Capitolo III

Relazioni dell'AM "Oddone" - 05.10.82.

A seguito di riunione in data 10 marzo 81,nella quale al cospetto dell'inquirente e con la presenza di membri della Commissione Ministeriale, ma nuovamente in assenza di membri del collegio peritale, il maggiore Oddone Giovanni - che successivamente diverrà consulente di parte per alcuni dei militari AM imputati - aveva informato sullo stato dei lavori presso i laboratori AM, in particolare sui frammenti dei cuscini, e la Commissione s'era riservata, in esito all'acquisizione di tutti i frammenti, di effettuare una ricognizione dei pezzi a bordo di un aeromobile DC9 della stessa serie alla presenza del magistrato e dei membri del collegio peritale - detto Oddone consegnava la relazione parziale nr.1 (v. verbale di consegna Oddone Giovanni, PM 15.04.81).

In tale relazione si riferivano gli esiti degli esami radiografici di tutti i cuscini dei sedili passeggeri pervenuti ai laboratori e del cuscino reggireni del pilota, e dell'esame frattografico, a vista e al microscopio elettronico a scansione, del cono di coda.

L'esame radiografico aveva rilevato la presenza di corpi estranei in 20 cuscini su un totale di 53 esaminati, mentre nessun corpo estraneo era stato evidenziato nel cuscino reggireni del pilota. La rottura del cono di coda si era innescata, con tutta probabilità, così concludeva la relazione, in corrispondenza della parte inferiore e si era prodotta sotto una violenta sollecitazione di flessione agente dal basso verso l'alto in un piano leggermente obliquo rispetto a quello di mezzeria del cono (v. relazione parziale nr.1, 13.04.81).

In luglio sempre il maggiore Oddone consegnava la relazione parziale nr.2 (v. verbale di consegna Oddone Giovanni, PM 17.07.81).

In questo documento si riferiva che erano stati eseguiti: l'estrazione dei corpi estranei dai cuscini dei passeggeri, dai due scivoli di salvataggio e dai due salvagenti; l'esame frattografico del troncone di rotaia per il fissaggio delle poltrone dei passeggeri; l'esame frattografico delle carenature posteriori di sinistra e destra delle ali; l'esame frattografico del Jamb Installation Door MLG sinistro; l'esame frattografico del frammento del pannello trapezoidale sinistro del vano carrello; l'esame frattografico dell'alula del flap destro.

Tutti i reperti ed i frammenti nella maggior parte di essi, vi venivano dettagliatamente descritti, con l'ausilio anche di schemi e rilievi fotografici allegati. Così come dettagliatamente si deducevano dagli esami frattografici tutti i movimenti di svincolamento e di rottura dei pezzi diversi dai cuscini, gli scivoli e i salvagenti.

La relazione si concludeva con un paragrafo sulla possibilità di eseguire indagini per la determinazione della presenza di tracce di esplosivi. Questo paragrafo rinviava ad un appunto allegato redatto dal tenente colonnello Torri, appunto che appare di rilievo e vale la pena riportare (v. relazione parziale nr.2, 16.07.81).

Nella premessa di questo documento si precisava che la determinazione di tracce di esplosivo sui reperti dopo una esplosione è un "problema di difficilissima soluzione" per una serie di motivi. In primo luogo normalmente gli oggetti più vicini al luogo dell'esplosione, sui quali sono maggiori le probabilità di trovare tracce di materiale, vengono distrutti. In secondo luogo generalmente nella reazione esplosiva tutto il prodotto reagisce per cui ad esso si deve risalire da tracce di sostanze derivanti dall'esplosione che non raramente sono comuni con reazioni del tutto innocue. Quindi per la determinazione di tali tracce è necessario ricorrere a metodi analitici altamente sofisticati, trattandosi di quantità piccolissime e assai disperse. Infine, raramente gli oggetti su cui le tracce di sostanze si possono depositare sono in condizioni ideali per il campionamento.

Riferiva poi il documento che era stato eseguito un esame a vista su alcune borse e valigie. Così descriveva l'esame: "tali reperti si trovano in condizioni precarie. Praticamente tutti sono gravemente danneggiati con strappi e tagli; è possibile affermare che tali danni non possono derivare da esplosivo in essi contenuto, in quanto, salvo che non si tratti di quantità piccolissime, un contenitore di esplosivo al momento dell'esplosione viene ridotto in brandelli, se non addirittura completamente combusto.

La possibilità che contenessero esplosivo è da escludersi anche perché sulle superfici non appaiono segni di bruciature o riscaldamenti caratteristici in caso di esplosione. Per questo stesso motivo di deve supporre che i reperti non dovessero essere nelle immediate vicinanze di una massa di esplosivo al momento della reazione.

D'altra parte, come noto, i reperti hanno subìto una prolungata immersione in acqua di mare. Questa esposizione non solo esclude la possibilità di prelevare dai reperti tracce di sostanze derivanti da eventuale esplosione, ma potrebbe anche aver determinato la presenza su di essi di sostanze estranee che potrebbero falsare le analisi".

La conclusione era la seguente: "per quanto dipende dalle sia pure avanzate possibilità analitiche della 4a Divisione nel campo esplosivistico, l'esame sia pure sommario dei reperti esclude la possibilità di eseguire su di essi determinazioni di tracce di esplosivi o di derivati dalla reazione esplosiva" (v. appunto per il Capo della 1a Divisione, 04.04.81).

Questa relazione era quindi illustrata dal suo estensore in una riunione, tenutasi qualche giorno dopo il suo deposito presso Civilavia, su convocazione dell'inquirente, in presenza dei membri della Commissione Ministeriale ed in assenza di quelli del collegio peritale.

Il maggiore Oddone, l'estensore della relazione, in quella sede riferiva altresì su ulteriori accertamenti eseguiti dopo la presentazione della stessa (la 2a parziale) e cioè "che le vernici rilevate sui reperti estranei al DC9 (e di cui alle foto allegate contrassegnate con lettere A, B e C) e le vernici rilevate presenti in tracce su tre reperti del DC9, sono diverse dalle pitture fornite dalla società Itavia; che le lamiere di rivestimento dei reperti di cui alle foto allegate A) e B) sono costituite dallo stesso materiale, identificato in una lega a base di alluminio da includimento del tipo AL CO A 50-56 corrispondente al tipo italiano Peraluman 50; che sul frammento del pannello trapezoidale sinistro, oltre agli elementi di lega e della pittura di fondo, sono state rilevate quantità variabili di fosforo, zolfo, cloro, potassio, calcio e ferro".

Sempre in quella sede il Presidente della Commissione ministeriale riferiva che in quello stesso pomeriggio avrebbe preso contatti con ufficiali della Marina Militare "per fare il punto circa l'esame di fattibilità, condotto dalla stessa Marina Militare, in ordine al recupero del DC9 sommerso". Il comandante Sclerandi produceva un resoconto dei contatti con imprese private e con esperti della Marina Militare sulla questione. L'ingegner Bosman proponeva di contattare un esperto di teste di guerra "per verificare una delle ipotesi già formulate dalla Commissione, e cioè quella riguardante la possibilità che l'aereo potesse essere stato colpito da un missile" (v. verbale di riunione, 30.07.81).

Attivismo della Commissione e dei laboratori, assenza perdurante del collegio di Ufficio su questioni di sua competenza precipua.

In ottobre il maggiore Oddone consegnava la relazione parziale nr.3 (v. verbale di consegna Oddone Giovanni, PM 27.10.81).

In questa relazione si concludeva l'esame comparativo sulle pitture; si forniva l'elenco descrittivo dei reperti estratti dai cuscini dei passeggeri, dagli scivoli e dai salvagenti; si riferiva sull'analisi qualitativa di una campionatura dei reperti più significativi; si riferiva quindi sull'analisi superficiale qualitativa del reperto in polimetilmetacrilato estratto dal cuscino n.3, dell'abrasione presente all'interno del cono di coda, del frammento del pannello trapezoidale sinistro del vano carrello; si riferiva poi sull'analisi quantitativa delle lamiere di rivestimento dei particolari "A" e "B" estranei al DC9; infine sull'esame frattografico della bombola per ossigeno anteriore destra, e sull'esame dei cuscini passeggeri appartenenti ad altro DC9, quello incidentatosi a Capo Terra il 13.09.79 (v. relazione parziale nr.3, 22.10.81).

Nel novembre la Procura, in esito a indicazioni emerse negli incontri in Gran Bretagna con l'Accident Investigation Branch (AIB) ed il Royal Armament Research and Development Establishment (Rarde), richiedeva ai laboratori AM esami ed analisi diretti alla ricerca e alla identificazione di tracce di esplosione sui cuscini e sui bagagli dei passeggeri, ed esami microscopici e metallografici dei frammenti metallici estratti dai cuscini e dalle zone circostanti i fori presenti nei bagagli ed eventualmente negli abiti e nei rivestimenti in essi contenuti, nonché nelle fodere dei cuscini (v. nota Procura 23.11.81).

In effetti quel primo ente britannico ai primi di novembre, a seguito di incontri avvenuti il 3 e 4 di quel mese a Londra con rappresentanti della Commissione ministeriale, aveva inviato commenti sulle evidenze acquisite dalla investigazione.

I commenti erano i seguenti: "1. La parte iniziale del volo aveva proceduto normalmente al livello di crociera assegnato. 2. Durante la normale velocità di crociera il volo aveva subìto una enorme rottura strutturale. 3. Non c'era traccia di collisione. 4. Le particelle metalliche ritrovate nei corpi delle vittime non erano caratteristiche di una rottura in seguito a decompressione esplosiva. 5. Non c'era traccia di esplosione risultante dalla detonazione di materiale esplosivo. 6. La penetrazione multipla ad alta velocità nella mobilia della cabina, in particolare le particelle ritrovate nei cuscini dei sedili, era una caratteristica comunemente associata alla detonazione di ordigni esplosivi nelle cabine passeggeri. 7. Questa evidenza non viene trovata nei casi di guasti strutturali derivanti da difetti di materiali, sovraccarico strutturale o collisioni in aria sopra Zagabria, Jugoslavia, nel 1976, era stato un caso nel quale, sebbene a 33.000 piedi fosse avvenuto un serio guasto strutturale, non era stata trovata traccia di penetrazione ad alta velocità della mobilia di cabina" (v. nota AIB alla Commissione Luzzatti, 05.11.81).

Il secondo ente aveva fornito invece diversi rapporti su precedenti investigazioni relative ad altri incidenti aerei e sulle procedure seguite presso il proprio laboratorio forense per l'isolamento e la identificazione dei residui (v. "Investigation of debris from lost aircraft COMET 4B-G/ARCO" Rarde EM2 Branch, Forensic Explosives Laboratory, Aprile 1968; D.G. Higgs ed altri "Investigation of flotsam recovered from Cubana DC8 Aircraft CUT 1201 lost off Barbabos on 6th october 1976" Rarde Branch Memorandum 21/27 (EM2/EM4), febbraio 1977; D.G. Higgs ed altri "A review of explosives sabotage and its investigation in civil aircraft" Rarde, Forensic Explosives laboratories and Metal Physic laboratories, febbraio 1978; D.G. Higgs "Investigation of aircraft accidents involving the possible use of explosives" Rarde Branch Memorandum 44/80 (EM2), dicembre 1980).

A seguito della richiesta della Procura sopra specificata il maggiore Oddone nell'ottobre 82 depositava la relazione n.4. Nella premessa di quella relazione l'estensore affermava che le indicazioni sui mezzi di indagine da impiegare e sulle caratteristiche microscopiche-morfologiche e metallografiche - da ricercare allo scopo di accertare gli effetti della detonazione di un ordigno esplosivo - erano stati ricavati sia dagli incontri avuti nel Regno Unito con esperti dell'AIB e del Rarde, sia dalla consultazione dei rapporti forniti dal Rarde.

Premetteva altresì, nella parte dedicata all'esame morfologico dei reperti estratti dai cuscini, che le caratteristiche morfologiche indicate come tipiche dei frammenti metallici prodottisi a seguito della detonazione di un ordigno esplosivo erano: "1. Il "rolled edge" ossia l'arrotolamento dei bordi delle superfici di rottura; 2. Il "gas wash" ossia il danneggiamento per fusione ed erosione della superficie dei frammenti metallici, provocato dal contatto con i gas caldi e ad elevata velocità, derivanti dalla detonazione dell'esplosivo; 3. il "pitting" ossia la vaiolatura della superficie dei frammenti metallici, causata dall'urto di piccole particelle prodottesi durante l'esplosione e quindi dotate di elevata velocità".

Eseguito l'esame con microscopio elettronico a scansione "Cambridge Stereoscan S4", previo lavaggio dei reperti mediante ultrasuoni in acqua distillata e poi in acetato di metile, di 41 reperti estratti da 17 cuscini, erano emersi su 14 reperti estratti da 9 cuscini alcune delle caratteristiche di cui sopra e cioè fenomeni di "rolled edge", "gas wash" e "pitting"; il tutto specificatamente elencato in una tabella allegata alla relazione.

Nella parte relativa all'esame metallografico degli stessi reperti l'estensore premetteva quali fossero le caratteristiche microstrutturali probanti con sicurezza la vicinanza alla zona di detonazione di un ordigno esplosivo e cioè: 1. Il "twinning" ossia la geminazione dei cristalli del materiale metallico, che si produce con elevate velocità di deformazione, ma soltanto nelle leghe di rame e di ferro; 2. La "recrystallization" ossia la ricristallizzazione a grani anormalmente piccoli della microstruttura originaria deformata per lavorazione plastica.

Eseguito l'esame con microscopio ottico Leitz MM5 su sezioni dei reperti, inglobate in resina termoindurente, lucidate a specchio e quindi attaccate con opportuni reagenti chimici allo scopo di evidenziare la microstruttura dei materiali, ne risultava che nessuna di quelle sezioni presentava le due caratteristiche microstrutturali sopra dette, cioè il "twinning" e la "recrystallization".

Tale evidenza non significava però, secondo l'estensore, che quei reperti non si fossero prodotti a seguito di detonazione di ordigno esplosivo, ma piuttosto che essi non erano stati nelle immediate vicinanze della zona di detonazione.

Infine il terzo esame, quello morfologico dei bordi dei fori e delle lacerazioni nei bagagli, negli indumenti e nelle fodere. Lo scopo di questo esame era l'accertamento, su detti bordi, di "estremità fuse e globularizzate di fibre sintetiche" giacchè in occasione di detonazione di ordigno esplosivo, i gas e i frammenti ad elevata temperatura che ne derivano, penetrando in tessuti di fibre sintetiche, provocano appunto la fusione e la globularizzazione, senza formazione di bolle, della estremità rotte delle fibre sintetiche.

Eseguito l'esame con il detto microscopio elettronico a scansione su campioni lavati mediante ultrasuoni in acqua distillata e quindi essiccati in stufa termostatata e quindi con microscopio ottico binoculare stereoscopico wild M8 previa metallizzazione dei campioni sotto vuoto con oro, il risultato era stato positivo per 7 bagagli su un totale di 15 bagagli e 5 frammenti di bagagli, mentre nulla era stato rilevato sugli indumenti contenuti nei bagagli o pervenuti fuori di essi, così come i risultati sulle fodere dei cuscini erano stati meno chiari e probanti di quelli sugli involucri di bagagli, giacchè le fodere interne erano costituite da un tessuto di cotone e quelle esterne da un tessuto misto di lana e fibre sintetiche.

In conclusione così il relatore Oddone: "a. le caratteristiche morfologiche, rilevate sui reperti, specificatamente indicate nelle tabelle allegate alla relazione, provano che c'è stata la detonazione di un ordigno esplosivo; b. gli indizi più evidenti sono stati rilevati sugli involucri dei bagagli e nei reperti metallici estratti dai cuscini dei passeggeri; c. i reperti metallici predetti, in base all'aspetto e alla composizione, si possono ritenere provenienti da particolari normalmente presenti nelle costruzioni aeronautiche (v. relazione laboratori AM n.4, finale, 05.10.82).

Con la stessa lettera di trasmissione alla Procura di questa relazione n.4, si inviava la relazione 8221 della 4a Divisione "esplosivi e propellenti", inerente "agli esami ed alle analisi, effettuate allo scopo di ricercare ed identificare tracce di esplosivo sui bagagli, sui cuscini e sui reperti estratti dai cuscini dei passeggeri" (v. nota Direzione laboratori, 05.10.82 e relazione 8221 allegata).

In questo documento che reca come oggetto "determinazione delle tracce di sostanze esplosive sui reperti di incidente di volo - DC9, I-ITigi, Itavia del 26(7).6.80" l'estensore, l'allora tenente colonnello Torri premetteva che erano stati sottoposti ad indagine ai fini di cui all'oggetto: 15 bagagli in materiale sintetico e frammenti, 18 cuscini di seggiolino in gommapiuma, 20 gruppi di schegge estratte dai cuscini.

Le indagini erano state eseguite, continuava l'estensore, attenendosi ai procedimenti indicati nel documento ottenuto dal magistrato nella visita nel Regno Unito, con alcune modifiche imposte dalla necessità di estendere la ricerca a particolari tipi di esplosivo.

Le analisi delle sostanze erano state condotte applicando il metodo TLC e cioè cromatografia su strato sottile. Questo metodo presentava il vantaggio di una estrema sensibilità unita a grande semplicità e rapidità di esecuzione, e consentiva la identificazione di sostanze anche a concentrazioni bassissime. Presentava però il rilevante svantaggio di non consentire determinazioni quantitative e di non essere un metodo assoluto ma di confronto.

Tuttavia i risultati erano stati confermati mediante una metodica analitica più sofisticata e precisamente la cromatografia HPLC ovvero cromatografia in fase liquida ad alta pressione.

Le indagini avevano presentato difficoltà serie in quanto, per una precisa interpretazione dei risultati, affermava il redattore del documento, sarebbe stato conveniente condurle immediatamente dopo il recupero, mentre nel caso di specie, era trascorso circa un anno ed i reperti avevano subìto l'azione nociva dell'acqua.

Si evidenziava che l'impiego della gas-cromatografia, consigliata dagli esperti britannici, doveva considerarsi limitata alla determinazione delle tracce di nitroglicerina.

Si rilevava infine che particolari difficoltà aveva presentato l'indagine sui cuscini dei seggiolini a causa delle enormi quantità di sostanze inquinanti presenti nella gommapiuma che avevano reso problematici sia l'isolamento che il riconoscimento delle sostanze esplosive.

I risultati ottenuti consentivano di affermare che su alcuni reperti erano presenti tracce di una ben definita sostanza esplosiva e precisamente il T4 o ciclotrimetilentrinitroammina, detta anche Ciclonite o Hexogen o RDX. Infatti gli estratti dei reperti di cui ad alcuni campioni specificati in relazione e suoi allegati, avevano dato luogo sulla lastrina a macchie la cui colorazione e il cui Rf ovvero rapporto tra la distanza percorsa dalla sostanza e quella percorsa dal solvente, erano identici a quelli del T4.

La conferma della presenza del T4 derivava dalla considerazione che mentre è comune rinvenire due sostanze che diano la stessa colorazione, è estremamente improbabile, trovare due sostanze che contemporaneamente diano lo stesso Rf e la stessa colorazione.

La possibilità che fossero presenti anche nitroglicerina e tetrile era stata esclusa dall'esito assolutamente negativo di successive prove di conferma.

In conclusione la presenza di tracce di T4 sui reperti portava "ragionevolmente a formulare l'ipotesi che nelle vicinanze degli stessi reperti si fosse determinata la detonazione di una massa di tale tipo di esplosivo presente a bordo del velivolo". (v. relazione n.8221 della Direzione laboratori AM - 4a Divisione Esplosivi e Propellenti, inviata alla Procura di Roma il 5.10.82).

Dall'esame dell'allora facente funzioni di capo della 4a Divisione "Esplosivi" dei laboratori AM emergono nei dettagli le vicende dell'esame di quei reperti.

Il colonnello Torri, questo era il nome del facente funzioni - divenuto in seguito anche un consulente di parte per alcuni degli imputati militari - verso la fine dell'81 fu contattato dal Direttore dei laboratori, colonnello Arena, e dal capo della 1a Divisione, colonnello Giusti, che chiesero informalmente, cioè senza atto scritto od ordine, di esaminare i bagagli al fine di verificare se presentassero evidenze di una esplosione od effetti di esplosione; se alcuno di quei bagagli era stato sede di una esplosione; se era possibile compiere delle analisi per rilevare eventuali tracce di esplosivo.

Torri, con l'ausilio del già menzionato maggiore Oddone, capo-sezione presso la 1a Divisione "Metalli", esaminò i bagagli "a vista", come gli era stato richiesto. E in esito non rinvenne alcuna evidenza di esplosione, come incipienti fusioni, alterazioni rilevabili a vista delle superfici, decolorazioni. Ragion per cui nell'appunto, indirizzato al capo della 1a Divisione, riferì che dall'esame a vista nulla risultava. E' questo l'appunto di cui s'è detto sopra.

In particolare, al quesito se alcuno dei bagagli fosse stato sede di una esplosione, il teste riteneva di aver riferito che il bagaglio sede dell'esplosione viene completamente distrutto. Al quesito sulla possibilità di analisi per rilevare tracce di esplosivo aveva espresso dubbi in considerazione dei trattamenti subiti dai reperti del tempo trascorso. Trattamenti, specificava, per il fatto che avevano subìto immersioni in acqua marina e non erano stati conservati in contenitori stagni.

Aveva concluso, come già s'è detto, riferendo che i suoi laboratori non erano comunque in grado di eseguire quelle analisi. E ciò, sia perché il personale non aveva l'addestramento per quel compito, sia perché i laboratori non erano dotati della specifica ovvero necessaria procedura di analisi; procedura che si sarebbe anche potuta apprestare, ma con tempi lunghi a causa di mancanza di esperienza nel campo.

Sempre nell'81, negli ultimi mesi dell'anno il maggiore Oddone gli aveva presentato due membri della Commissione Luzzatti, che gli chiesero se la presenza di fosforo rinvenuta su una scheggia metallica indicasse che la stessa era proveniente da un ordigno esplosivo. Egli aveva risposto negativamente, giacchè salvo rari ordigni incendiari, le miscele esplosive non contengono fosforo.

Sempre nello stesso periodo di tempo lo stesso maggiore Oddone gli aveva mostrato un rottame in lega leggera di colore arancione o rosso-arancione, chiedendo se ne fosse possibile l'identificazione. Quel reperto fu identificato dai suoi ufficiali dipendenti in un frammento di radio-bersaglio.

Nel febbraio dell'82 - il ricordo è preciso perché in quel periodo la 4a Divisione che aveva sede distaccata rispetto ai laboratori di via Tuscolana, in via Appia Antica, veniva trasferita a Pratica di Mare - il direttore dei laboratori consegnò al nostro teste una procedura di analisi trasmessagli dall'AG, che a sua volta l'aveva ottenuta dal Rarde.

Sulla base di questa procedura la 4a Divisione avrebbe dovuto compiere, su reperti opportunamente scelti, le analisi necessarie per determinare l'eventuale presenza di tracce d'esplosivo.

Pur avendo ribadito il Torri che il personale della sua Divisione non era addestrato, il direttore dei laboratori aveva confermato l'ordine, anzi lo aveva confermato a distanza di qualche giorno per iscritto, ammonendo che tutti gli accertamenti e le notizie di cui si fosse venuti a conoscenza erano coperti da segreto istruttorio. Precisava il Torri che, non essendoci bisogno dell'ordine scritto, il direttore aveva con ogni probabilità usato quella forma per lasciare traccia dell'ammonimento.

Il facente funzioni alla direzione della 4a Divisione aveva quindi incaricato un ufficiale, l'allora capitano Fausto Arnò, della scelta dei reperti da sottoporre ad analisi e della esecuzione delle analisi stesse, assegnandogli come coadiutori due sottufficiali, a turno tra il personale della Divisione. L'ufficiale doveva riferire giornalmente al facente funzioni, il quale a sua volta riferiva al direttore dei laboratori o in caso di assenza direttamente al responsabile dei laboratori.

I prelievi e la maggior parte delle analisi, per evitare il trasferimento dei reperti, erano stati effettuati nella sede di via Tuscolana. Si era deciso di compiere le analisi su tutti i bagagli non in tessuto, sui cuscini dei sedili, su alcune porzioni di gommapiuma dei cuscini, su alcuni frammenti recuperati dai cuscini, metallici e non.

La testimonianza coincideva poi con il documento sopra descritto. Il teste però ad un certo punto precisava che le schegge erano state sottoposte ad analisi tutte insieme in un medesimo estrattore, ma che prima di procedere a tali operazioni aveva informato il suo direttore, sia innanzi tutto delle modalità di questo procedimento, sia del fatto che dopo il procedimento sarebbe stato impossibile compiere ulteriori ricerche di esplosivi sulle schegge. Dopo alcuni giorni il direttore lo aveva autorizzato a procedere, riferendogli che aveva ricevuto sulla questione l'assenso dell'AG

Precisava inoltre che egli non conosceva la provenienza delle schegge. Ribadiva che, una volta effettuato il procedimento, non era più possibile attribuire l'esplosivo rilevato alle schegge di provenienza.

Sulla procedura fornita dal Rarde riferiva che si trattava di una procedura di carattere generale per esplosivi, che ovviamente richiedeva il confronto con soluzioni di sostanze esplosive note. Consisteva in un prelevamento delle eventuali tracce mediante cotone, imbevuto di solvente; successivo lavaggio del cotone con più porzioni della stessa miscela di solvente; concentrazione della soluzione, purificazione della soluzione, esame con cromatografia su strato sottile ovvero TLC o Thin Layer Cromatography; identificazione delle macchie di esplosivo prima mediante esposizione alla luce ultravioletta e successivamente con sviluppo con reattivo; misurazione del rapporto di ritenzione.

Era stato utilizzato tra le sostanze esplosive note, usate in soluzione come campione di riferimento, anche il TNT. I motivi per cui il TNT non era stato rilevato, asseriva, potevano essere sostanzialmente soltanto due: la mancanza del TNT nei reperti o la sua presenza in tracce inferiori alla soglia si sensibilità del metodo, e cioè esistenza di tracce in misura così ridotta che quel metodo non era in grado di rilevarle.

Il teste ammetteva di essere a conoscenza al tempo, da pubblicazioni scientifiche, dell'esistenza di metodiche a più elevata sensibilità quale la gascromatografia associata alla spettrometria di massa. I suoi laboratori però non disponevano di quello strumento, che all'epoca era stato di recente industrializzato. Si trattava comunque di una metodica che richiedeva l'intervento di personale con altissima specializzazione, propria di enti di ricerca come il CNR.

Dopo la relazione dell'82 non s'era più interessato della questione sino a fine inverno 85, allorchè dall'inquirente e dai membri del collegio peritale Blasi gli erano state chieste spiegazioni sul documento nella sede dei laboratori in via Tuscolana.

Aveva visto i reperti una sola volta, in occasione della ricognizione a vista dei bagagli, occasione in cui aveva visto anche degli effetti personali fuori dei bagagli, cuscini dei sedili, una parte di alettone del cono di coda.

Dei bagagli sui quali erano state rilevate tracce di esplosivo, personalmente ne aveva visto uno solo, il primo su cui erano state rilevate quelle tracce. Si trattava di una valigia, in finta pelle, di colore marrone, di dimensioni medio-grandi e cioè circa 70x40cm, non in buone condizioni di conservazione, con una sorta di strappo nella pelle che non appariva però di origine esplosiva (v. esame Torri Andrea, GI 05.12.91).

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