Segue una "Replica a taluni rilievi mossi dal consulente tecnico Itavia Di Stefano ai commenti del generale S.A. Melillo Corrado" relativi al seguente documento "osservazioni sulla perizia tecnica d'Ufficio e ricostruzioni dell'abbattimento del DC9 I-Tigi la sera del 27.06.80" del gruppo di lavoro dei consulenti tecnici di parte civile Itavia (depositato il 23.12.95). Replica depositata nel gennaio del 1997.
Tale risposta si articola in una parte di commento generale ed in successive cinque parti nelle quali vengono trattati argomenti specifici riguardanti: 1) - Missione del presunto velivolo aggressore; 2) - Manovre di attacco e di scampo; 3) - Caratteristiche e prestazioni dei missili; 4) - Presunti effetti dei missili sul DC9 Itavia; 5) - Miscellanea.
Nella prima parte di commento generale, il generale Melillo rileva come i contenuti del documento del Di Stefano mostrino ampie aree di incertezza nella specifica materia aviatoria, siano del tutto illogici e confermino ulteriormente l'inconsistenza dello scenario operativo prospettato nel precedente documento, confermando così il giudizio negativo sulla documentazione prodotta dai predetti CT, espresso all'AG dai periti Casarosa-Held.
Missione del presunto velivolo aggressore.
Nella sua precedente documentazione il generale Melillo aveva fatto osservare ai CT di parte lesa come il presunto velivolo attaccante con traiettoria passante per i punti -17b, -12b e +2b non avrebbe potuto scorgere il DC9 nè a vista, a causa della distanza, nè con il radar in quanto il DC9 si sarebbe trovato sempre nei settori di poppa del velivolo attaccante e, quindi, non intercettabile mediante il radar stesso ma solo attraverso una precisa guida da terra.
A questa sensata obiezione, del resto avanzata e discussa anche nella perizia tecnica, il Di Stefano, dopo aver premesso che il velivolo attaccante disponeva di un radar di bordo moderno, ha risposto testualmente: "Nel nostro caso sicuramente il pilota del velivolo sconosciuto non è arrivato a distanza utile per una identificazione visiva perchè nè da 30km nè da 15km poteva identificare nulla.
Però c'è da dire che il DC9 lasciava una robusta scia di condensazione, illuminata dal sole, e visibile sullo sfondo ormai nero del cielo verso Est.
Per cui il nostro eroe, se comandato ad abbattere un velivolo di linea di cui poteva sapere la posizione precisa ad una certa ora, può aver preso benissimo a riferimento la scia di condensazione, specialmente se qualche altro intelligentone già avesse assicurato che in quel punto, a quell'ora, a quella quota, in quella direzione, in quella aerovia, avrebbe potuto trovare solo ed unicamente Caio.
Purtroppo invece Tizio, che se ne andava tranquillamente a Palermo con due ore di ritardo, c'è andato di mezzo".
L'AG non può che concordare con i periti Casarosa-Held quando si sono rifiutati di prendere in considerazione tali affermazioni concentrandosi invece su questioni molto più serie. Ma il generale Melillo ha ritenuto opportuno controbattere le predette affermazioni facendo rilevare come in estate le scie di condensazione, alle latitudini alle quali si operava il DC9 e con vento al traverso di 100kts, abbiano ben poca possibilità di formarsi e come qualunque tipo di radar, anche il più sofisticato, non sia in grado di "vedere" dietro il velivolo sul quale è imbarcato. Fa inoltre osservare come lo scenario prospettato dal Di Stefano sia caratterizzato dai seguenti ingredienti:
- una decisione gravissima e senza senso;
- un velivolo aggressore che operò in assoluta autonomia per l'assolvimento di una missione offensiva impossibile, studiata con l'ausilio di un orario dei voli civili e sull'ipotesi che il bersaglio predesignato si presentasse puntualissimo e ad una quota prestabilita all'appuntamento;
- un pilota incapace o che agisse in stato confusionale:
- un avvistamento mediante un radar di bordo capace di "vedere" anche nei settori posteriori del proprio velivolo;
- un provvidenziale aiuto all'avvistamento fornito dalla "robusta" scia di condensazione del bersaglio: fenomeno che, alla quota di 7500 m e nell'area meridionale italiana si verifica eccezionalmente nel periodo estivo.
A conclusione di questo argomento, il generale Melillo rileva come gli sconsiderati scenari prospettati dal Di Stefano siano stati forse suggeriti da persone non competenti in questioni operative aeronautiche le quali, rendendo confuso il già complesso panorama delle indagini, inconsapevolmente le ostacolano.
Manovre di attacco e di scampo.
Il generale Melillo ha premesso come sia molto difficile seguire il turbinio degli elementi introdotti a rate nelle argomentazioni di questi consulenti, misti a correttivi, ripensamenti, errori ed affermazioni non suffragate dalla realtà che, nel loro insieme, non consentono di individuare una esatta chiave interpretativa ed una precisa linea di pensiero. A questo proposito cita come esempio le contraddittorie definizioni di missile impiegato prima ritenuto non avanzato e poi descritto come avanzato per l'epoca e le fantasiose ipotesi sulla traccia radar AA450-AJ450 del sito di Marsala ipotizzata come traccia di un velivolo trasferita virtualmente a circa 200km ad Ovest del punto dell'incidente per effetto di un non meglio identificato inganno elettronico generato dal velivolo aggressore. L'apparecchiatura necessaria a produrre tale inganno, a detta dei consulenti sarebbe stata opportunamente miniaturizzata ed inserita in un contenitore trasportabile in volo e, tra l'altro, sarebbe stata costruita in Italia e fornita al presunto paese aggressore che, in questo modo, sarebbe stato capace di ingannare i radar italiani.
Non vale certamente la pena di sintetizzare le osservazioni effettuate dal generale Melillo a proposito di questa stravagante interpretazione delle predette tracce se non per evidenziare come egli abbia osservato che, in ogni caso, e, cioè, anche ritenendo possibile il predetto inganno, le tracce "virtuali" sarebbero state indicative di una traccia reale relativa ad un velivolo attaccante con traiettoria in discesa, in contrasto con l'ipotesi effettuata dagli stessi consulenti che l'attacco sarebbe stato condotto con traiettoria in salita.
Il generale Melillo considera poi l'ipotizzata manovra di scampo effettuata dal velivolo dopo l'aggressione che sarebbe consistita in una prima fase volta ad annullare la predetta salita ed in una seconda fase di discesa, per portarsi a quote più basse per eludere la sorveglianza radar (ma non aveva l'inganno elettronico? nde).
Tenendo conto che quei consulenti hanno ipotizzato che il DC9 non si sia frammentato in volo e che tutti i plots dopo l'incidente appartengano al velivolo aggressore, il generale Melillo osserva che la manovra di scampo avrebbe avuto una durata di circa tre minuti, assolutamente inconcepibile per una tale manovra ed inoltre la distribuzione dei plots del tutto irregolare contrasterebbe con la prova sperimentale effettuata da un caccia dell'Aeronautica Militare e da un DC9 che, sul radar, avrebbe dato plots in sequenza regolare e distanze pressochè uniformi, talchè fu facile misurare una velocità costante del velivolo (F104) che simulava l'attacco. Le situazioni derivanti dalla simulazione di attacco e dall'ipotesi di Cinti e Di Stefano a parere del generale Melillo non sono poi paragonabili perchè la prima è stata fatta a quota costante mentre la seconda prevede le predette variazioni di quota.
Il generale Melillo conclude affermando poi che lo scenario proposto dai detti consulenti non debba ritenersi credibile, perchè invalidato da innumerevoli aspetti di fondo non riscontrabili nella realtà.
Caratteristiche e prestazioni dei missili.
In questa parte del suo documento il generale Melillo prende in considerazione l'intera problematica relativa alle caratteristiche e prestazioni dei missili che avrebbero potuto abbattere il DC9 trattata dai consulenti.
Da essa egli ha tratto i seguenti parametri che avrebbero caratterizzato lo scenario:
- rotta di attacco: ortogonale alla rotta del bersaglio;
- velocità del velivolo aggressore: 330m/sec.;
- distanza di lancio dei missili dal bersaglio: 14km;
- tempo di volo dei missili prima di raggiungere il bersaglio: 20 sec.;
- velocità media dei missili dal lancio al raggiungimento del bersaglio: 700m/sec.;
- primo plot del velivolo aggressore registrato dopo l'attacco: plot +2b, distante circa 4000 m dal punto dell'incidente al DC9.
Rileva poi come i missili presi come riferimento siano del tipo piccolo, con testa di guerra di circa 10kg e con sistema di guida diverso dall'infrarosso, appartenenti alla classe dei missili Sidewinder, come affermato dai consulenti. Il generale Melillo osserva quindi come missili a guida non IR e, di conseguenza, a guida radar semiattiva (SAR) con gittata di circa 15km e peso della testa di guerra di circa 10kg all'epoca non esistessero, come rilevabile dalla tabella tratta dalla perizia tecnico-scientifica relativa alla caduta del MiG23 redatta dai periti Casarosa-Dalle Mese-Held.
Di conseguenza il generale Melillo evidenzia come i CT di parte lesa abbiano preso come riferimento una famiglia di missili che, per le sue caratteristiche, contrasta con lo scenario da loro stessi presunto dimostrando anche come un missile Sidewinder che al termine della fase propulsa (2.5sec. dal lancio) è caratterizzato da una velocità di circa 1000 m/sec e che, dopo circa 10 sec. dal lancio, ha percorso circa 7.5km con velocità finale di circa 400m/sec, non possa percorrere ulteriori 7.5km in decelerazione, mantenendo al termine una velocità tale da consentire l'intercettazione del bersaglio. Pone in evidenza anche una palese contraddizione nel ragionamento effettuato dai consulenti i quali, dopo aver affermato come l'unico modo per colpire il DC9 da una distanza di circa 15km sarebbe stato l'impiego di missili a medio raggio ed a guida semiattiva, hanno invece impostato la "modellistica" su una classe di missili completamente diversa.
Fatte queste constatazioni, il generale Melillo passa poi a considerare come anche l'ipotesi di abbattimento mediante missili a medio raggio non poggi su valide considerazioni tecniche, perchè basata su inesatte valutazioni del tempo di fase propulsa, su valutazioni della velocità finale errate e variabili nei diversi documenti presentati (350/400/700 m/sec), su contrastanti stime e della "miss distance (5/15 m) e, infine, sul calcolo della traiettoria delle schegge effettuato con velocità finale (700 m/sec) diversa da quella ipotizzata per l'impatto dei corpi dei missili contro il DC9 (350(400 m/sec).
Come ultima considerazione il generale Melillo rileva poi che, essendo possibile una proiezione in avanti del cono di schegge fino a 50°, tale cono avrebbe dovuto certamente investire almeno la parte posteriore del DC9. A conclusione di questa parte del suo documento l'imputato osserva come le caratteristiche e le prestazioni dei presunti missili che avrebbero abbattuto il DC9, poste da Cinti e Di Stefano confermino ulteriormente l'inconsistenza ed improponibilità dello scenario da essi presentato che, a tratti, sfiora addirittura l'assurdo e forse anche il grottesco.
Presunti effetti dei missili sul DC9 dell'Itavia.
Melillo ritiene sorprendente che, per avvalorare la tesi del missile e, in particolare, per giustificare i danneggiamenti visibili sul relitto i consulenti in questione abbiano effettuato un parallelismo tra il disastro di Ustica e quello di Lockerbie del 1988 nel quale andò perduto un B747 della Pan Am a seguito dell'esplosione di un ordigno nel bagagliaio anteriore. Infatti i CT hanno riportato che sul 747 e sul DC9 esistono delle zone danneggiate delle stesse dimensioni, in analoga posizione e di una similitudine impressionante e, in entrambi i casi, si ha un piccolo danno iniziale che si è successivamente allargato a seguito del cedimento delle lamiere circostanti per effetto di decompressione rapida, generando un grosso buco.
Il generale fa correttamente rilevare come nel rapporto tecnico relativo all'incidente del B747 non è assolutamente scritto quanto detto da quei consulenti e riassume brevemente le modalità di cedimento del velivolo descritte nel rapporto stesso dalle quali si deduce che la decompressione rapida ha determinato il propagarsi delle fessure del grosso buco preesistente e generato dall'esplosione. Le similitudini fra i due incidenti addotte dai CT di parte lesa non hanno pertanto alcuna attendibilità e, a parere dell'Ufficio, servono solo a dimostrare come ad essi sia sfuggito il senso di quanto esposto nel rapporto relativo all'incidente del B747.
Melillo continua poi con ulteriori osservazioni che si estendono per numerose pagine che l'Ufficio non ha ritenuto di sintetizzare in quanto volte a dimostrare la questione del tutto evidente che i due incidenti non sono paragonabili stanti le differenti dimensioni dei velivoli e, soprattutto, le differenti dinamiche di frammentazione ed a discutere il fatto assolutamente irrilevante se il tecnico Mr.Taylor avesse partecipato o meno all'indagine sull'incidente di Lockerbie.
Altre questioni.
Di Stefano, nella parte finale del suo documento, prende in considerazione "l'affare Maltese" e, in generale, lo stato di tensione politica esistente all'epoca nell'area del mediterraneo. Riferendosi in particolare al trattato Italia-Malta, conclude affermando: "E noi, l'Italietta, ci siamo messi in mezzo ed abbiamo mandato tutto all'aria (giustamente ed approvo chi lo ha fatto, sia chiaro) nonostante avessimo giganteschi interessi economici proprio con il Paese che andavamo a contrastare (- la Libia; nde -).
E contro gli interessi di potentissime lobbies politico affaristiche interne che qualche reazione, come ci spiega sempre l'on. Zamberletti, la hanno pur avuta.
Che ne dice, generale Melillo, c'erano i motivi per lanciare un missile in tempo di pace in mezzo al mar Tirreno?".
Costui risponde che i fatti elencati dal Di Stefano sembrano rispondenti ad eventi all'epoca verificatisi, ma ritiene aberrante la valutazione che il 1980 sia stato l'anno più pericoloso per la pace mondiale e l'eventualità di una terza guerra mondiale non fosse stata mai così vicina. In qualità di Capo dell'Ufficio del Capo di Stato Maggiore della Difesa, carica all'epoca ricoperta dal generale Melillo prima di assumere l'incarico di Capo del 3° Reparto dello Stato Maggiore Aeronautica, riporta di non aver mai avuto coscienza e sensazione della catastrofica situazione mondiale riportata dal Di Stefano. Sempre a suo parere, era molto più critico il fronte interno italiano quando il terrorismo era ancora in fase acuta, con grave pericolo per le stesse istituzioni del nostro paese.
Conclude riportando come lo scenario suggerito dai consulenti Itavia sia insostenibile in ogni sua fase nè possa essere rafforzato dalla valutazione catastrofica della situazione politico-militare che mostra lo spettro di una terza guerra mondiale ed un Gheddafi dissennato che decide di punire non si sa bene chi (se l'Italia od un altro Paese) con una missione impossibile, affidata ad un velivolo isolato, quando avrebbe avuto a disposizione altri mezzi estremamente più sicuri ed efficaci per conseguire il risultato desiderato.
Conclusioni.
Tenendo conto di quanto esposto, l'Ufficio ritiene che possano ritenersi condivisibili le critiche rivolte dal generale Melillo al documento redatto dal Di Stefano ed anche, più generalmente, a tutta la documentazione prodotta da quei consulenti. Tale documentazione è volta a sostenere la tesi di abbattimento del DC9 mediante missili con argomentazioni assolutamente assurde; prive di riscontri con la situazione reale visibile sul relitto, fra loro contrastanti e via via modificate per adattarle alla situazione contingente; prive, infine, di ogni validità tecnica. Si ritiene perciò anche giustificata la posizione dei periti Casarosa-Held che non hanno ritenuto di impegnarsi a commentare quanto contenuto nella predetta documentazione, producendo ulteriori inutili carteggi.
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