori. Esse vengono cancellate quasi contemporaneamente dal TPO, a 19. 01.094 la traccia 6 e a 19.01.160 la traccia del DC9.

Sulla n.6 è possibile formulare, asseriscono ILM, solo ipotesi, cioè che si possa trattare di un pallone sonda, ipotesi suffragata anche dagli esperti ITAV; di una nave che effetti particolari relativi al funzionamento dei radar possono far vedere come un oggetto volante; di una persistente interferenza elettromagnetica.

Queste infine le considerazioni di ILM.

1) Prima del verificarsi dell'evento catastrofico, il DC9 I-Tigi percorreva l'aerovia Ambra 13, con velocità e quota secondo il piano di volo. 2) L'ultima registrazione con qualità 7 e presenza della risposta del secondario (codice SIF3 1136), sicuramente appartenente al DC9 Itavia, è avvenuta alla ore 18.58.47 (tempo del sistema Nadge di Marsala). 3) Successivamente sono stati fatti vari interventi sulla traccia del DC9, sia da parte dell'operatore addetto al tracciamento sia dal TPO, in conseguenza di una costante e progressiva diminuzione della sua qualità e dell'accensione della spia di "low quality". 4) Il più significativo intervento è stato quello compiuto dal TPO alle ore 18.59.544 e cioè dopo che era avvenuto l'incidente, col quale ha spostato di circa 1,4NM la posizione della traccia, rispetto a quella elaborata e presentata sul display dal sistema in base alla normale logica di previsione della sua evoluzione. Questa azione è stata effettuata perchè probabilmente egli ha visto uno o più ritorni radar analogici che gli presentavano il DC9 in una posizione diversa da quella prevista. 5) Le registrazioni della traccia fatte alle ore 18.59.574 e 19.00.326 sono corrispondenti ad estrapolazioni della posizione del velivolo, così come è normalmente previsto dalla logica del sistema Nadge. Alle 19.01.160 il TPO, al raggiungimento del valore zero della qualità della traccia del DC9, la spegne, comportandone l'automatico abbandono da parte del sistema radar militare, e ciò, a detta dei tecnici ITAV, corrisponde alla normale procedura di lavoro degli operatori del Sistema Nadge di Marsala. 6) Sulla possibilità che alcuni operatori possono aver visto sui propri display o ritorni radar analogici o plots, relativi alla fase di caduta del DC9 dopo l'incidente, è possibile concludere solo che era visibile quell'unico plot o più plots che dovrebbero aver determinato l'azione di aggiornamento manuale della traccia del DC9. Ciò vista anche la carenza di informazioni sulle reali caratteristiche di copertura dell'antenna radar. 7) In base alle stesse considerazioni sulle caratteristiche del radar, tenuto conto che molto probabilmente l'area dell'incidente era una area mascherata, cioè in cui era stata impostata una inizializzazione manuale delle tacce, nulla è possibile dire sulla possibilità di avvistamento, detezione e quindi registrazione di altri oggetti volanti estranei al DC9 nell'area dell'incidente. 8) In mancanza di informazioni sui piani di volo e delle altre informazioni a disposizione delle tracce, restano deficienze sulla precisa interpretazione della traccia AA450-AJ450, così come sulle tracce con codice 56 "Zombie" ed anche delle altre tracce "amiche" che furono registrate la sera del 27 giugno dal radar militare di Marsala. 9) Atteso che, come affermato anche dai tecnici ITAV, il nastro ricevuto dall'AG e presunto essere relativo all'esercitazione Synadex del 27 giugno svoltasi a Marsala, contiene dati che sono in disaccordo con quelli registrati sul nastro 2, sussistono dubbi sulla autenticità del nastro stesso.

Sin qui il riesame dei dati radar di Marsala.

Il successivo capitolo è dedicato invece al riesame di quelli del radar di Fiumicino.

Blasi e Cerra sin dall'inizio della propria relazione si propongono di approfondire le conoscenze delle caratteristiche tecniche e del funzionamento del sistema ATCAS, per poter stimare gli errori di posizionamento introdotti dal sistema stesso. In vero tal proposito, enunciato prima dell'inizio dell'analisi dei dati radar, appare quasi una precognizione dell'esistenza dei detti errori.

Di conseguenza i due si premurano di richiedere alla Selenia la documentazione relativa al sistema e di avvalersi dell'opera di ausiliari con competenza specifica nel campo dei sistemi radar in questione. Costoro furono individuati nel professor Galati e negli ingegneri Giaccari e Pardini, questi ultimi due dipendenti della SpA Selenia.

Su questi ausiliari - a parte il legame di due di loro con la società Selenia - si constata che essi appaiono, immediatamente dalla lettura della loro Relazione, dotati di conoscenze superiori a quelle dei periti. Essi determinano il lavoro e le risposte dei periti d'ufficio e mostrano di superare quelli che sono i limiti dell'attività degli ausiliari, con competenze sul valore delle risposte peritali e dell'intiera perizia.

Il titolo della Relazione di Giaccari+2 è "Descrizione degli apparati e analisi dei dati relativi registrati dal sistema ATCAS relativi all'incidente del velivolo I-Tigi la sera del 27.06.80" ed essa viene fatta propria da BC al punto da essere riportata integralmente nel testo dell'elaborato.

Nella Relazione è data una descrizione degli apparati di interesse - radar ed estrattori - presenti nel sistema ATCAS. Particolare rilievo viene dato all'estrattore in quanto elemento fondamentale nella catena dell'elaborazione radar, non sufficientemente analizzato secondo Giaccari e gli altri in precedenza, specialmente nel caso di presenza di più oggetti interferenti. Gli ausiliari sottolineano la singolarità di funzionamento degli estrattori associati a più oggetti interferenti, cioè presenti nel fascio d'antenna e con separazione radiale inferiore a circa 1NM. Analizzano poi i dati alla luce del comportamento dell'estrattore. Indicano infine plausibili traiettorie degli appunti rilevati, mediante interpolazione delle singole posizioni misurate utilizzando tutti i plots disponibili da entrambi i radar (Marconi e Selenia).

La congruenza (cioè appartenenza) dei plots alla rispettiva traiettoria viene interpretata in base al comportamento dell'insieme radar - estrattore, riuscendo in tal modo a correlare tutti i plots. Delle traiettorie individuate vengono fornite le caratteristiche cinematiche (valori medi delle componenti di velocità), precisandone il grado di accuratezza.

Da ultimo vengono date alcune possibili attribuzioni agli oggetti, indicando l'attribuzione più probabile, basandosi solo su elementi cinematici e di fenomenologia radar derivabili dalle misure disponibili. Ovviamente, concludono gli ausiliari questo sommario, la validazione di tali attribuzioni richiede l'integrazione con ulteriori elementi basati su considerazioni diverse dall'analisi dei dati radar, come valutazioni in termini aerodinamici, strutturali, fisico-chimici.

Preliminarmente gli ausiliari spiegano la configurazione del sistema, così come riportata a fig.1. I due radar forniscono alla loro uscita un segnale video grezzo quantizzato a due livelli "0" e "1" e campionato in tempo. Tali segnali sono trasmessi mediante ponte radio alla RIV di Ciampino, dove vengono elaborati dagli estrattori per formare i plots. Ciascun radar ha due estrattori, che elaborano in parallelo il segnale video ricevuto. La configurazione degli estrattori è la stessa per ciascuna coppia e dipende dal tipo dello stesso EAF-7/C. Indicano poi su apposite tabelle le caratteristiche rilevanti dei radar Marconi e Selenia.

Con riferimento alla fig.1 il segnale video in uscita da entrambi i radar ha già subito un primo processo di "integrazione" dei singoli impulsi radar. Il definitivo processo di "integrazione" avviene nell'estrattore. Così poi descrivono gli integratori rispettivamente del Marconi e del Selenia.

Anche nel successivo capitolo, quello dedicato alle attività sulle teste di guerra si verifica spaccatura tra BC e ILM. Queste le indicazioni del primo gruppo.

Nel 1980 la AM possedeva solo missili Sparrow AIM7 e Sidewinder AIM 9-b. Nella testa di guerra del primo non era contenuto T4, che invece era contenuto in quella del secondo. Se ne deduce che nella ipotesi del missile, non può essersi trattato di ordigno dell'AM italiana, poiché lo Sparrow non contiene T4 e la testa di guerra del Sidewinder AIM 9-b è a frammentazione non compatibile con i reperti recuperati.

Per quanto attiene alla revisione della documentazione prodotta sui missili nonché dei reperti relativi al DC9, essendo questa stata affidata ad un ausiliario - ed anche in questo caso come in quello degli ausiliari Giaccari, Pardini e Galati, la cui posizione, apparendo essi dotati di cognizioni nei campi di pertinenza chiaramente superiori a quelle dei periti, si pongono dei problemi sulla loro natura e sui loro rapporti, che di certo non sono quelli tipici degli ausiliari. BC prendono in esame la relazione dell'ing. Spoletini, responsabile del Laboratorio Detonazioni della BPD di Colleferro.

Questa Relazione esamina i relitti a Capodichino e analizza:

-Rapporto compilato dalla Società inglese Rarde, dal titolo "Report on the examination of selected items of wreckage and debris from the Itavia DC9 recovered in 1987/88".

-Estratti dal rapporto presentato dalla Commissione stessa:

III-B. Rilievi fotografici ed esame visivo dei reperti recuperati immediatamente dopo l'incidente (senza allegati);

III-M. Analisi delle intrusioni rinvenute nei cuscini e negli schienali;

III-O. Analisi chimiche per la ricerca di residui di esplosivi sui materiali recuperati;

IV-C-7. Ricostruzione su disegni del DC9 I-Tigi (senza allegati);

IV-D. Indagini svolte sui rottami recuperati.

Nella ipotesi che si sia trattato di una esplosione esterna, la relazione tende quindi alla individuazione della testa di guerra che avrebbe potuto provocare la esplosione. A questo proposito stima che i fori nella porta del bagagliaio anteriore - in particolare quelli denominati secondo il Rarde A e B - non possano essere di utilità, poichè le loro caratteristiche sono ben diverse dalle perforazioni di norma provocate dai frammenti provenienti dall'esplosione di una testa di guerra. "In particolare il foro A non presenta alcuna caratteristica connessa con la penetrazione di frammenti viaggianti al alta velocità. Il foro B, per la sua configurazione geometrica, potrebbe essere stato prodotto da un frammento sagomato a barra ("rod"); comunque però, la velocità di impatto che tale frammento avrebbe dovuto possedere (circa 2000m/s), è ben lontana da quella stimata dai tecnici Rarde (circa 700m/s), come possibile velocità del penetratore (nell'ipotesi di una penetrazione dinamica), in base agli esami micrografici da loro effettuati.

Comunque, qualora i fori A e B fossero stati provocati dall'impatto di frammenti provenienti da teste di guerra, si ritiene che le tracce di materiale estraneo (ad esempio acciaio, tungsteno, titanio), provenienti dai frammenti stessi sarebbero dovute risultare presenti all'esame chimico effettuato nell'intorno dei fori."

Quanto ai due piccoli frammenti di alluminio, numerati dal Rarde con le sigle 52-1M e 6-4M, rimossi dai cuscini, sono praticamente, insieme con alcuni altri reperti con tracce di esplosivo, le uniche dirette testimonianze del fenomeno esplosivo, dal momento che, come risulta dalle analisi micrografiche del Rarde, dovevano essere stati compresi nel volume di esplosione e non erano stati prodotti da onde d'urto o da impatto.

Ragion per cui ne conseguono, le seguenti ipotesi: - che i frammenti appartenessero all'involucro di una carica interna all'aereo; - che essi appartenessero all'aereo e fossero stati investiti a breve distanza dai prodotti di detonazione; oppure - che provenissero da materiali non appartenenti all'aereo posti a contatto o a breve distanza da una carica; oppure infine - che appartenessero a parti in lega di alluminio della presunta testa di guerra.

La prima ipotesi - sempre secondo lo Spoletini - appare alquanto improbabile, poichè, essendo i due frammenti costituiti da diverse leghe di alluminio, non sembra verosimile che il contenitore di una eventuale carica fosse costituito da due materiali diversi. La seconda ipotesi sembra possibile in quanto alcune parti del DC9 risultano costituite da leghe simili. Da tale ipotesi si può soltanto dedurre che l'esplosione doveva essere interna o aver interessato parte dell'esterno. Anche accettando questa ipotesi, non emerge alcuna traccia atta ad identificare il tipo di testa di guerra eventualmente responsabile dell'esplosione esterna. La terza ipotesi può essere plausibile. La quarta ipotesi sembra essere totalmente improbabile per le seguenti ragioni: - perchè le due schegge sono di materiali differenti e quindi dovrebbero provenire da parti diverse di alluminio; - sembra singolare che le uniche parti rinvenute della testa di guerra siano alcuni frammenti di alluminio, mentre non c'è traccia nè di schegge preformate nè delle relative perforazioni; - le schegge provenienti dal rivestimento della carica di una testa di guerra non conservano elevata velocità a lungo.

Quanto alle tracce di esplosivo rinvenute sulle superfici esterne di tre bagagli e su un gancio metallico, esse possono essere state depositate o da un frammento, che doveva essere stato nelle vicinanze dell'esplosivo, oppure, con maggiore probabilità, trasportate dai prodotti di detonazione. In tal caso la esplosione doveva essere avvenuta internamente o molto vicino all'aereo. L'ipotesi che il trasferimento dell'esplosivo possa essere attribuibile al passaggio di un frammento sembra essere piuttosto labile. Sarebbe stato necessario, infatti, un doppio trasferimento della traccia, dalla carica esplosiva alla scheggia e da questa ultima alla superficie colpita.

Senza dimenticare che, in tutte le teste di guerra aria/aria, le schegge responsabili dell'effetto letale non sono mai a diretto contatto con l'esplosivo. Inoltre, schegge viaggianti in aria ad alta velocità creano fenomeni di ionizzazione del mezzo per cui risulta improbabile che tracce di esplosivo possano rimanere presenti. Comunque, essendo tali tracce dell'ordine di grandezza di decine di nanogrammi, occorrerebbe, secondo lo Spoletini, eseguire apposite prove sperimentali per mettere in evidenza il meccanismo del trasferimento di tali tracce. D'altronde risulta che l'esplosivo reperito è composto da T4 e TNT; e tale composizione ha diffuso uso militare soprattutto in un rapporto di 60 a 40.

Per quanto concerne i depositi neri non si ritiene che possano esser messi facilmente in relazione con una eventuale esplosione esterna, giacchè l'osservazione sperimentale mostra che per effetto di esplosioni su lastre di alluminio a breve distanza dalla carica, si hanno soltanto leggere striature scure, striature praticamente inesistenti in caso di esplosione a qualche metro di distanza. D'altra parte, la lunga permanenza in mare può aver alterato tali evidenze.

V'è da dire che alcune teste di guerra, a causa della presenza di materiale incendiario, possono avere un effetto addizionale incendiario, fortemente esotermico. Le analisi però non hanno evidenziato la presenza di materiali incendiari.

In conclusione, l'esame della documentazione esistente e l'ispezione diretta del relitto, nell'opinione di Spoletini, non sono risultati in grado di ricondurre, senza ambiguità, la causa del disastro all'effetto prodotto dall'esplosione di una testa di guerra di un missile aria/aria. Di conseguenza non è possibile identificare il tipo di missile. Sulle parti recuperate dell'aereo non sono visibili tracce di perforazioni riconducibili ad una testa di guerra nè è stata trovata traccia di suoi frammenti. Ma non si può escludere che la zona eventualmente colpita dalle schegge fosse proprio la parte dell'aereo che risulta mancante (zona compresa tra le ali e la cabina di pilotaggio), anche se si ritiene che le teste da guerra preframmentate lascino le caratteristiche tracce su vaste zone del bersaglio.

Qualora restasse provata la ipotesi di esplosione esterna, la testa di guerra dovrebbe essere del tipo "continuous rod", perchè la esplosione di questa specie di teste ha maggiori probabilità di non lasciare tracce. Essa infatti, crea un danno di tipo strutturale, per effetto dell'elevata densità di energia trasferita impulsivamente sulla superficie del bersaglio.

In alternativa alla ipotesi di missile, tenuto conto che non sono stati trovati materiali estranei all'aereo e che non vi è evidenza alcuna di perforazioni, si ritiene probabile la esplosione interna. Ad essa sembrano ricondurre, secondo le analisi del Rarde, la breve distanza che avrebbe separato la carica da alcuni oggetti, come il disco in lega di ottone, il vestito della bambola, frammenti di tessuto; e le numerose evidenze del passaggio di frammenti ad alta velocità, provenienti da una esplosione, all'interno dell'aereo come il tessuto attaccato ad un gancio metallico, i campioni tagliati da alcuni bagagli, i campioni tagliati dai bordi di fori presenti su copertine di cuscini.

E così, da ultimo, BC commentano sulle attività sulle teste di guerra.

In questo ambito tutti i membri del collegio, in occasione della prima relazione, ritennero di avvalersi per le analisi del Rarde. Con il nuovo incarico di comune accordo tutti i componenti del collegio peritale hanno ritenuto di avvalersi della ulteriore collaborazione di un esperto, individuato nell'ing. Spoletini. Costui, in sede di relazione, ha messo in evidenza che il Rarde aveva ampiamente chiarito, con concetti "per addetti ai lavori" talune circostanze che dovevano ricondurre all'analisi dell'evento che aveva provocato l'incidente. Ha quindi evidenziato che dall'esame dei reperti egli stesso non aveva rinvenuto alcuna corrispondenza con teste di guerra a lui note e che non sussistevano prove che riconducessero ad una esplosione esterna.

Ragion per cui Blasi e Cerra non possono che rimettersi a tutte le dichiarazioni dei detti esperti, Rarde e Spoletini - e così non concordare con le affermazioni degli altri membri il collegio peritale - in quanto i pareri espressi dalle collaborazioni avute sono stati tra i più qualificati in campo nazionale ed internazionale.

Questi altri membri, ILM, infatti valutano in maniera difforme le seguenti evidenze.

Sulla presenza di fori nel portellone del vano bagagliaio anteriore riconoscono che Spoletini ha escluso che il foro A presenti caratteristiche tipiche di penetrazione da parte di frammenti ad alta velocità, mentre il foro B "per la sua configurazione geometrica potrebbe essere stato prodotto da un frammento sagomato a barra; e che le velocità di penetrazione stimate dei due frammenti che hanno prodotto i due fori sono ben lontane da quelle che avrebbero dovuto possedere frammenti di barra ("rod") provenienti da una testa di guerra. ILM sono di tutt'altro avviso. Ricordano che sull'argomento già nella precedente citata relazione, il CP espresse perplessità e dubbi, in quanto la non considerazione degli effetti della presenza degli irrigidimenti intorno al foro "A", l'effetto della doppia lamiera ed altri fattori ancora avevano portato, ad una sottostima delle effettive velocità di impatto, per il foro "A". In ogni caso il CP espresse valori di velocità di circa 400-600m/sec. come valori limiti inferiori di una valutazione più oggettiva. Si fa anche presente che la velocità riportata dall'ing. Spoletini si riferisce al valore iniziale dei frammenti nell'istante dell'esplosione e che, com'è noto, essa decresce rapidamente man mano che i frammenti si allontanano dal centro dell'esplosione stessa. D'altro canto lo stesso ing. Spoletini in altra parte della sua relazione parla di 900-1400m/sec. per un anello del tipo "continuous rod" ed è probabile che una volta rotto tale anello, i relativi frammenti abbiano velocità ancora minori.

Oltre all'aspetto velocità, l'ing. Spoletini per concludere sulla non attribuzione di tali fori a frammenti prodotti da teste di guerre, richiama l'assenza sui bordi di tali fori, di materiali estranei a quelli costituenti la lega d'alluminio della lamiera e la vernice con cui essa stessa è rivestita.

Anche tale conclusione, non è condivisibile a parere di ILM, in quanto gli esami micrografici fatti dal Rarde (esami che sono solo di tipo qualitativo e non quantitativo) hanno messo in evidenza la presenza di titanio. Titanio che purtroppo, pur essendo un metallo largamente impiegato per la realizzazione dei frammenti delle teste di guerra, risulta anche un composto caratteristico delle vernici utilizzate sul DC9 I-Tigi.

In definitiva i periti ILM esprimono il proprio convincimento che il foro B sia stato prodotto da un frammento proveniente da un missile, non necessariamente dalla sua testa di guerra. Lo stesso ing. Spoletini evidenzia, d'altra parte, come "il foro "B", per la sua configurazione geometrica, potrebbe addirittura essere stato prodotto da un frammento sagomato a barra ("rod"), componente tipico di una testa guerra.

In ordine ai frammenti di alluminio recuperati dai cuscini, ILM pongono in risalto che Spoletini fa un esame dei reperti 52-1M e 6-4M solo qualitativo, senza entrare nel merito della loro caratteristica composizione chimica e della loro altrettanto particolare forma e dimensione. Rispetto alle quattro possibilità di provenienza, i periti ne indicano una quinta, cioè la appartenenza dei frammenti non necessariamente alla testa di guerra, ma alle strutture del missile, esposte ed investite a breve distanza dall'onda d'urto.

Queste le considerazioni di ILM sulle quattro ipotesi di Spoletini:

a.E' abbastanza facile concordare con l'ing. Spoletini sulla improbabilità dell'ipotesi a). Essendo i due frammenti costituiti da leghe d'alluminio diverse tra loro, e aggiungendo la considerazione che trattasi di tipiche leghe di impiego aeronautico, scaturisce ovvio stabilire che non risulta verosimile che il contenitore di un eventuale carica esplosiva, impiegata all'interno, sia composto da due materiali diversi e per di più entrambi di impiego aeronautico.

b.Anche sulla seconda ipotesi (frammenti provenienti da strutture dell'aereo), si può moderatamente concordare con l'ing. Spoletini, che è a favore, in quanto è stata accertata la similitudine tra la composizione chimica di questi due frammenti e quella di alcuni elementi strutturali della fusoliera del DC9 I-Tigi (rivestimento ed ordinate della fusoliera), che possono essere stati investiti direttamente dall'onda esplosiva. Comunque tale fatto può essere messo in relazione (vedi relazione Rarde) sia con una esplosione interna che con una esterna, avvenuta a breve distanza dalla fusoliera. La ipotesi b) risulta comunque inficiata dal fatto che le composizioni chimiche dei due frammenti, pur essendo simili a quelle di due materiali impiegati nella costruzione della fusoliera del DC9 I-Tigi, se ne discostano significativamente per il ridotto contenuto di rame e di manganese rilevato rispetto alla composizione per le due leghe, 2014 e 7072+7075, usate rispettivamente per la realizzazione del rivestimento e delle ordinate della fusoliera del DC9 I-Tigi e comunicate dalla Douglas. Tale differenza non sembra giustificata: - nè dalle prove di confronto effettuate dal Rarde su elementi di struttura prelevati dal DC9 ed esaminati con la stessa tecnica con cui sono stati esaminati i due frammenti; - nè dalla ipotesi di una qualche modifica alla composizione chimica del materiale originario in seguito all'evento esplosivo che ha interessato i due frammenti (in quanto da esperienze precedenti del Rarde, tale eventualità non è risultata possibile); - resta quindi il "mistero" di queste due composizioni chimiche, "strane", che potrebbero quindi avvalorare le successive ipotesi c),d) ed e).

c.La terza ipotesi ritenuta plausibile all'ing. Spoletini, trova i periti ILM molto perplessi, in quanto si dovrebbe giustificare la presenza in vicinanza dell'evento esplosivo interno, di oggetti realizzati con due diverse leghe e per di più usate per impieghi altamente specializzati, quali lamiere di rivestimento esterno (le uniche del tipo 2014) e parti strutturali con elevate capacità di resistenza meccanica (7072+7075).

d.La quarta ipotesi e cioè frammenti provenienti da parti in lega di alluminio appartenenti alla testa di guerra, viene rigettata dall'ing. Spoletini in base alle seguenti considerazioni: 1. "le due schegge sono di materiali differenti, dovrebbero provenire, quindi, da due parti diverse in alluminio"; 2. "risulterebbe singolare che le uniche parti rinvenute della testa di guerra sono alcuni frammenti in alluminio, mentre non c'è traccia ne' di schegge preformate, ne' delle relative perforazioni"; 3. "le schegge provenienti dal rivestimento della carica di una testa di guerra (spesso in lega di alluminio) non conservano elevata velocità a lungo (non sono infatti considerate nella valutazione dell'effetto letale di una testa di guerra)".

Ad esaminare in profondità le suddette considerazioni, si potrebbe giungere a conclusioni completamente opposte a quelle a cui è giunto l'ing. Spoletini.

Infatti la considerazione 1) è facilmente verificabile, nel senso che è abbastanza plausibile pensare a parti in alluminio di teste di guerra, fatte in materiali diversi.

La considerazione 2) è peraltro contemplata nell'ipotesi fatta più avanti dallo stesso ing. Spoletini, quando si parla del possibile coinvolgimento di una testa di guerra del tipo "continuous rod", che è caratterizzata dall'assenza di piccoli frammenti d'acciaio o similari.

L'ultima considerazione 3) trova positivo riscontro nel fatto che i due frammenti in questione sono stati trovati nei cuscini senza "importanti" valori di penetrazione e quindi senza velocità di penetrazione elevata in congruenza con quanto affermato dall'ing. Spoletini.

e.La quinta ipotesi di appartenenza ad elementi strutturali del missile non direttamente connessi con la testa di guerra, risulta, a parere dei periti ILM anch'essa possibile, in quanto la composizione chimica trovata dal Rarde per i due frammenti in questione, trova riscontro in similari composizioni di comuni leghe d'alluminio di classico impiego in campo missilistico.

Queste le conclusioni.

In mancanza di dati certi sulla composizione chimica di leghe di alluminio utilizzate nel campo missilistico, non si è in grado di stabilire con sufficiente certezza l'appartenenza o meno dei due frammenti citati ad uno dei tre seguenti e possibili elementi strutturali: - alla struttura della fusoliera dell'aereo (lamiera di rivestimento ed ordinate) oppure - alla parte di alluminio di una testa di guerra oppure - al corpo del missile realizzato in leghe d'alluminio, con esclusione della testa di guerra. Di conseguenza, oltre a non poter dedurre elementi certi sulle teste di guerra, restano anche possibili e conciliabili con i ritrovamenti tecnici, le due ipotesi di esplosione interna ed esterna per effetto di un missile. A sfavore della prima c'è però da evidenziare sia la bassa velocità di penetrazione nei cuscini in cui sono stati ritrovato i due reperti, sia la loro possibile provenienza (struttura esterna del velivolo); la bassa velocità mal si concilia, a meno di rimbalzi all'interno del velivolo, con l'ipotesi di esposizione diretta dei due frammenti all'evento esplosivo.

In merito ai residui di esplosivo, e cioè quelli rinvenuti sulle superfici esterne di tre bagagli (T4) e su un gancio metallico della fodera di uno schienale (T4 e TNT), elementi utilissimi per stabilire se si trattasse di esplosivi di testa di guerra di missili e, in caso positivo, a quale tipo di testa corrispondesse, ILM rilevano che Spoletini dà risposte dubitative e contraddittorie o non ne dà affatto. Sulla prima questione, l'ausiliario esclude in prima istanza la possibilità che le tracce di esplosivo siano associabili al passaggio di frammenti metallici che sono stati a contatto con il centro dell'esplosione. Ritiene più probabile che tali depositi siano associabili al trasporto da parte di prodotti di detonazione e quindi deduce che "l'esplosione deve essere avvenuta internamente o molto vicino all'aereo". Ma in contraddizione a quanto sopra, afferma successivamente che "risulta, comunque, che l'esplosivo trovato è composto da T4 e TNT; tale composizione ha diffuso uso militare soprattutto nel rapporto 60/40 o compound B".

Un altro elemento che avvalora la tesi del trasporto dei residui da parte di schegge appartenenti alla testa di guerra, non è stato preso in considerazione da Spoletini. Esso è costituito dal ritrovamento del Rarde di tracce di globulizzazione, dovute sicuramente al passaggio di schegge ad alta temperatura e forte velocità provenienti da una esplosione, su una bretella elastica alla cui estremità si trova un gancio metallico dello stesso tipo di quello su cui sono state trovate tracce di T4 e TNT. Quindi, in questo caso, è possibile che il trasporto dei residui di esplosivo sia avvenuto a mezzo di frammenti caldi provenienti dal centro dell'esplosione. E' da ricordare che le tracce di esplosivo trovate sono dell'ordine di nanogrammi (miliardesimi di grammo). Il prof. Malorni, nella sua relazione giustifica che, in base alle tecniche usate dall'AM, non era possibile rilevare la presenza di quantità così piccole.

Per quanto concerne il tipo di testa di guerra e quindi di missile, Spoletini non dà indicazioni di sorta. Dai documenti dell'AM risulta che solo il missile aria/aria Sidewinder AIM-9b , in dotazione all'epoca dell'incidente, era armato con teste di guerra con esplosivo T4 e TNT. Risulta inoltre che altri tipi di missili di provenienza dai Paesi dell'Est contenevano una miscela esplosiva con T4 e TNT. La dizione generica utilizzata è "Alto Potenziale" e la indisponibilità di informazione non permette di avere indicazioni utili.

Sui residui neri all'esterno dell'aereo, ILM concordano con Spoletini sulla difficoltà di mettere in relazione alla ipotesi di esplosione esterna le "macchie scure", data la lunga permanenza in mare dei reperti. Ma pur ammettendo ciò, rimangono, essi asseriscono, perplessità e dubbi sulla vera natura di "alcune macchie scure", in particolare quelle associate a fenomeni di inscurimento anche della circostante zona di vernice, tenuto conto anche delle affermazioni di Spoletini, già riportate, secondo cui "l'osservazione sperimentale di varie esplosioni mostra che su lastre di alluminio si hanno soltanto leggere striature scure a breve distanza dalla carica... e che alcune teste di guerra hanno, talvolta, un effetto addizionale incendiario...".

Sui restanti argomenti, ILM rilevano che Spoletini, tralasciando di considerare le informazioni provenienti dal CVR, ferma la sua attenzione: 1. sulla presenza di numerosi frammenti non metallici ritrovati in particolare sul cuscino n.6; 2. sul ritrovamento di un sottile disco di ottone con tracce di esposizione al fenomeno esplosivo; 3. sulla presenza di una massa fibrosa fusa sul vestito di una bambolina, elementi che ricava dal rapporto Rarde. Tramite essi giunge alla conclusione che trattasi di esplosione interna.

ILM ribadiscono che il collegio nella sua intierezza aveva vagliato il rapporto del Rarde e con i suoi estensori aveva avuto numerosi incontri prima, durante e dopo lo svolgimento delle stesse indagini. Da tali incontri erano scaturite serie di considerazioni, trasferite quindi nella Relazione dell'89, e servite al collegio per le sue conclusioni sulle cause del disastro.

Di seguito così testualmente ILM valutano le conclusioni di Spoletini.

"Circa la presenza di frammenti metallici e non, sia nei cuscini che negli schienali, il CP ha svolto tutta una serie di indagini, prima, durante e dopo quelle condotte dal Rarde, arrivando alla conclusione che non esistono elementi significativi che portano ad associare la presenza di tali frammenti con un fatto esplosivo interno, anzi esistono concreti e numerosi elementi (presenza di frammenti metallici sicuramente provenienti dal rivestimento esterno; chiara presenza di materiale plastico trasparente proveniente dai finestrini esterni; non individuazione di traiettorie preferenziali dei frammenti, ecc.) che portano viceversa ad associare tale presenza con un fenomeno esplosivo esterno.

Per quanto riguarda "il disco di ottone con tracce di esposizione ad evento esplosivo", il Rarde suggerisce e Spoletini riprende, che può trattarsi di un elemento di orologio o di gioielleria. Negli incontri avuti col Rarde si è discusso molto di questo elemento e si è potuto chiarire quanto segue:

a.il frammento fu trovato all'interno di un bagaglio e fu uno dei pochissimi frammenti metallici trovati; essendo la maggior parte frammenti di vetro; nessun bagaglio presenta evidenze di essere stato esposto alle immediate vicinanze di una esplosione; il disco è stato trovato immerso in un duro agglomerato di prodotti di corrosione e si è rotto al momento dell'estrazione; il frammento presentava sulla superficie esterna un effetto del tipo "a buccia di arancia", che in alcuni casi è stato ritenuto indice di esposizione a fenomeno esplosivo; non furono forniti da parte del Rarde elementi per valutare l'effetto prodotto dal luogo contatto con i suddetti prodotti di corrosione.

b.Il disco pur avendo le dimensioni di un quadrante di orologio non presenta fori centrali o periferici e ciò esclude quasi categoricamente l'identificazione con un quadrante di un orologio.

c.In conseguenza della mancanza di fori diventa improbabile anche l'associazione ad un oggetto di gioielleria.

d.Il Rarde non escludeva la possibilità che tale oggetto potesse appartenere ad un elemento della testa di guerra di un missile o di altri componenti del missile stesso.

e.Il Rarde non escludeva la possibilità che potesse appartenere al meccanismo di detonazione di un eventuale ordigno interno.

In presenza di queste varie possibilità e non avendo elementi certi per propendere su una o sull'altra delle ipotesi, il CP nella R.P. 89, decise di non prendere in considerazione, quale elemento di giudizio, l'informazione connessa a tale "disco".

Anche il vestito di bambola è stato oggetto di lunghe ed approfondite analisi fatte con i tecnici del Rarde dopo la compilazione del loro rapporto. L'evidenza più significativa trovata dal Rarde su tale vestito è la presenza di tracce del passaggio di una o più schegge ad alta velocità, che, in armonia sia con la lettura del rapporto completo, sia con le discussioni orali avute, emerge come la caratteristica più saliente dei risultati delle indagini del Rarde.

L'elemento particolare presentato da tale reperto, che poi è risultato "unico" in tutta l'indagine Rarde, è la presenza di due minute aree in cui sono presenti elementi fusi di fibre di colore rosso. Tale evenienza è ritenuta, a giudizio degli esperti Rarde, indicativa di una esposizione del vestito a breve distanza da una esplosione.

Nella R.P. 89 tale elemento non fu ritenuto significativo del verificarsi di una esplosione interna per i seguenti motivi:

a. il carattere di unicità del ritrovamento;

b. l'assenza di altre evidenze (smagliature o strinature delle fibre del tessuto) di esposizione diretta al fenomeno esplosivo;

c. la presenza concomitante di fenomeni di inglobamento di sostanze esterne che su altri elementi di tessuti sono stati ritenuti associati a fenomeni di deposizione di prodotti di ossidazione o comunque connessi alla lunga permanenza in mare (7 anni);

d. la presenza contemporanea di tracce di passaggio di frammenti ad alta velocità.

Tali considerazioni a giudizio dei periti ILM redattori del presente paragrafo rimangono tuttora valide.

Anche se non richiamato in questo paragrafo della relazione, ma nel successivo delle conclusioni, l'ing. Spoletini evidenzia un altro elemento, sempre ricavato dalla lettura del rapporto Rarde, a favore delle tesi dell'esplosione interna e cioè la presenza di un certo numero di evidenze di smagliature e striature sul tessuto delle fodere di rivestimento degli schienali.

Ebbene tale elemento è stato attentamente valutato dal CP, che tra l'altro si fece carico a suo tempo di condurre una dettagliata indagine radiografica ed a vista degli schienali, non presi in considerazione in precedenza da altri.

Purtroppo lo stesso Rarde sembra contraddittorio nella valutazione di questo elemento, in quanto sostiene "In no cases was there any obvious indication of exposure to explosion although the severe shredding could be an indication" (In nessun caso sono state trovate su di essi (schienali( segni evidenti di esposizione all'esplosione, anche se il notevole grado di smagliatura (del tessuto( potrebbe essere un'indicazione).

Nelle conclusioni il Rarde, parlando degli stessi elementi, si esprime in maniera più diretta a favore della tesi che essi possano essere stati in prossimità di un evento esplosivo. Ovviamente non fa stime o considerazioni sull'entità di tali distanze.

Questi elementi, concludono ILM, non sono probanti dell'esplosione interna; anzi quegli stessi tecnici del Rarde a domanda se essi fossero spiegabili e riconducibili anche agli effetti di una esplosione esterna di una testa di guerra, ricordano ILM, avevano esplicitamente dato risposta affermativa. Pertanto confermano la tesi secondo cui il disastro era stato causato da un missile dotato molto probabilmente di una testa di guerra del tipo "continuous rod", come secondo le osservazioni dello stesso Spoletini.

Anche sulle prove foniche e loro risultati spaccatura nel collegio.

BC ritengono che le prove foniche sia del 1988 sia del 1990 non diano alcun contributo alla indagine. Deve essere comunque osservato, aggiungono, che l'esplosione avvenuta sul DC9 Itavia ha certamente sfondato la carenatura e provocato altri danni, per cui poco si può dire circa la risposta agli impulsi fonici della struttura dell'aereo così danneggiata e che è quasi impossibile quantizzare l'intensità dell'onda sonora pervenuta al microfono posto nella cabina, perchè non si conosce nè il potenziale esplosivo dell'ordigno nè la sua collocazione. Di conseguenza non può neanche dirsi se si sarebbe dovuta o meno verificare la saturazione della catena fonica di registrazione. Deve inoltre essere osservato che, da ulteriori analisi effettuate presso i laboratori dell'Istituto di Progetto Velivoli dell'Università di Napoli, è scaturito che l'andamento temporale degli impulsi originali è tale da far pensare più ad una origine acustica che a dei transitori elettrici. Si esclude comunque che a provocare i fenomeni acustici possano essere stati degli impatti in successione di corpi contro l'aereo. Forse è pensabile, ma non se ne hanno le prove, che a provocare la successione dei tre impulsi siano stati parti dell'aereo che si sono staccate una dopo l'altra, una volta avvenuta l'esplosione.

ILM, sull'analisi delle registrazioni degli impulsi acustici determinati da spari (raudo e pistola) all'interno ed all'esterno della fusoliera di un DC9 Alitalia con motori accesi, nelle prove del 1989, operate da tecnici della fondazione Bordoni, preliminarmente ricordano quanto già scritto nella relazione peritale del marzo 89 e cioè che sulla pista n.1 (microfono sempre acceso in cabina), si notavano nell'arco degli ultimi due secondi, tre impulsi di intensità crescente. Di tali impulsi, in seguito alle indagini svolte presso la Fondazione Bordoni di Roma, fu data la seguente interpretazione prendendo come tempo zero di riferimento l'inizio dell'impulso 2:

a. al tempo - 1.8 sec. inizio della parola "gua...";

b. al tempo - 1.4 sec. inizia l'impulso n.1 (presente solo sulla pista n.1 e molto probabilmente di origine fonica legata ad un rumore o urto in cabina);

c. al tempo 0 inizia l'impulso n.2 di intensità superiore al n.1 e che risulta anche registrato sulle altre tre piste in modo molto attenuato, quindi probabilmente per diafonia;

d. al tempo+0,2 secondi inizia l'impulso n.3, ancora più intenso (ma sicuramente non saturante), e che fu interpretato come dovuto al transitorio elettrico conseguente alla caduta improvvisa di tensione per mancanza di alimentazione elettrica (conseguente all'incidente). Tale impulso risulta registrato, in maniera analoga all'impulso n.2, anche sulle altre tre piste (si riscontra anche in questo caso una certa significativa riduzione dell'intensità di circa -6dB sul valore integrale ed 1/10 sull'ampiezza del segnale).

L'analisi temporale delle registrazioni del CVR ha permesso di determinare l'orario approssimato in cui il registratore si è fermato (18h59'51").

Nel tentativo di interpretare la natura di questi tre impulsi, furono condotte prove acustiche registrando su un CVR analogo installato su un DC9 dell'Alitalia, gli impulsi acustici determinati da spari (pistola e raudo) all'interno ed all'esterno della fusoliera del velivolo, con motori accesi.

L'analisi di tali registrazioni (condotta sempre dai tecnici della Bordoni) metteva in luce che il tempo di decadimento (valutato su una riduzione di ampiezza dell'intensità del segnale di 3dB) dell'impulso n.2 era paragonabile a quelli corrispondenti agli impulsi acustici prodotti all'esterno del velivolo.

Sintetizzando quindi le nuove attività foniche sulle registrazioni del CVR. Dall'esame della tabella, che riporta i dati ricavati dalle ulteriori prove compiute nel 90, - compiute sempre su un velivolo DC9 dell'Alitalia con lo stesso di CVR - effettuando ancora spari all'interno e all'esterno del velivolo, ma includendo prove di interruzione di alimentazione elettrica ed effettuando più spari consecutivamente in condizioni sia di motori accesi che spenti - i tempi caratteristici di decadimento dell'impulso 2 (impulso originale) trovano ancora corrispondenza con quelli relativi agli impulsi acustici provocati all'esterno del velivolo, anche se alcuni impulsi interni (vano passeggeri) danno luogo a tempi di decadimento di poco superiori (20-25%).

Da tali risultati si è passati ad ulteriori elaborazioni.

Dopo aver ottenuto l'andamento temporale, relativamente agli ultimi 5sec. di registrazione, per ciascuna delle 4 piste del CVR ed averne fatto l'integrazione numerica per valutarne l'intensità (indB) in funzione del tempo, si sono estratti i segnali, espansi nel tempo, dei tre impulsi evidenziati sulla pista n.1.

E' evidente che il livello del segnale sulla pista n.1 è molto più elevato rispetto a quello delle altre 3 piste (con rapporti variabili da 5:1 a 10:1 ed oltre) e che, come già noto, l'impulso 1 è registrato solo sulla pista n.1, da ciò potendosi dedurre che trattasi di segnale di sicura origine acustica.

L'esame comparato degli impulsi 1, 2 e 3 ricavati dalla pista n.1, evidenzia un comportamento temporale del segnale molto simile in tutti e tre i casi, così come simili sono i contenuti in frequenza. Tale situazione può trovare giustificazione solo se la natura dei fenomeni che li hanno generati è la stessa. Ciò trova conferma anche nell'impressione auditiva che se ne trae ascoltando direttamente il nastro. D'altronde il confronto degli impulsi 2 e 3 sulla pista 1 e gli omologhi impulsi sulla pista 2 porta a fare le seguenti considerazioni:

-come già evidenziato il rapporto delle ampiezze dei segnali varia da un minimo di 5:1 ad oltre 10:1;

-i segnali sono temporalmente diversi e con contenuto spettrale anche diverso;

-sono, invece, molto similari in forma ed in frequenza le parti terminali dell'impulso 3.

Tali considerazioni portano a concludere che molto probabilmente tutti e tre gli impulsi sono di origine acustica, mentre solo la parte terminale dell'impulso 3 potrebbe essere messa in relazione con l'interruzione dell'alimentazione elettrica del CVR. Si noti a riguardo la classica forma di un'oscillazione smorzata dell'ultima parte dell'impulso 3, tipica di un'interruzione di alimentazione di un circuito elettrico RLC.

Analoghe forme tipiche sono state riscontrate nei seguenti altri casi:

a. sulla registrazione del microfono di cabina del CVR del B-707 dell'Air Uganda che la sera del 16.10.88 impattava violentemente e ripetutamente col terreno in seguito ad errore di manovra in fase di atterraggio all'aeroporto di Fiumicino, in condizioni di mancata visibilità per nebbia.

b.Sulle prove di interruzione di alimentazione del CVR effettuate nel corso delle prove foniche del 1°.03.90.

In seguito ILM si propongono, una volta stabilito che i tre impulsi sono con alto grado di probabilità da associarsi a fenomeni acustici, di dare un significato e spiegare l'origine di tali impulsi sonori.

Tenuto conto che il livello massimo di rumore presente in cabina di pilotaggio di un DC9 del tipo di quello coinvolto nell'incidente, è dell'ordine di grandezza di 90-100dB (circa 75-85dBA), si evince che il livello massimo relativo agli impulsi 2 e 3 non può essere superiore a 110-120dB.

Tale livello, associato agli impulsi 2 e 3, è difficilmente riconducibile a quello generato da un'esplosione interna a distanza di 6-12m dal microfono, distanza alla quale si può ricondurre l'evento distruttivo che ha interessato il velivolo (vedi l'analisi dei relitti fatta nella R.P.89).

E' da menzionare a tal proposito che nel testo di L.Taylor "Air Travel. How Safe Is It?", BSP Professional Books, Oxford, 1988, alla pag.239 viene descritto il risultato dell'analisi delle registrazioni foniche del CVR del B-747 dell'Air India che risultò distrutto il 23.06.85, molto probabilmente a causa di una esplosione interna. In tale descrizione si menziona di un forte rumore ("loud sound") registrato sul CVR alcuni istanti prima che si interrompesse la registrazione.

Per avere una stima del livello di rumore che un microfono dovrebbe registrare in caso di un'esplosione ad esso prossima, si è condotta una ulteriore attività di previsione teorica dei livelli massimi di pressione acustica (bar), trasformata successivamente indB, associabile a tale evento.

Alle pagg.10-13 dell'All.17 si riportano i risultati ottenuti dall'applicazione della metodologia di previsione del picco massimo di pressione in seguito alla detonazione di esplosivi ad alto potenziale, ricavata dal testo di G.F. Kinney e K.J. Graham, "Explosive Shocks in Air", Springer-Verlag, New York, 1988, cap.6, pagg.88-106. In particolare alla pag.10 si riportano i risultati previsti nel caso di esplosione di un kg di TNT in aria libera ed alle condizioni di pressione e temperatura esistenti all'interno del velivolo al momento dell'incidente.

Si osserva che anche a 20 metri di distanza dal punto dell'esplosione il livello massimo di pressione è ancora di 146dB, quindi con una differenza di 26-36dB, che corrisponde ad un valore variabile da 500 a 4000 volte più grande rispetto a quello dell'impulso 3.

Analoghi risultati ottenuti, sempre in aria libera, per condizioni di pressione e temperatura relativi alla quota di volo del DC9, evidenziano valori di pressione che non scendono mai al di sotto di 140dB. Considerando cariche di esplosivo più grandi (5 o 10kg di TNT) si attingono valori di 147-150dB."

Da tali valutazioni e considerazioni ILM traggono le seguenti conclusioni. Si deve escludere che gli impulsi 2 e 3 possano essere attribuiti ad eventi esplosivi interni. Si deve escludere che possano essere associati ad eventi acustici dovuti ad esplosione esterna, nel qual caso, si ricordi, l'onda d'urto dovuta all'esplosione, insieme agli eventuali frammenti dell'ordigno, si muove a velocità notevolmente superiore a quella del suono. Si può affermare che gli impulsi 2 e 3, registrati dal CVR sulla pista n.1 e per diafonia sulle altre piste, siano con alto grado di probabilità, attribuibili a frammenti di testa di guerra che impattano sul velivolo o ad effetti meccanici conseguenti a tale urto prima o durante l'arrivo dell'onda d'urto dell'esplosione. Questi impatti hanno poi determinato la generazione di vibrazioni meccaniche a bassa frequenza e queste a loro volta hanno determinato eccitazione acustica del volume d'aria intorno alla fusoliera, registrata dal microfono in cabina.

Una volta giunti a tali conclusioni e allo scopo di rispondere a preciso quesito di questo Ufficio, ILM si propongono la individuazione della classe del missile coinvolto nell'incidente. Dapprima tentano la ricostruzione della traiettoria del velivolo estraneo (V.E.)

Supponendo, essi asseriscono, che il V.E. abbia lanciato un missile contro il DC9, tale lancio dovrebbe essere avvenuto, per motivi di tempo, fra i punti -17 e -12, una decina di secondi prima del punto dell'ultima risposta del radar secondario del DC9 I-Tigi. Durante la fase di lancio, l'aereo avrebbe conservato velocità e quota costanti ed una traiettoria rettilinea. Infatti, la velocità orizzontale tra i punti -17 e -12 e -12 e 2b appare praticamente costante. Immediatamente dopo il lancio, il V.E. si è allontanato, dirigendosi probabilmente verso l'alto per sottrarsi alla vista dei radar e conseguentemente la sua velocità orizzontale ha cominciato a decrescere. L'inizio di questa manovra è da supporre ad una ventina di secondi prima del punto 2b, punto definito I.

I plots presi in considerazione per la traiettoria del V.E. sono quelli indicati con -17,-12,2b,4,6,8b,9b,12,13b, e 19 del radar Marconi (è stato escluso il plot 3, la cui appartenenza a questa traiettoria non è sicura).

Salvo il primo, tutti i rimanenti punti sono con una discreta approssimazione su una retta di direzione e verso Ovest-Est; i primi due punti sono prima dell'incidente, gli altri sono dopo l'incidente.

Con queste premesse si è supposto che:

- le coordinate radar del punto -12 siano quelle "vere". Questa scelta è giustificata dal fatto che il punto -12 non è affetto da errori dovuti a possibili "mascheramenti" e che la durata dell'intervallo -12 a 2b è la maggiore rispetto ai successivi 2b-4, 4-6 ecc. e quindi eventuali errori hanno influenza percentualmente ridotta.

- Il moto sia rettilineo ed uniforme da -12 al predetto punto I.

- La velocità orizzontale del moto successivo, dal punto I al punto 19, deceleri con un'accelerazione, incognita, che si può porre uniforme dato il breve intervallo di tempo.

L'accelerazione e quindi le posizioni "vere" dei vari punti sono state determinate minimizzando, con il metodo dei minimi quadrati, la somma degli errori delle distanze fra i vari punti rilevate dal radar e quelle previste da questo modello.

I risultati sono così riassumibili:

- L'errore max è nel punto 2b e vale circa +1.5NM sulle X. Questo errore è congruente con l'effetto del "mascheramento" da parte del punto 2a, valutato con un errore in azimuth di circa -0,5° equivalente ad un errore sulle X di circa +1.2NM.

- La componente orizzontale della velocità, costante, del tratto -12 a I risulterebbe di poco più di 700NM/h (360m/s).

- La componente orizzontale della velocità, dopo il punto I, diminuisce e si annulla quasi in corrispondenza del punto 19.

Si noti che il "vero" punto 2b risulta così molto vicino al punto 2 Selenia. Ovviamente questo modello non ha la pretesa di descrivere il fenomeno reale, ma è servito solo a fare delle valutazioni sulla cinematica della manovra effettuata dal velivolo "estraneo" e a determinare con la maggiore approssimazione possibile la posizione "vera" del punto 2b. Si noti che comunque si varino i parametri di questo modello semplificato, lo spostamento del punto 2b varia di decimi di NM."

Quanto alla probabile zona di lancio del missile, ILM stimano che il lancio sia avvenuto probabilmente nell'intervallo di tempo 18h59'25"-18h59'40". I corrispondenti percorsi che il missile deve aver compiuto prima dell'impatto sono di circa 8.2 e 5.3NM nel piano orizzontale, con un angolo di visuale radar del V.E. rispetto al DC9 di circa 25-30°. In conclusione: 1- il missile doveva aver un raggio d'azione sicuramente superiore alle 6MN e doveva essere stato lanciato quasi perpendicolarmente alla rotta del DC9 I-Tigi. L'ipotesi più immediata è che dovrebbe trattarsi di un missile a medio raggio a guida radar semiattiva.

2- Il Sidewinder mod. 9b, missile a breve raggio e guida passiva a raggi infrarossi, deve essere escluso sia perchè non ha un raggio d'azione sufficiente e sia perché esso deve essere lanciato di coda all'aereo bersaglio con una traiettoria compresa, approssimativamente, in un cono con apertura di circa 60°.

3- Non potrebbe essere escluso un Sidewinder di tipo avanzato, del tipo 9L, operativo all'epoca, e con possibilità di lancio anche trasversale, ma la cui testa di guerra non conteneva TNT.

4- Lo Sparrow 7E, missile a medio raggio e guida semiattiva, avrebbe una gittata sufficiente, ma la sua testa di guerra ha un esplosivo diverso da quello rinvenuto sul DC9.

5- La mancanza di ulteriori informazioni su altri tipi di missili ed in particolare sui tipi di esplosivo impiegato, impedisce la formulazione di altre ipotesi.

In definitiva, nell'incidente in oggetto dovrebbe essere stato coinvolto un missile a medio raggio a guida semiattiva o a raggi infrarossi di tipo avanzato (a tiro laterale).

A giudizio dei periti ILM, da ultimo, l'ipotesi di un missile mare/aria, pur possibile in linea teorica, è da escludere sia perchè i danni subiti dal DC9 sono stati limitati sia perchè non troverebbe facile spiegazione la presenza del V.E. nelle vicinanze dell'incidente.

Infine, queste le conclusioni di parte Blasi-Cerra.

Nella relazione depositata nel marzo 89, il collegio pervenne alla conclusione che l'incidente al DC9 era stato causato dall'azione di esplosivo ad alto potenziale sulla base dei seguenti elementi: -ritrovamento di tracce di T4 su schegge prelevate da un cuscino (uno su venti) e su tre bagagli (3 su 15), e di tracce di T4 e TNT su un gancio rilevato nello schienale rosso 2; - elevato numero di schegge di piccole dimensioni estratte dagli schienali e dai cuscini recuperati; - profondità di penetrazione delle schegge predette; - microfusioni, tipiche di fenomeni esplosivi, su fibre sintetiche del rivestimento interno di 7 su 15 bagagli recuperati; - presenza di "rolled edge", "gas washing" e "pitting" su frammenti ritrovati in 7 cuscini; - ritrovamento in due cuscini di ribattini, a testa svasata verniciata, provenienti dalla superficie esterna dell'aereo, impulso acustico registrato dal CVR 0,2 sec. prima della interruzione completa dei circuiti elettrici, risultato simile a quello provocato artificialmente all'esterno di un DC9 Alitalia durante le prove acustiche; - penetrazione profonda della "fascetta condotto aria di ventilazione vani radio-rack"; - ritrovamento nei cuscini n.10, 35, 50 del frammento di un contenitore di plastica posto nel "galley" anteriore dell'aereo; - mancanza completa di vestiti su alcuni dei 38 cadaveri recuperati, caratteristica dello "effetto soffio" dovuto ad una esplosione; - mancata fuoriuscita delle maschere di ossigeno.

Ma sulla scorta dei risultati ottenuti durante le ulteriori successive indagini, non tutti questi elementi sono stati confermati, rilevano B e C. E' sì rimasta la convinzione dei due periti che l'incidente debba ascriversi all'azione di un agente esplosivo detonante, ma la causa dell'esplosione non può più farsi risalire ad una azione provocata dall'esterno dell'aeromobile. Da tutte le analisi ed i riesami effettuati, secondo costoro, emerge come evidenza fondamentale che l'ipotesi di esplosione esterna spiegata e motivata nella relazione del marzo 89, non possa esser più presa in considerazione come ipotesi probabile.

Infatti, tra gli elementi di certezza precedentemente elencati non se ne può estrarre alcuno che sia congruente con la predetta ipotesi; anzi, al contrario, le certezze predette conducono inequivocabilmente verso la ipotesi di esplosione interna.

E' necessario invero precisare che, mancando buona parte del tratto dell'aereo tra la cabina di pilotaggio e l'attacco delle ali, non è possibile dire dove la stessa potesse essere stata localizzata, anche se si può certamente dire che la parte mancante dell'aereo è sicuramente quella ove l'ordigno era stato collocato.

E' bene infine precisare, aggiungono B e C, che essi sono consapevoli che non tutte le motivazioni riportate in perizia trovano spiegazione univoca, e che permangono elementi di dubbio. Tuttavia attraverso l'analisi degli elementi disponibili è altamente preminente quella parte degli stessi che conducono all'esplosione interna, e pertanto essi concludono in favore della tesi, secondo cui l'incidente è da attribuire ad un effetto esplosivo interno.

Queste le conclusioni dei periti Imbimbo, Lecce e Migliaccio.

Essi sostanzialmente confermano la tesi esposta nella relazione del 16.03.89 e cioè l'ipotesi missile, con precisazioni ed approfondimenti.

In particolare è sembrato doveroso, da parte di ILM, precisare che lo studio più approfondito dei dati radar di Marsala, pur non avendo apportato nuove informazioni significative ai fini della ricostruzione dell'evento, ha giustificato il comportamento del personale addetto che non ha percepito immediatamente la gravità di quanto stava accadendo.

L'approfondimento sui dati radar ha d'altra parte consentito di delineare, con il maggiore dettaglio possibile, gli eventi che sono accaduti nell'immediato intorno al tempo e al luogo dell'incidente. E' stato infatti possibile, con un grado di maggiore probabilità, individuare quale fosse stata la traiettoria seguita dal DC9 prima e dopo l'incidente, quale fosse stata la traiettoria dell'aereo estraneo prima e dopo l'incidente, quale fosse stato il ruolo espletato da tale aereo, e quale la probabile zona di lancio dell'eventuale missile, e quindi la classe cui esso apparteneva, anche con informazioni di carattere esplosivistico.

Quanto dedotto, ha permesso di indicare, con buona probabilità, che il missile coinvolto era di tipo a medio raggio, con testa di guerra semiattiva o a raggi infrarossi di tipo avanzato. Tali missili non erano all'epoca in dotazione all'AM italiana. Dalle indagini ulteriori svolte, i periti hanno escluso progressi sulla individuazione dell'origine del missile in argomento.

Queste di conseguenza le risposte ai quesiti.

In primo luogo quelle da parte del prof. Blasi e dell'ing. Cerra.

Quesito 1: "Da quanto ampiamente chiarito non si possono definire le traiettorie del DC9 e del velivolo estraneo. Dall'analisi sui dati radar di Fiumicino scaturisce infatti che non vi sia stato nessun velivolo estraneo nei dintorni del DC9 I-Tigi e che le due traiettorie che inequivocabilmente si individuano debbono attribuirsi la prima ai frammenti del DC9 e la seconda al corpo principale dell'aereo stesso."

Quesito 2: "Dall'analisi eseguita allo scopo e sulla base delle risultanze di cui al punto precedente è scaturito che nessuna testa di guerra per uso missilistico aria/aria è compatibile con tutti gli elementi di certezza che sono scaturiti dalle indagini."

Quesito 3: "Sulla base di quanto accertato non è possibile pervenire all'accertamento della provenienza del missile, in quanto non si sono trovate conferme alla presenza dello stesso."

Quesito 4: "E' parere che l'incidente occorso al DC9 I-Tigi sia attribuibile ad una esplosione avvenuta all'interno dell'aereo per la presenza di una bomba a bordo."

Quindi le risposte ai quesiti da parte dei proff. Imbimbo, Lecce, Migliaccio.

Quesito 1: "A - Il DC9 percorreva - da seguire su figura in perizia; nde - una rotta Nord-Sud, alla quota di 25000 piedi, con direzione e verso ruotato nel senso orario di circa 170 gradi rispetto al Nord; la velocità era di circa 470 nodi. Immediatamente dopo l'incidente, il DC9 si innalzava repentinamente, perdendo nel contempo velocità e raggiungendo verosimilmente una quota compresa da un minimo di 26000 piedi ad un massimo di 30000 piedi, entro un tempo stimabile in circa 40sec. Successivamente il DC9 iniziava una traiettoria in caduta, con lievi oscillazioni rispetto alla traiettoria rettilinea, con direzione e verso Ovest ed inclinazione di circa 82 gradi rispetto al Nord, nella direzione e verso del vento, scomparendo al radar Marconi dopo circa 175sec. per effetto del superamento della quota minima di detezione a quella distanza dal radar stesso.

B - Al momento dell'incidente, il velivolo estraneo percorreva una rotta curvilinea ad ampio raggio, con direzione e verso Ovest-Est, incrociante quasi ortogonalmente la traiettoria del DC9. Le prime tracce di questo velivolo si osservano almeno 90 sec. prima dell'incidente ed indicano una traiettoria iniziale di conversione da Nord verso Ovest. Le tracce di tale velivolo si rilevano fino a circa 100sec. dopo l'incidente, probabilmente a causa di una rapida manovra di salita che ne determinava la scomparsa dall'area di detezione del radar Marconi. Prima dell'incidente la velocità orizzontale diminuiva rapidamente, fino a quasi annullarsi, denunciando il predetto rapido innalzamento. Al momento dell'ultima risposta del trasponder del DC9 il velivolo estraneo si trovava ad una distanza, nel piano orizzontale, di circa 5NM. Il lancio del missile può essere avvenuto dai 5 ai 20sec. prima di tale momento. La presenza di un velivolo estraneo, nel momento e nella zona dell'incidente, avvalora il collegamento dello stesso e quindi si escludono di principio altri tipi di missili (terra/aria o mare/aria)."

Quesito 2: "Tenuto conto della traiettoria del velivolo estraneo (quasi ortogonale alla traiettoria tenuta dal DC9 prima dell'incidente) la testa del missile doveva essere a guida semiattiva o a guida passiva, ma di tipo avanzato. Tenuto conto della distanza stimata al momento del lancio del missile, l'ipotesi più probabile è che si tratti di un missile aria-aria a medio raggio. In relazione allo stato dei relitti recuperati del DC9 ed alla mancanza di evidenti segni di scheggiatura, si ritiene possibile l'impiego di una testa di guerra del tipo "continuous rod".

Quesito 3: "In base alle informazioni ufficiali ricevute e a quanto premesso ed accertato dal collegio peritale, si esclude che il missile che ha provocato l'incidente fosse di uno dei tipi in dotazione all'AM all'epoca. Null'altro può dirsi circa la provenienza del missile stesso, non essendo emersi ulteriori rilievi, tenuto conto della estrema varietà dei modelli esistenti all'epoca e delle scarse notizie di dettaglio disponibili."

Quesito 4: "Nulla è possibile aggiungere . Si fa solo notare che esiste una sia pur debole possibilità che nell'area dell'incidente fosse coinvolto un terzo velivolo, di relativa piccola sezione radar, che percorreva la stessa rotta, ad una quota superiore o inferiore non stimabile, apparso in vista al solo radar Selenia dopo l'incidente e per qualche battuta."

Nel volume secondo i periti ILM si pongono il problema del riesame dei dati radar di Fiumicino ovvero del sistema ATCAS.

Essi premettono che, al fine di procedere ad un maggiore approfondimento sul tipo e sul funzionamento delle apparecchiature impiegate, hanno richiesto ed ottenuto la documentazione:

- dalla ditta Selenia, che ha curato la messa in servizio di tutto il sistema: descrizione delle apparecchiature radar di costruzione Selenia, che in perizia viene riportato in allegato 5;

- da tre tecnici radar (i dott. ing. Ennio Giaccari e Sergio Pardini della Selenia ed il prof. Gaspare Galati ausiliari nel Supplemento di cui all'incarico in data 19.10.89): una relazione sul funzionamento di tutti gli apparati del sistema ATCAS e su una possibile interpretazione dei dati relativi (in All.6) Questo documento sarà d'ora in poi chiamato dagli estensori relazione R.AUS.1;

- i dati tecnici essenziali del radar Marconi, ottenuti in via non ufficiale, contenuti nell'All.12.

Indi descrivono il funzionamento del sistema il cui schema a "blocchi" è raffigurato nella fig.6.2 - 1.I due radar Marconi e Selenia, situati nell'area aeroportuale di Fiumicino e distanti circa 1.3.NM, forniscono due segnali video grezzi (quantizzati a due livelli: "0" o "1" ) che sono trasmessi, mediante ponte radio, alla RIV di Ciampino dove vengono elaborati dagli estrattori.

Ciascun radar ha due estrattori, tutti del tipo Selenia EAF 7/C, che elaborano in parallelo il segnale ricevuto e lo inviano:

- alle unità video;

- alla unità di registrazione su nastro;

- al calcolatore di tracciamento;

Per ogni impulso trasmesso dal radar l'estrattore costruisce una sequenza di "1" o di "0" in base al segnale ricevuto (fig.6.2-2), in modo da formare una matrice di segnali con tante colonne quante sono le celle in distanza (1024 nel caso in questione) e con un certo numero di righe che si aggiornano ricorsivamente: per ogni nuova riga immessa, corrispondente all'ultimo impulso trasmesso, viene infatti eliminata la riga più "vecchia". Ad ogni riga corrisponde una determinata posizione angolare dell'antenna radar durante la sua rotazione, con un passo che nel caso del Marconi vale circa 0.15 gradi.

Per ogni cella di distanza e per ogni nuovo impulso radar, viene considerata una "finestra" di 15 celle radar, contando il numero di "1" in essa presenti. In questo processo, che come si vedrà è ricorsivo, appena il numero di "1" raggiunge il limite prefissato (7 nel caso in questione), viene dichiarato "inizio bersaglio" e ne viene memorizzata la posizione.

Per ogni nuova riga immessa, la "finestra" scorre di una posizione e si riprocede al conteggio degli "1". La "fine bersaglio" viene dichiarata quando, in questo processo iterativo, il numero di "1" scende al di sotto del valore limite inferiore che è fissato in 3.

In base alle due informazioni di inizio e fine bersaglio viene così individuata la posizione angolare dello stesso.

Indi riportano i dati tecnici del sistema.

"Dati tecnici essenziali del sistema"

Radar Tipo Marconi Selenia

Frequenza di trasmissione MHz 585-610 1250-1350

Larghezza nominale del fascio

d'antenna (a-3dB) gradi 2.0 1.25

Durata nominale impulso trasmesso microsec.3.3 2.75

Velocità di rotazione d'antenna giri/min. ca.11 ca.10

Frequenza di ripetizione impulsi Hz ca.448 ca.450

Larghezza nominale della cella di

risoluzione radar gradi 2.0 1.25

Numero echi nella cella di

risoluzione radar N° ca.14 ca.10

Estrattore Tipo Selenia Selenia

EAF-7/C EAF-7/C

Passo di campionamento microsec. 1.93

Risoluzione cella in distanza NM 0.156

Lunghezza finestra mobile (*) sweep 15

Soglia minima di detezione " 7/15

"Mascheramento" in distanza n.celle 7 1

" " " totale NM 1.092 0.156

(*) lo sweep è l'intervallo di tempo tra un impulso radar ed il successivo. Esso è all'incirca uguale per i due radar e vale 2.22 msec.

Determinano, poi, che la "qualità definita come "durata di detezione" rappresenta il numero di volte (n° di sweep) in cui la finestra mobile ha trovato, nel suo interno di 15 celle almeno 3 con segnale "1", dopo che è stato dichiarato inizio bersaglio".

"Nel radar Marconi, per aumentare la probabilità di detezione, v'è un "integratore" che amplifica il segnale in entrata di intensità Xi(n) al valore in uscita Xu(n), con la legge:

Xu(n)=Xu(n-1) * 7/8 + Xi(n);

in cui Xu(n-1) è il segnale di uscita precedente.

Un "limitatore" sul segnale di ingresso (6/8bit) limita l'effetto della predetta amplificazione in caso di segnale "forte". Questo effetto "benefico" dell'integratore è però pagato dal fatto che si ha un prolungamento dell'eco, che implica in definitiva un maggiore errore nella stima dell'azimuth".

Riportano quindi e rappresentano nella fig.6.2-4 il diagramma di copertura e precisione dei radar per due casi tipici di sezione radar.

- 10 mq corrispondente ad un velivolo tipo DC9 (in figura è rappresentata la curva relativa alla probabilità di detezione dell'80%);

- 1 mq corrispondente ad un velivolo da caccia (in figura è rappresentata la curva relativa alla probabilità di detezione del 50%).

Come risulta dalla relazione Selenia dell'8 ottobre 80, riassunta al paragrafo II.B-2 della R.P. 89 e che sarà d'ora in poi chiamata R.S. 80, risultati sperimentali precedenti l'incidente avevano dimostrato che la copertura ottenibile con il radar Selenia era inferiore di circa il 30 % di quella teorica, ora illustrata, per fenomeni da imputare essenzialmente a riflessioni sul mare, mentre esisteva un valido riscontro tra copertura teorica e sperimentale per il radar Marconi.

In base a queste considerazioni la predetta relazione R.S. 80 concludeva "... che alla quota di 25kft ed ad una distanza di 120NM, un aeromobile del tipo DC9 in assetto di volo, è in piena visibilità per il radar Marconi, non lo è invece per il radar Selenia, il cui limite a parità di quota è di circa 100NM. Un aeromobile tipo Caccia a 25kft e 120NM è al limite della visibilità per il radar Marconi, e fuori dal campo di avvistamento per il radar Selenia. Oggetti riflettenti ad una quota di 15-20kft, fuori dalla zona di avvistamento del radar Marconi, possono invece essere avvistati dal radar Selenia in presenza di riflessione elettromagnetica sul mare...". Susseguentemente indicano quale è la "precisione dei corrispondenti segnali".

Tenendo presente che esistono due tipi di segnali radar, uno il Primario emesso dai radar Marconi e Selenia installati a terra, e l'altro il Secondario emesso da un trasmettitore installato sull'aeromobile, la precisione dei corrispondenti segnali ha i seguenti valori di orientamento, corrispondenti a +2 volte la deviazione standard (95% dei casi), ricavati da considerazioni teoriche e da rilievi sperimentali della Selenia (v.R.S.80):

Marconi Selenia

Radar Primario Secondario Primario Secondario

Distanza NM +0.20 +0.10 +0.20 +0.15

Angolo

(Azimuth ) gradi +0.44 +0.48 +0.26 +0.52

Nella relazione R.AUS.1 per quanto riguarda la precisione del Primario si fa riferimento a valori teorici leggermente minori e precisamente:

Marconi Selenia

Radar Primario Primario

Distanza NM +0.18 +0.14

Angolo

(Azimut) gradi +0.40 +0.24

Sempre relativamente alla precisione, conviene notare che i dati del radar Primario e Secondario sono associati nell'estrattore secondo la seguente logica che sfrutta le maggiori precisioni ottenibili dai due tipi di radar:

Primario Secondario

Distanza R X

Angolo o Azimut Teta X

Qualità X

Codice di identità X

Quota X

Qualora uno dei due gruppi di informazioni (radar Primario o Secondario) venisse a mancare, viene registrato quello del radar disponibile, salvo Codice d'identità, Quota e Qualità che sono dati esclusivi i primi due del Secondario e l'ultimo del Primario. In definitiva nel caso di informazioni radar complete la distanza R proviene dal Secondario e l'azimuth Teta dal Primario.

A questo punto introducono il "fatto nuovo" della loro indagine e cioè "il differente mascheramento in distanza fra il radar Marconi ed il Selenia ("mascheramento rispettivamente di 1.092 e 0.156NM) che non era mai risultato da alcuna delle precedenti indagini e non era stato evidenziato nemmeno dai gestori del sistema ATCAS. A tale differenza, peraltro non giustificata da nessun fatto tecnico obiettivo, dovuta alla predisposizione degli estrattori Selenia, fatta durante il montaggio, i periti annettono molta importanza poichè "aggiunge dei possibili margini di incertezza sui valori dell'azimuth rilevati dal radar Marconi".

Non vi è certezza, però, che gli impianti fossero, all'epoca dell'evento, in tali condizioni, anche se come è noto, nella relazione R.AUS 1 è detto "...Possibilità di dubbi circa un'eventuale diversa configurazione degli estrattori ... possono essere, almeno parzialmente e indirettamente rimossi..." dal fatto che analizzando i plots relativi a circa 40 minuti di registrazioni a cavallo dell'incidente si sono trovate coppie di punti del radar Marconi che sembrano confermare la presenza di casi di mascheramento".

Il fenomeno è raffigurato nella fig.6.2-5. L'estrattore fornisce per l'oggetto più vicino al radar, la posizione corretta Pa di figura, ma per effetto del "mascheramento" annulla tutti gli impulsi "l" compresi nella "ombra" di A (lunga come la fascia di "mascheramento"). In conseguenza l'oggetto B, è diviso in due spezzoni:

- uno a sinistra di lunghezza ancora sufficiente per la detezione (8 celle nell'esempio di figura, essendo 7 il limite minimo di detezione) ma di posizione Pb, "spiazzata" a sinistra.

- Uno a destra dell'"ombra" di A, di durata due "1" e quindi insufficiente a dare detezione.

In questo caso (ma le conclusioni sono di carattere generale):

a) L'oggetto più vicino al radar non è influenzato dal secondo oggetto e l'estrattore ne fornisce la posizione corretta, cioè quella stessa che avrebbe fornito per bersaglio isolato.

b) L'oggetto più lontano può risultare parzialmente mascherato e l'estrattore ne fornisce la posizione radiale corretta, mentre ne può alterare la posizione angolare. L'alterazione in angolo, come appare chiaro dalla figura, dipende dalle dimensioni e dalle posizioni reciproche dei due oggetti e può variare da valori trascurabili fino ad un valore pari alla larghezza del fascio d'antenna, nel caso eccezionale che l'oggetto più lontano sia grande quanto 2.5 fasci d'antenna e quello più vicino oltre 1.5 fasci d'antenna (vedi fig.6.2-5bis).

c) Circa il senso dell'errore causato dal mascheramento, sempre dalla figura 6.2-4, appare che lo "spiazzamento" indotto è dalla stessa parte del disallineamento "vero" dei due oggetti.

d) Nel caso che l'oggetto B fosse stato più piccolo di quanto indicato in figura, il mascheramento da parte dell'oggetto A potrebbe aver ridotto il numero di "1" ad un totale inferiore a 7 anche nello spezzone rimasto a destra e quindi non vi sarebbe stata detezione dell'oggetto B.

In definitiva quando due oggetti sono separati contemporaneamente:

- in angolo (azimuth) di una quantità inferiore all'ampiezza del fascio di antenna (2 gradi nel caso del Marconi);

- e in distanza (lungo la radiale del radar) di una quantità inferiore alla fascia di "mascheramento" (1.092NM nel caso del Marconi);

sull'oggetto più lontano dal radar possono accadere degli "spiazzamenti" in angolo o addirittura una mancata detezione se esso è di limitate dimensioni radar e/o quasi allineato angolarmente all'oggetto più vicino.

Di conseguenza, il radar Selenia che ha un mascheramento di una sola cella, è più affidabile nella misura dell'azimuth, quando vi siano due o più oggetti "vicini".

 

 

A questo punto i periti passano al riesame dei dati radar del DC9 I-Tigi.

Premesso che, per quanto riguarda i tempi "delle battute radar registrati sui tabulati, il sistema apporta periodicamente, circa ogni 20 battute, una correzione di 1 o 2sec.. Per rettificare gli arrotondamenti che si siano nel frattempo accumulati, nel caso in esame i periti hanno fatto ricorso ai tempi di sistema relativi al numero di ciclo dell'elaborazione dati (ogni ciclo corrisponde a 0.2sec.), per cui l'errore possibile è ridotto appunto a 0.2sec". "Come origine dei tempi si è assunto quello probabile dell'incidente e cioè 18h.59'51"GMT come risulterebbe dalle comunicazioni radio TBT o più precisamente al n. di ciclo corrispondente a 1sec. prima della battuta "1". "Sempre per migliorare la attendibilità, si è assunto per ciascuna delle coordinate radar X e Y, la media dei dati corrispondenti rilevati dai due estrattori per ciascun radar, laddove disponibili."

I periti quindi hanno ottenuto e determinato la traiettoria "relativa a 22 battute del radar Marconi prima dell'incidente (pari ad un intervallo di circa 2 minuti) supponendo che il DC9, in quel periodo non ha subito variazioni di parametri di volo.

"La traiettoria è stata ottenuta dalle equazioni lineari delle coordinate del moto, X (tempo) e Y (tempo), ricavate con il metodo dei minimi quadrati dai dati registrati. Per ottenere la maggiore approssimazione possibile sono stati considerati solo i dati omogenei e cioè quelli aventi sia risposta del Primario che del Secondario; i coefficienti di correlazione delle due rette sono rispettivamente 0.881 e 0.999 e denotano una alta significatività dell'interpretazione (come è noto, il valore massimo teoricamente possibile è 1).

Dai dati precedenti si è potuto calcolare che la velocità media, nel piano orizzontale e rispetto al suolo, del DC9 I-Tigi al momento dell'incidente era di 467knots pari a circa 0.130NM/s (quota costante).

Infine utilizzando i dati direttamente rilevati dal radar e cioè R e Teta, si è potuto calcolare per la retta X-Y precedentemente determinata, la precisione "vera" del radar Marconi al momento e nella zona dell'incidente, in corrispondenza di +2 volte la deviazione standard (95% dei casi):

errore in distanza +0.07NM (radar Secondario)

" " angolo (azimuth) +0.51 gradi ( " Primario)

in buon accordo con i dati riportati nel paragrafo 1.2. Giova notare che un errore in angolo +0.51° corrisponde, nella zona dell'incidente a +1.16NM in senso tangenziale.

Si noti infine che l'estrattore Marconi 3 aveva perduto solo una battuta di Primario su 23 (1a-11) e quindi aveva una percentuale di rilevazione del 96%, contro il 91% del Marconi 1.

Ripetuti gli stessi calcoli per il Selenia la traiettoria risulta spostata verso ovest e poi parallela rispetto al radar Marconi, per cui occorrerebbe effettuare le seguenti correzioni approssimate:

"Xselenia+0.7NM=Xmarconi

Yselenia-0.2NM=Ymarconi

che tramutate in R e Teta, riferite al centro del sistema, forniscono le seguenti relazioni approssimate:

Tetaselenia-0.3°=Tetamarconi

R Selenia =R Marconi

I periti quindi sottolineano che l'estrattore 4 del Selenia "aveva solo un 32% di detezione", e concludono che i "dati Selenia pur affidabili per se stessi, non sono affidabilmente confrontabili con quelli più numerosi e più completi del Marconi".

Pertanto passano all'analisi dei dati del Marconi. "Successivamente all'incidente il radar ha fornito quattro plot doppi 2,8,9 e 13 (nelle figure i punti sono anneriti per una migliore individuazione), che devono essere associati, a causa della diversità di R, ad almeno due oggetti fisicamente distinti.

Rammentando che per le già viste precisioni, sia teoriche che pratiche, le misure in distanza sono decisamente le più attendibili, dall'esame di fig.6.2-6 risulta immediato constatare una correlazione fra i seguenti gruppi di plots:

gruppo "1": (1), 2a,5,7,8a,9a,10,11,13a,15-18.20-31;

gruppo "2": 2b,(3),4,6,8b,9b,12,13b,19.

Il punto 1, come risulta anche dalla fig.6.2-7, deve essere considerato anomalo forse perchè rilevato a qualche secondo, forse un solo secondo, dal momento dell'esplosione, i cui frammenti e/o gas caldi possono aver causato l'anomalo valore in azimuth del segnale.

Per i rimanenti punti quanto sopra ha un valido fondamento tecnico, in quanto i punti analoghi dei due gruppi sono separati sempre da più di due celle di risoluzione in distanza (0.3NM) e quindi sicuramente appartengono a due oggetti distinti (fig.6.2-6).

I due gruppi hanno una percentuale di detezione rispettivamente dell'81% e del 47%.

Rappresentata nella figura 6.2-8 la traiettoria relativa ai due gruppi di plots i periti osservano:

" - Traiettoria del DC9 I-Tigi prima dell'incidente (fino alla battuta 0; già descritta nel par. precedente)

- Traiettoria "1" relativa all'oggetto 1 dal momento dell'incidente alla battuta 8a e la "1"relativa allo stesso oggetto ma dalla battuta 8a alla 31

- Traiettoria "2" relativa all'oggetto 2.

N. battuta riferito all'ultima risposta secondario

Fig.6.2-6

N. battuta riferito all'ultima risposta del secondario

Fig.6.2-7

Effettuano poi le analisi dettagliate delle due traiettorie.

Per quanto riguarda la traiettoria 2:

"L'oggetto "2" è più distante dal radar dell'oggetto "1" e quindi il "mascheramento" può produrre, come si è visto, i seguenti effetti sulla traiettoria:

a) Nessuna influenza sulle distanze R.

b) Perdita di plots.

c) "Spiazzamenti" angolari.

L'unico oggetto presente nella zona dell'incidente che potesse dare un'eco d'intensità più elevata di altri (rimane comunque discutibile se esso possa considerarsi forte) è il DC9 che dopo l'incidente ha conservato una sua sostanziale interezza (fusoliera, ali, motori, impennaggi, sistema carrelli anteriore e posteriore ecc.) come il recupero ha testimoniato.

L'ipotesi che l'oggetto "2" produca un'eco di elevata intensità tale da dar luogo a fenomeni vistosi di spiazzamento è molto poco probabile per i seguenti motivi:

- non si sono registrati fenomeni di sdoppiamento in azimuth il che induce a ritenere che la lunghezza dell'immagine radar non sia comunque superiore alle 30 celle;

- tutti i punti della traiettoria, "detetti" da ambedue gli estrattori, ad eccezione del 4, 9b e 19 hanno una qualità inferiore a 15. Si ricorda che anche una qualità di 13 presuppone un oggetto costituito da solo otto "1" consecutivi oppure da una stringa di "1" più lunga ma intervallata da "0", indice di bersaglio di bassa intensità;

- i plots 3, 6, 8b e 13b sono stati rilevati solo dall'estrattore 3, dimostratosi più sensibile al momento dell'incidente;

- radar quasi ai limiti della sua portata. Si vedrà nel paragrafo della simulazione di volo del 1985 che il DC9 nel II intercettamento, quand'era alla distanza di 121NM è stato visto anche con qualità 13 e, a 127 e 130NM, con qualità 12, nei rari casi in cui il radar Secondario non aveva dato segnali.

Questo innanzitutto può far ritenere che lo spiazzamento medio non sia superiore a 3.5 celle e cioè a circa 0.5°. Per cui "utilizzando note formule e scegliendo intervalli di tempo omogenei per valore di velocità, si ottengono le seguenti velocità orizzontali, ove non vi fossero fenomeni di mascheramento:

tratto da 2b a 4 : V = 855 + 133 knots

" " 4 " 6 : V = 838 + 105 "

" " 6 " 9b : V = 424 + 136 "

" " 9b " 19 : V = 39 + 42 "

Atteso che il punto 9b non può essere apprezzabilmente spiazzato perchè dista oltre 2° dal suo omologo 9a, non si dovrebbero avere sostanziali variazioni negli errori delle velocità sopraindicate per effetto del mascheramento, ove si escluda il punto 2b.

Se per detto punto si presuppongono spiazzamenti dell'ordine di quello prima accennato, si hanno le seguenti velocità nel tratto 2b-4:

Spiazzamento di 2b di 1cella V = 783 + 113 knots

" " 2 " V = 728 + 113 "

" " 3 " V = 673 + 113 "

" " 4 " V = 619 + 113 "

da cui appare subito evidente che con un spiazzamento di 3-4 celle, già individuato come probabile, la velocità del tratto 2b-4 diventa congruente con la successione di velocità e, come si vedrà, anche con quelle relative ai plots -17 e -12, senza eco Secondario e precedenti l'incidente di cui si parlerà fra breve.

Traggono quindi come conclusioni non dipendenti dagli errori in azimuth:

"L'oggetto 2 non viene visto dal radar 10 volte su 19 (53%) o per mancata rivelazione o per effetto del mascheramento da parte dell'oggetto 1.

Esso esce dalla zona di copertura radar all'incirca al plot 19, molto prima di non quanto avvenga per l'oggetto 1. Poichè la distanza è ancora entro i limiti del radar l'oggetto 2 è uscito o perchè troppo alto o perchè troppo basso.

- La velocità passa da valori molto elevati del primo tratto a valori praticamente nulli nel tratto terminale. Questo in accordo con l'osservazione precedente di manovra di salita o di discesa.

- I valori di velocità iniziale, anche corretti per il probabile spiazzamento, sono congruenti con quelli relativi ai punti -17 e -12 (vedi fig.6.2-11) senza risposta di Secondario e quindi non identificati, posti ad Ovest della zona dell'incidente.

Infatti si può dimostrare (vedi Append.6.2-4) che, in base alla distribuzione spaziale e temporale di tutti i plots, non associati ad eco Secondario e non riconducibili a velivoli riconosciuti ("falsi plots") e relativi al tempo di 30' a cavallo dell'incidente, i predetti due punti sono "falsi plots" con probabilità molto bassa, circa 1 caso su 10.000, e correlano con l'incidente spazialmente e cinematicamente.

Concludono affermando che l'ipotesi che l'oggetto 2 è "un velivolo dotato di propria autonomia di volo, di piccole dimensioni e con velocità tipiche di un caccia e che esso ha incrociato il DC9 quasi ortogonalmente, è compatibile con tutti gli elementi a disposizione".

Per quanto riguarda la traiettoria "1" e "1' ", la traiettoria "1" è quella relativa alle battute radar dalla 8a alla 31 e quella "1' "fino alla battuta 8a (punti 1,2a, 5 e 7), entrambe relative al DC9 in caduta.

In prima approssimazione si è supposto che la traiettoria "1" fosse rettilinea e dai calcoli effettuati i periti hanno concluso:

"- gli errori sugli azimuth della traiettoria rettilinea 8a-31 sono quasi uguali a quelli intrinsechi del Primario;

- gli errori sulle distanze della predetta traiettoria rettilinea, che come si ricorderà sono relativi al Primario, sono forse superiori a quelli intrinsechi del radar (la stima di questi ultimi, secondo quanto risultato al sottoparagrafo 2.1, è maggiore di +0.20NM), anche se la differenza non è statisticamente significativa.

Anche se si attribuisse validità a questa differenza, ciò vorrebbe significare che la traiettoria suggerita è imperfetta limitatamente alle R (e quindi alle Y) come se l'aereo in caduta oscillasse lateralmente intorno ad una traiettoria media. Fatto del tutto plausibile per un aereo danneggiato, con motori inattivi e molto probabilmente senza alcun controllo da parte dei piloti; l'argomento verrà ripreso al paragrafo 5 sul comportamento del DC9 dopo l'incidente".

Poichè la traiettoria "1'" si deve raccordare con quella "1", non è possibile secondo i periti una interpretazione univoca data la complessità dei fatti che intervengono in questo intervallo di tempo. Osservano quindi che:

- il punto 1 ha una posizione decisamente anomala, forse per le ragioni già espresse precedentemente;

- rispetto al prolungamento della traiettoria del DC9 prima dell'incidente, il radar ha rilevato (vedi fig.6.2-8) che tutti i punti sono ad Ovest.

- per raccordarsi con la successiva traiettoria "1", che come si è visto è molto attendibile, la traiettoria in oggetto deve essere terminata nelle immediate vicinanze dell'incidente (vedere punto segnato con "X" nella fig.6.2-8).

- la brusca variazione di rotta del DC9 con annullamento, in circa 40s dopo l'incidente, della componente radiale della sua velocità iniziale lascerebbe supporre che il velivolo abbia improvvisamente cabrato perdendo così gran parte della sua energia cinetica; l'argomento verrà ripreso e confermato al paragrafo 5, ma fin d'ora è difficile immaginare una soluzione alternativa.

In base a queste osservazioni sembra lecito supporre che la traiettoria "1'":

a) si sia svolta tutta ad Ovest del punto dell'incidente;

b) debba essere terminata con direzione e verso Ovest-Est nelle immediate vicinanze del punto dell'incidente;

c) si sia svolta in salita e con una conseguente rapida diminuzione della componente orizzontale della velocità.

Solo per visualizzare una delle possibilità, nella fig.6.2-8 si è tratteggiata una zona che potesse rispondere alle precedenti conclusioni; l'argomento sarà ripreso in successivo paragrafo.

A questo punto i periti ritengono opportuno passare all'esame dei dati Selenia premettendo che "rispetto al Marconi il numero di plots è limitato, che vi è una maggiore dispersione dei dati e che vi è la mancanza di una chiara, e soprattutto immediata, suddivisione in classi omogenee. Si vuole a questo proposito notare la scarsa attendibilità globale dei dati dovuta al fatto che il luogo dell'incidente era fuori dalla portata del radar".

"Da un esame comparato delle due figure sembra ragionevole associare i plots nei seguenti gruppi:

gruppo 1S : 3, 5, 6, (7), 8, 14, 15

gruppo 2S : 1, 2, 4

Il radar Selenia 4 successivamente all'incidente e per un totale di 15 battute radar ha portato la sua capacità di detezione dal 32%, valore precedente il disastro, a circa il 67% che si riduce al 47%, valore inferiore ma sempre significativo se ci si limita al gruppo 1S. Questo aumento è, probabilmente, dovuto all'effetto concomitante di due cause:

- differente assetto del velivolo rispetto al radar

- migliore visibilità perchè le traiettorie si sono svolte a quota decisamente più alta o più bassa di quella del DC9 prima dell'incidente.

Si rammenti che il radar Selenia ha nella zona dell'incidente un lobo di copertura a bassa quota.

Escludendo il punto 7 che non correla per la distanza e deve essere considerato anomalo, si ottiene:

velocità su traiettoria 1S: V = 20 + 20 knots

velocità su traiettoria 2S: V radiale = 140 + 21 knots

V tangenz. = -125 + 82 "

V = 190 + 85 "

il segno meno nella velocità tangenziale sta a significare che, contrariamente a quanto finora rilevato la velocità è di senso Est-Ovest. Nella traiettoria 2S si nota nei tratti 1-2 e 2-4 una tendenza alla diminuzione della velocità radiale, rispettivamente 170+60 e 120+32 knots.

Si è già visto al paragrafo 2.1 che, a causa di difetti di allineamento fra i due radar, per operare una sovrapposizione spaziale fra i dati Marconi e Selenia, occorreva diminuire gli azimuth Selenia di circa 0.3°, a cui corrispondeva una correzione di +0.7NM sulle X e -0.2NM sulle Y. Si possono quindi trarre le seguenti considerazioni (vedere fig.6.2-12) in cui sono tracciate i plots Marconi ed i plots Selenia con le correzioni predette; le differenze di tempo fra i punti omologhi Selenia-Marconi non sono tali da modificare sostanzialmente quanto si dirà):

a) Il plot 7 diventa ancora più scorrelato in azimuth, confermando quindi la sua anomalia (altro oggetto?).

b) La traiettoria 1S correla solo nel tratto finale con la traiettoria 1 Marconi. Infatti le scorrelazioni in azimuth dei punti 3 e 5 con i dati Marconi aumentano dopo le correzioni, ed addirittura sembrerebbe che il plot 3 appartenga alla traiettoria 2 Marconi.

c) La traiettoria 2S è molto al limite della correlazione della traiettoria 2 Marconi. Per esempio il punto 2S dista in distanza R dal 2bM di 0.38NM e cioè più di 2 celle radar, il che rende questa possibilità poco probabile. Si è quindi indotti a pensare che essa rappresenti un altro oggetto che sia a quote più basse dei 25.000 piedi, e quindi non possa essere visto dal Marconi, e sia invece visto dal lobo a bassa quota del Selenia".

Giungono quindi alle seguenti conclusioni:

"a) La tesi interpretativa qui discussa:

traiettoria 1 = Relitto DC9 I-Tigi

traiettoria 2 = velivolo "estraneo"

è compatibile con tutti i dati radar Marconi e Selenia a disposizione.

I dati Marconi consentono di trarre conclusioni statisticamente più valide rispetto a quelle ricavabili dai dati Selenia per il maggior numero di dati disponibili e la maggior probabilità di rivelazione del Marconi, alla distanza in cui è avvenuto l'incidente.

b) Il relitto del DC9, in 35-40s, dopo l'incidente annulla la sua velocità radiale e s'innalza decisamente dalla quota di crociera, 25.000 piedi. L'interruzione del circuito elettrico, verificato in base ad altre notizie, e le brusche accelerazioni verificatesi in questo periodo hanno probabilmente determinato lo stallo dei motori con annullamento della spinta e con arresto degli stessi.

c) Dopo il predetto intervallo di tempo il DC9 prende una traiettoria Ovest-Est, quasi nella direzione del vento (110knots a 260°) con una velocità media di circa 150knots, progressivamente in diminuzione e dopo altri 2 minuti circa esso esce dalla visuale del radar. Poichè la distanza dal radar non è nel frammento sensibilmente aumentata, ciò significa che esso si è abbassato oltre il limite di copertura radar del Marconi di circa 20.000 piedi (vedere anche paragrafo sulla simulazione di volo del 1985).

I plots relativi a questa traiettoria presentano una dispersione nel senso delle Y che lascerebbe pensare ad una caduta con oscillazioni laterali nel piano orizzontale, del tutto plausibile per un velivolo senza più spinta dei motori e senza guida (vedere prossimo paragrafo 5 sul comportamento del DC9 dopo l'incidente).

Il punto di recupero in mare del relitto del DC9 è avvenuto poco più ad Est della verticale passante per l'ultimo punto della predetta traiettoria, confermando questa conclusione.

d) Nella zona, circa 90 secondi prima dell'incidente, è apparso un altro velivolo, di ridotte dimensioni radar ed elevata velocità, che dopo aver proceduto quasi parallelamente alla traiettoria del DC9 si è disposto perpendicolarmente ad essa raggiungendo una distanza di circa 5NM dal DC9 nel momento in cui è accaduto l'incidente stesso.

Successivamente esso ha proceduto nella sua traiettoria scomparendo dalla visuale radar dopo circa 100 secondi dall'incidente con una velocità orizzontale che si è progressivamente annullata (traiettoria verso l'alto o verso il basso). L'alta velocità di questo velivolo e il lungo tempo di persistenza alla visione radar rendono più probabile una manovra di salita con cui esso avrebbe raggiunto il limite superiore di copertura radar del Marconi, valutabile in 50.000-55.000 piedi, forse proprio per sfuggire all'avvistamento e non interferire con il DC9 in caduta.

e) Il radar Selenia era al limite della sua portata ed ha visto con bassa percentuale di detezione il DC9 ancor prima dell'incidente (32%), e non era quindi nella pratica possibilità di vedere il velivolo "estraneo".

I pochi dati disponibili dopo l'incidente confermano, almeno in parte la traiettoria del DC9 in caduta e forse in un caso il velivolo "estraneo". Le condizioni limiti di funzionamento del radar Selenia e i non sicuri dati sperimentali sulla sovrapponibilità con il radar Marconi rendono queste conclusioni meno sicure delle precedenti.

f) I tre plot Selenia, 1, 2 e 4 lascerebbero pensare alla presenza di un altro oggetto, dotato di velocità orizzontale intorno ai 200knots in direzione e verso approssimativamente Sud-Sud Ovest, scomparso per una brusca manovra di discesa dal lobo inferiore di visibilità del radar Selenia. Il radar Marconi non avrebbe potuto vedere quest'oggetto proprio perchè esso si sarebbe abbassato al disotto del limite inferiore di visibilità.

Questa ipotesi ha ovviamente una limitata attendibilità per il basso numero di plots relativi e per le condizioni limiti di funzionamento del Selenia, ma non interferisce in alcun modo con quanto finora concluso.

Essa viene formulata unicamente per completezza di indagine".

Nella ipotesi che una delle due traiettorie anzidette fosse relativa ad una parte del DC9, staccatasi dopo l'evento, i consulenti effettuano uno studio delle traiettorie di gravi in caduta.

Partono pertanto dalle ipotesi di base:

"- l'unica forza aerodinamica agente sul grave è la resistenza aerodinamica;

- durante tutta la caduta agisce un vento di 100knots con inclinazione di 260° (fig.6.2-8), almeno fino alla quota di 20.000 piedi come risulta da informazioni meteorologiche;

- all'inizio della traiettoria il grave possiede la velocità e la quota del DC9 I-Tigi al momento dell'incidente (467knots e 25.000 piedi)

Dopo aver effettuato i loro calcoli:

"Dall'esame dei dati appare che:

- solo gravi con K compresi fra 0.1 e 0.5 hanno un andamento nel piano orizzontale , paragonabile alla traiettoria "1" che nel precedente paragrafo si è supposto essere il DC9 I-Tigi in caduta. Se 20.000 piedi è il limite di visione del radar Marconi alla distanza dell'incidente, per un oggetto delle dimensioni radar di un DC9 (vedere quanto già detto al paragrafo 1.2 sul diagramma di copertura del radar e quanto si dirà al prossimo paragrafo sulla simulazione di volo del 1985), il grave che ha percorso la predetta traiettoria avrebbe impiegato circa 174 secondi per raggiungere questa quota.

- I gravi con K >=0.1 hanno viceversa questi tempi di caduta:

Grave con K 0.1 0.5

tempo per raggiungere i 20.000ft. 32 sec. 61 sec.

" " " " 15.000ft. 62 sec. 128 "

Tutti questi gravi hanno quindi una velocità verticale di caduta decisamente superiore a quella della traiettoria "1". E' inoltre poco probabile che gravi di queste dimensioni possano dare costantemente immagini radar così grandi come quelle registrate su questa traiettoria: qualità prevalente 15, e cioè il massimo accettato dal sistema.

- Supporre che più gravi provenienti dall'esplosione, inevitabilmente di dimensioni e peso disuguali, possano procedere concordemente in un'unica traiettoria del tipo e per il tempo di quella in esame, senza disperdersi nello spazio, è aerodinamicamente impossibile.

- Nessuna traiettoria di gravi in caduta si adatta alla traiettoria "2", che nel precedente paragrafo si è supposto essere relativa al velivolo "estraneo".

Questi periti procedono poi al riesame dei dati radar della simulazione di volo del 1985, durante la quale, nella zona dell'incidente, era stato fatto volare un DC9 ed un caccia F104, "facendo loro compiere, prima del tramonto del sole, le seguenti manovre (per i dettagli si rimanda al cap. III.I della R.P.89):

- Discesa a spirale del DC9 dalla quota di 25.000 piedi fino a circa 15.000. L'esperimento doveva servire essenzialmente a valutare la quota di scomparsa dal radar di un velivolo tipo DC9.

- Mentre il DC9 percorreva una traiettoria rettilinea Nord-Sud alla quota di 25.000 piedi e con velocità di poco più di 400knots, l'F104 lo intercettava con una traiettoria Ovest-Est ad una quota leggermente inferiore e con una velocità di circa 600knots.

L'esperimento, che è stato ripetuto due volte ritornando quasi nella medesima zona iniziale, doveva servire essenzialmente a valutare le modalità di detezione dei due velivoli da parte dei radar Marconi e Selenia.

Per quanto riguarda la discesa a spirale, considerando che "la percentuale detezione del radar Marconi 3 per distanze da Fiumicino R, comprese fra le 113 e 129.5MN era di circa l'85% e quindi in condizioni paragonabili a quelle del DC9 I-Tigi prima dell'incidente" i periti concludono che "il diagramma di copertura teorico del radar (fig.6.2-4: detezione dell'80% del radar Marconi per cui per un oggetto delle dimensioni radar di un DC9) per quanto riguarda la detezione in quota, corrispondeva abbastanza bene alla realtà del momento dell'incidente".

 

Per quanto riguardava gli intercettamenti dell'F104, premesso che:

"- il DC9 percorreva una traiettoria Nord-Sud ad una quota di 25.000 piedi;

- l'F104 percorreva, al momento dell'intercettamento del DC9, una traiettoria Ovest-Est con una ordinata, Y, da Fiumicino intorno alle 130NM ad una quota leggermente più bassa del DC9.

- il DC9 ha raggiunto la distanza dal radar di 129.5NM ad orari, rispetto al tramonto del sole, prossimi a quelli dell'incidente".

Per rendere più attendibili i confronti con l'incidente sono state paragonate "quelle parti delle traiettorie in cui la distanza e l'assetto dei velivoli nei confronti del radar, e quindi la loro sezione radar efficace, fossero i più simili possibili". I dati relativi sono risultati del tutto simili come andamento.

"E' da sottolineare che il calcolo della percentuale di detezione nel caso dell'F104 presenta incertezze, sia perchè il numero di battute di riferimento è sempre opinabile e sia perchè una valutazione nell'assetto rispetto all'asse longitudinale del velivolo, sempre possibile e difficilmente controllabile durante la simulazione, può variare la "sezione radar" e quindi la visibilità".

Deducono pertanto che: "disponendo nella maggior parte dei casi sia dei dati del Primario che del Secondario, si è potuto riscontrare che non è avvenuto nessun apprezzabile "spiazzamento" nei dati Marconi al momento degli intercettamenti, pur essendo nelle condizioni ad essi favorevoli".

Al termine della loro analisi concludono: "a) la simulazione è avvenuta in condizioni leggermente peggiori, dal punto di vista del radar Marconi 3, rispetto a quanto verificatosi all'epoca dell'incidente del DC9 I-Tigi (84% negli intercettamenti, contro il 96% del DC9 I-Tigi prima dell'incidente). b) Tenendo conto delle predette difficoltà di valutazione della percentuale di detezione dell'F104 e di quanto detto al punto precedente, il tratto percorso da questo velivolo in direzione Ovest.-Est ha nella simulazione una detezione media sul Marconi 3 del 18% e con un massimo del 37% nel II intercettamento, non incongrua col 31% del velivolo "estraneo" al momento dell'incidente del DC9 I-Tigi (10 detezioni: -12, 2b, 3, 4, 6, 8b, 9b, 12, 13b e 19 su un totale di 32 battute)- v.fig.pag.64. c) Il radar Selenia ha avuto nella simulazione una sensibilità, rispetto al DC9, decisamente superiore a quella dell'epoca dell'incidente (52% di detezioni nel II intercettamento contro un 32% prima dell'incidente). Ciò spiegherebbe il fatto che l'F104 è stato visto nel II intercettamento per 3 battute su 16 contro, probabilmente, un solo plot al momento dell'incidente, il 3. d) Quando l'F104 viene detetto dai radar Marconi ha una qualità media di 12.5 contro un 12.6 del velivolo "estraneo" al momento dell'incidente.

L'analoga qualità per il Selenia è di 9 contro lo stesso valore per l'unico punto, il 3, in cui il velivolo "estraneo" sarebbe stato visto al momento dell'incidente".

Descrivono poi il comportamento aerodinamico del DC9 I-Tigi dopo l'incidente sulla base della simulazione numerica effettuata dalla Douglas alle condizioni:

- "interruzione immediata della spinta dei motori;

- comandi dell'aereo bloccati;

- velocità, direzione e quota uguali a quelli calcolati prima dell'incidente (vedere paragrafo 2);

- nessun effetto aerodinamico, in prima approssimazione, dei danni causati dall'esplosione sulla struttura dell'aereo; si vedrà in seguito di valutare l'entità di questa approssimazione;

- perdita istantanea di peso, centrata a circa 9 metri della punta dell'aereo, di una quantità compresa fra 2000 e 8000 libbre, pari a circa 900 e 3600kg (parti dell'aereo staccatisi dalla struttura, passeggeri e bagagli fuoriusciti dal foro generatosi nel rivestimento esterno, ecc.);

- traiettoria indipendente dal vento (l'effetto del vento può essere considerato separatamente);

- moto longitudinale-simmetrico del velivolo (con traiettoria nel piano verticale);"

e riassumono:

"1) L'aereo come effetto della perdita di peso predetta, subisce un innalzamento con un guadagno di quota da circa 1000 a 6000 piedi, rispettivamente per la perdita di peso minima e massima. Ciò ha un puntuale riscontro in quanto discusso nell'analisi dei dati radar.

2) La massima quota viene raggiunta in ambedue i casi dopo circa 40s, corrispondente in pratica alla battuta radar 8a del Marconi (42s). Successivamente l'aereo scende con una serie di oscillazioni nel piano verticale, progressivamente smorzate, fino a raggiungere la quota di 20,000 piedi, limite della visione radar, come già detto, rispettivamente in un tempo di 140s e 280s, a secondo delle due ipotesi.

3) All'aumento di quota è strettamente associata una contemporanea rapida diminuzione di velocità che nelle ipotesi estreme considerate, porta il velivolo ai 375 e 200knots (velocità "vera" riferita all'aria)".

Indi delineano uno "scenario realistico relativo alla traiettoria del DC9 I-Tigi per i primi 40-60s".

"In mancanza di dati certi e considerando in maniera qualitativa l'effetto aerodinamico di una larga apertura sulla fusoliera (dimensioni stimate di 5 metri di lunghezza per 3 metri di larghezza), si può supporre che le previsioni fatte dalla Douglas possano così modificarsi:

a) l'aumento della resistenza dovuto al predetto squarcio può aver determinato una più rapida ed ampia diminuzione di velocità portando il velivolo in condizioni di stallo (velocità di stallo del velivolo integro: circa 200knots);

b) la presenza di un forte impulso dovuto all'esplosione esterna o in alternativa all'efflusso dell'aria di cabina fuoriuscente dalla fusoliera può aver determinato una risposta del velivolo che ha comportato l'instaurarsi di un'oscillazione direzionale durante la fase di risalita, oscillazione con periodo di circa 25-30s;

c) il velivolo, in seguito allo stallo, inizia una successiva fase di caduta in vite".

Tutto ciò a confronto delle ipotesi di un comportamento del DC9 congruente con l'analisi dei dati radar (traiettoria "1").

"Anche l'evoluzione nel piano orizzontale di questa traiettoria, così come ricavata dall'analisi dei dati radar, risulta in accordo con tale ipotesi. Infatti la classica traiettoria circolare del velivolo in vite, con raggio dell'ordine di grandezza dell'apertura alare, per la presenza del vento si modifica deformandosi in una serie di volute, con il lato in favore del vento allungato. Si determina così una velocità media risultante, rispetto al suolo, pari a quella del vento e cioè di circa 100knots.

Altri significativi eventi che trovano puntuale giustificazione nella ipotizzata caduta in vite, sono:

- il velivolo, tenuto conto delle sue parti ritrovate sul fondo del mare è da presumersi sostanzialmente integro al momento dell'impatto in mare. Infatti durante la caduta in vite non vengono attinti fattori di carico significativi, tali cioè da determinare rotture dei principali componenti del velivolo (ali, impennaggi ecc.);

- il punto d'impatto sul mare si può stimare essere spostato leggermente verso Est rispetto alla verticale sull'ultima battuta del radar Marconi, ciò in accordo con il fatto che la velocità del vento al di sotto dei 20.000-15.000 piedi era notevolmente più bassa, come risulta da informazioni meteo. Il velivolo è caduto quasi in verticale nella fase finale della sua traiettoria.

- se le R e le Teta della traiettoria "1" di fig.6.2-8 (proiezioni nel piano orizzontale della caduta in vite) sono correlate con la tecnica della media mobile, si può osservare che lo s.q.m. (scarto quadratico medio) di questo "fitting" rientra nei valori intrinsechi del radar quando la media mobile è estesa a gruppi di 5 dati. Ciò sta a indicare che la predetta traiettoria è ciclicamente variabile, sia in distanza che i azimuth, attorno alla traiettoria lineare, come farebbe appunto in caso di una caduta in vite del velivolo".

A questo punto esaminano la nuova ipotesi interpretativa dei dati radar del DC9 I-Tigi proposta dagli ausiliari Pardini, Giaccari e Galati, che può essere così riassunta: si individuano due traiettorie distinte. 1 e 2, che si fondano sui punti:

Radar Marconi 3:

traiettoria "1" punti 2a, 5, 7, 8a, 9a, 10, 11, 13a, 15-18, 20-31;

traiettoria "2" " 2b, 3, 4, 6, 8b, 9b, 12, 13b, 19.

Radar Selenia 4:

traiettoria "1" punti 3, 5, 6, 7, 8, 14, 15;

traiettoria "2" " 2, 4.

Se ne dedurrebbe che basandosi sulle sole misure radar, la traiettoria "2" è attribuibile alla parte principale del relitto del DC9 e la traiettoria "1" ai suoi frammenti, salvo convalida in base a valutazioni di carattere aeronautico. L'oggetto ha una velocità trasversale di 110knots ed una radiale di 24knots. L'oggetto 2 ha una velocità trasversale indicativamente dell'ordine di 240knots. Il relitto del DC9 immediatamente dopo l'incidente deve essersi innalzato rispetto alla precedente quota di volo.

- Non vengono considerati i punti -17 e -12 (chiamati A e B) anche se "...pur non potendosi fare una valutazione analitica precisa anche a causa della non stazionarietà e disuniformità spaziale del fenomeno, l'ordine di grandezza della probabilità di (riscontrare nella realtà nde) una coppia A, B risultata inferiore al per cento... - qui manca l'indicazione della cifra, ma esso deve intendersi come dal seguito 1. Si deve anche notare che il testo della Relazione riportato in perizia è difforme da quello della Relazione allegata; nde -". In parole più esplicite i punti -17 e -12 sono "falsi plots" con una probabilità che "come ordine di grandezza" è inferiore ad 1 caso su 100.

- "...per altro qualora si volesse attribuire la traiettoria 1 alla parte principale del relitto del DC9 e la traiettoria 2 ad un altro oggetto (per es. velivolo) resterebbe di difficile spiegazione l'elevata dispersione della misura di distanza...".

Riportano nella fig.6.2-17 il confronto fra le due ipotesi "rispettando però la traiettoria del DC9 I-Tigi prima dell'incidente, ricavata nel paragrafo 2 e che sembra non discutibile".

Premesso che ambedue le ipotesi individuate sono basate sugli stessi punti ed hanno lo stesso andamento delle traiettorie nella parte ad Est dell'incidente, le differenze sono individuabili nelle parti dei punti posti ad Ovest dell'incidente:

Tesi R.AUS.1 Tesi del paragrafo 2

traiettoria "1" rottami DC9 relitto DC9

traiettoria "2" relitto DC9 velivolo "estraneo"

A parere di Imbimbo, Lecce e Migliaccio, la tesi degli "Ausiliari" non può essere accettata perchè:

"a) Traiettoria ad ovest dell'incidente.

La traiettoria in oggetto, il cui andamento è necessario per raccordare il punto dell'incidente con la traiettoria "2", presenta evidenti elementi non realistici:

- velocità orizzontale molto alta, non meno di 700knots, per raggiungere il punto 2 Selenia. Questo valore è assolutamente inspiegabile tenuto conto che esso è stato ottenuto valutando sia gli errori del radar che le correzioni sui dati Selenia (+0.7NM sulle X e -0.2NM sulle Y). Valori analoghi dovrebbero essere verificati per raggiungere i punti immediatamente successivi (3 Selenia e 4 Marconi).

- Raggi di virata, nel piano orizzontale, molto piccoli e con brusca e doppia variazione di senso: la prima con deviazione ad Ovest di circa 90 gradi e la seconda di inversione a 180 gradi verso Est. Tali virate, peraltro non realistiche anche se per aereo in salita, presuppongono che il DC9 abbia avuto un doppio intervento esterno e di senso contrario, uno immediatamente dopo l'incidente ed uno dopo circa 10s (intervento del pilota?).

- I punti Marconi fino alla battuta 11, non affetti da spiazzamento, risultano incongruenti con ambedue le traiettorie (fig.6.2-17).

Non si è riusciti a trovare una traiettoria alternativa, differente da quella indicata sulle fig.6.2-16 e 17 che potesse evitare queste incongruenze.

b) Le velocità orizzontali della traiettoria "2".

Le velocità orizzontali, con i seguenti valori medi affidabili perchè relativi a tratti non soggetti a "mascheramento":

tratto da 2S a 9b : 540 + 80 knots

" " 2S a 12 : 440 + 55 "

non sono compatibili con un aereo in caduta, dopo 40 e 60 sec. dall'incidente, con motori inattivi, con resistenza aerodinamica sicuramente peggiorata a causa dell'esplosione, con velocità ridotta per il brusco innalzamento di quota e con un vento concorde di 100knots che ne riduce la portanza (vedere anche paragrafo 2).

Nemmeno le già viste correzioni sulle coordinate di 2S danno valori accettabili.

In sostanza l'oggetto "2", sia per quanto detto in questo punto che per quanto detto al punto a), sembra essere un oggetto più veloce, orizzontalmente, di un velivolo in caduta libera e con vento concorde di 100knots.

Infine, se si ritiene valida la velocità media calcolata nella R.AUS.1 per il tratto rettilineo della traiettoria in oggetto (fig.6.2-12: 240knots) - v. fig. pag. 71 - e se si tien conto del vento, ne derivano notevoli perplessità di tipo aerodinamico in quanto risulterebbe una velocità assoluta di 140knots sicuramente inferiore alla velocità di stallo del DC9, almeno nella seconda metà della traiettoria in oggetto.

c) La velocità verticale della traiettoria "1".

Si è già visto al paragrafo 3 che nessun grave, congruente con l'andamento della traiettoria "1", avrebbe un rateo di discesa così lento (circa 5000 piedi in 3 minuti) e dimensioni tali da giustificare una qualità del segnale radar costantemente molto elevata.

Tesi interpretativa della R.AU.S 1 (Radar Marconi)

fig.6.2.-17

Fig.6.2.-12

Bisogna ipotizzare che l'oggetto avesse portanza e grosse dimensioni radar e quindi si ricadrebbe nella tesi del paragrafo 2.

d) Dimensione radar dell'oggetto "2".

Per giustificare che, come sostenuto dalla R.AUS.1, nella traiettoria "2" del DC9 in caduta manchino molti punti occorre supporre che:

- nei punti 5, 7, 10, 11, 14, 15, 16, 17 e 18 l'oggetto "1" riesca a schermare l'oggetto "2" che è molto più grande (si può ricavare da considerazioni di "mascheramento" relative al punto 2b, che si omettono per brevità, che per rendere accettabile la posizione in azimuth di detto punto, la dimensione dell'oggetto "2" deve essere grande oltre due fasci d'antenna!);

- l'oggetto "2" pur essendo molto grande, per quanto ora detto, non viene visto dall'estrattore Marconi 1 ai punti 6, 8b, e 13b. Si ricorderà che questo estrattore ha una capacità di detezione molto vicina a quella dell'estrattore 3.

- l'oggetto "2" pur essendo molto grande, per quanto detto ai punti precedenti, ha una qualità radar sul Marconi mediamente inferiore a quella dell'oggetto "1".

- l'oggetto "2" pur essendo molto grande, per quanto detto ai punti precedenti viene visto dal Selenia con una percentuale di detezione inferiore a quella con cui lo stesso radar vede il più piccolo oggetto "1". Esso inoltre non viene visto dall'altro estrattore Selenia, il 2, alla battuta 4. Si ricorderà che il radar Selenia non soffre di problemi di mascheramento.

Si sottolinea che la condizione che l'oggetto 2 sia così grande è essenziale per lo spiazzamento di almeno 3NM sulle X, necessario per far rientrare detto punto sulla traiettoria "2".

Ipotizzando tutta una serie di opportune condizioni particolari si può forse giustificare qualcuna delle predette incongruenze, ma è estremamente improbabile supporre che queste condizioni si siano verificate tante volte e tutte assieme.

Non sarebbe più logico supporre, per giustificare le mancate detezioni dell'oggetto "2", che esso è "piccolo", ricadendo però nella tesi del paragrafo 2?

e) Posizione "vera" del punto 2b e correlazione con punti senza Secondario -17 e -12 Marconi.

Nella R.AUS.1 pur ammettendo la probabilità molto bassa che i punti -17 e -12 siano "falsi plots" non si dà alcuna spiegazione sulla loro natura ed eventuale correlazione con l'incidente ed in particolare con il punto 2b.

f) Più oggetti sulla traiettoria "1".

Una delle condizioni particolari per giustificare le mancate detezioni del DC9 in caduta e gli spiazzamenti molto forti di alcuni punti Marconi, necessari per rendere più accettabili i valori delle velocità , è supporre che la traiettoria "1" sia relativa, non ad uno ma a più frammenti staccatisi dal DC9.

Questa ipotesi non è accettabile perchè:

- supporre che frammenti staccatisi dal DC9 possano avere forma e dimensioni tanto simili da cadere nello spazio seguendo un'unica traiettoria, ben delimitata, per circa 170s sembra molto ipotetico (vedere anche paragrafo sulla caduta gravi);

- si è visto al paragrafo 2 che la traiettoria "1" era rettilinea e con una precisione quasi uguale a quella intrinseca del radar per l'azimuth e vicina per distanza.

Come si concilia ciò con più frammenti che inevitabilmente devono avere traiettorie differenti e variabili nel tempo per le variazioni inevitabili di assetto e di distanza reciproca?.

g) Dispersione della traiettoria "1".

Una delle ragioni proposte per respingere la tesi del paragrafo 2, (vedere quanto riportato all'inizio paragrafo, circa l'elevata dispersione in distanza dell'oggetto "1" sottolineata nella R.AUS.1) è facilmente superabile se si tien conto di quanto detto ai paragrafi:

- 2 la precisione del DC9 in caduta non è significativamente differente da quella stimata prima dell'incidente;

- 5 il DC9 in caduta era probabilmente in una fase di caduta in vite.

h) Punti omologhi 8, 9 e 13:

Le coppie di punti doppi 8,9 e 13, in questa ipotesi, sono supposti in condizioni di "mascheramento" e quindi le loro posizioni "vere" non devono essere fortemente disallineate in angolo sulle due traiettorie. E' realistico questo procedere in concordanza per circa 30s, fra il DC9 (traiettoria 2) ed i sui frammenti (traiettoria 1)?

Infine è opportuno notare che la tesi della R.AUS.1 non spiegherebbe alcuna delle anomalie di confronto fra le traiettorie Marconi e Selenia, già viste al paragrafo 3."

In ultimo procedono alla stesura di un "albero delle probabilità circa la natura dei due oggetti":

"I° Oggetto = Frammenti staccatisi dal DC9 I-Tigi.

- Questa ipotesi è esclusa per quanto già detto ai paragrafi 6.2-6 e 5.

I° Oggetto = Velivolo "estraneo"

- Velocità rispetto all'aria troppo bassa per giustificare un sostentamento aerodinamico (velocità media del tratto 8a a 31: 150knots con un vento, concorde, di 100knots).

- Non congruenza con i punti -17, -12, 2b Marconi e 1, 2, 4 Selenia, ad Ovest dell'incidente. Ciò sia per ragioni di traiettoria che per velocità (si rammenta che la velocità dei tratti - 17 a -2b supera i 600knots contro i 150knots del tratto 8a a 31).

I° Oggetto = Relitto del DC9 I-Tigi.

- Le ragioni che giustificano questa tesi sono esposti in dettaglio ai paragrafi 6.2-2, 3, 4 e 5.

- In mancanza di altre possibilità, questa ipotesi è l'unica possibile.

II° Oggetto = Frammenti staccatisi dal DC9 I-Tigi.

- Velocità troppo elevate incompatibili con la natura di qualsiasi tipo di frammento/i.

- Impossibilità di spiegare i punti -17, -12, 2b Marconi e 1, 2, 4 Selenia a Ovest dell'incidente.

II° Oggetto = Velivolo "estraneo".

- Le ragioni che giustificano questa tesi sono esposte in dettaglio ai paragrafi 6.2-2, 3, 4 e 5.

- In mancanza di altre possibilità questa ipotesi è l'unica possibile".

Ne deriva che l'unica ipotesi possibile e compatibile con tutti gli elementi a disposizione è quella "che le traiettorie dei due oggetti siano quelle del relitto del DC9 I-Tigi e di un velivolo estraneo delle dimensioni radar di un aereo caccia ed attraversante la zona dell'incidente, prima e dopo il verificarsi dell'incidente."

Prima di concludere questa parte si deve ricordare il contributo dato alle risposte di Blasi e Cerra dagli ausiliari Galati, Giaccari e Pardini. Della cui relazione si è detto nel precedente capitolo.

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