12.2. La testimonianza del comandante Bonifacio.

Il tenente di vascello Bonifacio Sergio - comandante del velivolo Atlantic Breguet del 30° Stormo impegnato nelle operazioni di ricerca e soccorso del DC9 Itavia scomparso al largo di Ustica - è stato sentito dall'AG militare e ordinaria, rispettivamente nelle date 25.10.89 e 20.02.90. In entrambe le occasioni l'ufficiale rilasciava dichiarazioni che appaiono tra loro concordi, con particolare riferimento ad alcune circostanze concernenti l'avvistamento in mare, in prossimità della zona dell'incidente, di una macchia d'olio, vario materiale appartenente all'aereo ed alcuni cadaveri.

L'ufficiale, alle ore 22.20 locali del 27 giugno 80 era stato avvisato dalla centrale operativa del 30° Stormo circa la necessità di attuare il dispositivo di soccorso nei confronti di un velivolo civile che non rispondeva alle chiamate. Bonifacio, dopo aver individuato l'area di intervento ed aver radunato i membri dell'equipaggio, decollava con il predetto velivolo alle ore 03.10 e ritornava alle ore 13.10 del 28 giugno 80.

Raggiunta la zona del disastro, verso le ore 07.00 gli giunse la comunicazione radio da parte di un elicottero che partecipava alla stessa missione di soccorso, con la quale veniva avvisato dell'avvistamento di una macchia d'olio o cherosene. Egli rispose chiedendo di marcare con un fumogeno la zona per poterla identificare. Bonifacio giunse sul posto dopo circa tre minuti e avvistò il fumogeno e la macchia che aveva forma circolare con un diametro di circa 50 metri. Riferì la notizia al centro di controllo della Marina presso Santa Rosa a Roma; comunque sorvolò la zona per circa mezz'ora e mentre effettuava un passaggio vide in trasparenza, nelle immediate vicinanze della macchia d'olio, un corpo oblungo e chiaro attraversato in senso longitudinale da una striscia nera. Da questo momento, sino alle ore 09.00, incominciarono ad affiorare in superficie: cuscini di sedili, trentasette cadaveri ed altro materiale appartenente all'aereo.

In sede di deposizione testimoniale, per avvalorare le sue dichiarazioni, tentava di fornire una plausibile spiegazione che troverebbe riscontro nella seguente tesi: "vidi in trasparenza, non so precisare l'esatta profondità, ma penso che si trattava di una profondità inferiore ai 50 metri, perchè, per esperienza so che oltre 50 metri è difficile poter veder in trasparenza, una grande massa chiara con una riga nera che l'attraversava al centro. ... . Pensando all'accorso meditai sul fatto che il corpo chiaro che vedevo in trasparenza, enorme come un sommergibile si era mantenuto a 50 metri di profondità. ... . Spiegai il problema con il principio fisico che non si era caricato d'acqua a sufficienza per scendere fino in fondo. Pertanto ad una quota non identificabile, sotto il livello del mare, il velivolo deve essere stato schiacciato dalla pressione differenziale. ... . Il velivolo affondava per il suo peso e per il peso dell'acqua imbarcata con una velocità superiore a quella che portava l'infiltrazione d'acqua a compensare le due pressioni. E quindi ad un certo punto non essendosi infiltrata nel velivolo acqua sufficiente a pareggiare le due pressioni la struttura ha ceduto liberando nafta, olio, corpi, salvagenti. ... . Penso che se la falla sulla fusoliera fosse stata di dimensioni sufficienti il velivolo sarebbe andato giù senza disintegrarsi, nella stesse condizioni in cui l'avevo avvistato a meno di 50 metri di profondità". (v. esame Bonifacio Sergio, Procura Militare di Cagliari 25.01.89).

Sull'argomento si dovrà ritornare più diffusamente allorchè si tratterà del volo dell'Atlantic Breguet da Elmas.

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