Capitolo CII

Ricostruzione dei fatti Algostino-Pent-Vadacchino
24.03.99

Al termine del periodo di deposito degli atti per le difese i consulenti delle parti civili Bonfietti ed altri depositavano documento definitivo delle ricerche e degli studi condotti, dal titolo "Ricostruzione dei fatti avvenuti la sera del 27 giugno 80 nel cielo di Ustica" a firma Algostino, Pent e Vadacchino. La conclusione cui essi pervengono è quella secondo cui la causa del disastro è stato un missile lanciato presumibilmente contro uno degli aerei che avevano accompagnato il DC9 durante il suo volo da Bologna. E questo scenario è, nel parere di questi consulenti, il solo in grado di giustificare la globalità dei dati acquisiti, anche se alcuni dettagli non appaiono completamente chiariti a causa del fatto che la quasi totalità delle indagini, degli esperimenti e dei documenti acquisiti dal collegio Misiti è stata dedicata all'ipotesi bomba. Ed anche buona parte - si deve aggiungere da parte di questo GI - dell'attività istruttoria, che, a mano a mano che da quei periti d'Ufficio si avvalorava l'ipotesi dell'esplosione interna, s'indirizzava verso indagini e ricerche di riscontri su questa pista. E questo non solo nella perizia principale - sostengono i consulenti di parte civile - ma anche in tutte quelle collegate alla Misiti, tutte dedicate a questa ipotesi, cioè quella dell'ordigno all'interno del velivolo. E in effetti tale giudizio deve essere condiviso, perchè a lungo si procedette anche nelle altre perizie esclusivamente o quasi alle verifiche di quella ipotesi e di quanto veniva dicendo il collegio Misiti.

Certo un risultato da queste gravose attività si è avuto - ed anche su questo punto il giudizio di questa consulenza deve essere condiviso - cioè quello di escludere la tesi della bomba, una volta e per tutte.

In primo luogo questo collegio di consulenti richiama la metodologia utilizzata ovvero quella del cosiddetto albero delle probabilità.

Cioè in sintesi: se nel dovere scegliere tra varie ipotesi si riesce ad escluderle tutte ad eccetto di una, quest'ultima ha un grado di certezza equivalente a quello che si sarebbe avuto nel caso che essa fosse stata dimostrata direttamente.

"L'utilizzo dell'albero delle probabilità è in realtà la fase conclusiva di un processo che si basa sulla capacità di poter accettare o rifiutare le singole ipotesi, tenendo conto che questo processo ha ovviamente sempre un carattere probabilistico: l'utilizzo di questo metodo si ha infatti quando nessuna ipotesi è di per sè dimostrata. La parte più delicata di questo processo sta nel fatto che le modalità con le quali si decide l'accettazione di una ipotesi e quelle di un suo rifiuto non hanno difficoltà equivalenti.

Si può esemplificare questo fatto riferendosi alle problematiche che appartengono a questa indagine: l'acquisizione di un detonatore permette di accettare con sicurezza l'ipotesi bomba, mentre la non acquisizione di un detonatore permette di accettare con sicurezza l'ipotesi bomba, mentre la non acquisizione impone sempre di chiedersi se ciò è dovuto all'assenza di bomba o al mancato rinvenimento del detonatore. L'accettazione di una ipotesi può essere cioè fatta sulla base dell'acquisizione di un singolo significativo elemento, mentre la sua esclusione ha bisogno di una ben più complessa mole di dati.". Da cui una forte critica al collegio Misiti che, in assenza di ogni segno di bomba, avrebbe dovuto porre in essere una estesa campagna di esperimenti e simulazioni relativi all'ipotesi bomba, ma poi trarne tutte le conseguenze che i risultati così ottenuti imponevano. "Questa oggettiva difficoltà è stata invece male utilizzata dalla commissione Misiti la quale, oltrepassando ampiamente i limiti della correttezza scientifica, ha sempre considerato l'assenza di indizi come mancato ritrovamento, e gli indizi contrari come irrilevanti.". E quindi riportavano quanto già detto nel documento del 22.11.94: "Esistono anche elementi contrari all'ipotesi; con un puro gioco verbale invece per la commissione Misiti, gli elementi contrari alla tesi da loro privilegiata vengono degradati ad elementi che non forniscono convalide."

Gli scenari che i consulenti di parte prendono in considerazione sono: 1. l'esplosione esterna (missile), 2. la quasi collisione, 3.l'esplosione interna (bomba nella toilette).

Innanzi tutto quest'ultima ipotesi sulla quale si mostrano in accordo con quanto s'era concluso in requisitorie; "non era stata suggerita da nessuno degli elementi - indicativi di una esplosione; nde - sopra citati (ci si riferisce agli elementi indicatori di una esplosione) e anzi era con essi in contrasto. L'ipotesi derivava invece dalla constatazione della mancanza di una parte della fusoliera, che di conseguenza appariva essersi separata nelle fasi iniziali del collasso, unita alla valutazione delle modalità e dei tempi di collasso dell'aereo e dalle deformazioni patite da alcuni elementi strutturali.

Tutte le verifiche di questa ipotesi sono state sostanzialmente negative. Quelle non incompatibili trovano comunque ragionevole spiegazione alternativa. tutte si scontrano con la possibilità di giustificare, con una unica ipotesi di collocazione e di composizione dell'ordigno, i danni attribuiti ad esplosione, ma riscontrati in posizione incompatibili tra di loro.

Tutte si scontrano, ancora, con l'assenza di danni su parti dell'aereo recuperate e che sia per una semplice operazione logica, sia per le simulazioni all'elaboratore che, infine, per le prove sperimentali, non potevano non essere direttamente esposte agli effetti primari e secondari dell'esplosione.

Abbracciando quindi la teoria dell'"albero delle probabilità" si propongono di dimostrare che la causa della caduta del DC9 sia stato un missile esploso nei pressi dell'aereo. Riconoscono che l'impiego di questa tecnica di accertamento della verità è imposto dal fatto che per nessuno dei tre scenari sopra indicati è disponibile un dato tale da farlo accettare.

La via seguita è questa: l'individuazione, tenendo conto dei dati tecnici fattuali acquisiti, di quello dei tre scenari sopra indicati in grado di giustificarne il numero più ampio possibile; successivamente la verifica della inesistenza di dati in insanabile contrasto con lo scenario prescelto. Dividendo in primo luogo l'enorme mole dei dati tecnici disponibile, sia quelli connessi direttamente all'incidente, sia quelli acquisiti durante le indagini anche attraverso gli esperimenti e le simulazioni, secondo quattro criteri, e tenendo in conto sia della loro natura intrinseca, sia del loro rapporto logico con gli scenari sopra considerati.

I criteri in base ai quali i dati sono stati raggruppati possono essere così individuati: a. presenza di velivoli contigui al DC9; b. presenza di segni di esplosione; c. segni sul relitto; d. modalità di collasso.

Per quanto concerne "l'accreditamento fattuale" dei dati è noto come, sia per la natura intrinseca dei dati, "sia per le modalità con le quali essi sono stati acquisiti, il loro grado di affidabilità possa risultare diverso.". Addirittura per alcuni dei dati i consulenti affermano che "non è possibile conoscere le modalità con le quali essi sono entrati nell'inchiesta": come le schegge inviate al Rarde od anche, secondo questi consulenti, la questione della originalità ed integrità dei dati dei radar militari sui quali essi nutrono, ancora dubbi. Per altri, ad esempio per le registrazioni dei radar civili, esiste solo un problema di interpretazione dei dati.

Quanto alla presenza di segni di esplosione essi rilevano che l'individuazione della presenza delle tracce e del tipo di esplosivo è oggi affidabile al massimo: "si potrà discutere delle modalità con le quali quelle particolari molecole si sono venute a collocare sui punti nei quali sono stare trovate, ma non ci sono dubbi che si tratta di esplosivo e precisamente di T4 e TNT. Quanto alla individuazione e validazione dei segni di esplosione i consulenti riconoscono che: il criterio è qui meno discriminante, ma in considerazione delle indicazioni che si traggono dal buon senso e la letteratura tecnica sono in grado di affermare che, il complesso di questi elementi permette di dire che il DC9 ha sperimentato una esplosione.

Per quanto concerne il secondo passo, cioè la capacità discriminatrice dei quattro criteri rispetto ai tre scenari essa appare ai consulenti diversa; l'insieme di essi può tuttavia, sempre ad avviso degli stessi, considerarsi conclusivo rispetto alle cause dell'incidente.

"Analizzeremo nel seguito, in modo più analitico, i dati disponibili che costituiscono i quattro criteri sopra indicati, in particolare il loro accreditamento fattuale; è utile però, preliminarmente, esaminare la loro valenza discriminante rispetto ai tre scenari che descrivono le cause dell'incidente. gli scenari 1 (esplosione esterna dovuta ad un missile) e 2 (quasi collisione) richiedono ovviamente che sia positivo il criterio a, cioè che velivoli siano presenti nelle immediate vicinanze del DC9 al momento dell'incidente; si tratta di una condizione necessaria, ma che non è da sola sufficiente a discriminare tra i due scenari. In linea puramente teorica si è sostenuto che tale presenza non permetterebbe di escludere lo scenario 3 (esplosione interna nella toilette); va detto a questo proposito che una presenza puramente fortuita può essere considerata un evento altamente improbabile e comunque non darebbe conto della mancata segnalazione da parte dei piloti che, trovatisi nei pressi del DC9 esploso, dovevano sicuramente notare il fenomeno e lo avrebbero sicuramente segnalato; a meno che non si voglia credere alla bizzarra ipotesi che un ordigno sia stato collocato a bordo del DC9 a Bologna, ma la sua esplosione sia stata comandata da bordo di un aereo in volo vicino al DC9. Se invece non è fortuita, essa è necessariamente collegata all'avvenimento e tale collegamento può essere sensatamente pensato solo nell'ambito degli scenari 1 (esplosione esterna dovuta a missile) e 2 (quasi collisione). la presenza di aerei vicino al DC9 ha dunque una grande capacità discriminante; poichè abbiamo la certezza che aerei si sono trovati vicini al DC9 al momento dell'incidente, pensiamo che questo costituisca, oltre ovviamente alla totale assenza di segni favorevoli ed anzi la presenza di indicazioni contrarie, la dimostrazione più decisiva contro lo scenario 3 (esplosione nella toilette).

Va notato come i criteri b, c e d non siano tra di loro totalmente indipendenti: essi vanno in effetti considerati consequenziali, secondo un processo logico che vogliamo qui rendere esplicito. La presenza dei segni di esplosione (criterio b) può essere accertata in modo oggettivo a prescindere dalla storia degli elementi sui quali essi sono collocati ed in generale da tutti gli altri elementi.

Come è noto segni di esplosione, sia come tracce di esplosivo, che come segni caratteristici di contiguità ad una esplosione furono rinvenuti sui reperti del DC9 sin dal 1982; il rinvenimento di tracce di esplosivo è stato successivamente confermato in quantitativi ben superiori a quelli minimi rilevabili dalle analisi chimiche. La presenza dei segni di una esplosione permette di escludere che lo scenario 2 (quasi collisione) sia stata la sola ed esclusiva causa della caduta del DC9. Tali segni, a nostro avviso, convalidano maggiormente lo scenario 1 (esplosione esterna dovuta a missile) rispetto a quello 3 (esplosione all'interno della toilette); la caratteristica di questi segni di esplosione è infatti quella di non essere localizzati in un punto preciso del relitto e tanto meno di essere localizzati nella toilette, come sarebbe successo nel caso di esplosione di una bomba. Si noti che una esplosione interna può essersi verificata solo nella toilette; le parti del relitto che sono state recuperate permettono infatti di escludere che la eventuale bombe possa essere esplosa in qualsiasi altra parte del velivolo. Ammettendo pure che la discriminazione tra lo scenario 1 (esplosione esterna dovuta a missile) e 3 (esplosione interna alla toilette) possa essere opinabile se basata solo sul criterio b (presenza dei segni di esplosione), essa è però molto forte nei riguardi dello scenario 2 (quasi collisione); non possono esserci dubbi sul fatto che la presenza di segni di esplosione, di origine e di tipologie così diversificate sia incompatibile con lo scenario 2 di quasi collisione, ove questo venga considerato come unico ed esclusivo fattore causale.

L'accertamento della presenza di segni di esplosione acquista un significato nella vicenda qui in esame, se essi vengono riferiti al relitto, che è appunto quanto previsto dal criterio c. l'operazione di collegare, in modo scientificamente e logicamente corretto, i segni di esplosione al relitto rappresenta forse il passo più cruciale e delicato da compiere.

Tale collegamento permette in effetti di individuare la collocazione dell'esplosione e quindi di discriminare lo scenario 1 (esplosione esterna dovuta a missile) da quello 3 (esplosione interna di una bomba). La totale impossibilità di trovare una collocazione dei segni di esplosione coerente con lo scenario di una esplosione nella toilette, e la impossibilità di una collocazione alternativa, impongono di considerare, secondo il criterio c, lo scenario 3 (esplosione interna) come impossibile. Si deve a questo punto ritenere che, come scrivono i Pubblici Ministeri: "le difficoltà di individuare caratteristiche e posizione della bomba non siano un particolare secondario e che tali difficoltà derivino invece dal fatto che le parti recuperate della toilette non consentano di affermare che in quel vano si sia verificata un'esplosione."

Da tali argomentazioni i consulenti desumono che a questo punto l'albero delle probabilità indica lo scenario 1 come unico possibile. Si deve perciò, dato il carattere probabilistico delle precedenti affermazioni, accertare se lo scenario 1 incontra insuperabili difficoltà rispetto al criterio d, se cioè le modalità di rottura sono totalmente incompatibili con lo scenario 1. I consulenti affermano d'essere in grado dimostrare come il criterio d sia particolarmente a favore dello scenario 1.

"La caratterizzazione di scientificamente e logicamente corretto è stata da noi sintetizzata utilizzando il termine coerente, parola questa più volte utilizzata nelle memorie tecniche e non solo di questo procedimento. I Pubblici Ministeri, nella loro requisitoria riferendosi agli elementi indicatori di una esplosione, li definiscono tra loro incoerenti ed individuando i motivi della incoerenza dicono: le schegge provengono con ogni probabilità da elementi esterni o che si trovano lungo componenti esterne del velivolo; le particelle incombuste di esplosivo sono state rinvenute su oggetti che si trovavano certamente in un vano bagagli, ma anche su di un gancio all'interno della cabina passeggeri; il vestito di bambola è stato repertato tra i relitti della parte anteriore della cabina.

L'analisi di queste affermazioni necessita di un commento preliminare; l'incoerenza di un insieme di dati sperimentali non è definita in assoluto, ma è sempre riferita ad un criterio. I segni di esplosione possono essere veri o falsi, possono cioè essere dovuti ad una effettiva esplosione od essere dovuti ad altre cause che simulino le conseguenze di una esplosione, ma di per sè non possono essere incoerenti, non possono cioè avere una incoerenza interna. Pur tenendo conto del carattere aleatorio che ha ogni esplosione e quindi del fatto che i criteri di coerenza possono essere considerati non rigorosamente restrittivi, se essi sono veri devono essere coerenti con uno scenario di esplosione. In particolare la necessaria localizzazione spaziale dell'esplosione impone alcune restrizioni alla localizzazione dei segni dell'esplosione: impone cioè quella che si potrebbe chiamare coerenza spaziale. Nel caso in esame quindi non si può tanto parlare di incoerenza interna, ma piuttosto di incoerenza con lo scenario 3 di esplosione nella toilette.

Come abbiamo più volte fatto notare lo scenario 3 è stato sottoposto ad un ampio ed intenso esame, sia con la ricerca di tutti i possibili relitti appartenenti alla parte terminale del velivolo, sia con varie campagne di esperimenti: l'effettuazione di tutte queste ricerche era giustificata da valide motivazioni tecniche: in effetti tra le tre ipotesi sopra indicate, la terza è quella che implicherebbe segni sul relitto più numerosi ed anche più caratteristici. Torneremo più a lungo su questo punto: è doveroso fin d'ora affermare che l'assoluta assenza, sulla parte del relitto contigua alla toilette (motore destro e cono di coda), di segni di esplosione attribuibili ad una bomba obbliga ad escludere, di per sè sola, lo scenario 3. Si è voluto giustificare questa assenza sulla base del fatto che non sono state recuperate varie parti della toilette; nell'appendice A è mostrato, con una semplice analisi probabilistica, come sia molto improbabile che l'assenza dei segni sia dovuta al mancato recupero di alcune parti della toilette.

Il criterio D riguarda le modalità di rottura: è noto che molti sforzi sono stati fatti dalla Commissione Misiti per accertare la sequenza temporale e causale di tali rotture, con lo scopo di individuare la zona dell'aereo nella quale è iniziato il danneggiamento. La sequenza è stata individuata essenzialmente collegandola alla posizione dei relitti in mare: si è concluso in particolare che la prima parte ad essersi staccata è stata il motore destro, seguito quasi immediatamente dal motore sinistro, dalla parte finale della fusoliera e dalla parte estrema dell'ala sinistra. Questa modalità è stata confermata anche dalle analisi frattografiche.

Noi concordiamo con questa ipotesi, anche sulla base del fatto che il Flight Data Recorder (FDR) ed il Cockpit Voice Recorder (CVR) hanno cessato di funzionare, per la caduta dell'alimentazione elettrica, in un tempo talmente breve da essere incompatibile con il fatto che la prima parte a staccarsi possa essere stata l'ala sinistra. L'alimentazione elettrica è infatti fornita da un alternatore collegato al motore destro; ove si fosse staccata per prima l'ala sinistra il FDR avrebbe sicuramente avuto il tempo di registrare almeno la parte iniziale delle alterazioni di assetto di volo causate dalla perdita dell'ala sinistra. La sequenza di cessazione dell'alimentazione elettrica è stata individuata analizzando le registrazioni del CVR; la natura elettrica degli ultimi segnali registrati determina una sequenza temporale tale da fare pensare che il distacco del motore sinistro sia avvenuto dopo quello destro entro un breve intervallo di tempo. Dal criterio D, dal fatto cioè che la prima parte a staccarsi sia stato il motore destro si ricava quindi una ulteriore motivazione per escludere lo scenario 2 (quasi collisione). L'ipotesi della quasi collisione è infatti collegata al fatto che un velivolo passando con la propria ala sopra quella sinistra del DC9, ne abbia provocato la rottura. Va detto che esisterebbero ragioni più dirette per escludere tale ipotesi, basate sull'analisi dell'entità delle forze aerodinamiche necessarie in tale situazione ad operare la rottura dell'ala sinistra. A tale conclusione sarebbero giunti alcuni membri della Commissione Misiti secondo quanto si può leggere in un loro documento. Alla pagina 10 del documento 1, in una parte indicata come contributo specifico di Hans Försching, si dice appunto come dall'analisi dei segnali del CVR si possa dedurre con certezza che l'evento deve essersi prodotto direttamente nelle immediate vicinanze del generatore elettrico, ossia vicino al motore destro e si aggiunge, con una frase peraltro un poco oscura, che la improvvisa interruzione di potenza non può essere razionalmente spiegata con... una quasi collisione, per la quale Försching ha dimostrato che, anche nel peggiore caso di avvicinamento transonico, i carichi aerodinamici sarebbero troppo piccoli per produrre la rottura del sistema elettrico. Esistono in sostanza motivi diretti, anche a prescindere dalla presenza dei segni di esplosione, per considerare lo scenario della quasi collisione, quale unico scenario dell'incidente, non tecnicamente sostenibile: la presenza dei segni di esplosione permette di escluderlo in modo definito.

Come mostreremo nel capitolo finale di questa relazione l'esplosione di una testata missilistica nella parte anteriore destra permette di giustificare, anche quantitativamente, le modalità di rottura accertate del DC9 e quindi anche il criterio D è in perfetto accordo con lo scenario 1".

A questo punto i consulenti si sentono chiamati sul terreno epistemologico da alcuni membri della Commissione Misiti, cioè Casarosa e Held, nel documento "Osservazioni sui rilievi effettuati dai consulenti di parte civile" del 1°.06.95.

I consulenti avevano già notato nel loro documento del 27.10.95 "Analisi dello scenario fornito dai dati radar di Fiumicino" come per la Commissione Misiti lo scenario 3 e cioè "L'esplosione interna o bomba nella toilette" avesse il singolare stato di ipotesi priva di elementi anche potenzialmente contrari; la Commissione Misiti non aveva infatti mai esplicitato, quando proponeva ed effettuava simulazioni ed esperimenti allo scopo di verificare l'ipotesi bomba, quale fosse il risultato da considerare favorevole a questa ipotesi e quale invece dovesse considerarsi contrario. Questa posizione ha facilitato tra l'altro l'artificio retorico di definire i risultati contrari alla teoria come risultati che non forniscono convalide.

Da un punto di vista metodologico l'ipotesi bomba risulta essere un esempio di ipotesi non falsificabile - nel senso indicato da Popper K.R. in "Logica della scoperta scientifica" priva cioè dell'elemento essenziale per essere considerata scientifica. Infatti per citare direttamente Popper "...io ammetterò certamente come empirico, o scientifico, soltanto un sistema che possa essere controllato dall'esperienza. Queste considerazioni suggeriscono che, come criterio di demarcazione, non si deve prendere la verificabilità, ma la falsificabilità di un sistema. In altre parole: da un sistema scientifico non esigerò che sia capace di esser scelto, in senso positivo, una volta per tutte: ma esigerò che la sua forma logica sia tale che possa essere messo in evidenza, per mezzo di controlli empirici, in senso negativo: un sistema empirico deve poter essere confutato dall'esperienza.

(Così l'asserzione "domani qui pioverà o non pioverà" non sarà considerata una asserzione empirica semplicemente perchè non può essere confutata, mentre l'asserzione "qui domani pioverà" sarà considerata empirica)."

La non falsificabilità dell'ipotesi bomba, che deriva dalla metodologia utilizzata, pervade tutte le relazioni della commissione Misiti; essa è ulteriormente dimostrata dalle modalità con le quali viene neutralizzato l'elemento contrario all'ipotesi rappresentato dall'assenza di segni primari e secondari di esplosione. Santini e Misiti scrivono: La mancanza di segni primari e secondari di esplosione sui pezzi recuperati è certamente un elemento che può indurre seri dubbi. le giustificazioni offerte dal collegio, come è noto, si possono così riassumere: 1. possibile lontananza dei pezzi dal centro dell'esplosione; 2. numero estremamente ridotto dei frammenti; 3. effetto di schermatura prodotto da altri pezzi.

La prima giustificazione è chiaramente insufficiente per una bomba esplosa nella toilette che ha dimensione di pochi metri quadri, anche tenendo conto che gli esperimenti hanno mostrato come i fori prodotti dalle schegge abbiano interessato anche le parti non contigue alla toilette. La seconda è una tipica affermazione non verificabile, nel senso che, non essendo possibile concepire un recupero integrale di tutti i frammenti, esisterà sempre un pezzo sul quale si può ipotizzare la presenza dei segni. La terza è incomprensibile, nel senso che i segni di esplosione dovrebbero trovarsi sui pezzi schermanti.

Quanto ciò contraddica la pretesa dei PCH di avere utilizzato il metodo galileiano: "fondato, in estrema sintesi, sulla formulazione di una ipotesi e sulla convalida attraverso il confronto con i dati oggettivi derivanti da indagini sperimentali o teoriche basate, queste ultime, su algoritmi convalidati dall'esperienza.", ci sembra del tutto evidente.

Crediamo in conclusione che gli scenari 2 e 3 siano da rigettare, perchè contraddetti esplicitamente dai criteri metodologici sopra indicati (A, B, C, D): "la compatibilità di tutti questi criteri con lo scenario 1, cioè con quello che attribuisce la perdita del DC9 all'esplosione di un missile, la rende l'unica tecnicamente sostenibile."

Nel capitolo 3 i consulenti di parte civile affrontano la questione dei velivoli vicino al DC9.

Non c'è dubbio che uno degli aspetti più discussi dell'intera vicenda del DC9 sia stato lo scenario radar, quale si può ricavare dai nastri e dai tabulati del controllo aereo di Fiumicino e dell'Aeronautica Militare; ciò è giustificato alla luce della grande capacità di discriminazione posseduta da questo criterio, come abbiamo precedentemente mostrato. Si tratta sostanzialmente di accertare se, durante il volo ma soprattutto al momento dell'incidente, altri aerei si fossero trovati vicino al DC9. Abbiamo dedicato a questo aspetto, come periti di parte civile, quattro relazioni e sulla base delle relazioni già depositate - 21.05.92; 27.10.95; 30.06.98; 27.07.98 essi affermano che esiste la certezza che la caduta del DC9 è avvenuta in uno scenario nel quale erano presenti altri velivoli.

Essi rammentano che sin dai primi esami effettuati sui dati radar, è stato in effetti espresso il sospetto che prima, durante e dopo l'incidente alcuni velivoli volassero vicino al DC9. Seguendo un criterio di logicità, dividono i quesiti relativi allo scenario radar in due parti: una precedente ed una successiva all'incidente.

"Dal punto di vista dell'utilizzo di questo criterio quale discriminante tra le diversi ipotesi di incidente, risulta particolarmente decisivo lo scenario dopo l'incidente. Mentre infatti la presenza di uno o più aerei con traiettoria contigua a quella seguita dal DC9, soprattutto nei minuti precedenti l'incidente, potrebbe anche ipotizzarsi non strettamente collegata ad esso, questa correlazione non può ragionevolmente negarsi per gli istanti immediatamente successivi all'incidente. D'altro canto, se l'accostamento alla traiettoria del DC9 durante il suo volo da parte di altri velivoli non è stata casuale, ma voluta, anche tenendo conto del modo con il quale si è concluso il viaggio del DC9, c'è da supporre che i piloti di tali velivoli abbiano utilizzato tutte le possibilità che avevano a disposizione per nascondere la loro presenza ai radar di controllo; tale possibilità era evidentemente molto più ridotta nell'immediatezza dell'incidente.

E' quindi comprensibile come possano esserci discussioni sulle diverse situazioni rilevabili nei minuti precedenti l'incidente dal radar del controllo aereo di Fiumicino, che sono interpretabili con la presenza di uno o due aerei. Particolarmente importante appare quindi l'analisi degli istanti successivi all'incidente; questo è il motivo per il quale abbiamo dedicato particolare attenzione ai 34 echi di solo primario registrati dal radar di Fiumicino dopo l'incidente.

Questa analisi ha mostrato come sicuramente dopo l'incidente almeno tre velivoli con il motore funzionante abbiano attraversato lo spazio nel quale si muovevano anche i relitti del DC9: questo risultato non appare a tutt'oggi contestato da nessuno. è da questo dato certo che si deve partire per ricostruire tutto lo scenario radar che descrive l'intero viaggio del DC9."

Dopo l'incidente il radar primario di Fiumicino ha registrato 34 echi di solo primario.

I consulenti stimano che oramai sia accertato senza ombra di dubbio come almeno 8 echi non possano assolutamente essere attribuiti ai frammenti del DC9. La presenza di plots non attribuibile ai frammenti del DC9 è stata ricavata applicando tre criteri che possono essere sinteticamente indicati come: 1. Criterio di Newton; 2. Criterio di coerenza; 3. Criterio di Lockerbie.

Quanto al primo, il criterio di Newton, Algostino Pent e Vadacchino ricordano la legge del moto, cioè la corrispondenza tra la posizione di un oggetto ed il tempo, e come essa sia determinata esclusivamente dalle forze applicate al corpo, dalla sua massa e dalle condizioni iniziali, cioè dalla posizione e dalla velocità ad un certo istante, assunto come istante iniziale: questo è il contenuto della legge di Newton della meccanica.

La legge di Newton ha una applicazione particolarmente rilevante nel caso in esame: essa infatti non solo permette di determinare, una volta nota le forze applicate e la posizione del corpo ad un certo istante, la posizione che il corpo assumerà in tutti gli istanti successivi, ma anche risalendo a ritroso nel tempo, in quale posizione si doveva trovare il corpo in un qualsiasi istante precedente a quello assunto come iniziale.

"Nel caso che qui interessa, di un corpo che si muove in aria, è facile individuare quali sono le forze applicate: se non si tratta di un velivolo, cioè di un corpo sottoposto alla forza dovuta alla spinta dei motori, le forze applicate sono semplicemente quella di gravità e quella aerodinamica, dovuta al fatto che il corpo si muove rispetto al fluido che lo circonda. Nel caso invece che si tratti di un velivolo bisognerà aggiungere a queste forze la spinta dovuta ai motori.

Dal punto di vista della meccanica, al momento dell'incidente, il DC9 ha subito una variazione delle forze applicate: all'atto dell'incidente infatti hanno cessato di funzionare i motori, e quindi è venuta a mancare una delle forze applicata alla massa del velivolo. I singoli frammenti si sono trasformati in quello che in meccanica è detto un corpo in caduta libera, cioè un corpo cui sono applicate solo le forze di gravità e le resistenze aerodinamiche. Cruciale è il fatto che la dinamica di un corpo in caduta libera e quindi la sua legge del moto è diversa da quello di un velivolo poichè sono diverse le forze loro applicate, è possibile quindi facilmente discriminare tra i due corpi.

Si noti come dai dati radar sia possibile ricavare proprio la legge del moto; da essi è infatti possibile dedurre, per ogni istante, la posizione assunta dai vari frammenti. Se tutti gli echi radar fossero attribuibili a frammenti del DC9 essi dovrebbero obbedire alla legge del moto di un corpo in caduta libera, e le traiettorie di tutti i frammenti dovrebbero ovviamente avere origine nel punto e nell'istante nel quale il DC9 ha subito l'incidente, che sono noti perchè sono circa quelli in cui ha cessato di funzionare il radar secondario.

I singoli frammenti si muoveranno quindi sotto l'azione della forza di gravità, e delle forze aerodinamiche. Le forze di gravità sono rappresentante dal peso di ciascun frammento.

Una analisi più approfondita è necessaria per le forze di natura aerodinamica: esse difatti dipendono dalla forma dell'oggetto, dalle sue dimensioni, dalla massa e dalla velocità con cui l'oggetto si muove rispetto al fluido che lo circonda ed hanno direzione opposta rispetto a quella del moto. Si noti che la velocità rispetto al fluido non coincide con quella rispetto al suolo, a causa del vento che era presente sul luogo dell'incidente. Queste forze non sono in realtà note in quanto non sono note la forma, le dimensioni e quindi la massa dei pezzi nei quali si è spezzato il DC9; è possibile però fare uno studio parametrico che tenga conto di tutte le possibili forme e dimensioni dei frammenti.

Le forze di natura aerodinamica sono determinate dal parametro R definito dalla:

mg

R = ------- (3.1)

CD A

dove m è la massa, g l'accelerazione di gravità, C un fattore che dipende dalla forma ed A la sezione normale dell'oggetto.

I diversi frammenti nei quali si è spezzato il DC9 possedevano diverse forme, dimensioni e masse e quindi R diverse e di conseguenza hanno seguito traiettorie diverse, traiettorie tutte originate nel punto e nell'istante dell'incidente; questo fatto ha trovato conferma nella posizione in mare nella quale sono stati trovati i frammenti stessi - si ipotizza, per semplicità di descrizione, in questa parte nella quale è descritto semplicemente il metodo utilizzato, che il DC9 si sia disintegrato istantaneamente; in realtà, come si desume anche dalla analisi dei consulenti sui dati radar, il processo di disintegrazione è durato alcuni secondi.

La posizione dei successivi echi radar permette di determinare la posizione e l'istante nel quale è presente l'oggetto che produce l'eco. Non è naturalmente possibile sapere quale fosse l'oggetto, si sa solo che ha prodotto un eco radar.

Il carattere deterministico della legge del moto e la possibilità di definire a ritroso la posizione dell'oggetto permette di definire, per ciascuna posizione di un eco, una porzione di spazio, da noi chiamato poligono delle origini, da cui deve essere partito il frammento che ha dato luogo a quell'eco. La necessità di definire una porzione di spazio e non un punto dipende dal fatto che non conosciamo la massa ed il valore di R dell'oggetto che ha prodotto l'eco; ciascuno dei punti appartenenti a questo spazio corrisponde infatti ad uno dei valori possibili della massa e di R.

L'osservazione fondamentale a questo punto è che, se il punto nel quale è avvenuto l'incidente è contenuto nel poligono delle origini relativo ad un certo eco, l'eco può essere considerato come prodotto da un frammento appartenente al DC9; se invece non vi appartiene, esso deve essere considerato un oggetto volante estraneo al DC9.

L'analisi effettuata applicando questo criterio ci portava a concludere che sono interpretabili come echi di frammenti originati nel punto dell'incidente i plots 2a, 4, 6, 8b, 13b, 15, 16, 18. va notato tuttavia che il punto 13b si trova ai limiti della fascia di incertezza, per cui la sua interpretazione come frammento va intesa con qualche cautela.

I plots 17, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31 presentano un poligono delle origini che, pur non includendo il punto dell'incidente attraversa la traiettoria (del DC9) in un punto temporalmente successivo, e quindi è pensabile siano interpretabili come frammenti distaccatisi successivamente.

I rimanenti plots 1, 2b, 3, 5, 7, 8a, 9a, 9b, 10, 11, 12, 13a, 19 non sono interpretabili come frammenti originati nel punto dell'incidente.

Confermiamo quindi totalmente queste conclusioni e vogliamo solo fare un commento ad alcune osservazioni, peraltro più formali che sostanziali, che sono state fatte a proposito di questa nostra relazione.

Il perito Paolo Santini ha infatti redatto alcune osservazioni, approvate anche dal perito Aurelio Misiti, in seguito indicati come SM, relative proprio all'appendice C della nostra relazione; le osservazioni riguardano specificatamente le procedure di calcolo delle traiettorie.

Stimiamo queste osservazioni assolutamente inconsistenti, e confermiamo che il metodo seguito per determinare le traiettorie di caduta dei frammenti si basa precisamente, come da noi scritto, sull'integrazione numerica delle equazioni C5, C6, C7 e delle:

dx

--- = vx (3.2)

dt

dy

--- = vy (3.3)

dt

dz

--- = vz (3.4)

dt

con le condizioni iniziali appropriate per ogni singolo passo. Il termine risolvere è adeguato nel senso evidente del termine. Poiché si tratta di una equazione differenziale risolvere vuol dire integrare, termine usato anche se si utilizza un metodo algebrico. Di queste equazioni non è nota peraltro una soluzione algebrica; se lo fosse sarebbe ovviamente adatta anche alla meccanica del volo come a qualsiasi altra applicazione.

Il riferimento alle equazioni 7.11, 7.12 e 3.4 è implicitamente contenuto nell'espressione integrazione numerica del paragrafo C.2 (terza e quarta riga) che ha sollevato le obiezioni di SM: il punto non è stato reso più esplicito di così perché lo si è ritenuto ovvio e banale.

La procedura seguita è assolutamente standard, ma qui spieghiamo i passi seguiti in maggiore dettaglio. Essi sono:

1. discretizzazione delle equazioni C5, C6 e C7 (col che esse da differenziali si trasformano in algebriche). Il passo temporale prescelto è stato generalmente (t = 0,1s; la sensibilità del metodo al valore di (t è in realtà variabile lungo la traiettoria, tuttavia simulazioni effettuate con valori diversi hanno indicato che 0,1s era in generale adeguato (considerando anche le incertezze ben maggiori derivanti dall'approssimazione con cui erano note le condizioni iniziali alle diverse quote); solo per i valori elevati di R (e quindi per i tempi di caduta più brevi) si sono utilizzati i valori (t = 0,05s e (t = 0,01s.

2. Introduzione delle condizioni iniziali alla quota considerata.

3. Soluzione delle equazioni (essendo esse algebriche, a questo punto anche la semantica è salva) rispetto a Vx,Vy e Vz.

4. Discretizzazione delle equazioni 7.11, 7.12 e 3.4.

5. Introduzione dei valori di Vx, Vy e Vz così trovati sempre nelle equazioni 7.11., 7.12 e 3.4.

6. soluzione rispetto a x, y, z.

7. Determinazione del valore dei parametri relativi alla nuova quota.

8. Ripetizione dell'intero ciclo a partire dai valori di Vx, Vy e Vz appena calcolati e con i parametri relativi alla nuova quota.

La procedura continua fino a quando si ottiene un valore negativo della quota z (che vuole dire che l'oggetto è finito al di sotto della superficie marina; come coordinata del punto di impatto si adottano quelle dell'ultimo o penultimo punto della superficie marina a seconda di quale dei due ha un valore assoluto di z minore).

Non vi è dunque nulla di strano se il risultato finale è, come dicono SM, vicino alla soluzione corretta, in quanto questa è la soluzione corretta (anche se i metodi pratici di integrazione numerica utilizzabili sono più di uno) e quindi i risultati sono corretti (non solo vicini) nel senso che essi stanno, rispetto ai valori analitici (non determinabili) entro un raggio variabile (in quanto si è usato un passo temporale fisso), ma sempre inferiore al metro.

In conclusione vogliamo porre in evidenza il fatto che SM, a parte alcune critiche di carattere esclusivamente formale, alle quali abbiamo qui risposto, confermano la validità dei risultati da noi ottenuti."

Il secondo criterio, come detto, è quello di coerenza. L'interpretazione dell'origine dei plots, che non possono essere considerati frammenti del DC9, può essere duplice; da un lato si può pensare che si tratti di falsi plots e dall'altro che siano stati causati da oggetti effettivamente presenti. In questo secondo caso essi devono obbedire ad un ulteriore criterio quello di coerenza; deve essere cioè possibile collegare tra di loro questi plots, che non sono attribuibili ai frammenti del DC9, in modo che la sequenza di posizioni e tempi individuino una traiettoria e che questa traiettoria corrisponda ad un velivolo la cui velocità e la cui accelerazione siano compatibili con quelle che possono essere assunte da un velivolo reale.

"Più precisamente: una traiettoria è costituita da un insieme di punti, definiti nello spazio [R, (, t] (cioè distanza, azimuth e tempo), logicamente raggruppabili per contiguità spaziale e temporale, e tali da poter essere approssimati, o interpolati da funzioni R(t), ((t) che soddisfano alle seguenti condizioni:

- siano assicurate le continuità di posizione e velocità;

- velocità ed accelerazione siano, in ogni punto della traiettoria, compatibili con traiettorie di tipo aeronautico, cioè non superiori (in valore assoluto) ai limiti massimi tollerabili da oggetti aeronautici;

- nel caso di traiettorie approssimate, gli scostamenti tra i punti rilevati e quelli approssimati ottenuti mediante interpolazione siano inferiori ai limiti di errore (in azimuth e distanza) propri del radar...

Pertanto, qualora si riescano ad individuare insiemi di punti che soddisfano a tali condizioni, rimangono individuate altrettante traiettorie e di conseguenza altrettanti oggetti distinti."

Come si è notato nel paragrafo precedente un certo numero di plots non sono interpretabili come frammenti del DC9; si tratta di plots relativi a scansioni radar con numero d'ordine inferiore a 13. Per poter correttamente applicare il criterio di coerenza a quei plots e verificare se essi possano appartenere ad una traiettoria è stata effettuata, nel documento Algostino ed altri del 27.10.95, una analisi ulteriore, che è stata detta di secondo livello.

"L'applicazione di questo criterio permette di individuare tre traiettorie; due di queste si raccordano con i plot -17 e -12 e permettono quindi di ipotizzare la presenza di due velivoli di tipo militare che viaggiano di conserva su una rotta circa parallela al DC9; i rilevamenti -17 e -12 potrebbero essere dovuti al fatto che in corrispondenza di essi i due velivoli, che singolarmente danno dei ritorni radar insufficienti per la loro visibilità, danno luogo ad un ritorno radar combinato di entità maggiore, tale da produrre i rilevamenti in questione.

Una terza traiettoria si origina da punti della traiettoria del DC9 che, per alcune loro anomalie, avevano fatto ipotizzare la presenza di un aereo nascosto sotto il DC9: viene naturale quindi pensare che questi plot appartengano alla traiettoria di questo velivolo. In conclusione lo scenario che si ricava da questa analisi è stato così descritto: nell'ultima parte del volo il DC9 è affiancato da due velivoli che percorrono una rotta circa parallela a quella del DC9, ad una distanza di circa 30NM ad Ovest del DC9; poco prima dell'incidente, i due velivoli compiono una virata verso est e si separano, percorrendo due traiettorie distinte (separazione tra le traiettorie di circa 1NM). Le due traiettorie convergono su un'unica traiettoria in direzione Est che i due aerei percorrono distanziati di circa 30s, scomparendo al radar in direzione Est.

Il DC9 Itavia è seguito, nell'ultima parte del volo, da un velivolo relativamente piccolo, che percorre approssimativamente lo stessa rotta del DC9 mantenendosi nella sua "ombra" radar; poco prima del momento dell'incidente, il velivolo in questione compie un virata verso sinistra e quindi scompare al radar in direzione approssimativamente verso Est."

Infine il criterio di Lockerbie, cioè il terzo suggerito dal fatto singolare che le condizioni di volo del DC9 e del Boeing 727, distrutto da un attentato nel cielo di Lockerbie il 21.12.88, erano al momento dell'incidente, simili. Dal momento che è accertato che il Boeing 727 è stato distrutto da una bomba e poiché tale evento è stato seguito dai radar, ovviamente i consulenti hanno verificato se la dinamica temporale dei plot radar nei due casi presentasse o meno delle analogie. E' emerso così che un certo numero di plots registrati dal radar di Fiumicino, relativi quindi all'incidente del DC9, presentava comportamento difforme a quello del caso di Lockerbie. Secondo Algostino e gli altri i plots anomali erano gli stessi che, in base ai due criteri precedenti, non era stato possibile attribuire ai frammenti del DC9 e che rappresentano traiettorie di oggetti in volo.

I consulenti di parte a questo punto, anche a seguito di critiche contenute in requisitoria del PM, scrivono un'importante pagina sulla valutazione della precisione dei rilevamenti radar di Lockerbie nel senso che essa può assumere valore di positivo accertamento.

Gli unici elementi, premettono gli AA del documento, sui quali basare la stima della precisione - dal momento che mancano informazioni documentali sulle caratteristiche dei radar in questione - siano gli stessi rilevamenti, e quindi la metodologia adottata prescinde dalla conoscenza specifica delle caratteristiche dei singoli radar e delle modalità di fusione dei dati. Questa metodologia consente solamente una valutazione approssimata della precisione; tuttavia con l'adozione di appropriate tecniche si ottiene una valutazione "pessimistica" della precisione; cioè la precisione effettiva è superiore a quella utilizzata. Tale valutazione è tuttavia, a giudizio dei consulenti, sufficiente per trarre conclusioni più circostanziate sulla validità del confronto fra le due situazioni.

"Se fosse possibile individuare una sequenza temporale di plot associabili ad uno stesso oggetto, e pertanto in grado di individuare una traiettoria, dal confronto fra la traiettoria ideale e quella reale rappresentata dalla sequenza di plot sarebbe possibile ricavare informazioni relative alla precisione del radar stesso.

Tuttavia nel caso in esame una simile procedura non è percorribile, in quanto per ciascuna osservazione sono disponibili più rilevamenti e pertanto non è ricostruibile una traiettoria associabile ad uno specifico oggetto.

In alternativa, possiamo considerare, per ciascun istante di osservazione, il baricentro della distribuzione dei rilevamenti di quel particolare istante. Le coordinate Xj, Yj di tale punto virtuale sono definite come:

1 Nj

Xj = ¾ ( x(k)j

Nj k=1

1 Nj

Yj = ¾ ( x(k)j

Nj k=1

dove x j(k), y j(k) sono le coordinate del k-simo rilevamento all'istante j e Nj è il numero di rilevamento all'istante j.

Chiaramente questo punto non rappresenta il centro di massa dei frammenti che danno luogo a rilevamenti radar, ma unicamente il baricentro geometrico delle posizioni di tali frammenti. Tuttavia questo punto è in una certa misura rappresentativo della distribuzione dei frammenti nel periodo immediatamente successivo al momento dell'incidente.

Anche questo punto virtuale si muove, dopo l'incidente, seguendo una traiettoria che non è calcolabile a priori, ma che, per brevi tratti è certamente approssimabile come rettilinea.

Consideriamo allora un segmento della traiettoria del baricentro geometrico definito come sopra; noti i punti rilevati è possibile ricavare la migliore approssimazione possibile di tipo rettilineo con la ben nota tecnica della regressione lineare. Inoltre è possibile valutare l'entità del valore quadratico medio (varianza) dello scostamento rispetto all'approssimazione lineare.

Analizziamo ora le cause che fanno scostare la traiettoria reale del baricentro geometrico rilevato da una traiettoria rettilinea; esse sono: 1. La legge del moto del baricentro non esattamente rettilinea; 2. La variabilità aleatoria delle sezioni equivalenti radar dei frammenti; 3. Gli errori del sistema radar.

Chiaramente ciascuna di tali cause contribuisce alla varianza dello scostamento, ed, essendo tali cause fra di loro indipendenti, la varianza totale dello scostamento sarà la somma dei contributi delle varie cause.

Mentre è possibile valutare la varianza totale con la tecnica precedentemente enunciata, non abbiamo nessun elemento per suddividere tale varianza totale fra le varie cause sopra elencate. Tuttavia se, una volta ricavata la varianza totale, la attribuiamo completamente agli errori del radar, otteniamo certamente quella che abbiamo chiamato una stima pessimistica (cioè approssimata per eccesso) della varianza delle osservazioni radar.

Seguendo tale procedura, l'intero insieme dei rilevamenti radar disponibili è stato suddiviso in 8 "clusters", corrispondenti agli 8 tempi di rilevamento. Si sono costruiti, per ciascuno dei "clusters" i rispettivi baricentri, e la traiettoria descritta da tali baricentri è stata suddivisa in due tratti, il primo (individuato come tratto A) comprendente i primi 4 punti, e il secondo (individuato come tratto B) comprendente i rimanenti 4 punti.

Eseguendo separatamente sui due tratti le regressioni lineari e valutando le varianze degli scostamenti si sono ottenuti i seguenti risultati:

Dev. Standard (m)

Tratto A

Tratto B

(x

(y

120.0

50.6

96.8

116.7

Tali pertanto risultano le varianze (approssimate per eccesso) dei baricentri delle rilevazioni radar. Tuttavia siamo interessati a stimare le varianze associate alle singole osservazioni. Per ottenere tale risultato, ricordiamo che la varianza ( 2x della variabile x, definita come media delle Nj, variabili casuali x (k)j, k = 1, ..., Nj nell'ipotesi che queste ultime abbiano la stessa varianza ( x2, è legata a quest'ultima dalla relazione:

( 2x

( 2x = ¾¾

Nj ( 1

per cui, invertendo la relazione, si ottiene:

( 2x = (( 2 (Nj ( 1)

I valori di Nj variano chiaramente da "cluster" a "cluster"; tuttavia, per ricavare un limite superiore, adotteremo, per ciascuno dei due tratti in cui abbiamo suddiviso la traiettoria del baricentro, il massimo valore di Nj, che in particolare vale 6 per il tratto A e 9 per il tratto B.

Sulla base di tali valori si possono ricavare le deviazioni standard delle coordinate dei plot per i due tratti, ottenendo:

Dev. Standard (m)

Tratto A

Tratto B

(x

(y

268.3

113.1

273.8

330.0

Scegliendo il più grande fra i quattro valori ottenuti, possiamo affermare che la deviazione standard dell'errore delle osservazioni radar di Lockerbie è inferiore a 330 m."

Quanto alla formulazione quantitativa del criterio "Lockerbie". "Una prima ovvia considerazione nasce dal confronto fra il risultato precedentemente individuato e la deviazione standard stimata per il radar di Fiumicino, valutata (per la componente azimutale) in circa 2600m: il radar di Lockerbie presenta una precisione molto migliore rispetto a quella del radar di Fiumicino. Questo significa che i rilevamenti radar del caso Lockerbie possono ritenersi praticamente esatti, nel senso che individuano con buona precisione le zone dove, in caso di esplosione interna, dovrebbero venire a trovarsi i frammenti del velivolo dopo l'esplosione stessa.

Pertanto alla luce dei risultati ottenuti il confronto a suo tempo sviluppato nella nostra precedente relazione assume maggiore consistenza.

Possiamo tuttavia ulteriormente approfondire l'analisi con l'obiettivo di attribuire all'incidente di Lockerbie la qualità di incidente probatorio nei confronti del caso di Ustica, alla ricerca del valore di positivo accertamento in qualche misura richiesto dai pubblici ministeri nella loro requisitoria.

In effetti, se si volesse organizzare un esperimento, sul tipo di quelli utilizzati nell'ambito delle perizie esplosivistiche, destinato a riprodurre le condizioni in cui è avvenuto l'incidente e a verificare l'ipotesi di esplosione interna, si dovrebbe allestire un aereo, provvisto di una carica esplosiva collocata opportunamente, lo si dovrebbe far decollare e portare alla quota e alla velocità voluta, quindi far avvenire la detonazione e studiare gli effetti significativi in relazione alla caduta dei frammenti.

Ma la successione degli eventi sopra ipotizzata è proprio quella avvenuta nel cielo di Lockerbie, e le similitudini in termini di quota, velocità e direzione del vento consentono, con le correzioni a suo tempo discusse, di utilizzare l'incidente di Lockerbie alla stregua di esperimento significativo nei confronti dell'incidente di Ustica.

Per approfondire questi aspetti possiamo fare ricorso ad un esperimento concettuale così concepito:

- si consideri un oggetto (ostacolo) la cui posizione reale è definita dalle coordinate x0, y0.

- si supponga che tale oggetto venga osservato da due sistemi radar differenti, che nel seguito indicheremo come 1 e 2, ciascuno dei quali caratterizzato da una deviazione standard (i, con i = 1,2. Chiaramente i due sistemi in questione rappresentano uno il sistema radar di Lockerbie e l'altro quello di Fiumicino.

- ciascuno dei sistemi radar fornisce una stima della posizione dell'oggetto; indicheremo con x1, y1 le coordinate prodotte dal radar 1 e con x2, y2 quelle

prodotte dal radar 2.

Faremo inoltre alcune ipotesi semplificative, tenendo sempre presente, tuttavia, l'esigenza di individuare limiti superiori che possano assicurare l'affidabilità dei risultati raggiunti; in particolare:

- assumiamo che la deviazione standard dell'errore commesso da ciascun radar sia uguale per le due coordinate x e y;

- il valore numerico attribuito alle due deviazioni standard sarà, per ciascuno dei due radar, il massimo fra quelli osservati: per il radar di Fiumicino (radar 1) assumeremo allora (1 = 2600 m mentre per quello di Lockerbie (radar 2) assumeremo (2 = 330 m.;

- assumiamo che la statistica degli errori sia gaussiana e che gli errori da cui sono affetti i due radar siano indipendenti.

Con tali premesse possiamo scrivere le espressioni dei rilevamenti dei due radar secondo le seguenti equazioni:

x1 = x0 + (x1

y1 = y0 + (y1

x2 = x0 + (x2

y2 = y0 + (y2

dove (x1 e (y1 sono variabili casuali gaussiane, a valore medio nullo e deviazione standard (1, mentre (x2 e (y2 sono variabili casuali gaussiane, valore medio nullo e deviazione standard (2.

Ricaviamo ora le componenti del vettore che rappresenta la differenza fra le due osservazioni; indicando con u la componente lungo x e con v quella lungo y, avremo:

u = x1 ( x2 = (x1 ( (x2

v = y1 ( y2 = (y1 ( (y2

si vede subito che entrambe le componenti sono ancora variabili casuali gaussiane, a valore medio nullo e con uguale varianza (2:

(2 = (21 + (22

Possiamo ora determinare le caratteristiche statistiche della lunghezza r del vettore (che rappresenta la distanza fra le due osservazioni) e della sua orientazione (. E' immediato dedurre che la variabile casuale r ha una densità di probabilità alla rayleigh, mentre la variabile casuale ( ha una distribuzione uniforme tra 0 e 2 (.

Fatte queste premesse possiamo ora valutare la probabilità che gli eventi osservati sperimentalmente siano riconducibili al modello di esperimento concettuale precedentemente delineato; ciò significa valutare la probabilità che le differenze di posizione osservate nel caso Ustica e nel caso Lockerbie siano riconducibili all'osservazione dello stesso oggetto e pertanto, tenuto conto che nel caso Lockerbie tutti gli oggetti osservati sono frammenti del velivolo, che anche nel caso di Ustica le osservazioni radar si riferiscano a frammenti del velivolo stesso.

Per tali valutazioni possiamo fare riferimento alla stessa modalità di rappresentazione geometrica utilizzata nella precedente memoria che, ricordiamo, considera:

- il punto corrispondente ed una osservazione del radar di Fiumicino;

- il poligono convesso contenente tutti i rilevamenti del radar di Lockerbie relativi ai tempi di osservazione immediatamente precedente e immediatamente seguente l'istante di osservazione del radar di Fiumicino.

In tutti i casi considerati il rilevamento Fiumicino è esterno al poligono Lockerbie (v. figura 1A). Il vettore differenza avrà un estremo sul rilevamento di Fiumicino, mentre l'altro estremo sarà un qualunque punto interno al poligono di Lockerbie. La probabilità che ci interessa valutare è appunto la probabilità che l'estremo del vettore differenza sia all'interno del poligono, e cioè è ottenibile mediante l'integrazione della densità di probabilità del vettore differenza sulla regione definita dal poligono di Lockerbie.

Per ottenere espressioni più maneggevoli sul piano analitico, considereremo una regione di integrazione più ampia che comunque contiene al suo interno il poligono di Lockerbie (v. figura 1B). Si tratta di un arco di corona circolare, compresa fra una distanza minima rmin e una distanza massima rmax, con un'apertura (0 tale da contenere al suo interno tutti i punti contenuti nel poligono Lockerbie.

Con tale sostituzione la probabilità p di interesse vale:

(0 r2min./2(2

P = ¾ (e ( ( e ( r2max / 2(2)

2(

Con tale procedura è possibile calcolare il valore di p per ciascuno dei rilevamenti del radar di Fiumicino. L'utilizzazione di tali probabilità calcolate al fine di valutare la possibilità che i rilevamenti di Fiumicino siano o meno attribuibili a frammenti richiede una ulteriore considerazione.

In effetti occorre costruire un termine di riferimento con cui paragonare tali probabilità, e tale termine di riferimento si ottiene applicando la medesima procedura ai punti che rappresentano i vertici del poligono di Lockerbie: in tale modo si tiene conto del risultato del nostro esperimento concettuale se applicato a uno dei rilevamenti di Lockerbie, che sicuramente è associato ad un frammento del velivolo. Tale probabilità di riferimento, che indicheremo con Pr può essere valutata con la stessa procedura di cui sopra.

Possiamo infine costruire il rapporto ( = P/Pr e sulla base di tale rapporto sviluppare le valutazioni circa l'attribuibilità dei rilevamenti del radar di Fiumicino a eventuali frammenti del velivolo:

- se P è dello stesso ordine di grandezza di Pr, cioè ( è vicino all'unità, possiamo sicuramente interpretare tale eco come relativo a un frammento. Per tale condizione abbiamo fissato il limite ( > 0.3.

- se P è per contro molto inferiore a Pr, possiamo ritenere l'eco come sicuramente non attribuibile a un frammento e quindi da attribuire ad un oggetto diverso. Per tale condizione abbiamo fissato il limite ( < 0.15.

- negli altri casi (cioè per 0.15 < ( < 0.3) ci troviamo in una conduzione di incertezza, non potendo attribuire con sicurezza quel particolare eco all'una o all'altra categoria.

I risultati ottenuti applicando tale metodologia sono rappresentati nella tabella che segue.

Plot

P

Pr

(

Attribuzione

1

2a

2b

3

4

0.007

0.134

0.005

0.041

0.122

0.104

0.176

0.176

0.176

0.512

0.074

0.760

0.030

0.236

0.238

Altro

Frammento

Altro

Incerto

Incerto

5

6

7

8a

8b

0.056

0.146

0.123

0.111

0.277

0.512

0.647

0.647

0.787

0.787

0.111

0.225

0.190

0.141

0.352

Altro

Incerto

Incerto

Altro

Frammento

9a

9b

10

11

12

0.025

0.126

0.119

0.171

0.007

0.787

0.787

0.787

0.778

0.778

0.031

0.159

0.151

0.220

0.009

Altro

Incerto

Incerto

Incerto

Altro

Le conclusioni che si possono trarre al termine di tale analisi sono del tutto analoghe a quelle a suo tempo ricavate con una procedura più approssimativa, e si possono così riassumere:

- dei 15 plot esaminati solo due (e precisamente i plot 2a e 8b) sono interpretabili sicuramente come echi di frammenti del velivolo;

- sei dei 15 plot (e precisamente i plot 1, 2b, 5, 8a, 9a, e 12) sono interpretabili sicuramente come echi di altri oggetti e non di frammenti;

- per i rimanenti 7 plot l'attribuzione rimane incerta. Si noti in ogni caso come per i plot 9b e 10 il valore di ( sia vicino alla soglia.

In tal modo, sottolineano i consulenti, i risultati ottenuti con questo metodo più raffinato confermano i risultati della precedente relazione "Analisi dello scenario fornito dai dati radar di Fiumicino", 27.10.95.

Quanto alla presenza di velivoli in prossimità del DC9, rispetto alle due opposte teorie, quelle di Dalle Mese, Donali, Tiberio e Giubbolini, i consulenti Algostino, Pent e Vadacchino rammentavano in primo luogo quanto già scritto, in particolare sull'ipotesi Giubbolini: "se tale fenomeno fosse dovuto ad un "difetto" dell'antenna, esso dovrebbe manifestarsi per la quasi totalità dei voli, e specialmente quelli che si svolgono a breve distanza dal radar, in particolare i voli in atterraggio o in partenza da Fiumicino o da Ciampino; ma questo fenomeno non si verifica.

Un altro fatto da evidenziare, non osservato in nessuna delle due relazioni, è che, da questo punto di vista, il DC9 presenta una particolarità essendo, fra tutti i voli di cui si dispone della registrazione radar, quello che presenta tale fenomeno nella misura di gran lunga maggiore, maggiore anche dei riscontri originati da velivoli di più grandi dimensioni e quindi caratterizzati da radar cross-section maggiori.".

A seguito di analisi statistica delle caratteristiche fenomenologiche di questa anomalia e di caratterizzazione fisica più dettagliata del comportamento radaristico del DC9, essi giungevano alla determinazione che il fenomeno, quello di traiettorie di velivoli apparentemente di conserva con il DC9, fosse giustificato dalla presenza, nelle immediate vicinanze del DC9, di un altro velivolo che, confondendosi dal punto di vista del radar con il DC9 stesso, fa aumentare la sezione equivalente radar complessiva fino a renderla paragonabile a quella di un velivolo medio.

In conclusione affermavano che:

1. l'analisi dei rilevamenti anomali osservati su voli diversi dal DC9 Itavia ha mostrato che per giustificare tali rilevamenti è necessario ipotizzare la presenza di vari lobi secondari nell'antenna del radar Marconi.

2. Il livello relativo (rispetto al lobo laterale) è decisamente più elevato di quanto normalmente riscontrato nelle antenne radar; bisogna pertanto ipotizzare qualche causa occasionale come giustificativa di tale anomalia;...

3. Sulla base dei rilevamenti anomali osservati su voli diversi dal DC9 è stato messo a punto un modello di studio in grado di rappresentare, sia pure in forma molto schematica, il comportamento del radar da questo punto di vista.

4. Applicando il modello di studio ai rilevamenti del DC9, si osserva come esso sia in grado di giustificare in termini di lobi laterali molti rilevamenti di solo primario osservati nell'intorno del DC9 stesso.

5. Con riferimento alla relazione Dalle Mese et al. Le tracce di solo primario denominato PR1, PR2, PR6, PR7, PR9, PR10, PR11, PR12 sono da ritenersi originate da rilevamenti anomali di altri aerei (1136, 5356 e 5357) tramite i lobi secondari dell'antenna. Le tracce denominate PR3, PR4 e PR5 invece corrispondono a oggetti reali.

6. Confrontando il comportamento, dal punto di vista della risposta ai lobi secondari, del DC9 con altri aerei che si sono trovati in condizioni simili, si osserva che i rilevamenti osservati sono molto più numerosi di quanto non ci si aspetti da un velivolo di tali dimensioni, comparabili invece con il comportamento di aerei di dimensioni maggiori.

7. E' pertanto ipotizzabile la presenza di un secondo velivolo nelle immediate vicinanze del DC9 che artificiosamente ne aumenti la sezione equivalente radar, fino a renderlo paragonabile ad un velivolo di dimensioni medie.

Contrariamente quindi a quanto sostenuto dai Pubblici Ministeri nella loro requisitoria riaffermano che, sulla base delle analisi qui descritte, uno o più aerei hanno interferito con il volo del DC9.

Sull'interpretazione dei plot -17 e -12 i consulenti prendono in considerazione la nota dei consulenti Santini e Misiti del 23.12.97, ove a parziale correzione della precedente relazione, si riconosce la correttezza del metodo proposto dalla parte civile, ma si formulano anche alcune riserve quanto ai valori numerici utilizzati per le valutazioni quantitative. Secondo Algostino, Pent e Vadacchino il metodo utilizzato si riduce a un test di accettazione basato sul criterio di verosimiglianza, cioè sul confronto fra le probabilità che, date le osservazioni e lo scenario, i plot -17 e -12 siano da attribuirsi ad un velivolo oppure siano da attribuirsi a falsi allarmi.

"La quantità da esaminare dipende da vari parametri, ed in particolare:

- dalle probabilità di falso allarme Pfa, che è una caratteristica propria del radar;

- dalla probabilità ß che non vi sia nessun aereo nell'area di studio, che è una caratteristica dello scenario;

- dal numero S di scansioni radar considerate nello studio;

- dalla probabilità di rilevamento dell'ostacolo PD, che è una caratteristica del bersaglio considerato.

Lo studio è stato condotto in forma parametrica rispetto ai parametri PD e ß, in quanto da un lato tali grandezze non sono note a priori, dall'altro si vuole proprio condurre una valutazione in funzione delle caratteristiche del potenziale aereo e dello scenario.

Le quantità Pfa e S sono state invece fissate in quanto desumibili da varie considerazioni. In primo luogo la probabilità di falso allarme è stato desunta da valutazioni contenute nella relazione della commissione Misiti in relazione delle registrazioni disponibili; in effetti la probabilità di falso allarme è stata ricavata conteggiando tutte le risposte radar non riconducibili a echi di aerei o evidenti disturbi.

Per quanto riguarda S, si è assunto lo stesso valore usato nella commissione Misiti nella versione originale.

Le riserve avanzate nell'ultima nota, redatta da Santini e Misiti, riguardano la mancata analisi parametrica rispetto a Pfa e S, e, in sostanza, tendono ad affermare che se si considerano range di valori sufficientemente ampi di tali grandezze, accade che l'ipotesi che i plot -17 e -12 debbano essere attribuiti ad un velivolo per determinati valori può essere rifiutata.

Questo approccio, a nostro avviso, non può essere accettato, in quanto lo studio si riferisce a questo preciso radar, e non a un generico radar la cui caratteristica di falso allarme possa variare fra 10-4 e 10-6. Il valore utilizzato deriva, come già detto, da rilievi effettuati sui dati registrati, e rappresenta certamente la miglior stima possibile. Si può anzi affermare che tale stima è conservativa nel senso che qualora alcuni dei plot che sono stati considerati falsi allarmi fossero in realtà dovuti a velivoli privi di transponder o ad altri fenomeni come i cosiddetti "lobi laterali", il valore di Pfa sarebbe ancora minore, e ciò rafforzerebbe l'ipotesi da noi sostenuta, circostanza questa peraltro riconosciuta come valida da Santini e Misiti.

Analogo ragionamento vale per quanto riguarda il valore di S, e non si comprende come sia stato lecito da parte della commissione Misiti utilizzare un valore predeterminato, (peraltro ritenuto ragionevole) mentre nella nostra analisi si sarebbe dovuto prendere in considerazione un vasto range di valori. A quanto pare, sembra che la scelta della procedura dipenda, secondo Santini, dai risultati raggiunti, nel senso che la procedura va scelta in modo tale che i risultati ottenuti siano in linea con una tesi predeterminata!

Le osservazioni di Santini, inoltre, non tengono conto della procedura alternativa da noi seguita, sulla scorta di quanto indicato nell'allegato C della relazione della commissione Misiti, alternativa che, se seguita correttamente, fornisce una conferma ai risultati della precedente analisi. Evidentemente l'approccio di Santini si completa nel senso che le procedure che portano a risultati non in linea con la tesi predeterminata non vanno nemmeno prese in considerazione!"

Nel capitolo 4 gli indizi di esplosione, su cui questi consulenti avevano già espresso, al riguardo sia dei segni di esplosivo che di quelli di esplosione: "appaiono paradossalmente sottovalutati nella perizia tecnica (PRU). Il motivo di tale sottovalutazione sta nel fatto che tali indicazioni di esplosione non si accordano con una esplosione nella toilette, ma sono più facilmente comprensibili nell'ipotesi di una esplosione esterna.". (v. Osservazioni dei consulenti di parte civile sulla relazione dei periti d'Ufficio, 22.11.94).

Le osservazioni contenute in questo sono state contestate dai periti Casarosa ed Held che le hanno stimate prive di consistenza tecnica; i consulenti a tal proposito si propongono di dimostrare come le osservazioni dei PCH non siano assolutamente in grado di sminuire il significato ed il valore di quanto da loro già scritto.

Questo testo dei periti Casarosa e Held è stimato perciò simile agli altri prodotti dalla commissione Misiti. Si tratta cioè di un testo puramente assertivo, con asserzioni talvolta contraddittorie, mai dimostrate, talvolta riferite a fonti anonime e quindi non verificabili e talvolta contrarie al più elementare senso comune. Si tratta cioè "di un testo che manca anche dei minimi requisiti formali per essere considerato un testo scientifico, perlomeno nel significato che si da a questa espressione dal tempo di Galileo in poi.".

E così continuano nella critica a questa perizia:

"Il buon senso, prima ancora che un approccio scientifico, avrebbero dovuto consigliare i PCH a guardare con un poco più di attenzione alle tracce di esplosivo; ed in ogni caso a giustificare in modo ben più ampio perché essi hanno guardato a queste tracce con grande sospetto. Si tratta, a nostro avviso, di un dato fattuale che assume particolare rilievo proprio quando si sostiene la tesi che una esplosione si è verificata. I PCH, inoltre affermano che: "non possono non rilevare l'imprudenza di tutte le commissioni tecniche che si sono succedute nelle indagini le quali, sulla base di questi unici e tenui indizi (erano i soli alle varie epoche disponibili) hanno formulato differenti ipotesi di esplosione, che hanno poi sempre condizionato le successive indagini, senza preoccuparsi di verificare la storia del recupero dei reperti e della loro conservazione, con conseguente possibilità di una loro contaminazione."

A nostro avviso invece le commissioni tecniche precedenti non sono state imprudenti, ma, in modo scientificamente corretto, hanno dovuto tenere conto di un dato acquisito.

I motivi in base ai quali i PCH hanno guardato con grande sospetto ai ritrovamenti di tracce di esplosivo sono così descritti: "le tracce ritrovate, in particolare quelle sul gancio, sono esigue e, generalmente, gli esperti esplosivisti non attribuiscono a simili quantità particolari significati nelle loro indagini.".

Non è dato sapere quali sono gli esperti esplosivisti qui citati; va detto che ogni esplosione comporta sempre che tracce di quella parte di esplosivo che non subisce decomposizione vengano proiettate nello spazio circostante. In letteratura, - Yallop H. J. "Explosion Investigation" - si trova anche una formula che dà la quantità di esplosivo deposto sulle superfici circostanti il punto dell'esplosione. Tale quantità è data dalla formula:

10 -4 W

c = ¾¾¾

4(r2

In questa relazione c rappresenta l'esplosivo non decomposto, misurato gr/m², depositato dall'esplosione di una carica di W grammi su una superficie posta alla distanza di r metri; il coefficiente numerico 10 - 4 significa che ogni 10kg di esplosivo non partecipa alla reazione 1gr. Come si ricava da questa formula, una carica di 20 kg deposita su di una superficie posta alla distanza di 6 m una quantità di esplosivo di circa 0.5 x 10 - 2 gr/m²; si noti come tale quantità apparentemente piccola, sia in realtà enormemente superiore a quella rilevabile con le attuali tecniche della chimica analitica.

E' doveroso quindi collegare la presenza di tracce di esplosivo ad una esplosione, mentre ipotesi alternative quali l'inquinamento ambientale non paiono in grado di giustificare le modalità particolari di tale presenza. In ogni caso ben maggiore attenzione avrebbe dovuta essere dedicata a questo elemento; esso è infatti un esempio quasi emblematico di tutte le difficoltà che si sono incontrate nell'approccio tecnico-scientifico a questa vicenda. Il rinvenimento di tracce di esplosivo indecomposto è in generale considerato elemento decisivo in ogni inchiesta su di una esplosione infatti, sempre in Yallop: "Quando le analisi chimiche hanno dato risultato positivo per la presenza di esplosivo indecomposto quali la nitroglicerina, il RDX (T4) e il TNT, vi è poca necessità di controllo sull'ambiente poiché anche il critico più capzioso ha difficoltà nel sostenere con argomenti convincenti che queste sostanze erano già presenti.".

E' utile nel caso qui in esame, per poter risalire dalla constatazione della presenza delle tracce di esplosivo alla localizzazione dell'ordigno e quindi alla causa dell'incidente, più precisamente alla determinazione del carattere interno od esterno dell'esplosione, analizzare i meccanismi di trasferimento dell'esplosivo indecomposto.

Il meccanismo di trasferimento, che sta alla base della formula sopra ricordata, è quello mediato dall'onda d'urto; la carica indecomposta viene cioè trasportata sugli oggetti circostanti dall'onda d'urto. La quantità di esplosivo depositata, dipende dalla distanza dal centro dell'esplosione e non è quindi corretto associare la bassa quantità rinvenuta ad un fenomeno di inquinamento ambientale; anche perché, come notato dagli stessi PCH in un caso da loro esaminato, l'inquinamento dovrebbe produrre sui bagagli concentrazioni inferiori a quelle effettivamente ritrovate, ma soprattutto perché avrebbe dovuto interessare un numero ben più ampio di oggetti. In ogni caso un fenomeno di inquinamento dovuto alla permanenza in ambienti contenente tracce di esplosivo non giustificherebbe la collocazione singolare delle tracce di esplosivo sul gancio del sedile rosso, collocazione che infatti i PCH giudicano inspiegabile. Gli stessi periti giudicano poi le tracce di esplosivo sui bagagli non congruenti con una esplosione esterna, perché protetti dalla parete della fusoliera ed ancora incongruenti con l'ipotesi di esplosione interna e questo a causa del fatto che i bagagli erano collocati nel bagagliaio anteriore e cioè ben lontano dalla toilette e quindi non nella posizione ipotizzata dalla commissione Misiti per l'esplosione.

Esiste in realtà un meccanismo di trasporto dell'esplosivo non decomposto, perfettamente plausibile dal punto di vista tecnico, anche se una sua validazione completa avrebbe richiesto probabilmente alcune verifiche sperimentali. Tale meccanismo si basa sul fatto che gli esplosivi trovati e cioè il TNT ed il T4, sono molto poco solubili in acqua: si può quindi ipotizzare che all'atto dell'esplosione molte parti dell'aereo siano state ricoperte dall'esplosivo indecomposto. Una volta che esse sono giunte in mare assieme ai bagagli ed ai sedili, a causa appunto della insolubilità degli esplosivi, questi si sono potuti depositare sugli oggetti che galleggiavano vicino - se si volesse visualizzare il meccanismo qui descritto si può immaginare di avere versato dell'olio in un recipiente d'acqua nella quale siano stati poi posti a galleggiare degli oggetti; si comprende come all'atto dell'estrazione degli oggetti dall'acqua qualcuno di essi possa essere inquinato dall'olio -. Questa modalità di trasferimento giustificherebbe il fatto che solo su alcuni oggetti sono state trovate le tracce di esplosivo ed anche la collocazione dell'esplosivo sul gancio estratto dal sedile rosso. Infatti attraverso il mezzo acquoso l'esplosivo può essere penetrato dentro la sede del gancio; l'esplosivo deposto all'esterno del foro del gancio, si è quindi decomposto sotto l'azione dell'ossigeno dell'aria e della luce, dopo che il reperto era stato recuperato, mentre quello finito nel foro, protetto dall'azione degli agenti atmosferici, ha potuto essere rinvenuto anni dopo.

Non è in ogni caso possibile, a nostro avviso, dare per scontato che l'accertata presenza di esplosivo su parti molto probabilmente collocate in cabina significhi esplosione interna, in particolare esplosione nella toilette, come credono i Pubblici Ministeri. Si deve al contrario notare come ogni ipotesi di esplosione interna dovuta a bomba non sia in grado di giustificare le caratteristiche del rinvenimento dell'esplosivo. Dicevamo in una nostra relazione come le modalità di collasso della toilette non fossero in accordo con una deposizione di esplosivo in cabina. Altre considerazioni, più direttamente contrarie a questa ipotesi e forse più dirette possono farsi; se effettivamente l'onda d'urto incanalatasi nella cabina avesse trasportato tracce di esplosivo inesploso, non si comprende come solo due bagagli ed uno schienale di sedile siano risultati contaminati. Da questo punto di vista il rinvenimento di tracce di esplosivo in quantità relativamente elevate su pochissimi oggetti fanno pensare che il processo di trasferimento abbia operato con meccanismi meno diretti di quello che si sarebbe avuto con una esplosione in cabina; in questo senso ci pare che il meccanismo di trasferimento da noi sopra indicato sia molto più probabile.

Si noti come questa caratteristica di essere consistente, ma su pochissimi pezzi riguardi anche gli altri indizi di esplosione; tra le centinaia di schegge recuperate solo due mostrano segni di esplosione e solo un vestitino di bambola mostra segni di bruciatura.

I segni di esplosione non vengono considerati dai Pubblici Ministeri come dovuti a cause diverse da quelle che hanno provocato la caduta dell'aereo; essi però vengono considerati tra loro incoerenti. Abbiamo già commentato in modo generale nel capitolo 2 il significato che va attribuito al termine incoerente; applichiamo quindi quelle considerazioni generali al caso qui in esame.

Conviene rifarsi ad un passo della nostra relazione, riportato per esteso nella requisitoria dei Pubblici Ministeri nella quale si notava che l'insieme delle deformazioni presenti sui pezzi della toilette erano elementi contraddittori tra di loro. Trattandosi di dati fattuali, indubitabili nella loro presenza e nel loro collegamento con il danneggiamento dell'aereo è chiaro che quando si parlava di contradditorietà tra di loro ci si riferiva ad una incoerenza rispetto alla causa che si ipotizzava li avessi prodotti. Se un pezzo presenta una parte con una deformazione concava verso l'interno della cabina ed un'altra parte con una deformazione convessa verso l'interno, questo significa che il pezzo contraddice l'ipotesi che possa essere stata una sovrappressione sviluppatasi nella cabina a produrre tale deformazione. La causa di queste deformazioni va quindi cercata nelle sollecitazioni, di gran lunga più complesse, che si sono prodotte all'atto dell'impatto del velivolo con il mare.

Le modalità con le quali la commissione Misiti ha trattato tutta la tematica dell'esplosione è la dimostrazione della assoluta mancanza di ogni scientificità nell'approccio al problema: da un lato si è minimizzato, con puri trucchi verbali, il fatto che nessun segno di bomba è stato trovato nella zona della toilette, dall'altro, con altrettanta leggerezza, ci si è disinteressati del fatto che i massimi esperti del campo hanno continuato a dichiarare che esistono sui frammenti del DC9 segni indiscutibili di esplosione.

In una lettera inviata in data 25.02.94 al perito Santini, nella quale si passavano in rassegna tutte le ricerche effettuate sui relitti del DC9, i ricercatori Baker e Winn appartenenti al DRA, che viene considerato il maggior centro di ricerca al mondo su questi temi, si sentivano in dovere di ricordare alla commissione le evidenze, ottenute al DRA (ex Rarde), favorevoli al fatto che una esplosione era implicata; tale opinione era supportata dalla presenza in almeno quattro reperti che mostravano segni certi di esplosione. Anche volendo ammettere che la storia di alcuni tra questi reperti non sia completamente chiara, non ci si può facilmente sbarazzare della loro presenza, dicendo semplicemente che non si riesce a giustificarla.

Una motivazione della difficoltà incontrata dalla commissione Misiti nel giustificare tali rinvenimenti sta da un lato nella precisa indicazione che un fenomeno esplosivo si è verificato, e dall'altro nell'impossibilità di dedurne una localizzazione nella toilette. Crediamo in effetti che questa sia la causa del fatto che la commissione Misiti ed anche i PCH hanno sottovalutato questi segni: essi mal si accordavano con l'ipotesi di esplosione nella toilette.

Tale nostra convinzione è giustificata anche da quanto osservato nella stessa lettera sopra citata; a proposito del vestito della bambola, sul quale esistono segni di esplosione, si dice che: "E' stato suggerito in una discussione da un membro della commissione, che questo oggetto è stato recuperato da una zona "sbagliata" dei rottami.". Si noti la scorretta metodologia scientifica di questo sconosciuto membro della commissione Misiti, che contesta la presenza dei segni di esplosione sulla base del fatto che la bambola non poteva essere vicina alla toilette; obbligando tra l'altro i ricercatori del DRA, molto più corretti scientificamente, ad affermare, a proposito del vestitino della bambola: in ogni caso le evidenze di una esplosione che esso porta non possono essere ignorate da qualsiasi parte esso sia stato trovato.

E' noto come presumibilmente la bambola fosse in possesso di una bambina che era seduta nella parte anteriore della cabina al momento dell'incidente: di tale posizione è rimasta traccia nella posizione di ritrovamento, che era la cabina di pilotaggio.

I segni di esplosione, se si vuole che la loro presenza abbia un significato scientificamente valido devono essere validati da proprietà oggettive, indipendenti da ogni altro dato, e non possono essere discusse sulla base della posizione di rinvenimento dei reperti interessati. Non è quindi scientificamente sostenibile, nè rappresenta certo una corretta applicazione del metodo galileiano quanto affermato, a proposito del rinvenimento di tracce di esplosivo sul gancio 2 rosso e su due valigie.

Tale indizio è stato ritenuto discutibile in quanto tali tracce sono state ritrovate in posizioni e zone che male si accordano con l'ipotesi di esplosione nell'interno della toilette e, di conseguenza, i periti Casarosa ed Held, tenendo anche conto delle quantitativamente esigue tracce trovate, sarebbero più propensi ad attribuirle a fenomeni di contaminazione dei reperti.

Non possono esserci dubbi sul fatto che i segni di una esplosione che ha interessato il DC9 sono stati precisi e di origine così diverse (dalle tracce di esplosivo ai segni sulle schegge, alle tracce di bruciatura) da imporre di credere che un fenomeno esplosivo ha interessato il DC9. Non si può quindi che essere d'accordo con la tesi sostenuta dai Pubblici Ministeri, a proposito dei segni di esposizione ad esplosione, secondo cui tali segni: appaiono a questo ufficio fortemente indicativi di una esplosione, che ha proiettato frammenti incandescenti.

I segni di esplosione sono indubbiamente presenti, ma sono giustificabili solo con modalità più complesse rispetto a quelle di una esplosione interna: essi sono infatti netti, ma rari e soprattutto non possiedono alcuna coerenza spaziale. Questo ci fa dire che essi sono coerenti con una esplosione che si è verificata nei pressi dell'aereo, ma non nel suo interno.".

Nel capitolo dedicato ai segni sul relitto, il 5, i consulenti a premessa fondamentale pongono che non esiste un solo elemento appartenente a parti vicine alla toilette, dove si è ipotizzato fosse stata collocata la bomba, sul quale la commissione Misiti possa affermare che esistano i segni di una esplosione: e questo è tanto più paradossale in quanto, come abbiamo detto sopra, secondo i massimi esperti in questo settore, tali segni sono presenti sui reperti collegati al DC9; essi però non sono collocabili in parti del velivolo vicini alla toilette. Per questa ragione essi dichiarano che lo scenario dell'esplosione nella toilette deve essere dichiarato estremamente improbabile e che pertanto la relazione Misiti non meriti ulteriore attenzione. Dedicano invece un'analisi più puntuale al documento di Casarosa e Held di replica alle loro prospettazioni, quello dal titolo "Osservazioni sui rilievi effettuati dai consulenti di parte civile", depositato il 1°.06.95.

I consulenti di parte civile sono estremamente critici anche su questo documento perché vi ravvisano ancora adesione all'ipotesi bomba, anche se stimata molto probabile ma affetta da non trascurabili livelli di incertezza; contraddizioni sui frammenti AZ534 e AZ497; mancata considerazione di analisi specialistiche quali quelle del collegio metallografico-frattografico sui detti frammenti.

Queste considerazioni appaiono però superate dalla documentazione ultima depositata dai periti d'Ufficio Casarosa e Held.

Altro punto di fondamentale importanza è quello trattato al cap.6, cioè le modalità di rottura del DC9, in particolare la sua sequenza temporale della frammentazione.

Una prima informazione, che riguarda essenzialmente questa sequenza è fornita dalla collocazione in fondo al mare dei relitti: tenendo conto che la fase di frammentazione del velivolo è durata parecchi secondi e che il velivolo procedeva alla velocità di 230m/s si capisce come sia possibile risalire, dalla collocazione delle varie parti in fondo al mare alla successione temporale con la quale le varie parti del velivolo si sono distaccate. Sulla base di questi elementi si può ricavare una sequenza di frammentazione che è stata così determinata dal collegio Misiti: "Il primo principale evento che si è verificato a bordo e che ha determinato l'inizio del collasso della struttura, è stato il cedimento dell'attacco anteriore del motore destro, in corrispondenza del vincolo con l'ordinata 786. ... . Immediatamente dopo si è avuto il distacco del motore sinistro per cedimento completo dell'ordinata di attacco 786 ed il cedimento dell'ordinata di forza 642 ... . Il cedimento dell'ordinata di forza 642 ha determinato, in rapida sequenza, il distacco, in corrispondenza ad essa, della parte posteriore della fusoliera e la sua distruzione ... . Subito dopo questi eventi si è avuto il distacco del tronco di coda e dell'estremità della semiala sinistra.

Il resto del relitto non ha subito ulteriori importanti frammentazioni durante la caduta e si è distrutto al momento dell'impatto con la superficie del mare ...".

Questa sequenza di rottura, continuano i consulenti, è suffragata anche dalle modalità di cessazione delle varie utenze del velivolo (FDR e VCR). Tali apparati sono infatti alimentati da un generatore collocato nel motore destro; la repentina ed iniziale cessazione delle registrazioni è quindi giustificata proprio dal fatto che è stato il motore destro a staccarsi per primo. Un secondo elemento di supporto della sequenza sopra indicata, come emerge dalla stessa citazione, è data dalla considerazione della struttura del velivolo, che permette, a partire dalla causa iniziale che ha interessato il motore destro, di connettere causalmente, in modo razionale le varie successive fasi di frammentazione.

Considerazioni di natura diversa invece vanno fatte in relazione all'ultima delle fasi di frammentazione sopra descritte, cioè al distacco dell'estremità dell'ala sinistra. E' accertato il carattere aerodinamico delle forze che hanno prodotto questa rottura; il movimento dell'ala dovuto ad una flessione dall'alto verso il basso e l'assenza di segni di danneggiamento obbliga a pensare che l'ala si sia rotta per un assetto di picchiata assunto dall'aereo in seguito al distacco della parte posteriore del velivolo, più precisamente dal tronco di coda.

Un ulteriore livello di approfondimento è fornito dall'analisi frattografica dei frammenti. In particolare, per quanto riguarda il motore destro, che è la parte di aereo che ha sentito direttamente l'azione dell'evento che ha prodotto la caduta del DC9 si dice che "...il motore destro si è distaccato in corrispondenza della travatura di attacco anteriore provocando prima il cedimento del montante interno destro dell'ordinata 786 per flessione verso l'esterno dell'aereo...".

A questo punto i consulenti di parte propongono alcune ipotesi preliminari su quali possono essere state le cause dell'incidente.

A tale proposito riportano quanto detto nella PRU, al riguardo delle analisi delle modalità di rottura e delle cause dell'incidente: "Dalle analisi effettuate sia nella parte IV della perizia sia nei paragrafi precedenti emerge con plausibile certezza che, al verificarsi dell'incidente, si è avuto il pressoché contemporaneo cedimento degli attacchi anteriori dei motori della fusoliera con leggero anticipo del cedimento dell'attacco destro rispetto a quello sinistro, dell'ordinata 642 e del sistema di vincolo del tronco di coda alla parte posteriore della fusoliera.

L'esame della documentazione fornita dalla Mc Donnel-Douglas e riportata in doc. I-1, consente di rilevare che i predetti elementi risultano elementi critici del velivolo quando esso è sottoposto a condizioni di carico derivanti da manovra bilanciata al massimo valore del fattore di carico di manovra e raffica.

In altre parole, se il velivolo viene sottoposto a condizioni di carico derivanti dal superamento del massimo valore del fattore di carico a causa di effetti combinati di manovra e raffica, su di esso agiscono accelerazioni e, quindi, carichi inerziali che, in aggiunta a quelli di esercizio, possono essere tali da determinare il cedimento della struttura del velivolo in corrispondenza dei predetti elementi critici.

Sulla base di queste considerazioni può pertanto formularsi la plausibile ipotesi che, al momento dell'incidente, il velivolo sia andato soggetto alle predette condizioni di carico che, attraverso il cedimento degli elementi critici della struttura del velivolo, abbiano poi innescato la sequenza degli eventi in precedenza discussa.".

Da queste affermazioni i consulenti rilevano "che un danneggiamento nella parte posteriore dell'aereo, in particolare nella sezione cui sono vincolati i motori, danneggiamento in grado di fare precipitare l'aereo, può essere prodotto da sollecitazioni aerodinamiche (raffiche) e da manovre. Esiste quindi un meccanismo, che non è quello rappresentato da una bomba nella toilette, che è in grado di produrre proprio la sequenza di rotture il cui verificarsi è accertato nel caso del DC9. Un tale tipo di danneggiamento avrebbe inoltre la caratteristica di non lasciare alcun segno caratteristico di natura macroscopica su relitto.".

Si propongono perciò di mostrare come l'esplosione di una testata missilistica nelle vicinanze del DC9 possa produrre condizioni di sollecitazione aerodinamica tali da produrre il meccanismo di cedimento sopra descritto.

Questo avviene nel capo 7 del documento, dedicato appunto alla analisi dello scenario missile.

In primo luogo l'analisi del problema che viene genericamente indicato come quello dell'interazione tra un velivolo ed una testata missilistica. "Non è pensabile, affermano i consulenti, data la sua complessità, che se ne possa dare una trattazione generale: esiste però una certa documentazione relativa ad aspetti particolari di esso, che permette di trarre alcune informazioni utili al caso che qui stiamo esaminando. Di questa documentazione sarà qui data una rassegna ragionata - la documentazione, sicuramente non esaustiva, da noi consultata è quella disponibile ai privati cittadini, e ci è stata suggerita dal nostro collaboratore dr.Sewell. L'argomento dell'interazione testate missilistiche-velivoli ha peraltro una particolare valenza dal punto di vista militare ed è quindi sicuro che esistono ulteriori importanti informazioni non accessibili ai comuni cittadini; esso interessa infatti, in un ovvio ed inevitabile processo di mutua influenza, sia i costruttori di missili che i costruttori di aerei militari -. Dal momento che il relitto non mostra segni di fori dovuti a schegge, i consulenti prendono in esame la possibilità che siano state azioni di natura aerodinamica, attribuibili all'esplosione di una testata, quelle in grado di causare la perdita del DC9; azioni cui non debbano corrispondere segni macroscopici particolari sul relitto.

Quindi l'analisi delle motivazioni che hanno portato i periti d'Ufficio a sostenere, nella loro relazione, che l'ipotesi missile non è plausibile, mostrando come tali motivazioni derivino da una indagine che su questo punto è stata particolarmente insufficiente e non ha tenuto conto della complessità del problema. Dall'assenza di fori attribuibili a schegge e dalla supposta impossibilità dell'onda d'urto di abbattere un aereo si è ricavata la insostenibilità dell'ipotesi che sia stato un missile la causa dell'abbattimento. I consulenti si propongono di dimostrare come il primo fatto abbia varie giustificazioni e come il secondo sia evidentemente falso.

In conclusione mostrano con dati quantitativi come una testata missilistica possa avere prodotto il distacco del motore destro, possa cioè avere danneggiato il DC9 con le stesse modalità di rottura riscontrate sul relitto.

Sul problema dell'interazione missile-velivolo ribadiscono che non vi sono soluzioni generali.

Questa situazione è ben descritta in un rapporto dedicato a questo tema, di Ankeney D.B., "Physical Vulnerability of Aircraft due to Fluid Dynamic Effects" del luglio 77, nel quale si afferma: "Il problema di predire la risposta della struttura di un velivolo ad una detonazione esterna è difficile per la semplice ragione che ai progettisti di aerei non è mai stato richiesto di progettare aerei che possano sopravvivere all'onda di detonazione di una testata missilistica. Poiché ai progettisti di aerei non è mai stato richiesto di progettare aerei che possano sopravvivere ad un'onda di detonazione, gli analisti delle sollecitazioni degli aerei non hanno mai dovuto sviluppare gli strumenti per prevedere la risposta del rivestimento e della struttura di un velivolo ad una detonazione in aria libera.

D'altro canto, gli analisti della vulnerabilità ed i progettisti di testate sono continuamente interrogati sulle dimensioni della testata necessaria per distruggere il velivolo nemico. Essi sono impediti dal prendere un approccio razionale ed una reale definizione del problema almeno da tre fattori:

1. i dettagli costruttivi dei nuovi velivoli nemici non sono ovviamente ad essi disponibili. Usualmente sono disponibili solo le fotografie della configurazione esterna. Quindi un modello razionale di risposta strutturale dai primi principi (i.e. legge di Newton, ecc.) non può essere sviluppato poiché essi non hanno accesso ai necessari dettagli per completare un modello razionale.

2. Il principale meccanismo di distruzione delle testate è usualmente la frammentazione, mentre la detonazione è un meccanismo secondario. Quindi la maggior parte del lavoro è stato fatto sulla modellazione degli effetti dei frammenti.

3. L'analista della vulnerabilità ed il progettista di testate sono in generale molto poco familiari con l'approccio di base tipo dadi e bullone dell'analista delle sollecitazioni degli aerei e, quindi, non utilizzano mai la forma del linguaggio ingegneristico che viene utilizzato dai progettisti di aerei e dagli analisti di sollecitazioni. A questo si associa il fatto che i progettisti di aerei non hanno mai dovuto prendere in considerazione gli effetti delle testate e non hanno alcuna confidenza con la risposta strutturale al carico dovuto alla detonazione.".

Da questo scritto le seguenti considerazioni dei consulenti: "E' evidente come i progettisti di aerei civili, cui fa riferimento questo testo, non dedichino particolare attenzione alle problematiche delle sollecitazioni cui sarebbe sottoposto un tale aereo nel caso di esplosione di una testata missilistica; un tale evento non può essere considerato tra quelli che si prevede un aereo civile debba affrontare. Quello di cui tali progettisti devono tenere conto sono esclusivamente le normali sollecitazioni aerodinamiche. Un aereo può peraltro incontrare particolari condizioni di sollecitazione, quali quelle che si hanno in presenza di perturbazioni atmosferiche; e per tali situazioni, che sono le più gravose che si prevede possa subire il velivolo, sono infatti definiti particolari criteri di sicurezza.

Queste considerazioni non si applicano invece ai progettisti di aerei militari, in particolare di caccia; l'azione della testata missilistica è infatti finalizzata alla neutralizzazione di un aereo nemico, essenzialmente un caccia; e di ciò tengono conto a loro volta i progettisti di missili. Aiuta a tale scopo una più precisa definizione di quella che si può indicare come la vulnerabilità dei velivoli ad un attacco effettuato per mezzo di missili; la riduzione della vulnerabilità, termine di cui daremo in seguito una definizione tecnicamente più completa ed articolata, può essere ottenuta dopo che siano state individuate la tipologia e l'entità del danno potenzialmente subito dal velivolo nella sua interazione con una testata missilistica; si tratta come già detto di un fenomeno estremamente complesso che dipende da vari parametri, non tutti rilevanti con il caso che qui si esamina. Si pensi ad esempio al fatto che tra i meccanismi di abbattimento di un caccia militare non vi è solo la sua distruzione strutturale, ma anche l'uccisione del pilota o il danneggiamento degli impianti idraulici od elettrici di bordo, compiti questi ultimi cui sono specificamente dedicate le schegge.

Quello che ci siamo proposti di fare, nell'analisi della letteratura sulla vulnerabilità dei velivoli militari, era di individuare la natura e l'entità delle cause di danneggiamento prodotto da una testata missilistica; questo è stato il primo passo verso l'individuazione dei danni che una tale testata poteva avere prodotto sul DC9.

La letteratura che riguarda queste problematiche può dividersi in due filoni complementari, ma per certi aspetti indipendenti. Da un lato molti studi riguardano il problema della più razionale utilizzazione dell'energia resa disponibile dall'esplosione della testata ai fini di massimizzare l'efficacia e l'entità del danno prodotto ad un velivolo, da un altro lato interessano le modifiche che vanno apportate alle strutture dei velivoli al fine di renderli in grado di sopravvivere ad un attacco esterno portato con missili e quest'ultima problematica viene indicata nella letteratura anglosassone con il nome di analisi della sopravvivenza dell'aereo.

Va naturalmente ribadito ancora una volta che gli aerei di cui si parlerà qui di seguito sono aerei militari, in particolare caccia; essi hanno una resistenza ai carichi aerodinamici e quindi all'onda di detonazione almeno doppia rispetto ad un aereo quale il DC9. Mentre quindi per i caccia non ci sono dubbi che il meccanismo principale di abbattimento siano le schegge e che l'onda di detonazione sia un meccanismo meritevole di considerazione, ma secondario, ci si deve attendere che ciò possa non essere più vero per un aereo con la struttura e le dimensioni del DC9.

Una delle ragioni della difficoltà del problema sta anche nel fatto che la base sperimentale sulla quale valutare le caratteristiche dell'interazione tra missile e velivolo, quindi la vulnerabilità dei velivoli ai missili, i punti deboli e gli interventi da effettuare, è costituita dai dati sulla tipologia dei danneggiamenti di velivoli colpiti da missili nelle reali condizioni di combattimento, dati di non facile reperimento ed in genere riservati. A tale scopo il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha costituito il Survivability/Vulnerability Information Analysis Center (SURVIAC), che ha come compito quello di fornire: la raccolta, la conservazione, la diffusione e l'analisi dell'informazione tecnica e scientifica, i modelli e le raccolte dati riguardanti la sopravvivenza e la vulnerabilità non nucleare degli obbiettivi americani e stranieri aeronautici e di superficie (con esclusione delle navi).

Di tali studi, dai quali si può trarre una più realistica valutazione dei danni che sono prodotti da un missile sulla struttura di un aereo e quindi confrontarli con quelli rilevati sul DC9, è disponibile tuttavia un'ampia esposizione in un testo considerato classico in questo settore - Ball R. The Fundamentals of Aircraft Combat Survivability Analysis and Design; AIAA Education Series, American Institute of Aeronautics and Astronauctis, 1985. Tale testo è interamente dedicato alla valutazione della capacità dei velivoli militari di resistere agli attacchi missilistici: ribadiamo ancora una volta che andranno sempre tenute presenti, soprattutto all'atto di fare considerazioni di natura quantitativa, la differenza più volte indicata tra un aereo civile ed uno militare -.

Informazioni utili e rilevanti, anche per la fonte da cui provengono, si possono inoltre trarre dall'esame dei manuali delle norme militari; intendiamo in particolare riferirci ad un testo - Military Handbook, Survivability, aircraft, nonnuclear; Department of Defense, 25.10.83, che sarà nel seguito indicato con la sigla MIL-HDBK-336-1 - che contiene indicazioni sulle avvertenze da seguire nella progettazione degli aerei militari. Lo scopo di questo testo è così descritto: "Questo documento fornisce le informazioni fondamentali e di base sulla metodologia di valutazione e sui requisiti di progetto per la sopravvivenza dei velivoli militari".

La valutazione della vulnerabilità è basata sulla tipologia del danno inflitto al velivolo, sono definiti - sempre nel MIL-HDBK-336-1, nde -, nell'ambito di quei livelli di danneggiamenti che non rendono nè economico, nè ragionevole una riparazione del velivolo, i seguenti principali livelli di abbattimento:

- KK: che corrisponde ad un danneggiamento tale da comportare l'immediato abbattimento del velivolo;

- K: che corrisponde ad un danneggiamento tale da causare la caduta del velivolo entro 30 secondi;

- A: che corrisponde ad un danneggiamento in grado di produrre la caduta del velivolo entro 5 minuti.

I livelli di abbattimento che abbiamo sopra elencato sono i più elevati; essi indicano sostanzialmente se l'abbattimento del velivolo avviene immediatamente o se esso avviene con un certo ritardo. Le modalità di caduta del DC9 corrispondono, in termini di questi indicatori, ad un livello compreso tra KK e K.

Ai vari livelli corrispondono diversi meccanismi di danneggiamento; tra le cause in grado di produrre il livello di danneggiamento KK è esplicitamente citata l'azione della detonazione di una testata missilistica, che quindi è da considerare anche possibile causa del livello K.

La valutazione quantitativa della vulnerabilità rispetto all'azione di una detonazione esterna è ottenuta per mezzo del cosiddetto volume di vulnerabilità - di nuovo nel MIL-HDBK-336-1, nde -, che è così definito: "La misura della vulnerabilità di un aereo ai carichi prodotti da una detonazione esterna è il volume di vulnerabilità o l'inviluppo entro il quale la detonazione di una prefissata carica di una testata produce il prefissato livello di abbattimento e al di fuori della quale la detonazione non produce danno al velivolo".

La determinazione di questo volume può essere fatta per via analitica o per via sperimentale. Illustreremo in seguito la documentazione a nostra disposizione relativa agli esperimenti utilizzati nel determinare il volume di vulnerabilità, alle difficoltà ed ai limiti di tale determinazione; per effettuare un approccio analitico erano disponibili già negli anni 80 alcuni programmi di calcolo.

L'importanza che ha la detonazione nella valutazione della vulnerabilità di un velivolo è dimostrata dal fatto che un intero paragrafo nel testo contenente le norme militari è dedicato a tale effetto; i livelli di maggiore interesse sono, per questa modalità di danneggiamento, il K e l'A.

Non rientra naturalmente negli scopi di questa relazione analizzare i contenuti di questa disciplina, ma è utile, proprio per il caso che qui si esamina, dare la definizione di vulnerabilità; come vedremo essa contiene alcuni concetti per noi rilevanti. Si afferma nel detto Military Handbook; n.d.e.: "La vulnerabilità di un velivolo si riferisce alla sua incapacità di resistere ad uno o più colpi da parte del meccanismo di danneggiamento, alla sua vincibilità, alla sua debolezza rispetto a seri danneggiamenti o alla distruzione quando colpito dal fuoco nemico... . Più vulnerabile è un velivolo, più probabile è che sia abbattuto quando colpito.

Ciascuno dei singoli componenti in un velivolo ha un livello, o grado, o ammontare di vulnerabilità; e la vulnerabilità di ciascuna componente contribuisce in qualche misura alla vulnerabilità complessiva del velivolo. Alcuni componenti contribuiscono più di altri. Le componenti critiche su di un velivolo sono quelle che, se danneggiate o distrutte, porterebbero all'abbattimento del velivolo".

Tra le componenti critiche viene individuato il sistema strutturale, del quale si dice - nell'opera Ball R. citata -: "Il sistema strutturale è la parte più robusta del velivolo. Tuttavia, danni strutturali possono essere sufficienti a causare l'abbattimento del velivolo.

Anche per le norme militari le parti strutturali sono parti critiche rispetto alla vulnerabilità all'onda prodotta dalla detonazione - di nuovo nel Military Handbook citato -: "Le componenti critiche di un velivolo vulnerabili al danneggiamento da una detonazione esterna consistono principalmente in parti della struttura del velivolo (per esempio le ali) e nelle superfici di controllo. Il meccanismo di rottura di queste componenti che può produrre l'abbattimento del velivolo comprende le deformazioni strutturali e gli effetti aerodinamici della raffica".

Si noti come in questo testo si preveda che l'onda di detonazione esterna agisca con lo stesso meccanismo della raffica, che è proprio il meccanismo citato dalla commissione Misiti come quello che produrrebbe un danno non macroscopicamente rivelabile; torneremo su questo argomento poiché crediamo che un effetto di raffica abbia contribuito a danneggiare l'ordinata cui è collegato il motore destro.".

A questo punto Algostino, Pent e Vadacchino elencano i meccanismi di danneggiamento. Quelli convenzionali, secondo il citato Ball sono i penetratori, le schegge, le particelle incendiarie e l'onda di detonazione.

Da questa divisione analoga per le testate missilistiche e cioè, sempre secondo Ball: "Quattro tipi principali di testate ad alto potenziale esplosivo utilizzate contro gli aerei. Esse sono la testata a detonazione o a pressione, quella a frammentazione, ad asta continua ed a carica preformata.".

Nelle testate a pressione il contenitore che circonda la carica di esplosivo ad alto potenziale è relativamente sottile ed il meccanismo primario di danneggiamento è l'onda di pressione a forma sferica in espansione prodotta dalla detonazione della carica. Per quanto tale tipo di testata sia relativamente economica, ha un ridotto raggio di efficacia a causa del piccolo peso della carica nella testata ed alla rapida riduzione della pressione nell'onda con la distanza dal punto di detonazione. In conseguenza, nella maggior parte delle testate per obbiettivi aerei la carica è utilizzata essenzialmente per rompere il contenitore in numerose velocissime schegge, sbarrette o penetratori e questi divengono i meccanismi primari di danneggiamento.".

E sostituendo il contenitore dell'esplosivo a frammentazione con un contenitore in alluminio secondo una prassi non inconsueta, si ottiene quella che è chiamata una testata a detonazione incrementata. E' informazione nota come il missile aa-6, missile di fabbricazione sovietica, ma fornito a molti paesi, fosse sovente modificato con queste modalità dagli stessi paesi utilizzatori.

Comunque, ci tengono a sottolinearlo i consulenti, l'analisi che viene da essi sviluppata e soprattutto le considerazioni di carattere quantitativo, sono indipendenti dal tipo di testata; giacchè anche per le testate a frammentazione il contributo al danneggiamento dell'onda di detonazione non è trascurabile, soprattutto per un aereo come il DC9.

Sempre seguendo il testo di Ball le due più rilevanti sono quelle di distacco di struttura e di sovraccarico di pressione. Il primo meccanismo consiste nella rottura fisica o perdita completa di grosse porzioni delle strutture di carico del velivolo causate da penetrazioni multiple da schegge, dalla detonazione, dal fuoco o dagli effetti della radiazione può produrre una perdita immediata o ritardata del velivolo.

Il secondo consiste nella rottura immediata o successiva sotto i carichi di manovra causata dagli effetti di una detonazione esterna che produca un sovraccarico della struttura portante.

Questo passo è rilevante perché afferma che l'onda di detonazione può produrre un aumento del fattore di carico; il fattore di carico massimo che è circa 4 per il DC9 e circa 8 per un caccia.

Sul seguito appare opportuno riportare integralmente il testo del documento. "Considereremo con particolare cura gli effetti dell'onda di detonazione prodotta dalla testata: modalità di danneggiamento che, come abbiamo sopra dimostrato, è tenuta ben presente da chi deve valutare la vulnerabilità dei velivoli militari. I meccanismi attraverso i quali l'onda di detonazione produce un danneggiamento sulle strutture del velivolo sono così descritti:

Carico dinamico. Questo carico è prodotto dalla velocità dell'aria nell'onda d'urto rispetto al velivolo. E' un carico d'attrito sull'obbiettivo. Il processo di danneggiamento dovuto al carico dinamico produce deformazioni strutturali, flessioni e strappi delle strutture a mensola (ali) e distacco dinamico di ogni attacco non connesso rigidamente (ad esempio tettucci, pannelli, ed antenne).

Carico di sovrappressione. Questo processo di danneggiamento è quello che deriva dagli effetti della sovrappressione nell'onda di detonazione che colpisce e si muove sulla superficie dell'obbiettivo. Si noti che il profilo delle sovrappressioni mostra che la sovrappressione iniziale è in generale seguita da un periodo di depressione. Tutte le strutture semichiuse o i contenitori nel velivolo (ad esempio la cabina, i serbatoi del combustibile o idraulici) possono subire un improvviso ciclo compressione/decompressione che può avere come conseguenza una rottura strutturale o una perdita di integrità anche se esse non sono localizzati direttamente di fronte all'onda di detonazione.

E' necessario commentare a fondo questo brano, che consideriamo cruciale per comprendere le modalità di danneggiamento del DC9 Itavia: come si vede i meccanismi di danneggiamento sono due, collegati ma per certi aspetti indipendenti, entrambi letali. Il primo è legato alla velocità del fronte d'onda; e conseguentemente alla velocità dell'aria a valle e dipende in modo critico dalla velocità relativa del velivolo e dell'aria nel fronte d'onda; esso può essere pensato come un elevato aumento della resistenza aerodinamica incontrata dal velivolo. Il secondo è indipendente da tale velocità ed è un aumento della pressione statica applicata alle pareti del velivolo. Come mostreremo in modo rigoroso in seguito, le pressioni dovute al primo effetto possono essere varie volte superiori a quelle dovute al secondo effetto ed essere quindi di gran lunga più importanti nel valutare le conseguenze di una detonazione su di un velivolo in volo. Questo risultato, prevedibile sulla base di elementari considerazioni di aerodinamica, è anche ricavabile dalle precise indicazioni sulle modalità di interpretazione degli esperimenti che sono contenute nei testi tecnici qui da noi citati, come vedremo meglio tra breve.

Nella conclusione di questo capitolo daremo una dimostrazione quantitativa che è stato proprio questo meccanismo che, agendo sulla sezione critica del DC9, ha prodotto il distacco del suo motore destro.

Esso tuttavia non pare essere stato preso in considerazione dalla Commissione Misiti, la quale, nella sua analisi dello scenario che un missile sia stata la causa della caduta del DC9, ha preso in considerazione solo il secondo degli effetti sopra ricordati, precisamente quello statico.

Questo errore è anche commesso dal perito M. Held in una sua relazione, a quanto si desume dalla lunga citazione riportata nella requisitoria dei Pubblici Ministeri. Il fatto che non vi sia il tipico foro causato dall'onda espansiva dell'esplosione di una carica ad alto esplosivo fa riferimento esclusivamente all'effetto statico della carica, ma non tiene conto del principale meccanismo di danneggiamento di un'onda di detonazione su di un velivolo in moto.

Va detto tra l'altro come non sia necessario produrre fori per ridurre la capacità di volo di un aereo; si ha infatti che: una sovrappressione dinamica di 2 libbre al pollice quadrato sulla superficie superiore della coda orizzontale può essere sufficiente a produrre uno schiacciamento del rivestimento, causando una perdita di rigidezza ed una incapacità di sopportare i carichi di volo.

Mostreremo quantitativamente che il primo dei due effetti sopra descritti, quello dinamico, è in grado di applicare da solo al motore destro una forza tale da produrre la rottura del suo vincolo con la fusoliera; ma vedremo che anche altri meccanismi hanno prodotto sollecitazioni proprio nella zona della fusoliera cui è vincolato il motore ed hanno quindi concorso, nel caso in esame, ad innescare il processo che ha provocato la perdita del DC9.

Un approccio teorico al problema generale della sopravvivenza dei velivoli è sostanzialmente impraticabile, proprio per il fatto che i meccanismi di interazione sono molto diversi l'uno dall'altro, ma anche gli approcci sperimentali sono difficili, come è ben spiegato in un testo di balistica terminale che, data la sua rilevanza per il tema qui in discussione, citiamo per esteso. A proposito della valutazione della vulnerabilità di un velivolo, o meglio della sua interazione con una testata missilistica, si dice infatti - in Research and development of material, engineering design handbook, elements of terminal balistics; part two, collection and analysis of data concerning targets. AmCP 706-161, headquarters u.s. army material command, november 1962, pag. 8-19 - la produzione di dati balistici terminali per una configurazione di un velivolo può essere ottenuta in vari modi, inclusi gli studi analitici di tipo a priori, l'analisi dei dati operativi, e degli esperimenti di esplosioni contro velivoli obbiettivo in condizioni controllate. A causa della complessità dei velivoli e dei diversi meccanismi di danneggiamento, relativamente pochi dati di vulnerabilità sono stati ottenuti dagli studi analitici di tipo a priori, per quanto tentativi siano attualmente in corso di effettuazione per ottenere qualche comprensione di natura analitica sul danneggiamento causato alla struttura da una detonazione esterna. Questo lavoro è principalmente interessato alla risposta dinamica e al comportamento dei vari elementi strutturali in condizioni reali e simulate. Ci sono stati dei tentativi di ottenere informazioni sulla vulnerabilità dai dati operativi di precedenti conflitti. Sfortunatamente i velivoli che sarebbero di interesse principale in questi studi non possono essere studiati poiché sono quelli che vengono abbattuti e non ritornano. Tenendo conto che una trattazione generale dell'analisi dei dati operativi è al di fuori degli scopi di questa sezione, ci si limita semplicemente ad affermare che i dati operativi sono soggetti a certe limitazioni intrinseche, e che la disponibilità di tali dati in quanto validi non esclude la necessità di prove di vulnerabilità. Essenzialmente per le ragioni appena dette, l'uso di esperimenti di esplosione contro velivoli obbiettivo in condizioni controllate rimane il principale mezzo per la produzione di dati di vulnerabilità. Alcune delle restrizioni e delle limitazioni di questo approccio empirico sono state discusse in...

Consideriamo questo brano interessante da vari punti di vista: da un lato infatti sono esplicitamente illustrate le difficoltà del problema e le limitazioni sia degli studi analitici che degli esperimenti dall'altro si individua nell'onda di pressione un rilevante meccanismo di danneggiamento.

Nel seguito di questo testo si descrive una imponente campagna di esperimenti aventi come scopo di accertare la vulnerabilità all'onda di pressione dei vari tipi di aerei, in diversi assetti e con diverse cariche: tali esperimenti erano effettuati appendendo un aereo ad una apposita struttura e facendo esplodere una carica all'esterno. L'ampiezza di questa sperimentazione mostra di per sé come questo meccanismo non sia per nulla trascurabile.

Il risultato di questi esperimenti è stato quello di determinare il volume di vulnerabilità.

Più che il risultato di questi esperimenti conviene porre però in evidenza alcune osservazioni relative ad essi che interessano il nostro caso. In generale l'esperimento statico (aereo fermo, appeso ad un traliccio e carica appesa vicino) non pare rappresentare in modo realistico le sollecitazioni effettive sopportate da un aereo in volo. Si osserva infatti sempre nel citato documento - i risultati di questi test devono essere applicati con cautela poiché le differenze tra la situazione degli esperimenti ed il caso effettivo di un missile che esplode vicino ad un velivolo in volo sono molte. Se sia il missile che l'aereo sono in volo, vi sarà allora un cambiamento nella pressione e nella quantità di moto dell'onda di pressione causata dall'alta velocità relativa tra missile ed aereo al momento della detonazione. Poi, inoltre, le ipotesi sull'equivalenza tra il peso della carica in aria e le modifiche della distanza carica-aereo per l'aereo sospeso alla torre può essere in errore. In conclusione, un aereo sopporta un sistema di carichi completamente diverso e più leggero in volo di quando è staticamente sospeso o appoggiato.

In questo testo, di carattere eminentemente pratico e sperimentale, c'è una precisa indicazione sull'importanza degli effetti dinamici da noi già sopra ricordata, e si pone in rilievo anche come, nel calcolo dell'influenza della distanza sugli effetti di una carica, si debba tenere conto della riduzione di tale distanza dovuta al moto relativo tra onda di detonazione e velivolo; si deve inoltre tener conto del fatto che un aereo in volo è sottoposto ad una serie di carichi anche in assenza di una esplosione esterna; questa avvertenza è particolarmente enfatizzata dove si dice: si crede che gli esperimenti indichino una vulnerabilità del velivolo più bassa di quanto non sia in effetti.

Va in conclusione osservato come per la maggior parte dei missili all'azione dovuta alle schegge si associa sempre a quella dovuta all'onda di pressione; questo vale per l'AA-2 Atoll, l'AA-6 Acrid, l'HATCP, il Sidewinder."

Sulla base di queste conclusioni e principalmente di come l'interazione tra una testata missilistica ed un velivolo risulti essere un fenomeno estremamente complesso anche per coloro che possono essere considerati tra i maggiori esperti del settore, i consulenti prendendo in esame la perizia Misiti, rilevano come tale interazione vi venga invece descritta in modo drasticamente semplificato. L'ipotesi che il DC9 sia stato abbattuto da un missile vi è considerata non tecnicamente possibile essenzialmente sulla base di due punti tra loro collegati, ovvero, schematicamente:

1. La non esistenza di fori dovuti a schegge sui rottami del DC9.

2. L'impossibilità per la sola detonazione di abbattere un velivolo.

Così in particolare sul documento finale, la relazione del 20.07.94.

"Dalle analisi di possibili scenari esterni effettuate nei precedenti capitoli, ivi compreso lo scenario ipotizzato da Mr. Sewell, emerge che se il velivolo I-Tigi fosse stato abbattuto deliberatamente od accidentalmente da uno o più missili, questo avrebbe potuto accadere per effetto di differenti meccanismi distruttivi a seconda dello scenario di riferimento, ma sempre principalmente riconducibili o all'effetto delle schegge, o all'effetto dell'impatto con il corpo del missile. Questo secondo caso, come in precedenza riportato, potrebbe essersi verificato nell'ambito dello scenario che prevede il mancato armamento del detonatore o nell'ambito dello scenario ipotizzato da Mr. Sewell, nel quale risulta irrilevante il danno provocato dalle schegge.

Non sono ragionevolmente da aspettarsi macroscopici danni sul velivolo derivanti da effetti di onda di pressione generata dalla detonazione della carica esplosiva della testa di guerra in quanto, nel 1980, non erano operative teste di guerra a pressione e, d'altra parte, è generalmente da ritenersi trascurabile questo tipo di danno per le teste a frammentazione che esplodono alla miss distance dal bersaglio."

Queste considerazioni sottolineano Algostino e gli altri, hanno avuto una enorme importanza nell'ambito della strategia di indagine della Commissione Misiti: esse infatti hanno impedito non solo l'effettuazione di prove sperimentali, che peraltro, come abbiamo visto, sono estremamente delicate, ma anche semplicemente l'acquisizione della documentazione da essi citata. Dalla quale emerge come il danno prodotto dagli effetti delle onde di pressione non sia affatto trascurabile, così come confortato dallo spazio che la sua trattazione prende nella definizione dei criteri di progettazione dei velivoli militari.

La logica seguita dai periti è la seguente: 1. Non esistevano testate che non producono schegge; 2. Se non ci sono segni di fori prodotti da schegge un eventuale missile è quindi esploso lontano dal velivolo (miss distance); 3. A questa distanza il danno prodotto dall'onda di detonazione è generalmente da ritenersi trascurabile.

Queste le risposte dei consulenti di parte civile: "Per quanto riguarda il punto 1 va detto che si tratta di una affermazione apodittica: non si deve infatti credere che esista una catalogazione ufficiale e normata di tali apparati. Anzi si tratta di un settore nel quale da un lato la documentazione disponibile è ovviamente molto carente e dall'altro le modifiche e le innovazioni sono particolarmente frequenti, soprattutto nelle testate, che rappresentano la parte tecnologicamente meno evoluta dell'intero apparato. Il punto 2 contiene una valutazione quantitativa: noi abbiamo mostrato - nell'appendice B ossia - ma è ben ricavabile anche dalla letteratura, che esistono ampie zone intorno all'aereo entro le quali le schegge prodotte dall'esplosione di una testata a frammentazione colpiscono in minima percentuale; la forma e la dimensione di queste zone dipende da molti parametri.

Si noti inoltre come il numero di fori prodotti dalle schegge sull'aereo integro, è sicuramente superiore a quello riscontrabile sul relitto soprattutto se la loro densità non è piccolissima poiché fratture possono verificarsi tra i fori prodotti dai singoli schegge, aumentando l'estensione del danno - secondo Ball.

Si deve infatti pensare che all'atto della definitiva distruzione dell'aereo sul mare le ulteriori fratture si siano prodotte seguendo gli inviti costituiti dai fori eventualmente già presenti.

Si deve d'altronde far notare come il bordo di attacco dell'ala destra del relitto, data la deformazione subita non ha mai potuto, a nostro avviso, essere ben esaminato da questo punto di vista.

In conclusione vogliamo porre in evidenza come ci si debba attendere che il meccanismo di azione di una testata missilistica su di un aereo civile sia molto diverso da quello che interviene su di un caccia; in particolare le forze di natura aerodinamiche, che dipendono dalle dimensioni, avranno un ruolo maggiore di quanto non abbiano su di un caccia. Inoltre la resistenza alle perturbazioni esterne di un aereo civile è inferiore a quelle di un aereo militare; in modo sintetico, ma efficace, utilizzando il fattore di carico, si può esprimere questo concetto dicendo "...i massimi valori di fattore di carico per il velivolo DC9 non superano i 4g (a rottura) mentre per i velivoli militari da combattimento possono superare i 7g (a rottura) - perizia Misiti - il che vuole dire, schematizzando un poco, che il DC9 è in grado di sopportare accelerazioni 4 volte quelle di gravità (g) mentre un caccia militare può arrivare fino a d accelerazioni 7 volte quella di gravità."

I consulenti a questo punto si premurano di descrivere la dinamica della rottura della rottura del DC9. Premettono quanto scritto in proposito nella perizia Misiti.

Si è in precedenza riportato che la frammentazione in volo del velivolo può essere avvenuta a causa di sovrasollecitazione derivanti dal superamento del fattore di carico di progetto che possono aver determinato il cedimento delle sezioni critiche del velivolo rispetto a tale tipo di sollecitazione.

L'esame della casistica di incidenti aerei avvenuti per cedimenti strutturali derivanti da superamento dei carichi di progetto, mostra che essi, per la maggior parte dei casi, sono state determinate da anomale situazioni di carico conseguenti ad eccezionali valori di turbolenza atmosferica presente nella zona attraversata dal velivolo incidentato.

In precedenza si è anche osservato che il cedimento delle sezioni critiche per sovraccarico strutturale sarebbe in accordo con la sequenza e con le modalità di distacco in volo dei diversi frammenti recuperati, appartenenti alla parte posteriore della fusoliera.

Il cedimento dell'estremità della semiala sinistra, in questa ipotesi, potrebbe certamente essere una conseguenza dei precedenti cedimenti.

In particolare, il cedimento ed il distacco del tronco di coda con le superfici di stabilizzazione, è generalmente associabile alla nascita di un momento picchiante sul resto del relitto, tale da portare le due semiali ad operare ad un angolo di incidenza, rispetto alla direzione della velocità, opposto a quello normale di volo.

A causa dell'angolo di incidenza invertito, sulle due semiali può avere agito un carico aerodinamico opposto (diretto verso il basso) a quello agente nelle condizioni normali di volo (diretto verso l'alto) che, se di elevato valore, può avere determinato la rottura della semiala con deflessione verso il basso, come rilevabile sul relitto.

Poiché la semiala è generalmente progettata come una trave a sbalzo di uniforme resistenza, la posizione della sezione di rottura lungo l'apertura alare può essere stata del tutto casuale.

Una ipotesi di questa natura sarebbe pertanto congruente con la sequenza e le modalità di separazione in volo dei frammenti del velivolo in precedenza discusse e la causa dell'incidente sarebbe stata tale da non avere lasciato alcun segno caratteristico di natura macroscopica sul relitto stesso che, come in precedenza osservato, è la peculiare caratteristica di questo incidente di volo.

Pertanto, a parere del CP, l'ipotesi che la causa dell'incidente possa essere attribuita a cedimento strutturale per superamento dei carichi limiti di progetto indotti da particolari valori di turbolenza atmosferica, merita una attenta valutazione.

Questa possibile causa dell'incidente fu esclusa dai periti sulla base del fatto che nel punto dell'incidente, quando vi passò il DC9, non vi erano condizioni meteorologiche tali da produrre turbolenze. Ma questo testo resta nel giudizio dei consulenti interessante, poiché indica un meccanismo di natura aerodinamica, in grado di produrre la sequenza di rotture che in effetti si sono verificate, giustificando anche tra l'altro le modalità di rottura dell'ala sinistra, sequenza che ha inizio nell'ordinata di attacco dei motori. Proprio come di propongono di dimostrare i consulenti per effetto dell'esplosione di una testata missilistica nella parte anteriore destra che produce proprio sul motore un carico dinamico in grado di produrne il distacco.

Così testualmente. "Come abbiamo sopra già ricordato il primo evento che ha determinato il collasso dell'intera struttura è stato il distacco del motore destro, avvenuto con rotazione della sua parte anteriore verso l'esterno. Un evento del genere si verifica se il motore è soggetto ad una spinta diretta dalla parte anteriore verso quella posteriore; opposta quindi a quella dovuta alla propulsione nelle normali condizioni di volo.

Se si osservano gli elementi che uniscono la gondola del motore alla fusoliera si può osservare una sostanziale differenza tra l'attacco anteriore e quello posteriore. Le sollecitazioni che agiscono su questi attacchi, oltre a quelle dovute al peso del motore ed alle forze d'inerzia che agiscono sul motore in fase di manovra, sono essenzialmente quelle dovute, in esercizio, alla spinta del motore e, in caso di avaria, alle forze aerodinamiche che agiscono sul motore stesso. In fase di esercizio la sollecitazione che interessa l'attacco posteriore è essenzialmente uno sforzo di trazione dovuto alla coppia che si genera per effetto della spinta del motore; per l'attacco anteriore si ha invece una forza di compressione oltre che una forza verso l'avanti. In caso di avaria del motore le sollecitazioni sugli attacchi si invertono; l'attacco anteriore risulta allora teso mentre quello posteriore risulta compresso.

Gli elementi strutturali di attacco sono quindi stati dimensionati per sopportare, con opportune margini di sicurezza, una spinta in avanti pari alla spinta del motore (circa 70kN) oppure una forza di segno opposto, ma di entità sicuramente minore. In accordo con ciò l'attacco posteriore risulta costituito da un elemento piatto con piccolo momento d'inerzia: esso appare quindi molto più adatto a sopportare sforzi di trazione che di compressione per i quali può presentare fenomeni di instabilità. Viene quindi logico pensare che, in caso di una rilevante spinta da avanti verso dietro, si sia verificata questa sequenza di eventi: 1. Una deformazione per instabilità dell'attacco posteriore (ciò spiega tra l'altro lo schiacciamento del pilone degli elementi in esso contenuti); 2. Un aumento delle sollecitazioni di trazione nell'attacco anteriore, dovuto alla riduzione del braccio di leva, e la sua conseguente rottura, 3. Il distacco del motore a partire dalla parte anteriore fino alla rottura dell'attacco posteriore.

Quindi le forze sul motore. "La testata di un missile esplosa nella parte anteriore destra della fusoliera ha prodotto diverse sollecitazioni di natura aerodinamica sul velivolo; quello che è stato da solo in grado di staccare il motore è stato il carico dinamico prodotto dall'onda di detonazione."

E l'onda di detonazione. "Calcoliamo qui di seguito la forza applicata da un'onda di detonazione al motore con elaborazioni suggerite anche dal prof. Maurizio Pandolfi, Ordinario di Aerodinamica presso il Politecnico di Torino. Si indichi con W la quantità di esplosivo in TNT equivalente, T la temperatura in kelvin alla quota dell'esplosione, T0 la temperatura in kelvin al livello del mare, P la pressione in N/mm² alla quota dell'esplosione, P0 la pressione al livello del mare ed R la distanza dal punto dell'esplosione in metri. Si definisce una distanza scalata con la formula secondo Kinney G. F., Graham K. J., Esplosive shocks in air.

RS = Rfd (7.1)

W1/3

dove: fd = ( P )1/3 ( T0 )1/3

( P0 ) ( T ) (7.2)

Il picco di sovrappressione positiva prodotto da una carica esplosiva vale:

Pm = 808B1 P (7.3)

(B2B3B4

dove:

B1 = (1 + ( RS )(2

4.5 (7.4)

B2 = (1 + ( RS )(2

0.048 (7.5)

B3 = (1 + ( RS )(2

0.32 (7.6)

B4 = (1 + ( RS )(2

1.35 (7.7)

da questa si ricava la velocità del fronte d'onda espressa in Mach

Mx = ((k + 1) Pm + 1 (7.8)

2kP

dove k = cp /cy è il rapporto tra i calori specifici a pressione costante e a volume costante e può essere assunto eguale a 1.4. indicando con a la velocità del suono nel punto dell'esplosione si ricava a 1, velocità del suono nel fronte d'onda:

K-1

a1 = ( Pm + 1)2k a (7.9)

P

Da questa di ricava u1, velocità delle particelle nel fronte d'onda:

u1 = 2 ( a1 - 1) a (7.10)

k - 1 ( a

Il valore di picco delle pressione riflessa che si genera quando l'onda d'urto incontra una parete ferma è quindi dato dalla:

Pr = ((a1 + k-1 u1)2k/k-1 - 1( P (7.11)

a 2a

Nel caso di un parete che si muove verso il fronte d'onda con la velocità u2

occorre sommare tale velocità ad u1 ; si ha quindi:

Pr = ((a1 + k-1 u1 + u2)2k/k-1 - 1( P (7.12)

a 2a

Si noti come, nell'ipotesi che l'esplosione sia avvenuta nella parte anteriore destra della fusoliera, a questa si applica la pressione data dalla 7.11, poiché la distanza di tale parte rispetto alla posizione dell'esplosione non varia, mentre al motore si applica la 7.12 poiché il motore si avvicina al luogo dell'esplosione con la velocità u2..

Nel grafico allegato (Figura 4) sono rappresentate per diversi valori della carica esplosiva i valori del picco di pressione riflessa su di una superficie che si muove verso il punto dell'esplosione ad una velocità di 230m/s (che è la velocità che aveva il DC9 e che corrisponde a u2/a=0.742) in funzione della distanza dal punto dell'esplosione.

Si noti che la distanza è quella che la superficie ha, dal punto dell'esplosione, nell'istante dell'esplosione stessa; questa distanza è maggiore di quella a cui la superficie incontra il fronte d'onda. A titolo di esempio si consideri una superficie che si trova, nell'istante dell'esplosione di 30kg di TNT a 17.5m dal punto dell'esplosione e si muova verso di essa alla velocità di 230m/s. Essa incontra il fronte d'onda a 13m dal punto dell'esplosione, dopo 19.6ms, tempo in cui percorre 4.5m. A questa distanza il picco di pressione riflessa risulta, nel caso dell'esempio, circa una volta e mezzo più grande di quello che si avrebbe, sempre su una superficie in movimento, a 17.5m. Questo effetto, combinandosi con quello che la velocità della superficie ha sulla pressione riflessa (formula 7.12), fa si che questa risulti molto maggiore di quella che si avrebbe su di una superficie ferma. Il picco di pressione riflessa su di una superficie in movimento, che si trova a 17.5m dalla carica nell'istante dell'esplosione risulta essere circa 6 volte maggiore di quello che si otterrebbe nel caso di parete ferma alla stessa distanza.

Tenendo conto delle considerazioni del paragrafo precedente è ragionevole pensare che una forza dell'ordine di quattro volte la spinta del motore ne debba provocare il distacco. Se si suppone questa forza distribuita sulla superficie frontale del motore, che vale 1.4x106mm2, si ottiene la pressione:

70.000 x 4 N

Pcr ( ¾¾¾¾ ( 0.2 ¾¾ ( 30psi

1.4 x 106 mm2

che può essere assunto come valore critico del picco di pressione che provoca il distacco del motore.

Dalla tabella sopra riportata si vede che si superano questi valori di pressione nelle seguenti condizioni:

- carica di 10 kg che esplode ad una distanza inferiore a 12.5m

- carica di 20 kg che esplode ad una distanza inferiore a 15.5m

- carica di 30 kg che esplode ad una distanza inferiore a 18.0m

Le altre forze.

Abbiamo notato sopra, riferendoci alla relazione della commissione Misiti, come gli elementi della zona di attacco dei motori abbiano una caratteristica strutturale particolare: essi risultano essere elementi critici nel caso di elevate sollecitazioni cui sia sottoposto il velivolo.

D'altro canto abbiamo già dimostrato come la pressione applicata al motore destro dall'onda di detonazione sia in grado di applicare al motore una forza tale da rompere i vincoli che lo collegano alla fusoliera.

Questa non è stata però l'unica forza applicata alle ordinate di attacco dei motori; altre sollecitazioni, la cui valutazione quantitativa è peraltro molto più complessa hanno agito sulla stessa parte del velivolo.

Il collegio di questi consulenti rileva poi che l'onda di detonazione, che ha investito tutte le strutture del velivolo, ha prodotto tutti gli effetti di una raffica, ma, a causa della sua durata temporale limitata, non sarebbe stata presumibilmente in grado di produrre da sola un incremento del fattore di carico tale da causare un cedimento della struttura dell'aereo. Essa ha però contribuito a sollecitare una parte strutturale del velivolo già sottoposta al violento carico applicato direttamente al motore destro da noi precedentemente calcolato.

Ma altre due sollecitazioni hanno indubbiamente agito sugli attacchi dei motori. L'onda di detonazione, agendo sulla struttura dell'aereo, ha sicuramente indotto una improvvisa variazione del suo assetto di volo; è noto come tali variazioni producono sollecitazioni sugli attacchi a causa dell'effetto giroscopico - Chun-Yung Niu M., Airframe structural design -. L'onda di detonazione, che ha investito il motore, data la sua elevata temperatura e la sua elevata velocità, ha presumibilmente spento il motore destro; ciò ha prodotto una spinta asimmetrica dei motori con una ulteriore sollecitazione sulle ordinate di attacco.

Il collegio rileva però anche che una esplosione avutasi nella parte anteriore destra della fusoliera non ha potuto produrre alla fusoliera stessa danni strutturali tali da essere causa diretta della caduta del DC9, è sicuro che può avere prodotto alcuni danni come il distacco di alcuni pannelli della fusoliera senza danneggiare in modo ampio e decisivo la trame dei correnti e delle ordinate. La fusoliera potrebbe quindi avere conservato la compattezza strutturale fino all'impatto con il mare, pur avendo subito alcuni danni al rivestimento esterno ed anche all'interno. Secondo Ball: "gli effetti della detonazione possono estendersi nell'interno del velivolo e possono danneggiare i fili dell'impianto elettrico, le linee idrauliche, le pareti dei contenitori del combustibile, ed altri componenti interni localizzati nelle vicinanze del rivestimento del velivolo.".

D'altro canto sin dalle prime indagini, la tipologia di alcuni danneggiamenti ebbe a far pensare che la causa iniziale dovesse essere collocata nella parte anteriore destra della fusoliera. La giustificazione di essi, affermano i consulenti di parte civile, non è stata data, nè lo poteva, dalla commissione Misiti; nella requisitoria i Pubblici Ministeri si sono resi conto che ciò costituisce una ulteriore negazione dello scenario di una bomba esplosa nella toilette.

In realtà la necessità di cercare una spiegazione-alternativa sarebbe imposta solo dall'accettazione dello scenario di esplosione nella toilette; tale danneggiamento è invece perfettamente giustificato dall'esplosione di una testata missilistica nella parte anteriore destra del DC9: esso è peraltro ben descritto, nelle sue tipologie essenziali nel testo sopra citato.

Nello scenario proposto da questi consulenti anche altri fatti, ai quali non è stata data spiegazione convincente dalla commissione Misiti, possono trovare una naturale giustificazione. Il danneggiamento della fusoliera, immediatamente precedente al distacco del motore, è stato presumibilmente la causa del fatto che il solo motore destro abbia "evidenziato danni significativi dovuti all'ingestione di parti estranee di non notevole entità.".

In effetti questo dato, che rappresenta di fatto l'unico elemento di diversità tra i due motori, si ricava direttamente dalla relazione sullo stato dei motori - Guberti A., Mafifood L., Relazione Indagine Motori JT8-D S/N 656949 653488 - ma esso è stato invece totalmente omesso nella PRU. Anche lo spengimento del motore può essere giustificato dall'onda calda prodotta dalla detonazione.

Il ritrovamento dei frammenti AZ32 e AZ204 in una zona distante da quella della restante fusoliera può essere finalmente giustificato; tali frammenti possono essersi staccati in quota e non avere seguito il resto della fusoliera, che avrebbe tuttavia conservato una sua connessione globale. Così come mancando molte parti del fianco anteriore destro della fusoliera nulla vieta, secondo Algostino e gli altri, di pensare che esse si siano staccate al momento dell'esplosione e siano finite in mare lontane dalla zona C, nella quale sono stati ritrovati i frammenti della parte anteriore della fusoliera. Si potrebbe inoltre osservare come, per i piccoli frammenti di non sicura collocazione ritrovati in zona F, probabilmente non è stata presa in esame una possibile sistemazione nella zona anteriore destra della fusoliera, perché si è sempre partiti dal presupposto che essi dovessero necessariamente appartenere alla zona di coda. D'altro canto la zona di fusoliera da cui provengono questi frammenti presenta appunto notevoli deformazioni dall'esterno verso l'interno, anche se non è ovviamente possibile distinguere l'azione dell'onda di detonazione esterna da quella dell'acqua al momento dell'impatto.

Questo parziale danneggiamento del lato destro della fusoliera darebbe infine ragione, una volta per tutte, del rinvenimento delle due schegge aventi inequivocabili segni di esplosione, che risultano essere penetrati all'interno della cabina. la possibilità che la fusoliera si sia parzialmente aperta, permette quindi di giustificare i segni di contatto con schegge arroventate di cui sono testimoni alcuni oggetti contenuti nella parte anteriore della cabina.

Questa la conclusione: "Una testata missilistica, esplosa in una zona anteriore destra della fusoliera del DC9, ha prodotto un limitato danneggiamento sul lato destro della fusoliera, ed il distacco del motore destro.

Come abbiamo mostrato in precedenza, non possono esistere dubbi sul fatto che la caduta del DC9 sia avvenuta in presenza di altri velivoli e che sia quindi necessario partire da ciò per poter individuare la causa diretta di tale incidente. Questo fatto e la totale assenza di segni di esplosione interna permettono precisamente di affermare che la scelta della causa dell'incidente va fatta tra la quasi collisione ed il missile.

Come abbiamo visto, l'ipotesi che la quasi collisione sia l'esclusiva causa dell'incidente è difficilmente sostenibile, in quanto le forze applicabili da un aereo che avesse sorvolato il DC9 non erano in grado di rompere la sua ala sinistra; questo a non volere tenere conto dei segni di esplosione e delle modalità di rottura dell'impianto elettrico.".

Chiudono il documento due appendici, la prima dedicata ai fori delle schegge, la seconda al programma "Missile" mediante il quale si effettua una simulazione che permette di quantificare la percentuale di schegge, che colpiscono la fusoliera dell'aereo ed indica inoltre se il missile colpisce direttamente la fusoliera.

Elenco figure

Dietro