Capitolo XXXVI

Consulenza tecnica Bazzocchi ed altri - 18.07.92.

Sempre durante il corso della perizia tecnico-scientifica all'approssimarsi del biennio dall'incarico un nutrito gruppo di consulenti di parti imputate - ben dieci; per la precisione il dr. ing. Ermanno Bazzocchi, il dr.ing. Ernesto Eula, il dr.ing. Nazzareno Cardinali, il dr. Giuseppe Torti, il dr. Giovanni Oddone, il dr.ing. Paolo Neri, il dr.ing. Marco Giubbolini, il dr.ing. Silvano Padovani, il dr.ing. Luigi Brindisino e il PI Angelo Cognini - presentano il 18.07.92 una relazione peritale preliminare avente ad oggetto complessivamente l'incidente al DC9 dell'Itavia.

Scopo della relazione che segue quelle già esaminate dell'aprile e del maggio precedenti, è di fornire una valutazione tecnica ancora provvisoria, ma, per quanto possibile, globale dei risultati raggiunti allo scopo di indicare la causa più probabile dell'incidente.

I consulenti si rallegrano per gli esiti della nuova campagna di recuperi disposta da questa AG e nutrono fiducia che tale campagna continuerà ad essere condotta con metodo e rigore scientifico di modo che tutti i pezzi importanti del relitto, sia relativi all'involucro esterno che agli allestimenti interni e al carico, possano essere localizzati e portati alla luce.

"L'enorme quantità di dati disponibili e il carattere interdisciplinare dell'indagine ha richiesto che l'analisi fosse razionalmente strutturata e che i dati e le evidenze raccolti fossero classificati ed ordinati opportunamente... anche secondo quanto previsto dal manuale ICAO.

In linea con tale esigenza, l'analisi è stata suddivisa in:

- analisi degli effetti e dei danni;

- analisi del relitto;

- analisi chimiche, frattografiche e delle intrusioni;

- analisi del cockpit voice recorder e del flight data recorder;

- analisi dei dati radar;

- esame della mappa dei ritrovamenti;

- esame delle varie ipotesi causali dell'incidente ed individuazione della causa;

- individuazione della probabile ubicazione sul velivolo dell'evento iniziale;

- descrizione della probabile sequenza degli eventi.

La logica di tale suddivisione è stata quella di:

- descrivere le evidenze caratteristiche riscontrabili sul relitto normalmente associate con le cause ipotizzate a "priori" dell'incidente di Ustica e cioè: missile, collisione in volo, cedimento strutturale, ordigno esplosivo a bordo del velivolo;

- descrivere le evidenze riscontrate sul relitto a seguito delle indagini peritali eseguite ed in corso, sia sulla cellula che sui motori, sugli impianti, sulle intrusioni, sulle registrazioni del "Cockpit Voice Recorder" e del "Flight Data Recorder" e sui dati radar;

- sintetizzare e catalogare gli indizi su tre livelli, dei quali:

1. il primo tendente ad isolare la causa dell'incidente tra le possibili ipotesi individuabili a priori;

2. il secondo tendente ad individuare l'ubicazione più probabile sul relitto dell'origine dell'incidente tra le varie possibili individuabili a priori;

3. il terzo tendente a ricostruire la sequenza degli eventi connessi con l'incidente stesso.

Le evidenze considerate in ciascuno dei primi due livelli di sintesi sono quelle più direttamente correlate con le singole opzioni analizzate e sono più direttamente pertinenti l'analisi del relitto. Tutte le altre evidenze, che sono associabili alla causa dell'incidente solo in maniera indiretta, sono state utilizzate per verificare la loro congruenza con le deduzioni di cui ai primi due livelli di sintesi e sono state chiamate pertanto "indicazioni di scenario"... . Tuttavia le indicazioni di scenario non possono essere addotte come elemento di dimostrazione diretta della verità di una certa ipotesi di causa dell'incidente.

Il criterio sopra descritto è in pieno accordo con quanto suggerito dall'ICAO e cioè che l'esame del relitto è la fonte principale per risalire alle cause. Tutti gli altri elementi sono complementari per confermare o meno l'ipotesi fatta, o conferire ad essa maggiore o minore grado di probabilità."

Le conclusioni a cui i consulenti di parte inquisita sono giunti "come logica conseguenza dei dati esaminati e delle analisi eseguite, basandosi sulle conoscenze ed esperienze acquisite nelle singole materie trattate", sono:

1) Primo livello di analisi - individuazione della causa dell'incidente:

a. l'ipotesi missile appare assolutamente inconsistente:

- per l'assoluta mancanza sul relitto di schegge o fori dovuti alla frammentazione di una testa di guerra;

- per l'impossibilità che esplosivo incombusto possa essere migrato dall'esterno all'interno del velivolo DC9 senza la concomitante presenza di schegge.

b. L'ipotesi collisione in volo appare altrettanto inconsistente:

- per mancanza sul relitto di segni evidenti di collisione con altro velivolo, segni che, anche nella incompletezza dei reperti della zona 3, avrebbero comunque dovuto interessare almeno le ali e/o gli impennaggi di coda del velivolo DC9;

- per la incongruenza con tale ipotesi delle altre evidenze quali:

- "petalature" esterne;

- danni concomitanti agli impianti ossigeno, carburante, elettrico e

comandi di volo;

- schiacciamento dei tubi di condizionamento;

- ritrovamento dei frammenti della "zona 3" del velivolo a notevole

distanza (circa 6km) dal relitto principale.

Infatti tali evidenze, che sono correlabili con una sovrappressione all'interno del velivolo, non possono essere spiegate tutte insieme con un danno da collisione in volo.

c) L'ipotesi cedimento della paratia pressurizzata o del rivestimento della "zona 3" non risulta sia stata approfondita sufficientemente da parte del collegio d'Ufficio ed è congruente con l'ubicazione dei recenti ritrovamenti dei reperti della "zona 3". Pertanto essa resta possibile, seppure in seconda linea di probabilità eventualmente come concausa.

d) L'ipotesi ordigno esplosivo a bordo appare la più probabile in quanto essa discende dalle molte evidenze riscontrate sul relitto e non contrasta con tutte le altre indicazioni ricavabili sia dal relitto che dallo scenario. In particolare, l'analisi dei rilevamenti radar successivi all'evento ha dimostrato che, essendo questi tutti attribuibili al velivolo DC9 o sue parti, escludono la presenza di altro velivolo, sia come origine di possibile collisione, sia come piattaforma di lancio di un ipotetico missile e pertanto portano a identificare come cause più probabili l'esplosione interna o, in seconda istanza, il cedimento strutturale. Inoltre, viene escluso che i plots -12 e -17 possano essere associati ad alcuna traiettoria: essi sono pertanto da considerarsi falsi allarmi.

Le evidenze sono:

- danni sulla pannellatura esterna del velivolo e sul pavimento che suggeriscono una violenta sovrappressione interna; tali danni sono individuabili:

- nelle petalature rivolte verso l'esterno di molti frammenti;

- nel tranciamento o sfilamento per estrusione della teste dei ribattini che fissano la pannellatura esterna della fusoliera alle ordinate ed ai correnti;

- nel rigonfiamento (quilting) della pannellatura compresa nei riquadri formati dai correnti e dalle ordinate, quando tale pannellatura non si è staccata secondo le modalità di cui al punto precedente;

- danni contemporanei ai sistemi carburante, elettrico, ossigeno e comandi di volo che suggeriscono anch'essi una sovrappressione interna al velivolo;

- schiacciamento dei condotti di condizionamento;

- "arrotolamento" del pavimento;

- pirolizzazione di stoffe;

- presenza di piccole schegge metalliche di materiale riconducibile alla struttura del velivolo con evidenti segni di esplosione ad azione esplosiva;

- concentrazione di frammenti, per lo più non metallici, in una zona molto ristretta e conseguentemente molto vicina all'esplosione;

- deformazioni da forte sovrappressione, microintrusioni ed impronte trovate sul coperchio di un contenitore metallico recentemente recuperato dalla "zona E" e normalmente situato nel galley nell'area di coda del velivolo.

La dinamica e sequenza degli eventi conseguenti all'esplosione ben si accorda sia con i ritrovamenti immediatamente dopo il disastro che con la distribuzione spaziale dei frammenti del relitto sul fondo del mare, tutti indicanti un progressivo cedimento strutturale del velivolo.

2) Secondo livello di analisi-individuazione della probabile ubicazione dell'evento iniziale.

Lo stato delle evidenze consente di individuare quale ubicazione dell'evento esplosivo la "zona 3" del velivolo, in prossimità della paratia pressurizzata.

Non si dispone al momento di evidenze sufficienti ad individuare positivamente una ubicazione precisa.

Si ritiene che l'esecuzione di opportune simulazioni, ma soprattutto il recupero dei pezzi della "zona 3", mancanti dalla ricostruzione del relitto ed il loro esame approfondito, consentiranno di identificare l'esatta ubicazione a bordo del velivolo DC9 dell'ordigno al momento dell'esplosione.

3) Terzo livello di analisi - descrizione della più probabile sequenza di distruzione del velivolo DC9 e della traiettoria del velivolo e/o sue parti.

Il modello di sequenza di eventi più probabile e congruente con lo scenario basato sulle informazioni radar, mappe dei ritrovamenti e danneggiamenti riscontrati sul relitto, è il seguente:

- esplosione interna nella parte posteriore della fusoliera;

- cedimento ed espulsione della paratia pressurizzata e conseguentemente delle strutture leggere a valle della paratia (scaletta, cono coda);

- cedimento e separazione di larghi elementi dei pannelli di fusoliera zona posteriore. Tali elementi lasciano il velivolo, entrano in contatto e lasciano tracce sulla presa d'aria motore sx e sul bordo di attacco Stb. orizzontale sx;

- posizionamento anomalo e bloccaggio dei comandi equilibratore e timone di direzione con conseguente distacco del timone di direzione e rapida cabrata del velivolo. Gli attacchi dei motori vengono sollecitati per effetto di forze giroscopiche e per la pressione esercitata dall'onda esplosiva sulla superficie delle gondole motori dalla parte del velivolo;

- i motori si arrestano per mancanza di alimentazione carburante;

- l'alimentazione elettrica si interrompe;

- l'esplosione provoca frammentazione degli elementi mobili e semimobili interni (pannelli interni, finestrini etc) ed il loro spostamento con alta energia cinetica. Alcuni di questi elementi vengono espulsi dal velivolo;

- successivamente il velivolo, ancora strutturalmente integro (ma con la zona posteriore della fusoliera fortemente menomata) e aerodinamicamente stabile, si posiziona in una traiettoria in discesa a 3500/4000 piedi/minuto nel letto del vento, traiettoria che segue per circa 80 secondi, sino alla scomparsa dagli schermi radar;

- infine il velivolo, per il distacco dei motori o della coda o di entrambi, perde totalmente la stabilità e precipita o in spirale o in vite o con traiettoria quasi verticale, sino all'impatto con il mare;

- alcuni elementi strutturali leggeri ed almeno un largo pannello della zona posteriore della fusoliera, separatisi dal velivolo al momento dell'esplosione, hanno seguito una traiettoria sempre nel letto del vento ma con ratei di discesa inferiori rispetto al corpo principale (1500/2000 piedi/minuto) restando visibili al radar per circa 120 secondi, prima di scendere al di sotto della quota di "detettabilità". Alcuni di questi elementi, dopo l'impatto con il mare, hanno galleggiato per lungo tempo, seguendo traiettorie dettate dal vento in superficie e dalla corrente marina (mare da NW forza 2).

I risultati della relazione possono considerarsi definitivi, così stimano i consulenti per quanto riguarda il primo livello di analisi in quanto è fermo convincimento di essi che la conclusione che un'esplosione a bordo del velivolo quale causa dell'incidente di Ustica sia sufficientemente dimostrata e che ulteriori evidenze non possano che confermare tale conclusione.

Si ritiene tuttavia che per il completamento degli altri due livelli di analisi e cioè la localizzazione dell'ordigno sul velivolo con maggior accuratezza e la ricostruzione dello scenario e della sequenza di distruzione del velivolo stesso, siano richieste ulteriori azioni ed approfondimenti tecnici.

La relazione prende poi in esame le informazioni sull'incidente come prescrive il manuale ICAO, che i consulenti si premurano di seguire, e che fu seguito anche dalla Commissione Ministeriale.

A causa però del non ancora avvenuto recupero del relitto e dei registratori dal fondo del mare, all'epoca della sua stesura, la relazione Luzzatti risulta incompleta. Essa, infatti, espone dalle conclusioni, non definitive, che individuano in un'esplosione interna o esterna la causa dell'incidente. "I paragrafi della relazione Luzzatti che si considerano rilevanti ai fini dell'attuale analisi sono i seguenti:

- storia del volo;

- danni alle persone;

- danni al velivolo;

- altri danni;

- informazioni sull'equipaggio;

- informazioni sull'aeromobile;

- situazione meteorologica;

- aiuti alla navigazione;

- comunicazioni;

- informazioni sul relitto e l'impatto;

- informazioni mediche e patologiche;

- incendio;

- aspetti della sopravvivenza;

- perizie e ricerche;

- altri dati.

Per quanto concerne i registratori di volo, questi sono stati recuperati ed i relativi dati analizzati in tempi successivi. Le evidenze ricavabili da tali registratori vengono esposte al successivo paragrafo 4.5. Il paragrafo "Nuove tecniche di investigazione" riporta i risultati delle prime analisi effettuate sui dati radar. Tali analisi sono state trattate più diffusamente sulle successive relazioni Blasi, Picardi, ecc. Alcune considerazioni sui dati radar vengono esposte al successivo paragrafo 4.6.".

Il successivo capitolo è dedicato alle analisi delle evidenze raccolte e documentate sull'incidente. In esso il paragrafo che appare di maggior rilievo è il 2°, dedicato agli effetti associabili alle cause dell'incidente individuate a priori come possibili, suddiviso in effetti di esplosioni interne od esterne e di teste di guerra di missili aria-aria, effetti da ordigno esplosivo interno, effetti da impatto col mare e permanenza in ambiente marino.

La parte di questo capitolo di maggior lunghezza e maggior interesse, perchè scritta palesemente da specialisti della materia, è il sottoparagrafo in cui si parla del funzionamento delle teste di guerra per missili aria-aria e di altri ordigni all'interno dell'aeromobile. E' sufficiente, per rendersene conto, scorrere i titoli delle singole parti che compongono questo sottoparagrafo: effetti di una detonazione, ambienti chiusi, ambienti aperti, modalità di funzionamento di una testa di guerra, modalità di funzionamento di una testa di guerra, con scheggiatura random (frammentazione naturale) o a frattura prestabilita, a schegge preformate, del tipo continuous rod. Effetti delle schegge, velocità, distribuzione, potere perforante.

I consulenti poi, sempre nello stesso capitolo, riportano integralmente la versione in italiano della Relazione redatta dall'ausiliario del collegio d'Ufficio Protheroe, cui connettono rilevante peso, specie in quelle parti ove si descrivono evidenze di "quilting" ovvero di rigonfiamento causato da pressione, danno da porre in relazione, secondo il redattore del documento, all'esplosione interna della cabina subito dopo l'estremità della zona 1 (sezione principale fusoliera) vale a dire la zona mancante 3 ovvero la struttura posteriore della cabina fusoliera sopra il vano di carico.

Riportano quindi le osservazioni dirette tratte dalla relazione Bazzocchi 04.04.92 ovvero la mancanza della scaletta passeggeri posteriore; la mancanza della paratia terminale della fusoliera di delimitazione della zona pressurizzata della cabina passeggeri; la mancanza della porticina pressurizzata nella paratia di cui sopra; la mancanza di un tratto di circa 50/60cm. del poppino terminale della fusoliera; la presenza di strappo del rivestimento esterno del portello per il carico bagagli sul lato destro della parte posteriore della fusoliera; lo schiacciamento dei condotti dell'aria condizionata; la mancata fuoriuscita delle maschere per l'ossigeno dai loro ricettacoli; lo schiacciamento sia dell'insieme delle prese d'aria che dei condotti di scarico dei motori in senso trasversale su di un diametro orizzontale. "Esaminando l'"Iron Bird" si nota che mentre per la parte anteriore e centrale della fusoliera la struttura ed il rivestimento sono stati recuperati in una percentuale cospicua, la parte posteriore sino all'inserimento dell'impennaggio verticale è quasi del tutto mancante. I pochi pezzi recuperati sono costituiti da tratti di 30-50cm di lunghezza dei correntini e dei longheroni di fusoliera con lembi di lamiera di rivestimento in parte strappati dal loro supporto e piegati verso l'esterno.

Il tratto di ordinate della fusoliera che supportano gli impennaggi stessi è in buone condizioni come pure gli impennaggi stessi.. Sul lato sinistro però si nota una vasta parte mancante di ordinate. Verso l'alto della fiancata sinistra c'è un'importante zona in cui i correntini longitudinali risultano intatti, mentre il rivestimento appare divelto".

"In estrema sintesi, i danni e gli effetti evidenziati sia nella relazione dell'ing. Bazzocchi che nella relazione di C.A. Protheroe indicano - così concludono questa parte - che la struttura è stata sottoposta ad una sovrappressione interna all'involucro del velivolo, e che una cospicua parte della struttura, denominata "zona 3" da C.A. Protheroe era mancante in quanto evidentemente non rinvenuta insieme al resto dei frammenti recuperati sino alla fine dell'anno 91. I risultati della campagna di recuperi dell'estate 92 - in corso all'epoca -, confermano la fondatezza delle osservazioni effettuate dai sopramenzionati autori, in quanto i nuovi frammenti del relitto appartenenti alla "zona 3", sono stati rinvenuti in un'area di mare decisamente diversa dalle aree dei precedenti recuperi e presentano evidenti segni di esplosione ed una sovrappressione interna all'involucro del velivolo."

Il documento passa poi in rassegna gli impianti.

I consulenti di parte inquisita, nell'esaminare gli strumenti del cockpit, hanno osservato che, per quanto riguardava la strumentazione di volo:

-poiché entrambi gli orizzonti artificiali indicavano un assetto di 65° a cabrare e di circa 15° di roll a sinistra, questo dovrebbe essere l'assetto al momento della interruzione dell'energia elettrica;

-il valore di spinta dei motori, come indicato dagli appositi strumenti (EPR), era 1.96 (valore di spinta in crociera a 25.000 piedi);

-la prua era di 180° e la quota di 25.000 piedi;

-lo stabilizzatore orizzontale (Trim del "Pitch") sembrava essere in posizione normale, per cui se ne deduceva che l'assetto anomalo, al momento della mancanza dell'energia, sarebbe stato raggiunto molto rapidamente.

Per quanto riguarda l'impianto di ossigeno, le maschere non sono fuoriuscite automaticamente, segno che si è verificato un evento eccezionale, quale uno scoppio interno, che ha prodotto dapprima un'onda di sovrappressione e quindi, a causa di ciò, un forte danneggiamento nell'impianto di ossigeno in vicinanza della carica.

Per quanto riguarda l'impianto di condizionamento, l'esame ha messo in evidenza che diversi condotti dell'aria condizionata appaiono completamente schiacciati in tutta la loro lunghezza, sicuramente a causa d'una elevata pressione in cabina rispetto alla pressione interna al tubo.

Per quanto attiene all'impianto comandi di volo, flaps e stabilizzatori, risultano nel normale assetto di crociera mentre non si possono avere informazioni utili, a causa dei danneggiamenti, dall'equilibratore libero (in bando per tracciamento dei comandi), dal timone di direzione (mancante), dagli alettoni e dagli spoilers (danneggiati per l'impatto in mare).

Per quanto riguarda l'impianto del carburante, al momento dell'evento ci dovevano essere nei serbatoi circa 4.300kg di carburante, fuoriusciti a seguito dell'impatto in mare. I motori si dovrebbero essere spenti precedentemente a seguito del tranciamento dei condotti di alimentazione.

Per quanto riguarda l'impianto elettrico, il repentino blocco dei registratori di bordo e degli strumenti del cockpit, le perdita improvvisa delle risposte radar e delle comunicazioni TBT, fanno desumere che l'alimentazione elettrica (sia principale che d'emergenza) si sia interrotta improvvisamente e ciò a causa del tranciamento dei cablaggi, che attraversano la paratia pressurizzata, collegando i generatori con le barre di distribuzione situate nella centrale elettrica, parti rispettivamente prima e dopo detta paratia. Ciò sarebbe segno evidente di una esplosione interna. La improvvisa interruzione dell'energia, come detto, ha bloccato la posizione degli strumenti del tipo irreversibile nell'ultima posizione (strumenti a contatore o servoposizionati).

"Le indicazioni raccolte sugli strumenti sinora recuperati sono, le seguenti:

- Indicatore HSL: prua magnetica 180 gradi;

- Indicatori EPR: 1.96 (corrispondente a spinta di crociera);

- Altimetro digitale: 25.000';

- Orizzonti artificiali: circa 65 gradi a cabrare e 15 gradi di Roll a sinistra (ala sinistra inclinata). Va notato che tale assetto anomalo può essere stato causato dal posizionamento dei cavi di comando dell'equilibratore a seguito delle deformazioni del pavimento cabina per effetto di una sovrappressione interna. Non si può tuttavia escludere che si tratti di falsa indicazione causata da azione dinamica sui giroscopi verticali che alimentano gli orizzonti, verificatasi all'atto ed in conseguenza dell'evento iniziale.

E' sintomatica però la concordanza di indicazione dei due strumenti, non facilmente riconducibile ad un'azione casuale.

L'analisi del relitto e dei reparti non ha evidenziato elementi che conducano ad una causa o concausa dell'evento riconducibile all'impianto elettrico".

Per quanto riguarda l'impianto idraulico, i relitti indicano una fratturazione delle tubazioni in tutti i punti di separazione degli elementi delle strutture principali. Il primo di tali tranciamenti dovrebbe aver riguardato le tubazioni di mandata e ritorno delle pompe idrauliche principali installate sui motori e delle tubazioni di alimentazione servocomandi stabilizzatore orizzontale o timone di direzione. La macchia oleosa notata il giorno dopo l'evento dovrebbe essere stata determinata dalla fuoriuscita del liquido idraulico.

Di seguito la parte dedicata alle analisi chimiche, frattografiche e delle intrusioni.

I consulenti ricordano - ma riassumono anche quelle compiute dai laboratori CNR di Napoli per mezzo dei periti d'Ufficio professori Acampora e Malorni - che sulla base dei risultati ottenuti dalle indagini chimico-analitiche richieste dall'AG i laboratori della DLAM trassero le seguenti deduzioni:

- la presenza di sostanza esplosiva portava ragionevolmente a concludere che il disastro era imputabile ad una esplosione;

- l'ordigno responsabile del disastro poteva essere o una testa di guerra (esplosa all'interno o all'esterno dell'aeromobile) o una bomba posta a bordo dell'aeromobile;

- sulla base dei dati disponibili si doveva ritenere più elevata la probabilità che l'ordigno fosse una bomba posta a bordo.

E' evidente che "se esplosione è avvenuta essa non poteva che essere attribuita, nel caso specifico, che ad una testa di guerra o ad una bomba posta a bordo del velivolo." La valutazione che la probabilità maggiore spettasse ad una bomba a bordo era stata formulata tenendo in conto i seguenti dati:

- diffusione delle tracce di esplosivo su reperti disparati (bagagli e schegge);

- presenza di tracce di esplosivo sulle schegge prelevate dai cuscini, tutte provenienti (con elevata probabilità) da strutture del velivolo;

- bassa probabilità (ma non impossibilità) che una testa di guerra potesse aver impattato direttamente il velivolo ed essere esplosa al suo interno.

La presenza del solo T4 fu considerata non come elemento determinante ma soltanto come una conferma della probabilità di una bomba, essendo notoriamente il T4 un esplosivo di elezione per la preparazione di miscele per attentati. I laboratori del CNR, avendo reperito sia il T4 che TNT, formularono l'ipotesi, assunta poi come dato incontrovertibile nella relazione Blasi, che l'esplosione fosse dovuta ad una testa di guerra militare, in quanto la miscela del T4 e TNT è un esplosivo militare. La deduzione formulata dai laboratori del CNR "appare azzardata". Infatti "non è affatto vero che la miscela del T4-TNT, normalmente denominata Composition B, sia un esplosivo esclusivamente militare. E' pur vero - continuano i consulenti a motivazione dell'asserto - che la maggior parte degli ordigni militari, almeno fino alla fine degli anni 70, era caricata con Composition B o sue modificazioni, ma è altrettanto vero che detta miscela trova anche impieghi civili, come trovano pure impieghi civili cariche sia di T4 che di TNT (ad es. nella composizione di cariche per la perforazione di pozzi petroliferi vengono impiegate sia cariche di Composition B che di T4 o di TNT). Si aggiunga che negli anni 70 era facile reperire sul mercato esplosivi derivanti dallo scaricamento di manufatti militari dismessi; è pertanto facilmente ipotizzabile la possibilità di reperire sia T4 e TNT che la miscela dei due."

Quanto alle altre analisi chimiche, riferiscono i consulenti: "Sono state eseguite e sono in corso, sia presso il Rarde che da parte del collegio chimico d'Ufficio delle analisi i cui risultati definitivi non sono stati depositati.

Tuttavia, da quanto è dato a conoscere, asserisce il collegio di parti imputate, risulta che:

- tutti i frammenti rinvenuti come intrusioni sui cuscini e sui corpi dei passeggeri appaiono far parte del velivolo o dei bagagli;

- non esiste alcun frammento ritrovato sul velivolo e sui passeggeri che sia attribuibile ad un corpo estraneo, ad esclusione eventualmente di un discreto numero di sferette del diametro da 2,3 a 3 millimetri, rinvenute nei flaps destro e sinistro che tuttavia, data la loro ubicazione e l'assenza di fori congruenti con la loro presenza nei flaps, sembrano poter essersi accumulate durante precedenti operazioni manutentive del velivolo DC-9 (rivettatura o pallinatura).

Passando poi alle analisi frattografiche, il collegio in questione dapprima prende in esame i fori "A" e "B" del bagagliaio anteriore destro, e quindi le intrusioni e i segni caratteristici di una esplosione. Sui fori predetti si ritiene che il rapporto Rarde del 1988 indichi chiaramente che l'origine dei fori "A" e "B" "non può essere attribuita a schegge di missile e che invece sia molto probabile un origine derivante da parti strutturali del velivolo DC9 staccatesi dallo stesso al momento dell'impatto con la superficie del mare".

"Comunque, per meglio verificare le risultanze del Rarde, nell'ambito della perizia balistico-esplosivistica, è stata svolta una simulazione a computer i cui risultati sono stati esposti in forma sintetica nel corso della riunione peritale del giorno 30.06.92 a La Spezia. Tale simulazione ha evidenziato per i fori "A" e "B" quanto segue:

Foro A:

- impatto obliquo con angolo compreso tra 40° e 60°;

- velocità del corpo impattante tra 150m/s e 400m/s;

- massa del corpo impattante sicuramente superiore a 100g;

- materiale (acciaio o lega di alluminio) ininfluente sulla tipologia del foro;

- sezione dell'oggetto impattante: ininfluente sulla tipologia del foro.

Foro B:

- impatto obliquo con angolo compreso tra 40° e 50°;

- velocità del corpo impattante tra 200m/s e 300m/s;

- corpo impattante:

1. in acciaio con massa compresa tra 100g e 500g

oppure

2. in alluminio con massa superiore a 100g

E' in corso il completamento del lavoro per verificare la compatibilità dei fori con velocità inferiori ai 100m/s e masse molto elevate (prove quasi statiche).

In sintesi, asseriscono i consulenti, viene confermata la tesi del Rarde esposta in precedenza.".

In queste analisi delle intrusioni e ricerca dei segni caratteristici di una esplosione, i consulenti riportano le analisi del Rarde e ricordano che secondo questo Istituto gli unici due frammenti che presentano sicuri segni di esplosione sono i due frammenti metallici indicati come 6-4M e 52-1M, entrambi sicuramente provenienti da particolari interni all'aereo. In particolare:

"a. il frammento 52-1M, la cui composizione superficiale corrisponde a quella della lega 7072, proviene da un particolare interno in lega Clad 7075, che è appunto placcata esternamente con lega 7072;

b. il frammento 6-4M, la cui composizione superficiale assomiglia a quella della lega 2014 o, più probabilmente, alla lega Clad 2024, entrambe placcate esternamente con leghe molto povere o praticamente prive (caso della Clad 2024) di Cu e Mn (l'effetto termomeccanico conseguente all'esplosione ha prodotto una mescolanza della lega a cuore con quella della placcatura); comunque sia si tratta di un componente interno perchè, come evidenziato nella relazione n.°3 della DLAM, il frammento era pitturato in verde chiaro, colore tipico dei particolari strutturali interni in lega leggera (la colorazione esterna era bianca o rossa). Inoltre le intrusioni provenienti da particolari esterni, cioè due ribattini e forse alcuni frammenti in plexiglas dei finestrini, non presentano segni di esplosione.

Le intrusioni metalliche nei cuscini sono appena il 6% del totale e ciò fa pensare ad un'azione detonante di entità non elevata".

Quanto infine alle intrusioni rinvenute nei flaps sinistro e destro del velivolo e cioè le cosiddette sferette, i consulenti ricordano che all'interno dei flaps è stata rinvenuta una cospicua quantità di sferette, del diametro compreso tra 2,3 e 3 millimetri, di acciaio dolce con una certa quantità di silicio e diverse da quelle tratte dai cuscinetti a sfera di alcune pulegge anch'esse contenute nei flaps. La forma e la composizione di tali "sferette", il fatto che esse siano state rinvenute in entrambi i flaps, senza che questi presentino danneggiamenti esterni diffusi, ed inoltre il fatto che tali danneggiamenti non siano visibili neanche sugli elementi strutturali interni del flaps (longheroni e centine), fanno escludere che esse abbiano un'origine "esterna" al velivolo. Si ritiene che derivino o da rivetti esplosivi usati, generalmente nel passato per riparazioni di strutture "scatolate", o da trattamenti di "pallinatura".

Seguono le analisi del Cockpit Voice Recorder e del Flight Data Recorder.

Sul CVR i consulenti sottolineano che le perizie relative alle registrazioni del CVR non hanno fornito dati direttamente correlabili con la causa dell'incidente e che pertanto tutte le risultanze sino al tempo acquisite possono essere poste nella categoria delle "indicazioni di scenario".

Sul FDR ricordano il documento dell'AAIB di Farnborough dal titolo "Lettura FDR DC9 I-Tigi", che contiene le registrazioni dei paranchi di altitudine, velocità relativa, prora, accelerazione normale, indicazione binaria di Nord/Sud.

I dati registrati risultano congruenti con le informazioni relative allo svolgimento del volo prima dell'evento catastrofico e pertanto non forniscono alcuna indicazione utile circa l'evoluzione dell'incidente.

Dopo una prima parte descrittiva in generale del funzionamento del radar ed aver introdotto il concetto di cella elementare (suddivisione dello spazio di ricerca) di detezione (superamento di una soglia prefissata di risposta) e di traiettoria (l'associazione di più detezioni), i consulenti definiscono cosa debba intendersi per probabilità di detezione (Pd - probabilità che un bersaglio realmente presente sia effettivamente presente) e probabilità di falso allarme (Pfa - probabilità che un bersaglio realmente assente sia invece dichiarato presente dal radar). Ne deriva che i due parametri che caratterizzano il processo di detezione sono Pd e Pfa.

"In ogni caso i due parametri suddetti nulla possono dire circa la reale presenza o assenza di un bersaglio su una determinata cella radar in cui sia avvenuto o meno il passaggio della soglia. Tale associazione viene fatta da chi osserva lo schermo radar sulla base della conoscenza a priori delle caratteristiche del moto del bersaglio."

Ne consegue logicamente, per i consulenti, che "i plottaggi radar rientrano tra quelle risultanze obiettive che non possono essere correlate in un rapporto diretto di causa-effetto con l'incidente, in quanto la correlazione tra i plottaggi radar e cioè i singoli ritorni radar e l'incidente stesso è estremamente lasca."

"Infatti in generale, una serie di plottaggi radar primari possono in determinate circostanze fornire informazioni circa la presenza di un oggetto riflettente (bersaglio) in una certa cella spaziale ad un certo istante e con una certa probabilità.

Tale presenza, tuttavia, anche se confermata, non può dare certezza univoca circa l'identità del bersaglio senza l'aggiunta di ulteriori elementi informativi che possono essere costituiti dal radar secondario, dalle comunicazioni terra-bordo-terra, dai piani di volo ecc..

Pertanto, non potendo andare più oltre nella strada della correlazione con la causa dell'incidente, i plottaggi radar assumono il ruolo di "indicazione di scenario", in quanto concorrono a verificare la congruenza delle ipotesi d'incidente elaborate sulla base di informazioni correlate direttamente alle cause dell'incidente stesso con uno dei possibili scenari congruenti con i plottaggi radar."

Indi effettuano alcune considerazioni sui rilevamenti radar ed ipotesi di attribuzione basate sul calcolo delle possibili accelerazioni. Preso a riferimento il diagramma delle distanze rilevate dal radar Marconi (estrattore 3), che riporta i plots, tenendo presente la loro distanza ad un determinato istante di tempo, poichè la misura azimutale è affetta da "gravi errori", considerano la sequenza 0, 2a, 5, 7, 8a, 9a, 10, 11, 13a, 15, 16, 17, 18, 20 - 31 appartenente alla traiettoria più vicina al radar, e la sequenza 0, 2b, 3, 4, 6, 8b, 9b, 12, 13b, 19 appartenente alla traiettoria più lontana.

"Per quanto concerne la prima sequenza si possono fare due ipotesi:

- la prima ipotesi è che si è in presenza di un unico oggetto percorrente la curva disegnata di fig.4.6-2;

- la seconda ipotesi è che si è in presenza di più oggetti percorrenti la curva disegnata di fig.4.6-3.

Per quanto riguarda la prima ipotesi si osservano dei bruschi salti di range dopo le battute 7, 16, 25 e 28.

L'entità dei salti sono rispettivamente pari a 0.313NM dopo le battute 7,16 e 28, e 0.25NM dopo la battuta 25.

Questi salti di range non sembrano tutti direttamente spiegabili con il fenomeno della quantizzazione evidenziato nel riferimento (3) dove tipicamente il salto è di 0.125NM e più raramente 0.25NM.

Bisogna anche considerare che la lunghezza dell'impulso è pari a 0.267NM e che l'errore di quantizzazione deve comunque essere confinato all'interno di tale valore nel caso la risposta sia dovuta a bersaglio singolo. Pertanto la prima ipotesi non appare giustificata in base alle risultanze radar e non verrà quindi ulteriormente presa in considerazione.

Per quanto riguarda la seconda ipotesi si osserva che ognuno degli oggetti ipotizzati è nascosto da quello che gli sta davanti fintantochè questo rimane visibile.

Una possibile giustificazione di ciò deriva dal fatto che le distanze tra gli oggetti sono al limite dell'accoppiamento elettromagnetico e di conseguenza gli oggetti stessi interferiscono dando luogo a fenomeni distruttivi e costruttivi.

In caso di fenomeno distruttivo si verifica una mancata detezione mentre in caso di fenomeno costruttivo il segnale supera la soglia con un impulso di risposta più lungo del normale il che può dar luogo a fenomeni di salto triplo di quantizzazione e a preferenza comunque del fronte di salita come evidenziato nel riferimento.

Tenuto conto della diretta correlazione con l'ultimo punto rilevato dal radar secondario si può comunque assumere con elevata probabilità che gli oggetti facciano parte dell'aeromobile in quanto le rispettive tracce si originano da quel punto.

La considerazione ora fatta si estende all'oggetto visto nella seconda sequenza 2b, 3, 4, 6, 9b, 12, 13b, 19 nel seguito citato come "oggetto più lontano".

Per questa traccia, essendo essa al di fuori delle zone di accoppiamento elettromagnetico con le tracce precedenti, i plots mancanti trovano una giustificazione nel fenomeno di blanking operato dall'estrattore.

In quanto segue, ci si propone di calcolare i valori delle accelerazioni massime sia per gli oggetti più vicini sia per l'oggetto più lontano."

Procedono, poi, alla valutazione delle accelerazioni.

"Dal momento che sul relitto ed i suoi rottami agiscono forze di tipo aerodinamico l'accelerazione è di tipo KoV2 dove Ko è pari ((/2) Cd (V) S/M essendo ( la densità dell'area, Cd il coefficiente di resistenza aerodinamica a sua volta funzione della velocità (ma che in prima approssimazione si può assumere costante) S la superficie, M la massa e V la velocità.

Considerando il moto solo nella direzione del range radar, e considerando gli oggetti visti come punti materiali dotati di resistenza aerodinamica si può scrivere l'equazione differenziale che espone la velocità come integrale dell'accelerazione funzione del tempo.

t

V(t) = Vo - ( K0V2 (() d(

0

Tale equazione può essere agevolmente risolta attraverso un programma di calcolo, cosa che è stata fatta.

Vo è conosciuto ed è la velocità dell'aereo prima dell'evento catastrofico pari a 240 m/sec.

Nell'effettuare l'integrazione dell'equazione si è ipotizzato che l'incidente sia avvenuto ad un tempo ( t successivo all'ultima risposta del radar secondario.

Sono state provate in modo automatico varie coppie ((t, Ko) cercando due traiettorie simulate che approssimassero nel miglior modo possibile le due traiettorie dell'oggetto più vicino e dell'oggetto più lontano.

E' stato considerato fra gli oggetti più vicino il primo di essi rilevato alle battute 2a, 5 e 7.

Tale oggetto che al plot 2a è praticamente già fermo, in quanto conferma la sua distanza al plot 5 e risulta addirittura al plot 7 (per un probabile errore di misura del radar) è significativo ai fini della presente analisi in quanto, essendo il primo non è nascosto da altri oggetti e di conseguenza la sua misura è sicuramente più affidabile.

I risultati della simulazione sono mostrati graficamente dalla fig.4.6-4 e danno come ritardo più probabile dell'incidente, rispetto all'ultima risposta del radar secondario (battuta 0), un tempo compreso fra 4 e 4.4 secondi.

Le accelerazioni massime risultano pari a circa 350g. per l'oggetto più vicino e circa 10.5g per quello più lontano.

Considerando come parametro significativo il rapporto K=CdS/M (Vds riferimento (2() risulta per l'oggetto più vicino un valore di circa 2.4 (m2/kg( mentre per l'oggetto più lontano un valore di circa 0.07 (m2/kg(.

Appare evidente che i due oggetti sono fortemente diversi fra di loro. Il valore di K dell'oggetto più lontano è compatibile con il corpo principale del relitto.

Infatti per un DC9 in normale assetto di volo si può stimare un K dell'ordine di 0.001(0.002(m2/kg( che può salire ad un valore di 0.2(0.3 nel peggior assetto possibile.

Il valore del K del primo oggetto è estremamente elevato. Un tale valore può essere raggiunto da oggetti non aerodinamici aventi grande superficie e poca massa tipo pannelli di rivestimento esterno o interno, in altri termini rottami".

E ritengono pertanto di "escludere la possibilità logica di associazione fra i plot (-17) e (-12) e i plot della traiettoria più lontana. Infatti se la traiettoria più lontana fosse associata ad un velivolo estraneo, non esisterebbero altre traiettorie associabili al relitto principale". Ne scaturisce la convinzione "che i plot (-17) e (-12) sono dei falsi allarmi. Nel prosieguo criticano l'approccio, utilizzato nelle varie perizie, che ha cercato di "dare una risposta statistica alla consistenza dei due plot cercando di qualificarli o meno come falsi allarmi in funzione della loro probabilità di appartenere o meno a distribuzioni statistiche uniformi temporali e spaziali tramite test del (2.

Ad opinione dei consulenti "i test statistici possono anche affermare che un singolo evento di detezione si discosta da una prefissata distribuzione senza che questo peraltro dimostri che a generare l'evento stesso sia stato un velivolo.". E pertanto esprimono, per sintesi, la loro opinione sul punto. Il modo più valido per poter decidere se un plot è o no un falso allarme è la correlazione con altri plot in modo tale che insieme determinino in modo coerente una traccia con una ben definita direzione e velocità, cosa che, in questo caso, non risulta attuabile.

"Si deve inoltre sottolineare che la differenza di velocità in range fra la traccia più vicina a quella più lontana tendono entrambe ad annullarsi, cosa che è compatibile se le due tracce sono relative ai rottami dello stesso aeromobile, ma non risponde a nessuna logica se si fa l'ipotesi che più velivoli abbiano dato luogo ai rilevamenti radar esaminati.

In conclusione deducono:

"Nella traiettoria più vicina sono presenti uno o più rottami.

L'ipotesi di più rottami dà una giustificazione dei salti di range non spiegabili con il solo fenomeno della quantizzazione.

Nella stessa traiettoria non può comunque essere contenuto il relitto principale che sicuramente ha un valore di K nell'intervallo 0.001-0.3 cioè al minimo circa 8 volte più piccolo del K misurato sull'oggetto vicino (rottame).

Il relitto principale deve comunque essere visibile in quanto lo era immediatamente prima dell'incidente.

In conseguenza di quanto affermato ai punti precedenti il relitto principale non può trovarsi che nella traiettoria più lontana dal radar.

Da quanto sopra detto l'attribuzione dei plot del radar Marconi al relitto principale e ai rottami appare chiara e non vi è evidenza di plot non giustificati per i quali sia necessario ipotizzare la presenza di altri velivoli.".

Segue un paragrafo dedicato alla mappa dei ritrovamenti dopo l'incidente.

Allo stato dei ritrovamenti in data della stesura del documenti i consulenti stimano utile formulare le deduzioni di seguito riportate:

A. il fatto che nelle singole zone A, B, C ed E sul fondo del mare, abbastanza distanti l'una dall'altra si siano ritrovate concentrazioni di piccoli pezzi abbastanza "omogenee" e cioè appartenenti alle stesse porzioni di velivolo fa dedurre che tali porzioni si siano separate tra loro in spezzoni distinti, mentre il velivolo era ancora in aria, in concomitanza con l'evento iniziale o durante la caduta e che successivamente i singoli spezzoni si siano frammentati ulteriormente all'impatto con la superficie del mare. I singoli frammenti si sarebbero poi adagiati sul fondo del mare secondo una distribuzione tale da disporre più vicini tra loro i frammenti che prima dell'impatto con la superficie del mare si trovavano più vicini tra loro. In altre parole, la distribuzione spaziale sul fondo del mare dei singoli frammenti ha mantenuto una buona correlazione con la distribuzione spaziale dei singoli frammenti prima dell'impatto con la superficie del mare.

B. Analizzando l'ubicazione delle aree A,B,C ed E va tenuto conto che le varie parti del velivolo hanno seguito, durante la caduta:

(1) traiettorie aeree influenzate da:

- parametri di moto e sollecitazioni dinamiche presenti al momento della rottura;

- spinta del vento che, come si può leggere nella relazione Luzzatti era, in quota, di circa 100 nodi da Ovest verso Est;

- caratteristiche di massa, di drag e di portata dei singoli pezzi;

(2) traiettorie subacquee influenzate da parametri sostanzialmente simili come tipologia a quelli sopra specificati, se si sostituisce al vento in quota la corrente marina alle varie profondità e si tiene conto che il contenuto energetico dei frammenti dopo l'impatto con la superficie del mare è drasticamente diminuito anche a causa dell'ulteriore frammentazione intervenuta e che il "drag" in acqua è di ordine di grandezza superiore a quello in aria.

C. Sulla base delle predette considerazioni si possono ragionevolmente formulare le seguenti conclusioni anche se parziali:

- la serie di frammenti recuperati dalla zona "E", appartenenti alla zona del velivolo denominata "area 3" da C.A. Protheroe (riferimento "4"), essendo quella rinvenuta, sino alla data attuale, più lontano nella direzione del vento, è quella che si è staccata ad una quota più alta ed in un tempo anteriore rispetto agli altri pezzi;

- gli altri spezzoni principali del velivolo, corrispondenti alle zone A, B e C, e separatisi in area sono individuabili nei seguenti: parte anteriore della fusoliera comprese le ali, motori, coda, inclusi stabilizzatore ed equilibratore;

- si può affermare, sulla base di considerazioni puramente aerodinamiche, che la parte anteriore della fusoliera, una volta staccatasi dai piani di coda, deve aver preso un assetto a picchiata praticamente verticale;

- per quanto concerne i motori, il fatto che siano caduti nella stessa zona e che i frammenti di ciascun motore abbiano assunto sul fondo del mare una disposizione da nord a sud, con i frammenti di un motore distribuiti parallelamente a quelli dell'altro motore, fa dedurre che essi si siano staccati nello stesso istante ed abbiano seguito traiettorie simili e su piani quasi paralleli. Il fatto che la loro distanza reciproca sia passata dai circa cinque metri del momento in cui erano solidali con fusoliera ai circa 380 metri del momento di cui si sono adagiati sul fondo del mare, fa dedurre la presenza di una serie di forze simmetriche e perpendicolari alla direzione originaria del moto, che ne ha determinato l'allontanamento;

- i piani di coda, essendo dotati di portanza per la presenza delle superfici orizzontali e di una certa stabilità per la posizione molto bassa del baricentro rispetto a tali superfici, si sono mantenuti in aria per un tempo maggiore ed hanno percorso un tratto più lungo rispetto ai motori ed alla fusoliera;

- è plausibile ritenere che il troncone anteriore della fusoliera, i motori e la coda si siano staccati praticamente nello stesso tempo, in un istante successivo all'evento iniziale.

Si ritiene infine degno di nota il fatto che fino alla data del 6 luglio 92 i pezzi di pannellatura esterna del velivolo rinvenuti in zona E appartengono tutti alla parte destra della "zona 3" del velivolo, mentre non sono stati portati alla luce pezzi di pannellatura appartenenti alla parte sinistra della zona 3. Questo fatto dovrebbe essere oggetto di attenta analisi sia per le implicazioni sulla scelta della zona di ricerca che sulla localizzazione sul velivolo dell'evento iniziale".

Il gruppo dei consulenti affronta a questo punto il 1° livello di analisi; correlerà cioè le evidenze macroscopiche emerse dalle analisi settoriali precedenti con le quattro ipotesi di causa dell'incidente e in esito esprimerà un giudizio di probabilità od improbabilità, delle ipotesi analizzate.

Esplosione esterna/missile.

Per l'evento che poteva verificarsi a causa dello scoppio di una testa di guerra, di un missile o di un proietto d'artiglieria di grosso calibro, i consulenti escludono, per la situazione nell'area al momento dell'incidente, sia i missili superficie-aria, sia il colpo di artiglieria. Ipotizzano pertanto, solo i missili aria-aria ed in questo caso escludono, perchè non adottate in campo NATO, le teste di guerra del tipo "blast", che richiedono uno scoppio molto ravvicinato o addirittura contro il velivolo. In questo caso si sarebbero dovute trovare "tracce e testimonianze inequivocabili delle schegge random dell'involucro della testa", sia sulle pannellature dell'aereo sia sugli allestimenti interni, sui bagagli e sui corpi dei passeggeri. Le medesime considerazioni valgono per le teste a "schegge naturali", e "schegge preformate" o "contonuous rod", le quali, esplodendo ad una certa distanza dal bersaglio, provocano improntature e fratture su una vasta area, oltre a penetrare e lasciare tracce sugli allestimenti interni e nelle superfici scatolate."

"L'assoluta mancanza di tali evidenze porta all'esclusione di detonazione esterna dovuta a qualsivoglia tipo di testa", anche alla luce dei rinvenimenti della campagna di recupero dell'estate 92.

Per quanto attiene i quattro fori (A-B-C-D) sullo sportello del bagagliaio anteriore, concordano con quanto concluso dal Rarde:

1.Esami esaustivi e dettagliati dei fori A e B sul portello del bagagliaio (particolare 1) hanno mostrato che le fatture dei medesimi sono coerenti con la loro formazione essendo state causate da impatti con oggetti formati irregolarmente a comparativamente basse velocità.

2. E' chiara l'evidenza dei movimenti laterali degli oggetti passati nel foro, che suggerisce che essi sarebbero stati di considerevole lunghezza comparata alle dimensioni di fori.

3. Le due serie di prove balistiche contro bersagli di similare lega hanno mostrato verosimilmente velocità comprese nel range di centinaia di m/s ed almeno di un ordine di grandezza più basso di quello associato con proiezioni di frammenti come risultato di una esplosione ravvicinata.

4. Le prove quasi statiche hanno mostrato che simili fori, con grossi petali, si possono formare anche facendo penetrare per semplice pressione oggetti di forma varia in lamiere supportate.

5. E' verosimile che i fori siano stati formati da oggetti simili a quelli che hanno formato i fori "C" e "D".

Dopo aver effettuato alcune prove, i consulenti di parte inquisita tendono a dimostrare che "si possono ottenere fori senza petali o con petalo unico strappato all'ultimo momento anche con velocità poco al di sopra di 100m/s con provini diversi da quelli utilizzati dal Rarde". Soffermandosi, infine, sul foro "B", sul quale si è accentrata l'attenzione di altre perizie, affermano:

1. "Nessun materiale estraneo nel foro.

2. Ricristallizzazione del bordo del foro: assente.

3. Perforazione da un oggetto significativamente lungo ed a bassa velocità.

4. Tracce di esplosivo: assenti.

5. Nessun materiale estraneo intrappolato nel vano del portello.

6. Nessuna evidenza di danni secondari nella parte posteriore del rivestimento.

7. Penetrazione da parte di un oggetto lungo e formazione di un singolo petalo successivamente rotto.

8. Evidenza di movimento normale alla direzione di penetrazione (come per il foro "A"); tutte le fratture sono simili a quelle presenti in altri fori nel portello prodotti da longheroni o da aste.

Ma aldilà delle risultanze di dettaglio del Rarde è parere dei consulenti di parte inquisita che quand'anche per assurdo tale foro fosse attribuito ad un ipotetico grosso frammento diverso dalle schegge vere e proprie della testa e quindi dotato di bassa velocità, ovviamente lo stesso sarebbe dovuto provenire da uno scoppio a considerevole distanza dal velivolo, mancando proprio la testimonianza delle schegge veloci che non potevano non essere presenti in special modo sull'ala destra e sul rivestimento esterno del velivolo per uno scoppio ravvicinato. In queste condizioni, l'ipotetico missile non avrebbe potuto nè danneggiare considerevolmente, nè abbattere l'aereo".

Ritengono pertanto dimostrato che "si deve escludere che un missile abbia colpito ed abbattuto il DC9 Itavia".

Collisione in volo.

L'ipotesi di collisioni in volo non appare probabile in quanto non sono presenti segni evidenti di collisione o "strisciate", che non siano attribuibili a frammenti dello stesso velivolo dopo l'evento iniziale. Tale ipotesi d'altronde contrasta con tutti gli effetti riscontrati sul relitto propri del verificarsi di una sovrappressione interna già descritta. Il ritrovamento, in un raggio di 5-6 chilometri dal relitto, di un serbatoio ausiliario di un velivolo militare non è certamente indice di collisione in volo di tipo catastrofico anche perchè i danni riscontrabili sui pezzi di serbatoio ausiliario non sarebbero comunque tali da supportare l'ipotesi di collisione. Inoltre i risultati del collegio chimico hanno confermato la diversità della vernice ritrovata su detto serbatoio ausiliario sia da quella del DC9 che da quella del ponte della nave del recupero.

Cedimento della struttura.

Non sono state rilevate prove che suggeriscano un cedimento strutturale. Non sono stati ancora esaminati però - al tempo della redazione del documento - tutti i cedimenti del rivestimento, nè la possibilità che la zona 3 si sia separata a causa di una evidente corrosione o usura del rivestimento. Soprattutto non risulta - sottolineano gli estensori - che sul relitto siano state riscontrate evidenze che possano positivamente escludere

Tale causa. E ciò sicuramente sino a quando non sarà recuperata la paratia pressurizzata. Non solo: v'è anche il rischio che le corrosioni derivanti dalla permanenza in mare potrebbero aver mascherato precedenti corrosioni. Nè risulta che sia stata compiuta una analisi sistematica della manutenzione del velivolo da parte del collegio d'Ufficio.

Ordigno esplosivo interno.

Tale ipotesi, oltre ad essere conseguenza di considerazioni di cui a paragrafi precedenti, ben si attaglia alle risultanze di precedenti perizie, come quelle del Rarde ed altre. In particolare:

1. assenza all'interno dell'aereo di materiali non appartenenti al velivolo stesso.

2. Schegge ed impronte sullo sportello del contenitore metallico situato nel galley.

3. Forte deformazione dello sportello stesso.

4. Grosse porzioni di rivestimento deformate verso l'esterno.

5. Parte fissa della scaletta posteriore strappata all'attacco.

6. Enorme deformazione della parte inferiore sinistra del cono di coda.

7. Materiale umano nei cuscini (o schienali).

8. Pirolizzazione di stoffe.

9. Lamiera e portelli di emergenza aperti verso l'esterno.

10. Presenza in piccole schegge di lega leggera sottoposte ad azione esplosiva.

11. Esplosione di diversi oggetti ed allestimenti agli effetti di una esplosione ravvicinata.

12. Concentrazione di frammenti, per lo più non metallici, in una zona molto ristretta e conseguentemente molto vicina all'esplosione.

13. Evidenza di "quilting".

Presenza di lievi tracce di esplosivo.

Esplosivo sotto forma di polvere - affermano i consulenti di parte imputata - può provenire esclusivamente da una parte della carica che non ha reagito (detonazione interrotta). L'interruzione della detonazione o la detonazione parziale è fenomeno poco frequente, molto complesso, conseguenza del carattere impulsivo e fluidodinamico della reazione di detonazione. Anche se raramente, si può avere interruzione della detonazione - continuano i consulenti - in presenza di: - difetto e/o disomogeneità della carica; - sistema di innesco difettoso o non adeguato; - cariche di geometrie complesse e con gradini, spigoli ed altre forme che mal si adattano all'alimentazione corretta dei flussi sopra indicati. Quando le cariche non sono fabbricate secondo le rigorose procedure applicabili nel campo dei prodotti militari, o addirittura presentano uno stato di aggregazione non molto compatto o più o meno costipato in scaglie od in granuli, porzioni anche non trascurabili della carica possono non detonare ed essere quindi proiettate nell'ambiente circostante. Quanto sopra porta ancora verso l'ipotesi di detonazione all'interno dell'aereo, ipotesi secondo cui la carica poteva essere oltre tutto di tipo artigianale.

Al contrario una carica per testa di missile è di qualità tale da ridurre a livelli bassissimi la probabilità di detonazione non totale. In ogni caso uno scoppio esterno, per proiettare esplosivo non reagito all'interno dell'aereo, deve quantomeno aver generato fori ed aperture tali da permettere il passaggio di pezzi o particelle di esplosivo stesso. Ciò potrebbe avvenire in caso di scoppio molto ravvicinato o a contatto, cosa che però è stata esclusa nei paragrafi precedenti per la totale mancanza sul relitto, allo stato attuale, dei riscontri dovuti alle schegge ed agli altri frammenti legati allo scoppio.

Pareri dell'ausiliario Protheroe e dell'ing. Bazzocchi.

I consulenti riportano quindi i pareri dei sopraddetti.

1) Dalla relazione Protheroe - che essendo ausiliario del collegio d'Ufficio, sarà presa in considerazione allorchè sarà esaminata la relativa perizia - si possono riportare solo brevi conclusioni peraltro provvisorie. "E' troppo presto a questo punto dell'investigazione per trarre conclusioni positive, ma sulla base delle prove disponibili ad oggi (febbraio 92) sembrerebbe che la causa più probabile sia stata un'esplosione interna nel bagagliaio nella parte superiore della cabina posteriore sul lato sinistro, appena davanti alle prese d'aria motore, per cui si è avuto il distacco del rivestimento in questa zona e nella parte retrostante fino alla deriva. Il velivolo non è esploso immediatamente, ma ha continuato a volare per parecchi minuti in modo parzialmente controllato prima di smembrarsi in corrispondenza della sezione posteriore fusoliera indebolita, circa 8 minuti più tardi."

2) Dalla relazione Bazzocchi del 4.04.92.

Ipotesi della bomba terroristica. "Il più recente e impressionante esempio di attentato con bomba terroristica è quello realizzato contro un Jumbo (Boeing 747) della Pan-Am in Inghilterra partito da Londra il 21.12.88. Il velivolo è precipitato presso la cittadina di Lockerbie da cui l'incidente ha preso il nome".

Il consulente redige poi brevissima storia delle indagini su tale disastro, per concludere che "Le analogie con i rilevamenti effettuati sul relitto DC9 sono particolarmente notevoli ed illuminanti".

Il Bazzocchi si era particolarmente soffermato sull'interruzione istantanea del Voice Recorder e del Crash Recorder, l'aspetto della lamiera di rivestimento esterno dello sportello di caricamento dei bagagli, i rivestimenti dell'Iron Bird ed il "vuoto" nella parte poppiera, gli strappi e i labbri verso l'esterno, le parti non rinvenute, come la paratia stagna, la scaletta, il rivestimento, parte del poppino.

Ulteriori conferme ottenute nell'estate 92.

L'analisi dei reperti recuperati durate la campagna dell'estate 92 e visionati nelle riunioni peritali del 1°, 2 e 6 luglio, conferma ulteriormente l'ipotesi di incidente dovuto ad ordigno esplosivo posto a bordo del velivolo:

- sia per le deformazioni riscontrate su detti reperti, che suggeriscono molto chiaramente una forte sovrappressione interna;

- sia per la zona del loro ritrovamento, che suggerisce il distacco di tali frammenti in concomitanza, con l'evento iniziale;

- sia per le schegge conficcate, le impronte profonde e le scalfitture varie trovate sullo sportello (notevolmente deformato verso l'interno) del contenitore metallico, normalmente situato nel galley.

"L'evento - concludono i consulenti - che ha provocato il rigonfiamento verso l'esterno, i distacchi netti (soprattutto quello della scaletta) è da collegare con certezza ad una elevata pressione dinamica prodottasi all'interno del velivolo stesso. L'origine di tale pressione è visibilmente localizzabile sul lato sinistro in prossimità della paratia stagna, in considerazione anche delle evidenze presenti sul relitto e sul troncone di coda, recuperati nella zona A e B". Una particolare distinzione va' posta sugli effetti riscontrati sullo sportello del contenitore di alluminio che normalmente è situato nel galley. Tale sportello ... mostra chiaramente di aver subìto due azioni concomitanti: la prima riconducibile ad una elevata compressione di tipo fluidodinamico ... la seconda rappresentata da una nutrita rosata di frammenti minuti.

La carica esplosiva, rivestita con involucro o carica nuda, era posta a contatto o molto vicino ad una lamiera sottile.

Individuazione della probabile ubicazione dell'evento iniziale.

Le osservazioni effettuate sul relitto non consentono di individuare alcuna parte unicamente localizzabile nella ricostruzione del relitto che sia stata direttamente investita dall'evento esplosivo. Infatti "i segni positivi di esposizione ad evento esplosivo sono stati trovati solo su alcuni frammenti metallici; su alcuni bagagli passeggeri e, dalla commissione Blasi, sul gancio dello schienale di un sedile passeggero". Tutti questi reperti non sono direttamente correlabili con una parte specifica del velivolo. Poichè sui resti del velivolo recuperati non si evidenziano danni da esplosione, ciò consente almeno di escludere le aree cui tali resti appartengono come sede dell'evento iniziale e pertanto si può escludere che l'esplosione dell'ordigno a bordo del velivolo possa essere localizzata nella parte anteriore o mediana della fusoliera, sulle ali o sugli impennaggi di coda.

Per contro, la mancanza della parte superiore di fusoliera nella zona compresa tra il bordo di uscita delle ali e la radice degli impennaggi di coda, all'altezza dei motori, fanno pensare che l'evento esplosivo debba essere localizzato in quella zona.

I recenti recuperi (estate 92) effettuati nella zona "E", a circa 6km a est del relitto principale, suggeriscono, come affermato in precedenza, il distacco dei relativi frammenti in concomitanza con l'evento iniziale.

Le evidenti deformazioni, che si presentano come rigonfiamenti verso l'esterno delle pannellature reperite che appartengono alla parte terminale di fusoliera, una in posizione adiacente alla radice della deriva, confermano l'ipotesi che l'ordigno esplosivo abbia detonato in prossimità della paratia stagna. Sia C.A. Protheroe sia l'ing. Bazzocchi indicano come possibile localizzazione della detonazione dell'ordigno alcuni punti situati nella parte posteriore della fusoliera. In particolare:

- CA Protheroe sostiene che l'ordigno esplosivo si trovava in zona 3, più probabilmente nella cappelliera, sul lato sinistro, e cioè al di sopra del pavimento;

- l'ing. Bazzocchi sostiene che l'ordigno esplosivo si trovava più probabilmente nel bagagliaio posteriore e cioè al di sotto del pavimento.

Descrizione della più probabile sequenza di distruzione del velivolo DC9.

Mentre i danneggiamenti su larga scala sono attribuibili all'esplosione, i danneggiamenti e frammentazioni degli elementi interni della fusoliera e degli arredi mobili e semimobili sono attribuibili alla decompressione esplosiva ed in parte all'impatto col mare. Il modello di sequenza di eventi che è congruente con lo scenario basato sulle informazioni Radar, mappe dei ritrovamenti e danneggiamenti riscontrati sul relitto/i è il seguente:

- esplosione interna nella parte posteriore della fusoliera;

- cedimento ed espulsione della paratia pressurizzata e conseguentemente delle strutture leggere a valle della paratia (scaletta, cono di coda);

- cedimento e separazione di larghi elementi dei pannelli di fusoliera, zona posteriore. "Tali elementi, lasciando il velivolo, entrano in contatto e lasciano tracce sulla presa d'aria motore sx e sul bordo di attacco stb. orizzontale";

- posizionamento anomalo e bloccaggio dei comandi equilibratore e timone di direzione con conseguente distacco del timone di direzione e rapida cabrata del velivolo. "Gli attacchi motori vengono sollecitati per effetto di forze giroscopiche e per la pressione esercitata dall'onda esplosiva sulla superficie delle gondole motori della parte del velivolo";

- "i motori si arrestano per mancanza di alimentazione carburante";

- "l'alimentazione elettrica si interrompe";

-"l'esplosione provoca frammentazione degli elementi mobili e semimobili interni (pannelli interni finestrini etc), ed il loro spostamento con alta energia cinetica. Alcuni di questi elementi vengono espulsi dal velivolo";

- "successivamente il velivolo, ancora strutturalmente integro (ma con la zona posteriore della fusoliera fortemente menomata) e aerodinamicamente stabile, si posiziona in una traiettoria in discesa a 3.500/4000 piedi/minuto nel letto del vento, traiettoria che segue per circa 80 secondi, sino alla scomparsa dagli schermi radar";

- "infine il velivolo, o per il distacco dei motori o della coda, perde totalmente la stabilità e precipita o in spirale o in vite o con traiettoria quasi verticale, sino all'impatto con il mare".

Conclusioni.

Queste le conclusioni finali, che in larga parte riproducono quelle parziali già riportate, del documento.

Primo livello di analisi - individuazione della causa dell'incidente.

a. L'ipotesi che un missile possa avere abbattuto il velivolo DC9 appare assolutamente inconsistente: - per l'assoluta mancanza sul relitto di schegge o fori dovuti alla frammentazione di una testa di guerra; - per l'impossibilità che l'esplosivo incombusto possa essere migrato dall'esterno all'interno del velivolo DC9 senza la concomitante presenza di schegge.

b. L'ipotesi che una collisione in volo sia la causa dell'incidente appare altrettanto inconsistente: - per la mancanza sul relitto di segni evidente di collisione con latro velivolo, segni che anche nella incompletezza dei reperti della zona 3 avrebbero comunque dovuto interessare comunque le ali e/o gli impennaggi di coda del velivolo DC9; - per la incongruenza con tale ipotesi delle altre evidenze quali: "petalature" esterne; - danni concomitanti agli impianti ossigeno, carburante, elettrico e comandi di volo; - schiacciamento dei tubi di condizionamento; - ritrovamento dei frammenti della "zona 3" del velivolo a notevole distanza (circa 6km) dal relitto principale. Infatti tali evidenze che sono correlabili con una sovrappressione all'interno del velivolo non possono essere spiegate tutte insieme con un danno da collisione in volo.

c. L'ipotesi di cedimento della paratia pressurizzata o del rivestimento della "zona 3" non risulta sia stata approfondita sufficientemente da parte dell'attuale collegio peritale d'Ufficio ed è congruente con l'ubicazione dei recenti ritrovamenti dei reperti della "zona 3". Pertanto essa resta possibile, seppure in seconda linea di probabilità ed eventualmente come concausa.

d. L'ipotesi ordigno esplosivo a bordo appare la più probabile in quanto essa discende dalle molte evidenze riscontrate sul relitto e non contrasta con tutte le altre indicazioni ricavabili sia dal relitto che dallo scenario. In particolare, le evidenze che suggeriscono l'esplosione a bordo di un ordigno sono le seguenti:

- danni sulla pannellatura esterna del velivolo e sul pavimento che suggeriscono una violenta sovrappressione interna; Tali danni sono individuabili: - nelle petalature rivolte verso l'esterno di molti frammenti; - nel tranciamento o sfilamento per estrusione delle teste dei rabattini che fissano la pannellatura compresa nei riquadri formati dai correnti e dalle ordinate, quando tale pannellatura non si è staccata secondo le modalità di cui al punto precedente;

- danni contemporanei ai sistemi carburante, elettrico, ossigeno e comandi di volo che suggeriscono anch'essi una sovrappressione interna la velivolo;

-schiacchiamento dei condotti di condizionamento;

-arrotolamento del pavimento;

-pirolizzazione di stoffe;

-presenza di piccole schegge metalliche di materiale riconducibile alla struttura del velivolo con evidenti segni di esposizione ad azione esplosiva;

-concentrazione di frammenti, per lo più non metallici, in una zona molto ristretta e conseguentemente molto vicina all'esplosione;

-rinvenimento di tracce di esplosivo incombusto su alcune schegge di materiale del velivolo DC9 e su alcuni bagagli passeggeri;

-deformazioni da forte sovrappressione, microintrusioni ed impronte trovate sul coperchio di un contenitore metallico recentemente recuperato dalla "zona E" e normalmente situato nel galley nell'area di coda del velivolo.

La dinamica e sequenza degli eventi conseguenti all'esplosione ben si accorda sia con i ritrovamenti immediatamente dopo il disastro che con la distribuzione spaziale dei frammenti del relitto sul fondo del mare, tutti indicanti il progressivo cedimento strutturale del velivolo.

I rilevamenti radar successivi all'evento, essendo tutti attribuibili al velivolo DC9 o sue parti, escludono la presenza di altro velivolo, sia come origine di possibile collisione sia come piattaforma di lancio di un ipotetico missile e pertanto portano ad identificare come cause più probabili l'esplosione interna o in seconda istanza il cedimento strutturale.

Secondo livello di analisi - individuazione della probabile ubicazione dell'evento iniziale.

Lo stato attuale delle evidenze consente di individuare, quale ubicazione dell'evento esplosivo la "zona 3" del velivolo, in prossimità della paratia pressurizzata. Non si dispone al momento di evidenze sufficienti ad individuare positivamente una ubicazione precisa.

Si ritiene che l'esecuzione di opportune simulazioni, specificate nella presente relazione, ma soprattutto il recupero dei pezzi della "zona 3" mancanti dalla ricostruzione del relitto ed il loro esame approfondito consentiranno di identificare l'esatta ubicazione a bordo del velivolo DC9 dell'ordigno al momento dell'esplosione.

Terzo livello di analisi - descrizione della più probabile sequenza di distruzione del velivolo DC9 e della traiettoria del velivolo e/o sue parti.

Il modello di sequenza di eventi più probabile è congruente con lo scenario basato sulle informazioni radar, mappe dei ritrovamenti e danneggiamenti riscontrati sul relitto è il seguente:

-esplosione interna nella parte posteriore della fusoliera;

-cedimento ed espulsione della paratia pressurizzata e conseguentemente delle strutture leggere a valle della parati (scaletta, cono di coda);

-cedimento e separazione di larghi elementi dei pannelli di fusoliera zona posteriore. Tali elementi, lasciando il velivolo, entrano in contatto e lasciano tracce sulla presa d'aria motore sx e sul bordo di attacco stb orizzontale sx;

-posizionamento anomalo e bloccaggio dei comandi equilibratore e timone di direzione con conseguente distacco del timone di direzione e rapida cabrata del velivolo. Gli attacchi dei motori vengono sollecitati per effetto di forze giroscopoche e per la pressione esercitata dall'onda esplosiva sulla superficie delle gondole motori dalla parte del velivolo;

-i motori si arrestano per mancanza di alimentazione carburante;

-l'alimentazione elettrica si interrompe;

-l'implosione provoca frammentazione degli elementi mobili e semimobili interni (pannelli interni, finestrini, etc.) ed il loro spostamento con alta energia cinetica. Alcuni di questi elementi vengono espulsi dal velivolo.

-Successivamente il velivolo, ancora strutturalmente integro (ma con la zona posteriore della fusoliera fortemente menomata) ed aerodinamicamente stabile, si posiziona in una traiettoria a 3.500/4.000 piedi/minuto nel letto del vento, traiettoria che segue per circa 80 secondi, sino alla scomparsa dagli schermi radar.

-Infine il velivolo, per il distacco dei motori o della coda o di entrambi, perde totalmente la stabilità e precipita o in spirale, o in vite o con traiettoria quasi verticale, sino all'impatto con il mare.

-Alcuni elementi strutturali leggeri ed almeno un largo pannello della zona posteriore della fusoliera separatisi dal velivolo al momento dell'esplosione, hanno seguito una traiettoria sempre nel letto del vento ma con ratei di discesa inferiori rispetto al corpo principale (1.500/2.000 piedi/minuto), restando visibili al radar per circa 120 secondi, prima di scendere al di sotto della quota di detettabilità.

Alcuni di questi elementi, dopo l'impatto con il mare, hanno galleggiato per lungo tempo, seguendo traiettorie dettate dal vento dal vento in superficie e dalla corrente marina (mare da NW forza 2).

Istanze per ulteriori approfondimenti ed analisi.

A questo punto i consulenti formulano richieste di ulteriori attività.

"E' fermo convincimento dei consulenti di parte inquisita che la conclusione che un'esplosione a bordo del velivolo quale causa dell'incidente di Ustica sia sufficientemente dimostrata e che ulteriori evidenze non possono che confermare tale conclusione. Richieste di ulteriori azioni ed approfondimenti tecnici, che si ritengono ancora necessari sono i seguenti:

a) ricostruzione più completa del relitto;

b) costruzione di un "mock up" dei motori incluse le carenature;

c) analisi accurata dei modi di funzionamento e di avaria degli impianti ossigeno d'emergenza, elettrico e carburante;

d) esecuzione delle radiografie di tutti i bagagli rinvenuti ed acquisiti;

e) esecuzione di un'analisi sistematica indipendente della storia tecnica del velivolo;

f) esecuzione di una simulazione a computer di esplosione interna avente le seguenti caratteristiche:

-carica in "compound "B" di massa 2, 3 e 4 kg;

-posizioni: all'interno del velivolo in stretta prossimità della paratia pressurizzata, sul lato sinistro della fusoliera, immediatamente prima (in zona pressurizzata) ed immediatamente dopo (in zona non pressurizzata) della paratia stessa;

g) prosecuzione dell'attuale campagna di recuperi sino al rinvenimento di tutte le parti importanti del velivolo DC9 ed in particolare quelle appartenenti alla zona 3".

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