Capitolo CIII

Note di conclusione Casarosa - Held. 08.04.99.

In questo documento a premessa si riassume il percorso compiuto nell'ambito peritale a partire dalla Misiti, e quindi dei documenti sulle cause di caduta del DC9.

"La perizia tecnica (PT) relativa alle cause dell'incidente occorso il 27 giugno 80 al velivolo DC9 I-Tigi della Compagnia Itavia, fu depositata il 23 luglio 94 e, come noto, mise in evidenza un non completo accordo fra gli undici membri del collegio peritale (CP) sulle possibili cause dell'incidente stesso. Infatti, nove di essi ritennero che l'unica causa possibile dell'incidente fosse da considerarsi l'esplosione di un ordigno all'interno della toilette del velivolo. Due membri del CP, il prof.ing Carlo Casarosa ed il prof. dott. Manfred Held, nel seguito indicati come PCH, non concordarono con questa conclusione e, a chiarimento del loro pensiero, aggiunsero alla PT una Nota, conosciuta come "Nota Aggiuntiva", nella quale, pur riconoscendo che l'ipotesi "esplosione interna" potesse essere tecnicamente sostenibile, ritennero che essa non potesse essere considerata l'unica possibile a causa di non trascurabili elementi di dubbio che su di essa gravavano.

Tenendo conto di quanto esposto nella PT, i PCH formularono l'ulteriore ipotesi che l'incidente potesse essere causato da una quasi collisione con altro velivolo, ipotesi ampiamente descritta e giustificata in perizia stessa ma non accettata dagli altri membri del CP. Nella stessa Nota e nel successivo documento di risposta ai quesiti a chiarimento formulati dall'AG, i PCH evidenziarono come l'elemento discriminante fra le due ipotesi non potesse essere che lo scenario al momento dell'incidente, desumibile dalla indagini radaristiche. Infatti, e ovviamente, l'assenza di velivoli nel cielo dell'incidente avrebbe escluso l'ipotesi di quasi collisione, mentre la loro presenza con rotte intersecanti quella del DC9 o ad essa adiacenti avrebbe reso più credibile l'ipotesi di quasi collisione rispetto a quella di esplosione interna.

Le analisi radaristiche effettuate nell'ambito della PT non esclusero la presenza di uno o più velivoli che potevano percorrere una rotta intersecante quella del DC9 al momento dell'incidente ma conclusero che, tale presenza, non poteva essere determinata sulla base dei soli dati radar ma doveva derivare da ulteriori evidenze esterne. Pertanto i PCH, non essendo stata esclusa in modo assoluto la presenza di altri velivoli, ritennero di formulare l'ipotesi di quasi collisione come possibile causa dell'incidente, sebbene subordinata all'ipotesi di esplosione interna a causa delle predette incertezze sulla presenza di velivoli. Al termine della Nota Aggiuntiva i PCH riportarono comunque che se ulteriori indagini effettuate dall'AG in epoca successiva al deposito della PT avessero acquisito maggiori certezze in merito, la predetta posizione avrebbe potuto essere modificata e la quasi collisione avrebbe potuto essere l'ipotesi principale sulle cause dell'incidente.

Successivamente al deposito della PT, l'AG affidò al collegio peritale Dalle Mese, Tiberio, Donali una nuova perizia radaristica. Da tale nuova perizia e dai documenti ad essa connessi, redatti dai periti per rispondere ad osservazioni formulate dalle Parti (tutto nel seguito indicato come NPR), tra le altre conclusioni emerge anche che, con ragionevole certezza, un velivolo navigasse di conserva al DC9 al momento dell'incidente.

A questo punto Casarosa e Held in accordo a quanto anticipato al termine della Nota Aggiuntiva, compilano questo nuovo documento nel quale, alla luce di quanto desumibile dalla NPR e tenendo anche conto di alcune precisazioni fornite dal collegio frattografico (nel seguito CF), hanno effettuato una revisione critica dell'ipotesi di quasi collisione e di esplosione interna e delle loro relazioni in termini di probabilità di essersi verificate.

Nella prima parte del documento sono brevemente sintetizzati i principali elementi oggettivi desumibili sia dall'analisi del relitto, tenendo conto delle precisazioni del CF, sia dalla NPR. Successivamente sono riconsiderate le ipotesi di esplosione interna e di quasi collisione alla luce degli elementi acquisiti ed è effettuata una analisi critica sulle cause dell'incidente rispetto a quanto in precedenza effettuato nella Nota Aggiuntiva.

A conclusione affermano che essi vogliono comunque evidenziare che in questo documento non è stato introdotto alcun elemento nuovo rispetto a quanto esposto nell'ambito delle indagini tecniche effettuate nella PT ma è stata effettuata solo una diversa interpretazione dei risultati in esse conseguiti, alla luce delle ulteriori acquisizioni effettuate dall'AG."

Per conseguire le finalità del documento, i PCH hanno ritenuto utile riportare, in questo primo capitolo, i risultati considerati ragionevolmente certi nella PT, relativi alle modalità di frammentazione in volo del velivolo e quindi compiere l'analisi critica dei dati ricavabili dall'esame del relitto.

In particolare, nella prima parte di esso, è stata evidenziata l'importanza che la modalità di frammentazione dell'estremità della semiala sinistra può rivestire in merito alla valutazione delle probabilità di verificarsi delle due ipotesi di incidente considerate rispettivamente in PT e nella Nota Aggiuntiva e, cioè, esplosione interna o quasi collisione.

Successivamente è stata effettuata una analisi critica di tale modalità tenendo conto di quanto esposto nella PT e nella perizia frattografica (PF), tenendo conto anche di ulteriori precisazioni effettuate dal CF.

In primo luogo la rassegna di quei dati sin qui emersi, ragionevolmente certi in quanto in accordo sia con le caratteristiche di rottura verificabili sul relitto sia con la posizione dei frammenti all'interno della zona di recupero, tenendo ben presente che i risultati riportati in PT sulle modalità di frammentazione in volo del velivolo derivanti dalle analisi tecniche in essa effettuate, stante la loro riconosciuta oggettività, rivestono un ruolo determinante nell'ambito dell'analisi critica di ogni ipotesi di incidente che, per essere accettabile, deve avere come logica conseguenza una frammentazione in volo non in disaccordo con essi.

"1 - Nell'intervallo di tempo di circa 5÷6 sec intercorrente fra l'ultima risposta del radar secondario e la prima risposta del solo radar primario, si è verificato l'evento o la serie di eventi che hanno causato l'incidente. L'incidente si è pertanto verificato nell'intervallo di tempo compreso fra le ore 20.59'.45" e le ore 20.59'51" locali.

2 - A seguito dell'evento che ha causato l'incidente, si è avuto il distacco e la frammentazione in volo della parte posteriore della fusoliera in massima parte sovrastante il pavimento, compresa approssimativamente fra le stazioni 642 e 877, il distacco di entrambi i motori, del tronco di coda e dell'estremità della semiala sinistra.

Il cedimento ed il distacco di questi elementi è avvenuto nell'arco di 4÷5 sec.

3 - Nell'arco di questo tempo, uno dei primi eventi è stato il cedimento del vincolo anteriore del motore destro con la fusoliera che ha determinato il distacco del motore stesso con parte della fiancata destra del velivolo ad esso adiacente.

4 - Praticamente nello stesso istante si è verificato l'inizio del distacco del motore sinistro, sempre per cedimento del vincolo anteriore con la fusoliera, il cedimento dell'ordinata di forza 642 in corrispondenza della quale vi è il collegamento del tronco posteriore con il tronco centrale della fusoliera e l'immediato distacco, a partire da essa, della fiancata sinistra contenente i quattro finestrini che, deflessa verso la parte posteriore del velivolo dalle azioni aerodinamiche generate dal flusso d'aria, ha urtato il motore di sinistra che, al momento, non si era ancora completamente distaccato, improntando di rosso la presa d'aria.

5 - Pertanto, il distacco del motore destro con parte della fiancata adiacente, il cedimento dell'ordinata di forza della fusoliera, il distacco della fiancata sinistra ed il distacco del motore sinistro, debbono plausibilmente ritenersi come eventi verificatisi in rapida successione di tempo, non superiore ai quattro secondi. Questa ipotesi è in accordo con le caratteristiche di ritrovamento dei due motori nella stessa zona, a distanza di circa 1000 m l'uno dall'altro (misurati secondo la direzione del moto iniziale), e della fiancata sinistra, a sua volta rinvenuta in prossimità della fascia nord dei ritrovamenti.

6 - Il cedimento dell'ordinata di forza 642 potrebbe aver causato, in rapida successione compresa nel predetto intervallo di tempo, il distacco, in corrispondenza ad essa, della parte posteriore della fusoliera sovrastante il pavimento e la sua distruzione, principalmente per effetto di "pelatura" in direzione contraria al moto del velivolo, determinata dal flusso di aria. Tale distruzione ha determinato la dispersione dei frammenti nelle zone di ritrovamento F ed E.

Tali frammenti, in aggiunta a materiale eventualmente fuoriuscito dalla fusoliera, nella fase iniziale precedente la loro dispersione in aria può aver dato origine al fenomeno di "chaffatura" rilevata dal radar di Fiumicino discusso nella NPR.

7 - Contemporaneamente a questi eventi, si è avuto il distacco del tronco di coda sul quale sono visibili alcuni forti danneggiamenti, plausibilmente attribuibili all'impatto con la superficie del mare.

Gli effetti di "pelatura" riscontrabili sugli elementi di struttura che sono posizionati anteriormente al tronco di coda stesso e la presenza delle tracce rosse sul bordo di attacco delle superfici orizzontali di coda, derivanti con molta probabilità dall'impatto con frammenti della fiancata del velivolo, rendono plausibile l'ipotesi che il suo distacco dal relitto principale si sia verificato dopo il cedimento dell'ordinata 642 e delle fiancate stesse del velivolo.

8 - Il relitto principale costituito dalla restante parte della fusoliera, da parte della semiala sinistra e dall'intera semiala destra, ha impattato con la superficie del mare nella zona di recupero C (PT-Vol.I-Fig.III-11), seguendo una traiettoria di caduta difficilmente ricostruibile a causa della mancanza di ogni superficie di stabilizzazione e controllo e della forte asimmetria geometrica delle due semiali".

A questo punto Casarosa e Held affrontano la questione delle modalità di cedimento dell'estremità della semiala sinistra che, come noto, sono avvenute attraverso una vistosa deformazione verso il basso, plausibilmente attribuibile all'azione di un momento flettente agente, ovviamente, nella stessa direzione, di intensità superiore a circa 10 ton.x m. Considerato che nelle condizioni di volo di crociera le sollecitazioni sull'ala sono dirette verso l'alto, il tipo di deformazione rilevato esclude in modo certo che il distacco dell'estremità della semiala possa essere avvenuto per cedimento spontaneo della struttura. Un cedimento del tipo osservato può pertanto essere dovuto solo a condizioni anomale di carico che possono essersi verificate sulla semiala sinistra.

A questo proposito Casarosa e Held ricordano che in PT, erano state fatte due ipotesi. "La prima è che il cedimento dell'estremità della semiala possa essere stato il primo evento che si è verificato sul velivolo. In questo caso, le successive rotture in precedenza discusse potrebbero essere derivate dalle condizioni anomale di carico che si sarebbero immediatamente verificate sull'intero velivolo a seguito di questo primo evento. E' evidente che, in questa ipotesi, la causa dell'incidente andrebbe ricercata sull'evento esterno al velivolo che potrebbe aver determinato condizioni di carico sulla semiala sinistra tali da causarne la rottura secondo le predette modalità.

La seconda ipotesi è che la rottura dell'estremità della semiala sinistra sia derivata da condizioni anomale di carico susseguenti al distacco del tronco di coda. In questa seconda ipotesi, la causa dell'incidente andrebbe ricercata nell'evento che avrebbe potuto determinare tale distacco. Per i motivi ampiamente discussi in PT, la posizione di ritrovamento del frammento della semiala, non è in grado di fornire un criterio certo per privilegiare una delle due precedenti ipotesi".

Ne risulta con plausibile certezza che, al verificarsi dell'incidente, si è avuto il pressochè contemporaneo cedimento degli attacchi anteriori dei motori alla fusoliera, con leggero anticipo del cedimento dell'attacco destro rispetto a quello sinistro, dell'ordinata 642 e del sistema di vincolo del tronco di coda alla parte posteriore della fusoliera.

In PT era stato riportato che l'esame della documentazione fornita dalla Mc Donnell-Douglas aveva consentito di rilevare che i predetti elementi apparivano elementi critici del velivolo quando esso è sottoposto a condizioni di carico derivanti da manovra bilanciata al massimo valore del fattore di carico di manovra e raffica.

"In altre parole, se il velivolo viene sottoposto a condizioni di carico derivanti dal superamento del massimo valore del fattore di carico a causa di effetti combinati di manovra e raffica, su di esso agiscono accelerazioni e, quindi, carichi inerziali che, in aggiunta a quelli di esercizio, possono essere tali da determinare il cedimento della struttura del velivolo in corrispondenza dei predetti elementi critici. Sulla base di queste considerazioni, e come riportato in PT, può pertanto formularsi la plausibile ipotesi che, al momento dell'incidente, il velivolo sia andato soggetto alle predette condizioni di carico che, attraverso il cedimento degli elementi critici della struttura del velivolo, abbiano poi innescato la sequenza degli eventi in precedenza discussa. Pertanto le cause dell'incidente debbono essere ricercate in un evento in grado di causare sul velivolo stesso le condizioni di carico descritte.

La quasi collisione, avrebbe perciò potuto determinare la rottura dell'estremità della semiala sinistra e tale rottura avrebbe potuto innescare sul velivolo una serie di fenomeni aeromeccanici tali da portarlo a superare i limiti di fattore di carico, determinando quindi la sequenza di rotture riportata.

L'esplosione interna, invece, avrebbe potuto determinare il distacco del tronco di coda con susseguente rottura dell'estremità della semiala sinistra.

"Allo scopo di discriminare fra le due ipotesi, riveste quindi fondamentale importanza lo stabilire quale dei due eventi possa essersi verificato per primo. Un criterio per effettuare questa scelta può discendere dalle seguenti considerazioni sulle possibili modalità di rottura dell'estremità della semiala sinistra.

Nel caso di quasi collisione, come riportato in PT, sulla semiala sinistra sottoposta al fenomeno di interferenza aerodinamica può crearsi una distribuzione di pressioni tale da invertire il carico aerodinamico alla sua estremità determinando il massimo valore delle sollecitazioni a taglio e momento flettente in una opportuna sezione intermedia fra la radice e l'estremità della semiala stessa (PT-Vol.IV-Fig.IX-72÷IX-74). Pertanto, in questa ipotesi, solo la zona dell'ala adiacente a tale sezione può essere stata sollecitata fino alla rottura mentre le altre zone interne ed esterne rispetto ad essa sarebbero state sollecitate sensibilmente al di sotto dei rispettivi limiti di rottura.

Nel caso di rottura dell'estremità della semiala sinistra per effetto del distacco del tronco di coda, la distribuzione dei carichi sulle due semiali è sostanzialmente diversa dal caso precedente. Infatti, in seguito a tale distacco, sul velivolo si genera un momento picchiante di forte intensità che determina la rotazione del velivolo intorno al suo asse trasversale, rendendo possibile l'inversione di segno dell'angolo di incidenza sulle due semiali con conseguente inversione dei carichi aerodinamici rispetto alle normali condizioni di volo. In altre parole, in questa ipotesi, su entrambe le semiali agiscono carichi simili a quelli usuali seppure di segno invertito.

Poiché l'ala è progettata come trave ad uniforme resistenza, se tali carichi raggiungono i limiti di rottura della struttura, tutte le sezioni sono sollecitate al rispettivo carico di rottura. Il cedimento può quindi avvenire in modo casuale in una qualsiasi sezione, facilitato talvolta da particolari caratteristiche della sezione stessa come presenza di portelli di ispezione, restringimenti di sezione dei longheroni, ecc.

Sulla base di queste considerazioni si può quindi ragionevolmente ritenere che nella prima ipotesi di rottura le deformazioni permanenti della struttura, sempre presenti quando viene superato il limite di elasticità di essa (inferiore al limite di rottura), possono trovarsi solo nell'intorno della sezione di rottura, in quanto unica ad aver superato tale limite.

Nella seconda ipotesi, poiché tutte le sezioni della semiala possono aver raggiunto il limite di rottura e, quindi, possono aver superato il limite di elasticità, tali deformazioni permanenti dovrebbero aver interessato estese parti della semiala.

Dalla perizia frattografica (PF) e da ulteriori precisazioni fornite dagli estensori di essa, emerge invece che le uniche deformazioni permanenti della struttura della semiala sinistra sono riscontrabili solo nell'intorno della sezione di rottura.

Tale caratteristica porterebbe quindi a privilegiare l'ipotesi di rottura dell'estremità della semiala sinistra per effetto della quasi collisione che, per quanto in precedenza esposto, è in grado di determinare la sollecitazione a rottura solo in opportuna sezione dell'ala, essendo le altre sezioni sollecitate al di sotto di questo limite".

In conclusione l'interpretazione delle modalità di rottura dell'estremità della semiala sinistra può portare un contributo importante nella discriminazione fra ipotesi di incidente per esplosione interna o per quasi collisione.

Nell'ambito delle due ipotesi di rottura dell'estremità della semiala sinistra riportate nella PT con la relativa connessione con i due eventi, la prima quella cioè connessa con l'ipotesi di quasi collisione, potrebbe essere considerata come il primo evento verificatosi sul velivolo in seguito al quale si sarebbero generati fenomeni aeromeccanici tali da portare il velivolo al superamento del massimo valore del fattore di carico con conseguente frammentazione in volo, in accordo alle modalità rilevabili sul relitto e desumibili dalle caratteristiche di ritrovamento dei frammenti nelle zone di recupero.

La seconda, quella cioè connessa con l'ipotesi di esplosione interna, potrebbe essere considerata come evento successivo al distacco del tronco di coda per effetto di questa esplosione. La frammentazione in volo del velivolo potrebbe quindi essere derivata dagli effetti dell'esplosione stessa.

Le considerazioni di natura frattografica però, che non hanno evidenziato fenomeni di deformazioni permanenti nella struttura della semiala sinistra non interessata dalla rottura, porterebbero a privilegiare la prima ipotesi di rottura e quindi, da questo punto di vista, a privilegiare l'ipotesi di quasi collisione rispetto all'ipotesi di esplosione interna.

Casarosa e Held si fermano quindi sullo scenario desumibile dalle perizie radaristiche.

"All'atto dell'elaborazione dell'ipotesi di quasi collisione, i PCH avevano a disposizione le analisi effettuate dagli specialisti nell'ambito della PT i quali non avevano escluso che i ben noti plots -17b, -12b, 2b, 8a, 9a, 12, 13a, 19 potessero individuare uno scenario del tipo riportato in Fig.3 (Fig.VIII-10 di PT elaborata dai PCH) ma, su tale ipotesi, avevano avanzato forti riserve.

Alla conclusione delle analisi, essi avevano infatti riportato (PT-Vol.III-Parte V-Pag.V-124):

"I plots -17b e -12b, insieme ai plots 2b, 8a, 9a, 12, 13a, 19 sono anche compatibili con la ipotizzata traiettoria di un ipotetico aereo di bassa cross-section (come anche dimostrato dalla sperimentazione dell'85), peraltro l'accettazione di una tale ipotesi necessiterebbe eventuali altre evidenze; questi plots hanno spinto a suggerire di effettuare delle ricerche nell'area D dove è stato ritrovato il serbatoio supplementare di un caccia;

è possibile anche fare un'ipotesi di presenza di un secondo piccolo aereo nelle immediate vicinanze del DC9 I-Tigi (a 100÷200m da questo) nel momento dell'incidente tale da giustificare una eventuale ipotesi di collisione (o mancata collisione), ovviamente l'accettazione di una tale ipotesi richiede altre evidenze."

E si ritenne, da parte di questo gruppo, che esistessero alcune conferme esterne a supporto della presenza di almeno uno dei due velivoli, accennate nei passi della PT citati ma non opportunamente discusse (presenza del serbatoio, sperimentazione dell'85) e, di conseguenza, che si potesse formulare l'ipotesi di quasi collisione, non potendosi del tutto escludere, a loro parere, uno scenario del tipo riportato nella predetta Fig.3. Appariva evidente come le riserve avanzate dagli specialisti sulla presenza di altri velivoli avessero sempre costituito il punto debole dell'ipotesi di quasi collisione, tale da spingere i PCH a stimarla come subordinata all'ipotesi esplosione interna.

Invece parere dei PCH, i risultati emersi dalla NPR consentono di modificare sostanzialmente il predetto scenario per due principali motivi.

Il primo di essi è certamente correlato alla presenza ragionevolmente certa di un velivolo nella scia del DC9 che, secondo quanto riportato nella NPR, si sarebbe inserito nella fase iniziale del volo del DC9 stesso nel cielo della Toscana e lo avrebbe poi accompagnato fino alla zona dell'incidente, molto probabilmente per sfuggire al rilevamento dei radar.

E' immediatamente evidente come la ragionevolmente certa presenza di questo velivolo rafforzi in modo determinante l'ipotesi di quasi collisione sia in virtù della sua presenza, sia in quanto sarebbe stato nella condizione ottimale per determinare il fenomeno, potendo provenire dai settori di poppa del DC9, come ipotizzato nella PT e come sarà più ampiamente discusso nel successivo Cap.5.

Il secondo motivo è relativo alla conferma che i plots -17b÷19 rappresentino con ragionevole certezza una traccia associabile alla presenza di velivoli percorrenti traiettorie intersecanti la rotta del DC9.

Nella NPR viene anche formulata l'ipotesi, che i PCH ritengono di condividere, che i rimanenti plots, attribuiti nella PT a frammenti in caduta, siano invece attribuibili ad un fenomeno di "chaffatura" determinato dalla frammentazione in volo del velivolo ed alla fuoriuscita di materiali dall'interno di esso.

Pertanto i PCH hanno ritenuto di poter aggiornare lo scenario radar disponibile al momento dell'elaborazione dell'ipotesi di quasi collisione, in quanto ragionevolmente certo che la traccia individuata dai plots -17÷19 sia appartenuta ad uno o due velivoli che hanno attraversato la rotta del DC9 e che nella scia del DC9 si trovasse nascosto un ulteriore velivolo che navigava di conserva con esso.

Di conseguenza i PCH hanno ritenuto di dover esaminare nuovamente, sulla base di questo schema, sia l'ipotesi di quasi collisione sia la sua posizione nei riguardi dell'ipotesi di esplosione interna, dopo aver brevemente effettuato una analisi critica di entrambe, anche sulla base della pertinente documentazione presentata dalle Parti dopo il deposito della PT".

Prima di procedere ad una analisi comparativa della ipotesi di esplosione interna con quella di quasi collisione adeguata, quest'ultima, a quanto emerso dalle acquisizioni effettuate dall'AG successivamente al deposito della PT, i PCH hanno ritenuto conveniente effettuare una ulteriore analisi degli aspetti fondamentali dell'ipotesi esplosione interna per verificare se, dall'insieme di quanto ricavabile dai pertinenti documenti attualmente disponibili, possano emergere elementi nuovi rispetto a quelli considerati nella PT e nella Nota Aggiuntiva.

"L'ipotesi di esplosione interna, a parere dei PCH, è resa debole dal fatto che indagini specialistiche sul relitto (chimiche, esplosivistiche, frattografiche) non hanno trovato alcuna traccia primaria di essa, intendendo come traccia primaria ogni caratteristica in grado di essere attribuita al fenomeno con elevato grado di certezza (gas-wash, pitting, fusioni, tracce di esplosivo e/o di elementi costituenti l'ordigno, tracce di schegge, particolari tipi di rottura, ecc.).

Le tracce di TNT e T4 ritrovate nei ben noti reperti, a parere dei PCH, non possono essere collegate a fenomeno esplosivo in quanto derivanti con elevato grado di probabilità da inquinamento dei reperti al momento del recupero e dello stivaggio a bordo della nave Doria, a sua volta inquinata dai predetti componenti, come appurato dall'AG con specifiche indagini e come più approfonditamente discusso in "Osservazioni sui rilievi effettuati dai Consulenti di Parte Civile".

Parimenti non probante risulta la presenza delle schegge nei cuscini e delle fibre globularizzate in alcuni reperti in quanto la formazione di schegge e la loro penetrazione nei cuscini, come estesamente discusso in PT e in "Osservazioni sui commenti generali dei consulenti di parte inquisita", sono interamente da attribuirsi alla frammentazione del velivolo al momento dell'impatto con la superficie del mare e la globularizzazione delle fibre non è da associarsi a fenomeni termici ma a fenomeni meccanici dovuti allo strappamento delle fibre stesse.

Tuttavia, sempre a parere dei PCH, la mancanza di tracce primarie di esplosione non consente di poter escludere in modo certo l'ipotesi, in quanto resta l'eventualità che tali tracce possano essere presenti nella parte mancante della zona toilette, anche se la loro assenza in reperti adiacenti, appartenenti alla zona dell'ipotizzata esplosione, è certamente motivo di forte indebolimento dell'ipotesi stessa.

In ogni caso, i PCH, come estesamente discusso in "Quesiti a chiarimento posti dall'AG - Risposte formulate dai CTU C. Casarosa e M. Held", hanno ritenuto di poter condividere l'ipotesi di esplosione interna unicamente sulla base delle deformazioni meccaniche rinvenute sui due reperti AZ947 e AZ534, entrambi appartenenti all'insieme di elementi che definiscono la riquadratura della porta di ingresso posteriore al velivolo, ed alle caratteristiche di frammentazione della parte posteriore destra della fusoliera, corrispondente alla zona toilette.

Nella PT sono state approfonditamente analizzate le modalità di deformazione di tutti i reperti appartenenti alla parte posteriore del velivolo ma il tentativo effettuato dai nove membri del CP di voler attribuire tutte queste deformazioni all'effetto di esplosione anzichè a più evidenti effetti derivanti dalla frammentazione in volo del velivolo od all'impatto con la superficie del mare del relitto, ha solo ingenerato confusione e, in ultima analisi, ha sostanzialmente indebolito l'ipotesi di esplosione in quanto le analisi di tali deformazioni hanno portato spesso a risultati fra loro contrastanti che, tra l'altro, non hanno consentito di individuare chiaramente il punto dell'ipotizzata esplosione.

Anche le prove a sostegno dell'ipotesi di esplosione addotte dai consulenti di parte inquisita (CPI) nei documenti "Commenti generali dei consulenti di parte inquisita alla relazione tecnica di Ufficio del luglio 94, incluse le risposte ai quesiti a chiarimento ed alle perizie collegate", "relazione peritale", e "Incidente occorso al DC9 Itavia il 27 giugno 80 in prossimità dell'isola di Ustica Vol.I÷III", non hanno portato a maggiori certezze ma anzi, essendo alcune di esse in palese contrasto con le evidenze derivanti dall'esame del relitto o con le caratteristiche di ritrovamento dei reperti, hanno contribuito anch'esse all'indebolimento dell'ipotesi stessa.

Valga, a titolo di esempio, quanto addotto nei predetti documenti relativamente ai distacchi della scaletta posteriore di accesso al velivolo e del pannello di fiancata destra contenente sei finestrini, ritenuti come indice di esplosione.

Non si può non rilevare come tali distacchi, se dovuti a sovrappressione per esplosione, avrebbero dovuto verificarsi a distanza di alcuni centesimi di secondo dall'esplosione stessa (prove esplosivistiche) mentre le caratteristiche di ritrovamento e l'esame del relitto ricostruito indicano che tali reperti sono stati invece gli ultimi a distaccarsi dal velivolo, non prima di circa 4÷5 sec dopo l'inizio della frammentazione.

Inoltre, come ampiamente discusso dai PCH in "Osservazioni sui commenti generali dei consulenti di parte inquisita", su tali reperti non è visibile alcuna traccia di sovrappressione per esplosione e le ipotizzate modalità di distacco non sono in accordo con i risultati della perizia esplosivistica, come invece sostenuto dai PPI nei predetti documenti.

Anche gli arricciolamenti presenti sulle lamiere di alcuni reperti appartenenti alla parte posteriore del relitto, addotti dai CPI come prova certa di esplosione interna, non possono in alcun caso essere attribuiti a fenomeno esplosivo nella zona ad essi adiacente, come estesamente discusso in "Osservazioni sui commenti generali dei consulenti di parte inquisita", in quanto comuni a molti altri reperti presenti in differenti zone del relitto e, principalmente, in quanto nella zona delle deformazioni non sono assolutamente presenti tracce di esplosione.

Tali arricciolamenti sono certamente dovuti alle azioni fluidodinamiche subite dal relitto al momento dell'impatto con la superficie del mare.

A parere dei PCH, infine, l'intera metodologia di analisi seguita dai PPI e, in particolare, quella seguita in "Incidente occorso al DC9 Itavia il 27 giugno 80 in prossimità dell'isola di Ustica Vol.I÷III", può essere profondamente criticata.

Nei documenti prodotti, infatti, sono state spese innumerevoli pagine per dimostrare che una esplosione all'interno del velivolo avrebbe determinato carichi tali da causare la frammentazione del velivolo stesso.

I PCH ritengono che questa metodologia non possa portare alcuna utile indicazione sulla validità dell'ipotesi perché è fuori da ogni dubbio che l'esplosione di un ordigno all'interno del velivolo ne avrebbe determinato la frammentazione e la caduta, ma non è questo il problema.

Infatti il vero problema è di natura opposta e, cioè, di stabilire se la frammentazione visibile sul relitto con le caratteristiche di deformazione dei reperti e di rinvenimento nelle zone di recupero possa essere congruente con un fenomeno di esplosione o con fenomeni di altra natura.

Anche alcune analisi sperimentali effettuate in "Incidente occorso al DC9 Itavia il 27 giugno 80 in prossimità dell'isola di Ustica Vol. I÷III" in merito allo schiacciamento del reperto AZ453 (tubo di lavaggio del WC) ed alle deformazioni visibili sul reperto AZ499 (elemento di paratia parafiamma) soffrono, a parere dei PCH, dello stesso errore metodologico.

Con le prove sul tubo di lavaggio si è voluto dimostrare che, sottoponendolo ad opportuni valori di pressione esterna, esso si sarebbe schiacciato.

La qual cosa è di per sé evidente come è evidente che il tubo, essendosi schiacciato, è certamente andato soggetto a pressione esterna certamente non inferiore a quella sperimentata.

Il problema, anche in questo caso, era invece di verificare se il fenomeno di schiacciamento potesse essere attribuito a fenomeni di tipo meccanico o detonico (derivante da esplosione) evento, quest'ultimo, escluso sia dalle prove esplosivistiche, sia dalle analisi effettuate presso il DRA (ex Rarde-UK).

Per quanto riguarda poi il frammento AZ499, come estesamente documentato in "Osservazioni sui commenti generali dei consulenti di parte inquisita", vi è stata una grande confusione di reperti in quanto la prova sperimentale è stata effettuata prendendo come riferimento non le deformazione del reperto AZ499, ma le deformazioni del reperto AZ511 (contenitore dei fazzoletti) che, in realtà, non sono deformazioni ma "banane" ottenute per stampaggio all'atto della costruzione del contenitore stesso per irrigidirne la fiancate.

Le prove effettuate dai PPI hanno pertanto dimostrato unicamente che tali banane, oltre che per stampaggio, potrebbero essere realizzate, sebbene con minore precisione, proiettando il pezzo contro opportuno punzone.

La qual cosa potrebbe essere forse di interesse per la società Mc Donnell-Douglas, produttrice del velivolo, ma certamente non è in grado di portare alcuna significativa evidenza atta a sostenere l'ipotesi di esplosione.

I PCH ritengono quindi che anche il nuovo esame dell'ipotesi di esplosione interna effettuato considerando la pertinente documentazione attualmente disponibile, non abbia portato alcun utile elemento per modificare la loro posizione di critica nei riguardi di essa riportata sia nella Nota Aggiuntiva, sia nei documenti "Quesiti a chiarimento posti dall'AG - Risposte formulate dai CTU C. Casarosa e M. Held", "Osservazioni sui commenti generali dei consulenti di parte inquisita".

In conclusione si stima che tale ipotesi, sebbene tecnicamente formulabile principalmente sulla base delle deformazioni dei frammenti AZ497 e AZ534 e delle caratteristiche di frammentazione della parte posteriore destra della fusoliera (zona toilette), non possa essere esaustiva in quanto affetta da innumerevoli e sostanziali elementi di dubbio non rimossi né attenuati dai nuovi esami. "Questi elementi e, in particolare, la mancanza di segni primari di esplosione, pur non essendo in grado di portare all'esclusione dell'ipotesi stessa, ne determinano certamente un sostanziale indebolimento rendendo quindi lecita la formulazione di ipotesi alternative, come quella della quasi collisione che, in modo analogo a quanto fatto per l'ipotesi esplosione, sarà di seguito revisionata criticamente".

Quanto all'ipotesi di quasi collisione per formularla nella PT erano stati considerati tre eventi principali derivanti sia dall'esame del relitto, sia dalle indagini radaristiche compiute nell'ambito della PT. Dall'esame del relitto era stato infatti possibile constatare la rottura della parte esterna della semiala sinistra con deflessione verso il basso ed il cedimento delle sezioni critiche del velivolo quando sottoposto a sovrasollecitazione per superamento del massimo valore del fattore di carico.

"Al verificarsi della quasi collisione, le analisi di tipo fluidodinamico, effettuate nell'ipotesi di stazionarietà del fenomeno e riportate nella PT, hanno dimostrato che la particolare distribuzione di pressioni sull'ala dovuta a variazioni di angoli di incidenza locali indotte dal fenomeno di downwash derivante dal passaggio dell'ala del velivolo interferente in zona prossima all'ala del DC9, possono determinare una sovrasollecitazione tale da portare opportune sezioni dell'ala stessa a superare i carichi di rottura, con deflessione verso il basso.

Nella PT si è ipotizzato che il velivolo interferente potesse provenire dai settori di poppa del DC9, con velocità non sostanzialmente diversa da quella del DC9 stesso, come schematicamente indicato in Fig.1 (Fig.IX-71 di PT).

Sempre nella PT è stato valutato, utilizzando opportuno programma di simulazione, come il distacco dell'estremità della semiala sinistra possa indurre sul velivolo fenomeni aeromeccanici tali da portarlo a superare abbondantemente il massimo valore del fattore di carico di progetto, innescando quindi la serie di rotture secondo la sequenza individuata dall'esame del relitto.

L'ipotesi di rottura dell'estremità della semiala sinistra per fenomeno di quasi collisione può quindi determinare una frammentazione del velivolo non in disaccordo con i dati oggettivi derivanti dalle analisi tecniche sul relitto e sulle caratteristiche di ritrovamento dei frammenti stessi.

E' evidente come per sostenere tale ipotesi occorresse verificare che, al momento dell'incidente, in zona adiacente al DC9 fosse presente almeno un altro velivolo.

Come in precedenza ricordato, le indagini radaristiche effettuate nella PT non avevano escluso che i plots -17b÷19 potessero essere associati a velivoli di bassa cross-section che percorrevano una traiettoria da Ovest ad Est, incrociando la rotta del DC9 al momento dell'incidente, ma l'accettazione di tale ipotesi avrebbe richiesto altre evidenze.

I PCH, assumendo come evento esterno atto a confermare la presenza di un velivolo il ritrovamento del ben noto serbatoio sganciabile lungo una delle traiettorie ricostruibili attraverso i predetti plots, hanno stimato probabile la presenza di un velivolo nelle adiacenze del DC9 che avrebbe potuto effettuare il rilascio del serbatoio stesso.

Inoltre essi hanno considerato anche i plots di radar primario ottenuti durante una prova di intercettamento di un DC9 da parte di un F104, effettuata nell'ambito di precedenti perizie relative all'incidente di Ustica (sperimentazione del 1985), rilevandone una sostanziale analogia di dislocazione con i predetti plots -17b÷19, come verificabile in Fig.2 (Fig.VIII-12 di PT).

Questa caratteristica è stata quindi ritenuta come ulteriore evento esterno atto a confermare la presenza di almeno un velivolo nel cielo dell'incidente.

Pertanto i PCH hanno ritenuto l'ipotesi di incidente per quasi collisione tecnicamente formulabile in quanto, a loro parere, non era escludibile la presenza di velivoli nelle adiacenze del DC9 ed in quanto la rottura in volo dell'estremità della semiala sinistra sarebbe stata in grado di determinare una frammentazione del velivolo con sequenza congruente con quanto rilevabile sul relitto e con quanto deducibile dalle caratteristiche di ritrovamento dei frammenti".

Inoltre, in base all'osservazione che una qualunque missione di riconoscimento e/o di intercettazione generalmente è effettuata da una coppia di velivoli, Casarosa e Held supponevano che la traiettoria individuata dai plots radar potesse essere percorsa da due velivoli secondo lo schema di Fig.3 (Fig.VIII-10 di PT), riuscendo, in questo modo, a giustificare anche l'esistenza del plot 1, non altrimenti interpretabile.

"Nella PT è stato chiaramente riportato come questo schema fosse del tutto indicativo a causa del ben noto ampio intervallo di tolleranza in azimuth che caratterizza i predetti plots e, di conseguenza, da esso fosse deducibile la sola principale informazione che le traiettorie ipotizzate potevano essere considerate congruenti con le tipiche caratteristiche aeromeccaniche dei velivoli da combattimento dell'epoca ed in grado di portare un velivolo in prossimità del DC9 al momento dell'incidente (t = 0 nello schema)".

Ma questa ipotesi ha subito nel tempo serrate critiche, specialmente da parte dei CPI che hanno preso spunto anche da una analisi teorica effettuata dal prof. Försching dalla quale emergeva che l'analisi statica del fenomeno effettuata in PT portava a sopravvalutare l'entità del fenomeno stesso.

Lo schema di Fig.3 è stato criticato principalmente nei documenti ""Osservazioni e commenti del generale di S.A. Melillo Corrado sulla relazione del collegio peritale coordinato dal prof. Aurelio Misiti", "Ulteriori commenti ed osservazioni del generale di S.A. Melillo Corrado sulla perizia tecnica del collegio peritale coordinato dal prof. A Misiti", "Ulteriori riflessioni del generale di S.A. Melillo Corrado sulle imputazioni rivoltegli dal Giudice Istruttore Priore alla luce della perizia tecnica del collegio peritale Misiti e dei recenti eventi ad essa connessi" e "Replica a taluni rilievi mossi dal prof. ing. Carlo Casarosa a documenti prodotti dal generale Melillo Corrado concernenti commenti ed osservazioni alla perizia tecnica del collegio peritale coordinato dal prof. Misiti" utilizzando metodologie di indagine non corrette, come ampiamente discusso nei documenti "Osservazioni sui documenti depositati dal generale Corrado Melillo nel periodo 22 settembre 94÷10 marzo 95" e "Alcune considerazioni del prof. C. Casarosa sul documento presentato dal generale Melillo in data 23 dicembre 95" ai quali si rimanda per maggiori informazioni.

Nell'ambito di queste discussioni e per rendere più congruente lo schema con l'ipotesi di quasi collisione, esso è stato modificato come riportato in Fig.4 (Fig.1b dell'ultimo documento Casarosa citato) in modo da evidenziare come il velivolo interferente avesse potuto provenire dai settori di poppa del DC9, sempre con traiettoria congruente con le tipiche caratteristiche aeromeccaniche dei velivoli da combattimento dell'epoca.

"Nel documento "Investigations of the Structural Response on Aircraft Wing Due to an Aerodynamic Impact Load Acting at the Wing Tip" l'ipotesi di quasi collisione era stata esaminata supponendo che i due velivoli si fossero incrociati volando uno incontro all'altro, stimando quindi una velocità relativa DU=250m/sec, come indicato in Fig.5.

Indicando con c=2.5 m la corda media dell'ala del DC9, il tempo t di durata dell'impulso di forza agente sull'ala stessa è stato valutato in "Investigations of the Structural Response on Aircraft Wing Due to an Aerodynamic Impact Load Acting at the Wing Tip":

 

Prendendo come riferimento questo tempo caratteristico, il prof. Försching aveva poi valutato che la massima deflessione dinamica dell'ala del DC9 causata dall'impulso di carico aerodinamico dovuto all'interferenza era solo dell'ordine del 40% della deflessione dell'ala che si avrebbe applicando in modo statico lo stesso picco di carico, come effettuato nella PT.

Questo comportamento era giustificato dal fatto che il tempo t=0.02 sec era troppo breve in paragone al periodo T1=0.2 sec del primo modo proprio flessionale dell'ala.

A causa di questa attenuazione dovuta al fenomeno dinamico, il prof. Försching aveva poi valutato come il momento flettente agente sull'ala non sarebbe stato sufficiente a determinarne la rottura, come invece poteva ottenersi dall'analisi statica effettuata in PT.

Poichè fu fatto osservare al prof. Försching che l'ipotesi di quasi collisione prevedeva invece la provenienza del velivolo interferente dai settori di poppa del DC9, nella nota aggiuntiva del 7 giugno 93 egli precisava che le conclusioni raggiunte in "Investigations of the Structural Response on Aircraft Wing Due to an Aerodynamic Impact Load Acting at the Wing Tip" erano da ritenersi valide solo nel caso di incrocio fra i due velivoli tale da dare una differenza di velocità (U compresa nel campo da subsonico a transonico, ritenendo questo possibile anche con un velivolo proveniente dai settori di poppa del DC9 purchè dotato di velocità supersonica.

Infatti, in questo caso, essendo la velocità del DC9 al momento dell'incidente di circa 238m/sec (M=0.77; 855km/h), per avere una differenza di velocità relativa di circa 250 m/sec e, di conseguenza, un valore di t=0.02 sec, sarebbe stato necessario che il velivolo interferente avesse avuto una velocità di 488m/sec (238+250) pari a M=1.57.

E' evidente come questa non sia l'ipotesi formulata nella PT, nella quale è chiaramente indicato che la differenza di velocità fra i due velivoli avrebbe potuto essere di minore entità e, pertanto, la costante di tempo t avrebbe potuto essere diversa da quella ipotizzata in "Investigations of the Structural Response on Aircraft Wing Due to an Aerodynamic Impact Load Acting at the Wing Tip" e "Nota aggiuntiva al precedente documento", tale da poter ritenere validi i risultati ottenuti nell'ipotesi di fenomeno statico.

Infatti, supponendo, ad esempio, che la velocità del velivolo interferente fosse stata dell'ordine di M=0.85 (263m/sec; 948km/h), sufficiente per effettuare con decisione il sorpasso, la costante di tempo t sarebbe stata dell'ordine di 0.2 sec, quindi dieci volte più grande di quella ipotizzata in questi ultimi due documenti e pari al valore T del periodo del primo modo proprio flessionale dell'ala, come riportato nel documento Försching del 4 giugno 93 (T=0.2 sec).

Nella Fig.6, tratta da questo documento, è riportata la funzione dalla quale dipende il rapporto tra deformazione dinamica e deformazione statica dell'ala secondo la già citata relazione:

 

Introducendo in essa il valore di max Ri(t), si ottiene:

 

Limitando l'analisi al primo modo flessionale dell'ala (ai=1.875; T=0.2 sec) al quale si trasferisce la parte di gran lunga più importante dell'energia aerodinamica, dalla precedente si ottiene:

 

Per t=0.2 sec si ha t/T=1 e, dal grafico di Fig.6, maxRi=1.75.

Sostituendo nella precedente si ottiene quindi:

 

Si può quindi osservare che nel caso in esame e, cioè, per velivolo interferente proveniente dai settori di poppa del DC9 con velocità dell'ordine di M=0.85, il massimo spostamento causato dal carico aerodinamico impulsivo non sarebbe attenuato nei riguardi dello spostamento che si avrebbe nel caso che l'impulso agisse come carico statico, ma risulterebbe amplificato di un fattore pari a 1.699 (overshot).

Di conseguenza non si avrebbe neppure attenuazione delle sollecitazioni sull'ala nei riguardi di quelle calcolate in modo statico, come sostenuto nella relazione Försching del 4 giugno 93.

L'overshot è fisicamente comprensibile in quanto l'ala, in questo caso, verrebbe sollecitata ad una frequenza prossima a quella del suo primo modo flessionale.

Si può comunque osservare che l'overshot di 1.699 è certamente eccessivo in quanto derivante da una teoria approssimata, nella quale non è stato tenuto conto dello smorzamento aerodinamico e strutturale, come riportato nella relazione.

Supponendo un effetto di smorzamento che riduca del 30% lo spostamento dinamico, come indicato, si avrebbe ancora un overshot di circa 1.3 (1.699x0.7) sufficiente ad affermare che i risultati derivanti dall'analisi statica effettuata in PT risultano non solo validi ma anche conservativi rispetto a quelli deducibili dall'analisi dinamica.

A conclusione di queste osservazioni, si può anche osservare come i risultati delle analisi statiche esposti in PT abbiano evidenziato la forte dipendenza dei carichi aerodinamici agenti sull'ala sinistra del DC9, a seguito della quasi collisione, dalla distanza verticale dei due velivoli e dal fattore di carico al quale potrebbe operare il velivolo interferente.

Pertanto, opportune scelte sia del parametro t, sia della distanza verticale dei due velivoli sia, infine, del fattore di carico caratterizzante il velivolo interferente, potrebbero certamente consentire di individuare una condizione di carico tale da determinare la rottura dell'estremità della semiala sinistra del DC9 anche in presenza di fenomeni di smorzamento superiori a quelli ipotizzati.

I PCH hanno pertanto sempre ritenuto che le critiche rivolte all'ipotesi di quasi collisione sia in epoca precedente che successiva al deposito della PT, non avessero consistenza tale da inficiare l'ipotesi stessa.

Di conseguenza essi non hanno modificato nel tempo la loro posizione nei riguardi di essa, confermando sempre quanto esposto nella Nota Aggiuntiva e in "Quesiti a chiarimento posti dall'AG - Risposte formulate dai CTU C. Casarosa e M. Held" e, cioè, che l'ipotesi di quasi collisione, come causa dell'incidente, era formulabile anche se in subordine a quella di esplosione interna a causa delle incertezze sulla presenza di velivoli in prossimità del DC9 sostenute dai radaristi nell'ambito della PT.

Lo scenario radar descritto nel precedente Par.3, desunto dai risultati della NPR, ha introdotto elementi nuovi che hanno spinto i PCH a rivedere l'ipotesi di quasi collisione a suo tempo formulata e, soprattutto, a rivedere la posizione di tale ipotesi nei riguardi dell'esplosione interna, come sarà esposto nei successivi paragrafi".

Secondo Casarosa e Held l'elemento fondamentale che emerge dalla NPR e induce alla revisione dell'ipotesi di quasi collisione, è la presenza di un velivolo non identificato che navigava di conserva al DC9, presumibilmente nel tentativo di eludere la sorveglianza dei radar. Questo parrebbe essere il velivolo che dà origine al fenomeno di quasi collisione. E sarebbe ampiamente giustificata l'ipotesi a suo tempo formulata in PT secondo cui il velivolo interferente provenisse dai settori di coda del DC9 con velocità non sostanzialmente diversa da esso.

"Poichè il DC9 volava alla velocità di circa 855km/h (238m/s; M=0.77) una velocità del velivolo interferente di circa 948km/h (263m/sec; M=0.85) sarebbe stata sufficiente per effettuare il sorpasso.

Come in precedenza riportato, la velocità relativa fra i due velivoli sarebbe stata quindi non superiore a 25m/sec, determinando una costante di tempo t dell'ordine di 0.2 sec che è tale da far ritenere l'analisi effettuata in PT nell'ipotesi di fenomeno statico non solo valida ma anche conservativa rispetto all'ipotesi di fenomeno dinamico.

A completamento di quanto in esposto, si può ulteriormente osservare che dall'esame del grafico di Fig.6 discende che elevati valori del max Ri(t), tali da non determinare attenuazioni di deformazioni dinamiche rispetto a quelle statiche, possono ottenersi per rapporti t/T compresi approssimativamente fra 0.5÷1.25.

Per T=0.2 sec si hanno i corrispondenti valori di t=0.1 sec e t=0.25sec.

La differenza di velocità relativa avrebbe potuto essere quindi dell'ordine di 50÷20m/sec con conseguenti velocità del velivolo interferente di circa 1037÷929km/h (M=0.9÷0.83). La velocità di volo del velivolo interferente necessaria per rendere possibile il fenomeno non è quindi un parametro critico, potendo essa variare in un intervallo di tolleranza sufficientemente ampio.

Da questa osservazione discende anche come il fenomeno della quasi collisione nella forma ipotizzata in PT possa verificarsi solo per velocità relative di incrocio comprese in opportuno intervallo, dipendente dalle caratteristiche di rigidezza delle strutture alari dei due velivoli coinvolti, tali da determinare una costante di tempo t non troppo diversa dal periodo T del primo modo flessionale delle ali di almeno uno dei due velivoli.

Per valori di velocità relative opportunamente esterni a tale intervallo, le attenuazioni di natura dinamica correttamente evidenziate in "Investigations of the Structural Response on Aircraft Wing Due to an Aerodynamic Impact Load Acting at the Wing Tip" non renderebbero possibile il verificarsi del fenomeno stesso.

Ciò premesso, sulla base delle informazioni desumibili dalla NPR riportate nel precedente Cap.3, i PCH hanno elaborato lo schema di Fig.7.

In esso si può osservare come siano state ritenute ancora valide le traiettorie dei velivoli 1 e 2 che nella NPR hanno trovato conferma e, in più, sia stato riportato il velivolo 3 che navigava di conserva al DC9.

Lo schema, basato sulla ragionevolmente certa presenza dei tre velivoli, sarebbe congruente con una operazione di intercettazione e/o riconoscimento effettuata dai velivoli 1 e 2 nei riguardi del velivolo 3.

Durante questa operazione il velivolo 3 potrebbe avere accelerato superando il DC9 e, contemporaneamente, virato verso Est per sfuggire all'azione dei velivoli 1 e 2, percorrendo la traiettoria schematizzata in figura.

In questa fase potrebbe essersi verificata la quasi collisione, essendo il velivolo 3 nelle migliori condizioni per provocarla. Infatti esso avrebbe potuto trovarsi con velocità non troppo superiore a quella del DC9 e, per di più, sotto fattore di carico derivante dalla virata.

Alcune decine di secondi dopo l'incidente, i tre velivoli si sarebbero trovati in rotta verso le coste della Calabria con il velivolo 3 in posizione avanzata ed i velivoli 1 e 2 immediatamente seguenti.

L'unico sito radar che avrebbe potuto individuare tale evento, consentendo quindi di confermare o rigettare l'ipotesi, sarebbe stato il sito di Licola che, come noto, all'epoca dei fatti funzionava in modo fonetico-manuale.

E' altrettanto noto come le registrazioni cartacee di questo sito relative al giorno dell'incidente non siano attualmente più disponibili in quanto distrutte in epoca successiva all'incidente stesso".

Questo scenario rappresentato in Fig.7 con i velivoli in rotta verso la Calabria sarebbe, secondo il parere di questi periti, congruente con le deposizioni di almeno tre testimoni, che nella sera dell'incidente si trovavano rispettivamente sul Monte Cocuzzo, sulla spiaggia nei pressi di Torremezzo, e nella città di Cosenza, i quali hanno dichiarato di aver visto velivoli diretti verso l'interno della Calabria, provenienti dal mare, passando sopra il Monte Scuro, chiaramente identificabile attraverso le antenne televisive che su di esso si trovano (testimoni di Monte Cocuzzo e Cosenza). Uno scenario di questo tipo potrebbe anche fornire sempre secondo i detti periti, una chiave interpretativa del ritrovamento del relitto del MiG 23 libico sulla Sila, soprattutto se risultassero confermate quelle risultanze secondo cui la caduta di tale velivolo sarebbe avvenuta in epoca antecedente il 18 luglio, data del suo ritrovamento.

In conclusione con il nuovo scenario quale si desume dalla NPR si dà per ragionevolmente certa sia la presenza di un velivolo nella scia del DC9 sia la presenza dei due velivoli intersecanti la sua rotta, quest'ultima già ipotizzata dai PCH all'atto della formulazione dell'ipotesi di quasi collisione.

"E' evidente come sulla base di questo differente scenario si possa ipotizzare che la quasi collisione sia stata determinata dal velivolo operante nella scia del DC9 al momento del sorpasso di esso e durante la virata verso la costa, come schematicamente indicato nella Fig.7, nel tentativo di sfuggire all'operazione di intercettazione e/o riconoscimento posta in atto dai velivoli 1 e 2 dello schema.

Tale schema non può essere convalidato da rilevamenti radar in quanto l'unico sito in grado di effettuarli era quello di Licola, operante all'epoca in fonetico-manuale, la cui documentazione non è più disponibile, essendo stata distrutta in epoca successiva all'incidente.

Lo schema, dal quale emerge che alcune decine di secondi dopo l'incidente tre velivoli avrebbero fatto rotta verso le coste della Calabria, risulterebbe comunque in accordo con le deposizioni di almeno tre testimoni presenti nella zona che sarebbe stata sorvolata dai tre velivoli e che dichiarano di averli visti la sera dell'incidente, come risulta agli atti...

Tale schema fornirebbe anche una chiave interpretativa per il problema del ritrovamento del relitto del MiG 23 libico sui monti della Sila che, sempre da documenti agli atti, sembrerebbe caduto in data antecedente al suo ritrovamento".

Di conseguenza, a seguito di questa analisi critica, Casarosa e Held stimano che siano state rimosse le principali critiche di fondo all'ipotesi di quasi collisione ed essa possa assumere piena validità tecnica. Il confronto con l'ipotesi di esplosione interna può quindi essere effettuato unicamente sulla base dei risultati emergenti dall'analisi del relitto e delle sue caratteristiche di frammentazione

E quindi in primo luogo le considerazioni sulla frammentazione da esplosione interna.

"A parere dei PCH e come del resto sostenuto in "Quesiti a chiarimento posti dall'AG - Risposte formulate dai CTU C. Casarosa e M. Held", l'ipotesi esplosione interna può essere avanzata sulla base delle deformazioni dei frammenti AZ947 e AZ534 nonché sulle caratteristiche di frammentazione della zona toilette, anche se quest'ultimo elemento fornisce una informazione parziale in quanto, di tale zona, è stata recuperata solo una minima parte di frammenti.

A questo proposito i PCH vorrebbero ricordare come agli inizi delle indagini, quando era disponibile solo una minima parte dei frammenti in quanto il recupero era in corso di svolgimento e tenendo conto di quanto esposto in precedenti perizie, l'esplosione interna era stata ipotizzata nella parte anteriore destra della fusoliera e, successivamente, nella parte centrale, poiché sembrava comprovata dalle caratteristiche di deformazione e frammentazione di alcuni reperti.

Il procedere del recupero ed il ritrovamento di frammenti appartenenti alle predette zone hanno poi portato ad escludere fenomeni esplosivi in prossimità di esse.

Questa esperienza, a parere dei PCH, dovrebbe essere tenuta in grande evidenza nel formulare l'ipotesi di esplosione nella toilette, in quanto si potrebbe essere di fronte ad un problema analogo, mancando gran parte dei reperti della zona.

Un ipotetico recupero di essi potrebbe anche non confermare l'ipotesi, tenendo conto della presenza dell'ulteriore fondamentale elemento di critica derivante dalla assoluta mancanza di segni primari di esplosione.

D'altra parte anche le modalità di frammentazione in volo del velivolo non risultano in perfetto accordo con l'ipotesi di esplosione interna.

In particolare, se da una parte essa renderebbe ragione della frammentazione della parte posteriore-destra della fusoliera ed in particolare del distacco immediato del motore destro e della fiancata destra, dall'altra male si accorderebbe con il fatto oggettivo della rottura dell'ordinata di forza 642 e del susseguente distacco per "pelatura" della rimanente parte posteriore della fusoliera sovrastante il pavimento nonché del tronco di coda, senza che su questi elementi, come del resto sulla stessa fiancata destra, sia visibile un effetto di sovrappressione dall'interno.

La frammentazioni di questi elementi è infatti attribuibile a fenomeni meccanici e non detonici, come è risultato dalle perizie frattografiche ed esplosivistiche.

Anche il distacco dell'estremità della semiala sinistra, potendosi interpretare come evento primario verificatosi sul velivolo, non sarebbe in accordo con l'ipotesi di esplosione, come in precedenza discusso.

I PCH rimandano poi alla documentazione agli atti per quanto riguarda le critiche da essi avanzate ai ritrovamenti di tracce di esplosivi, fibre globularizzate, schegge e quant'altro attribuibile a fenomeni esplosivi, che, tra l'altro, se confermati, posizionerebbero il punto dell'esplosione non all'interno della toilette ma nel bagagliaio anteriore (dove erano stivati i bagagli) o nella parte centrale della fusoliera, zone assolutamente escludibili in base all'esame del relitto".

Casarosa e Held confermano quanto da essi sempre sostenuto, e cioè che l'ipotesi di esplosione interna sia affetta dalla principale incertezza dovuta alla mancanza di segni primari di essa nella zona interessata e dalla ulteriore incertezza derivante dal non perfetto accordo con l'ipotesi di frammentazione in volo del velivolo. La mancanza di segni primari di per sé sarebbe sufficiente ad escludere l'ipotesi, come del resto fatto a proposito del "missile", ma l'effetto di tale mancanza è attenuato dal fatto che, contrariamente all'ipotesi missile, non si può escludere che essi possano essere presenti nella parte mancante.

Di seguito le considerazioni sulla frammentazione da quasi collisione Casarosa e Held a questo punto ritengono di poter rimuovere le critiche di base sempre formulate nei riguardi di questa ipotesi, considerandola tecnicamente valida al pari dell'ipotesi di esplosione interna. L'esame del relitto e delle sue caratteristiche di frammentazione, in linea di massima e fatte salve alcune precisazioni che saranno di seguito effettuate, risultano in accordo con l'ipotesi di quasi collisione. In particolare risulta congruente con tale ipotesi il distacco della parte esterna della semiala sinistra interpretata come evento primario verificatosi sul velivolo. In seguito a tale evento, sul velivolo si sarebbero determinati effetti aeromeccanici tali da portarlo a superare i massimi valori del fattore di carico con conseguente rottura in corrispondenza delle sezioni critiche, con le modalità verificabili sul relitto.

"In particolare, tenendo conto dei fenomeni di pitch-up e di accelerazione in rollio derivanti dalla predetta rottura della semiala sinistra, sarebbero ampiamente giustificate le sequenze di rottura del motore destro e sinistro e le modalità di rottura meccanica dell'ordinata di forza 642 con conseguente distacco e "pelatura" in direzione contraria al moto degli elementi di struttura compresi fra detta ordinata ed il tronco di coda.

Infine, gli elevati valori di angolo di derapata ragionevolmente derivanti dallo squilibrio della resistenza sulle due semiali, potrebbero aver determinato sia l'inclinazione rispetto all'asse longitudinale del velivolo delle segnature visibili su alcuni frammenti della parte superiore della fusoliera in zona posteriore all'ordinata 642, attribuiti in altra sede alla proiezione laterale di essi per effetto dell'esplosione sia, in concomitanza con gli elevati valori del fattore di carico, la rottura del bordo di attacco del timone verticale, elemento critico nei riguardi della situazione di carico descritta".

Ma Casarosa e Held non nascondono quegli aspetti di questa ricostruzione che possono esser soggetti a critica.

"Non è escludibile, comunque, che tale rottura possa essere avvenuta anche in seguito all'impatto del tronco di coda con la superficie del mare. Anche nel caso di ipotesi di quasi collisione, l'accordo con le modalità di frammentazione del relitto non è ovviamente perfetto. In caso contrario l'ipotesi dovrebbe ritenersi ragionevolmente certa. Il principale elemento che contrasta è il tipo di frammentazione della parte posteriore destra del velivolo corrispondente alla zona toilette che risulta eccessivamente esteso ed indicherebbe un impulso di energia certamente superiore a quello che potrebbe derivare da fenomeno di quasi collisione. Anche in questo caso, però, la mancanza della maggior parte di questa zona non esclude che i rimanenti frammenti non recuperati possano presentare una frammentazione di tipo diverso ed in maggior accordo con l'ipotesi e, pertanto, la predetta tipologia di frammentazione non può ritenersi tale da portare ad escludere l'ipotesi.

Sulla base di quanto riportato nei precedenti paragrafi, i PCH ritengono che l'ipotesi di quasi collisione sia quella che consente di fornire una migliore chiave interpretativa alle modalità di frammentazione in volo del velivolo rispetto all'ipotesi di esplosione interna.

I PCH ritengono che allo stato delle conoscenze, la quasi collisione sia da considerarsi come evento più probabile dell'esplosione interna nella produzione dell'incidente. E ciò perché, in estrema sintesi, il riesame critico dell'ipotesi della quasi collisione alla luce della principale documentazione attualmente disponibile ha consentito di rimuovere le principali critiche di fondo rivolte all'ipotesi stessa, principalmente derivanti dall'incertezza sulla presenza di velivoli nell'intorno del DC9, dalla possibilità che il velivolo 2 di Fig.3 avesse potuto determinare l'interferenza e dalla ipotizzata attenuazione degli effetti di interferenza derivante da fenomeni dinamici.

E perchè lo stesso riesame critico effettuato nei riguardi dell'ipotesi esplosione interna non ha invece consentito di rimuovere i principali dubbi derivanti dalla mancanza di tracce primarie dell'esplosione stessa e dal non perfetto accordo con l'ipotesi di frammentazione in volo del velivolo.

Queste infine le conclusioni del documento.

"1 - La revisione critica delle modalità di frammentazione del relitto, tenendo conto di quanto esposto nella PF e successivamente meglio specificato dal CF, ha portato a privilegiare l'ipotesi che la rottura in volo dell'estremità della semiala sinistra sia da considerarsi come evento primario verificatosi sul velivolo e, pertanto, meglio in accordo con l'ipotesi di quasi collisione, che l'avrebbe determinato, che con l'ipotesi di esplosione interna.

2 - La revisione critica dell'ipotesi esplosione interna sulla base dei pertinenti documenti attualmente disponibili non ha consentito ai PCH di modificare il giudizio su di essa a suo tempo formulato e, cioè, che tale ipotesi, sebbene tecnicamente formulabile principalmente sulla base delle deformazioni dei frammenti AZ497 e AZ534 e delle caratteristiche di frammentazione della parte posteriore destra della fusoliera (zona toilette), non possa ritenersi esaustiva in quanto affetta da innumerevoli e sostanziali elementi di dubbio, non rimossi né attenuati da tale nuovo esame.

3 - La revisione dell'ipotesi di quasi collisione alla luce di tutta la documentazione critica ad essa relativa, non ha dato sufficienti elementi ai PCH per modificare la propria posizione nei riguardi di tale ipotesi discussa sia nella Nota Aggiuntiva, sia nella successiva documentazione prodotta in risposta a quesiti e/o critiche formulate dalle parti.

Il nuovo scenario di Fig.7 desumibile da quanto esposto nella NPR, ha invece consentito ai PCH di rimuovere le principali critiche di base formulate nei riguardi di essa principalmente derivanti dall'incertezza sulla presenza di velivoli nell'intorno del DC9, dalla possibilità che il velivolo 2 di Fig.3 avesse potuto determinare l'interferenza e dalla ipotizzata attenuazione degli effetti di interferenza derivante da fenomeni dinamici.

A parere dei PCH, l'ipotesi di quasi collisione può pertanto ritenersi tecnicamente valida al pari dell'ipotesi di esplosione interna.

4 - La revisione critica delle modalità di frammentazione ha consentito ai PCH di ritenere che l'ipotesi di quasi collisione sia quella che consente di fornire una migliore chiave interpretativa alle modalità di frammentazione in volo del velivolo rispetto all'ipotesi di esplosione interna.

5 - L'ipotesi di quasi collisione fornirebbe la migliore chiave interpretativa dello scenario schematizzato nella Fig.7 e dei fatti che con esso potrebbero essere connessi.

Per questi motivi i PCH hanno concluso che allo stato attuale delle conoscenze, la quasi collisione possa essere considerata come evento più probabile dell'esplosione interna nella produzione dell'incidente".

(segue elenco delle figure citate)

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