Capitolo LXXXI

Osservazioni tecniche Melillo - 09.05.96.

Il documento Algostino+3 viene preso in considerazione da una Relazione Melillo depositata il 9 maggio 96. L'imputato muove una serie di contestazioni e critiche che il più delle volte appaiono senza alcun fondamento o in contrasto con dati incontroversi.

Come sin dall'inizio dell'esame del documento Algostino+3 al punto 1 "individuazione del punto dell'incidente", lì ove vengono riportati aspetti che potrebbero influire sulle dimensioni dell'area entro cui avrebbe potuto trovarsi il DC9 al momento dell'incidente.

Non appare conforme al vero che l'incidente avvenne oltre la portata utile dei radar di Fiumicino; la portata c'era e appare quasi lapalissiano affermare che c'era al punto tale che Fiumicino "vede" la scomparsa del DC9 e segue e rileva l'intorno ad essa nel tempo immediatamente successivo. Non v'era alcuna coincidenza tra termine della portata e inizio di volo procedurale. V'era, come appare pacifico dalle considerazioni di cui sopra un'area di sovrapposizione, ove cioè cominciava il controllo procedurale ma non cessava ancora quello radar.

- La quota a cui volava il DC9 e cioè 7600m. era assolutamente ai limiti inferiori di "visibilità" radar. In quell'area vengono "battuti" come attestato da tutti gli elaborati peritali, in primo luogo il Misiti, frammenti in caduta quanto meno sino a 5000m.

- I radar anche se costruiti diversi anni prima, erano continuamente aggiornati, verificati, collaudati e calibrati. Nessuno ha mai posto in dubbio che fossero funzionanti e affidabili.

- Non vi sono prove - d'altra parte lo stesso Melillo parla solo di sospetto, anche se fondato, ma senza indicarne i fondamenti - che al momento dell'incidente l'atmosfera fosse affetta da fenomeni di propagazione elettromagnetica anomala. Che d'altronde se si volesse vedere negli interventi manuali alle console da parte degli operatori della sala operativa di Marsala, una conferma della presenza di propagazione elettromagnetica anomala difficilmente se ne potrebbe dedurre prova certa in tal senso. Ben si sa che gli operatori fecero numerosi interventi manuali alle console quella sera, ma ben altre furono le cause di quegli interventi, come già s'è visto. Che se poi tra tali interventi ve ne siano stati alcuni finalizzati come vuole Melillo, nulla fa pensare che non siano di routine, nè che fossero di natura straordinaria determinati da una situazione straordinaria.

L'altro riscontro citato, quello del confronto con la sperimentazione dell'85, porta a conclusioni contrarie, come lo stesso autore delle osservazioni scrive: la sera dell'incidente i radar vedevano più lontano ed a quota più basse rispetto alle prove in volo dell'85 e a condizioni di propagazione standard.

Analoghe critiche ad altri punti del documento di parte civile, come il punto delle curve di origine, su cui l'imputato, che pure è dotato di notevole preparazione, apporta commenti non di natura scientifica o tecnica, ma di apparente senso comune, come quando afferma, al proposito del procedimento per la costruzione a ritroso delle predette curve, che esso sarebbe stato accettabile in altre circostanze e con altri dati di partenza, ma "nel caso presente gli sembra costruito su continue forzature di una realtà non nota o quanto meno non conosciuta abbastanza...".

E così via; nel senso che vi sono altri commenti della stessa specie ovvero di non assoluta certezza sulla natura e l'entità dei dati presi in considerazione o di continui dubbi sulla loro precisione. Senza tener conto invece degli sforzi e dei continui progressi operati sempre con metodo scientifico da coloro con i quali entra in contraddizione. Egli ad esempio afferma che non sono in discussione la caduta dei gravi in atmosfera come i coefficienti R; così come i dati del vento non possono essere che quelli forniti dal Servizio Meteo dell'AM; così come la densità dell'aria che non era quella standard. Poi però asserisce che gli sarebbe parso logico tener conto delle dimensioni, delle forme e delle caratteristiche dei frammenti (ma quali?); di non aver nulla contro l'utilizzazione dei dati ufficiali del vento, pur dovendosi considerare nel giusto conto la variabilità della situazione meteorologica; di essere consapevole che una variazione del parametro della densità dell'aria non ha effetto significativo sulle traiettorie dei gravi in atmosfera.

Enuncia poi altri dubbi sull'attendibilità del punto dell'incidente come indicato dallo "studio di parti civili". Ma si tratta sempre e solo di dubbi dai contorni e dalle origini incerte, non di una vera e propria critica, fatta di argomentazioni tecniche e di passaggi matematici, capace di demolire le ipotesi e le tesi dell'altra parte. Si tratta di affermazioni, in sè dubbiose ed incerte, che dovrebbero, anche nell'intento di chi le formula, ingenerare il dubbio, ma mai idonee a costruire una nuova e differente teoria.

Così è a dirsi al riguardo del punto 2 dal titolo "Presunte traiettorie di oggetti volanti nell'area dell'incidente" dedicato ai 20 punti ritenuti appartenenti ad oggetti volanti dal collegio dei consulenti Algostino ed altri, e su cui costoro avevano costruito come già s'è visto quattro traiettorie - tre attribuite a velivoli da caccia e una quarta non ben identificata e attribuibile, in alternativa, ad un velivolo da caccia o al DC9 - che al momento dell'incidente si trovavano nelle immediate vicinanze del DC9.

Anche qui Melillo vede forzature, analisi costellate da presupposti, stime, ipotesi, interpretazioni, aggiustamenti che a parer suo "per quanto sostenuti con argomentazioni tecniche e scientifiche lasciano intravedere un netto divario tra i risultati intuibili dalle descrizioni delle analisi fatte e quelli invece affermati nelle singole conclusioni". In effetti critiche a parole, senza contestazioni di dati e calcoli, di quelle argomentazioni tecniche e scientifiche che sorreggono il cammino per gradi - come è proprio di ogni ricerca scientifica e logica - degli studi di controparte, come da lui stesso riconosciuto. Egli proprio per questo esprime perplessità, riservandosi di sciogliere più oltre i suoi dubbi.

In effetti egli resta sorpreso dallo scenario. Non si domanda - nè si adopera in tal senso - se quanto ricostruito possa essere o meno conforme a verità o comunque deducibile scientificamente dal cielo radar preso in esame. Egli afferma che quattro aerei da caccia che compaiono contemporaneamente e alcuni secondi dopo il disastro, in un ristretto ambito di cielo davanti al DC9, "costituiscono certamente uno scenario molto suggestivo ed irripetibile, che già di per sè lascia intuire che qualcosa non ha funzionato a dovere nello sviluppo dello studio". Contestazione quindi generica e vaga - la tesi dell'altra parte è solo sorprendente - affatto incidente sulla catena dei passaggi, tutti di carattere scientifico, della consulenza in questione.

A tal punto il Melillo suggerisce il metodo delle verifiche "operative", propone cioè di verificare se lo scenario, quale emerge dal documento Algostino + altri sia "coerente con la realtà che scaturisce da motivate ragioni di presenza di quei velivoli in quell'area, da caratteristiche e prestazioni dei velivoli militari, da modalità di condotta dei medesimi velivoli e da tecniche e tattiche di impiego operativo".

Tenta così di dare una spiegazione alla condotta dei piloti dei due supposti velivoli dei plot -17 e -12 e altri a seguire. Ipotizza così tecniche di attacco, che prevedono affondata - che avrebbe evitato ai due velivoli di essere rilevati dai radar - e successivo puntamento verso l'alto per il lancio di missili secondo "look up-shoot up". Fa ipotesi sulle velocità, sull'errore dell'essersi fatti rilevare a -17 e -12, sugli errori successivi dell'essersi fatti di nuovo rilevare tra i frammenti. Presume comunque che l'attacco fosse diretto al DC9. Concludendo, quei piloti non avrebbero potuto comportarsi in modo più anomalo ed irrazionale. Ma dimenticando quanto aveva affermato poche righe prima "all'ipotesi sopra descritta ne potrebbero seguire tante altre, ma troverei simili atteggiamenti molto sconcertanti, perchè non parrebbe corretta la formulazione di ipotesi a ripetizione senza un minimo di supporto di fatti o indizi concreti e credibili".

Ma non osservando tale buona intenzione egli continua a porre ipotesi senza alcuna supporto di fatto, addirittura asserendo - dopo aver riconosciuto, giustamente, che le forti ed incomprensibili variazioni di velocità potrebbero essere giustificate dal fatto che le presentazioni radar sono bidimensionali e che quindi per tale ragione, i plots individuati hanno la quota indeterminata; ragion per cui le velocità potrebbero essere l'espressione della proiezione di traiettorie sul piano orizzontale e non le effettive velocità - che uno dei due velivoli, che si sdoppiano a -12, sale mentre l'altro scende; o più oltre compiendo una vera e propria ricostruzione non solo dello scenario, ma anche sull'antefatto.

Egli infatti afferma che se si accetta lo scenario dello studio Algostino + altri, si deve anche assumere che "la missione di volo, tanto ardita e piratesca da essere condotta nella zona di Ustica con armamento missilistico, non venne improvvisata, ma doveva avere finalità vitali ed assolutamente inderogabili".

Quindi così continua: "Pertanto, l'obiettivo deve essere stato perfettamente definito, l'intera missione bellica deve essere stata decisa ai alti livelli e pianificata nei minimi dettagli (come è d'obbligo in questi casi).

Stante la missione così speciale, il tipo di velivoli e di missili, nonchè il livello di perizia dei piloti devono essere stati scelti con grande accuratezza.

Infine, i due velivoli devono essere stati controllati e guidati durante l'intera missione da radar di terra (o montati su nave o su aereo). Tutto ciò presuppone l'esistenza di un efficiente sistema operativo di comando e controllo responsabile dei risultati dell'azione di guerra. Ebbene, dopo tutta la premessa fatta, che non è affatto arbitraria, ma rappresenta una prassi inevitabile, rileviamo che:

- i due velivoli, invece di volare a quote ed in aree non rilevabili dai radar italiani (del Traffico Aereo e della Difesa Aerea, le cui prestazioni dovevano essere certamente note a chi voleva cimentarsi in un'impresa del tipo descritto), imprudentemente si portano allo scoperto, come testimoniano i "plot" -17 e -12;

- ad appena un minuto dall'attacco la posizione degli aerei è decisamente avanzata rispetto al DC9 (almeno 13-14km in avanti) e ciò significa che l'attacco può avvenire esclusivamente per retta pressoché perpendicolare a quella del bersaglio.

Considerati soltanto questi due semplici aspetti si può già anticipare che la missione, tanto importante, fu pianificata male e condotta peggio. Nascono così i primi dubbi concreti sull'effettuazione di quella missione poichè non è pensabile che una selezionata organizzazione di supporto, che presuppone uomini preparati e mezzi sofisticati, abbia consentito l'avvistamento radar dei velivoli che stava controllando e li abbia poi guidati in una posizione di attacco così precaria, che resterebbe discutibilissima anche se i missili disponibili fossero stati i più avanzati dell'epoca.

Non è nemmeno comprensibile che quella stessa organizzazione a terra non abbia riconosciuto il DC9 Itavia che stava volando con l'identificatore di bordo inserito (a meno che l'obiettivo da abbattere non fosse proprio il DC9, ma qui sconfineremmo nella fantasia ed è bene evitare, almeno da parte mia, i teoremi).

Infine, non si comprende nemmeno la passività dei piloti che, dovendosi supporre interessati tanto alla riuscita della missione quanto alla propria "salute", si sono fatti sorprendere in area di "visibilità" radar e guidare in una rotta di attacco che, secondo il tipo di missili, è fra le meno affidabili o è del tutto errata.

Insomma, dobbiamo ammettere che per la condotta di quella vitale missione di guerra è stato impiegato personale di terra e di volo con gravi carenze professionali che, francamente, non sono ammissibili. Tanto più incredibili se abbiniamo a questa condotta così disordinata ed incompetente dell'azione di guerra il serbatoio di carburante rinvenuto in zona "D" che lo "studio di parte civile ha voluto menzionare a sostegno dello scenario immaginato.

Essendo quel serbatoio prodotto dagli Stati Uniti, si intuisce già chi, secondo lo studio, potrebbe essere l'autore dell'azione di guerra: o gli Stati Uniti stessi o qualche nazione che aveva in dotazione quel tipo di serbatoio. Ma se consideriamo la posizione così sensibile dell'area della sciagura (mar Tirreno) e l'organizzazione di supporto a "terra" indispensabile per condurre la missione, le alternative cadono.

Ebbene, se pensiamo ad un'azione di guerra degli Stati Uniti vuol proprio dire che non si ha alcuna cognizione, nemmeno per sentito dire, del livello di efficienza e di professionalità dell'Aeronautica e dell'Aviazione della Marina di quel Paese. Errori come quelli sopra descritti non sarebbero mai stati fatti, come dimostrato in altre occasioni ben più complesse e difficili cui farò cenno in seguito".

Si potrebbe concludere semplicemente asserendo che nessuno è perfetto. Ma non è questo il luogo per prendere in considerazione queste ricostruzioni, che rischiano di essere di pura fantasia. Proprio perchè mancano quegli elementi di fatto su cui si potrebbe, e dovrebbe, basare qualsiasi tentativo di ricostruzione degli eventi. Melillo conosce la teoria - e di certo anche la pratica - dell'attacco perfetto, condotto dal pilota perfetto, nelle condizioni teoriche di perfezione. Se si accettasse il piano di discussione di Melillo in questa sede, ci dovremmo chiedere quanti e quali errori erano possibili, quanti e quali ne sono stati compiuti, quali fossero nello specifico le condizioni reali in cui quelle ipotetiche manovre sarebbero state poste in essere. Altrimenti, come lo stesso Melillo riconosce, si fa solo opera di fantasia. Ma pur "predicando" in questo modo, già ai successivi paragrafi ritorna ad ipotizzare al riguardo del "velivolo nascosto", un MiG libico di rientro dalla Jugoslavia, salvo ad escludere la possibilità in base, come al solito, alla considerazione che un perfetto pilota, dotato peraltro anche di perfetti istinti, in coda ad altro velivolo, non si sarebbe comportato come il pilota del velivolo nascosto. E così in base a considerazioni di tal genere, basate sulle sue conoscenze ed esperienze di buon pilota, egli sarebbe portato a togliere ogni valore allo scenario radar e alle ipotesi che ne derivano. E togliendo valore a questi risultati, ma senza dati analisi e metodi scientifici, vorrebbe che si ritornasse come fonte di ogni ricostruzione al solo relitto.

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