Avendo constatato, nel corso della perizia tecnico-scientifica, più volte la necessità di verificare dati esplosivistici, ed avendo accertato altresì che nell'ambito del collegio delegato a detta perizia mancavano esperti in questa particolare disciplina, questa AG si determinò alla costituzione di un nuovo collegio, prescegliendo, secondo quanto già s'era affermato nella perizia tecnico-scientifica, tecnici stranieri provenienti da autorità istituzionali.
Furono così nominati i dottori Ehrenfried Ibisch e Peter Kolla del Bundeskriminalamt di Wiesbaden ai quali furono conferiti in data 30.12.91 i seguenti quesiti:
1. Accertino i periti meccanismi e dinamiche delle esplosioni in generale, ed in particolare il funzionamento delle teste di guerra dei missili aria-aria con specifico riferimento a quelle del tipo cosiddetto continuous rod, su aeromobile civile pressurizzato in volo;
2. riferiscano se e con quali modalità residui incombusti di esplosivo di una testata di guerra possano essere portati all'interno del velivolo, dall'onda esplosiva o da frammenti della testa o del corpo del missile;
3. consultati gli atti necessari ed esaminati il relitto dell'aereo e gli altri reperti del presente procedimento, dicano se i danni riportati dal velivolo, siano compatibili con una esplosione, specificando anche, ove possibile, se essa sia localizzabile all'interno o all'esterno dell'aeromobile.
Nel corso dell'espletamento della perizia, essendosi determinata la necessità della presenza di un perito italiano, anche a cagione dell'opportunità di compiere una serie di esperimenti, fu nominato in data 08.02.92, il prof. Giovanni Brandimarte, già perito in inchieste romane e di altre città per delitti di strage.
Nel corso di questa perizia in effetti, dopo la nomina del prof. Brandimarte sono state compiute numerosissime operazioni e riunioni peritali, precisamente:
-riunioni presso l'hangar Buttler (Aeroporto di Pratica di Mare) allo scopo di esaminare sia i relitti del DC9 Itavia già acquisiti all'atto del conferimento di incarico, sia i pezzi via via recuperati nel corso della campagna di ricerche subacquee svoltasi nell'anno 1992;
-riunioni peritali presso l'Istituto di Chimica degli Esplosivi di Mariperman-La Spezia, allo scopo di presentare i risultati delle varie indagini di simulazione al calcolatore tendenti a definire la natura di alcuni fori evidenziati sulla carlinga del velivolo, nonchè a verificare la possibilità di esplosioni in varie zone all'interno dell'aereo; inoltre, sempre allo scopo di verificare tale possibilità, è stata condotta, presso il suddetto Ente della Marina Militare e presso la Ditta SEI di Ghedi (BS), una campagna di prove di scoppio;
-riunioni peritali presso il Kriminaltechnisches Institut del Bundeskriminalamt di Wiesbaden (Germania) e presso il Defence Research Agency (DRA già Rarde) di Fort Halstead - Sevenoaks (Gran Bretagna), allo scopo di effettuare alcuni accertamenti specialistici su reperti provenienti dal DC9 Itavia;
-riunioni peritali presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica del Politecnico di Brescia, presso la Scuola di Produzione Industriale del Politecnico di Torino e presso il Dipartimento di Mineralogia dell'Università La Sapienza di Roma al fine di effettuare indagini chimiche e metallografiche su reperti dell'aeromobile e su reperti provenienti da prove pratiche di scoppio;
-riunioni collegiali ed intercollegiali presso questo Ufficio Istruzione, presso l'Aeroporto di Pratica di Mare, presso l'Università di Roma ed il Politecnico di Pisa, allo scopo di coordinare le attività peritali;
-visite presso la United Kingdom Air Accidents Investigation (Gran Bretagna) e la Messerschmitt - Bolkow - Blohm di Schrobenhausen (Germania), allo scopo di acquisire notizie circa le caratteristiche delle teste in guerra dei missili aria-aria in esercizio negli anni 80 e circa la tipologia di danneggiamento che tali ordigni potrebbero arrecare ad un aereo civile;
-visita presso l'Aeroporto di Le Bourget (Francia), allo scopo di visionare i resti di un DC10, precipitato a seguito dello scoppio di un ordigno;
-consultazione presso il Ministero Difesa-Aeronautica di documentazione relativa a caratteristiche di teste in guerra di missili."
Il collegio indica in primo luogo gli elementi di risposta al primo quesito.
a) Generalità sui meccanismi e l'evoluzione del fenomeno esplosivo.
I fenomeni esplosivi sono caratterizzati dalla rapidissima cessione di una relativamente elevata quantità di energia e di un grande volume di gas. L'energia liberata al momento di un'esplosione è contenuta in forma potenziale nelle molecole dell'esplosivo e viene liberata attraverso un fenomeno di "combustione interna", cioè mediante processi ossidativi che avvengono senza l'apporto di ossigeno dall'esterno. Il concetto di esplosione è collegato al potente effetto meccanico creato localmente sul mezzo o su alcuni singoli corpi che circondano il punto di esplosione. La teoria applicabile allo scoppio di una qualsiasi sostanza esplosiva è conosciuta come teoria idrodinamica della detonazione, la cui condizione iniziale consiste nel fatto che all'interno della carica, la reazione di combustione avviene in una zona posta direttamente dietro al fronte dell'onda di detonazione e pertanto quest'ultimo può essere considerato come il piano di separazione tra l'esplosivo che non ha ancora reagito e la sottile zona in cui avvengono le reazioni chimiche associate all'esplosione. Il fronte dell'onda di detonazione si sposta ad altissima velocità - dell'ordine di diverse migliaia di metri al secondo - attraverso la massa esplosiva immediatamente dietro ad esso si proroga il fronte dell'onda di reazione che separa la zona di reazione dai gas prodotti dall'esplosione.
Il valore dell'onda di detonazione supera di parecchie volte la resistenza statica di deformazione di qualsiasi materiale conosciuto ed in tal modo viene spiegato l'effetto distruttivo di un esplosivo nell'ambiente direttamente circostante (effetto dirompente degli esplosivi). I gas di esplosione si muovono nella stessa direzione dell'onda di detonazione e contemporaneamente si espandono nel mezzo circostante generando fortissime spinte sugli ostacoli che si frappongono al loro movimento (effetto di spinta degli esplosivi). La nube dei gas di esplosione in espansione, ad una certa distanza dalla carica, assume una forma assai simile a quella sferica. La sfera che si produce dalla detonazione di una certa massa di esplosivo può raggiungere un raggio Rk pari a circa 11 volte il raggio iniziale della carica Ro, dopodichè il gas non si può più espandere o si espande molto più lentamente. Nella loro frenata i gas di esplosione comprimono l'aria e le imprimono una certa velocità radiale rispetto al centro dell'esplosione. In tal modo la compressione si sposta sempre più lontano attraverso un'onda di addensamento o compressione, seguita da un'onda di rarefazione. Nell'onda di compressione, detta anche "blast", la pressione e la densità dell'aria raggiungono valori più elevati rispetto a quelli dell'aria indisturbata, mentre nell'onda di rarefazione tali parametri assumono valori inferiori rispetto a quelli normali. Il profilo della pressione generato dall'onda di pressione o "blast" perciò nel tempo in un dato punto dell'aria è costituito da un brusco innalzamento del parametro ambientale seguito da una graduale diminuzione sino a valori inferiori a quelli ambientali ed ad un ritorno altrettanto graduale a valori normali. Onde di questo tipo vengono denominate onde d'urto, e sono analoghe, ma non identiche alle onde di detonazione.
b) Funzionamento delle teste di guerra per missili "aria-aria".
Il collegio espone quindi, in modo pregevole perchè sintetico ed accessibile, le modalità di funzionamento di missili aria-aria. Missili, i quali dovendo colpire da notevole distanza un bersaglio estremamente mobile e manovriero, com'è un aereo da combattimento, devono essere dotati di efficaci sistemi di guida.
Esistono sistemi con selettore passivo di ricerca, basato sulla ricezione continua di segnali inviati dall'obbiettivo stesso. Normalmente vengono sfruttate le radiazioni nel campo dell'infrarosso, emesse dai motori dell'aereo da colpire; in altri casi la ricerca passiva è basata sulla ricezione delle onde radar emesse dal bersaglio, sistema non molto seguito però, perchè l'aereo può volare anche senza emettere onde radar. Sistema più sofisticato, che consente di lanciare missili da distanze maggiori è quello cd. semiattivo, basato sulla ricezione delle onde radar inviate dall'aereo attaccante e riflesse dal bersaglio.
Normalmente il missile passa vicino al bersaglio ad una distanza, detta "miss distance", relativamente piccola, cioè di soli pochi metri, che rappresenta quasi un colpo diretto. A tale distanza l'energia dell'esplosivo della testa deve essere rilasciata secondo giuste modalità allo scopo di colpire il bersaglio nella maniera più efficace possibile.
In generale una testa di guerra può agire sul bersaglio direttamente mediante l'onda d'urto generata in aria dalla detonazione dell'esplosivo in essa contenuto, creando quindi un danneggiamento piuttosto esteso, ovvero trasferire la sua energia a frammenti o getti metallici che a loro volta andranno ad impattare sul bersaglio, creando danneggiamenti più localizzati.
Questa, continua il collegio, la più elementare classifica dei missili. Con:
b1) Teste in guerra "a pressione".
In essi è utilizzata l'onda d'urto provocata dalla trasformazione esplosiva della carica per ottenere l'effetto distruttivo voluto.
b2) Teste in guerra "a frammentazione".
Ove l'involucro cilindrico omogeneo viene rotto in frammenti che vengono lanciati lungo determinate traiettorie e con velocità variabili in funzione del loro peso e del peso della carica.
b.2.1) Teste in guerra "a frammentazione naturale".
In questa specie di frammentazione l'esplosione provoca la rottura dell'involucro in diversi frammenti "naturali" di varie grandezze con fratturazioni di vario tipo a seconda della robustezza, fragilità e caratteristiche cristallografiche del materiale, nonchè della potenza dell'onda d'urto, intensità dell'impulso esplosivo e temperatura iniziale della testa in guerra.
b.2.2) Teste in guerra "a frammentazione controllata".
Per colpire efficacemente un dato bersaglio esiste una grandezza ottimale dei frammenti che garantisce una buona penetrazione ed una probabilità sufficientemente elevata di colpire l'obiettivo. Per ottenere ciò, si possono usare degli accorgimenti per preformare i frammenti o inserire sfere, barrette o cubetti. Un fascio particolarmente stretto, anche se non molto veloce, di frammenti è stato realizzato nella testa in guerra "a barrette continue" (continuous rod warhead), impiegata in alcuni missili aria-aria. Quest'arma è costituita da una carica sostanzialmente cilindrica, ma sagomata in modo particolare, circondata da un doppio stato di barrette della lunghezza della testa in guerra e saldate una all'estremità della successiva. La carica di esplosivo, altamente omogeneo e con caratteristiche particolari, conferisce ai due strati di barrette un impulso di accelerazione ben dosato, in modo da imprimere un movimento radiale ai singoli elementi che si piegano ai punti di saldatura fino a formare un anello. L'efficacia della "continuous rod" non viene considerata particolarmente elevata e pertanto è stata impiegata solo su pochi tipi di missili aria-aria. Al contrario di tutte le teste in guerra che creano frammenti discreti e quindi un notevole numero di fori di penetrazione sul bersaglio, anche se a volte in aree strettamente delimitate (frammentazione conica, frammentazione a corso parallelo o frammentazione orientabile), lo sviluppo "legato" della continuous rod crea un taglio pressochè continuo nella struttura del bersaglio.
b.3) Danni arrecati dalle teste di guerra di missili "aria-aria" ad un aereo civile con cabina pressurizzata.
Se un aereo civile per il trasporto passeggeri, con cabina pressurizzata, viene colpito o perforato, in volo, nella zona cabina passeggeri o nel vano portabagagli da frammenti discreti, senza che vengano danneggiati o distrutti componenti vitali per il mantenimento dell'assetto, non è necessariamente detto che esso debba precipitare.
Se la struttura dell'aereo si mantiene essenzialmente intatta, anche grossi fori nella fusoliera non portano necessariamente alla sua caduta. All'interno della cabina si ha un più o meno rapido adattamento alla pressione atmosferica esterna.
Elementi di risposta al secondo quesito.
a) Possibilità di trasferimento di tracce di esplosivo all'interno dell'aereo in conseguenza dello scoppio esterno di un missile "aria-aria".
Le piccole quantità di esplosivo indecomposto, che normalmente si ritrovano nelle immediate vicinanze del punto di scoppio, potrebbero essere veicolate dalle schegge generate dalla testa in guerra, ovvero pervenire all'interno dell'aereo assieme alla nube dei gas di esplosione.
a1) Possibilità di veicolazione attraverso le schegge.
"Al momento della detonazione, a causa dell'espansione dei gas di detonazione, le schegge vengono proiettate a velocità comprese tra 1000 e 2500m/sec circa, a seconda del tipo di testa in guerra e del rapporto esistente tra le masse dell'esplosivo e dell'involucro. In queste condizioni il trasferimento di tracce di esplosivo sulle schegge sarebbe possibile solo nella fase iniziale dell'espansione delle schegge attraverso la nube dei gas di detonazione: infatti questi ultimi contengono, oltre ai prodotti gassosi della detonazione, anche piccole quantità di sostanze esplosive non trasformate, originate da minime irregolarità dell'onda di detonazione. Dopo la detonazione le schegge, che viaggiano più rapidamente dei gas, raggiungono elevatissime temperature a causa dell'attrito con l'aria, per cui le tracce di esplosivo, eventualmente presenti su di esse, vengono rapidamente decomposte.
E' estremamente improbabile che tracce di esplosivo possano essere veicolate all'interno dell'aereo attraverso le schegge eventualmente penetrate in esso. Resta quindi solo la possibilità di trasferimento attraverso la porzione di nube gassosa che potrebbe essere penetrata all'interno della fusoliera."
a2) Possibilità di veicolazione attraverso i gas di esplosione.
"La nube dei gas di detonazione, che, come è già stato detto, può contenere minime quantità di esplosivo non trasformato, si espande dopo l'esplosione assumendo una forma quasi sferica fino a raggiungere una distanza dal centro dell'esplosione pari a circa 11 volte il raggio iniziale.
La distanza raggiungibile dai residui di esplosivo indecomposto per loro proiezione diretta, risulta pertanto molto limitata; ma l'esperienza acquisita fornisce per un'esplosione a terra a pressione normale di una carica di 1kg una distanza massima di ritrovamento di tracce di esplosivo pari a circa 5 metri dal centro dell'esplosione. Considerato che a 8000 metri di altezza la pressione ridotta dell'aria favorisce un maggiore spostamento delle particelle, si può arrivare, per cariche di poco inferiori a 10kg, a distanze non superiori ai 10 metri; in ogni caso, le tracce potrebbero essere ritrovate solamente sulla superficie esterna del velivolo; la penetrazione all'interno della carlinga, infatti, dovrebbe aver luogo attraverso i fori lasciati dalle schegge e le quantità di esplosivo che potrebbero in tal modo penetrare all'interno dell'aereo sarebbero troppo esigue per poter essere individuate dai comuni mezzi analitici attualmente applicabili.
Elementi di risposta al terzo quesito.
a) Esplosione localizzata all'esterno dell'aeromobile.
"Per quanto concerne l'ipotesi di abbattimento del DC9 Itavia causato da esplosione esterna, gli unici possibili eventi da prendere in considerazione sono, in ordine di probabilità decrescente:
a) esplosione di una testa in guerra di missile;
b) perforazioni da parte di proiettili di mitragliera a testa inerte;
c) esplosione di proiettili di mitragliera a testa attiva."
a1) Considerazioni circa l'abbattimento causato dall'esplosione di testa in guerra di un missile.
"L'unica zona interessata da perforazioni che, seppure molto vagamente, avrebbero potuto destare sospetti è quella relativa al portello del vano portabagagli anteriore dell'aereo, presentante varie tracce d'impatto, tra cui due fori passanti, esaminati a suo tempo dal Rarde (Documento del Royal Armament Research and Development Establishment dal titolo "Report on the examination of selected items of wreckage and debris from the Itavia DC9 recovered in 1987/8"-November 1988) e da questo indicati come foro "A" e foro "B".
L'esame della morfologia di tali perforazioni e l'analisi, mediante codici di calcolo numerico, delle modalità di formazione delle medesime (In Allegato 3/1 il documento di lavoro del 29.06.92 dal titolo: "Incivolo Itavia 27.06.80 - Rapporto sugli accertamenti eseguiti sul portello vano portabagagli anteriore" - Testo e Allegati) hanno posto in evidenza che:
-il foro "A", è caratterizzato da forma triangolare (triangolo equilatero di lato 45-50mm) ed ampie petalature. La tipologia più probabile del danno (con masse impattanti fino a 0,7kg) è risultata:
-impatto obliquo con angolo compreso tra 40° e 70°;
-velocità all'impatto comprese tra 150 e 400m/s;
-oggetti impattanti con massa maggiore di 0,1kg;
-il tipo di materiale (acciaio o alluminio) non risulta avere importanza determinante.
-il foro "B", di forma ovale abbastanza regolare con dimensioni medie 30x40mm, presenta uno dei lati maggiori che sembra interessato da una rottura per stamponamento (frattura a taglio) mentre la tipologia dell'altro lato appare compatibile con una rottura in tensione che può far pensare alla formazione di uno o più petali successivamente staccatisi.
La simulazione parametrica ha fornito, come soluzione più plausibile (con masse impattanti fino a 1kg):
-impatto obliquo, con angolo compreso tra 40° e 50°;
-velocità di impatto comprese tra 200 e 300m/s
-oggetti impattati con massa compresa tra 0,1 e 0,5kg. (nel caso di schegge di acciaio) ovvero maggiori di 0,1kg (nel caso di schegge di alluminio)."
-le perforazioni presenti - si può dedurre sulla base di dette considerazioni - sul portello vano portabagagli anteriore non sono compatibili con l'impatto sul medesimo di schegge provenienti dalla testa in guerra di un missile, in quanto le velocità di impatto di tali corpi sarebbero state sicuramente più elevate;
-le suddette perforazioni, in particolare per quanto concerne il foro "A", potrebbero, al limite, essere compatibili con l'impatto di componenti del missile estranei alla testa in guerra, ma il loro numero limitato e l'assenza di altre perforazioni nelle zone circostanti dell'aereo porta a ritenere poco probabile anche questa ipotesi.
Si può ritenere, in relazione alla grande quantità dei frammenti di aereo recuperati, che sia estremamente improbabile che tracce di perforazioni, dovute ad esplosioni di missili aria-aria, abbiano potuto interessare zone di carlinga non repertate, senza aver lasciato alcuna traccia sulle zone limitrofe. L'indagine della zona di rottura della parte esterna dell'ala sinistra - rinvenuta in zona che lascia presupporre con assoluta sicurezza il suo distacco prima dell'impatto dell'aereo in mare - ha posto in evidenza l'assoluta assenza di fratture con andamenti e forme caratteristici del particolare tipo di testa di guerra "continuous rod". L'assenza, su tutti i reperti disponibili, di deformazioni o perforazioni sicuramente attribuibili all'azione diretta dell'esplosione di una carica esplosiva, porta a ritenere poco probabile anche l'ipotesi che la testa in guerra del missile, esplodendo a distanze compatibili con il funzionamento della spoletta di prossimità di tale tipo di ordigno, abbia investito l'aereo solo con l'azione dell'onda d'urto.
a2) Considerazioni circa l'abbattimento causato da fuoco di mitragliera.
Si può escludere l'ipotesi che l'aereo sia precipitato in quanto colpito da fuoco di mitragliera. Infatti sia nel caso di proiettili inerti e/o scoppianti a frammentazione naturale (mitragliere sino a 30mm di calibro) sia nel caso, meno probabile, di proiettili a frammentazione prestabilita (calibro 40mm) le perforazioni e i danneggiamenti sull'aereo avrebbero tipologie, andamento ed estensioni non riscontrate sui reperti.
b) Esplosione localizzata all'interno dell'aeromobile.
In tale parte della perizia "vengono riportati i risultati ed i commenti relativi alle varie indagini eseguite per accertare se sui frammenti del DC9 o sui materiali presenti a bordo del medesimo (ovviamente trattasi solo dei reperti raccolti subito dopo l'incidente o nel corso delle due campagne di recupero) esistano segni chiaramente attribuibili all'esplosione di un ordigno posto all'interno dell'aeromobile.
Si riportano, inoltre, i risultati di alcune simulazioni numeriche effettuate al calcolatore, aventi lo scopo di accertare se le deformazioni più significative riscontrate su taluni frammenti dell'aereo fossero attribuibili alla detonazione di una carica.
Infine vengono descritti e commentati i risultati ottenuti in alcune serie di prove di scoppio effettuate per verificare la possibilità, da parte di una carica esplosiva, di generare modificazioni microstrutturali su materiali metallici ad essa circostanti, nonchè per valutare, da un punto di vista del tutto generale, la consistenza e la natura dei danneggiamenti provocati da un tale evento.
In generale, nel corso delle varie indagini su cui si riferisce, è stata posta particolare attenzione nel verificare che tutte le indicazioni in qualche modo correlabili con un'esplosione fossero compatibili tra di loro e potessero essere attribuibili ad una geometria di scoppio (peso della carica e suo posizionamento) tale da provocare l'abbattimento del velivolo."
b1) Analisi delle sfere provenienti dal relitto dell'aereo.
A Wiesbaden furono comparati due piccole sfere e un galoppino prelevati dalla superficie alare del DC9.
La sfera sciolta proveniente dal relitto dell'aereo e quella del cuscinetto a sfere non sono identiche per quanto riguarda il materiale e la durezza. Nulla possono dire i periti sulla provenienza della sfera sciolta.
b2) Esami dei tubi provenienti dal relitto.
Questi tubi presentavano numerosi fori, ma dal momento che non vi si ravvisano modifiche strutturali da azioni meccaniche nè da effetti termici, quei fori dovevano essere attribuibili alla corrosione per la lunga immersione in acqua marina.
b3) Esami di una scheggia d'alluminio in una lamiera d'alluminio.
"Non sono stati trovati riferimenti che la scheggia nel coperchio provenga dalle immediate vicinanze di un focolaio d'esplosione o che sia penetrata ad altissima velocità nel coperchio."
b4) Frammenti metallici 6-4M(ii) e 52-1M.
"Tra tutti quelli esaminati sono gli unici a mostrare reali indicazioni associabili ad un evento esplosivo entro o molto vicino all'aereo. Tali indicazioni, secondo il Rarde, possono essere originate solo se i frammenti erano all'interno del volume di gas generati dall'esplosione e non possono derivare da onde di shock ovvero dall'impatto di altri frammenti ad alta velocità.
Pertanto se i frammenti sono provenienti dall'aereo, si afferma che il volume dell'esplosione deve essere stato interno ovvero deve aver coinvolto parte dell'esterno. Per il frammento 52-1M le analisi quantitative hanno fornito risultati simili a quelli della lega 7012. Per il frammento 6-4M(ii) i risultati sono simili a quelli della lega 2014, ma con minor concentrazione di Cu e Mn.
Si fa peraltro presente che il frammento 6-4M(ii), dovrebbe provenire dal reperto 6-4M(i), che, invece, risulta integro e privo di trasformazioni microstrutturali.
Per quanto concerne il frammento 52-1M, non è stato possibile effettuare su esso alcun ulteriore controllo, in quanto inglobato in resina e sottoposto a spianatura superficiale.
Si fa inoltre presente che la limitatezza numerica e superficiale di tali reperti non è congruente con i danni che avrebbe dovuto provocare un ordigno in grado di abbattere l'aereo.
b.5) Schienale 16 - Gancio con pezzo di tessuto.
Secondo il Rarde le estremità delle fibre del tessuto presentano alcuni effetti di globularizzazione, caratteristici del passaggio di un frammento ad alta velocità proveniente da un'esplosione.
Si fa presente che le evidenze costituite da bruciature e globularizzazioni di fibre di pezzi di tessuto non trovano riscontro con i danni ben più estesi che si sarebbero dovuti trovare nell'aereo in conseguenza dell'esplosione di un ordigno di potenzialità tale da provocare l'abbattimento del medesimo.
b.6) Item 32 - Cinque campioni prelevati da pezzi tagliati da bagagli.
Secondo il Rarde tutti i campioni presentano effetti di globularizzazione sulle estremità delle fibre, tipici da attraversamento di frammenti con velocità congrua con un evento esplosivo.
Valgono le medesime considerazioni già espresse al precedente punto b.5).
b.7) Item 33 - Frammenti rimossi dai bagagli.
L'unico frammento metallico è un dischetto molto sottile, la cui superficie a "buccia d'arancio" può essere, secondo il Rarde, un'indicazione che il metallo può essere stato esposto ad un fenomeno esplosivo.
Valgono le stesse considerazioni già espresse nell'ultimo paragrafo del precedente punto b.4).
b.8) Items 30(ii) e 33 - Frammenti di vetro recuperati dai cuscini e dai bagagli.
Secondo il Rarde alcuni frammenti (cuscini 6-5,6-7,10-7,32-1) mostrano una composizione insolita.
Non risultano elementi sufficienti per associare detti frammenti a parti e/o componenti estranei all'aereo e/o non contenuti nei bagagli dei passeggeri.
b.9) Items 19,24,25,28 - Stoffe dei cuscini dei sedili.
Secondo il Rarde su cinque campioni (C5,C6,C22,C31 e C43) le estremità globularizzate delle fibre possono essere associate al passaggio di frammenti con alta velocità.
Valgono le medesime considerazioni già espresse al precedente punto b.5).
b.10) Item 24/4 - Vestito di bambola.
Secondo il Rarde si possono riscontrare danni dovuti al passaggio di frammenti ad alta velocità, nonchè due aree con segni di fusione. Detti elementi potrebbero essere indicativi di vicinanza ad un fenomeno esplosivo.
Valgono le medesime considerazioni già espresse al precedente punto b.5)."
I periti riportano poi i risultati del rapporto DRA dell'ottobre 93.
"Questo rapporto dal titolo "Final examination of Itavia DC9 carpet pieces & various items associated with toilette compartment" riporta nelle sue conclusioni le seguenti osservazioni:
-l'esame dettagliato di tutti i pezzi di tappeto recuperati non ha evidenziato alcun segno di esplosione, localizzabile nella cabina passeggeri o nel vano portabagagli immediatamente al di sotto di essa;
-i numerosi segni di bruciatura rilevati sul tappeto possono essere stati causati, nella quasi totalità dei casi, da sigarette;
-sul tubo di lavaggio, posto all'interno del vascone sottostante il water non sono state osservate modificazioni microstrutturali, addebitabili ad esplosione;
-alcuni pezzi di stoffa neri possono essere di maggiore interesse. La presenza di fibre globularizzate in posizioni sparse, congiuntamente ad alcune prove pratiche effettuate, suggerirebbe che questo materiale sia stato testimone di un certo tipo di "evento". I segni osservati potrebbero infatti essere una impronta di esplosione, ma ciò dovrebbe essere confermato da prove di scoppio."
Considerazioni circa il ritrovamento di tracce di esplosivo su vari reperti provenienti dall'aeromobile.
I periti, quindi, in merito al ritrovamento di tracce d'esplosivo su reperti vari provenienti dall'aeromobile, in primo luogo ripercorrono le fasi di questi ritrovamenti.
"1. La prima individuazione delle tracce di T4, effettuata dalla D.L.A.M. dopo circa un anno dal recupero mediante il metodo cromatografico su strato sottile, su tre valigie recuperate in mare subito dopo l'incidente, fa supporre che la quantità di esplosivo su tali reperti fosse relativamente elevata in quanto la metodica analitica utilizzata non è molto sensibile.
2. La persistenza nel tempo di tracce di TNT e di T4, ritrovate nel corso degli accertamenti analitici condotti dai proff. Acampora e Malorni su un gancetto metallico, conservato assieme ad altri frammenti di materiale vario, rinvenuti tra i rottami del DC9, nonchè su due delle tre valigie di cui al precedente punto 1 (1993 - collegio peritale chimico), conferma l'ipotesi sulla relativamente elevata quantità di esplosivo su tali reperti."
Formulano poi due ipotesi sulla tipologia della carica, che poteva aver generato quelle tracce di TNT e T4.
"a. l'esplosivo originale era costituito da una "tritolite", cioè da un'intima miscela di TNT e T4, preparata per fusione; in tali condizioni il TNT, che fonde ad una temperatura relativamente bassa (circa 70° C) rappresenta la matrice veicolante in cui è disperso il T4 solido;
b) la carica originale era costituita essenzialmente da TNT ed il T4 faceva parte della catena innescante con funzione di carica di rinforzo (booster).
Per quanto concerne l'ipotesi a. si può dire che le tritoliti sono essenzialmente impiegate in campo militare - ad esempio caricamento di proiettili di artiglieria, bombe a mano, mine e teste in guerra di missili - e nel corso degli anni presso le varie nazioni sono stati approntati ed impiegati vari tipi di tale miscela caratterizzati da varie proporzioni dei due costituenti.
Per taluni scopi particolari (ad es. cariche subacquee o bombe d'aereo) alla tritolite viene aggiunta anche polvere di alluminio per aumentare la temperatura dei gas di esplosione e conseguire quindi maggiori effetti distruttivi e incendiari.
In campo occidentale la tritolite attualmente di maggiore diffusione è il Compound B, di estrazione USA, costituito dal 60% circa di T4 ed il 40% circa di TNT (a parte piccole quantità di additivi).
Specialmente in campo occidentale, l'impiego delle tritoliti nel caricamento delle Teste in Guerra (TiG) dei missili aria-aria è stato abbandonato da tempo (nel decennio 1980-1990) a seguito dell'osservazione che per le elevate velocità cui viene sottoposto il missile in fase di trasporto a bordo dell'aereo e di lancio del medesimo, si creavano, per attrito, forti aumenti di temperatura che causavano parziali fusioni della carica con conseguente inaffidabilità e pericolosità della TiG.
Nel blocco orientale, invece, tale impiego è più diffuso ed anche attualmente esistono TiG di missili aria-aria caricate con tritolite.
Le tritoliti sono facilmente scaricabili dal loro contenitore originale a mezzo di fusione con vapore acqueo o acqua calda ed esistono diverse ditte specializzate nel recupero di tale esplosivo da armi militari obsolete, alienate dalla Amministrazione Difesa (AD).
L'esplosivo recuperato viene poi impiegato per il caricamento di nuove armi militari o per la preparazione di esplosivi per uso civile. Si può pertanto supporre, e l'esperienza dei sottoscritti può confermare tale ipotesi, che in queste circostanze tale tipo di esplosivo (allo stato granulare) può venire asportato per via furtiva ed impiegato per il confezionamento di ordigni artigianali a scopo terroristico.
Per quanto riguarda l'ipotesi b. la carica potrebbe essere costituita da tritolo granulare proveniente dallo scaricamento di armi dismesse dalla A.D. o saponette di TNT di provenienza militare rinforzata da T4 in cilindretti da sconfezionamento o da esplosivo plastico (ad es. C4)."
Formulano, di seguito, ipotesi sulla provenienza di tali tracce:
"i. che siano state generate dalla detonazione della TiG di un missile;
ii. che siano state generate dalla detonazione di una bomba a bordo;
iii. che siano state generate dalla frantumazione della TiG di un missile che è andata ad impattare sull'aereo senza per altro detonare;
iv. che provengano da inquinamento accidentale avvenuto nel corso del recupero dei reperti da navi militari o nel corso della loro permanenza in depositi militari ovvero in laboratori di analisi.
L'ipotesi i. può essere ragionevolmente esclusa in quanto le TiG dei missili detonano in maniera pressochè completa lasciando pochissime, se non alcuna, traccia di esplosivo indecomposto.
Inoltre i missili aria-aria, per l'intrinseca difficoltà di colpire l'obiettivo, sono dotati di sistemi di innescamento a distanza (spoletta di prossimità) per cui esplodono a diversi metri dal bersaglio trasferendo una parte consistente della loro energia ad una serie di schegge che hanno maggiori probabilità di colpire l'obiettivo perforandolo, mentre l'azione dell'onda d'urto risulta praticamente trascurabile. Quindi solo una parte della già scarsissima, se non nulla, quantità di esplosivo non detonato dovrebbe penetrare attraverso tali fori e ciò non sarebbe in accordo con la relativa abbondanza di tracce di esplosivo ritrovato.
Da esperienze personali si hanno notizie di ritrovamenti di tracce di esplosivo - attribuibili ad esplosione di teste in guerra di missili aria-aria - esclusivamente sulle parti esterne della fusoliera dell'aereo colpito, in zone vicine all'esplosione.
L'ipotesi ii. Potrebbe avere una maggiore validità in quanto, a causa della particolare configurazione piuttosto rozza di un ordigno artigianale, la detonazione di una bomba a bordo potrebbe in generale lasciare tracce anche consistenti di esplosivo non detonato.
Le simulazioni matematiche e le prove di scoppio porterebbero però ad escludere che tale evento si sia verificato.
Supponendo peraltro che sia avvenuta un'esplosione a bordo, la bomba dovrebbe essere stata collocata nel locale toilette di poppa, unica zona in cui le deformazioni delle strutture lascerebbero presupporre un'azione esplosiva. In tali condizioni appare strano che tracce di esplosivo così rilevanti e persistenti nel tempo siano state ritrovate in zone schermate rispetto all'azione diretta dell'esplosione e relativamente distanti dal luogo della medesima.
L'ipotesi iii. Di per sè congruente con la relativamente elevata quantità di tracce di esplosivo rinvenute, potrebbe essere presa in considerazione solo nel caso si ritrovassero sull'aereo chiari segni di impatto del missile.
In generale va peraltro osservato che l'eventualità di un missile che non detoni in prossimità del bersaglio (fallimento od assenza della spoletta di prossimità) e che lo colpisca (estrema precisione del seeker), per giunta senza detonare (fallimento od assenza della spoletta di impatto) risulta molto remota.
Si ritiene pertanto che, pur non trascurando la ricerca di particolari condizioni operative che abbiano portato a tale anomalo risultato, per ora tale ipotesi non risulta la più attendibile.
Infine l'ipotesi iv. Sarebbe anch'essa congruente con la quantità di tracce di esplosivo rinvenuto, ma dovrebbe essere verificata conoscendo notizie più precise circa il ritrovamento dei reperti e la loro conservazione nel tempo. Purtroppo le informazioni al proposito sono molto vaghe per cui l'ipotesi suddetta, pur essendo attendibile in assoluto, nel caso specifico non è facilmente verificabile."
Prove pratiche di scoppio.
Successivamente i periti riferiscono sulle prove di scoppio da essi effettuate.
"Al fine di localizzare la zona più probabile di esplosione di un ipotetico ordigno posto all'interno del DC9 Itavia è stato compiuto, in collaborazione con il collegio frattografico, l'esame delle deformazioni di tutti i frammenti dell'aereo, recuperati ed assiemati nell'hangar Buttler di Pratica di Mare. A seguito di tali indagini sono stati condotti, per taluni reperti considerati più significativi, appropriati calcoli parametrici (simulazioni numeriche) al fine di evidenziare le eventuali correlazioni esistenti tra le deformazioni dei medesimi ed un'azione impulsiva, tipica di una detonazione.
E' stato così possibile desumere che la zona relativa alla toilette posteriore dell'aereo era praticamente l'unica che presentasse danneggiamenti in qualche modo attribuibili agli effetti di un'esplosione.
Infatti, l'accurato esame delle altre zone di possibile posizionamento dell'ordigno e specificatamente:
a.- la cabina passeggeri. In questo caso l'ordigno avrebbe potuto essere sistemato solamente sopra, sotto o fra i sedili, in quanto a bordo dell'aereo in questione, a causa della mancanza della chiusura di sicurezza del portapacchi superiore (cappelliera), non era consentito sistemare in esso nessun tipo di pacchi, valigie o borse.
b.- i vani portabagagli posti sotto la cabina passeggeri;
c.- la cabina di pilotaggio;
non ha posto in evidenza alcun segno macroscopico (deformazioni, petalature, bruciature), di detonazione di una carica di potenza sufficiente a provocare l'abbattimento dell'aeromobile."
"Nella zona toilette, invece, le deformazioni di due reperti - reperto F -40 n.1576. Stipite porta posteriore - frammento struttura con cerniera. (Zona di ritrovamento F - Data di ritrovamento 17.08.92) e reperto E -76 n.1433. Fusoliera - frammento paratia di pressurizzazione con stipite porta. (Zona di ritrovamento E - Data di ritrovamento 14.06.92)-, le asportazioni di materiale a carico delle paratie corrispondenti alle stazioni 786 (paratia su cui è fissata la barra di sostegno del motore di destra) e 817 (paratia di pressurizzazione), nonchè la quasi totale assenza di elementi costitutivi la "pelle" della carlinga, hanno evidenziato la necessità di approfondire le indagini in tale settore.
E' stato pertanto deciso di verificare l'ipotesi di un'esplosione all'interno della toilette posteriore dell'aereo, mediante simulazioni numeriche e prove pratiche di scoppio.
Preliminarmente sono stati quindi esaminati, su aerei simili al DC9 Itavia, l'arredo e la struttura delle toilette posteriori, allo scopo di individuare, all'interno di esse, i punti di possibile posizionamento della carica, tenendo conto sia della necessità di occultamento della medesima, sia dei danni che essa poteva provocare.
In base a tali indagini è stato possibile dedurre che le localizzazioni più probabili della carica erano da individuare all'interno del mobiletto porta-lavello, posto in aderenza della paratia di pressurizzazione (stazione 817), ovvero in un vano situato vicino alla vasca sottostante il water, adiacente alla "pelle" della fusoliera; in quest'ultimo caso il posizionamento poteva essere effettuato con relativa facilità introducendo la carica attraverso un foro esistente nell'elemento di divisione tra il mobiletto porta-lavello ed il gruppo water.
Non è stato preso in considerazione il posizionamento all'interno della succitata vasca sottostante il water in quanto l'operazione di sistemazione della carica, attraverso l'unica via possibile costituita dal foro del water, piuttosto stretto e chiuso da una valvola, sarebbe stato di non facile realizzazione ed avrebbe comportato il rischio di danneggiare la medesima (specialmente nella parte costituente il timer). Inoltre la permanenza dell'ordigno sotto acqua avrebbe comportato problemi per la sua impermeabilizzazione che poteva essere realizzata anche in modo rudimentale, ad es. proteggendo l'ordigno con sacchetto di plastica o con un contenitore metallico; occorre osservare che ciò non avrebbe garantito appieno il risultato, ed avrebbe lasciato all'attentatore un margine di incertezza che si ritiene non accettabile per un tale tipo di operazione.
In ogni caso l'esplosione di un ordigno posizionato in tal modo avrebbe sicuramente danneggiato la tavoletta copri-water, che invece è stata rinvenuta, pressochè integra, tra i rottami del DC9 ed inoltre, per la sua vicinanza al rivestimento del motore destro dell'aereo, avrebbe provocato un forte danneggiamento del medesimo, non riscontrato nel caso reale.
In definitiva sono state prese in considerazione le quattro seguenti posizioni di sistemazione dell'ordigno:
a.- sotto il lavello entro un contenitore adibito alla raccolta delle salviette di carta utilizzate come asciugamani;
b.- sotto il lavello al di sopra del suddetto contenitore. Anche in questo caso l'ordigno sarebbe stato in posizione sufficientemente occultata, in quanto si sarebbe trovato all'interno di un vano chiuso da uno sportello;
c.- in un vano del mobiletto porta-lavello, utilizzato per la sistemazione di salviette di carta e situato a fianco del lavello medesimo, in posizione leggermente superiore ad esso;
d.- nel vano, precedentemente descritto, posto tra il mobiletto porta-lavello e la vasca sottostante il water.
Mentre le posizioni descritte ai punti 1,2 e 3 sono state prese in considerazione sia per le simulazioni numeriche che per le prove pratiche di scoppio, per quanto concerne la posizione descritta al punto 4, sono state effettuate solo simulazioni numeriche, in quanto anche in questo caso si presume che i danni arrecati dall'esplosione alla tavoletta del water avrebbero avuto effetto distruttivo per tale elemento, rinvenuto, invece, praticamente integro ed il danneggiamento del rivestimento del motore di destra sarebbe stato sicuramente maggiore di quello osservato nella realtà."...
"1. I risultati della prima serie di calcoli riferiti alle deformazioni dei reperti F40 ed E76, portavano ad escludere una relazione di causa-effetto tra le deformazioni del reperto E76 e l'azione di una carica esplosiva (di peso compreso tra 0,25 e 1,5kg), posta sotto il lavello all'interno o sopra il contenitore adibito alla raccolta delle salviette di carta utilizzate come asciugamani, mentre un minimo di similitudine poteva essere riscontrato per una carica di circa 1,5kg sistemata nella posizione descritta al precedente punto c. (vano superiore del mobiletto porta-lavello) ovvero di una carica di pochi ettogrammi situata nella posizione descritta al precedente punto d. (zona compresa tra il mobiletto porta-lavello e la vasca sottostante il water).
2. I risultati della seconda serie di calcoli, che simulavano gli effetti globali sulla toilette di una carica di 0,8kg di Comp. B, situata nella posizione descritta al precedente punto c., hanno consentito di evidenziare che:
-un'esplosione come quella analizzata eccede di gran lunga la capacità di resistenza delle pareti metalliche del locale in esame e provoca danni consistenti;
-la paratia 786 si imbozza pesantemente al suo centro (forse con rottura), si distacca dalla fusoliera e dopo un'iniziale rotazione attorno al suo vincolo con il pavimento si plasticizza e poi si rompe in tale zona, la sua proiezione verso la cabina passeggeri avviene, per alcuni pezzi, con velocità nell'ordine di 200-400m/s;
-sulla paratia 817 si assiste alla probabile formazione di un foro vagamente circolare dal diametro di circa 40-60cm. Successivamente la paratia si distacca dalla fusoliera e dal pavimento e viene proiettata verso il retro del velivolo con velocità dell'ordine di 50-200m/s;
-la fusoliera, nella zona in esame, si imbozza sensibilmente verso l'esterno (con deformazioni radiali, rispetto all'aereo, nell'ordine di 10-20cm). I livelli relativamente bassi di velocità residua e le deformazioni plastiche non eccessive lasciano un margine di incertezza sulla sua possibilità di rottura che qualora avvenisse sarebbe localizzata in corrispondenza dell'ordinata 801. In tale situazione, la parte in esame, pur mantenendo la continuità strutturale con le parti di fusoliera che la seguono e la precedono mostrerebbe uno squarcio lungo la circonferenza di appoggio all'ordinata;
-le rotture di cui si parla, data la natura del carico generato da un'onda d'urto, sono generalmente caratterizzate dalla formazione di diversi "petali" (rottura per "petaling").
Vengono poi dettagliatamente descritte le prove di scoppio presso il Balipedio Cottrau a La Spezia e quelle presso il Poligono di Ghedi.
Considerazioni sui risultati ottenuti.
1) Le prove di scoppio, effettuate nel periodo 26-30 aprile 93 presso il Balipedio Cottrau di La Spezia, hanno consentito di individuare una geometria di scoppio che, in una struttura aperta, provocano sul lavello della toilette danneggiamenti simili a quelli riscontrati sui resti del lavello originale del DC9 Itavia. E' stato così possibile accertare che le condizioni sperimentali adottate nella prova C del 30.04.93 producono sul lavello danneggiamenti simili a quelli riscontrati nel caso reale. Questa deduzione risulta anche in sufficiente accordo con i risultati della simulazione matematica che individuano una posizione identica a quella utilizzata nella prova C ed un peso di carica di circa 1,5kg, come i parametri meno improbabili per la produzione dei danneggiamenti riscontrati sui reperti F40 e E76. E' stato pertanto deciso di adottare la suddetta geometria di scoppio per l'effettuazione delle due prove sperimentali presso il poligono SEI di Ghedi (BS), nei giorni 16 e 17 aprile 1993. Di tali prove di scoppio, la seconda, effettuata su un modello di toilette che riproduceva, il più fedelmente possibile, la struttura reale della toilette del DC9, ha provocato un danneggiamento del lavello di entità nettamente superiore rispetto a quello riscontrabile nella suddetta prova C effettuata a La Spezia il 30.04.93. Ciò può essere spiegato osservando che in un ambiente chiuso, quale era il simulacro di toilette impiegato, le onde d'urto riflesse hanno contribuito in maniera significativa ad incrementare gli effetti distruttivi della carica. In base a tali osservazioni si dovrebbe quindi dedurre che il peso di carica impiegato nelle prove sperimentali è stato sicuramente eccessivo rispetto al peso dell'ipotetica carica che sarebbe stata posizionata nella toilette del DC9.
D'altra parte, facendo riferimento ai danneggiamenti riscontrati sulle pareti della toilette, costituite dalle paratie 786 ed 817, si può notare che la prova effettuata a Ghedi il 17.06.93 ha provocato sui simulacri danni di gran lunga inferiori rispetto a quelli effettivamente riscontrati sul DC9. La prova sperimentale ha provocato sul simulacro di paratia 817 (praticamente a contatto con la carica) un foro di diametro pari a circa 60cm e sulla paratia 786 (posta ad una distanza di circa 0,5m dalla carica) piegature e deformazioni, ma non rotture attribuibili ad onde d'urto. Risulterebbe pertanto che, da questo punto di vista, il peso di esplosivo impiegato nelle prove sperimentali sarebbe inferiore a quello ipotizzabile per l'eventuale ordigno usato nella toilette, il che è in contrasto con quanto dedotto in precedenza.
2) Ipotizzando, peraltro, che la scelta della suddetta geometria di scoppio non sia corretta e ragionando in base alle condizioni sperimentali adottate nelle prove A e B effettuate a La Spezia il 30.04.93, si può dedurre che il danneggiamento sulle paratie 786 ed 817 sarebbe stato ancora inferiore a causa del minor peso di carica. Anche in questo caso, quindi, si dovrebbe pensare che il peso di esplosivo contenuto in un eventuale ordigno dovrebbe essere superiore a quello impiegato nelle prove sperimentali. D'altra parte, come è stato dimostrato nelle prove da n.1 a n.10, effettuate a La Spezia il 26 e 27 aprile 1993, pesi di carica superiori a circa 300g produrrebbero sul lavello effetti distruttivi più marcati rispetto a quelli osservati nella realtà. Si può quindi concludere che, indipendentemente dalla geometria di scoppio prescelta, esiste comunque una forte incongruenza tra i pesi di carica ipotizzabili per danneggiamenti del lavello e delle paratie 786 ed 817, paragonabili a quelli riscontrati nel caso reale.
3) Il foro provocato dalla carica sulla paratia 817, presenta, in entrambe le prove effettuate presso il poligono SEI di Ghedi (BS), forti petalature sui bordi, non riscontrate nel caso reale. Tale frammento di petalatura del foro provocato dall'esplosione quasi a contatto di una carica di esplosivo è risultato anche nella simulazione matematica effettuata su tutta la toilette. Inoltre, sulle superfici interne di tali petalature si possono notare fori ed impronte di schegge, mentre nessun segno di tale tipo è stato riscontrato nel caso reale.
4) La prova di scoppio nella toilette ha provocato fori ed improntature di schegge sulla paratia 786, senza peraltro danneggiarla in maniera massiva; nel caso reale, invece, tale paratia risulta fortemente danneggiata, ma non presenta segni di schegge.
5) Nella prova sperimentale sul simulacro di toilette, il rivestimento del motore è risultato fortemente danneggiato e presenta numerosi segni di schegge, mentre nel caso reale tale elemento risulta praticamente integro.
6) La pressione interna alla toilette, generatasi nel corso della prova sperimentale, ha provocato il collasso completo della cabina, lanciando, in particolare, le paratie 817 e 786 a notevoli distanze. Nel caso reale tale fenomeno avrebbe dovuto lasciare segni di danneggiamento all'interno della cabina passeggeri e nel cono di coda dell'aereo, mentre, invece tali segni non sono evidenti sul DC9.
7) Ai succitati risultati devono essere aggiunti i dati relativi alle evidenze di modificazioni microstrutturali riscontrate sui reperti post-esplosione e la carenza di tali segni sul lavello originale.
Conclusioni.
Dopo le conclusioni sulle prove di scoppio, quelle generali sull'ipotesi di esplosione di ordigno all'interno dell'aeromobile.
"In base ai dati ed alle relative considerazioni sopra riportate si può concludere che l'esplosione di un ordigno all'interno dell'aeromobile può essere considerato, "allo stato attuale", come evento con scarsi riscontri obiettivi e quindi estremamente improbabile.
In particolare:
a. l'esplosione di un ordigno situato nella cabina passeggeri, nei vani portabagagli posti sotto la medesima ovvero nella cabina di pilotaggio, avrebbe provocato danni (perforazioni, improntature di schegge, strappi, bruciature) sicuramente maggiori di quelli riscontrati sul DC9.
Alcune evidenze riportate dai rapporti Rarde e DRA (globularizzazione o bruciature di tessuti di estensione limitatissima) non trovano riscontro con i danni ben più estesi che si sarebbero dovuti trovare nelle zone sopra citate (cabina passeggeri, vani portabagagli e cabina di pilotaggio) in conseguenza dell'esplosione di un ordigno di potenzialità tale da provocare l'abbattimento dell'aeromobile.
D'altra parte esistono molti dubbi su altre evidenze riscontrate dal Rarde (trasformazioni microstrutturali riscontrate sui reperti 6-4M(ii) e 52-1M in quanto il primo (6-4M "ii") non sembrerebbe proveniente dal reperto 6-4M(i), che risulta integro e privo di trasformazioni microstrutturali, e sul secondo (52-1M) non può essere più effettuato alcun controllo in quanto inglobato in resina e sottoposto a spianatura superficiale. Anche in questo caso, inoltre, la limitatezza numerica e superficiale di tali reperti non è congruente con i danni che avrebbe dovuto provocare un ordigno in grado di abbattere l'aereo.
Infine tracce di esplosivo non detonato, riscontrate in più riprese e dopo considerevoli intervalli di tempo sul gancio estratto da un sedile e su tre valige (una delle quali doveva essere sicuramente in uno dei due vani portabagagli - anteriore o posteriore - del velivolo, mentre le altre due potevano anche essere state sistemate nella cabina passeggeri sotto o sopra i sedili), potrebbero suffragare l'ipotesi di un'esplosione nelle zone suddette, se fosse possibile osservare in queste ultime danneggiamenti attribuibili ad un'azione impulsiva, tipica di una detonazione; come è stato già detto, l'attento esame dei relitti provenienti dalla cabina passeggeri e dai due vani portabagagli non hanno fornito tali evidenze. Inoltre, per esperienza dei sottoscritti, è veramente inconsueto che tracce di esplosivo non detonato, proveniente da un'esplosione, possano essere trovate, in quantità relativamente elevate, dopo immersione in acqua e dopo un considerevole intervallo di tempo.
b. Anche l'ipotesi di esplosione di un ordigno posto nel vano toilette di poppa dell'aereo, che in un primo tempo poteva apparire plausibile in base all'osservazione di alcune particolari rotture o deformazioni strutturali in corrispondenza del medesimo ed in zone ad esso adiacenti, non ha trovato convincente riscontro con i risultati delle simulazioni numeriche e delle prove pratiche di scoppio.
Per di più un attento esame di tale zona ha posto in evidenza alcuni particolari che giocano a sfavore di tali ipotesi (ad es. strappo delle viti di fissaggio della cerniera e della modanatura della porta della toilette congruenti con una depressione creatasi all'interno di questo locale, assenza di zone con sciami di perforazioni o improntature di schegge sulle pareti della toilette e sulle strutture ad essa adiacenti, assenza di danneggiamenti significativi della tavoletta copriwater).
Per quanto riguarda le summenzionate evidenze di esplosione riscontrate dal Rarde e dal DRA, risulta plausibile che le schegge proiettate dalla zona toilette potessero recare sulla loro superficie i segni dovuti alle modificazioni microstrutturali conseguenti ad un'esplosione e potessero provocare la globularizzazione e le bruciature osservate sui tessuti, ma ciò è in contrasto con l'assenza nella zona toilette e zone adiacenti di segni (sciami di perforazioni ed improntature) caratteristici di consistenti proiezioni di schegge. Per quanto concerne il ritrovamento di tracce di esplosivo non detonato provenienti da un'esplosione nella toilette, risulta estremamente improbabile che consistenti quantità del medesimo abbiano potuto superare le schermature costituite dalle pareti e/o dal pavimento di tale locale per depositarsi su oggetti situati nella cabina passeggeri o nei vari portabagagli ad essa sottostante."
Queste, alla fine di una perizia irta di difficoltà, che s'è protratta anche a causa di una lunga serie di complesse operazioni peritali, le risposte ai singoli quesiti, pur esse lunghe e complesse.
"1° quesito.
a. I fenomeni esplosivi che si generano nel corso della detonazione di una carica sono caratterizzati da un elevato impulso e dal rapido sviluppo di un grande volume di gas, a seguito di un processo di combustione interna: il che significa che vengono utilizzati, come combustibile e comburente, solo gli elementi presenti nelle molecole dell'esplosivo e quindi, in particolare, tale processo avviene senza l'apporto di ossigeno atmosferico. I prodotti della combustione sono costituiti, in massima parte, da sostanze gassose (anidride carbonica, ossido di carbonio, azoto e vapore acqueo). La teoria applicabile allo studio dei meccanismi e dinamiche delle esplosioni in generale è conosciuta come teoria idrodinamica della detonazione: in tale teoria si assume che la suddetta reazione di combustione avvenga un una zona molto ristretta, posta direttamente dietro al fronte dell'onda di detonazione, il quale, pertanto, può essere considerato, in prima approssimazione, come il piano di separazione tra l'esplosivo che non ha ancora reagito ed i prodotti gassosi della detonazione fortemente compressi e surriscaldati.
In regime stazionario, cioè dopo una prima fase di assestamento immediatamente successiva all'innescamento, il fronte di detonazione si sposta a velocità costante ed elevatissima (la velocità di detonazione risulta dell'ordine di diverse migliaia di metri al secondo) all'interno della massa esplosiva apportando a strati via via successivi della medesima, l'energia necessaria per entrare in reazione.
Considerando una carica di dimensioni finite, i prodotti di reazione seguono per un tratto il fronte di detonazione per poi espandersi nell'ambiente circostante attraverso le superfici laterali della medesima; nel caso di una carica confinata in un involucro metallico, tale fenomeno genera la rottura dello stesso (effetto dirompente) e la proiezione nell'ambiente circostante di schegge metalliche caratterizzate da elevatissime velocità (effetto di spinta).
Al termine della detonazione della carica, l'effetto di espansione dei gas nell'ambiente circostante non è più sostenuto dall'energia di reazione ed è contrastato dall'attrito dell'aria o di altri ostacoli presenti nell'ambiente; inoltre si generano, all'interno della nube di gas, dei moti convettivi che le fanno assumere, in breve tempo, una forma più o meno sferica, in funzione della forma originale della carica.
Tenendo presente la diminuzione di densità nel passaggio dall'esplosivo solido ai prodotti gassosi di esplosione si può arguire, ammettendo una legge cubica di propagazione, che la nube gassosa sferica possa raggiungere un raggio pari a circa undici volte il raggio iniziale della carica, dopodiché non si può più espandere o si espande molto lentamente.
Nella seguente tabella sono riportati i diametri di nubi gassose generati da cariche sferiche di Compound B, caricato per fusione, avente densità pari a 1,7 g/cm3 .
Peso carica - (g)
Raggio carica - (cm)
Raggio nube gassosa - (cm)
1000
5,2
57
10000
11,2
123
50000
19,2
211
Nella suddetta fase di espansione i gas di esplosione comprimono l'aria circostante e le imprimono una velocità radiale rispetto al centro dell'esplosione: si crea così un'onda di compressione nell'aria (onda d'urto) che si sposta a spese dell'energia che ha inizialmente ricevuto dai gas di esplosione e che via via perde energia in lavoro di compressione.
b. Per quanto concerne il funzionamento delle teste in guerra dei missili aria-aria, occorre osservare che la probabilità da parte di un missile di colpire direttamente un aereo in volo o di esplodere a distanze talmente ravvicinate da causare con certezza danni significativi sono considerate troppo limitate, per cui, anzichè sfruttare l'effetto energetico diretto della sua carica esplosiva (teste in guerra a pressione) si preferisce trasformare tale energia di compressione in energia cinetica conferita alle schegge di un involucro (teste in guerra a frammentazione), le quali, irradiandosi nell'ambiente circostante, hanno maggiori probabilità di colpire il bersaglio.
Per ottenere tali effetti è stata quindi accuratamente studiata l'architettura della testa in guerra, in particolare per quanto riguarda il sistema di trasferimento sul bersaglio dell'energia contenuta nella carica esplosiva. Si è quindi passati dai primi tipi di teste in guerra a frammentazione naturale, in cui vengono generate schegge caratterizzate da una alta dispersione nelle dimensioni, alle teste in guerra a frammentazione controllata, in cui le schegge possiedono caratteristiche dimensionali e larghezza del cono di proiezione, predeterminate in fase di progetto.
Esistono inoltre tipi di testa in guerra ancora più sofisticati, in grado di generare getti di materiale ad altissima velocità (carica cava convenzionale) ovvero proiettili con elevate caratteristiche aerodinamiche e angoli di proiezione molto stretti (cariche cave multiple con cono allargato denominate multi-p-charges), ma esse sono in grado di generare solo un numero limitato di schegge e, di conseguenza, hanno minore probabilità di colpire il bersaglio; per tale ragione non vengono normalmente utilizzate per i missili aria-aria.
Un fascio particolarmente stretto, anche se non molto veloce, di frammenti uniti tra loro è stato realizzato nella testa a barrette continue (continuous rod warhead), impiegata in alcuni missili aria-aria. Quest'arma è costituita da una carica sostanzialmente cilindrica, ma sagomata in modo particolare, circondata da un doppio strato di barrette della lunghezza della testa in guerra e saldate una all'estremità della successiva. La carica di esplosivo, altamente omogenea e di caratteristiche particolari, conferisce ai due strati di barrette un impulso di accelerazione ben dosato, in modo da imprimere un movimento radiale ai singoli elementi che si piegano nei punti di saldatura fino a formare un anello. Questo anello resta unito fino al raggiungimento di circa l'80% della lunghezza teorica della sua circonferenza e provoca, specialmente su bersagli aerei, un discreto effetto distruttivo, molto concentrato. In pratica l'anello provoca sull'obiettivo una serie di tagli molto ravvicinati, se non continui e leggermente inclinati l'uno rispetto all'altro.
A mano a mano che aumenta il raggio della circonferenza, i bastoni tendono a staccarsi l'uno dall'altro, ruotano e cadono in varie direzioni, mantenendo, per distanze non elevate, ancora un certo potere di penetrazione.
In ogni caso lo stretto angolo di efficacia, la relativamente bassa velocità delle barrette, la loro rapida perdita di efficacia in funzione della distanza, hanno limitato l'uso generalizzato di tale tipo di testa in guerra nei missili aria-aria.
c. Per quanto attiene ai danni che possono essere arrecati dalle teste in guerra dei missili aria-aria si possono ricordare:
i. danni provocati dall'effetto diretto dell'onda d'urto, nel caso in cui l'esplosione avvenga a contatto del bersaglio o nelle strette vicinanze. Da una stima grossolana, si può assumere una legge di radice quadrata tra il peso W della carica e la distanza D a cui l'onda d'urto è ancora in grado di produrre significativi danni strutturali su un bersaglio:
D = K(W
dove il valore di K è compreso tra 0,3 e 1 in relazione al tipo di bersaglio.
Nella seguente tabella vengono riportate, per alcuni valori di K, le distanze D, per cariche di vario peso (W).
Peso carica W
(kg)
Distanza D
(m)
K=0,3 m/Kg1/2
K=0,5 m/Kg1/2
K=1 m/Kg1/2
1
0,3
0,5
1
10
0,9
1,6
3,2
30
1,6
2,7
5,5
50
2,1
3,5
7
Considerando che i missili aria-aria sono trasportati da un aereo vettore e pertanto devono possedere un peso contenuto, il peso di carica della testa in guerra non supera normalmente i 10kg Il tal caso le distanze efficaci possono variare da 1 a 3 metri circa, a seconda delle caratteristiche del bersaglio; tenendo conto che per un aereo di linea, tipo DC9, il fattore da impiegare è K=1, la distanza efficace per produrre significativi danni strutturali è circa 3 metri. Anche tale valore massimo è critico rispetto all'accuratezza di funzionamento delle normali spolette di prossimità.
Volendo considerare pesi di carica eccezionalmente elevati per i missili aria-aria (ad es.30kg), la distanza efficace per danneggiare gravemente un DC9 è di circa 5 metri. Anche in questo caso la distanza risulta critica, in quanto la lunghezza del missile è maggiore e quindi, a parità di distanza di scoppio del missile, la distanza tra la carica ed il bersaglio è maggiore.
Ad ogni modo, nel caso di effetto diretto dell'onda d'urto contro un bersaglio aereo, si dovrebbero rilevare danni su aree relativamente vaste della carlinga con forti deformazioni verso l'interno e rotture delle struttura.
ii. Danni arrecati dalle teste in guerra a frammentazione, normalmente caratterizzati da numerose perforazioni della carlinga o delle ali, attribuibili all'impatto di schegge dotate di elevata velocità. Nel caso, abbastanza frequente, in cui le schegge penetrino all'interno di serbatoi di carburante dell'aereo colpito, si può avere all'interno di questi ultimi la creazione di un'onda d'urto, che può portare, specialmente nel caso di caccia militari, alla distruzione totale del velivolo.
iii. Danni provocati da teste in guerra a continuous rod, consistenti in tagli o perforazioni contigue su una zona relativamente vasta del bersaglio; normalmente questo tipo di arma può produrre il taglio di un pezzo di ala o di coda del velivolo colpito, ovvero un taglio nella carlinga.
iv. Danni provocati dalle altre parti del missile (ogiva, corpo e coda), che possono colpire il bersaglio provocando deformazioni o perforazioni di maggiori dimensioni, con caratteristiche di impatto di oggetti dotati di relativamente bassa velocità.
Se un aereo civile per il trasporto passeggeri viene colpito in volo da un missile aria-aria, il medesimo corre forti rischi di precipitare, anche se, nel caso venga colpito nella cabina passeggeri o nel vano portabagagli senza che vangano distrutte o danneggiate componenti vitali per il mantenimento dell'assetto, esso può proseguire il volo fino al più vicino aeroporto ed effettuare con successo un atterraggio di emergenza: esistono alcuni esempi di tali positive conclusioni.
2° Quesito.
a. Le teste in guerra dei missili aria-aria sono composte da un nucleo centrale di esplosivo e da un rivestimento esterno. Tale rivestimento normalmente è costituito da diversi strati: a contatto con l'esplosivo si trova uno strato protettivo di materiale sintetico o di metallo, attorno ad esso si trova un rivestimento costituito da uno o più strati di schegge, il quale, a sua volta, è ricoperto da un involucro metallico. Quindi le schegge che determinano l'efficacia della testa, normalmente non sono a diretto contatto con il nucleo esplosivo e pertanto, prima della detonazione della testa, su di esse non esistono aderenze di rilevanti quantità di esplosivo. Al momento della detonazione le schegge vengono proiettate a forti velocità (comprese tra 1000 e 2500m/sec) contro il bersaglio, per cui il trasferimento di tracce di esplosivo su di esse, può avvenire solo nella fase iniziale di attraversamento della nube gassosa dei prodotti di reazione che potrebbe contenere piccole quantità di esplosivo non detonato, originate da irregolarità dell'onda di detonazione. Va peraltro notato a tale proposito che le teste in guerra dei missili hanno generalmente cariche di esplosivo militare di buona detonabilità, in grado di garantire una detonazione pressochè completa, per cui le tracce di esplosivo indecomposto da esse generate sono da considerarsi praticamente nulle.
D'altra parte, considerando anche il caso in cui piccole quantità di esplosivo indecomposto vengono trasferite dalla nube gassosa alle schegge, queste ultime, superando la nube medesima, volando nell'aria ed impattando contro il bersaglio subiscono un forte surriscaldamento per attrito, un'azione aerodinamica dilavante, nonchè un'azione meccanica di urto: tutti questi fattori diminuiscono le probabilità che le tracce di esplosivo possano essere veicolate dalle schegge all'interno dell'aereo.
b. Passando a considerare la possibilità di trasferimento di tracce di esplosivo all'interno dell'aereo, dovuta all'espansione della nube gassosa, occorre sempre tener presente la scarsa probabilità che una testa in guerra possa generare significative quantità di esplosivo indecomposto.
Inoltre, tenendo presenti i valori dei raggi delle nubi gassose calcolati per vari pesi di carica e riportati nella Tabella a pag.2 si può asserire che la distanza raggiungibile dai residui di esplosivo indecomposto per proiezione diretta dei medesimi risulta molto limitata.
Considerando che i suddetti valori sono approssimati per difetto, in quanto riferiti a valori di pressione atmosferica esistente a terra, mentre a 8000 m di quota la pressione dell'aria è inferiore, si può anche ammettere che, per esplosione di cariche molto grandi, a distanze particolarmente vicine al bersaglio, le tracce di esplosivo possano raggiungere l'aereo, ma dovrebbero depositarsi, per la maggior parte, sulla superficie esterna del medesimo: la penetrazione all'interno della carlinga, infatti, può avvenire solo attraverso i fori praticati dalle schegge (ma a distanze di scoppio così ravvicinate non è sicuro che le schegge raggiungano il bersaglio prima della nube gassosa) e le quantità di esplosivo che potrebbero in tal modo penetrare all'interno dell'aereo, sarebbero troppo esigue per poter essere individuate dai comuni mezzi analitici attualmente applicabili.
c. Resta infine la possibilità che l'esplosivo sia stato veicolato da qualche pezzo del missile, diverso dalla carica di guerra, penetrato all'interno dell'aereo. Questa ipotesi appare, almeno in teoria plausibile, ma andrebbe suffragata da ulteriori evidenze.
3° Quesito.
a. Al fine di localizzare la zona più probabile di esplosione di un ipotetico ordigno posto all'interno del DC9 Itavia, è stato effettuato, in collaborazione con il collegio frattografico, l'esame delle deformazioni di tutti i frammenti dell'aereo, recuperati ed assiemati nell'hangar Buttler di Pratica di Mare. A seguito di tali indagini, sono stati condotti, per taluni reperti considerati più significativi, appropriati calcoli parametrici (simulazioni numeriche) al fine di evidenziare le eventuali correlazioni esistenti tra le deformazioni dei medesimi ed un'azione impulsiva, tipica di una detonazione.
E' stato così possibile desumere che la zona relativa alla toilette posteriore dell'aereo era praticamente l'unica che presentasse danneggiamenti in qualche modo attribuibili agli effetti di un'esplosione.
E' stato pertanto deciso di validare l'ipotesi di un'esplosione all'interno della toilette posteriore dell'aereo, mediante simulazioni numeriche e prove pratiche di scoppio.
Preliminarmente sono stati quindi esaminati, su aerei simili al DC9 Itavia, l'arredo e la struttura della toilette posteriori, allo scopo di individuare, all'interno di esse, i punti di possibile posizionamento della carica, tenendo conto sia della necessità di occultamento della medesima, sia dei danni che essa poteva provocare.
In base a tali indagini è stato possibile dedurre che le localizzazioni più probabili della carica erano da individuare all'interno del mobiletto porta-lavello, posto in aderenza della paratia di pressurizzazione (stazione 817), ovvero in un vano situato vicino alla vasca sottostante il water, adiacente alla "pelle" della fusoliera; quest'ultima posizione è stata presa in considerazione solo a livello di simulazione numerica in quanto l'esplosione di un ordigno posizionato in tal modo avrebbe sicuramente danneggiato la tavoletta copri-water, che invece è stata rinvenuta, pressochè integra, tra i rottami del DC9 ed inoltre, per la sua vicinanza al rivestimento del motore destro dell'aereo, avrebbe provocato un forte danneggiamento del medesimo, non riscontrato nel caso reale.
Per le medesime ragioni non è stato preso in considerazione il posizionamento all'interno della succitata vasca sottostante il water.
In definitiva per le prove di scoppio sono state prese in considerazione le tre seguenti posizioni di sistemazione dell'ordigno:
a. sotto il lavello entro un contenitore utilizzato per la raccolta delle salviette di carta utilizzate come asciugamani;
b. sotto il lavello al di sopra del suddetto contenitore;
c. in un vano del mobiletto porta-lavello, utilizzato per la sistemazione di salviette di carta e situato a fianco del lavello medesimo, in posizione leggermente superiore ad esso.
Sono state effettuate due serie di prove di scoppio al fine di:
i. Accertare la possibilità di induzione di modificazioni microstrutturali superficiali su materiali metallici esistenti nella zona toilette, da parte di cariche a peso crescente, poste nel mobiletto porta-lavello nelle suddette tre posizioni compatibili con la geometria del medesimo.
ii. Accertare se le cariche poste sotto il lavello producono sul medesimo danneggiamenti simili a quelli riscontrati nel caso reale.
iii. Accertare se i pesi di carica e la posizione ipotizzata come meno improbabile nel corso delle simulazioni numeriche, producano sul lavello danneggiamenti simili a quelli riscontrati nel caso reale.
iv. Effettuare misure della pressione e dell'impulso (in aria e sul bersaglio), nonchè della velocità delle schegge, da porre a confronto con i dati ricavati nelle simulazioni numeriche, tenendo conto che le due metodiche poste a confronto prendono in considerazione diverse geometrie di contorno e bersagli diversi.
a. Sulla scorta delle risultanze sperimentali si possono trarre le seguenti conclusioni:
1. Le prove di scoppio effettuate nel periodo 26(30 aprile 93 presso il Balipedio Cottrau di La Spezia, hanno consentito di individuare una geometria di scoppio che, in una struttura aperta, provoca sul lavello della toilette danneggiamenti simili a quelli riscontrati sui resti del lavello originale del DC9 Itavia. E' stato così possibile accertare che sistemando una carica di Compound B, del peso di 730 g. circa nella posizione (C) si producono sul lavello danneggiamenti simili a quelli riscontrati nel caso reale. Questa deduzione risulta anche in sufficiente accordo con i risultati della simulazione matematica che individuano la posizione (C) ed un peso di carica di circa 1,5kg come i parametri meno improbabili per la produzione dei danneggiamenti riscontrati sui reperti F40 e E76. E' stato pertanto deciso di adottare la suddetta geometria di scoppio per l'effettuazione delle due prove sperimentali presso il poligono SEI di Ghedi (BS), nei giorni 16 e 17 giugno 93. Di tali prove di scoppio, la seconda, effettuata su un modello di toilette che riproduceva, il più fedelmente possibile, la struttura reale della toilette del DC9 Itavia, ha provocato un danneggiamento del lavello di entità nettamente superiore rispetto a quello riscontrabile nella suddetta prova C effettuata a La Spezia il 30.04.93. Ciò può essere spiegato osservando che in un ambiente chiuso, quale era il simulacro di toilette impiegato, le onde d'urto riflesse hanno contribuito in maniera significativa ad incrementare gli effetti distruttivi della carica. In base a tali osservazioni si dovrebbe quindi dedurre che il peso di carica impiegato nella prove sperimentali sia sicuramente eccessivo rispetto al peso dell'ipotetica carica che sarebbe stata posizionata nella toilette del DC9 Itavia. D'altra parte, facendo riferimento ai danneggiamenti riscontrati sulle pareti della toilette, costituite dalle paratie 786 ed 817, si può notare che la prova effettuata a Ghedi il 17.06.93 ha provocato sui simulacri di tali strutture effetti di gran lunga inferiori rispetto a quelli effettivamente riscontrati sul DC9 Itavia. La prova sperimentale ha provocato sul simulacro di paratia 817 (praticamente a contatto con la carica) un foro di diametro pari a circa 60cm. E sulla paratia 716 (posta ad una distanza di circa 0,5m dalla carica) piegature e deformazioni, ma non rotture attribuibili ad onde d'urto. Risulterebbe pertanto che, da questo punto di vista, il peso di esplosivo impiegato nelle prove sperimentali sarebbe inferiore a quello ipotizzabile per l'eventuale ordigno usato nella toilette, il che risulta in contrasto con quanto dedotto in precedenza.
2. Ipotizzando, peraltro, che la scelta della suddetta geometria di scoppio non sia corretta e ragionando in base alle condizioni sperimentali adottate nelle prove A e B effettuate a La Spezia il 30.04.93 si può dedurre che il danneggiamento sulle paratie 786 ed 817 sarebbe stato ancora inferiore a causa del minor peso di carica utilizzato per quel tipo di prove (circa 300g di Comp.B). Anche in questo caso, quindi, si dovrebbe pensare che il peso di esplosivo contenuto in un eventuale ordigno dovrebbe essere superiore a quello impiegato nelle prove sperimentali. D'altra parte, come è stato dimostrato nelle prove da n° 1 a n° 10, effettuate a La Spezia il 26 e 27 aprile 93, pesi di carica superiori a circa 300 g. produrrebbero sul lavello effetti distruttivi più marcati rispetto a quelli osservati nella realtà. Si può quindi concludere che, indipendentemente dalla geometria di scoppio prescelta, non può essere identificato univocamente un peso di carica in grado di produrre contemporaneamente danneggiamenti al lavello ed alle paratie 786 ed 817, paragonabili a quelli riscontrati nel caso reale.
3. Il foro provocato dalla carica sulla paratia 817, presenta, in entrambe le prove effettuate presso il poligono SEI di Ghedi (BS), forti petalature sui bordi, non riscontrate nel caso reale. Tale fenomeno di petalatura del foro provocato dall'esplosione quasi a contatto di una carica di esplosivo è risultato anche nella simulazione matematica effettuata su tutta la toilette. Inoltre sulle superfici interne di tali petalature si possono notare fori ed impronte di schegge, mentre nessun segno di tale tipo è stato riscontrato nel caso reale.
4. La prova di scoppio nella toilette ha provocato fori ed improntature di schegge sulla paratia 786, senza peraltro danneggiarla in maniera massiva; nel caso reale, invece, tale paratia risulta fortemente danneggiata, ma non presenta segni di schegge.
5. Nella prova sperimentale sul simulacro di toilette, il rivestimento del motore è risultato fortemente danneggiato e presenta numerosi segni di schegge, mentre nel caso reale tale elemento risulta praticamente integro.
6. La pressione interna alla toilette, generatasi nel corso della prova sperimentale, ha provocato il collasso completo della cabina, lanciando, in particolare, le paratie 817 e 786 a notevoli distanze. Nel caso reale tale fenomeno avrebbe dovuto lasciare segni di danneggiamento all'interno della cabina passeggeri e nel cono di coda dell'aereo, mentre, invece tali segni non sono evidenti sul DC9 Itavia.
7. Ai succitati risultati devono essere aggiunti i dati relativi alle evidenze di modificazioni microstrutturali riscontrate sui reperti post-esplosione e la carenza di tali segni sul lavello originale (Relazione collegio frattografico). In base a quanto sopra esposto si può concludere che l'esplosione di un ordigno all'interno dell'aeromobile, in particolare nella toilette di poppa, può essere considerato come un evento estremamente improbabile.
b. Per quanto concerne la compatibilità dei danni riportati dall'aereo con una esplosione esterna, dall'esame del relitto si può ritenere estremamente improbabile che i medesimi possano essere attribuiti ad un'azione di mitragliamento, avanzata in seguito al reperimento, all'interno del flap di destra, di alcune sferette di materiale ferroso le 138 radiografie effettuate hanno posto in evidenza la presenza di tali oggetti all'interno dei flaps di entrambe le ali, ed è difficile supporre un'azione di mitragliamento che abbia investito sia la parte destra che la parte sinistra dell'aereo. Inoltre, l'esame oculare dei danneggiamenti subiti dai flaps e le indagini radiografiche, che non hanno evidenziato significativi danneggiamenti interni ai flaps, portano ad escludere che le sferette in argomento siano penetrate a seguito di un'azione bellica esterna. Relativamente all'attribuzione dei danni all'azione di schegge generate dall'esplosione di un missile aria-aria, che, per quanto detto sopra, dovrebbe lasciare tracce di perforazioni o tagli sulla pelle della carlinga, sono stati esaminati gli unici fori sospetti, già studiati dal Rarde, situati sul portello anteriore del vano portabagagli e, mediante simulazione numerica, si è pervenuti alla conclusione che i medesimi, essendo stati provocati da oggetti impattanti a relativamente bassa velocità, non possono essere attribuiti alle schegge prodotte dalla testa in guerra di un missile aria-aria. Anche l'ipotesi che i medesimi fori possano essere stati provocati da altre parti del missile, dotate di velocità inferiore, non è molto attendibile data l'unicità dei medesimi: attorno alla zona del portellone in questione non sono state infatti trovate altre perforazioni simili e risulta scarsamente credibile che l'esplosione del missile abbia causato solo un danneggiamento così limitato. L'assenza, su tutti i reperti dell'aereo disponibili, di deformazioni o perforazioni sicuramente attribuibili all'azione diretta dell'esplosione di un missile porta a ritenere, in accordo con il collegio frattografico, scarsamente probabile anche l'ipotesi che la TiG, esplodendo a distanza molto ravvicinata, abbia investito l'aereo solo con un'azione di onda d'urto."
Le conclusioni di questa perizia sono a tal punto fortemente motivate, chiare e condivisibili, da non meritare commenti. In effetti pur da quelle parti che propendevano e continueranno a propendere per soluzioni diverse, non sono mai venute critiche nei confronti di essa. Si deve però osservare che questo elaborato, così fondamentale nel progresso delle conoscenze, non è stato preso in considerazione, come era necessario, dal collegio tecnico-scientifico. E quando il relativo elaborato sarà preso in esame, se ne porranno in evidenza le carenze e le contraddizioni proprio nell'ambito dell'ipotesi di esplosione interna, sulla base delle risposte degli esplosivisti ed anche dei frattografi, che, lo si è visto, cooperarono nelle ricerche e negli esperimenti.
Dietro |