Capitolo I

Perizie dell'AG di Palermo.

Sin dai primi tempi della fase sommaria si pose la questione della causa mortis dei deceduti, come quella della caduta del velivolo e di conseguenza, nel pur breve periodo di tempo in cui l'inchiesta rimase nella titolarità della Procura di Palermo, furono dati più incarichi peritali, quelli fondamentali, che assicurarono agli atti preziose conoscenze ed informazioni, che altrimenti sarebbero scomparse, come i tanti dati che non si provvederà tempestivamente, specie presso le Pubbliche Amministrazioni ed in particolare l'Aeronautica Militare, a prelevare.

L'attivismo di quella Procura fu notevole - ma purtroppo non ebbe seguito per anni - e si sviluppò lungo tre direttrici: indagini medico-legali sulle salme; indagini di natura tecnica sui reperti recuperati in mare; indagini congiunte, mediche e tecniche, al fine di accertare le cause prime dell'evento.

Nel primo ambito la Procura di Palermo conferì molteplici incarichi. Tra il 28 giugno e il 1° luglio dette ai proff. Marco Stassi e Igino Maggiordomo ed ai dott.ri Alfonso Verde, Nunzia Albano, Antonino Caruso, Riccardo Speciale, Paolo Procaccianti, Alfredo Magazzù, Antonio Laconi, Giulio Cantoro, e Lorenzo Pellerito, dell'Istituto di Medicina Legale della locale Università, incarichi di ispezione esterna per tutti i cadaveri recuperati e di autopsia per sette, quelli contrassegnati da: il n.2 - Speciale Maria; il n.13 - Zanetti Nicola, di anni 6; il n.20 - Guarano Andrea; il n.22 - Volpe Maria; il n.27 De Dominicis Rosa (la hostess); il n.29 - Pellicciari Anna Paola; e il n.34 - Lupo Giovanna; richiedendo: 1. causa, mezzi ed epoca dei decessi; 2. le lesioni presentate dai cadaveri; 3. se su di essi si ravvisassero presenze di sostanze tossiche e di corpi estranei; 4. se vi fossero tracce evidenti di ustioni o di annegamento.

Conferì altresì, il 29 giugno, incarico ai proff. Igino Maggiordomo, Antonello Laconi ed alla dott.ssa Nunzia Albano di procedere ad accertamenti radiografici, allo scopo di accertare eventuali presenze di corpi metallici in superficie o in profondità, nelle salme 2,4,10,13,15,20,27,34,36,37 e 38, e cioè di Speciale Maria, Campanini Arnaldo, Zanetti Alessandro, Zanetti Nicola, Zanetti Emanuele, Guarano Andrea, De Dominicis Rosa, Lupo Giovanna, D'Alfonso Francesco, Guzzo Rita e Guerino Giacomo.

Lo stesso giorno conferì anche incarico ai professori Maggiordomo, Albano e Speciale di procedere ad esame otoscopico al fine di accertare presenze di sangue nell'orecchio medio e lo stato delle membrane timpaniche sulle salme: 27-De Dominicis Rosa, - 38-Guerino Giacomo, 36-D'Alfonso Francesca, 4-Campanini Arnaldo, 10-Zanetti Alessandro, 13-Zanetti Nicola, 37-Guzzo Rita, 24-Gruber Martha e 20-Guarano Andrea.

Quindi indagini autoptiche, di ispezione esterna, radiografiche ed otoscopiche.

Quanto all'ambito tecnico poi le indagini peritali ebbero ad oggetto i reperti e i relitti del disastro concentrati presso l'aeroporto di Boccadifalco od ovunque trovati. Su di essi quell'ufficio conferì il 5 luglio perizia tecnica ai professori Lorenzo Pellerito e Giulio Cantoro, richiedendo di accertare: 1. quali tra i relitti ed i reperti rinvenuti non appartenessero ad un aereo DC9; 2. se tra i relitti e i reperti ve ne fossero taluni appartenenti ad altro tipo di aereo, diverso dal DC9, riferendo in tal caso a quale tipo di aereo appartenessero, anche sotto il profilo merceologico; 3. da quanto tempo e per quanto tempo fossero stati immersi in acque marine quegli eventuali relitti e reperti rinvenuti appartenenti ad aereo o aerei diversi dal DC9; se i relitti ed i reperti appartenenti ad eventuale aereo diverso dal DC9 fossero stati immersi in acque marine per un tempo uguale, o maggiore, o minore rispetto al tempo in cui lo erano stati i relitti ed i reperti identificati come appartenenti al DC9.

Come ben si nota l'inquirente, sin dai giorni immediatamente successivi al disastro, si pone il problema della presenza di reperti di altro o altri aerei, diversi dal DC9, e del tempo della loro permanenza in mare, se cioè coincidente o meno con quella dei relitti del DC9.

Nell'ambito congiunto, medico e tecnico, infine conferì, il 7 luglio, perizia medico-legale e tecnica ai professori Alfredo Magazzù, Luigi La Franca, Marco Stassi ed alla dott.ssa Nunzia Albano, richiedendo di accertare: 1. quali fossero stati i meccanismi che avevano prodotto le lesioni riscontrate sui cadaveri; 2. quali fossero stati gli accadimenti che avevano prodotto i suddetti meccanismi; 3. quali fossero state le cause di tali accadimenti.

Furono così eseguite autopsie su sette cadaveri già detti, e successivi esami istologici su frammenti di polmone e di fegato, oltre le ispezioni esterne sui restanti. Su nove furono eseguite otoscopie. Su dodici, esami radiografici. Si accertò così che nessuno dei cadaveri presentava ustioni o segni di annegamento nè piccole schegge metalliche infisse superficialmente sui tegumenti. Così come si riscontrò la inesistenza di traumi da corpi estranei di dimensioni cospicue e in tutti i cadaveri la presenza di lesioni traumatiche di tipo contusivo, per la maggior parte intravitali, accertate dall'esame esterno. Su alcuni appariva l'esistenza di fratture multiple a carico del cranio, del torace e del bacino, riscontrate alla palpazione. Nei cadaveri non sottoposti ad autopsia, pertanto le cause della morte furono individuate in meccanismi contusivi, inquadrabili tra i "grandi traumatismi": "precipitazione" da grande altezza preceduta o meno dallo sbattimento ripetuto del corpo contro le parti dell'aereo. Nei sette cadaveri sottoposti ad autopsia furono riscontrate lesioni scheletriche più o meno cospicue e lesioni contusive pluriviscerali discontinue, in particolare del fegato e dell'encefalo. In tutti i corpi, compreso quello del bambino, non si riscontrarono segni di embolia gassosa. I polmoni erano caratterizzati dall'alternanza di aree decisamente congeste e contuse ad altre pallide espanse decisamente enfisematose. Anche per il tramite di controlli istologici dei polmoni si constatarono zone decisamente contuse, congestioni, vaste aree di enfisema acuto, accennato edema. La ricerca tossicologica dell'ossido di carbonio e dell'acido cianidrico (residui da combustione) fu negativa nel sangue e nei polmoni. L'otoscopia su nove cadaveri verificò lacerazioni timpaniche a carico di Campanini Arnaldo (n.4), Zanetti Alessandro (n.10), Guarino Andrea (n.20), Gruber Martha (n.24), De Dominicis Rosa (n.27), D'Alfonso Francesca (n.36) e Guzzo Rita (n.37), e in due cadaveri Zanetti Nicola (n.13) e Guerino Giacomo (n.38), emotimpano bilaterale. Il controllo radiografico risultò positivo su cinque cadaveri. Precisamente furono riscontrati: nel cadavere 20 (Guarano Andrea) due scheggette nell'indice e nel medio sinistri; nel cadavere 34 (Lupo Giovanna) piccolissimi frammenti metallici in proiezione della testa dell'omero destra e della quinta vertebra lombare; nel cadavere 36 (D'Alfonso Francesca) minuti frammenti nella coscia sinistra; nel cadavere 37 (Guzzo Rita) un bullone con relativo dado nelle parti molli dell'emibacino; nel cadavere 38 (Guerino Giacomo) un frammento delle dimensioni di un seme di zucca e di forma irregolare nella mano destra.

I periti, sulla base di tali risultati conclusero perciò che: le sette persone sottoposte ad autopsia avevano subìto un identico meccanismo lesivo iniziale che aveva provocato l'espansione enfisematosa acuta dei polmoni; le espansioni enfisematose erano compatibili con l'ipotesi di una rapida decompressione in ambiente pressurizzato; non era stato possibile quantificare in termini di secondi, sulla base delle alterazioni polmonari, la durata della decompressione, comunque molto rapida; la perfetta corrispondenza delle alterazioni polmonari sui sette cadaveri sottoposti ad autopsia induceva a ritenere che anche le restanti persone erano state sottoposte ad identico meccanismo lesivo; la brusca decompressione dell'ambiente pressurizzato era stata idonea a provocare l'abolizione del sensorio e la perdita di coscienza dei passeggeri; tutti i cadaveri presentavano lesioni intravitali, che dovevano essere stimate come prodotte dopo l'instaurazione dell'enfisema acuto da decompressione; le lesioni acute polmonari (nei cadaveri sottoposti ad autopsia) erano state successive al momento della produzione dell'enfisema acuto; subito dopo la brusca decompressione (a grande altezza) una parte dei passeggeri era stata risucchiata nel vuoto, precipitando sulla superficie del mare; una parte potrebbe essere stata sbattuta sulle pareti dell'aereo, in precipitazione fino all'impatto dello stesso sulla superficie del mare; altra parte potrebbe essere stata trattenuta all'interno della carlinga per poi tornare alla superficie con l'aria rimasta nella medesima carlinga; per congettura più attendibile, la infissione dei corpi estranei potrebbe essere stata provocata dagli urti violenti e ripetuti dei corpi delle vittime (vero e proprio "sballottamento") contro le strutture dell'aereo nelle presumibili altre fasi del disastro (cedimento delle strutture, decompressione, precipitazione, impatto). Era comunque da escludere, per le caratteristiche morfologiche e dimensionali e per la esperienza dei periti in tema di lesività da esplosione, la provenienza dei minuscoli corpi estranei da frammentazione di involucro di un qualsiasi ordigno esplosivo.

In conclusione, dopo le lesioni polmonari iniziali, da decompressione brusca verificatasi a grande altezza, i passeggeri del DC9 erano stati sottoposti a gravi e molteplici lesioni contusive da precipitazione da grande altezza ("grandi traumatismi"), dirette responsabili del decesso. Le lacerazioni delle membrane timpaniche e gli emotimpani avrebbero potuto trovare causa da decompressione o da successiva grave contusione della testa con lesioni cranio-facciali.

Queste perizie sui corpi, per essere state effettuate nell'immediatezza o quasi dei recuperi e quindi a brevissima distanza di tempo dai decessi, sono indubbiamente di rilevante utilità anche per la ricostruzione del fatto e cioè principalmente per la causa di caduta del velivolo, quanto meno per iniziare una graduazione o una selezione in negativo. Sarebbero state di gran lunga più utili e avrebbero potuto offrire un maggior ausilio nella identificazione in positivo della causa, se le autopsie, le radiografie e le otoscopie fossero state compiute su tutte le salme, e i corpi estranei conficcati nei corpi fossero stati prelevati e ritualmente repertati.

Queste carenze - come l'accertata mancanza di registrazione delle salme - sono state di sovente rilevate nelle successive perizie e nel corso dell'istruzione ed hanno generato critiche per un patrimonio di cognizioni utilissimo all'epoca ed irreparabilmente disperso. Ne è derivata così la necessità di approfondire le ragioni di quelle restrizioni nelle attività peritali. A tale fine è stata esaminata la dottoressa Albano, l'unico perito comune alle molteplici perizie, ancora vivente e disponibile al tempo delle citazioni.

La Albano ha un'ottima memoria dei fatti. Ricorda che le salme furono portate all'Istituto di Medicina Legale dell'Università di Palermo nel primo pomeriggio, intorno alle 17.00, del 28 giugno. Erano collocate in casse di legno e furono depositate all'ingresso principale, locale molto spazioso, e nei corridoi dei laboratori. L'ingresso delle salme non venne registrato a causa della gran confusione, che già regnava nei pressi dell'Istituto ed ovviamente all'interno di esso. Al tempo l'amministrazione dell'Istituto disponeva di una sola segretaria, che quel giorno - nel ricordo del teste - forse era già in ferie.

"Non ricordo se sia stata registrata l'uscita delle salme - continua la deposizione della dottoressa - si è lavorato in condizioni veramente disastrose, perché vi erano centinaia di parenti che premevano per la restituzione delle salme ed anche perché nei locali delle sale autoptiche erano in corso dei lavori di ristrutturazione. A quel tempo l'Istituto disponeva di sole quattro celle frigorifere. Molti dei parenti si opponevano al compimento delle autopsie... . Non furono compiute autopsie su tutte le salme ... perché vi era la forte pressione dei parenti che volevano svincolare le salme, perché le celle frigorifere erano insufficienti e la maggior parte delle salme sarebbero andate in putrefazione, e perché in molti apparivano evidenti le cause di morte.

Il direttore dell'Istituto prof. Stassi, decise d'accordo con il magistrato inquirente di procedere a campione tenendo presente i seguenti criteri: innanzi tutto la necessità di identificazione di quei cadaveri che non erano attribuibili con certezza ai nominativi dell'elenco passeggeri; scelta di salme che presentavano scarse lesioni esterne; scelta di un bambino perché alcuni dei bambini erano quasi integri; scelta della hostess quale unica componente dell'equipaggio, perché, secondo la prassi seguita dall'Istituto nelle precedenti sciagure aeree occorse a Palermo, si era proceduto ad autopsia solo sui membri dell'equipaggio e non sui passeggeri." (v. esame reso avanti al GI il 3.09.90).

Nè la Procura di Bologna nè quella di Roma disposero nei tempi di competenza alcuna perizia. Questa seconda propose, per il tramite di rogatoria a Palermo, quesiti integrativi ai periti Cantoro, Magazzù e La Franca, come si vedrà in seguito.

Il 4 ottobre la Procura di Roma sollecitò i periti predetti a depositare relazioni preliminari di risposta ai quesiti conferiti rispettivamente il 3 e 7 luglio precedenti, dalla Procura di Palermo.

Come ben si nota cominciano le difficoltà, in questo difficilissimo campo delle perizie, persino nel deposito delle relazioni preliminari.

Ai quesiti posti nella perizia tecnica rispose il 26 novembre successivo uno solo dei due periti, il prof. Cantoro, giacchè l'altro, il prof. Pellerito, per ragioni di salute era stato costretto a rinunciare all'incarico. Le risposte furono le seguenti - di alcune il contenuto è stato preso in considerazione anche nei punti ove sono trattati i relitti non appartenenti al DC9.

Sul primo quesito:

a) è stata accertata l'appartenenza all'aeromobile tipo Douglas DC9 di tutti quei relitti che presentavano impresse precise ed inequivocabili sigle di identificazione (part number), rilevate dal sottoscritto in contemporaneità col rilevamento eseguito, sugli stessi reperti, dal tecnico specialista della Douglas e confrontate con i dati contenuti nel "DC9 Illustrated Parts Catalog" ed in altre documentazioni fornite dalla casa costruttrice del velivolo;

b) l'appartenenza allo stesso aeromobile di parti minute e non dotate di sigla di identificazione, è stata dedotta per l'eguaglianza dei materiali costituenti, la identità meteorologica e l'eguaglianza delle tecnologie di costruzione impiegate, con parti analoghe sicuramente attribuibili al DC9;

c) undici tra i reperti sono relitti sicuramente non appartenenti ad un aeromobile tipo Douglas DC9, sia perché esclusi dalle motivazioni di riconoscimento a) e b), quanto perché identificati come tali da precise rilevazioni.

I relitti sicuramente non appartenenti all'aeromobile DC9 sono:

1. relitto illustrato dalla fotografia ril.22 fornita dalla Polizia Scientifica di Palermo. Esso è stato da me accuratamente esaminato e, pur non essendo specialista in tale genere di apparati, posso ugualmente dedurre da fatti oggettivi, quali la tecnologia di costruzione dell'oggetto e le scritte su di esso leggibili, trattarsi del trasmettitore di una sonda meteorologica, probabilmente di costruzione francese.

2. Relitto abbastanza chiaramente individuabile nella fotografia ril.21 di Polizia Scientifica. Trattasi presumibilmente di parte di imbracatura o rete di sollevamento e fissaggio merci, di impiego più probabilmente navale. I responsabili Itavia affermano che tali imbracature non fanno parte della dotazione dei loro aeromobili né passeggeri né cargo; i tecnici del Registro Aeronautico Italiano esprimono il loro parere che non possa trattarsi di imbracatura usata nel settore dell'aviazione civile.

3. Reperto chiaramente illustrato dalla fotografia ril.11. Trattasi di carrello a due ruote gommate nuovo, di costruzione grossolana e sicuramente di impiego non aeronautico. Peraltro il reperto in oggetto appare elencato, nello specifico merci Itavia del volo IH870 del 27.06.80, come "coppia ruote anteriori per veicolo industriale", spedito dalla società Marini di Ravenna alla Spalletti di Palermo. Tale informazione è confermata dalla Digos di Bologna.

4. Due giubbetti salvagente tipo marina con materiale di galleggiamento rigido sagomato a volume fisso, di fabbricazione statunitense come risulta dalla marca costruttrice. L'aeromobile DC9 è dotato, come tutti gli aerei passeggeri, di salvagenti autogonfiabili.

5. Due contenitori in materiale plastico stampato di colore grigio-ferro. Lunghi circa un metro, di forma esterna ottagonale con sagomature per l'affiancamento, diametro interno di circa 15cm.. Uno degli oggetti descritti appare a destra in basso nella foto ril.21 e al centro nella foto ril.19. All'interno di uno dei due contenitori era inserito un cilindro in materiale trasparente con separatori in polietilene espanso. Tale cilindro è chiaramente illustrato nella foto ril.11. I contenitori recano delle etichette praticamente illeggibili in lingua inglese; il tubo trasparente reca una etichetta con le seguenti istruzioni: "Setting Ports: 1. Make setting with fingers. 2. Tape if ruptured. 3. Tape if used in aircraft without backup tube." Dalle quali si deduce che trattasi di materiale di uso aeronautico. Per affermazione del R.A.I., della Douglas, della Itavia, si dovrebbe poter escludere che i citati reperti facessero parte della dotazione del DC9 o del suo carico.

6. Relitto costituito da due superfici in lamiera di lega leggera con interposto a sandwich materiale espanso leggero di colore marrone. Le dimensioni sono circa 120x45cm. Il relitto è in evidenza nella fotografia ril.8. Forma a V fortemente allungata, verniciatura in rosso con bordatura in bianco su di una faccia, in giallo con bordatura in bianco sulla faccia opposta. Bordatura avvolgente in lamiera di lega leggera non verniciata, con rivettatura molto distanziata, su di un lato lungo e privo di bordatura sull'altro lato lungo. La tecnologia di costruzione molto elementare e grossolana ed i materiali impiegati, permettono di escludere che possa trattarsi di relitto derivato dall'aeromobile tipo DC9.

7. Il relitto della stessa natura del precedente illustrato al punto 6, ma di sagoma rettangolare di circa 150x60 cm. Sulla superficie colorata di giallo reca il numero 5643 a grandi caratteri scritti a mano libera con pennarello blu; il numero è cancellato cifra per cifra con tratti di pennarello. Più in piccolo in posizione anteriore al numero cancellato, si legge il numero 5436, sempre scritto a mano libera con pennarello blu. Anche questo relitto rivela all'esame un sistema di costruzione artigianale. Le origini, la natura e lo scopo dell'oggetto cui tali relitti appartenevano non sono ancora stati identificati. Come per il precedente e per gli stessi motivi, si può escludere l'appartenenza ad un aeromobile tipo DC9.

8. Relitto metallico in lega leggera a sandwich con interposizione di sagomato a nido d'ape in lega leggera; il relitto presenta anche una parte d'attacco in metallo pieno. La forma è ad ala sagomata e rastremata su di un lato, le dimensioni sono 1,40x0,37m e lo spessore max. 25mm. La verniciatura è in colore arancione e l'oggetto reca su entrambe le facce, con frecce indicanti i punti di attacco, si legge l'indicazione tecnica in lingua italiana relativa ai dati di serraggio con chiave dinamometrica: "bullone attacco ala - coppia di serraggio max.1,7kgm.". E' evidente la non appartenenza ad aeromobile tipo DC9.

Sul secondo quesito: "i relitti descritti ai numeri 6 e 7 della risposta al primo quesito, potrebbero anche presumibilmente appartenere ad apparati in grado di sostenersi in volo librato o trainato.

Il relitto descritto al numero 8 della stessa risposta, presumibilmente appartiene ad apparato in grado di sostenersi in volo per autopropulsione ed è comunque di fabbricazione aeronautica, sia per le tecnologie impiegate quanto per i materiali utilizzati. Non sono comunque in grado di affermare su dati oggettivi che i relitti esaminati siano parti di aereo e ancor meno a quale tipo di aereo essi appartengano.

Mi risulta peraltro, da comunicazioni pervenutemi dall'Itavia e dal laboratorio dell'Aeronautica di Roma, l'avvenuto ritrovamento e recupero di altri relitti apparentemente della stessa natura di quelli esaminati e descritti ai numeri 6, 7 e 8 della risposta al primo quesito. Tali reperti non sono ancora pervenuti al mio esame. Preciso che le mie osservazioni sono basate esclusivamente su esami di tipo merceologico e debbono essere integrate dal parere di un esperto in costruzioni aeronautiche".

Sul terzo quesito: "questo tipo di accertamento, di esecuzione difficoltosa, richiedente un lungo tempo di sperimentazione e di risultati poco attendibili se considerati nell'ambito dell'esigenza di tempi molto precisi, è parzialmente distruttivo. Per questo motivo si è preferito rinviarlo al termine di altre prove di accertamento da condurre sui relitti citati ai numeri 6, 7 e 8 della risposta al primo quesito. Sono inoltre necessarie prove comparative sui relitti ritrovati e non ancora posti a disposizione dei periti, ma descritti come assimilabili per natura ai relitti sopra citati".

Sul quarto quesito: "dall'esame dell'intera documentazione messa a disposizione della Procura e proveniente dal Comando Operativo della 3° Regione Aerea, dal Comando Militare Marittimo e dalla 13° Legione della Guardia di Finanza, dal colloquio diretto col tenente colonnello Lippolis del S.A.R. di Martina Franca, coordinatore dell'operazione di soccorso disastro aereo DC9 I-Tigi, sono in grado di precisare, per la maggior parte dei relitti riconosciuti appartenenti al DC9 Itavia, il tempo di permanenza in acque marine (da 12 a 48 ore) e il tempo di permanenza all'aria prima del lavaggio accurato in acqua dolce.

Dall'analisi dei documenti citati in relazione con la "carta di naufragio" di A. Metallo e con l'ausilio di dati sull'assetto di galleggiamento dei relitti in oggetto, da acquisire con prove sperimentali, sarà possibile giungere alla conferma per zone della causa della tipologia delle corrosioni riscontrate. Una volta in possesso di tutti i dati ancora mancanti e tenendo conto delle considerazioni espresse nella risposta al quesito 3, sarà possibile avviare prove di corrosione comparative che, in mancanza di termini sperimentali di confronto che permetterebbero l'esecuzione di prove di corrosione accelerata, richiederanno diversi mesi per il loro completamento.

Nel frattempo si considera utile al fine delle determinazioni richieste dal quesito 3 e dal quesito 4, l'esame dei reperti da parte di un esperto in biologia marina del Mediterraneo. Su alcuni relitti infatti si osservano tracce di alghe e fissaggio di piccoli molluschi che, entro certi limiti, potrebbero essere di aiuto nella determinazione del tempo di permanenza in acque marine dei relitti stessi".

Dopo tali risposte il perito suggeriva analisi di tipo chimico-analitico; chimico-metallografico e fisico-meccanico, da affidare ai laboratori altamente qualificati e dotati di adeguati mezzi tecnici e personali (v. perizia Cantoro Giulio depositata il 26.11.80).

Lo stesso giorno, subito dopo detto deposito, e in conseguenza dei predetti suggerimenti, la Procura di Palermo, su delega orale per via telefonica di quella di Roma, dava incarico allo stesso Cantoro di curare il concentramento a Roma presso i laboratori dell'Aeronautica Militare di tutti i relitti e reperti relativi al disastro, quelli già raccolti presso l'aeroporto militare di Palermo-Boccadifalco e gli altri ovunque si fossero trovati; di coordinare personalmente e sotto la propria responsabilità tutti gli esami e le analisi che sarebbero stati ritenuti necessari sui relitti e reperti stessi; di procedere ad interpretazione di dati acquisiti, riferendo con relazione scritta (v. verbale d'incarico peritale, del 26.11.80).

Il termine concesso di giorni sessanta decorreva inutilmente, né oltre sarà più presentata relazione scritta.

Questo ufficio a distanza di sette anni citava il Cantoro presso l'aeroporto di Capodichino per la visione di un relitto di aero-bersaglio. In questa sede il perito così rispondeva: "il relitto che mi viene mostrato non è quello da me esaminato a Palermo aeroporto di Boccadifalco, nell'immediatezza del sinistro. Il relitto che io visionai, mi fu detto essere stato rinvenuto sulla spiaggia di Torre del Lauro il 21.09.80. Di esso detti descrizione nella relazione preliminare e del quale effettuai cinque fotografie, delle quali conservo copia stampata in bianco e nero e che sono siglate nel modo seguente: 1/1, 2,3,4,5. I negativi delle foto suddette vennero da me consegnati al sost. proc. della Repubblica di Roma dr. Santacroce il 10.2.81 a Roma come da verbale di cui produco fotocopia. Nello stesso verbale è indicato che i negativi furono dal dr. Santacroce consegnati al dr. Luzzatti, credo presidente della Commissione Ministeriale d'Inchiesta. I negativi in questione hanno le dimensioni 6x6.

Devo precisare che la relazione in atti a mia firma che lei mi mostra è solo una relazione preliminare e risponde ai primi quesiti postimi dal sostituto procuratore di Palermo, dr. Guarino. Successivamente, spostatasi la competenza del procedimento a Roma, ebbi contatti con il sostituto procuratore della Repubblica di Roma dr. Santacroce in conseguenza di un secondo incarico peritale ricevuto da me e dai proff. Magazzù e La Franca, per effetto del quale iniziai l'espletamento di attività come risulta dal verbale di cui ho detto in precedenza e che ho prodotto.

Il lavoro svolto in conseguenza di questo secondo incarico non è consacrato in un elaborato perché i rapporti con la Procura della Repubblica di Roma si estinsero. Sollecitai più volte direttive al sost. proc. della Repubblica di Roma ed una volta anche per iscritto, come dimostra la fotocopia che produco, il cui originale venne da me consegnato al sostituto procuratore della Repubblica di Palermo per l'inoltro a Roma. Io ed i miei colleghi rimanemmo tacitamente esclusi dalle indagini che, invece, seppi dalla stampa che proseguivano da parte della Commissione Amministrativa d'Inchiesta.

Pertanto ancora oggi sono in possesso, per averli scrupolosamente conservati, degli elementi (documenti in copia) raccolti da me e dai miei colleghi nell'espletamento di quell'incarico non conclusosi certamente per nostra incuria. Tutti questi elementi, se necessario, sono a disposizione della giustizia" (v. esame Cantoro Giulio, GI 19.02.87).

Nel 96 Cantoro viene di nuovo sentito in merito al trasporto dei reperti da Boccadifalco a Ciampino del dicembre 80, per la determinazione del luogo di visita al CRAM di Marsala in occasione del sequestro di due nastri radar, e per il riconoscimento del reperto di Acquedolci. Così risponde: "Ricordo di un rottame accantonato e custodito dall'Aeronautica all'interno dello stesso hangar, in una sorta di stanzino chiuso a chiave, io comunque ebbi modo di esaminarlo previa richiesta al comandante dell'aeroporto che mi inviò qualcuno per consegnarlo; in quella occasione lo fotografai, lo misurai e studiai, quindi lo consegnai nuovamente all'addetto dell'AM. Il comandante dell'aeroporto o un ufficiale mandato da lui, giustificarono questa particolare custodia affermando che si trattava di un rottame di proprietà dell'AM non appartenente al DC9 Itavia. Successivamente il giudice Santacroce mi chiese di consegnare le fotografie a colori alla Commissione Luzzatti.

Trascorso qualche tempo venni convocato a Napoli dal giudice Bucarelli, che nel frattempo aveva ricevuto l'incarico di istruire l'inchiesta, il quale aveva trovato discrepanze tra la mia descrizione del reperto e quello che egli aveva a disposizione nell'hangar di Capodichino; egli mi mostrò quel reperto ed io dichiarai non trattarsi dello stesso reperto da me visionato a Boccadifalco. Quanto appena precisato è stato formalizzato nel verbale del 19.02.87.

Qualche tempo dopo venni nuovamente convocato dal giudice Bucarelli presso l'hotel Villa Egea di Palermo, poiché a Napoli gli dissi che avevo delle diapositive di quel reperto, per l'esattezza 5 (cinque), in occasione di una sua visita a Palermo gliele consegnai brevi manu senza alcuna ricevuta; se ben ricordo il giudice era accompagnato da un'altra persona, un uomo del quale non ricordo il nome.

Non ricordo di essermi recato a Roma presso l'ufficio del giudice Bucarelli, sarei portato ad escluderlo.

Tutti i reperti custoditi presso l'aeroporto di Boccadifalco sono stati elencati e fotografati. Nessuna fotografia, nè in bianco e nero nè a colori, è stata allegata alla perizia parziale. Le fotografie in bianco e nero sono state stampate dai negativi a colori delle foto da me scattate ai reperti che, credo, sono state stampate a colori dalla Commissione Luzzatti, alla quale furono consegnati i negativi." (v. esame Cantoro Giulio, GI 03.12.96).

Con il verbale del febbraio 87 il perito quindi definiva le risposte del 26.11.80 relazione preliminare; rilevava l'"estinzione" dei rapporti con la Procura di Roma, pur sollecitati più volte, di cui una per iscritto con documento 26.02.82; denunciava l'esclusione dalle indagini, che pure proseguivano ad opera della Commissione di Inchiesta del Ministero dei Trasporti. Con quello del dicembre 96 ribadisce la confusione tra reperti, quello di Acquedolci e l'altro di Boccadifalco.

Dopo l'esame del febbraio 87 in quello stesso mese questo ufficio con provvedimento formale - nel quale tra l'altro si rilevava un illegittimo intervento nell'attività peritale da parte della predetta Commissione Luzzatti - invitava il prof. Cantoro, ma il provvedimento si rivolgeva anche ai professori La Franca e Magazzù in analoga situazione, a depositare le relazioni definitive (v. provvedimento GI 25.02.87).

Questa relazione non è stata mai depositata.

Il Cantoro citato nuovamente non si è presentato adducendo imprecisati improrogabili impegni, e non si presenterà, come s'è detto, sino al dicembre 96 (v. telegramma Cantoro, 02.07.92).

Quanto alla perizia congiunta, quella del 7 luglio 80 conferita a Stassi, Albano, Magazzù e La Franca, ebbe vita ancor più tormentata. I quattro non riuscirono a rispondere congiuntamente ai quesiti e non presentarono un elaborato unico. Stassi e la Albano presentarono la relazione di cui già s'è detto. Magazzù e La Franca risposero con distinto elaborato che depositarono il 26 novembre successivo.

Queste le risposte: - Al quesito 1 "quali siano stati i meccanismi che hanno prodotto le lesioni riscontrate sui cadaveri": "questo quesito, pur essendo per sua natura di più specifica pertinenza medico-legale, è stato tuttavia da noi esaminato, per quanto di nostra competenza, alla luce della relazione preliminare del prof.Marco Stassi agli atti del processo.

I fatti oggettivi che sembrano emergere da tale relazione sono:

- le alterazioni enfisematose polmonari, interpretate dal citato perito come dovute a decompressione definita "molto rapida" anche se non esattamente quantificata;

- che "nessuno dei cadaveri sottoposti ad esame esterno presentava segni di ustioni o segni di annegamento";

- che gli esami tossicologici (relativi alle sole tracce di ossido di carbonio e acido cianidrico nei polmoni e nel sangue) condotti su sette cadaveri, sono risultati negativi;

- che alcuni cadaveri presentavano estese lacerazioni di origine traumatica, con ampi squarci, fratture ed amputazioni, facilmente osservabili anche all'esame esterno;

- che altri cadaveri apparivano invece abbastanza integri all'esame esterno, pur presentando, anche dalla semplice palpazione, l'esistenza di gravi lesioni interne e fratture multiple.

Premesso che, dai dati a nostra conoscenza non risulta che la semplice decompressione rapida o addirittura "esplosiva" sia causa diretta di morte, la presenza delle citate alterazioni da decompressione non può che essere attribuita alla disintegrazione in quota dell'aeromobile.

Le più gravi lesioni di tipo traumatico sono verosimilmente da attribuirsi ad urti contro le strutture squarciate dell'aeromobile, sia in quota che durante la caduta ed il successivo impatto sull'acqua di parti dell'aereo contenente i corpi.

I corpi esternamente meno danneggiati, ma pur con gravi lesioni interne, con ogni probabilità sono fuoriusciti dal velivolo senza importanti interferenze con le strutture dello stesso già in quota ed all'atto della disintegrazione dell'aeromobile, giungendo liberi sulla superficie del mare con una velocità stimata intorno ai 60+80m/sec. (tale stima è stata effettuata ipotizzando un peso del corpo di circa 70kg, un coefficiente di resistenza aerodinamica dell'ordine di 0,7 ed una sezione frontale fra 0,3 e 0,5mq, in dipendenza dell'effettivo assetto assunto dal corpo e presumibilmente variabile durante la caduta)."

- Al quesito n.2 "quali siano stati gli accadimenti che hanno prodotto i suddetti meccanismi": "Come già anticipato nella risposta al quesito precedente, le sole associazioni di elementi oggettivi desunti dai rilievi sui cadaveri, quali la decompressione rapida e la contemporanea presenza di corpi abbastanza integri e corpi estremamente danneggiati, consente di affermare, con ragionevole certezza, che l'aeromobile ha subìto, già in quota, la perdita dell'integrità strutturale, il che esclude quindi che esso possa essere giunto integro all'impatto con l'acqua.

Per di più l'esame dei tabulati e dei plottaggi relativi alle registrazioni dei radar Selenia e Marconi, eseguiti dalla Selenia ed acquisiti dalla Magistratura, consente di affermare con notevole sicurezza che l'aeromobile abbia perso la sua integrità in quota.

Questa affermazione si fonda sul fatto che l'esame delle citate registrazioni consente chiaramente di stabilire che alla interruzione della ricezione del "dato radar secondario" è seguita una molteplicità di "echi primari" verosimilmente attribuiti a riflessioni dovute a parti staccate dell'aeromobile incidentato.

Inoltre, mentre le tracce primarie e secondarie, sino all'istante immediatamente precedente la scomparsa del secondario, denunciavano coerentemente una velocità al suolo, rotta e livello assolutamente normali per il tipo di aeromobile e di volo in atto, e pari rispettivamente a circa 460 nodi, 165° in aumento e 250 (la quota, dedotta dallo stralcio delle registrazioni radar di Marsala, già in possesso della Magistratura, risulta pari a 26.400 piedi), subito dopo la citata scomparsa del dato secondario, i numerosi echi primari ricevuti anche contemporaneamente denunciavano un deciso scostamento di valori di rotta e velocità prima rilevati, evidenziando anzi una drastica riduzione della velocità di avanzamento lungo la precedente traiettoria e un'apparente preponderante progressione lungo la direzione approssimativa di 80°.

E' il caso di rilevare che dalla documentazione fornita dall'Aeronautica Militare (3a Regione Aerea) e in possesso della Magistratura, la direzione rilevata del "jet-stream" (che in base ai dati merceologici presumibilmente investiva l'aeromobile) risultava appunto di 80°.

Tale successione di eventi appare perfettamente coerente con l'ipotesi della disintegrazione in volo dell'aeromobile che ha determinato la sostituzione, sotto il profilo aerodinamico, di una macchina integra viaggiante alla velocità di 460 nodi con relitti informi di altissima resistenza aerodinamica e, più precisamente, di altissimo valore resistenza/peso.

Tale evento spiega abbastanza bene, sotto il profilo dinamico, la citata drastica riduzione della velocità di avanzamento e la successiva disposizione dei relitti nel letto del vento".

- Al quesito n.3: "quali siano state le cause degli accadimenti di cui sopra": "sulla base dei dati fino a questo momento a conoscenza dei periti, non risulta possibile formulare precise ipotesi sulle cause degli accadimenti riferiti, anche in considerazione della esigua parte dei relitti recuperati. Per di più, fino a questo momento, non è stato possibile, data anche la notevole complessità delle indagini, disporre di tutti i risultati degli accertamenti sui relitti stessi.

E' aperta ad oggi la via a tutta una molteplicità di possibili cause a cui imputare la distruzione in volo dell'aeromobile.

A scopo puramente indicativo ed in ordine del tutto casuale, si ritiene opportuno riportare alcune di queste:

- cedimento strutturale.

L'ipotesi di un cedimento strutturale dovuto, per esempio, a fatica o corrosione, non si può certo escludere.

Si osservi che tale evento potrebbe essere stato causa anche indiretta della distruzione dell'aeromobile, provocando, per esempio, attraverso interferenze sui cavi di comando, manovre incontrollate e decisamente al di fuori dei limiti strutturali dello stesso.

Tuttavia dagli elementi disponibili non risultano particolari evidenze in tal senso.

- Esplosione a bordo.

Anche per questo possibile evento, dovuto sia a esplosivi propriamente detti che ad esplosivi impropri, non esistono allo stato, dalle analisi finora condotte sui cadaveri e sui relitti, elementi che possano in alcun modo orientare in tal senso.

Vale, anche per questa ipotesi, quanto già osservato per la precedente e che cioè una esplosione anche di limitata entità avrebbe potuto, attraverso particolari successioni di eventi, condurre alla rapida distruzione della macchina.

- Collisione in volo.

Dalle indagini finora condotte sui cadaveri, sui relitti e sui dati dei radar, non risultano evidenze di collisione in volo.

Ciò, tuttavia, non è sufficiente per escludere la possibilità di tale evento in quanto aeromobili o altri oggetti volanti, specie se di piccole dimensioni o comunque di modesto potere riflettente, avrebbero potuto non venire evidenziati dagli apparati radar, tenendo anche conto dei relativi limiti di copertura.

E' doveroso segnalare che sono stati rinvenuti, anche successivamente al disastro, relitti non appartenenti al velivolo I-Tigi, ma tuttavia di possibile natura aeronautica.

Sono in corso accertamenti sulla esatta natura degli stessi e sulla possibilità che abbiano colliso col DC9.

- Azione offensiva esterna volontaria o involontaria.

Anche questa ipotesi, teoricamente non escludibile, non è per il momento suffragata da alcun consistente elemento oggettivo.

E' superfluo rilevare che, per esempio, un missile inviato da altro aeromobile armato, o dalla superficie, avrebbe benissimo potuto essere causa dei noti eventi.

Concludevano affermando che allo stato non era possibile pervenire al alcuna precisa ipotesi sulla causa del disastro e che ulteriori indagini specie sui dati radar e sui ritrovamenti avrebbero potuto apportare nuovi, ed anche determinanti elementi per la piena ricostruzione dell'evento.

Come appare evidenziato le risposte costituiscono solo una relazione preliminare non definitiva (v. relazione La Franca-Magazzù, 26.11.80).

Lo stesso giorno del deposito di questa relazione, come era successo in occasione del deposito della relazione Cantoro, la Procura di Palermo, su delega orale per via telefonica della Procura di Roma, dava incarico agli stessi La Franca e Magazzù di riferire quali ulteriori e più specifici elementi ad integrazione della relazione quel giorno depositata potessero dedursi dall'esame delle acquisizioni già compiute ed in corso, quali le relazioni tecnico-chimiche sui relitti in esecuzione presso i laboratori dell'Aeronautica Militare, la relazione della stessa Aeronautica presso il centro di Borgo Piave sui radar militari, la relazione della Federal Aviation Agency, la relazione del National Transportation Safety Board, la relazione medico-legale dei professori Stassi e Albano, e qualunque altra acquisizione che si fosse eventualmente resa disponibile anche per sollecitazione degli stessi periti (v. verbale d'incarico peritale Magazzù-La Franca, 26.11.80).

Qui si osserva come vengano versate per la prima volta negli ambiti peritali documenti di natura tecnico-scientifica prodotti presso altri enti ed in particolare presso l'AM.

Il 10 febbraio dell'anno seguente la Procura di Roma, in pendenza di deposito delle relazioni conclusive, consegnava ai tre periti detti, e cioè Cantoro, La Franca e Magazzù altra documentazione ovvero due Relazioni dell'NTSB, la Relazione della Douglas Aircraft Company, la seconda Relazione preliminare della Commissione d'Inchiesta ministeriale, il verbale di riunione con il programma di lavoro relativo agli accertamenti da compiersi sui reperti del velivolo presso la Direzione dei laboratori dell'AM, la Relazione Gullotta datata Borgo Piave 17.11.80 con copia del "Tabulato dei dati estratti dalla registrazione della situazione aerea nel cielo del mar Tirreno dalle h.18.43 alle h.19.22 del 27 giugno 80 e copia della rappresentazione grafica di tale situazione aerea".

A parte imprecisioni di dati, deve rilevarsi come le analisi e gli studi sui reperti e sugli eventi vengano seguiti da più entità e come le investigazioni si accavallino ed intreccino con pericoli di influenze negative, come poi si rileverà nel prosieguo dell'inchiesta.

E proprio questa molteplicità di interessi e di attività sugli stessi ambiti di indagine, oltre a interventi precisi sulle azioni dei periti d'ufficio da parte della Commissione dei Trasporti, determinò di certo stallo nei periti della Procura, che, posti a causa del detto intervento in condizione di non poter adempiere compiutamente all'incarico ricevuto e rimasti senza direttive, si indussero a chiederne il 26 febbraio 82 alla Procura (vedi note del 9.07.80 e del 20.04.82).

Le risposte a questo incarico però per anni non vennero depositate, al punto che questo ufficio nel febbraio 87, con il provvedimento già detto, sollecitava, così come per il perito Cantoro, La Franca e Magazzù a depositare relazione definitiva (v. provvedimento GI 25.02.87).

Questa relazione veniva depositata nel settembre seguente. Le conclusioni di tale elaborato sono negative nel senso che questo collegio afferma che nonostante due richieste formali del 9.07.80 e del 20.04.82 e numerose altre informali, compiute in questo intervallo, non erano stati forniti ai periti altri documenti significativi, rispetto a quelli già acquisiti. Essi non erano pertanto in grado di formulare nuove ipotesi rispetto a quelle contenute nella relazione preliminare.

Le attività fondamentali espletate - continuava quel collegio - nell'ambito dell'incarico conferito potevano così sintetizzarsi:

- numerose visite e sopralluoghi, nell'immediato periodo successivo a quello del disastro, ai reperti depositati presso l'aeroporto di Palermo-Boccadifalco in cui, in svariate occasioni, con l'assistenza del Magistrato, si è avuta la presenza e partecipazione di membri della Commissione Ministeriale;

- attivazione ed assistenza al Magistrato per la ricerca, catalogazione, sia dei reperti stessi, relativi anche a successivi ritrovamenti, che di relazioni delle attività delle squadre od organismi di soccorso e ricerca, nonché studi delle stesse;

- accesso presso il centro radar militare di Marsala, con il dott. Santacroce, per la ricezione dei nastri relativi alle registrazioni di detto centro (03.09.80);

- accesso al centro manutenzione Itavia di Ciampino (solo prof. La Franca) per la localizzazione, su di un aeromobile identico a quello del disastro, di un pezzo metallico recuperato da un cadavere. Tale pezzo era parte di un elemento di struttura situato nel vano carrello (16.10.80);

- accesso al laboratorio dell'AM di Roma per la pianificazione dell'attività di indagine dello stesso (11.11.80);

- accesso al centro addestrativo di Borgo Piave dell'AM (solo prof. La Franca) per la trasformazione in tabulati dei nastri ritirati a Marsala. In tale occasione dai tabulati stessi, prima della consegna a noi, dai responsabili del centro, è stata asportata la parte relativa al sito di rilevamento e ciò per "ragioni di sicurezza".

- Riunione peritale organizzata a Roma del 10.02.81.

Di tutto quanto sopra, a parte quanto già riferito nella relazione depositata, o successivamente a voce al Magistrato ma su fatti organizzativi e non sostanziali, ad oggi è doveroso aggiungere che le uniche risultanze pervenuteci da allora (relazioni NTSB del 13 e 25.11.80, relazione medica del 30.12.80 e tabulati radar militari) nulla aggiungono a quanto già espresso in premessa".

I tabulati militari erano così identificati:

- tabulato A di pagine 88,89,90 relativo all'intervallo di tempo da 18.43.112 a 19.04.264; l'ultima traccia valida dell'aeromobile in oggetto è quella delle 18.59.574, essendo la successiva delle 19.00.326 solo di qualità 3. Tale tabulato non riporta alcuna data;

- tabulato B di pagine 1,2,3,4 e 5 come il precedente ma dalle 18.30.479 alle 19.04.264. Tale tabulato riporta in testa a ciascuna pagina la dizione: "Situazione aerea dalle 18.30 alle 19.04 del 27.06.80".

- tabulato C di pagine 1,2,3,4,5,6,7 e 8 ed ulteriore mezza pagina non numerata, relativa all'intervallo di tempo dalle 19.12.086 alle 19.22.390, contenuto in parte nella pagina 1 e successivamente relativo all'intervallo da 06.47.440 a 07.31.500. Tale tabulato riporta in basso a sinistra di ciascuna pagina la dizione 27.06.80 ID 12.

- tabulato D di pagine 1 e metà della pagina 2, come precedente ma limitato per il secondo lasso di tempo dalle 06.47.440 alle 06.51.412. Tale tabulato riporta in basso a sinistra di ciascuna pagina la dizione 27.6.80 ID 12.

- tabulato E di pagine 85,86,87,88,89 e 90 da 18.12.290 a 19.04.264. Tale tabulato non riporta alcuna data ma, in particolare, contiene le coordinate x e y del sito di rilevamento rispetto alle tracce riportate. Tale fatto ha permesso di constatare la corrispondenza di luogo (nei margini della tolleranza della strumentazione) tra le tracce dei radar militari e civili".

Affermavano i periti, a proposito delle date, che era ragionevole pensare che esse non provenissero dal contenuto del nastro, ma fossero state introdotte a mano e con criteri diversi, proprio in occasione della stampa dei tabulati, determinando la casistica e le varianze esposte.

Concludevano, sul tema dei tabulati, asserendo che essi non aggiungevano nulla di nuovo a quanto noto attraverso i radar civili e che, considerato che le battute erano più rade, i dati disponibili apparivano più scarni, non potendosi aver alcun riscontro delle tracce relative ad un possibile oggetto non identificato, viaggiante da Est a Ovest (rectius da Ovest ad Est) come riferito nella relazione NTSB.

In ultimo specificavano che gli intervalli di tempo significativi, di cui esistevano i tabulati erano dalle 18.12.290 alle 19.04.264 e successivamente dalle 19.12.086 alle 19.22.390, venendo quindi a mancare tutto quanto era successivo a questo ultimo orario oltre principalmente l'intervallo di tempo pari a h.00, min. 07, sec.42.2, immediatamente successivo all'incidente che, si ricorda, mediante tale rilevamento doveva stimarsi tra le 18.59.574 e le 19.00.326 (v. relazione definitiva La Franca-Magazzù, 04.09.87).

La vicenda delle perizie, già nata sotto cattiva stella, mostra sempre più i suoi aspetti tormentati, indicativi, non v'ha dubbio, di contrasti forti e di altrettanti forti interessi che si agitano sotto le apparentemente neutre ed asettiche indagini di carattere tecnico. Fratture nei collegi, ritardi impressionanti nei depositi, ostacoli gravissimi nelle ricerche e nella disponibilità dei reperti, "affiancamenti" di altre entità che compiono le stesse indagini conferite ai periti dell'inquirente, sovrapposizioni e conflitti di ambiti tra gli stessi periti, carenze ed omissioni nella direzione delle perizie, che spetta sempre al Magistrato titolare dell'istruzione. Vicissitudini che si manifestano sin da queste prime fasi dell'inchiesta; mali che attaccheranno sempre più sovente questo delicatissimo spazio di essa, inquinando risultati e cagionando effetti gravissimi sulle ricostruzioni dei fatti. Lungi dalla scomparsa nelle fasi ulteriori, essi determineranno nell'istruzione formale addirittura spaccature insanabili nei collegi principali, revoche di periti, sospetti sulla buona fede di più d'uno di essi. Ma di ciò oltre.

V'è però da dire, oggi con un patrimonio di cognizioni molto più esteso, che quei periti, nonostante la minima conoscenza del Nadge, riuscirono a mettere a segno felici intuizioni sui dati radaristici, specie lì ove affermarono l'impossibilità del riscontro, proprio a causa delle modalità di registrazione del sistema militare - le "battute più rade" - delle tracce rilevate dall'NTSB, relative al possibile oggetto rilevato ma non identificato.

Nel dicembre del 96 Cantoro e La Franca si presentarono a questo giudice e fornirono spiegazioni e delucidazioni sulle modalità di esecuzione degli incarichi loro affidati. Cantoro in particolare consegnerà all'ufficio anche documentazione relativa agli studi da lui compiuti. Cantoro e Magazzù si presenteranno nuovamente nel gennaio 97 e daranno all'inquirente ulteriori elementi sulle loro attività peritali.

Sulle dichiarazioni del dicembre rese da Cantoro già s'è detto. In quelle rese a distanza di poche settimane, a gennaio 97, così sempre Cantoro aggiungeva: "Tutti i reperti giunti a Palermo Boccadifalco sono stati da me fotografati. Il 26.11.80, su richiesta del dr. Santacroce al dr.Guarino, sono stato incaricato da quest'ultimo di curare, al momento in cui mi fosse stato comunicato, il trasferimento a Roma di tutti i reperti raccolti. Mi risulta che il 23.12.80, alle ore 17.00, a mia insaputa, sono partiti da Boccadifalco per Roma-Ciampino con una aeromobile G222 (dati del CDA Boccadifalco). Non essendo stato avvisato, non ero presente al carico e quindi non so se tutti i reperti siano stati caricati.

Successivamente ho rilevato che l'elenco dei reperti consegnati ai laboratori AM di Roma in data 30.12.80 non era completo rispetto all'elenco che avevo a Palermo. Comunque, certamente a Napoli, il 19.02.87 mancava il reperto nr.1 (uno).

Sono stato convocato il 19.02.87 dal giudice Bucarelli a Napoli, che mi mostrò un reperto non corrispondente a quello di Boccadifalco di cui sopra. Tale reperto presentava la coccarda abrasa con segni di attacco chimico e meccanico".

A questo punto viene mostrata al teste la fotografia riproducente il reperto, attualmente custodito presso l'hangar Buttler di Pratica di Mare, e raccolto sulla spiaggia di Baia Domitia in data 02.08.80.

"Dall'esame delle fotografie che l'ufficio mi sottopone, ritengo vi siano buone probabilità che il reperto visto a Napoli sia quello (con alette di estremità) rappresentato nelle fotografie suddette. Dalle fotografie non sono in grado di rilevare segni della coccarda abrasa." (v. esame Cantoro Giulio, GI 20.01.97).

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