Tra le parti imputate ha assunto una posizione autonoma, come già s'è detto, il generale Corrado Melillo e in tale posizione ha prodotto più documenti di osservazioni e commenti alle perizie d'Ufficio. Le ragioni di questa opposizione sono emerse nel corso dell'istruzione e non mette conto ritornarvi in questa sede. Qui appare opportuno dire che sovente le sue critiche coincidono con quelle delle altre parti coimputate, che le hanno espresse per bocca dei consulenti tecnici. Qui si terrà conto soltanto di quelle che risultano diverse e originali rispetto alle critiche dei consulenti di parti imputate, già descritte nei paragrafi scorsi insieme alle osservazioni dei periti dell'Ufficio.
Il 16 giugno 94, il generale Melillo, per il tramite dei suoi difensori, depositava un suo documento "di osservazione e commenti a taluni contenuti del testo della relazione di perizia presentata al GI dott. Priore dal collegio peritale balistico-esplosivistico".
Nella introduzione, divisa in tre paragrafi, l'ufficiale al primo punto sottolinea che la commissione Luzzatti "approdò ad una conclusione non definitiva che lasciava il campo a due delle tante ipotesi formulate: l'incidente era stato provocato da un'esplosione, ma non fu possibile stabilire con certezza se quella esplosione si fosse verificata all'esterno del velivolo (ipotesi "missile") oppure al suo interno (ipotesi "bomba a bordo"). Ciò a causa della esiguità dei reperti recuperati per cui il PM di Roma, "già nel 1981, sosteneva ufficialmente la necessità di recuperare il relitto del DC9".
Al secondo punto, pur apprezzando il lavoro del collegio peritale composto dai dott.ri Brandimarte, Ibisch e Kolla, ne critica la relazione conclusiva definendola "semplificativa in tanti aspetti e, sempre a mio parere, ha trascurato evidenze di così grande rilevanza da far ritenere che taluni risultati conseguiti non siano coerenti con la realtà dei fatti visti nel loro insieme in una logica complessiva".
Nel terzo punto evidenzia che il documento da lui prodotto tende a far rilevare "l'adozione di sequenze deduttive da me ritenute parziali e premature (ma non necessariamente errate) ovvero l'incompletezza di taluni ragionamenti, oppure l'adozione di metodi ragionativi che, a mio parere, appaiono quanto meno discutibili".
Nella parte delle osservazioni e commenti Melillo tratta, di volta in volta, delle minischegge nei cuscini e schienali dei sedili del DC9, della perforazione dei timpani delle vittime, del FDR, dell'impianto ossigeno di emergenza del DC9, delle prove di scoppio, del metodo usato per l'esclusione di evidenza di presunta esplosione, delle altre cause del disastro, dell'ipotesi della quasi collisione, del cd. teorema di Mr.Sewell.
Nel sottolineare che la relazione finale della Commissione Luzzatti era giunta alla sua conclusione sulla base delle "numerose evidenze" quali il "rinvenimento di tracce di esplosivo T4 su alcuni reperti" e "centinaia e centinaia di minischegge provenienti dai rivestimenti interni e suppellettili del DC9 conficcate a varie profondità nei cuscini e negli schienali dei sedili", al fine di chiarire che il risultato conseguito (esplosione all'interno) non è frutto di suggestiva fantasia, trascrive i diversi paragrafi delle conclusioni dell'AAIB inglese che aveva considerato le "centinaia e centinaia di minischegge ... un fatto di eccezionale rilievo".
La stessa AAIB aveva escluso che la moltitudine di minischegge possa derivare da eventi diversi dall'esplosione all'interno della cabina passeggeri; pertanto, l'imputato afferma "sono rimasto veramente stupefatto nel constatare che nel testo della perizia balistico-esplosivistica dei dr. Brandimarte, Ibisch e Kolla non sia stata presa in considerazione l'evidenza così macroscopica del migliaio di minischegge nei cuscini e negli schienali del DC9 dell'Itavia nonché l'altra evidenza delle medesime minischegge nei corpi delle vittime".
Dettosi certo che il collegio Brandimarte "è a perfetta conoscenza sia delle conclusioni dell'AAIB, sia dei contenuti della "Relazione Blasi", non riesce a comprendere questa trascuratezza che, nella sua dimensione, potrebbe essere compromissiva nel giudizio finale espresso dal "collegio peritale Brandimarte" laddove esclude l'esplosione di una "bomba a bordo". Ritiene che il collegio avrebbe dovuto necessariamente tener conto del fenomeno, se non per considerarlo come prova della ipotesi bomba a bordo, quantomeno "esaminarlo a fondo e, se ritenuto estraneo ad un'esplosione, avrebbe dovuto dimostrarlo in via teorica e per similitudine ad altri incidenti aerei avvenuti per causa diversa dall'esplosione". Inoltre, poichè le minischegge non vengono generate negli incidenti aerei per "collisione in volo, nè per sovraccarico strutturale, quest'ultima affermazione esclude anche la quasi-collisione (ipotesi che all'epoca non sospetta della stesura del documento era fuori dalla mente di tutti)".
Invocando la propria esperienza di pilota da caccia e le consequenziali nozioni sulla depressione esplosiva, ritiene giusto affermare che "i timpani perforati delle vittime del disastro di Ustica fanno comprendere che essi furono sottoposti ad una pressione molto superiore a quella conseguente ad una decompressione esplosiva".
Nel considerare tali lesioni come derivate da "un'onda d'urto generata da una esplosione di un ordigno", lamenta che nella perizia non siano state prese in esame.
Respinge l'eventuale obiezione che "quanto evidenziato dall'esame dei corpi delle vittime fa parte di perizie che risalgono ad altrui competenza", sottolineando che il collegio ha menzionato e discusso le "perizie chimiche recenti e passate".
Considerato che dall'esame dei dati registrati dall'FDR è risultato che al momento dell'incidente l'aereo volava dritto ed orizzontale e che la registrazione si è interrotta bruscamente, deduce "senza tema di errore che tale interruzione è stata conseguente all'incidente, come pure si deve arguire che questa repentina interruzione, che non ha denunciato variazioni nei dati di volo, non può che essere conseguenza di una avaria improvvisa che ha interrotto bruscamente tutti i circuiti di alimentazione, normali e di emergenza del registratore"; "ogni altra causa, diversa dall'esplosione (solo quella già esclusa della collisione in volo) avrebbe lasciato segni inconfondibili nelle variazioni dei dati di volo a cavallo del momento dell'incidente".
Anche la fuoriuscita delle maschere di ossigeno e lo schiacciamento "a piattina" del condotto di climatizzazione vengono considerate, "salvo dimostrazione contraria" come evidenza della circostanza che "sul velivolo non si è verificata una decompressione esplosiva conseguente ad un'improvvisa falla apertasi nella fusoliera e causata da qualsivoglia fenomeno; vi è stata, invece, una fortissima sovrappressione, la cui natura potrebbe essere spiegata solo da un'esplosione". Pure in questo caso lamenta che tale "aspetto non è stato considerato nella perizia balistico-esplosivistica".
Pur dichiarandosi non dotato di "una preparazione tecnica, nè di un orientamento mentale adeguati per valutare prove di scoppio effettuate a La Spezia ed a Ghedi", deduttivamente, comparando quanto è risultato dall'esame esplosivistico sui reperti del velivolo precipitato a Lockerbie, ritiene: "...non è impossibile che, per quanto riguarda l'assenza di "pitting", "gas washing" e "rolled edges", vi sia compatibilità con l'esplosione di un ordigno nel vanetto sottostante il lavandino del DC9", soprattutto nella considerazione che il relitto è rimasto molto tempo in mare. Dal momento che "alcune prove fatte a La Spezia hanno dato risultati che presentano alcune similitudini con le deformazioni del lavandino del DC9 incidentato e risulta anche che, in alcuni casi, il coperchio del water è rimasto integro dopo la prova di scoppio: proprio come è avvenuto per il coperchio del water del DC9 dell'Itavia", lamenta che non si è proseguito nelle "sperimentazioni con piccole variazioni nelle dimensioni della carica e nella sua ubicazione rispetto a quella che hanno fornito qualche risultato promettente". Ritiene di comprendere che "il principale risultato conseguito sia stato quello di dimostrare che le cariche usate (dello stesso tipo e dimensione di quelle utilizzate a La Spezia) hanno provocato danni dirompenti sulle pareti che simulavano artigianalmente la toilette del DC9, mentre su un involucro esterno alla "toilette", simulante il motore destro del DC9, l'esplosione ha scagliato tante piccole schegge e provocato segnature notevolmente superiori a quelle riscontrate nella realtà.
Nella sostanza, la conclusione di tutte queste sperimentazioni è stata che: dalle prove di La Spezia è emerso che, per avere risultati presumibilmente analoghi a quelli del lavandino del DC9, sarebbe occorsa una carica maggiore di quelle che hanno fornito alcuni risultati di similitudine; dalle prove di Ghedi è invece scaturito che, per avere danni analoghi alla toilette ed alla carenatura del motore destro, sarebbe occorsa una carica molto più ridotta di quella usata". Critica, ritenendolo "quantomeno precipitoso e prematuro il giudizio del collegio" che "stanti le predette risultanze, ha concluso che, non essendovi compatibilità tra le prove di La Spezia e quelle di Ghedi, non poteva essere affermato che la toilette del DC9 fosse stata teatro di una deflagrazione causata da un ordigno esplosivo". Ritenendosi privo di elementi "per sostenere che la conclusione alla quale è pervenuto il collegio peritale balistico-esplosivistico è errata per vizio metodologico e/o procedurale" stima che "non sono convincenti: i materiali usati e l'ambiente nel quale sono avvenuti gli esperimenti", "pur apprezzando l'ingegnosità dimostrata nel simulare a Ghedi la toilette del DC9".
Poichè "il velivolo, pur essendo in condizioni di volo diritto ed orizzontale, era circondato da forze notevoli che vanno considerate nell'ipotesi di esplosione al suo interno, nella toilette di coda", "...l'ambiente reale nel quale si è verificato il tragico evento di Ustica è notevolmente diverso da quello nel quale sono state effettuate le prove di scoppio di Ghedi". Ne arguisce che "le prove di scoppio effettuate, oltre ad essere insufficienti, non hanno fornito risultati concreti nè in un senso (evidenza di esplosione), nè nell'altro (nessuna evidenza di esplosione) ed invita alla cautela "nel formulare giudizi su esperimenti non del tutto attendibili".
Dalla lettura della perizia balistico-esplosivistica ha tratto la convinzione che un processo metodologico basilare ove "i fatti non sono confusi con le ipotesi, la possibilità, la probabilità, le interpretazioni, le considerazioni ed ogni altro ragionamento estrapolativo" non "è stato sempre applicato, con la possibile conseguenza che le sue conclusioni, almeno per quanto ha riguardo con il giudizio sull'esplosione a bordo, non presentano una continuità logica con i fatti evidenziati (ed anche, ovviamente, con quelli non presi in considerazione e da me esaminati alle pagine seguenti)". In prosieguo indica, a titolo di esempio, in una scheggia di alluminio, nei frammenti metallici 6-4M(ii) e 52-1M, nello schienale 16-gancio con pezzo di tessuto, nei cinque campioni prelevati da pezzi tagliati da bagagli, nei frammenti rimossi dai bagagli, in alcune stoffe rimosse dai sedili, nel vestito di bambola, gli oggetti che testimoniano della possibilità che "siano stati investiti dagli effetti di un'esplosione ravvicinata".
Lamenta, ancora una volta che "questa possibilità andava verificata a fondo e presa in considerazione nel contesto generale; invece, queste risultanze sono state, sempre secondo me, messe in ombra dopo singole valutazioni estremamente semplici, per non dire semplicistiche".
Circa la presenza di tracce di T4 e TNT, si duole della superficialità del collegio che le ha "liquidate laconicamente con un giudizio secondo il quale esse non conducono ad alcuna conclusione riguardo ad una possibile esplosione interna". Dopo aver ulteriormente sottolineato gli aspetti, a suo parere, non considerati dal collegio conclude che "stanti gli aspetti sottolineati, ritengo che i risultati complessivi del "collegio peritale Brandimarte" in merito all'ipotesi dell'esplosione di un ordigno quale causa del disastro di Ustica non siano in tutto attendibili rispetto ai fatti emersi fin dall'epoca della tragedia.
A mio parere, mi dispiace ripetermi, non basta dire che un'evidenza o un fenomeno non è significativo perchè ritenuto non proporzionato agli effetti derivanti da un fatto esplosivo, ma occorre dare logica a quelle affermazioni dimostrando che quei fatti non hanno attinenza con un'esplosione. Se ciò non può essere dimostrato non resta che considerare quelle evidenze in un contesto generale dove anche i piccoli indizi messi insieme a tanti altri mostrano un loro peso, in un senso o nell'altro, a favore od a sfavore dell'esplosione.
Pertanto, la diagnosi finale si è basata su risultati non certi, fra i quali le prove di scoppio, trascurando, invece, fatti di primaria importanza che, se presi in considerazione, avrebbero certamente suscitato non poche perplessità sull'indirizzo assunto e, forse, suggerito diverse conclusioni.
Invece si è preferito un altro metodo ed un'altra logica ragionativa, per giungere, così, ad un risultato evanescente ed alla richiesta di ulteriori prove ed analisi".
Considerato che, a suo parere, la perizia non è "approdata ad alcunché di definitivo" ed ha "escluso l'esplosione di un ordigno, sia esso un missile od una bomba a bordo", adombrando "la possibilità di un diverso, ma non specificato, scenario del disastro, sicuramente diverso dalla collisione in volo o dal cedimento strutturale ("ipotesi che non hanno mai trovato credito - se non nella prossima fase delle indagini della Magistratura e della Commissione Luzzatti - nelle conclusioni di tutte le precedenti perizie succedutesi a partire dal 1980, quando si verificò l'incidente"), il generale Melillo passa al vaglio le due ipotesi residue "la quasi collisione" ed "il teorema di Mr.Sewell sui due missili che attraversano il DC9 e forse esplodono senza lasciare tracce di schegge".
Al fine di escludere l'ipotesi di "quasi-collisione", porta come argomentazione la già citata riscontrata presenza sul DC9 di minischegge, evento non presente "nelle collisioni in volo e nei cedimenti strutturali spontanei, anche nei casi di rotture o cedimenti per sovraccarico aerodinamico" e la "relazione presentata dal prof.Försching al GI Priore che, a quanto pare, ne aveva fatto richiesta. Tale relazione, di estrema acutezza e linearità, dimostra incontestabilmente che l'incrocio comunque ravvicinato di un velivolo da caccia con il DC9 non produce cedimenti strutturali" - dopo aver argomentato su dati tecnici conclude - "mi sembra risulti palese che la problematica della quasi collisione non si debba nemmeno porre, stanti le evidenze emerse che contrastano nettamente con quella ipotesi".
Premesso che non ha avuto l'opportunità di leggere l'elaborato di Mr. Sewell, collaboratore di parte civile, e che "la perizia in esame ha ritenuto improbabile il verificarsi dello scenario prospettato", il gen. Melillo comunque desidera "riprendere quell'ipotesi, secondo la quale l'abbattimento del DC9 Itavia sarebbe avvenuto ad opera di due missili che avrebbero centrato la fusoliera del velivolo senza però lasciare tracce di schegge".
Nell'esaminare gli "unici due scenari prospettabili: il primo relativo a due missili che attraversano il DC9 senza esplodere; il secondo nel quale i missili esplodono all'interno del velivolo dopo averlo centrato", il generale Melillo si chiede il perchè della presenza delle minischegge se non vi fosse stata esplosione e se vi fosse stata esplosione o "all'interno del DC9 o immediatamente prima che i missili avessero raggiunto la fusoliera", perchè "non esiste la minima traccia delle schegge di ben due teste di guerra. Senza schegge, l'ipotesi dell'esplosione di missili non può essere nemmeno posta". Quanto alle notizie "lette recentemente mi sembra di ricordare una secondo la quale Mr.Sewell avrebbe sostenuto la possibilità di progettare missili con carica esplosiva e senza involucro di schegge e che, addirittura, dei missili speciali di quel tipo avrebbero potuto essere usati appositamente nel disastro di Ustica", si dice convinto "che Mr. Sewell non ha nulla a che vedere con le predette affermazioni, ma che esse siano nate dalla fantasia di qualche incompetente irresponsabile".
Conviene con il collegio che "ha molto oculatamente ed appropriatamente escluso tutte le teorie dei "missili" come causa della tragedia di Ustica ed in particolare ha escluso, giustamente, la possibilità di impiego di missili che basino la loro capacità di abbattimento sul solo "blast".
Giunge alle sue conclusioni, che si riportano integralmente, in cui ripete succintamente le argomentazioni precedentemente espresse, a volte blandendo il collegio ed a volte attaccandolo duramente con una serie di interrogativi:
"Punto 1.
La lettura del testo della perizia balistico-esplosivistica dei dr. Brandimarte, Ibisch e Kolla mi ha fornito una serie di spunti che ho ritenuto di dover trasferire, sotto forma di osservazioni e commenti, nel presente documento.
Devo dire che, per quanto mi sia sospinto in approfondimenti critici di taluni aspetti dei contenuti della perizia, non mi sono sfuggite l'estrema complessità del lavoro svolto e le notevoli difficoltà cui ha dovuto andare incontro il collegio peritale. Nè mi sono sfuggite le tante analisi ben impostate ed accuratamente sviluppate, attraverso le quali sono stati demoliti tanti pregiudizi, tante dicerie, tante notizie errate dei mezzi di informazione che hanno inondato ed influenzato l'opinione pubblica in questi ultimi anni.
Ma, nel plaudire a questa messe di risultati, non ho potuto fare a meno di osservare con costernazione che la perizia non ha tenuto in buon conto evidenze importantissime e, in alcuni casi, fondamentali, mentre altre evidenze, a mio modo di vedere, non sono state abbastanza approfondite, tanto che sono state escluse da un contesto valutativo generale rendendo incerte le conclusioni in talune sue parti.
Per altro verso, alcune evidenze scaturite da prove di scoppio, condotte in modo artigianale in ambiente non realistico, ancorchè con molto talento, sono state assunte, senza giusto merito, a fulcro di ragionamenti conclusivi che sono perciò risultati incompleti e, conseguentemente, hanno inciso fortemente su certi giudizi conclusivi.
Tutto ciò mi ha stupito perchè mi aspettavo che con tanti fatti a disposizione il collegio peritale avrebbe potuto giungere a ben diverse conclusioni, almeno per quanto riguarda l'esistenza o meno di un'esplosione a bordo del DC9; sarebbe stata sufficiente l'adozione di un'impostazione metodologica più puntuale ed una più ampia approfondita valutazione e selezione delle evidenze, riconsiderandole complessivamente in fase di sintesi e di conclusioni, per ottenere risultati più limpidi e meritevoli di più generosi giudizi.
Questa constatazione, unita alla mancata considerazione di prove sostanziali che testimoniano l'esistenza di un'esplosione a bordo (si badi bene che ho parlato di esplosione a bordo e non di una "bomba a bordo"), hanno indotto il collegio peritale ad affermare l'improbabilità di tale evento, sovvertendo così i risultati di 14 anni di perizie, analisi, valutazioni, riscontri, ecc. ... prodotti da eminentissimi istituti specializzati che hanno affermato il contrario.
Insomma, mi è sembrato che il collegio peritale abbia concluso con un giudizio sconcertante. Parole e frasi dette e non dette suonano come un segno di impotenza di fronte ad una verità che non si è riusciti a portare allo scoperto per inadeguatezze metodologiche e per investigazioni incomplete; perciò si sono invocate nuove prove e nuovi approfondimenti che, a mio avviso, non solo non sono necessari, ma non potranno aggiungere nulla a quanto già noto; anzi, è possibile che intorbidino ulteriormente le acque. Ritengo, infatti, che lo sviluppo di nuove prove in un contesto diverso da quello, improducibile, nel quale si è verificata la tragedia e con metodi simili a quelli già adottati, rischi di approdare a nuovi interrogativi che nella realtà non esistono.
Punto 2.
La prima domanda che mi sono posto, alla quale non ho saputo trovare risposta giustificativa, è il perchè della mancata attenzione a fatti da tempo consolidati che indicano quanto meno l'alta probabilità di un'esplosione. Mi riferisco, in particolare, alle risultanze di seguito elencate:
- fin dai primi giorni successivi alla tragedia di Ustica fu evidente che essa si era consumata in termini di attimi;
- le autopsie sulle vittime rivelarono che, tutte, mostravano la perforazione di uno o di entrambi i timpani; fatto che si verifica solo per una violenta variazione di pressione, molto più forte di quella provocata da decompressione esplosiva;
- furono individuate centinaia e centinaia di minischegge conficcate nei cuscini e negli schienali dei sedili del DC9 ed anche sui corpi delle vittime. Il prestigioso istituto inglese AAIB sentenziò che quel fenomeno appare regolarmente nei casi di deflagrazione di una carica esplosiva all'interno della cabina passeggeri; il fenomeno, invece, non si verifica in caso di collisione in volo, di decompressione esplosiva o di cedimento strutturale, compreso quello conseguente ad un sovraccarico aerodinamico (leggasi anche "quasi collisione");
- le registrazioni dei dati di volo si interruppero bruscamente mente venivano forniti normali dati che indicavano un volo diritto ed orizzontale di crociera; fatto che conferma la natura estremamente violenta dell'incidente.
Tutte queste risultanze mettono in luce, già di per se stesse, l'alta probabilità che la causa dell'incidente sia dovuta ad un'esplosione ("missile" o "bomba a bordo"). Purtroppo non ho trovato nel testo della perizia in esame alcun accenno a tali sostanziali evidenze e, in primo luogo, a quella delle centinaia di minischegge nei sedili del DC9 e sui corpi delle vittime.
Punto 3.
Molte, forse troppe, risultanze scaturite da analisi di un altro prestigioso Istituto Inglese (il DRA = ex Rarde) sono state regolarmente prese in esame singolarmente ed immediatamente escluse da qualsiasi ulteriore valutazione complessiva. Motivo? Ciascuna di queste evidenze non appare compatibile, secondo i periti, con l'ipotesi di un'esplosione sul DC9; sono stati giudicati troppo labili ed indefiniti i singoli collegamenti con gli effetti di una deflagrazione.
Lo stesso giudizio è stato espresso per le tracce di esplosivo T4 e TNT tratte da alcuni reperti interni al velivolo; l'ubicazione di questi reperti non risulta, ancora secondo i periti, compatibile con l'ipotesi di esplosione nella toilette del DC9.
Mi consenta di esprimere il mio dissenso ad una simile impostazione di lavoro che ritengo metodologicamente e sostanzialmente errata.
Oltretutto l'esclusione di queste evidenze mi è sembrata sbrigativa e non giustificata adeguatamente.
In una perizia dell'importanza di quella in esame - che fra l'altro costata tanti sacrifici e pesantissimi oneri finanziari ed è stata da troppo tempo da tutti attesa - l'esclusione di evidenze, pur secondarie, non avrebbe dovuto che avvenire a seguito di chiara dimostrazione della loro estraneità alla tematica in esame.
Un'evidenza può essere insignificante quanto si vuole se presa a sè stante, ma tante piccole evidenze possono incidere profondamente sull'intero giudizio. Avrei perciò apprezzato se quelle evidenze minori (ma non tutte lo sono) fossero state riconsiderate in un contesto generale come tante tessere di un unico mosaico. In quella fase complessiva esse avrebbero potuto essere riesaminate tutte insieme ed eventualmente escluse o incluse nella logica del giudizio conclusivo.
Ciò non è stato fatto e, a mio parere, ha contribuito a ridurre la credibilità di alcune conclusioni alle quali è giunta la perizia, con particolare riferimento alla presenza o meno di un'esplosione a bordo.
Punto 4.
Altro aspetto che considero di grande rilevanza è quello relativo alle prove di scoppio svolte a La Spezia ed a Ghedi.
E' un fatto più che evidente che quelle prove sono state effettuate in ambiente completamente diverso da quello nel quale si è verificata la tragedia di Ustica, come pure va considerata la diversità dei materiali usati da quelli delle pareti della toilette del DC9.
Ciò nonostante, con un semplice ragionamento, all'apparenza corretto, si è escluso ogni coinvolgimento di quella toilette (e della carenatura del motore destro del DC9) in un'esplosione. Non solo, ma questa conclusione dedotta da prove incomplete, con materiali ed in ambiente profondamente diversi dalla realtà, sono state utilizzate come filo conduttore per dichiarare l'estrema improbabilità di un'esplosione all'interno del DC9.
Non si sono, fra l'altro, tenute in alcun conto le tante risultanze che scaturiscono perfino da una semplice ricognizione visiva dei resti della toilette e dell'area ad essa circostante (bombature di lamiere verso l'esterno; distacco, sempre verso l'esterno, di alcune lamiere di fusoliera dalle ordinate strutturali del velivolo; incurvatura verso il basso di una parte di struttura sotto il pavimento della toilette) che testimoniano una notevole sovrappressione giustificata solo da una forza generata da un'esplosione.
Tutte queste anomalie, alle quali includono le importantissime omissioni (certo non volontarie) di precedenti risultanze ufficiali e le troppo semplici esclusioni di evidenze documentate, hanno contribuito, a mio parere, alla formulazione di una conclusione e di un giudizio che, presentano lati opachi, si presentano discutibili e poco credibili per molti aspetti relativi alla "negazione" di un'esplosione a bordo del DC9 Itavia.
Punto 5.
L'alta probabilità con cui il collegio peritale ha escluso sia l'esplosione, sia l'ipotesi "missile", sia quella della "bomba a bordo" lascia implicitamente aperta la strada ad altre ipotesi che potrebbero aver causato il disastro. Ma, quali altre ipotesi?
Qualcuno pensa davvero alla possibilità della rottura dell'estremità alare sinistra del velivolo ad opera di una "quasi collisione" con un aereo militare?
In tal caso bisognerebbe dimostrare il perchè della presenza delle centinaia di minischegge nei sedili del DC9, il perchè della perforazione dei timpani delle vittime, il perchè dell'interruzione istantanea delle registrazioni dei dati di volo, ecc. ..., che nulla possono avere in comune con un'ipotesi di "quasi-collisione".
Qualcuno pensa forse al teorema enunciato da Mr. Sewell, esperto di parte civile, secondo il quale il DC9 sarebbe stato centrato da due missili che non sarebbero esplosi oppure che sarebbero esplosi dopo aver attraversato la fusoliera e superato l'ala sinistra?
La perizia in esame ha escluso questa possibilità, ma volendola comunque considerare in ossequio alla parte civile, anche qui varrebbero tutte le evidenze già elencate per il caso della "quasi-collisione", che non sono assolutamente compatibili con la teoria di Mr.Sewell.
Nè è pensabile che qualcuno voglia prendere in considerazione la fantastica ed assurda ipotesi attribuita ad una certa stampa incompetente ed irresponsabile, secondo la quale il DC9 sarebbe stato colpito da due missili con testa di guerra sprovvista dell'involucro di schegge ed appositamente progettati e realizzati per l'esecuzione dell'"operazione Ustica".
Affermazioni del genere sono addirittura vergognose ed offendono, prima di tutti, i suoi sostenitori.
Punto 6.
Quando nel 1987 ebbe inizio la prima operazione di recupero del DC9 dal fondo del Tirreno vi fu una ventata di speranza in quanto si ritenne che, finalmente, la verità su Ustica, fino ad allora giacente ad oltre 3.000 metri di profondità, si sarebbe rivelata.
Occorsero, però, contro ogni previsione, ben 4 cicli operativi di recupero, 5 anni di difficile lavoro ed alcune decine di miliardi di spesa per giungere al punto in cui siamo oggi.
Il relitto, pronto ad essere interrogato ed a parlare, ha detto tutto quello che poteva dire, ma chi gli ha posto le domande non ha preso in considerazione alcune fondamentali risposte ed altre ancora non le ha ben interpretate perchè le ha valutate a se stanti, o quasi, senza inserirle compiutamente in un contesto in cui quelle risposte avrebbero potuto esprimere degli orientamenti o dei risultati.
Mancando alle ricerche ed alle analisi alcuni anelli importanti di un'unica catena, era giocoforza che le risposte conclusive fossero parziali ed in parte non chiare e non definitive.
Certo, sono stati chiariti tanti fondamentali aspetti che per troppi anni hanno costituito la bandiera di taluni ambienti incompetenti ed a volte irresponsabili: e questo è un merito incontestabile della "Perizia Brandimarte".
Tuttavia altri aspetti altrettanto importanti, sono stati trascurati (forse con motivazioni a me non note) ed è perciò altrettanto incontestabile che taluni di essi abbiano profondamente inciso sulla non completezza delle conclusioni e delle sue manchevolezze."
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