Capitolo XXVIII

Perizia medico-legale Giusti - 22.05.93.

Essendo stati recuperati, nel corso della campagna di ricerca sui fondali marini, frammenti ossei e volendo applicare metodi di osteodiagnosi ai fini della determinazione della causa di morte dei passeggeri del DC9 - numerose difficoltà impedivano la convocazione dei precedenti periti - quest'AG si determinava a nuova perizia medico-legale, nominando come perito il prof. Giusto Giusti, esperto in osteodiagnosi, cui affidava il seguente quesito: "Accerti il perito la natura dei resti ossei apparentemente umani che sono stati o saranno recuperati nell'attuale campagna di ricerca, e fornisca ogni utile informazione ai fini processuali".

Il perito così sintetizzava i risultati delle sue indagini.

1. Significato delle lesioni riscontrate nell'orecchio medio.

Anche in questa perizia, come in quella otoiatrica del 1980, il perito ha ritenuto di grande importanza nei casi di emotimpano e di lesione della membrana timpanica il barotrauma, rappresentato inizialmente dalla brusca depressurizzazione in quota della cabina dell'aereo, seguìto da un rapido aumento della pressione aerea nel tempo in cui il velivolo ha perduto quota, e da un altro aumento dovuto all'immersione in mare. Va tenuto presente che se la perdita di pressione avviene in meno di un secondo si parla di decompressione esplosiva, altrimenti di decompressione rapida.

E' utile precisare che:

- le membrane timpaniche non lacerate erano estroflesse e da ciò può agevolmente dedursi che l'azione più importante è stata quella legata alla brutale diminuzione della pressione aerea;

- delle quattro lacerazioni traumatiche osservate, non dovute a lesioni traumatiche, tre erano a carico dell'orecchio destro ed una dell'orecchio sinistro (tre passeggeri ed una hostess), da cui può agevolmente dedursi che, trattandosi di passeggeri seduti verso avanti e della hostess in piedi con il volto rivolto verso la coda, il brusco decremento della pressione si è verificato sul lato destro dell'aereo.

La rottura delle membrane timpaniche, così come riscontrata, tende a far escludere che essa sia stata determinata da un eccesso subitaneo di pressione, quale una esplosione sul lato destro dell'aereo; in questo caso il volto delle vittime sarebbe stato investito dal cono di pressione dell'aria, le cui tracce (bruciature, peppering) non sarebbero sfuggite nel corso dell'otoscopia, e l'orecchio controlaterale probabilmente non avrebbe mostrato lesioni significative.

2. L'ora della morte.

L'accertamento dell'ora della morte è normalmente basato sulla temperatura del cadavere, sulla presenza delle macchie ipostatiche e sulla rigidità cadaverica.

2a) L'accertamento basato sulla temperatura non è stato possibile, perchè non erano state accertate le temperature dei cadaveri, quella del mare al momento del recupero e quella dell'ambiente di conservazione nell'obitorio. Tali rilevazioni sarebbero state molto utili ai fini cronotanatodiagnostici, anche perchè gli altri due criteri presentavano importanti singolarità.

2b) Le ipostasi vengono descritte come in via di formazione, assai tenui, e ciò dopo un giorno dal fatto. L'accertamento che avesse tenuto conto della presenza delle ipostasi, non sarebbe stato determinante, perchè la formazione di esse è indicata come incipiente a circa 24 ore dal recupero (solo da poco in effetti i cadaveri avevano assunto la posizione supina). Le ipostasi avvengono per effetto della forza di gravità, per cui sono il risultato del deposito del sangue, non più in circolazione per effetto dell'arresto del cuore, nella parte della superficie corporea più vicina al suolo e cominciano ad evidenziarsi, nei casi ordinari, dopo due ore dalla morte. Nel caso di specie la spiegazione della tenuità delle ipostasi è data dal fatto che i cadaveri erano stati in mare e quindi soggetti al continuo cambiamento di posizione, con conseguente impossibilità di formazione di dette ipostasi.

2c) Non sarebbe stato determinante neanche l'accertamento, che avesse tenuto conto della rigidità cadaverica. Essa, a distanza di 24 ore, viene qualificata come "risolta". E' noto però che la rigidità non si risolve prima di 48-72 ore dalla morte. Sarebbe stato più esatto usare la parola "assente" e ciò sulla base delle seguenti considerazioni:

- numerose fratture ossee;

- lacerazioni delle parti molli, dei tendini, dei legamenti, contusioni e ferite muscolari;

- scuotimento dei cadaveri determinato dalle onde (la rigidità interviene ove il corpo non subisce sommovimento di rilievo; se essa viene vinta meccanicamente, può non formarsi);

- modalità del recupero che possono aver vinto la rigidità (aggancio ad un idoneo meccanismo per portare i cadaveri alla superficie, deposito sulla banchina portuale, trasporto su automezzo).

La rigida interpretazione dei criteri cronotanatologici, utili per la determinazione dell'ora della morte, indurrebbe a limitarla in poche ore precedenti l'esame. Contrastano però la qualità e la gravità delle lesioni riscontrate sui corpi, cui nessuno dei passeggeri avrebbe potuto sopravvivere se non per tempi brevissimi ed infine la presenza dei segni di putrefazione addominale (riscontrata su alcuni corpi), che non compare se non a distanza di 24 ore dal decesso.

3. L'osteodiagnosi dell'epoca della morte.

La determinazione dell'età della morte, avendo a disposizione soltanto resti ossei, è problema che non ha soluzione soddisfacente. Sulla base anche di quanto è contenuto pressoché unanimemente nei testi di Medicina Legale, gli elementi che derivano dall'esame dei reperti ossei non possono consentire di affermare, con la desiderabile sicurezza, che tali resti siano rimasti sul fondo del mare per una dozzina di anni (tanti quanti sono trascorsi tra l'incidente e l'epoca dell'esame). Si può solo affermare con sicurezza che caratteristiche tanatologiche sono compatibili con il tempo e l'ambiente indicati.

4. Le cause della morte.

In conseguenza di un incidente aviatorio, le lesioni delle persone che si trovano a bordo del velivolo possono derivare:

- dalle cause che hanno provocato la caduta dell'aereo;

- dalla depressurizzazione della cabina dell'aereo;

- dalla decelerazione;

- dall'impatto sul suolo o sull'acqua.

Le lesioni più comuni sono quelle scheletriche e le ossa più frequentemente fratturate sono quelle del cranio, sia della base che della volta, ma, soprattutto nei casi in cui gli incidenti si concludono con un impatto violento, il momento patogenico è rappresentato dalla flessione del rachide e in secondo luogo dalla compressione violenta dei corpi vertebrali, con direzione dal basso verso l'alto, cui conseguono fratture costali multiple, la rottura del cuore e dell'aorta. Frequente è la rilevazione del cd. "polmone traumatico" (quadro che associa la decelerazione brusca derivata dall'impatto con il suolo o la superficie dell'acqua ed il traumatismo toracico). Gli organi endoaddominali che sono maggiormente colpiti sono il fegato e la milza che si presentano spesso spappolati. L'azione della forza antero-posteriore, che ovviamente agisce anche a carico dei reni e si riscontra in traumatismi dei bacinetti, in situazioni di decompressione esplosiva, provoca sovente fissure extra o intra cellulari, contenenti cellule sanguigne stravasate. Frequenti le rotture delle anse intestinali e del mesentere. Le lesioni cutanee sono solitamente sproporzionate rispetto a quelle scheletriche o viscerali, essendo le prime di modesta entità se correlate con le seconde.

Per il caso in esame, sistematicamente devono tenersi distinte le lesioni a cui si deve la morte da quelle prodotte dopo la morte, e quindi le tracce biologiche che siano indicative delle modalità e delle cause dell'incidente aereo. Riepilogando, con riguardo al caso in esame, si deve precisare che:

- i cadaveri recuperati dal mare presentavano, per la massima parte, lesioni gravissime, incompatibili con la sopravvivenza, dovute all'impatto dell'aereo con la superficie del mare;

- molti dei passeggerei avevano riportato lesioni meno gravi durante la fase di discesa, ma queste non possono essere distinte dall'abbondante numero delle lesioni da precipitazione;

- la frammentazione delle singole ossa avvalora la tesi di lesioni traumatiche gravissime riportate al momento dell'impatto dell'aereo sulla superficie del mare;

- alcuni cadaveri presentavano all'esame esterno lesioni relativamente meno gravi, tanto da rendere difficile la determinazione della causa della morte; di più si sarebbe saputo, ovviamente, se fosse stato compiuto esame autoptico, che avrebbe evidenziato lesioni viscerali gravissime o determinato la morte da anossia, causata da scarsa resistenza del soggetto alla mancanza di ossigeno, derivata da una falla sulla fusoliera o da semisepoltura da parte dei corpi degli altri passeggeri.

5. La ricerca delle diatomee quali indicatori della morte per annegamento.

In caso di annegamento il soggetto può inalare o ingerire acqua contenente diatomee, che possono entrare nella circolazione sanguigna ed essere trasportate nei vari organi ove possono essere ritrovate o riconosciute. Ovviamente se il corpo viene posto, post-mortem nell'acqua, quando cioè la circolazione sanguigna è cessata, le diatomee non possono più essere trasportate negli organi del grande circolo, ma semmai soltanto nei polmoni o nello stomaco. Nel caso in esame, l'assenza delle diatomee nei tessuti ossei e nei preparati istologici (cuore e polmone) unitamente all'assenza del fungo schiumoso - caratteristica distintiva principe dell'annegamento - già attestata dai verbali necroscopici, determinano l'esclusione della diagnosi di morte per annegamento.

6. Assenza di lesioni da esplosivi nei cadaveri e nei resti ossei.

Il perito affrontava quindi la ricerca di effetti da esplosione, pressioni, da impatti di proiettili derivati dall'ordigno esplosivo, da impatto di oggetti circostanti violentemente proiettati dall'esplosione, ustioni da gas ed oggetti incandescenti, lesioni secondarie per oggetti spostati dall'esplosione. Così poi spiegava in dettaglio: "l'onda d'urto (blast) consiste in un'onda di compressione che passa rapidamente nell'aria (o nell'acqua). La velocità dell'onda d'urto dipende dalla distanza dall'epicentro, ed è seguita da una transitoria zona di bassa pressione (al di sotto della pressione atmosferica) cosicchè il corpo soffre per un rapido doppio cambiamento di pressione.

La pressione d'urto causa i danni maggiori all'interfaccia fra i tessuti in contatto con l'atmosfera, ed è per questo che i polmoni ne soffrono maggiormente (la soglia-limite di danno è di 100 libbre per pollice quadrato). Tessuti solidi come il fegato e i muscoli non ne soffrono, ma nel polmone vi è una marcata differenza di densità fra l'aria e la parete alveolare, cosicchè l'energia è assorbita con effetti dirompenti.

Vi è controversia se il danno polmonare derivi alla diretta trasmissione dell'onda d'urto attraverso il torace o attraverso le vie aeree. In ogni caso, all'autopsia si rilevano chiazze emorragiche sottopleuriche spesso lungo la linea delle coste (che l'emorragia nelle lesioni da blast abbia distribuzione parallela alle coste fu già rilevato da Mason J.K.: Aviation Accident Pathology, Londra 1962, e da Tabusse L. e Pannier R.: Phusiopathologie et pathologie aèronautiques et cosmonautiques, Parigi 1969, cit. da Durigon e coll., cit.), emorragie intrapolmonari e bolle di enfisema lungo i margini dei polmoni. Le vie aeree possono riempirsi di schiuma, che causa ipossia. Microscopicamente le pareti alveolari possono apparire rotte, e l'epitelio alveolare e bronchiale appare staccato. Si osservano larghe zone di emorragia, mentre l'architettura alveolare può essere completamente disorganizzata.

L'emorragia polmonare negli incidenti da esplosivi spesso non è causata soltanto dall'onda d'urto, ma può derivare dall'impatto sul torace di oggetti proiettati o caduti, da aspirazione di sangue per lesioni naso-faringe e da sanguinamento dopo aspirazione di contenuto gastrico.

L'orecchio può riportare gran danno dall'onda d'urto, danno non facilmente visibile all'autopsia.

Il sistema gastro-intestinale mostra le stesse lesioni del polmone, e la più comune è l'emorragia: si tratta generalmente di piccole aree di circa un centimetro di diametro, e cieco e colon sono più facilmente lesi. Se l'onda d'urto è particolarmente violenta e la vittima è molto prossima all'epicentro, occasionalmente possono aversi vere e proprie rotture dell'intestino. È nell'intestino che le lesioni sono più gravi se l'esplosione avviene in acqua. Raramente l'onda d'urto è la sola causa della morte, e frequentemente il corpo viene colpito da frammenti derivanti dalla bomba o dal suo contenitore o dagli oggetti circostanti. Frammenti di metallo vengono proiettati ad alta velocità, e all'aperto polvere e detriti vengono sparsi all'intorno. All'autopsia il corpo può apparire pigmentato per la polvere e i vestiti causano un effetto ombra simile a quello dei costumi da bagno.

Un aspetto comune è il "peppering", che risulta da minuscole escoriazioni, lacerazioni ed abrasioni raggruppate ed provocate dalla proiezione di numerosi e piccoli frammenti. Le lacerazioni sono spesso ferite da punta di varia entità e spesso hanno una localizzazione ben precisa e limitata: possono anche discolorare il corpo, specie nelle aree non protette dai vestiti. Altre ustioni possono essere causate dall'incendio dei vestiti o dall'accensione di benzina o gas.

La detonazione di esplosivi in luoghi dove ci sia scarsa ventilazione permette la formazione e l'accumulo di monossido di carbonio, ed esso può persistere a lungo dopo che i pericoli fisici dell'esplosione sono passati. Se un incendio si sviluppa, una quantità maggiore di ossido di carbonio può formarsi. Del pari, ossidi nitrosi e cianuri possono formarsi per l'incendio di materiale plastico.

La saturazione dell'emoglobina da parte del monossido di carbonio, e del cianuro, nonchè la formazione di metaemoglobina per ossidazione da ossidi nitrosi sono largamente dipendenti dalla concentrazione di tali sostanze nell'atmosfera e dal tempo di esposizione. Modestissime variazioni nel tempo d'esposizione, la presenza di ventilazione anche semplicemente dovuta ad una porta aperta, possono portare variazioni importanti nella percentuale di saturazione dell'emoglobina o nella concentrazione della metaemoglobina (cfr. W. Schwerd e E. Schultz, Carboxy-haemoglobin and methaemoglobin findings in burnt bodies. For.Sci.Int.; 12, 233, 1978).

Se l'incendio si sviluppa, usualmente si rinviene traccia di fuliggine nelle vie aeree ed anche negli alveoli, mentre il calore sviluppato comporta usualmente la formazione di emboli di adipe nei polmoni."

Sulle salme recuperate, concludeva il perito su questa parte della ricerca, non furono mai riscontrate ustioni, anzi furono esplicitamente escluse; non fu mai riscontrata la presenza di fuliggine nelle vie aeree; è stato riscontrato sui preparati istologici l'assenza di materiale carbonioso negli alveoli e nei bronchioli - la presenza di granuli carboniosi nell'interstizio polmonare corrisponde alla comune antracosi, dimostrabile nei polmoni degli adulti che abitano in città o che lavorano o vivono tra la polvere - nè vi erano emboli adiposi. In base a questi dati escludeva che un incendio, da qualunque causa provato, quindi anche da una esplosione, potesse aver interessato alcuno dei cadaveri esaminati. La presenza di percentuali molto basse di ossido di carbonio nel sangue dei cadaveri non era dimostrativo del fatto che si fosse sviluppato un incendio in carenza relativa di ossigeno. Le percentuali indicate potevano significare che le persone avevano di recente inalato attivamente e, nel caso delle percentuali più basse, passivamente del fumo di tabacco.

Quanto alle lesioni cutanee descritte nei verbali ed evidenziate nelle fotografie stimava il perito non fossero dimostrative dell'evenienza di una esplosione. L'unico punto di un certo interesse, riteneva fossero alcune immagini fotografiche in cui si notavano sui corpi dei deceduti fenomeni di peppering. Per quanto era dato di apprezzare, nel documento fotografico in bianco e nero, si trattava secondo il perito di piccole ecchimosi raggruppate, non di ferite vere e proprie, attendibilmente provocate dalla proiezione di piccoli frammenti a velocità relativamente bassa, fatto che può essere accaduto al momento dello schianto dell'aereo sul mare.

Sulle lesioni polmonari il perito concludeva che esse ricordavano il polmone traumatico di Durigon, mentre non risultavano descritte le emorragie parallele e seriate, che sarebbero state indicative di un'onda d'urto severamente lesiva.

Sulle lesioni timpaniche condivideva le conclusioni precedenti, secondo cui esse erano attribuibili ad una brusca variazione negativa della pressione aerea.

"Tutti i dati e le considerazioni effettuate portano alla conclusione che non vi sia stata alcuna esplosione a bordo.

Possibilità di stabilire le cause della caduta dell'aereo in base ai dati biologici.

Deve essere premesso che non vi è reperto positivo che indirizzi in modo non equivoco verso l'una o l'altra tesi. Avuto riguardo ai fattori che si escludono facilmente, le cause del disastro possono limitarsi a:

- esplosione a bordo;

- collisione con altro aereo o parte di esso;

- abbattimento.

Dell'esplosione non sono state trovate tracce sui corpi nè sui resti ossei; le lesioni timpaniche destre riscontrate su alcuni passeggeri sono attribuibili a decompressione esplosiva per una falla sulla fusoliera. Pertanto, qualora non si rilevassero tracce di esplosione o di incendio, si dovrebbe concludere che tale falla è stata causata da un agente esterno (missile o collisione con altro aereo o parte di esso). Le lesioni timpaniche, tuttavia, ed esse sole, rappresentano un elemento che non va al di là della tesi della decompressione esplosiva da qualunque causa prodotta. Nello stesso senso può orientarsi il reperto polmonare.

La riduzione dei corpi in monconi può essere dovuta a brusca decelerazione e proiezione dei corpi all'interno dell'aereo. Ciò può essere avvenuto in quota e dare quindi ulteriore conforto alla tesi di una falla prodottasi a grande altezza. Più probabilmente, però, tali lesioni, si sono prodotte al momento dell'impatto dell'aereo sulla superficie del mare.

7. Conclusioni.

I dati di ordine biologico appaiono compatibili con una falla sul lato destro della fusoliera, prodottasi in quota per una possibile azione di agente esterno. Gli elementi raccolti, però, sono orientativi e non assolutamente dimostrativi. Non vi sono dati biologici che confermino l'ipotesi di una esplosione a bordo, ma tale ipotesi non può essere assolutamente esclusa. La causa delle morti, comunque, è derivata da grandi traumatismi per precipitazione da notevole altezza.

Quanto al quesito specifico il perito ritiene, in base alle caratteristiche morfologiche, che i resti ossei esaminati siano di origine umana, tranne che in due casi.

Le caratteristiche di tali resti sono compatibili con la permanenza nel fondo del mare fin dal tempo del disastro aereo di Ustica.

Tali resti sono massimamente rappresentati da piccoli frammenti, che recano tracce di frattura e sono dimostrativi di un gravissimo traumatismo.

Questa perizia - come d'altra parte i documenti di carattere medico-legale che l'avevano preceduta - è chiaramente motivata. Esclude in modo netto che sui cadaveri vi siano prove di esplosione e d'incendio ed asserisce con la dovuta obbiettività la compatibilità dei dati di ordine biologico con una falla sul lato destro della fusoliera, prodottasi in quota a causa della possibile azione di un agente esterno. Tali conclusioni non sono mai state messe in dubbio da altri periti, né criticate o attaccate dalle parti. Se ne deve tener conto per la ricostruzione dell'evento.

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