Anche questo documento è stato scritto dai consulenti Cinti e Di Stefano, di parte civile, e depositato il 20 maggio 97.
I consulenti, dopo una breve premessa concernente la riconferma delle conclusioni contenute nelle prima nota tecnica del dicembre 95, procedono alla elencazione delle testimonianze ritenute di rilievo. Indicano quella del "maresciallo della Polizia di Stato" Gino Fabbri, in servizio a Latina, il quale la mattina del 1° luglio 80 telefonò alla unità di crisi della società Itavia e comunicò che "...la sera del 27 giugno, all'ora dell'incidente, trovandosi a guardare il mare da una finestra della sua abitazione, verso Ponza, aveva visti accendersi in cielo uno stellone di circa 16cm; poi, mentre questo era ancora acceso, vide accendersi nella stessa direzione, appena più in basso, un altro stelloncino".
Quella del generale Fazzino - ma non di testimonianza si tratta bensì di discorso fatto al consulente -, che incontrato occasionalmente nella anticamera del Ministro dei Trasporti, nel periodo in cui era in corso la vertenza dei controllori di volo, ebbe a riferire direttamente al generale Cinti: "...voi dell'Itavia avete ragione, infatti io ho visto sui tracciati radar militari che il pennello dei relitti cade a perpendicolo rispetto alla rotta e ciò dimostra un forte apporto energetico. Cinti domandò se avesse comunicato la cosa alla magistratura e Fazzino rispose che non poteva farlo, perchè dalla lettura dei nastri sarebbe stata compromessa la "filosofia difensiva della NATO". Il giorno successivo 23 luglio alle ore 13.00, il generale Fazzino ripetè il suo giudizio durante una colazione presso il ristorante Shangrilà alla presenza del comandante Adriano Chiappelli, direttore delle Operazioni di Volo della Società Itavia. Successivamente l'Aeronautica abbracciò la tesi dell'esplosione di una bomba come causa del disastro". Tale ultima testimonianza, secondo i consulenti, assume particolare valore perchè ne conseguono alcune deduzioni: "...nella prima metà di luglio 80 l'ispettore dell'ITAV aveva avuto la possibilità di conoscere i rilevamenti dei radar militari; dal loro esame aveva rilevato che improvvisamente la traccia dell'aereo era finita a 90° rispetto alla rotta (il pennello dei relitti cade perpendicolare alla rotta; da questa osservazione aveva desunto che il velivolo aveva subito un forte apporto energetico e per tale ragione affermava che l'ipotesi dell'Itavia (abbattimento causato da un missile) era giusta". Il generale Fazzino, poi, non negherà quanto precedentemente affermato, ma attribuirà il fenomeno rilevato agli effetti della esplosione di una bomba collocata nel bagagliaio anteriore, lato destro. Ciò, secondo i periti "...in contrasto con il primo principio della dinamica e perchè una volta recuperato, il bagagliaio è risultato esente da segni di esplosione".
Successivamente i consulenti compiono una "sintesi delle inchieste precedenti" Luzzatti (ipotesi della esplosione, con una certa propensione per quella esterna); Itavia (ipotesi della intercettazione offensiva da parte di un vettore militare di origine non conosciuta); Blasi 1 (ipotesi dell'abbattimento da parte di un ordigno esploso esternamente) e 2 (ipotesi della bomba da parte dei periti Blasi e Cerra ed ipotesi del missile da parte dei periti Migliaccio, Lecce Imbimbo); Pratis (incidente provocato dall'azione di un oggetto esplosivo, con una certa propensione per la bomba a bordo); Commissione Stragi ("sulla responsabilità dei poteri di vigilanza e delle Istituzioni Militari non sono rimasti misteri da chiarire, scoperte da fare o perizie da concludere"); Misiti (ipotesi bomba collocata nella toilette e quella della "quasi collisione" contenuta nella nota aggiuntiva di Casarosa ed Held).
Nel prosieguo, i consulenti accentrano la propria attenzione sui brani descrittivi, le tabelle e le mappe contenuti nella relazione concernente le campagne di recupero del DC9 e rilevano che due di esse, con scala 1:60.000, presentano, la prima "dimensioni delle varie aree rispondenti alle proporzioni richieste dalla scala, ma ha errate le indicazioni delle distanze riportate nella scala di riferimento a fondo pagina, la seconda ha corrette le distanze indicate nella scala di riferimento a fondo pagina, ma ha dimensioni delle aree rappresentate non corrispondenti alle proporzioni richieste dalla scala". Ne deducono che "è difficile ammettere che i periti siano stati indotti in errore da una semplice svista ... ma così sembra essere". Comunque, i conseguenti calcoli matematici effettuati dal gdl hanno individuato una area totale di dispersione dei resti, che differisce di soli pochi metri da quella indicata dai "periti torinesi". I periti di parte, nell'argomento, spiegano perchè accettano le modalità di calcolo dei "periti torinesi" al riguardo della dimensione dell'area di dispersione e non della ipotesi della rottura in volo che ne parrebbe una logica conseguenza. "La ragione di questa posizione è articolata basandosi fondamentalmente sulle osservazioni fatte e sulle argomentazioni svolte nel quadro della prima nota tecnica ed anche nella presente e secondariamente sull'analisi della memoria dei periti torinesi che, nel quadro di rigore scientifico che la caratterizza, con grande onestà riconosce che le ipotesi formulate non spiegano l'assenza di plots collegabili con la coda dell'aereo mentre lasciano incertezze sul comportamento del velivolo subito dopo l'incidente (possibile virata di 270° verso ovest) e sull'interpretazione di taluni plots".
Al termine dell'esame dei reperti riguardanti i motori e delle relative zone di ritrovamento, il gdl "ritiene di aver dimostrato che se, secondo le indicazioni del collegio peritale i motori distavano tra loro quanto i piloni, le osservazioni fatte tolgono validità all'ipotesi del CPU, mentre risultano coerenti con quella propria". Infatti il CPU ipotizza che i motori si siano distaccati ad alta quota, prima il destro e poi il sinistro, e che "al momento dell'impatto i relitti di ciascun motore fossero costituiti da sistema di attacco anteriore e posteriore con la fusoliera, sistema di attacco del motore al pilone e carenatura del motore", contrariamente al gdl che ipotizza tale distacco in tempo successivo e quindi all'impatto con il mare.
Quanto alla segnalazione del Comandante dell'incrociatore Doria "...tra 300800B et 301000B parti corpo umano et due valige et parte seggiolino con brandelli di pelle umana su punto 39 41N7 13 11E9 in una fascia contenente numerosi frammenti imbottitura sedili lunga circa 4.000 yds et orientata 070-2560", il gdl ritiene che "la composizione della fascia trova spiegazione nella capacità di trasporto del flusso d'aria di decompressione e la dimensione dal fatto che l'evento si è verificato secondo una direzione coincidente con quella del vento"; anche questa viene indicata come una ulteriore prova dell'attraversamento della fusoliera da parte dei motori dei due missili, oltre il depezzamento dei cadaveri dei passeggeri trovati sulle traiettorie.
I periti di parte lesa, nel documento in esame, fanno poi cenno al ritrovamento, avvenuto nel corso delle riunioni peritali del 28 gennaio e 18 febbraio 92, di alcune sferule all'interno di parte scatolata del flap dell'ala destra del DC9. Esse furono classificate come parti non strutturali dell'aeromobile, probabilmente provenienti da operazioni di pallinatura. In proposito i periti riportano quanto riferito il 7 febbraio 95 dal sig. Enzo Fregonese, già Direttore Tecnico dell'Itavia "presso la Soc. Itavia non è mai stata effettuata nessuna operazione di pallinatura almeno fino al 77. In difetto di memoria, comunque ... se tali operazioni fossero state effettuate, dovrebbero esistere le relative registrazioni sui documenti tecnici del velivolo oltre a documenti del costruttore delle parti che richiedono l'effettuazione di tali operazioni". Nel trattare l'argomento, stigmatizzano il comportamento dell'ing. Di Marco, che, nel corso della riunione peritale del 18 febbraio 92, esclamò "Ce le avete messe voi!", allontanandosi dal luogo. Ritornato di lì a poco, a conclusione, si rifiutò di firmare il verbale e fu sostituito da Nazzareno Cardinali, così sottraendosi dal dare un apporto altamente qualificato, poichè all'epoca era Capo dell'Ufficio Armamenti e Missili della X Divisione di Costarmaereo e quindi "l'unica persona che per dovere d'ufficio e quindi con competenza certa, avrebbe dovuto essere in grado di riconoscere schegge o parti di missile".
A seguito di questo ritrovamento, furono sottoposte ad esame radiografico le ali ed altre parti dell'aereo; si rinvennero così all'interno dei flaps di entrambe le ali oltre 100 sferette. Seguono una breve descrizione delle caratteristiche delle sferule ritrovate; la testimonianza di Robert G.S. Sewell relativa alla esistenza nel 1980 di missili le cui teste di guerra erano armate con schegge preformate sferiche, la confutazione delle obiezioni alla ipotesi che le sferule fossero schegge preformate di missile e l'indicazione dei motivi, principalmente quello che i relitti sono discesi in mare e poi risaliti per 3600 metri e trasbordati su navi e camion, dello spostamento dai luoghi di penetrazione delle sferule stesse, la segnalazione della presenza di una sferetta che non sarebbe riuscita ad attraversare per mancanza di energia, esaurita per la maggior parte nell'attraversamento della lamiera esterna dell'aereo, e quindi rimasta incastrata nel metallo di un pannello, indicata come indizio dell'azione di schegge mentre l'aereo era in volo, la sottolineatura del ritrovamento nel cadavere del passeggero Francesca D'Alfonso "in corrispondenza del cavo ascellare sinistro" ... "di una scheggia apparentemente di materiale plastico ed un'altra più piccola apparentemente metallica".
Il gdl passa quindi alla descrizione delle prove sperimentali effettuate per studiare il comportamento di schegge di massa minima. In ipotesi, il gdl ha pensato "a schegge di massa talmente ridotta da non poter isolatamente vincere la resistenza della pelle del velivolo (ali comprese con tutte le loro articolazioni), resistenza che sarebbe stata superata solo quando un certo numero di schegge convergenti su un medesimo punto, avesse formato una "palla". In questo caso, superata la pelle, le schegge sarebbero tornate a separarsi dando luogo, nell'urtare le persone, a piccole ferite di punta o ad escoriazioni ravvicinate; nell'urtare parti metalliche avrebbero dato luogo ad impronte leggere". Pertanto ha ritenuto sufficiente esaminare il comportamento di sferule capaci di superare una lamiera resistente soltanto se in formazione "a palla". E' stato utilizzato, di conseguenza, un fucile per tiro al piattello, con cui sono stati esplosi alcuni colpi, da varie distanze all'indirizzo di una lamiera di protezione a del legno compensato. La prova ha dimostrato quanto assunto nell'ipotesi. Il gdl sostiene così che "il confronto tra le ferite minime esistenti sui cadaveri, le immagini radiografiche delle presenze radiopache nei loro tessuti, le immagini delle sferule intrappolate nei flaps e le fotografie delle impronte lievi lasciate sui pannelli di legno compensato appaiono inquietanti".
Per quanto concerne le vicende aerodinamiche del relitto, il gdl, riprendendo quanto espresso dal prof. Francesco Polcaro, ricercatore presso il CNR, è dell'avviso "che la perdita della coda e dei motori in un DC9 deve provocare l'avanzamento del baricentro, l'instaurazione di un momento picchiante assai accentuato, l'impossibilità di mantenersi in volo librato, la elevata improbabilità di una virata di 270°. Quindi, se dopo l'incidente il velivolo ha proseguito il volo per poco o molto tempo, non poteva aver perduto la coda".
Nel seguito della esposizione, il gdl ribadisce quanto già indicato nella prima nota tecnica sulla possibilità di riconoscere ed evidenziare i danni prodotti dai due missili che "hanno impattato contro il lato destro della fusoliera", partendo dalla ricostruzione virtuale del DC9. Ed ancora, secondo quanto sostenuto dal gdl, lo stesso generale Melillo, in una nota tecnica di esame e critica ai risultati delle analisi dei periti di parte lesa Itavia, sarebbe giunto agli stessi risultati, e cioè che a seguito dello scoppio delle teste di guerra la parte posteriore del DC9 doveva necessariamente essere stata interessata da almeno qualche scheggia: ma valutati i punti di scoppio, "si è in una condizione per la quale la nuvola di schegge deve essere arrivata sulla parte posteriore del velivolo estremamente rarefatta, massimamente sulla coda... . Insomma la possibilità di ritrovare fori di scheggia sulla parte posteriore, dati i punti di scoppio indicati, non è affatto certa ... specialmente se il missile è di piccole dimensioni e la testata di tipo antiquato".
Infatti, secondo il gdl, si è sempre parlato di missili, facendo riferimento allo Sparrow, con testate "continuous rod", o ad "oggetti strani" come l'Acrid sovietico, missili utilizzati "negli anni in cui le tecnologie imponevano ancora l'attacco ad alta quota ed ad alta velocità"... E' utile ricordare che la testa "continuous rod" è stata creata proprio per cercare di ovviare ai problemi di eccessiva dispersione delle schegge stesse, giudicando che magari fosse più utile averle con minor energia unitaria ma maggiormente concentrate sul bersaglio". E per concludere "...si può dire ... che i fori di scheggia sono stati rilevati in quantità ed in posizione tali da non lasciar dubbi nè sulla loro natura nè sul fatto che la loro posizione è congruente con quanto il gdl ha indicato nella nota tecnica del dicembre 95... . In sostanza i fori delle schegge sono esattamente dove il gdl è andato a cercarli e dove ci si aspettava di trovarli".
Ma più oltre, trattando dell'alula fissa sezione interna del flap destro, e riferendo il punto di ritrovamento ad una traiettoria possibile sulla base di alcuni calcoli concernenti il vento, in quella zona "spiraliforme", il gdl afferma "...ora il punto dell'alula, il fatto che sia stata persa in quota non possono essere attribuiti ad interferenze con le strutture interne dell'ala, rendono il gdl ancora più determinato nell'affermare di aver riconosciuto l'insieme e la coerenza dei danni presenti sul velivolo e, quindi, l'esattezza dell'ipotesi formulata: abbattimento causato da azione missilistica". In proposito, indica nei "fori di scheggia sull'aletta di comando e sul trim dell'alettone", nei "fori non passanti con asportazione della struttura interna a nido d'ape sullo alettone", nei "fori di scheggia sulla fusoliera, parte posteriore", nel "foro di scheggia sul trim del timone di profondità lato destro", nei "fori rilevati sui lati sinistro e destro del bulbo allungato che termina la parte fissa del timone di direzione", evidenze a sostegno della propria tesi. Sostiene poi, sulla possibilità che "i fori rilevati siano dovuti a schegge prodotte dall'esplosione di un ordigno posto nella toilette dell'aereo", che "i fori presenti sui particolari dell'alettone e sull'alettone stesso sono incompatibili nel verso con una esplosione nella toletta; il fatto che l'alula fissa sezione interna del flap si sia staccata in quota ed abbia volato per più di 20 chilometri è incompatibile con una esplosione nella toletta; non sono stati rilevati fori di scheggia sulle pareti della toletta; le perizie di settore, allegate alla perizia tecnico scientifica, non hanno trovato tracce di una esplosione avvenuta nella toletta".
Ricollegandosi a quanto già concluso nella nota tecnica del dicembre 95, il gdl riporta: "sul relitto ricostruito erano riconoscibili i segni di attraversamento di due missili provenienti da destra e dal basso; il primo missile ha impattato nella parte anteriore destra poco dopo la cabina di pilotaggio, fuoriuscendo dal lato opposto. L'attraversamento ha causato una breccia di decompressione rapida sul lato sinistro"..."da cui sarebbero fuoriusciti quegli oggetti, che per posizione sull'aereo, dimensioni e stato di ritrovamento, non potevano essere fuoriusciti altro che da lì, ad esempio corpi, bagagli ed il trolley". "...Il secondo missile ha impattato nella parte anteriore destra poco avanti al bordo d'attacco delle ali; ...in relazione alle traiettorie di avvicinamento desunte dai danni individuati sulla fusoliera, l'attivazione delle spolette di prossimità è stata determinata dalla estremità dell'ala destra entrata nel loro campo visivo".
A conclusione dell'argomento, il gdl sostiene che "l'esame della parte posteriore dell'aereo ha consentito di evidenziare ben otto fra fori e segni dovuti alla azione di schegge, situati in posizioni tali che esiste una assoluta coerenza tra tali rilevamenti e le conclusioni della nota tecnica del dicembre 95. Il verso di attraversamento è per tutti i fori ed i segni coerente con le posizioni di scoppio evidenziate nella stessa nota. Come più volte rilevato da persone diverse, esiste una marcata differenza fra lo stato di danneggiamento delle parti destra e sinistra del relitto (rispetto all'asse longitudinale). Le differenze risultano ancora più marcate, se si paragonano le zone anteriori destra e sinistra della fusoliera e le semiali. Appare assolutamente evidente che la parte destra, secondo il gdl investita da onde d'urto dell'esplosione delle due testate, è molto più danneggiata della parte anteriore sinistra. Anche questa osservazione risulta coerente con l'ipotesi fatta e con i danneggiamenti riscontrati.
Nella parte conclusiva della seconda nota tecnica depositata, il gdl confermava quanto già indicato nella prima nota tecnica del dicembre 95 relativamente ai dati geografici del punto di ultimo segnale, già accertati dalla "Luzzatti" e dalla "Blasi" in 39°43'Nord e 12°55'Est. Inoltre, dal confronto dei dati di plottaggio e di dispersione dei rottami del DC9 Itavia e del 747 Pan Am di Lockerbie, traeva conferma dell'attacco missilistico contro il velivolo I-Tigi. Poichè in zona di recupero "B", assieme ai reattori erano state recuperate numerose parti della prua, della fusoliera e della coda, a giudizio del gdl vi è "...prova che tutto l'aereo è giunto sulla verticale della zona B dove i motori sono precipitati per il rapporto peso/spinta idrostatica; ali e fusoliera, frammentatisi per l'urto, ma caratterizzati da un diverso rapporto con la spinta idrostatica, sono scesi sul fondo con una leggera inclinazione e con un residuo di spinta inerziale che li ha portati ad infiggersi nel fango; la coda, come quella del DC9 di Punta Raisi animata dalla sua inerzia, è sbalzata avanti di circa 2/3 chilometri, destrutturandosi al nuovo urto e depositandosi sul fango del fondo dove le sue parti sono state dilavate e trascinate dalle lente correnti durante gli 11 anni della loro permanenza abissale".
Il gdl, poi, vuole riconfermare la tesi sostenuta ed afferma: "Effettuata la ricostruzione virtuale del DC9 e della rotta del velivolo attaccante, riuscendo così a determinare i punti di scoppio delle teste di guerra, quelli di penetrazione e di uscita dalla fusoliera dei motori dei missili, le dimensioni dei raggi di dispersione delle schegge, la formazione di una breccia di decompressione e a desumere da tali dati e dal loro confronto con i ritrovamenti in mare, nei giorni successivi al disastro, determinanti elementi di prova della tesi sostenuta, quali la divisione a nord ed a sud del punto O di oggetti e cadaveri assolutamente non comprensibile, se si rifiuta l'idea che dopo l'evento l'aereo era ancora in grado di mantenersi in volo librato".
Il gdl, con questa seconda nota tecnica, afferma la sua convinzione di essere riuscito a dimostrare che lo spostamento a sinistra della rotta del DC9 debba essere attribuito ad un "forte apporto energetico", non dovuto alla esplosione di bomba a bordo, perchè contraddice al "primo principio della dinamica", in quanto "non idonea a modificare il moto rettilineo uniforme che caratterizzava il volo, nè ad una manovra dei piloti perchè "inconciliabile con la loro professionalità e con le conversazioni intercorse" con gli enti di controllo a terra. Ritiene di essere riuscito a dimostrare "la presenza generalizzata delle sferule, che hanno lasciato chiari segni della loro azione sul galley, sul trolley, sui flap", cui il colonnello Di Marco avrebbe attribuito un valore significativo con l'esclamazione "ce le avete messe voi". Ritiene sull'argomento, inoltre, di aver "prospettato con le prove di sparo una possibilità di capire come mai schegge di missile possano, in taluni casi, produrre soltanto ridotti effetti vulneranti"". Non solo, ritiene poi di aver fornito "a seguito dell'esame della coda e dei particolari dell'alettone destro, la conferma delle valutazioni fatte in sede della prima nota tecnica (dicembre 95), trovando quei fori di scheggia, che il generale Melillo aveva ipotizzato". Ritiene quindi di aver dimostrato che l'alula fissa del flap destro si sia separata in volo ad alta quota, e di aver mostrato, ragionando sul punto del suo ritrovamento in mare, unitamente al ritrovamento del porta vivande, del trolley, dei cadaveri a nord del punto "0", la conferma ulteriore all'ipotesi missilistica.
La nota tecnica si conclude con una critica agli ambienti militari ed ai medici necroscopi della Commissione Luzzatti. Per i primi: "Senza nulla togliere al rispetto per quei militari, che in buona fede ancora oggi pensano che gli ordini debbano essere eseguiti sempre e dovunque, il gdl, profondamente convinto che le leggi ed i regolamenti vengano fatti per applicarli e non per demagogia, si domanda se esistano particolari ragioni per le quali quei militari inquisiti possano impunemente trincerarsi dietro la formula "ordine ricevuto"", soprattutto nel momento in cui il vincolo del segreto di Stato sia stato formalmente escluso. Per i secondi: "...mentre si può capire che i medici incaricati dal dottor Guarino di ricercare attraverso gli esami delle salme le cause dell'incidente, per la loro impreparazione, abbiano sottovalutato le "minuscole ferite, lesioni ed ecchimosi ben rilevabili sui corpi", non è possibile esimersi dall'esprimere la più sentita riprovazione verso gli stessi medici che nonostante la richiesta (o meglio forse "disposizione") del presidente della commissione di inchiesta ministeriale, dottor Luzzatti, non hanno sottoposto tutti i cadaveri a radiografia sui tre assi".
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